martedì 17 giugno 2014

Esaurimento del capitale morale come limite della crescita

DaThe Daly News”. Aprile 2014, Traduzione di MR


Di Herman Daly

 









Su I limiti sociali della crescita, Fred Hirsh sostiene che:

La moralità dell'ordine minimo necessario per il funzionamento di un sistema di mercato è stata ipotizzata, quasi sempre implicitamente, come se fosse una specie di bene gratuito permanente, una risorsa naturale di tipo non esauribile. 

Elaborando la relazione sulla Teoria dei sentimenti morali di Adam Smith per il suo Ricchezza delle Nazioni, Hirsh evidenzia che per Smith ci si potrebbe tranquillamente fidare del fatto che gli uomini non siano un pericolo per la comunità quando perseguono il loro interesse personale non solo a causa della mano invisibile della competizione, ma anche a causa dei vincoli intrinseci sul comportamento individuale derivati da morali, morali, costumi ed educazione condivisi. Il problema è che Hirsh vede che

La continuazione del processo di crescita in sé poggia su certe precondizioni che il suo stesso successo ha messo in pericolo per via della sua etica individualistica. La crescita economica mina le sue basi sociali. 

Il fatto di minare i vincoli morali ha fonti sia dalla parte della domanda sia da quell dell'offerta del mercato dei beni. Nel suo saggio, “La crescita dell'abbondanza e il declino del benessere”, E. J. Mishan ha osservato che:

Una società in cui “tutto va bene” è ipso facto una società in cui si vende qualsiasi cosa. (Economia, Ecologia, Etica

Un corollario è che autolimitazione o l'astinenza nell'interesse di richieste superiori rispetto alla gratificazione immediata per il consumo fa male alle vendite, pertento fa male alla produzione, all'impiego, alle entrate fiscali e a tutto il resto. L'economia della crescita non può crescere a meno che non possa vendere. L'idea che qualcosa non dovrebbe essere comprata perché è frivola, degradante, di cattivo gusto o immorale è sovversiva per l'imperativo della crescita. Se la domanda dev'essere sufficiente per la crescita continua, allora si deve vendere tutto, il che richiede che “vada tutto bene”.

Da parte dell'offerta, il successo della tecnologia basata sulla scienza ha favorito la pseudo religione dello “scientismo”, per esempio l'elevazione del programma di ricerca della scienza deterministico, materialistico, meccanicistico e riduzionistico allo stato di una Visione del Mondo finale. Innegabilmente, l'approccio metodologico del materialismo scientifico ha portato a grandi miglioramenti della nostra abilità tecnologica. Il suo successo pratico sostiene la sua promozione da ipotesi di lavoro o programma di ricerca a Visione del Mondo. Ma una Visione del Mondo di materialismo scientifico non lascia spazio allo scopo, al bene e al male, agli stati del mondo migliori o peggiori. Erode la moralità in generale e il vincolo morale nella vita economica in particolare. Il potere è aumentato parallelamente alla contrazione dello scopo. La conseguenza funesta di questa frammentazione dell'ordine morale, che stiamo esaurendo con la stessa certezza con la quale stiamo distruggendo l'ordine ecologico è, come evidenzia Misham, che

L'argomentazione efficace [rispetto alla politica] diventa impossibile se non c'è più una serie comune di valori finali o di convinzioni alle quali fare appello nel tentativo di persuadere gli altri.

Proprio come tutta la ricerca nelle scienza fisiche devono dogmaticamente assumere l'esistenza di un ordine oggettivo nel mondo fisico, così la ricerca nelle scienza politiche deve dogmaticamente assumere l'esistenza di un valore oggettivo nel mondo morale. La politica dev'essere mirata a spostare il mondo verso uno stato migliore delle cose, altrimenti non ha senso. Se “migliore” o “peggiore” non hanno un significato oggettivo, allora la politica può solo essere arbitraria e capricciosa. C. S. Lewis ha dichiarato con forza questa verità fondamentale:

Una credenza dogmatica nel valore obbiettivo è necessaria per l'idea stessa di una regola che non sia tirannia o un'obbedienza che non sia schiavitù.

Allo stesso modo, Mishan sostiene che

Un consenso morale che sia duraturo ed efficace è il prodotto della sola credenza nella sua origine divina.

In altre parole, un'etica duratura dev'essere qualcosa di più di una convenzione sociale. Deve avere qualche obbiettivo, autorità trascendentale, a prescindere dal fatto che si chiami quell'autorità “Dio”, o “La Forza” o qualsiasi altra cosa. Tutti i tentativi di trattare il valore morale come se fosse una interamente una parte della natura da manipolare e programmare da parte della psicologia o della genetica finisce solo in una circolarità logica.

Il valore morale non può essere ridotto a qualcosa o spiegato come mero risultato di un cambiamento genetico e alla selezione naturale senza allo stesso tempo perdere la sua autorità. Anche se sappiamo come rifare i valori morali come artefatti umani, dobbiamo tuttavia avere un criterio per decidere quali valori dovrebbero essere enfatizzati e quali soffocati nel nuovo ordine. Ma se questo criterio necessario è in sé stesso un artefatto della mutazione e della selezione mutate da mano umana, allora anche questo criterio è candidato ad essere rifatto. Non si sfugge.

Una volta che la falsa credenza si diffonde (ed è già successo) quella moralità non ha altre basi se non la possibilità aleatoria e la selezione naturale in condizioni ambientali impermanenti, quindi avrà altrettanta autorità e pretesa della verità del Coniglio di Pasqua.  Insomma, gli atteggiamenti del materialismo scientifico e del relativismo culturale tagliano attivamente la credenza su una base trascendentale del valore oggettivo, che a sua volta taglia il consenso morale. Mancando quel consenso, non c'è più la “moralità dell'ordine minimo necessario per il funzionamento di un sistema di mercato”presupposto da Adam Smith e dai suoi seguaci.



lunedì 16 giugno 2014

Il nuovo libro di Ugo Bardi, "Extracted," commentato da Nafeez Ahmed sul "Guardian"

Da “The Guardian” (1, 2). Traduzione di MR

Di Nafeez Ahmed

L'esaurimento delle risorse minerali a buon mercato sta trasformando la Terra – un rapporto scientifico

L'aumento dei costi dell'estrazione di risorse richiede una transizione ad una 'economia circolare' post industriale per evitare il collasso




L'umanità potrebbe aver esaurito le risorse minerali a basso costo della Terra entro la fine di questo secolo – ma una migliore gestione delle risorse può evitare i rischi peggiori. Foto: REX

Un nuovo rapporto scientifico fondamentale che attinge dal lavoro dei migliori esperti di minerali prevede che l'estrazione da parte della civiltà industriale di minerali cruciali e combustibili fossili sta raggiungendo i limiti della fattibilità economica e potrebbe portare a un collasso delle infrastrutture chiave, a meno che non vengano attuati nuovi modi di gestire le risorse.

Lo studio peer-reviewed – 33° Rapporto al Club di Roma – è opera del professor Ugo Bardi del Dipartimento di Scienze della Terra dell'Università di Firenze, dove insegna chimica fisica. Lo studio contiene contributi specialisti da parte di 15 scienziati ed esperti che coprono i campi di geologia, agricoltura, energia, fisica, economia, geografia, trasporti, ecologia, ecologia industriale e biologia, fra le altre cose. Il Club di Roma è un gruppo di pensiero globale con base in Svizzera fondato nel 1968 composto da capi di stato (in carica ed ex), funzionari dell'ONU, funzionari di governi, diplomatici, scienziati, economisti e capi d'impresa.

