domenica 29 agosto 2010

Quando il clima si fa rovente: minacce di morte a Ugo Bardi


Questa è una delle minacce che ho ricevuto ieri sul sito "New Ice Age" (successivamente cancellata). Lo so che c'è chi riceve minacce ben più gravi e preoccupanti ma, per il momento, mi devo contentare!


Uno dei modi di accorgersi che stai facendo qualcosa di intelligente è quando qualche imbecille se la prende a male. Secondo questo metro di giudizio, il blog "Cassandra" sta avendo veramente un grande successo se in poco più di sei mesi di esistenza ha già generato un'intero post zeppo di insulti nei miei riguardi su "New Ice Age". Considerando poi che alcuni commenti possono essere intesi come minacce di morte, non posso nascondere la mia soddisfazione nel fatto di trovarmi oggi quasi alla pari con persone di ben maggior valore scientifico di me che le hanno ricevute anche loro; tipo Michael Mann e Luca Mercalli.

Mi hanno dato di disinformatore, incompetente, presuntuoso, asino col paraocchi, hanno detto che scrivo castronerie, che la mia laurea dovrebbe essere annullata, che dovrei tornare sui banchi di scuola. In un commento a un'altro post, qualcuno ha detto che il mio scopo è di farmi una "mega villa" come quella di Al Gore e compagni e in un altro che sono "assoldato dal sistema multi milionario dell’Agw" E poi, cosa leggermente più antipatica, che dovrei essere "messo al rogo" e che "il mio destino è segnato". (quasi tutte queste cose sono state poi cancellate dagli amministratori di NIA - però le ho salvate)


Commentando su questa faccenda, vi posso dire che le minacce e gli insulti ricevuti da parte di qualche squilibrato non mi preoccupano. Quello che è preoccupante è, piuttosto, l'atmosfera di odio e di rabbia che si è generata intorno alla questione climatica. I climatologi americani ricevono insulti tutti i giorni, e minacce ben più gravi e preoccupanti di quelle che ho ricevuto io. A queste cose bisogna stare attenti: le varie "cacce alle streghe" della storia umana sono tutte cominciate con i vaneggiamenti di qualche squilibrato. Il problema è stato che poi qualcuno gli ha dato retta.

Evidentemente, non possiamo dare tutta la colpa per questa situazione ai disinformatori e alla lobby petrolifera (che, pure, di colpe ne hanno, eccome!). Noi (intesi come scienziati e divulgatori della scienza)  abbiamo fatto dei grossi errori di comunicazione nel presentare i nostri risultati. Questo lo dimostra - fra le tante cose -  un sito come "New Ice Age."  Nel loro gruppo mi sembra che ci siano anche persone in gamba che potrebbero dare un contributo serio alla scienza del clima, se soltanto riescono a crescere e affinarsi un po'. Ma il fatto che si siano messi in una situazione di contrapposizione frontale rispetto alla scienza e agli scienziati indica che c'è stato qualche errore grave - probabilmente da tutte e due le parti. E' ancora possibile rimediare? Forse si; ma non finchè il sito di NIA da spazio a persone con le quali è impossibile discutere seriamente.

Per concludere, ringrazio Luci0 e Fabio Nintendo per aver rimosso le offese e le minacce dal sito e per avermi anche chiesto scusa, dimostrando così di essere persone serie. Spero dunque che da questa faccenda possiamo tutti imparare qualcosa.


Nota aggiunta il 30 Agosto 2010: NIA ha pubblicato un post dove chiede ufficialmente scusa al sottoscritto per le offese ricevute. Ringrazio gli amministratori del sito e accetto volentieri le scuse. Mettiamoci una pietra sopra e andiamo avanti.

venerdì 27 agosto 2010

Il picco della produttività terrestre: verso una desertificazione planetaria?


L'andamento della produttività planetaria negli ultimi 30 anni. I dati sono da Nemani et al. fino al 2000 e da Zhao e Running fino ad oggi. Ringrazio Stuart Staniford per i dati digitizzati.

Il grafico che vedete qui mostra i dati per la produttività planetaria netta (NPP) espressi in gigatonnellate/anno come "anomalia", ovvero come variazione rispetto a un valore fisso. Per produttività planetaria si intende la quantità di biomassa che si rileva sulla superficie del pianeta con osservazioni satellitarie.

Come argomentavo in un post precedente, sembra abbastanza chiaro che abbiamo passato un "picco di produttività" planetaria verso il 1998. I dati qui sopra li ho fittati alla buona con una lorenziana (era quella che veniva meglio fra curve simili). Tenete anche conto che siamo di fronte a un processo più complesso di quello che vediamo quando si tratta di esaurimento delle risorse; tipo il petrolio per intenderci.

