sabato 5 novembre 2011

La Rivoluzione Rinnovabile III; il Paradosso di Jevons



Post pubblicato il 5 ottobre 2011 su Cassandra's Legacy. Traduzione di Massimiliano Rupalti.

Ho ricevuto un interessante commento a un mio post sulla rivoluzione rinnovabile. Il commento cita il paradosso di Jevons come un impedimento allo sviluppo delle rinnovabili. Rispondendo, ho pensato che lo scambio valesse la pena di essere pubblicato come post in sé stesso, quindi eccolo qua.






Karl North dice... 



Ugo, avrai senza dubbio familiarità con il Paradosso di Jevons, che dice che i vantaggi dell'efficienza energetica, in un tipico paese ad economia capitalistica con poche restrizioni politiche, sono usati in modi che portano ad un consumo energetico più alto al macro livello. Dal mio punto di vista, qualcosa di simile avverrebbe se le alternative energetiche “pulite” che stai sostenendo rimpiazzassero i combustibili fossili in modo significativo. L'uso delle alternative (ancora nella nostra forma dominante di economia politica) sarebbero usate per divorare le stesse risorse che divorano i combustibili fossili. Molte di queste risorse non sono rinnovabili, molte di loro sono distruttrici di portata globale in fase di produzione e di utilizzo. Tanto per fare un esempio, i combustibili fossili hanno permesso una forma industrializzata di agricoltura che è un lento disastro ecologico ma che ha temporaneamente raddoppiato la popolazione mondiale, che a sua volta è causa dei suoi stessi problemi. Come analista sistemico, sono sicuro che puoi apprezzare i feedback positivi implicati. Così in generale, la produzione significativa di combustibili alternativi porterebbe alla continuazione del disastroso processo che sta producendo il “picco di qualsiasi cosa”, sia in termini di esaurimento delle risorse, sia in termini di devastazione del nostro nido (pianeta). Pochi scrittori, occupandosi del tema del flusso di energia nel nostro sistema solare, considerano l'argomento: qualsiasi sia il livello di uso di energia (di qualsiasi tipo), questo è eccessivo, perché esaurisce il sistema. Paragono il problema al guidare una macchina sempre al massimo dei giri del tachimetro. Ancora, come analista sistemico, penserei che potresti essere interessato ad un argomentazione simile. October 4, 2011 6:50 PM  

La mia risposta:

Karl, sono contento che il mio post abbia generato questioni interessanti come questa; quello che tu dici merita un post a se stante. Ora, il “paradosso” di Jevons non è affatto un paradosso, come sai. Non è codificato esplicitamente nei modelli. E' un assunto molto semplice, è curioso che funzioni; ma è così. Di base, la gente vuole sempre di più, massimizza la sua “funzione di utilità” soddisfacendo le proprie voglie a breve termine. Nate Hagens spiega questo in termini di produzione di dopamina all'interno del cervello. Così stanno le cose, almeno per la nostra civiltà. Non sono sicuro che sia così in generale nella storia, ci potrebbero essere regole sociali che la controllano. Sono sicuro che in diverse società questi freni sociali siano stati molto efficaci, ma nel nostro caso è dopamina, dopamina, dopamina; e più è meglio è. Ora, l'idea di Jevons, feedback positivo se preferisci, è la cosa che porta al sovra-sfruttamento, o superamento, come viene spesso chiamato. E' la fonte principale dei nostri problemi.Mentre la produzione cresce, il consumo cresce di conseguenza e se non ci fossero i feedback negativi, entrambe crescerebbero all'infinito. Questi feedback negativi, inquinamento ed esaurimento, esistono, ma si manifestano con un tempo di ritardo; troppo tardi. Il risultato è che avrai pesantemente consumato le tue risorse e devi tornare non solo ad un livello di sostenibilità, ma ad un livello molto più basso in modo da permettere alle risorse di rigenerarsi. Questo è ciò che chiamiamo collasso. Alla fine, è causato da una molecola chiamata dopamina, probabilmente la più pericolosa molecola sulla Terra, forse anche di più della CO2!