Il suo ultimo rapporto, che verrà pubblicato il 12 giugno, fa una panoramica globale della storia e dell'evoluzione dell'estrazione mineraria e sostiene che l'aumento dei costi di estrazione dei minerali dovuti a inquinamento, rifiuti ed esaurimento delle fonti a basso costo alla fine renderanno l'attuale struttura della civiltà industriale insostenibile. Gran parte del focus del rapporto è sul concetto di EROEI, che misura la quantità di energia necessaria per estrarre le risorse. Mentre chiarisce che “non stiamo finendo nessun minerale”, il rapporto scopre che “l'estrazione sta diventando sempre più difficile man mano che i minerali facili si esauriscono. Serve più energia per mantenere i tassi di produzione passati e ne serve ancora di più per aumentarli”. Di conseguenza, nonostante le grandi quantità di riserve minerali rimaste:

“La produzione di molti beni minerali sembra essere sulla via del declino... potremmo essere sul punto di entrare in un ciclo di un secolo che porterà alla scomparsa dell'estrazione mineraria come la conosciamo”.

L'ultimo decennio ha visto il passaggio del mondo a risorse di combustibili fossili più costosi e più difficili da estrarre, sotto forma di petrolio e gas non convenzionali, che hanno livelli di EROEI molto più bassi del petrolio convenzionale. Anche con gli avanzamenti tecnologici nel fracking e le relative tecniche di trivellazione, questa tendenza è improbabile che si inverta significativamente. Un ex dirigente dell'industria petroloifera, del gas e del carbone australiano, Ian Dunlop, descrive nel rapporto come il fracking possa “aumentare rapidamente la produzione fino al picco, ma poi declina anche rapidamente, spesso dal 80 al 95% nei primi tre anni”. Ciò significa che spesso sono necessari “diverse migliaia di pozzi” per un singolo sito di scisto per fornire “un ritorno sull'investimento”.  L'EROEI medi per far funzionare “la società industriale per come la conosciamo” va da 8 a 10 circa. Il petrolio e il gas di scisto, le sabbie bituminose e il gas da giacimento di carbone sono tutti “a quel livello, o sotto, se si tiene conto dei suoi costi complessivi... Così il fracking, in termini energetici, non fornirà un fonte sulla quale sviluppare una società globale sostenibile”.

Il Club di Roma applica l'analisi del EROEI anche all'estrazione di carbone e uranio. La produzione mondiale di carbone raggiungerà il picco al più tardi nel 2050 e potrebbe farlo anche nel 2020. La produzione statunitense di carbone ha già raggiunto il picco e la produzione futura sarà in gran parte determinata  dalla Cina. Ma l'aumento della domanda interna di quest'ultima, e da parte dell'India, potrebbe generare prezzi più alti e scarsità nel prossimo futuro: “Pertanto, non ha assolutamente senso sostituire il petrolio e il gas col carbone”.

Per quanto riguarda l'offerta globale di uranio, il rapporto dice che l'attuale produzione di uranio dalle miniere è già insufficiente ad alimentare i reattori nucleari, una mancanza che  che viene compensata recuperando uranio dagli arsenali militari e dalle vecchie testate nucleari. Mentre si è potuto sopperire alla mancanza di produzione agli attuali livelli di domanda, un'espansione mondiale dell'energia nucleare sarebbe insostenibile a causa degli “enormi investimenti” necessari. Il collaboratore al rapporto Michael Dittmar, un fisico nucleare al CERN, l'Organizzazione Europea per la Ricerca Nucleare, sostiene che nonostante le grandi quantità di uranio nella crosta terrestre, solo un “numero limitato di depositi” sono “sufficientemente concentrati da poter essere estratti con profitto”. Estrarre depositi meno concentrati richiederebbe “di gran lunga più energia di quella che l'uranio estratto potrebbe alla fine produrre”. L'aumento dei costi dell'estrazione dell'uranio, fra gli altri costi, ha significato che gli investimenti in energia nucleari si stiano gradualmente assottigliando.

Le proposte di estrarre uranio dall'acqua di mare sono al momento “inutili” perché “l'energia necessaria per estrarre e processare l'uranio dall'acqua di mare sarebbe più o meno la stessa che potrebbe essere ottenuta dallo stesso uranio usando l'attuale tecnologia nucleare”. Pertanto entro questo decennio il rapporto prevede un “inevitabile” declino della produzione delle attuali miniere di uranio. I dati del USGS analizzati dal rapporto mostrano che cromo, molibdeno, tungsteno, nichel, platino-palladio, rame, zinco, cadmio, titanio e stagno avranno un picco di produzione seguito da declini entro questo secolo. Questo perché le riserve dichiarate sono spesso “più ipotetiche che misurate”, il che significa che “l'assunto di una cuccagna dei minerali... è lontano dalla realtà”. In particolare, il rapporto evidenzia il destino di rame, litio, nichel e zinco. Il Fisico professor Rui Namorado Rosa prevede nel rapporto un “imminente rallentamento della disponibilità di rame”. Anche se la produzione è cresciuta esponenzialmente, la densità dei minerali estratti è in costante declino, facendo lievitare i costi di estrazione. Il 'picco del rame' è probabile che arrivi nel 2040, ma potrebbe anche avvenire entro il prossimo decennio.

La produzione di litio, attualmente usato per le batterie delle auto elettriche, verrebbe a sua volta messa sotto stress in caso di una elettrificazione dell'infrastruttura e dei veicoli da trasporto su larga scala, secondo la collaboratrice Emilia Suomalainen, un'ecologista industriale dell'Università di Losanna, in Svizzera. La produzione sostenibile di litio richiede un 80-100% di riciclaggio – attualmente siamo a meno del 1%. Nichel e zinco, che vengono usati per combattere l'erosione di ferro e acciaio e per l'accumulo di elettricità nelle batterie, possono a loro volta affrontare picchi di produzione in soli “pochi decenni” - anche se il nichel potrebbe essere esteso per circa 80 anni – secondo l'ingegnere e specialista di metalli Philippe Bihoux:

“La parte facilmente sfruttabile delle riserve è già stata rimossa e quindi sarà sempre più difficile e costoso investire e sfruttare le miniere di nichel e zinco”.

Mentre la sostituzione potrebbe aiutare in molti casi, sarebbe anche costosa ed incerta e richiederebbe un investimento considerevole. Forse la tendenza più allarmante nell'esaurimento dei minerali riguarda il fosforo, che è cruciale per fertilizzare il suolo e sostenere l'agricoltura. Anche se le riserve di fosforo non stanno finendo, fattori fisici, energetici ed economici fanno sì che solo una piccola percentuale di esso possa essere estratta. Il rendimento delle colture nel 40% delle terre coltivabili del mondo è già limitato dalla disponibilità economica del fosforo. Nello studio del Club di Roma, il Fisico Patrick Dery dice che diverse grandi regioni di produzione di rocce di fosfato – come l'isola di Nauru e gli Stati uniti, che sono il secondo produttore mondiale – sono post picco ed ora sono in declino, con forniture globali di fosforo che diventano potenzialmente insufficienti a soddisfare la domanda agricola entro 30-40 anni. Il problema può potenzialmente essere risolto in quanto il fosforo può essere riciclato. Una tendenza parallela documentata nel rapporto dall'agronomo della FAO Toufic El Asmar è un declino accelerato della produttività della terra causata da metodi di agricoltura industriale che stanno degradando il suolo, in alcune aree, del 50%.