Qui abbiamo una serie di fattori che hanno a che vedere con i cambiamenti climatici planetari: l'aumento della concentrazione di CO2 fa bene alle piante, ma l'aumento delle temperature che ne risulta genera desertificazione e questa è la ragione probabile della perdita di produttività che abbiamo visto negli ultimi anni. Probabilmente anche altri tipi di attività umane (desertificazione, cementificazione, erosione del suolo) hanno un effetto.

In sostanza, questi dati potrebbero essere un'indicazione che la terra sta cominciando a desertificarsi a causa del cambiamento climatico e altre attività umane. Non ne possiamo essere completamente sicuri, ma c'è ampia evidenza per esserne preoccupati.

(Nota: anche Stuart Staniford esamina questi dati nel suo blog)

mercoledì 25 agosto 2010

In calo la produttività dell'ecosistema terrestre? La Terra non ce la fa più a reagire al cambiamento climatico


Da Zhao e Running, 2010, variazione spaziale della produttività planetaria (NPP) negli ultimi 10 anni. Le zone rosse indicano una riduzione di produttività, quelle verdi un aumento. La NPP media è statica o in lieve diminuzione. 

Esce in questi giorni un articolo molto interessante di Zhao e Running su Science (richiede abbonamento). Gli autori hanno misurato la "Net Planetary Production", (NPP) ovvero la produzione di biomassa planetaria. In sostanza, hanno usato misure satellitarie per determinare quante foreste ci sono.

I risultati sono che negli ultimi 10 anni la produttività ha avuto un vero tracollo in certe zone tropicali, tipo l'Amazzonia e l'Indonesia. In altre regioni, invece, si è visto un certo aumento. La media è approssimativamente costante o in lieve diminuzione.

La misura della produttività media è piuttosto incerta e Stuart Staniford nel suo blog critica gli autori per non aver stimato l'errore sperimentale. Staniford ha ragione su questo punto, ma il significato delle musure di Zhao e Running non è tanto quello di determinare se la produttività è statica o in diminuzione; il significato è di confrontare con uno studio precedente di Nemani et al. (2003) (anche questo richiede un abbonamento) che avevano trovato la tendenza opposta per i due decenni a partire dal 1980:


Vedete qui come la produttività planetaria era in aumento un po' ovunque fino al 2000, circa; questi risultati sono in netto contrasto con quelli dell'ultimo decennio.

Cosa sta succedendo? Beh, si sa che il CO2 nell'atmosfera è in aumento e che il clima sta cambiando come conseguenza. Questo deve avere degli effetti sulla produttività degli ecosistemi. C'è chi si diverte a raccontare che il CO2 è "cibo per le piante"; il che è vero in senso stretto, ma il CO2 non è il solo fattore che influisce sulla produttività delle piante. Nella pratica, è probabile che, fino al 2000 circa, l'aumento della concentrazione di CO2 abbia fatto bene - nella media - alle piante; rendendo le foreste più rigogliose. Dal 2000 a oggi, invece, questo effetto non si vede più, molto probabilmente a causa della siccità generata dal cambiamento climatico.

Non siamo sicuri al 100% che questa interpretazione sia corretta, ma non c'è bisogno di essere completamente sicuri di una cosa per essere preoccupati. E se questa è la tendenza, vuol dire che la Terra non ce la fa più a reagire allo stress da cambiamento climatico: si sta cominciando a inaridire. Per ora è solo un accenno, ma è veramente preoccupante.


(Da notare anche un altro effetto interessante trovato in entrambi gli articoli che ho citato: il fatto che la crescita/decrescita della vegetazione sia in proporzione inversa alla crescita annuale del CO2. E' probabile che questo sia dovuto al fatto che la decrescita della vegetazione riemette CO2 nell'atmosfera e viceversa)

domenica 22 agosto 2010

Mazza che mazza! L'hockey stick e la sindrome del Gatto Silvestro


Due statistici, McShane e Wyer, si sono impegnati in una nuova ricostruzione dei dati paleoclimatici. Il loro risultato? Grandi discorsi ma sostanzialmente la conferma dei dati esistenti, a parte sostenere che l'incertezza è più grande; come potete vedere nella figura sopra. Ciononostante, questo lavoro sta rinfocolando la polemica sulla "mazza da hockey" che dura ormai da anni. E' una vera ossessione che ricorda quella del gatto Silvestro per il canarino Titti. 