Queste sono considerazioni molto generiche che si adattano alle risorse non rinnovabili o lentamente rinnovabili. C'è un caso diverso, tuttavia, quello delle rinnovabili. Il trucco con le rinnovabili basate sul solare e sull'eolico è che non puoi sovra-sfruttare il Sole. Ciò è vero, almeno, per le rinnovabili come il vento ed il fotovoltaico. L'agricoltura, invece, ha un grande problema di erosione del suolo che la rende spesso una risorsa non rinnovabile. Non deve esserlo necessariamente; puoi creare un'agricoltura che non sfrutti eccessivamente il suolo, ma ora rimaniamo sulle tecnologie che non danneggiano il suolo, come il fotovoltaico. Quindi, se fai un modello della crescita delle rinnovabili avrai alcuni degli stessi meccanismi che governano la crescita delle risorse non rinnovabili. Ciò è generato da un feedback positivo che cresce rapidamente. Ma il punto è che i feedback negativi non generano conseguenza così disastrose come invece fanno con le risorse non rinnovabili. Ovvero, potresti scoprire di aver installato troppi pannelli solari e che questo abbia avuto un impatto negativo sull'agricoltura. Be', a quel punto potresti tornare al livello di sostenibilità semplicemente rimuovendo i pannelli in eccesso. Il suolo sotto i pannelli è ancora buono come prima (e forse di più). Non hai influenzato il flusso solare, quindi non devi fare altro che rimuovere i pannelli che eccedono il livello di sostenibilità. Nel modello, puoi presumere che il flusso dalla riserva di risorse rimane immutato. Giocando coi modelli, quello che accade normalmente è che il sistema si stabilizza naturalmente al livello di sostenibilità. Non so se questo accadrebbe nel mondo reale, ma ho notato che la gente si sta già fortemente lamentando del fotovoltaico che usa “troppo terreno” e protesta per fermare le installazioni, anche se la superficie utilizzata fino ad oggi è minuscola.

Così, penso che ci siano dei meccanismi intrinseci che fermerebbero l'installazione del fotovoltaico molto prima di pavimentare l'intero pianeta con celle di silicio. Questo non è applicabile solo alle aree agricole ma anche all'uso delle risorse minerali per costruire i pannelli stessi. Se accuratamente riciclati, il che può essere fatto, queste risorse possono durare per lunghissimo tempo. Così, credo che le rinnovabili non siano soggette al sovra-sfruttamento in sé stesse, o almeno quella tendenza al sovra-sfruttamento/superamento può essere tenuta sotto controllo. E' un diverso meccanismo di crescita. Ora, per tornare al tuo commento, quello che dici, in realtà è più complesso. Se le rinnovabili da sole non danneggiano così tanto l'ambiente, hai ragione nel dire che il mix di fossili e rinnovabili è un'altra cosa. Potrebbe ben essere malsano nel senso che potrebbe generare un consumo maggiore di fossili ed altre risorse minerali. Ed ho paura che tu abbia completamente ragione. Se dovessimo raggiungere la forma di energia perfetta, diciamo con un EROEI=100 e che duri per sempre, avremmo potenza elettrica gratis, ma la gente vorrebbe ancora un SUV ed investirebbe nell'estrazione di qualsiasi cosa possa essere bruciata: sabbie bituminose, scisti bituminosi, bitume, qualsiasi cosa.... Entro certi limiti, questo è un problema irrisolvibile. Ha a che fare con la natura umana; possiamo combattere la dopamina? Non lo so, forse no. L'unica cosa che posso dire è che se avessimo energia rinnovabile avremmo perlomeno una chance di convincere la gente che distruggere la Terra bruciando combustibili fossili non è una buona idea. Possiamo dire questo perché possiamo sostenere di non averne bisogno. Se non abbiamo un'alternativa, non abbiamo chance, non funziona. Se dici semplicemente alla gente di smettere di bruciare petrolio e carbone ed essere felici con meno, beh, guarda cosa accade nel dibattito su riscaldamento globale. Guarda al dibattito sul gas di scisti. Sono dibattiti guidati dalla dopamina. Quello che dice la gente è “dobbiamo bruciare X (X=carbone, petrolio, gas di scisti, ecc.) perché non abbiamo alternative”. Se non possiamo proporre alternative,la gente brucerà qualsiasi cosa possa essere bruciata e così torneremo al Medioevo (se siamo fortunati, perché l'alternativa è la Gola di Olduvai e nemmeno quella; potrebbe essere un luogo in cui saremmo noi stessi i fossili antichi).

Sono personalmente convinto che esista una strada per la sostenibilità basata sulle rinnovabili; una strada ad un mondo che mantiene alcune delle cose buone che abbiamo realizzato, come quella modesta prosperità e la libertà dai bisogni elementari, dalla fame, che siamo stati capaci di realizzare almeno in una parte di mondo ed anche lì in una frazione della società. Ma è già qualcosa in confronto all'alternativa che è, per citare Jevons, quella “laboriosa povertà” d'altri tempi. Sono anche convinto che alla fine ci arriveremo. Ma la strada è stretta e tortuosa, e ci sono buone chance di commettere degli errori e finire come Willy il Coyote , schiacciato in fondo ad un canyon. Penso, tuttavia, che dovremmo provare a riconoscere questa strada e fare del nostro meglio per seguirla.

mercoledì 2 novembre 2011

La rivoluzione delle rinnovabili

Crescita mondiale della potenza fotovoltaica ed eolica installata, di Emilio Martines. Dati tratti da IEA Photovoltaic Power Systems Programme, European Wind Energy Association ed Earth Policy Institute.