Il professor Rajendra K. Pachauri, presidente del IPCC, ha detto che il rapporto è “un lavoro molto efficace” per valutare la ricchezza minerale del pianeta “all'interno del quadro della sostenibilità”. Le sue scoperte offrono una “base preziosa per le discussioni sulle politche sui minerali”. Ma la finestra per un'azione politica significativa si sta rapidamente chiudendo. “L'allarme principale è la tendenza dei prezzi dei beni minerali”, mi ha detto il professor Bardi.

“I prezzi sono aumentati di un fattore 3-5 e sono rimasti a queto livello negli ultimi 5-6 anni. Non scenderanno di nuovo, perché sono causati da degli aumenti irreversibili dei costi di produzione. Questi prezzi stanno già causando il declino delle economie meno efficienti (diciamo Italia, Grecia, Spagna, ecc.). Non ci troviamo ancora al punto di inversione, ma siamo vicini – meno di un decennio?”.

Gli scienziati vendicano “I Limiti dello Sviluppo (Crescita)' – urgono investimenti in “economia circolare”


Le prime avvisaglie di collasso sociale dall'inizio alla metà del 21° secolo sono stati sorprendentemente preveggenti – ma si aprono opportunità per la transizione




La Terra ha risorse minerali finite, ma gli esseri umani le stanno usando troppo velocemente che non riescono a rigenerarsi, con l'aumento dei costi economici ed ambientali. Foto: Corbis

Secondo un nuovo rapporto scientifico peer-reviewed, è probabile che la civiltà industriale esaurisca le risorse minerali a basso costo entro il secolo, con impatti debilitanti sull'economia globale e sulle infrastrutture chiave entro i prossimi decenni. Lo studio, il 33° rapporto al Club di Roma, è stato scritto dal professor Ugo Bardi del Dipartimento di Scienze della Terra dell'Università di Firenze e comprende contributi di una vasta gamma di scienziati delle discipline rilevanti. Il Club di Roma è un gruppo di pensiero con sede in Svizzera di attuali ed ex capi di stato, funzionari dell'ONU, funzionari di governo, diplomatici, scienziati, economisti e capi d'azienda.

Il suo primo rapporto del 1972, I Limiti dello Sviluppo (Crescita), è stato condotto da una squadra scientifica al MIT ed ha avvertito che la disponibilità limitata di risorse naturali in relazione all'aumento dei costi avrebbe minato la crescita economica continua circa nel secondo decennio del 21° secolo. Anche se è stato fortemente ridicolizzato, recenti revisioni scientifiche confermano che le proiezioni del rapporto originale, nel suo scenario “caso base” rimangono robuste. Nel 2008, l'Agenzia per la Ricerca Scientifica del governo federale dell'Australia CSIRO ha concluso che la previsioni de I Limiti della Crescita di potenziale “collasso ecologico ed economico in arrivo a metà del 21° secolo” dovuto alla convergenza di “picco del petrolio, cambiamento climatico e sicurezza alimentare e dell'acqua” è “in arrivo”. Le tendenze reali attuali in queste aree “risuonano fortemente con lo scenario 'business-as-usual' di superamento dei limiti e collasso mostrato nel libro”.

Nel 2009, l'American Scientist ha pubblicato scoperte simili da parte di altri scienziati. Quella analisi, fatta dall'eminente ecologo dei sistemi professor Charles Hall dell'Università dello Stato di New York e dal professor John W Day dell'Università di Stato della Louisiana, concludeva che mentre le “previsioni del modello dei limiti della crescita di inquinamento estremo e di declino della popolazione non si sono avverati”, i risultati del modello sono:

“... quasi esattamente in linea circa 35 anni dopo nel 2008 (con qualche assunzione appropriata) … è importante riconoscere che le sue previsioni non sono state invalidate e infatti sembrano propri aver centrato l'obbiettivo. Non siamo a conoscenza di nessun modello fatto dagli economisti che sia altrettanto preciso in un lasso di tempo così lungo”.

Il nuovo rapporto al Club di Roma dice che:

“La fase dell'estrazione mineraria da parte degli esseri umani è un episodio spettacolare ma breve nella storia geologica del pianeta... I limiti dell'estrazione mineraria non sono limiti di quantità, sono limiti energetici. Estrarre minerali richiede energia e più questi sono dispersi, più energia è necessaria... Solo i minerali convenzionali possono essere estratti in modo redditizio con le quantità di energia che possiamo produrre oggi”.

La combinazione dell'esaurimento minerario, associato all'inquinamento da radiazioni e da metalli pesanti, e l'accumulo di gas serra dallo sfruttamento dei combustibili fossili sta lasciando ai nostri discendenti una “eredità pesante” di un mondo virtualmente trasformato:

“La Terra non sarà mai più la stessa, è stata trasformata in un pianeta nuovo e diverso”.

Attingendo al lavoro di emeinenti scienziati climatici, compreso james Hansen, l'ex capo dell'Istituto Goddard per gli Studi Spaziali della NASA, il rapporto avverte che continuare lo sfruttamento 'business-as-usual' dei combustibili fossili del mondo potrebbe potenzialmente innescare un riscaldamento globale fuori controllo che, in alcuni secoli o migliaia di anni, distrugge permanentemente la capacità del pianeta di ospitare la vita. Nonostante questo verdetto, il rapporto sostiene che né un “collasso” dell'attuale struttura della civiltà Nè “l'estinzione” della specie umana sono inevitabili. Una riorganizzazione di fondo del modo in cui le società producono, gestiscono e consumano le risorse potrebbe sostenere una nuova civiltà ad alta tecnologia, ma ciò comporterebbe una nuova “economia circolare”, basata su pratiche su vasta scala di riciclaggio attraverso le filiere di produzione e consumo, un passaggio completo all'energia rinnovabile, l'applicazione di metodi agro-ecologici di produzione del cibo e, con tutto questo, tipi molto diversi di strutture sociali.

In assenza di un grande salto tecnologico nella produzione di energia pulita come la fusione nucleare – che finora sembra improbabile – riciclaggio, conservazione ed efficienza nella gestione delle risorse minerali rimaste accessibili del pianeta dovranno essere intrapresi con attenzione e in modo cooperativo, con l'aiuto della scienza avanzata. Limiti alla crescita economica, o persino “decrescita”, dice il rapporto, non devono implicare una fine della prosperità, ma piuttosto richiedere una decisione consapevole, da parte delle società, di ridurre il proprio impatto ambientale, di ridurre il consumo superfluo e di aumentare l'efficienza – cambiamenti che potrebbero di fatto aumentare la qualità della vita e diminuire le disuguaglianze. Queste scoperte del nuovo rapporto al Club di Roma sono state confermate da altri grandi progetti di ricerca. Nel gennaio dello scorso anno, un dettagliato studio scientifico dell'Istituto per la Sostenibilità Globale dell'Università Anglia Ruskin commissionato dall'Istituto dei periti, ha scoperto prove “schiaccianti” dei limiti delle risorse:

“... su una gamma di risorse sul breve (anni) e medio (decenni) termine... I limiti delle risorse aumenteranno, bene che vada, i prezzi dell'energia e dei beni durante il prossimo secolo e, male che vada, innescheranno un declino a lungo termine dell'economia globale e il disordine civile”.

La buona notizia, però, è che “Se i governi e gli agenti economici anticipano i limiti delle risorse ed agiscono in modo costruttivo, molti degli effetti peggiori possono essere evitati”. Secondo il dottor Aled Jones, autore principale dello studio e capo dell'Istituto per la Sostenibilità Globale:

“I limiti delle risorse, bene che vada, aumenteranno costantemente i prezzi di energia e beni durante il prossimo secolo e, male che vada, potrebbero rappresentare un disastro finanziario, con i patrimoni dei regimi pensionistici di fatto spazzati via e le pensioni ridotte a livelli trascurabili”.

