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martedì 18 ottobre 2011

Credo perché è assurdo



Il climatologo Hans Schellnhuber viene minacciato con un nodo scorsoio mentre sta tenendo una conferenza (link al video). Sono gli scienziati i nuovi nemici, l'obbiettivo di una nuova crociata? (traduzione dall'inglese di Massimiliano Rupalti, da Cassandra's legacy)


All'inizio del terzo secolo D.C., Tertulliano, campione della Cristianità contro il Paganesimo, ci ha fatto una sorprendente rivelazione sulla rottura fra la vecchia e la nuova visione culturale. Dei sui scritti ricordiamo le parole "Credo quia absurdum” che significa “Io credo perché è assurdo”. Queste non sono le parole esatte di Tertulliano, ma la frase riassume bene il suo pensiero. Tertulliano usava l'assurdità come arma contro il vecchio paradigma. Era un apostata, un rivoluzionario, un sovversivo.

Ripensando a quei tempi antichi, è impressionante notare quanto siano simili alla rottura del paradigma dei nostri tempi che è spesso espresso nei termini di ciò che chiamiamo”le teorie del complotto”. Fino a poco tempo fa, la rottura contro la vecchia visione culturale era espressa in forme ideologiche complesse e strutturate: comunismo o socialismo, per esempio. Ma quello che stiamo vedendo ora non è nulla di strutturato o complesso. E' semplicemente la negazione di qualsiasi cosa possa dare l'impressione di essere “dimostrata scientificamente”. Dalle scie chimiche al climategate, vediamo la diffusione di un atteggiamento basato sul concetto che “se è scienza, deve essere una truffa”. Se Tertulliano fosse vivo oggi, la sua ricerca di assurdità creative sarebbe espressa, forse, sostenendo che gli aerei che ci volano sopra stiano diffondendo veleni terribili su di noi o che l'idea che la CO2 prodotta dagli esseri umani stia riscaldando il pianeta sia un elaborato inganno per spaventarci.

E' grottesco, sicuro. Ma per qualsiasi cosa esista, c'è una ragione per la sua esistenza. Questo è vero anche per le teorie del complotto, ora e nei tempi antichi. Ai tempi di Tertulliano, la prosperità materiale di Roma e dei Romani era spesso vista come il risultato del favore degli Dei Pagani. Quando questa prosperità è scomparsa è stato uno shock: Roma non era più nei favori dei vecchi Dei. Il risultato è stato un movimento di idee che vedeva gli antichi Dei come “il male” proprio come quelle persone che continuavano ad adorarli. Ricordiamo la storia della filosofa pagana Ipazia, uccisa e fatta a pezzi da una folla inferocita. Ciò è accaduto solo un paio di secoli dopo Tertulliano, quando la frattura fra nuovo e vecchio paradigma non era più il dominio di sovversivi isolati; era diventato un'onda di furore, un vero tsunami.

Oggi, vediamo i sintomi dello stesso tipo di rottura, di uno tsunami di furore montante nella nostra società. Pensate alla nostra prosperità: tendiamo ad attribuirla non agli Dei pagani, ma alla nostra abilità tecnologica. Adoriamo la capacità degli scienziati di creare macchinari nuovi e migliori. Ci diciamo che qualsiasi problema può essere risolto dagli scienziati che possono inventare un modo intelligente per uscirne. Non c'è abbastanza petrolio? Perforiamo più in profondità, inventiamoci biocarburanti, creiamo la fusione nucleare in bottiglia. Non c'è abbastanza cibo? Qualcuno inventerà nuovi fertilizzanti, organismi geneticamente modificati, nuovi pesticidi. Inquinamento? Dotiamoci di nuovi e migliori filtri per gli scarichi delle automobili e per le ciminiere degli inceneritori. Cancro? Presto avremo la pillola magica che lo cura.

Ma ora sta accadendo qualcosa di diverso, qualcosa di mai sentito. Gli scienziati ci stanno dicendo che non ci sono soluzioni rapide per problemi come l'esaurimento delle risorse ed i gas serra nell'atmosfera. Che più cresciamo, più i problemi diventano seri. Che rischiamo spazzare via la razza umana dal pianeta facendo esattamente le stesse cose che siamo stati orgogliosi di saper fare, finora. Che abbiamo bisogno di cambiare i nostri modi prima che sia troppo tardi.

E' la rottura completa del vecchio paradigma. Per la maggior parte di noi è totalmente disorientante sentirci dire che abbiamo sbagliato tutto e sentirlo dalle stesse persone, gli scienziati, che ci hanno mostrato come fare quello stavamo facendo. Questo può essere visto solamente come un tradimento e non è un strano che il furore monti contro quegli infidi e infedeli scienziati del male. Storie come quella del “Climategate” sono segni di questo furore. E' un furore terribile, qualcosa che non può essere spiegato se non con la perdita di un quadro comune di pensiero. E' una società che sta perdendo il rapporto maestro-alunno. Questo significa perdere saggezza, sapienza e auctoritas.