Tanto per cambiare, ecco un post non-Cassandrico. Guardate i dati nella figura sopra, gentilmente fornita da Emilio Martines, membro del ASPO-Italia. La crescita dell'energia fotovoltaica ed eolica è stata incredibilmente veloce durante gli ultimi 2-3 decenni. La scala logaritmica evidenzia la crescita esponenziale di entrambe le tecnologie. Non ci sono segni di rallentamento, fino ad ora, nonostante la recessione ed il cattivo stato dell'economia. Secondo il grafico, l'energia eolica cresce di un fattore 10 in meno di 10 anni, l’energia FV ci mette poco più di 5 anni. A questi tassi, sia eolico sia FV potrebbero raggiungere l'obiettivo di un terawatt installato (TW) ciascuno intorno al 2020.

Naturalmente, il capacity factor (fattore di utilizzazione) di eolico e fotovoltaico è più piccolo di quello delle fonti convenzionali, cosicché un TW di energia rinnovabile è in grado di produrre molta meno energia di un TW di - poniamo - un impianto a carbone. Poi, c'è il problema dello stoccaggio ed altre questioni. Ciò nonostante, i dati sono impressionanti, considerando che la potenza elettrica totale installata nel mondo oggi è circa 2 TW. E' esattamente il valore di potenza di picco delle rinnovabili che potremmo raggiungere entro la fine del decennio in corso. Stiamo vedendo uno scorcio di luce alla fine del tunnel?

Ovviamente, nulla può crescere esponenzialmente per sempre. Ma abbiamo comunque generato una rivoluzione energetica: l’energia rinnovabile ha un mercato e cresce. E' una rivoluzione che non si può più fermare. Ci dà la possibilità di sostituire i combustibili fossili, prima che sia troppo tardi. Si tratta di una possibilità, ma ce l'abbiamo.


Traduzione dell'articolo in inglese apparso su "Cassandra's Legacy" il 30/09/2011 a cura di Pandemica-mente (Andrea Schenone).

domenica 30 ottobre 2011

ASPO-Italia 5: concluso il convegno

Si è concluso il convegno organizzato il 28 Ottobre a Firenze da ASPO-Italia in collaborazione con Climalteranti. Vedremo di relazionare nei dettagli con calma, nel frattempo qualche foto senza pretese di una cronaca completa

Ian Johnson, segretario generale del Club di Roma, apre i lavori con il suo intervento. A mio parere è stato nettamente il più interessante di tutto il convegno. Nella foto vedete anche Ugo Bardi (a destra, seduto) che fa la traduzione.


Toufic El Asmar, segretario di ASPO-Italia da la sua presentazione sul problema alimentare.





Questo è Stefano Caserini a rappresentare il gruppo "Climalteranti" nella sessione del mattino.



Ed ecco Luca Mercalli che non sta facendo il Karaoke, come potrebbe sembrare, ma sta dando la sua presentazione. Lo strumento sulla sinistra è del gruppo "Cambiamo" che ha fatto le pause musicali nel pomeriggio

 Il concetto di essere delle "Cassandre" si diffonde; qui nell'interpretazione di Pietro Cambi


Una delle pause musicali del gruppo "Cambiamo"




Per essere un convegno fatto in un giorno di lavoro, ha attirato un bel gruppo di persone.


Pausa pranzo al ristorante "Nerbone" nel cuore del mercato di San Lorenzo. Da sinistra a destra, si riconoscono Cristiano Bottone, Sergio Paderi, Terenzio Longobardi, Massimiliano Rupalti (dietro Massimiliano, si intravede una sua amica)


La pausa pranzo di Fabio Biagini, al mitico baracchino del lampredotto del mercato di San Lorenzo




Alcuni dei partecipanti dell'assemblea dei soci ASPO-Italia. Da destra a sinistra, Gianni Comoretto, Pietro Cambi, Francesco Aliprandi, Noemi Brogialdi, Andrea Fanelli e Lou del Bello. Dietro Andrea, si intravede Mirco Rossi.


La nuova triade dirigente di ASPO-Italia, da sinistra a destra: Toufic El Asmar (Vice-presidente), Luca Pardi (presidente) e Mauro Icardi (Segretario).