E' imperativo riconoscere che “la riduzione di risorse aumentano la possibilità di un limite alla crescita economica nel medio termine”. Nel suo rapporto del 2014 al Club di Roma, il professor Bardi adotta una visione a lungo termine delle prospettive per l'umanità, osservando che le molte conquiste tecnologiche delle società industriali significano che c'è ancora una possibilità ora di assicurare la sopravvivenza e la prosperità ad una futura società post industriale:

“Non è facile immaginare i dettagli della società che emergerà su una Terra spogliata dei sui minerali ma che mantiene ancora un alto livello tecnologico. Possiamo dire, tuttavia, che gran parte delle tecnologie cruciali per la nostra società possono funzionare senza minerali rari o con delle quantità molto ridotte di quei minerali, anche se con modifiche e con un'efficienza minore”.

Anche se strutture industriali costose e ambientalmente invasive “come autostrade e viaggi aerei” diventeranno obsoleti, tecnologie come “Internet, computer, robotica, comunicazioni a lungo raggio, trasporti pubblici, case confortevoli, sicurezza alimentare ed altro” potrebbero rimanere accessibili col giusto approccio – anche se le società attraversano crisi disastrose nel breve termine. Bardi è sorprendentemente pratico circa il significato del suo studio. “Non sono un catastrofista”, mi ha detto. “Sfortunatamente, l'esaurimento è un fatto della vita, come la morte e le tasse. Non possiamo ignorare l'esaurimento – proprio come non è una buona idea ignorare la morte e le tasse...”


“Se insistiamo nell'investire gran parte di ciò che rimane per i combustibili fossili, allora siamo davvero condannati. Tuttavia penso che abbiamo ancora tempo per gestire la transizione. Per contrastare l'esaurimento, dobbiamo investire le risorse che ci rimangono in energia rinnovabile e tecnologie di riciclaggio efficienti – cose che non sono soggette ad esaurimento. E dobbiamo farlo prima che sia troppo tardi, cioè prima che il ritorno energetico dei combustibili fossili sia declinato così tanto che non ci rimane altro da investire”.

domenica 15 giugno 2014

Una proposta di futuro

DaThe Oil Crash”. Traduzione di MR (Bentornato Antonio)



Di Antonio Turiel

Cari lettori,

vengo rimproverato con una certa frequenza del fatto che le analisi dei diversi tipi di risorse naturali che facciamo qui (fondamentalmente quelle di tipo energetico, sia rinnovabili che non rinnovabili) finiscono per concludere che nessuna fonte di energia in sé o in combinazione con le altre potrà produrre in un futuro (per nulla lontano) una quantità di energia simile alla attuale, ma una quantità di molto inferiore. Questo blog è tacciato di essere disfattista ed apocalittico perché la mera analisi fattuale e spassionata dei dati nudi e crudi ci mostra che l'unica strada possibile oggigiorno è quella della decrescita energetica. Per mia formazione scientifica, il mio proposito è di mostrare la realtà nel modo più oggettivo possibile, lasciando da parte le mie possibili preferenze o desideri, disgraziatamente, nulla ci ciò che viene proposto o ricercato in questo momento promette alcuna uscita dall'attuale pantano e, peggio ancora, il corso degli eventi da quando il blog ha iniziato (gennaio 2010) confermano che il nostro cammino inesorabile continua ad essere la decrescita energetica. Vedo spesso alcuni post commentati in diversi forum e c'è sempre una certa quantità di commenti che dicono che mi sbaglio perché non ho considerato questo o quel miracolo energetico che in realtà è già stato analizzato qui in altri post dimostrando che si tratta di un fiasco. Alla fine, il mio atteggiamento da guastafeste, del “non funziona niente” disturba tanto che viene considerato socialmente inaccettabile da alcuni e molte persone finiscono per concludere che se dico quello che dico è perché ho un programma (politico) pregiudiziale, una visione contorta delle cose e che semplicemente non sto bene di testa. Qualsiasi cosa pur di non avvicinarsi ai dati e vedere ciò che mostrano, o di guardarsi intorno e vedere che in nostro soccorso non sta accorrendo alcun miracolo energetico, dopo che sono passati 7 anni di questa crisi che non finirà mai.

Poco tempo fa una persona mi chiedeva una nota di ottimismo, che dessi una qualche alternativa, che proponessi qualcosa che potesse funzionare. Abbiamo già discusso che questo in realtà non è il mio compito, anche se è certo che in realtà posso proporre misure efficaci e che ci offrirebbero un futuro che meriterebbe di essere vissuto ( e non il futuro di esclusione e neo-feudalesimo nel quale potremmo ritrovarci se continuiamo sulla strada attuale). Posso proporle perché sono misure semplici, di buon senso, una volta accettata la semplice diagnosi di ciò che sta accadendo. Allo stesso tempo, non sono misure realmente tecniche, perlomeno non collegate alla ricerca di nuove fonti e ad aumentare la produzione di energia. Tuttavia, sono misure inaccettabili socialmente perché comportano la rotture di un paradigma sociale ed economico che viene considerato insostituibile e immutabile, nonostante abbia meno di 200 anni. E il fatto è che queste misure comportano la necessaria e prioritaria modifica del nostro sistema economico e finanziario.

Casualmente, i compagni di Véspera de Nada hanno passato questi giorni a raccogliere idee sulle misure per aumentare la nostra resilienza e proporle al nuovo Parlamento Europeo che voteremo fra qualche giorno. La maggior parte delle misure che sono state proposte sono quelle logiche, provenendo da associazioni di carattere tecnico centrate sul problema delle risorse: migliorare l'efficienza, incentivare le rinnovabili, porre fine all'obsolescenza programmata, evitare la mercificazione dell'acqua... Da parte mia, riflettendo su ciò che si dovrebbe proporre, ho introdotto questo elemento di dibattito, quello per cui il cambiamento necessario e che deve avvenire per primo sia quello del sistema economico e finanziario. Un tema insolito, ma se si guarda con attenzione è il più logico di tutti.

Introduzione: il problema della crescita

La cosa è semplice. Il nostro sistema finanziario funziona sulla base del credito. Quando qualcuno presta 100 euro con un interesse del 5% crede (credito proviene dal latino credere) che la persona alla quale viene concesso sarà in grado non solo di produrre valore pari ai 100 euro che ha investito, ma anche per gli altri 5 euro di interesse. Cioè, un capitale di 100 euro diventerà di 105, al di fuori del beneficio aggiuntivo che questo possa lasciare a colui che ha richiesto il credito. Tutti considerano normale oggigiorno che quando si prestano dei soldi questi vengano restituiti con un interesse percentuale. Tuttavia, questa non era assolutamente la visione dominante fino a pochi secoli fa. Per esempio, fino al 18° secolo la Chiesa Cattolica condannava il prestito con interesse, che veniva definito genericamente come usura (pecunia pecunima parere non potest, i soldi non possono partorire soldi, diceva San Tommaso D'Aquino). Ed è logico che durante la maggior parte della storia dell'Umanità il credito con interesse fosse visto come nocivo. Pensate che se il capitale venisse prestato a un interesse di soltanto un 5% all'anno, e una volta recuperato venisse prestato all'infinito, questo capitale crescerebbe a un ritmo esponenziale. In soli 14 anni il capitale raddoppierebbe, in 28 anni verrebbe moltiplicato per 4, in 42 per 8, in 56 per 16... In un solo secolo quel capitale sarebbe 131 volte più grande e in duecento anni 17.161 volte. In un solo millennio il capitale aumenterebbe di un fattore astronomico a 21 cifre, quasi paragonabile al numero di stelle che ci sono nell'Universo e nei 10.000 anni di storia dell'Umanità si dovrebbe moltiplicare per una quantità con 211 cifre, molto di più del numero di atomi del Sistema Solare.