Quando la gente perde la saggezza, la via d'uscita più facile sembra essere trovare un nemico. I nostri nuovi nemici sembrano essere gli scienziati. Non abbiamo ancora assistito al linciaggio di climatologi da parte di una folla inferocita, come è accaduto a Ipazia molto tempo fa, ma sembra che ci stiamo avvicinando a qualcosa di simile. Il furore di quella gente che chiamiamo i “teorici del complotto” è ancora ad una stadio informe di negazione di tutto, ma potrebbe svilupparsi in forme che potremmo descrivere come una specie di nuova crociata in cui, questa volta, i nemici sono gli scienziati. Non sarebbe la prima volta che gli scienziati diventano l'obbiettivo di movimenti politici, dai tempi del MaCarthysmo negli Stati Uniti alla “Rivoluzione Culturale” in Cina. Questi movimenti alla fine si sono placati, ma forse non abbiamo ancora visto il furore anti-scienza apparire con tutta la sua forza.

La trasformazione della Società Romana dal Paganesimo alla Cristianità è durata secoli ed ha implicato ogni sorta di lotte violente fino a che non si è insediato un nuovo paradigma ed una nuova saggezza. Mille anni dopo Tertulliano, il mondo ha visto quel fiorire di pensiero che chiamiamo filosofia scolastica che comportava la riscoperta della vecchia saggezza e la sua fusione con la nuova. Oggi stiamo vedendo l'inizio di un nuovo ciclo e, nel tempo, dovremo riscoprire una nuova saggezza ed una nuova auctoritas. Quello che vediamo oggi in modo oscuro, come in uno specchio, lo vedremo faccia a faccia.


Questo post è una sintesi di un post più lungo intitolato "Tertulliano non credeva agli allunaggi" pubblicato su "Effetto Cassandra" nel Marzo 2011. Ringrazio Ludovico Pernazza per una correzione al testo



venerdì 4 marzo 2011

Tertulliano non credeva agli allunaggi: la rottura dell'auctoritas nel dibattito sul clima



Quinto Settimio Tertulliano è vissuto fra il secondo e il terzo secolo AD. Nella sua prolifica opera, è noto soprattutto per la frase a lui attribuita "Credo quia absurdum." In realtà, aveva detto una cosa un po' diversa, ma il concetto è simile. Quella di Tertulliano è la rottura totale con tutto il pensiero che esisteva prima di lui. Era la perdita dell' "auctoritas" classica che sarebbe stata recuperata soltanto molto dopo e in una forma diversa con la filosofia scolastica nel Medio Evo. Qui cito Tertulliano come parte di un'analisi della frattura culturale fra scienza e politica che si sta creando nella nostra società in un modo forse non dissimile da quella che si era creata al tempo di Tertulliano fra il mondo pagano e quello cristiano.



Verso l'inizio del terzo secolo A.D., Tertulliano, campione del cristianesimo contro i pagani, ci da una visione lampante della la rottura fra vecchia e nuova auctoritas. Di lui ci ricordiamo la celebre frase "Credo quia absurdum" (anche se non esattamente). Tertulliano cercava l'assurdità, lo scandalo, come arma contro i vecchi paradigmi; era un rivoluzionario, un sovversivo.

Ripensando a questi antichi tempi, fa impressione notare quanto somigliante è lo sconvolgimento di paradigma in cui ci troviamo oggi e che si esprime spesso con quelle forme di rifiuto totale di tutto quello che è condiviso in termini di auctoritas. Queste forme di rifiuto una volta si esprimevano in ideologie rivoluzionarie o sovversive. Ma oggi si sono sfilacciate in qualcosa di negativo che chiamiamo "complottismo" che, in fondo, è l'unica nuova, vera ideologia del ventunesimo secolo.

Se Tertulliano fosse vivo oggi, la sua rottura con i paradigmi condivisi, la sua ricerca dell'assurdo dirompente si esprimerebbe forse con il sostenere che gli allunaggi degli anni '60 erano tutta una messinscena, che le torri gemelle sono state distrutte da una demolizione controllata, e che gli aerei che volano sopra le nostre teste spargono veleni terribili per l'atmosfera.

Questa rottura è indice di un profondo cambiamento nella trasmissione della cultura. Tutta la conoscenza umana è strutturata. Ogni apprendimento è basato sull'unità fondamentale del rapporto fra maestro e allievo. Non è un rapporto paritetico, è un rapporto gerarchico. Il maestro è tale perché ha quella cosa che i latini chiamavano  "auctoritas;" non un'imposizione ma parte della struttura stessa della società. Sull'auctoritas si basa l'ordinamento della conoscenza; quella cosa che chiamiamo "sapienza" e a volte, "saggezza".