Per finire, questo oggetto era in un corridoio vicino a dove si teneva la conferenza. Non so se lo si debba interpretare come un partecipante che è rimasto scioccato dal tono catastrofista di certi interventi

giovedì 27 ottobre 2011

Convegno: Cassandra nel XXI secolo

Il Quinto convegno nazionale ASPO-Italia, Associazione per lo Studio del Picco del Petrolio, organizzato insieme al gruppo "Climalteranti" si terrà Venerdì 28 ottobre 2011, dalle 9:00 alle 19:00, presso la 

Sala delle Feste – Palazzo Bastogi, Consiglio Regionale della Toscana, via Cavour, 18 a Firenze.

Il Titolo del convegno che sarà trasmesso in diretta video sulla homepage del portale del Consiglio Regionale della Toscana è “Cassandra nel XXI secolo. Clima, energia e cibo: fra informazione e disinformazione, crescita della consapevolezza pubblica e politiche appropriate”. Ingresso libero.

PROGRAMMA

Apertura e Saluti 9.00-9.30

Ugo Bardi, Presidente di ASPO – Italia

Mauro Romanelli, Consigliere, regione Toscana

09:30 Ian Johnson, Segretario generale del Club di Roma. 40 years of Limits to growth.


10:15 Nicole Foss, ricercatrice economica coeditore del blog “The Automatic Earth”. Un secolo di sfide.

10:45 -11:15 Coffee Break

11:15 Toufic el Asmar, Segretario ASPO – Italia e consulente FAO. Climate Smart Agriculture.

11:45 Enrico Euli, Università di Cagliari. Informazione, apprendimento e pedagogia delle catastrofi.

12:15 Luca Mercalli, Presidente Società Meteorologica Italiana. Prepariamoci. Consapevolezza e ritardi nella percezione dei problemi ambientali.

Break pranzo 12:45-14:30

Nella sessione pomeridiana i seminari saranno intercalati da intermezzi teatral-musicali di circa 10 minuti.

14:30- 18:00 I grandi problemi dell’Umanità su web, carta stampata, editoria, radio e televisione.

Sylvie Coyaud, Giornalista. Il clima nella rete.

Pietro Cambi, Geologo esperto indipendente e blogger. Il picco nella rete. La benedizione di Cassandra.

Sergio Castellari, Centro Euro – Mediterraneo per i Cambiamenti Climatici / Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia. IPCC, climategate e i media.

Stefano Caserini, DIIAR Politecnico di Milano. Il Clima sulla carta stampata.

Mirco Rossi, Divulgatore indipendente. Energia e futuro – le opportunità del declino. Tre lenti per leggere meglio.

18:00-18:15 Conclusioni e chiusura

domenica 23 ottobre 2011

La scienza del clima spiegata agli scettici dal capitano Kirk


Il capitano James T. Kirk dell'astronave "Enterprise". Il suo motto è "non mi metto mai in una situazione senza uscita" (I never put myself in a no-win situation). Cosa che i diversamente esperti di clima, invece, hanno fatto sostenendo che le "isole di calore urbano" falsano completamente l'idea che ci sia in corso un riscaldamento globale.


I risultati del recente studio indipendente BEST ("Berkeley Earth Surface Temperature") hanno confermato in pieno quello che già si sapeva sull'incremento della temperatura terrestre; ovvero quello che definiamo di solito "Riscaldamento Globale".

Se lo studio BEST, di per se, non ha detto niente di particolarmente nuovo in termini scientifici, quello che è riuscito a fare è stato dimostrare come la posizione dei cosiddetti "scettici" (meglio definiti come "diversamente esperti") sia basata non sulla scienza ma piuttosto sull'ideologia.

La reazione dei diversamente esperti ai risultati del BEST, e in particolare di Anthony Watts, che gestisce il sito pseudo-scientifico "Watt's up with that" è stata disastrosa per la loro immagine. Si trovavano (e si trovano) infatti in una posizione senza uscita. Che neghino o che confermino i risultati di BEST, cadono in contraddizione.

Una possibile risposta dei cosiddetti scettici al BEST poteva essere: "non avevamo mai negato che la Terra si scalda, quello che è importante è se il riscaldamento è dovuto all'attività umana".  Infatti, hanno provato a dirlo. Il problema è che questa posizione è incompatibile con quello che avevano sempre sostenuto, ovvero che l'effetto delle "isole di calore urbano" (urban heat islands, UHI) falsava completamente le misure della temperatura fatte fino ad oggi. Date un'occhiata alla discussione e questo punto apparirà chiarissima: gli scettici avevano sempre sostenuto che la Terra NON si scalda, e ora non possono più tornare indietro senza contraddirsi.