Naturalmente tale crescita è impossibile (non possono esserci più euro che atomi) e naturalmente alcuni investimenti falliscono e il ritmo di crescita non è mai tanto veloce, ma in ogni caso la logica del nostro sistema è quella della crescita continua, illimitata, la quale prima o poi dovrà fermarsi per la semplice ragione che il pianeta è finito. Durante la maggior parte della Storia dell'Umanità, gli uomini hanno convissuto coi limiti: di risorse, di popolazione, di velocità dei trasporti... e così la crescita era scarsa o inesistente e tipicamente avveniva dopo di una catastrofe di popolazione e di qualche evento che permetteva di superare i limiti precedenti (qualche miglioramento sociale o tecnico, o la colonizzazione di nuovi territori – per esempio, l'espansione Occidentale in America o in Africa). Gli antichi hanno compreso che la logica dell'interesse composto spingeva gli uomini ad un ricrca di più ricchezza che era semplicemente impossibile (in media; c'è sempre chi si arricchisce) in un mondo con dei limiti e così le diverse chiese condannavano il prestito con interesse, che in alcuni paesi era perseguito come delitto.

Ma è arrivata la Prima Rivoluzione Industriale, con l'introduzione del carbone e poi la Seconda, con l'introduzione dell'elettricità e del petrolio, e improvvisamente le possibilità si sono moltiplicate. Il mondo ha potuto espandersi, e con esso il capitale, a ritmi sconosciuti per secoli. In quel momento si sono poste le basi della teoria economica attualmente vigente, la quale non ha dato il valore economico corretto alle risorse e, in particolare, all'energia, questo fluido potente ed invisibile che ha reso possibile questa rapida espansione. Sono passati quasi due secoli, non ci sono più economisti di vecchio stampo ed il ricordo di un modo diverso di fare le cose è andato praticamente perduto. Tutti accettano acriticamente che per uscire dalla crisi ciò di cui abbiamo bisogno è la crescita e non si pensa ad altre alternative. Ed ora che alcune voci dicono che la disponibilità di energia è giunta al suo massimo e che la quantità di energia che consumiamo ogni anno, seppur enorme, non crescerà più sensibilmente e addirittura che alcune fonti come il petrolio stanno cominciando a retrocedere, ad essere disponibile ogni anno in quantità minore, gli economisti formati in questi decenni di iper-abbondanza insistono sul fatto che l'energia e le risorse non sono e non saranno un problema, dicendolo per convinzione dogmatica, visto che né si fermano a guardare i dati in maniera oggettiva anziché parlare per sentito dire, né cercano di capire la geologia, la fisica e la biologia che stanno alla base all'economia, pensando che questa disciplina sia regina e sovrana anziché suddita e subordinata alla Natura.

Rispetto al primo, troppe volte mi sono ritrovato col tipico “esperto in economia” che fa affermazioni ridicole e facili da confutare, come per esempio esagerare l'importanza dei movimenti a breve termine del prezzo del petrolio (per esempio dire enfaticamente che “il prezzo del petrolio è appena crollato” perché è diminuito di 2 o 3 dollari che poi recupera nel giro di un paio di giorni) o che la produzione di petrolio continua ad aumentare senza problemi (come sempre, confondendo petrolio greggio coi cattivi succedanei coi quali completiamo la categoria di “tutti i liquidi del petrolio”). La realtà è che la produzione di tutti i liquidi del petrolio aumenta a malapena quella del petrolio greggio convenzionale diminuisce dal 2005 e il prezzo si conserva in modo abbastanza stabile ai massimi storici, come mostra questo grafico di un articolo di qualche mesa fa di Gail Tverberg:


Altre volte, nel loro tentativo di negare il problema col petrolio, evocano la chimera degli Stati Uniti energeticamente indipendenti (travisando un'informazione contenuta nell'edizione del 2012 del rapporto annuale della IEA), basandosi sull'operazione mediatica montata per promuovere la bolla finanziaria del fracking (e che ha già iniziato a sgonfiarsi). E se questo fallisce si attaccano a nuove prospezioni e ad altre fonti miracolose delle quali si parla da anni senza che si arrivi mai a materializzarle pienamente. Tale livello di autoinganno è pericoloso perché gli anni passano senza che il problema energetico migliori, anzi, al contrario, si va aggravando e perché a volte porta persino a movimenti geopoliticamente assurdi (come gli appelli degli Stati Uniti a esportare gas naturale in Europa perché questa superi la propria dipendenza dalla Russia, quando in realtà non possono fare un cosa del genere nemmeno nei loro sogni migliori e su scala più locale i patetici tentativi della Spagna di proporsi come distributrice di gas algerino senza tenere conto dei problemi crescenti della nazione africana, che ha già superato il suo picco nazionale di petrolio e gas). E questo senza tenere conto del fatto che la crescita ad oltranza porterebbe anche a conseguenze assurde e pericolose quando si traduce in domanda di energia.

Rispetto al secondo, per il pensiero economico dominante, l'evoluzione della produzione di qualsiasi materia è questione semplicemente di investimento e se è necessario di sostituzione, la quale viene considerata sempre possibile. L'accettazione acritica di questi dogmi impedisce di capire che in realtà, come dice il rapporto di Tullett Prebon, “In ultima istanza l'economia è – ed è sempre stata – un'equazione di eccedenze energetiche, governata dalle leggi della termodinamica e non da quelle del mercato” (pagina 11). Il concetto chiave del rendimento energetico, cristallizzato nel cosiddetto EROEI, è completamente alieno all'economista tradizionale, che dimostra una perseverante incapacità di comprenderlo. Alcuni economisti tuttavia si rendono conto che effettivamente può esserci un problema con l'energia, per cui evocano la smaterializzazione dell'economia, quando non c'è alcuna prova storica del fatto che l'economia possa crescere senza che aumenti il consumo di energia, per quanto ci auto-inganniamo coi miglioramenti dell'intensità energetica che hanno raggiunto i paesi occidentali, sulla base dell'esternalizzazione delle attività industriali più fondamentali in altri paesi per poi importare i beni prodotti (aumentando così il consumo energetico pro capite anziché ridurlo, in realtà). Di fatto, le prove indicano che non si può slegare l'energia dal PIL in nessun modo.

Come non risolvere il problema

Il modo in cui non si otterrà assolutamente nulla è quello di concentrarsi sugli aspetti tecnici, cercando nuove fonti energetiche e metodi migliori di sfruttamento. Lo so che il fatto che dica questo è scioccante, visto che so che secondo alcuni (casualmente, di orientamento economicista in maggioranza) l'analisi meramente tecnica dell'energia dovrebbe essere l'unico obbiettivo di questo blog. Tuttavia, migliorare l'efficienza o incentivare il risparmio, cose di per sé desiderabili, non portano ad una riduzione del consumo di energia, in virtù del Paradosso di Jevons: il consumo di energia ha sempre un senso economico (se io consumo più energia potrò produrre più beni o servizi e pertanto guadagnare più soldi). In un sistema in cui si deve sempre crescere, non si possono disdegnare opportunità di investimento e di crescita, così che non si smetterà mai di consumare un'energia disponibile finché ce la possiamo permettere. Al contrario: se ora si riduce il consumo di energia in Occidente è proprio perché non possiamo pagarla, con le note conseguenze di contrazione dell'economia e di disoccupazione crescente.