Ma tutto va per cicli e il male, come ha detto una volta Poul Anderson, è il bene che è marcito. Non sempre l'auctoritas corrente riesce a seguire i cambiamenti della società. Allora, l'auctoritas si cristallizza e da una guida diventa una gabbia contro la quale le menti libere si ribellano. Ma la sapienza, come la società, è sempre in movimento. C'è sempre una transizione alla ricerca di una nuova saggezza. E' soltanto che certe volte la transizione avviene gradualmente, a volte attraverso una rottura.

Un esempio di questa rottura traumatica lo troviamo con i tempi di Tertulliano. Gli antichi Romani vedevano la loro prosperità materiale dovuta in gran parte al favore degli dei pagani. Quando questa prosperità è svanita, chi ne ha fatto le spese sono stati i rappresentanti del vecchio ordine. Ci ricordiamo della filosofa pagana Ipazia; fatta a pezzi a mani nude da una folla inferocita. Questo è avvenuto solo un paio di secoli dopo Tertulliano; quando la rottura fra vecchio e il nuovo non era più il paradigma di qualche isolato sovversivo, ma un onda di rabbia che spazzava tutta la società. Una rabbia che fa paura, che non si spiega se non con la perdita totale di orizzonti condivisi; una società che ha perso completamente il rapporto fra maestro e allievo. Che ha perso la sapienza, la saggezza, l'auctoritas.

Oggi, ritroviamo questo stesso smarrimento; questa perdita di orizzonti condivisi. La nostra prosperità materiale è dovuta in gran parte alla scienza e al metodo scientifico, o perlomeno così la percepiamo. E allora è uno sconvolgimento totale sentirsi dire che abbiamo sbagliato tutto; che tutte le cose che stavamo facendo e che fino ad oggi ci avevano dato per buone ci stanno portando a esaurire le risorse del pianeta e a surriscaldarlo oltre i limiti della nostra stessa sopravvivenza. E questo, addirittura, ce lo dicono gli scienziati - proprio loro che ci hanno portato al punto in cui siamo. Come non cedere alla tentazione di prendersela con gli scienziati stessi?

Gianluca Freda queste cose ce le ha chiarissime in mente quando risponde a un mio post sul complottismo scrivendo in un testo intitolato "Cassandra Crossing"  parlando di 

.... un ordine elitario che ha fatto il suo tempo, che è sopravvissuto a se stesso, che ha reso trasparenti le proprie mire propinandoci per decenni sempre gli stessi giochi di prestigio, senza essere più in grado di conferire la minima credibilità all’universo che, tanti secoli fa, aveva proposto alle masse come nuova realtà abitabile, per chiedere su di esso la fiducia e proporsi come gestore e custode della sua solidità. Questo vecchio universo sta sfilacciandosi, sta cadendo a pezzi e con esso si decompongono i suoi architetti.

Lo scardinamento del paradigma, oggi, è anche superiore a quello del tempo di Ipazia. Le conseguenze, non le abbiamo ancora viste veramente. Ma già vediamo questa rabbia sorda che non ha ancora trovato nè un obbiettivo preciso di odio nè un paradigma nuovo che sostituisca il vecchio. E' ancora in uno stato informe; si esprime con il dubbio totale su tutto. E da questa rabbia non ci possiamo aspettare niente di buono.

La trasformazione fra paganesimo e cristianesimo non fu breve e fu punteggiata da martiri, lotte e rivoluzioni. Un paio di secoli dopo il rivoluzionario Tertulliano, ritroviamo il paradigma cristiano trasformato in religione ufficiale, con l'imperatore Teodosio I che proibiva ufficialmente tutte le religioni non cristiane nell'Impero Romano. E' curioso pensare, tuttavia, che tanta lotta ha portato alla fine a quella fioritura di pensiero che chiamiamo la "filosofia scolastica" che, in fin dei conti, è stata la riscoperta della vecchia auctoritas, quella pagana, da parte della nuova auctoritas, quella cristiana.

Anche la conoscenza si muove in cicli. Il rapporto fra maestro e allievo era lo stesso al tempo di Aristotele come lo era al tempo di Ugo di San Vittore, nel Medio Evo e così come lo è oggi in una università. Sono rapporti basati basati sullo stesso principio di "auctoritas." E, in fondo, i problemi affrontati, allora come oggi, sono gli stessi e le risposte non sono tanto diverse.

E' un altro ciclo quello che si sta aprendo oggi; ne stiamo vedendo soltanto le fasi iniziali - un giorno lo vedremo più chiaramente e forse era quello che ci voleva dire Paolo di Tarso con la sua frase famosa che se oggi vediamo oscuramente, come in uno specchio, un giorno vedremo con chiarezza, "facie ad faciem." .