Del resto, sembra chiaro dalla posizione di Watts e dei commentatori al suo sito che loro hanno piena intenzione di continuare a negare l'evidenza, sostenendo adesso che lo studio BEST è altrettanto falso e sbagliato di tutti gli studi precedenti sulla temperatura terrestre. Ma anche questa è una posizione insostenibile. Watts stesso aveva dichiarato che avrebbe accettato i risultati di BEST "qualsiasi fossero stati." Così, Watts si è contraddetto apertamente sul suo sito, andando a dire ora che non crede ai dati di BEST e facendoci una ben misera figura. Comunque la voglaino mettere, comincia ad essere difficile sostenere che quattro studi diversi (incluso BEST) fatti da quattro team diversi, che danno tutti gli stessi risultati, sono tutti parte dello stesso complotto dei climatologi per imbrogliarci. Insomma, gli scettici si trovano in una situazione senza uscita. Avrebbero dovuto dar retta al capitano Kirk!

Certo, non basta questo studio a risolvere una questione che ormai è diventata profondamente politica e sostenuta da forze che cercano disperatamente di negare i risultati scientifici che dimostrano la realtà del cambiamento climatico antropogenico. Ma l'impatto della questione BEST sul dibattito climatico potrebbe essere dirompente sulla credibilità degli scettici/diversamente esperti. Potrebbe dare una spinta decisiva ad arrivare finalmente ad accettare anche a livello politico quello che la scienza ci dice ormai da decenni. 


Ecco alcuni link a tutta la faccenda. Per il momento, quasi tutto è in inglese, a parte il commento di Mondi Sommersi. E' in programma anche un commento su Climalteranti, ma non è ancora uscito. Metterò il link appena disponibile.



Notevole anche questo post su "Watts up with that". Richard Muller, una volta beniamino dei diversamente esperti, ora è rappresentato come "nemico del popolo" secondo la miglior tradizione della propaganda staliniana. 

    venerdì 21 ottobre 2011

    Lo scandalo dell'editoria accademica



    Con la "open access week" la settimana del libero accesso, che comincia la prossima settimana, Cassandra traduce (grazie a Massimiliano Rupalti) un recente articolo di George Monbiot, apparso sul "Guardian." In questo momento estremamente difficile per la scienza, sembra che gli scienziati stiano continuando a fare di tutto per spararsi nelle gambe da soli. Una di queste cose è di regalare il loro lavoro - pagato con fondi pubblici - agli editori scientifici che sono dei privati che ci fanno soldi sopra. E' uno scandalo sotto tutti gli aspetti che priva il pubblico della possibilità di capire e giudicare il lavoro fatto per loro (e con i loro soldi) dagli scienziati. Tutto questo da ampi spazi a chi è pagato dalle lobby anti-scienza per fare disinformazione e per la caccia allo scienziato scomodo. Considerando l'urgenza di prendere provvedimenti contro il riscaldamento globale e l'esaurimento delle risorse, se continuiamo così ci stiamo tutti quanti sparando nelle gambe da soli. Allora, dobbiamo liberare la comunicazione scientifica e renderla accessibile a tutti. Come dice Monbiot, "Abbasso il racket del monopolio della conoscenza"



    Gli editori accademici fanno sembrare Murdoch un socialista

    Di George Monbiot (Traduzione di Massimiliano Rupalti)


    Gli editori accademici addebitano elevate commissioni per accedere alla ricerca pagata da noi. Abbasso il racket del monopolio della conoscenza.'


     Sebbene le biblioteche universitarie abbiano freneticamente tagliato gli abbonamenti per sbarcare il lunario, le riviste oggi consumano il 65% dei loro bilanci ': Foto: Peter M Fisher/Corbis

    Chi sono i capitalisti più spietati del mondo occidentale? Le cui pratiche monopolistiche fanno di Walmart il negozietto sotto casa e di Rupert Murdoch un socialista? Non indovinereste la risposta neanche in un mese. Benché ci siano moltissimi candidati, il mio voto non va alle banche, alle compagnie petrolifere o a quelle di assicurazioni sanitarie, ma - aspettatevelo – agli editori accademici. 

    Il loro sembra essere un settore stantio e insignificante. Tutt'altro. Di tutte le frodi aziendali, il racket che gestiscono è quello che ha più urgente bisogno di essere rinviato alle autorità garanti della concorrenza.