Ancora peggio: non servono assolutamente a nulla tutte le campagne destinate a incrementare la consapevolezza dei cittadini e incentivare il risparmio di energia (qui un link che lo spiega molto bene). Calmano le coscienze inquiete, certo, ma i risparmi prodotti, sempre piuttosto marginali, sono su una percentuale del consumo di tutta la società che è sempre abbastanza inferiore del consumo dell'industria. E l'industria non fa nessuno sforzo per consumare meno energia; può farlo, se gli risulta economicamente attraente, consumandola in modo più efficiente, ma non di meno, perché deve crescere, crescere e crescere e, insisto, se si consuma meno è per necessità, non per volontà. Con lo sforzo dei cittadini questi riducono le proprie bollette energetiche e lasciano più energia a disposizione dell'industria, ma alla fine il risparmio energetico non si traduce in risparmio economico nel lungo termine. Pensate al caso della Spagna, per quanto riguarda l'energia elettrica – che anche se è una frazione minoritaria di tutta l'energia consumata, è significativa – le aziende elettriche hanno modificato le bollette domestiche aumentando il fisso e diminuendo quella variabile, per cui alla fine la gente paga di più anche se consuma di meno. Così che la strada per la consapevolezza ed il risparmio volontario spinge la popolazione verso una frugalità necessaria, preambolo alla Grande Esclusione.

E' questa contraddizione fra l'obbiettivo della nostra industria, il nostro sistema economico e il nostro sistema finanziario (la crescita infinita) e la necessità di superare la scarsità crescente di risorse e gli effetti ambientali di tanto spreco (non solo il cambiamento climatico, ma tutto l'inquinamento gettato senza sosta nella Natura) ciò che porta al fatto che non si faccia nulla o praticamente nulla per risolvere questi problemi. E' indifferente quello che si dice in faccia alla gente: non si prendono misure perché non si trova il modo di evitare il loro grande impatto economico e, in ultima istanza, la necessità di mettere fine alla crescita. Frutto di questa contraddizione insormontabile sono i discorsi assurdi, schizofrenici, che sono trasversali a tutta la nostra società ed evidenziano la nostra confusione. Come si spiegano altrimenti tutte le campagne finanziate da una moltitudine di think tanks creati ad hoc per fabbricare e diffondere il dubbio sul cambiamento climatico che buttano via il lavoro di migliaia di scienziati specialisti di tutto il pianeta? Da dove viene il discorso ricorrente sul fatto che si può fare una transizione ad una economia verde (sottintendendo anche in crescita) basata sulle energie rinnovabili, nonostante la moltitudine di prove (1,2,3,4,5,6,7) del fatto che lo sfruttamento dell'energia rinnovabile è molto minore di quello che consumiamo attualmente di energia non rinnovabile? O che l'energia nucleare è un'energia che ha un futuro, nonostante l'uranio sia giunto al suo limite, il MOX ha un riutilizzo limitato, i reattori commerciali di IV generazione non arrivano dopo 60 anni di sperimentazione con gli stessi e il mitico reattore a fusione si trova in un futuro lontano (sempre che esista da qualche parte)? Per non parlare delle infinite promesse mai mantenute dei biocombustibili di seconda generazione, degli idrati di metano, delle nuove fonti di idrocarburi, della transizione al gas naturale o all'auto elettrica o all'idrogeno, o al carbone pulito o, all'estremo più folle, le promesse assurde delle energie libere. Bugie che si ripetono anno dopo anno, decennio dopo decennio, senza alcun progresso perché questo non è fisicamente possibile; autoinganni di una società malata che nega a sé stessa di accettare la cosa più semplice (che non si può crescere all'infinito in un pianeta finito) e per questo accampa scuse della cosa più complicata (un'infinità di soluzioni miracolose che non si materializzeranno mai).

La nostra società sembra un uomo molto obeso che si inganna da sé sul suo stato di salute e che non adotta un fine fermo di cambiamento di abitudini finché non gli viene un infarto. Disgraziatamente è questa la strada che abbiamo intrapreso, accettando la mercificazione degli ultimi beni indispensabili (ieri la terra, oggi l'acqua, forse domani l'aria) come un'evoluzione logica del capitalismo che si rifiuta di cambiare e che ci porta di un passo più vicino all'esclusione sociale di massa. E questo infarto della società sarà una grande distruzione, un'interruzione repentina di molti servizi essenziali, una mancanza repentina di mercanzie che oggi diamo per scontate, compresi gli alimenti... E siamo a questo punto, in attesa dell'inevitabile infarto di questo sistema ipertrofizzato e insostenibile, nel desiderio che il danno che causa non sia letale, che dopo che sia arrivato si possa fare tabula rasa e finalmente metterci a dieta, finalmente imparare a vivere entro i limiti ecologici della biosfera che ci sostiene.

Una proposta di futuro

Sedersi ad aspettare un grave fallimento del nostro sistema produttivo con conseguenze serie sulla vita delle persone, che dipendono molto dal buon funzionamento di questo sistema non è, ovviamente, la risposta migliore ai nostri problemi. Di fatto è la più sciocca, la più stupida. Coloro che tacciano di catastrofismo questo blog dovrebbero capire che, se quanto detto sopra è sicuro (ed è per questo che ho dedicato tanto tempo all'esposizione iniziale), allora l'inazione è l'atteggiamento catastrofista, quello che ci porta irrimediabilmente verso lo scenario indesiderabile, persino apocalittico. Ma io sono ottimista, perché  credo che ancora possiamo cambiare. E tornando a ciò che mi diceva la persona che mi ha chiesto una nota ottimista: cosa possiamo fare per migliorare? Ecco qua la mia proposta:


  • Annullamento degli attuali debiti: forse alcuni si potrebbero restituire, ma in generale sarà impossibile ripagarne la grande maggioranza, per non parlare di pagare gli interessi. Il mondo sta cambiando, si sta trasformando, e le regole che lo definiscono devono a loro volta cambiare. Non si può cominciare con un fardello pesante che probabilmente non si potrebbe risalire. 
  • Riforma radicale del sistema finanziario: non si può sperare di continuare a chiedere interessi per il prestito di denaro. Se il settore finanziario è cruciale per il buon funzionamento della società (e lo sarà durante il periodo di transizione), non si può affidare alla gestione privata (che tende a privatizzare i guadagni e a socializzare le perdite, che a partire da adesso saranno crescenti e inevitabili), come minimo orientata alla crescita. 
  • Ridefinizione dei soldi: la politica monetaria non può essere espansiva e in un primo momento sarà piuttosto in contrazione. I soldi sono una rappresentazione del valore, non il valore in sé e la loro gestione dev'essere controllata dai settori direttamente coinvolti: produttori, commercianti, consumatori... Le persone tenderanno a usare monete locali prima della moneta nazionale, per la maggior difficoltà di garantire il valore di quest'ultima in una società che collassa. Le monete locali non possono essere controllate da interessi speculativi esteri e pertanto non può essere permesso che vengano messe a tesoro o si capitalizzino (l'analisi economica classica ci dirà che in questo modo si perdono opportunità di investimento e di crescita). 
  • Riforma degli Stati: dalla loro nascita, gli Stati e il capitalismo hanno condiviso obbiettivi e sono stati complementari, con grande efficacia sociale decenni fa in alcuni paesi (lo Stato del Benessere p un buon esempio) ma inevitabilmente lo Stato-nazione entra anche in crisi quando il capitalismo smette di essere sostenibile. E' necessario rilocalizzare i centri decisionali e avvicinare la gestione agli amministrati, ma realmente, non a parole. La gestione deve essere prima di tutto municipale più che locale, prima di tutto locale che regionale, prima di tutto regionale più che nazionale. La mancanza di energia porterà ad una logica di rilocalizzazione che tenderà gradualmente a rendere gli ambiti amministrativi sempre più locali, ma durante la transizione l'inefficienza di un potere amministrativo nazionale ipertrofizzato può porre troppi legacci, soprattutto di tipo legale. 
  • Definizione di piani di transizione locali: ogni popolazione deve determinare quali siano i suoi maggiori problemi e deve investire risorse per controllarli. In alcune comunità mancherà l'acqua, in altre il problema sarà la mancanza di suolo fertile, in altre l'eccesso di popolazione, l'inquinamento o la scarsità di risorse fondamentali... Si deve analizzare la situazione attentamente, comprendendo che non vivremo una continuazione del sistema attuale, ma un cambiamento radicale. Una volta identificati i punti sensibili si devono investire risorse e sforzi per modellarli per rendere possibile la transizione, anche se da un punto di vista capitalistico attuale tale investimento non sia redditizio. Questo sarà uno dei grandi ostacoli, anche se sufficientemente minore della cancellazione dei debiti e dell'interesse composto.
  • Preservare i servizi fondamentali: proprio questa sarà una delle difficoltà maggiori della transizione: all'opposizione del capitale al fatto di perdere i suoi privilegi si unirà la difficoltà di mantenere un afflusso di risorse sufficiente a permettersi certi privilegi. A seconda del grado di scarsità al quale si veda sottoposta ogni località, si potranno mantenere più o meno servizi. I più fondamentali sono l'educazione, la sanità e l'assistenza alle persone più anziane e bisognose. Per poter conservare questi servizi fondamentali ogni località dovrà decidere che sistema di finanziamento impiegherà, se per mezzo di tasse o con il lavoro volontario dei cittadini. Il poter offrire più servizi dipenderà dalla ricchezza relativa di ogni luogo. 