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Nota


Questo post nasce come seguito di uno che avevo dedicato a Gianluca Freda. Alcuni lo hanno interpretato come una presa di giro dei complottisti, e in un certo senso lo era. Ma era anche un tentativo di capire il loro pensiero, di capire le ragioni dello scollamento culturale che stiamo vivendo. Quello che fa impressione nei post di Gianluca Freda è l'estrema lucidità della sua espressione. Freda non scende a mezzi termini: non lo fa quando parla di olocausto e non lo fa nemmeno quando parla dell'origine del suo pensiero.  In un suo post, dice:


Ognuno di noi diventa una “auctoritas” quando riesce a crearsi una propria visione soggettiva del mondo fondata sulla ricerca e sul confronto delle informazioni, rinunciando all’idea che la Verità Oggettiva possa essere attinta, senza troppi sforzi, da un’unica fonte.


Nel mio post, avevo interpretato questa frase come "ognuno crede alla prima cosa che gli viene in mente". Freda mi ha criticato dicendo che non è questione di solipsismo ma di realtà condivisa. E' vero, ma cambia poco se la convinzione complottista si trova a livello di singoli o di gruppo. Anzi, le logiche di rinforzo reciproco del pensiero di gruppo rendono anche più difficile evitare la caduta a spirale nell'abisso del complottismo più sfrenato (vedasi gli sciachimisti, i lunacomplottisti e quelli assai meno innoqui di loro). 

Freda ha perfettamente colto la tendenza in atto - in un certo senso è da ammirare. Ma lo dico anche con una sensazione di orrore; perché quello che sta succedendo è terrificante. Guardate il dibattito sul clima; ognuno ritiene di essere la propria auctoritas sull'argomento. Anche se è un veterinario o un visconte, ritiene di potersi mettere a tu per tu con gli scienziati - che sono la legittima auctoritas - e pretende avere ragione.


Il risultato è  imbarbarimento del discorso; una perdita di approfondimento, di finezza, di saggezza. Il cosiddetto "dibattito" sul clima si riduce a un battibecco calcistico; con tutta la profondità di pensiero che ha "Il processo del lunedi'". Il dibattito è come la moneta; dove si dice che la cattiva caccia via la buona. 

A differenza di Tertulliano, Freda non si fa portatore di un nuovo paradigma; si limita a notare lo sfilacciamento del vecchio e a gioirne. In effetti, il crollo di un'intera società è un momento di opportunità, ma dobbiamo anche ricordarci che, per i cinesi, vivere in tempi interessanti è una maledizione. E se Freda ha qualche elemento che lo accomuna a Tertulliano, personalmente mi vedo male nei panni di Celso.


Quello che vorrei dire è che credo che il metodo scientifico non è la stessa cosa di una religione o un sistema politico o filosofico. Una religione o un sistema filosofico sono modi di vedere e interpretare il mondo; di creare quella realtà condivisa di cui parla Freda. Il metodo scientifico è una cosa diversa: è uno strumento, una tecnica. E' qualcosa come la ruota, il fuoco, o la scrittura. Sono strumenti che si possono usare in modi diversi. Se hai la scrittura, puoi scrivere il Mein Kampf o Das Kapital. Entrambi usano la stessa scrittura, ma dicono cose diverse. Se hai la ruota, ci puoi fare un carro da guerra oppure un carro per portare il grano in città. Queste cose sono neutrali.  Forse il metodo scientifico non è altrettanto neutrale di una ruota - ma lo puoi usare per tante cose; buone e cattive.. 

Più che altro, senza il metodo scientifico, uno è completamente perso di fronte alla complessità della realtà che è costretto a interpretare secondo una logica semplice e brutale: quello che dice l'auctoritas vigente è tutto vero, oppure è tutto falso. Ma il mondo è più complesso e variegato di così. E' un difficile equilibrio quello di valutare caso per caso. La verità è un picco un po' instabile ed è facile scivolare o da una parte o dall'altra: o la verità è sempre e solo la versione ufficiale, oppure tutto è sempre un complotto. In altre parole, ci vuole un metodo ed è questo il punto fondamentale. E questo metodo non può essere che il metodo scientifico.


In certi periodi storici, il collasso di una società ha portato a tali perdite culturali che si è visto persino la sparizione della scrittura. E' per questo che oggi noi non scriviamo in cuneiforme. Se è improbabile, tuttavia, che il prossimo, possibile, collasso ci porti a perdere la scrittura, potremmo benissimo perdere il metodo scientifico; travolto nel generale rifiuto di tutto quello che era parte del vecchio ordinamento. Se questo avverrà, avremo perso ogni possibilità di fare qualcosa per impedire che il cambiamento climatico ci spazzi via per sempre.