    Tutti dichiarano che la gente dovrebbe essere incoraggiata a capire la scienza e le altre ricerche accademiche. Ma gli editori hanno messo un lucchetto e la scritta “Vietato entrare” ai cancelli. Vi dovreste indignare per la politica di accesso a pagamento di Murdoch, con la quale applica una tariffa di una sterlina per 24 ore per accedere al Times e al Sunday Times. Ma almeno in quel periodo puoi leggere e scaricare quello che vuoi. Leggere un singolo articolo pubblicato dalle riviste di Elsevier's ti costerà 31,50 dollari. Springer chiede 34,95€, Wiley-Blackwell 42 dollari. Ne leggi 10 e paghi 10 volte. E le riviste conservano il copyright per sempre. Vuoi leggere una lettera stampata nel 1981? Pagherai 31.50 dollari.



    Illustrazione di Daniel Pudles


    Naturalmente, puoi andare in biblioteca (se esiste ancora). Ma anche quelle sono state colpite da tasse cosmiche. Il costo medio di un abbonamento annuale ad una rivista di chimica è di 3.792 dollari. Alcune riviste costano 10.000 dollari l'anno o più a magazzino. La più cara che abbia visto è Elsevier's Biochimica et Biophysica Acta, che costa 20.930 dollari. Sebbene le biblioteche universitarie abbiano freneticamente tagliato gli abbonamenti per sbarcare il lunario le riviste oggi consumano il 65% dei loro bilanci, e ciò significa che devono ridurre il numero di libri che comprano. Le tasse delle riviste influiscono in quanto componente significativa dei costi universitari, che vengono passati ai loro studenti.

    Murdoch paga i suoi giornalisti ed i suoi editori e le sue compagnie generano gran parte dei contenuti che usano. Ma gli editori accademici ottengono i loro articoli, le loro revisioni tra pari (approvate da altri ricercatori) e persino la maggior parte della loro redazione, gratuitamente. Il materiale che pubblicano è stato commissionato e finanziato non da loro, ma da noi, attraverso finanziamenti alla ricerca e stipendi accademici.
    Ma per visionarlo dobbiamo pagare ancora ed in maniera esosa. I ritorni sono astronomici: nel passato anno finanziario, il margine di profitto operativo di Elsevier è stato del  36% (£724 su ricavi di £2 miliardi). Sono il risultato di una morsa sul mercato. Elsevier, Springer e Wiley, che hanno acquisito molti dei loro competitori, ora pubblicano il 42% degli articoli scientifici.

    Ancora più importante, le università sono costrette a comprare i loro prodotti. I saggi accademici vengono pubblicati solo in un luogo e devono essere letti da ricercatori che cercano di tenere il passo con il loro tema di ricerca. La domanda è rigida e la competizione inesistente perché riviste diverse non possono pubblicare lo stesso materiale. In molti casi gli editori obbligano le biblioteche a comprare una gran quantità di riviste, che le vogliano in così grande quantità o meno. Forse non sorprende che uno dei più grandi truffatori che abbia mai truffato questo paese – Robert Maxwell – ha fatto gran parte dei suoi soldi attraverso le pubblicazioni accademiche.

    Gli editori dichiarano di dovere addebitare tali commissioni a causa del costo di produzione e distribuzione e che loro aggiungono valore (nelle parole di Springer) perché “sviluppano i marchi delle riviste e mantengono e migliorano l'infrastruttura digitale che ha rivoluzionato la comunicazione scientifica negli ultimi 15 anni”. Ma un'analisi della Deutsche Bank giunge a conclusioni differenti. “Crediamo che gli editori aggiungano un valore relativamente piccolo al processo editoriale... se il processo fosse veramente complesso, costoso e di valore aggiunto, come contestano gli editori, il 40% di margine non sarebbe disponibile”. Lontani dall'assistere la divulgazione della ricerca, i grandi editori la impediscono, così come i loro lunghi tempi di consegna possono ritardare l'uscita delle scoperte di un anno o più.

    Quello che vediamo è puro capitalismo di rendita: monopolizzare una risorsa pubblica per poi addebitare commissioni esorbitanti per usarla. Un altro termine per questo fenomeno è parassitismo economico. Per ottenere il sapere per il quale abbiamo già pagato dobbiamo cedere le armi ai proprietari terrieri dell'apprendimento. Ciò è abbastanza negativo per gli accademici, è peggio per gli altri. Mi riferisco ai lettori e revisori, sul principio che le dichiarazioni debbano essere seguite dalle fonti. I lettori mi raccontano di non essere in grado di permettersi di giudicare da soli se ho rappresentato o no la ricerca onestamente. I ricercatori indipendenti che cercano di informarsi riguardo a importanti problemi scientifici devono esibirne migliaia. Questa è una tassa sull'educazione, un ostacolo allo spirito pubblico. Sembra violare la dichiarazione universale dei diritti umani, che dice che “tutti hanno il diritto di essere liberi di....condividere i progressi scientifici ed i loro benefici”.