Nessuna di queste misure parla esplicitamente di energia ma di organizzazione sociale; tuttavia, tutte hanno implicazioni a lungo raggio sull'uso e la disponibilità di energia. Di fatto, sono le misure che hanno più impatto energetico, molto di più delle modeste misure di risparmio ed efficienza che vengono abitualmente proposte. Inoltre, le misure sopra abbozzate sono le uniche che hanno senso in una situazione di decrescita energetica.

Ciò che propongo è fattibile? Oggi come oggi no. Qualsiasi economista o politico che lo legga lo considererà utopico perché eccessivamente radicale. Forse lo può essere un domani se si fa sufficiente pedagogia, se la gente impara ad accettare la verità detta in faccia. Ma è fondamentale fare questa pedagogia. L'alternativa è aspettare questa grande distruzione, questo infarto forse fatale per la nostra società.

Saluti.
AMT

sabato 14 giugno 2014

Il culto dello sportello - IV

Un contributo di Luca Mercalli per la serie di avventure che vanno sotto il titolo "Il Culto dello Sportello", ovvero come la burocrazia italiana ci sta distruggendo!




Vedi anche
Gli imperi muoiono di burocrazia
Il culto dello sportello-I
Il culto dello sportello-II
Il culto dello sportello -III



Patente di guida tipo B (per condurre nella burocrazia)

di Luca Mercalli

Maggio 2014. Devo rinnovare la patente. Sportello telefonico per la prenotazione disponibile un’ora e mezza alla settimana. Segno in agenda, metto allarme sul telefono e inizio a chiamare all’apertura della finestra temporale.

Occupato, come previsto. Occupato. Occupato…

Pochi minuti prima della chiusura finalmente libero. Ottengo risposta da un addetto, che mi spiega cosa devo fare, tre versamenti di tot euro su tre conti diversi, due foto tessere. Visita medica prenotata alle ore 09.05 del 10 giugno, ASL TO3, Collegno, periferia ovest di Torino.

Accidenti, non alle nove, ma alle nove-e-zero-cinque: con questa risoluzione temporale mi aspetto un sistema molto efficiente.

09 giugno 2014. Documenti tutti pronti, consulto la pagina web dell’ASLTO3 per verificare l’indirizzo, Viale Martiri del 30 Aprile, è il portale del monumentale ex Ospedale Psichiatrico già Certosa juvarriana. Uso Google Maps per arrivare a colpo sicuro, vedo perfino dove sono i parcheggi e pianifico tutto in dettaglio.

10 giugno 2014. Arrivo con giusto margine di 10 minuti al parcheggio previamente identificato, è quasi vuoto, prendo la cartellina dei documenti e mi avvio all’ingresso degli uffici sanitari.

Ma, prima sorpresa, l’ingresso monumentale è chiuso, sbarrato. Nessun cartello, nessuna indicazione, nessun campanello. Comincio a innervosirmi e mi guardo attorno. Incredibile, nessuna traccia dell’ingresso di una struttura così importante come gli uffici sanitari nazionali di un grande distretto urbano com’è l’area ovest di Torino.

Torno sui miei passi e trovo una piazzetta, unica indicazione “Museo della città e della Resistenza”, nessuna traccia dell’ASL. Individuo una persona con una cartellina di documenti medici, la seguo.
Entra sotto un arco laterale che adduce a un cortile. Nessuna insegna né campanello. Nel cortile sono parcheggiati automezzi marchiati ASLTO3, bene, pare la buona strada…

Raggiungo un chiostro settecentesco con un cantiere in attività: ora mi spiego (forse) la chiusura dell’ingresso principale! Ma ancora nessuna indicazione, freccia, accoglienza delle strutture sanitarie, nulla di nulla, potrei essere ovunque.

Mi aggiro scoraggiato tra ponteggi e secchi di calce, finché trovo “Ufficio protocollo”. Entro e chiedo di Medicina Legale-Rinnovo patenti.
  • Segua i portici, mi fa così e così a gesti un personaggio non certo amichevole, e lo trova.
Boh, ci vorrebbe un GPS dedicato ai percorsi interni degli uffici…

Finalmente una porta a vetri reca scritto “Medicina legale”. Non una parola sul rinnovo patenti, che pure dev’essere una visita ad alta frequentazione…

Entro in una sala d’aspetto che sembra il vestibolo di un commissariato di polizia degli anni Trenta. Sono le 09.07, ho due minuti di ritardo a causa del labirinto d’ingresso.

Chiedo ai presenti:

- E’ qui la visita per rinnovo patente?
- Non so.
- Non so.
- Boh…
- Può darsi…
- Ah sì, sono qui anch’io per questo, risponde finalmente un tizio.
- E se si ha già la prenotazione, cosa bisogna fare? chiedo, basta attendere, si viene chiamati o bisogna registrarsi?
- Non so, ma comunque la segretaria non c’è, dice qualcuno tra gli astanti.

Mi introduco in un corridoio dove c’è altra gente che aspetta, e trovo un tale nell’ufficio segreteria al quale chiedo la procedura da seguire.
  • Non so, io non c’entro, questa non è la mia mansione, la segretaria è fuori, deve aspettare.
Mi siedo deluso su una panca e osservo le finestre, alte finestre di secoli passati, con spifferi e vetri singoli, sotto c’è un radiatore: mi domando quanto spenderà di bolletta di riscaldamento quel complesso edilizio, sapendo che pagherò comunque io… Poi inizio a parlare con una signora vicina a me, confrontiamo le carte: sì, questo ce l’ho, questo no, ma a lei l’hanno chiesto? A me due copie, a lei una… mah, speriamo bene…

Intanto arriva la segretaria. In parecchi la assediano chiedendo cosa si debba fare. Ci sono i rinnovi patenti, le pratiche INPS, tutto mischiato insieme. Uno viene mandato via, la sua pratica oggi non si può esaminare, a noi “patentari” vengono invece messi in mano due moduli da compilare, di quelle fotocopie già rifatte mille volte che stenti a leggere. Ti metti i fogli sulle ginocchia e riscrivi le solite cose: Nome-cognome-nato a-data-residente-via-numero civico-Cap-firma.

Ma lo Stato non sa già tutto di me? forse mi intercetta pure le telefonate, ma mi chiede di compilare altri due moduli in sala d’aspetto praticamente uguali. E poi lo spazio bianco per scrivere è troppo piccolo, non ci stanno le parole, il mio comune fa solo sei lettere, pensa però se sei nato a San Benedetto del Tronto... farai una nota a piè di pagina.

Se quei moduli fossero stati disponibili in pdf sul sito web, li avrei già scaricati e compilati a casa.

Intanto sono le 09,30 e la segretaria non riesce a iniziare la procedura perché continuamente assediata da nuovi arrivati che chiedono giustamente come si debbano comportare.

Quante migliaia di volte ripeterà nella sua vita:
  • Per la patente, se avete la prenotazione telefonica, dovete aspettare qui finché vi chiamo e poi andrete dal medico dalla porta a fianco quando vi chiama lui.
Accidenti, se avessi un foglio ci scriverei questo semplice messaggio e lo attaccherei sul muro! Sembra così semplice da fare… Se poi invece che scriverlo a pennarello fosse anche un cartello ufficiale, con scritto:

ISTRUZIONI PER VISITA MEDICA RINNOVO PATENTE (1)

Chi ha prenotato telefonicamente la visita è pregato:
  1. di attendere in sala d’aspetto
  2. verrà chiamato dall’addetta seguendo l’ordine di orario assegnato durante la prenotazione telefonica
  3. consegnerà i tre versamenti, la foto, la patente e il tesserino sanitario/codice fiscale
  4. aspetterà di essere chiamato dal medico per la visita (porta a sinistra)
  5. tornerà in segreteria (porta a destra) per ritirare il documento sostitutivo della patente
  6. la nuova patente verrà recapitata a casa entro 15 giorni

Ma questo cartello purtroppo non c’è e la sua mancanza crea un sacco di incertezze, timori e malumori tra i cittadini, e rallenta enormemente le operazioni dei funzionari.

Vengo chiamato, ed entro in segreteria. C’è una scrivania ingombra di carte dove appoggio anche le mie. Penso che o per distrazione o per dolo, sarebbe facilissimo venir via con un fascio di pratiche sottostanti i miei fogli… alla faccia della privacy!

La povera addetta è già fuori di sé ed ha appena iniziato la giornata.

Acquisisce i dati della mia patente, che fortunatamente vengono riconosciuti da un terminale informatico, preleva le attestazioni di versamento, ne taglia una parte e mi riconsegna il resto (e pensare che anche qui l’informatica aiuterebbe… da giorni quei soldi sono stati accreditati nei conti dei vari enti e potrebbero già comparire nella scheda personale), prende la mia foto tessera e la riscansiona sul suo computer, viene pure male, un po’ tagliata. Le dico che ho qui sulla chiavetta USB l’immagine digitale originale. Ignora la proposta. Capisco, dev’essere un casino copiare un file.jpg se non c’è la procedura già strutturata, mi rassegno dunque ad avere una brutta immagine sulla patente per i prossimi dieci anni. Infine controlla la carta d’identità e legge il codice fiscale sul mio tesserino sanitario con un lettore di codice a barre.

E’ una strana commistione di operazioni ultramoderne con altre ottocentesche.

Esco, cambio panca e attendo di fianco alla porta del medico.

Nel frattempo la segretaria mi raggiunge e mi domanda nuovamente il tesserino sanitario: la lettura automatica non è andata a buon fine, deve rifarla. Me lo riporta dopo qualche minuto.

Attendo quasi mezz’ora. Osservo davanti a me un’umanità stanca e rassegnata. Tutti in attesa indeterminata, frustrati, disillusi. Commento tipico: “Chevvuoi, siamo in Italia…”
Io almeno sto bene, comincio a incazzarmi, ma sto bene di salute, stringe invece il cuore vedere deboli anziani con bombola di ossigeno al seguito o in sedia a rotelle, accompagnati da un parente che magari ha preso permesso dal lavoro e sperava di cavarsela in fretta.

Quanto tempo e denaro buttati via, una macchina complicata, inefficiente, che dissipa risorse e crea frustrazione, sia negli utenti, sia negli addetti. Tutto viene codificato in procedure a tavolino ma sembra sfuggire alle logiche più semplici della vita pratica, del buon senso, che anche se si volesse, non può più essere applicato per arbitrio del singolo, in quanto ingabbiato in vincoli insuperabili. Credo di vivere nell’unico paese al mondo che ha bisogno di un Ministero per la Semplificazione e la pubblica amministrazione. Signor ministro, per capire cosa deve fare, vada ogni mattina a far coda in un diverso ufficio pubblico e prenda appunti su cosa si deve fare, non aggiunga altre regole, la prego, ma faccia funzionare ciò che c’è. Altrimenti emaneremo nuovi provvedimenti con nuovi moduli da compilare per autorizzare ai sensi dell’articolo tale e del comma talaltro l’eliminazione del documento precedente.

E’ un pericoloso processo che ci farà cadere in rovina, come il ghiaccio che si forma sulle ali di un aereo e lo fa precipitare (2).

Interrompo i cattivi pensieri perché si apre la porta del medico. Ma chiama un altro invece di me. La segretaria dall’altra stanza – bontà sua – ha udito ed esce fuori per dire al medico che dovrebbe avere prima la pratica delle 9,05, e che l’altra è successiva. Il medico non trova i miei documenti sulla sua scrivania. Saltano poi fuori ed entro in ambulatorio.
Visita consueta di una decina di minuti, e ritorno in segreteria.

Però a causa dei vari intoppi, è scaduto il tempo limite per il termine della procedura informatizzata, la videata si è chiusa, e quindi il medico non può convalidare la visita e dare l’avvio al rinnovo della patente.

Bisogna rifare tutto da capo, aprire una nuova pagina e reinserire i dati: codice fiscale, nome, cognome, documenti consegnati…

La coda fuori dell’ufficio si allunga, alcuni sorridono, altri hanno le mani nei capelli, nessuno si arrabbia, tutti tollerano e forse proprio questo è un male per la salute della democrazia.

La segretaria: - se diciamo qualcosa ai dirigenti ci rispondono che noi non capiamo niente e di rispettare le procedure.
Il medico: - è come andare in guerra con le scarpe di cartone.
Io: - l’abbiamo già fatto e sappiamo come è andata.

  1. per i dirigenti dell’ASTO3: il cartello da appendere in sala d’aspetto fortunatamente è semplicissimo da realizzare e forse sfugge ancora a qualche rigida procedura formalizzata. Il testo è gratuito e libero da diritti, collaudato dall’utente e non freddamente pensato in una struttura di outsurcing. Ve lo regalo volentieri nonostante il vostro lauto salario a cui contribuisco con le mie imposte. Potete copiarlo, incollarlo in un qualsiasi word processor e stamparlo, possibilmente in formato A3 corpo 50.
  1. Sul fatto che questi disservizi generino una cascata di conseguenze, aggiungiamo che il resto della mattina l’ho impiegato a scrivere questa inutile cronaca invece che terminare un forse più utile paper sulla fusione anticipata dell’innevamento alpino causato dal riscaldamento globale. Ma non si può sempre tacere, no.