    L'editoria ad accesso libero, nonostante le sue promesse e qualche eccellente risorsa come la biblioteca Pubblica della Scienza ed il database fisico arxiv.org, ha fallito nel rimpiazzare i monopolisti. Nel 1998 l'Economist, rilevando le opportunità offerte dall'editoria elettronica, predisse che "i giorni dei margini di profitto del 40% saranno presto defunti come Robert Maxwell".Ma nel 2010 i margini operativi di profitto di Elsevier erano gli stessi (36%) di quelli del 1998.

    La ragione è che i grandi editori si sono impadroniti delle riviste con i fattori di impatto accademico più elevato, nelle cui pubblicazioni è essenziale per i ricercatori provare ad ottenere sovvenzioni e progredire nella loro carriera. Puoi cominciare leggendo riviste ad accesso aperto, ma non puoi fare a meno di leggere quelle chiuse.

    I governi, con poche eccezioni, hanno fallito nei loro confronti. Gli Istituti Nazionali per la Salute negli Stati Uniti obbligano tutti a prendere le loro sovvenzioni per mettere i loro saggi in un archivio ad accesso libero. Ma il Consiglio della Ricerca inglese, la cui dichiarazione sul libero accesso è un capolavoro di chiacchiera insignificante, si basa “sull'assunto che gli editori manterranno lo spirito delle loro politiche correnti”. Puoi scommetterci. A breve termine, i governi dovrebbero riferire sugli editori ai loro cani da guardia della concorrenza ed insistere che tutti i saggi provenienti da ricerche finanziate pubblicamente vengano inserite in un database pubblico ad accesso libero. A lungo termine, dovrebbero lavorare con i ricercatori per tagliare fuori completamente gli intermediari, creando - seguendo le linee proposte da Björn Brembs della Freie Universität di Berlino - un unico archivio globale della letteratura e dei dati accademici. La revisione tra pari sarebbe supervisionata da un corpo indipendente. Potrebbe essere finanziato dai bilanci delle biblioteche che sono al momento dirottati nelle mani dei privati.

    Il monopolio del sapere è così ingiustificato ed anacronistico quanto le leggi sulla bardatura dei cavalli da guerra. Buttiamo fuori questi feudatari parassiti e liberiamo la ricerca, che ci appartiene.

    martedì 18 ottobre 2011

    Credo perché è assurdo



    Il climatologo Hans Schellnhuber viene minacciato con un nodo scorsoio mentre sta tenendo una conferenza (link al video). Sono gli scienziati i nuovi nemici, l'obbiettivo di una nuova crociata? (traduzione dall'inglese di Massimiliano Rupalti, da Cassandra's legacy)


    All'inizio del terzo secolo D.C., Tertulliano, campione della Cristianità contro il Paganesimo, ci ha fatto una sorprendente rivelazione sulla rottura fra la vecchia e la nuova visione culturale. Dei sui scritti ricordiamo le parole "Credo quia absurdum” che significa “Io credo perché è assurdo”. Queste non sono le parole esatte di Tertulliano, ma la frase riassume bene il suo pensiero. Tertulliano usava l'assurdità come arma contro il vecchio paradigma. Era un apostata, un rivoluzionario, un sovversivo.

    Ripensando a quei tempi antichi, è impressionante notare quanto siano simili alla rottura del paradigma dei nostri tempi che è spesso espresso nei termini di ciò che chiamiamo”le teorie del complotto”. Fino a poco tempo fa, la rottura contro la vecchia visione culturale era espressa in forme ideologiche complesse e strutturate: comunismo o socialismo, per esempio. Ma quello che stiamo vedendo ora non è nulla di strutturato o complesso. E' semplicemente la negazione di qualsiasi cosa possa dare l'impressione di essere “dimostrata scientificamente”. Dalle scie chimiche al climategate, vediamo la diffusione di un atteggiamento basato sul concetto che “se è scienza, deve essere una truffa”. Se Tertulliano fosse vivo oggi, la sua ricerca di assurdità creative sarebbe espressa, forse, sostenendo che gli aerei che ci volano sopra stiano diffondendo veleni terribili su di noi o che l'idea che la CO2 prodotta dagli esseri umani stia riscaldando il pianeta sia un elaborato inganno per spaventarci.

    E' grottesco, sicuro. Ma per qualsiasi cosa esista, c'è una ragione per la sua esistenza. Questo è vero anche per le teorie del complotto, ora e nei tempi antichi. Ai tempi di Tertulliano, la prosperità materiale di Roma e dei Romani era spesso vista come il risultato del favore degli Dei Pagani. Quando questa prosperità è scomparsa è stato uno shock: Roma non era più nei favori dei vecchi Dei. Il risultato è stato un movimento di idee che vedeva gli antichi Dei come “il male” proprio come quelle persone che continuavano ad adorarli. Ricordiamo la storia della filosofa pagana Ipazia, uccisa e fatta a pezzi da una folla inferocita. Ciò è accaduto solo un paio di secoli dopo Tertulliano, quando la frattura fra nuovo e vecchio paradigma non era più il dominio di sovversivi isolati; era diventato un'onda di furore, un vero tsunami.

    Oggi, vediamo i sintomi dello stesso tipo di rottura, di uno tsunami di furore montante nella nostra società. Pensate alla nostra prosperità: tendiamo ad attribuirla non agli Dei pagani, ma alla nostra abilità tecnologica. Adoriamo la capacità degli scienziati di creare macchinari nuovi e migliori. Ci diciamo che qualsiasi problema può essere risolto dagli scienziati che possono inventare un modo intelligente per uscirne. Non c'è abbastanza petrolio? Perforiamo più in profondità, inventiamoci biocarburanti, creiamo la fusione nucleare in bottiglia. Non c'è abbastanza cibo? Qualcuno inventerà nuovi fertilizzanti, organismi geneticamente modificati, nuovi pesticidi. Inquinamento? Dotiamoci di nuovi e migliori filtri per gli scarichi delle automobili e per le ciminiere degli inceneritori. Cancro? Presto avremo la pillola magica che lo cura.

    Ma ora sta accadendo qualcosa di diverso, qualcosa di mai sentito. Gli scienziati ci stanno dicendo che non ci sono soluzioni rapide per problemi come l'esaurimento delle risorse ed i gas serra nell'atmosfera. Che più cresciamo, più i problemi diventano seri. Che rischiamo spazzare via la razza umana dal pianeta facendo esattamente le stesse cose che siamo stati orgogliosi di saper fare, finora. Che abbiamo bisogno di cambiare i nostri modi prima che sia troppo tardi.

    E' la rottura completa del vecchio paradigma. Per la maggior parte di noi è totalmente disorientante sentirci dire che abbiamo sbagliato tutto e sentirlo dalle stesse persone, gli scienziati, che ci hanno mostrato come fare quello stavamo facendo. Questo può essere visto solamente come un tradimento e non è un strano che il furore monti contro quegli infidi e infedeli scienziati del male. Storie come quella del “Climategate” sono segni di questo furore. E' un furore terribile, qualcosa che non può essere spiegato se non con la perdita di un quadro comune di pensiero. E' una società che sta perdendo il rapporto maestro-alunno. Questo significa perdere saggezza, sapienza e auctoritas.

    Quando la gente perde la saggezza, la via d'uscita più facile sembra essere trovare un nemico. I nostri nuovi nemici sembrano essere gli scienziati. Non abbiamo ancora assistito al linciaggio di climatologi da parte di una folla inferocita, come è accaduto a Ipazia molto tempo fa, ma sembra che ci stiamo avvicinando a qualcosa di simile. Il furore di quella gente che chiamiamo i “teorici del complotto” è ancora ad una stadio informe di negazione di tutto, ma potrebbe svilupparsi in forme che potremmo descrivere come una specie di nuova crociata in cui, questa volta, i nemici sono gli scienziati. Non sarebbe la prima volta che gli scienziati diventano l'obbiettivo di movimenti politici, dai tempi del MaCarthysmo negli Stati Uniti alla “Rivoluzione Culturale” in Cina. Questi movimenti alla fine si sono placati, ma forse non abbiamo ancora visto il furore anti-scienza apparire con tutta la sua forza.

    La trasformazione della Società Romana dal Paganesimo alla Cristianità è durata secoli ed ha implicato ogni sorta di lotte violente fino a che non si è insediato un nuovo paradigma ed una nuova saggezza. Mille anni dopo Tertulliano, il mondo ha visto quel fiorire di pensiero che chiamiamo filosofia scolastica che comportava la riscoperta della vecchia saggezza e la sua fusione con la nuova. Oggi stiamo vedendo l'inizio di un nuovo ciclo e, nel tempo, dovremo riscoprire una nuova saggezza ed una nuova auctoritas. Quello che vediamo oggi in modo oscuro, come in uno specchio, lo vedremo faccia a faccia.


    Questo post è una sintesi di un post più lungo intitolato "Tertulliano non credeva agli allunaggi" pubblicato su "Effetto Cassandra" nel Marzo 2011. Ringrazio Ludovico Pernazza per una correzione al testo