Anni fa, ero impegnato in una faccenda abbastanza astrusa e difficile che era lo studio dello scattering di ioni di bassa energia. La cosa richiedeva il rilevamento di correnti debolissime ed era complessa a sufficienza da rendere significativa la domanda se quello che facevamo aveva senso. Stavamo veramente misurando una corrente di ioni scatterati, oppure stavamo amplificando un rumore di fondo casuale?

Per risolvere la questione, ci impegnammo in un progetto che raccoglieva quasi tutti i laboratori europei che lavoravano in questo campo. Facemmo una serie di misure "round robin" (non so cosa c'entrasse Robin) prendendo gli stessi campioni e misurandoli nei vari laboratori. Cercammo anche di di coinvolgere alcuni statistici con l'idea di quantificare le incertezze della misura analizzando i dati raccolti. I risultati furono nel complesso abbastanza confortanti. Le misure che facevamo erano sensate. Tuttavia, la mia impressione è che tutto l'esercizio - e in particolare l'analisi statistica dei dati - fosse stato abbastanza fine a se stesso..

Che le nostre misure fossero sensate lo sapevamo già prima di fare il "round robin."  Lo sapevamo dal confronto con altri tipi di misura. Era dalla coerenza con tutto quello che si sapeva di scienza delle superfici solide che ci rendevamo conto dell'affidabilità di quello che facevamo. Al contrario, l'analisi dei soli dati di scattering di ioni poteva essere fuorviante: nessun'analisi statistica può rilevare un errore sistematico. Vale il principio di Rumsfeld (per il quale lui sarà ricordato nella storia) degli "unknown unknowns." Il che, tradotto nella pratica delle misure, vuol dire "se il tuo termometro è scalibrato, ti sembrerà sempre di avere la febbre!"





Ora, questi sani principi si applicano al caso del famoso "hockey stick" (la mazza da hockey) apparso alla ribalta per la prima volta nel rapporto IPCC del 2001 a opera di Michael Mann. Si chiama così la ricostruzione delle temperature dei passati 1000 anni, circa, ottenute mediante dati cosiddetti "proxy"; ovvero cercando di stimare le temperature del passato da cose come gli anelli di crescita degli alberi. Secondo i dati di Mann, le temperature degli ultimi decenni mostrano una rapida salita che le ha portate a valori nettamente più alti di qualsiasi valore misurato negli ultimi 1000 anni. Questo risultato è stato poi confermato da un gran numero di studi successivi. Quello che ci dice che queste misure hanno senso è il fatto che misure fatte con "proxy" diversi sono compatibili fra di loro. Inoltre, sono misure compatibili con quelle fatte con termometri in tempi recenti e con tutto quello che sappiamo di scienza del clima.

Tuttavia, sapete certamente della polemica che è nata da alcune analisi statistiche dei dati dell'hockey stick. Se cercate "hockey stick" e "climate" con Google ci troverete 250.000 pagine e vi accorgerete subito di quanto sia rabbiosa la polemica sull'argomento. Si sostiene che l'analisi statistica dimostra che le ricostruzioni paleoclimatiche sono "sbagliate" e che il cosiddetto "periodo medievale caldo" è stato più caldo di quanto Mann è gli altri non abbiano trovato. Da qui, si deduce che il riscaldamento di oggi è di origine naturale e non antropogenica. La faccenda dell'hockey stick si è poi anche intrecciata con quella del "climategate" con Steve McIntyre (un altro statistico) e altri che hanno accusato Michael Mann e gli altri climatologi di aver falsificato i dati per imbrogliare la gente. Queste accuse sono state smentite più di una volta, ma la polemica non si calma.

In questi giorni, la polemica si riaccende con il lavoro di due statistici, McShane e Wyer, che vengono fuori con un ulteriore articolo sulla faccenda. Sono 45 pagine di elucubrazioni, delle quali dirò francamente che uno che non è uno statistico di professione non ne può capire una beneamata mazza (appunto). Comunque, il risultato finale è la figura che vedete in cima a questo post. In sostanza, ritrovano i dati di Mann e degli altri; però con l'anno mille 2-3 decimi di grado più caldo di quanto non trovassero le altre ricostruzioni. Sostengono anche che l'incertezza è molto grande e la quantificano in due "bande" molto ampie intorno ai dati medi. E quindi concludono che - con questa incertezza - non si può veramente dire che le temperature di oggi siano maggiori di quelle del "periodo Medievale caldo".

Di fronte a questa cosa viene veramente voglia di ringraziare la mazza (quell'altra). Non tanto per l'articolo in se di McShane e Wyer, i quali mi sembra abbiano fatto un lavoro onesto, sia pure condito di ragionamenti molto opinabili. Ma per la pura follia di una gran quantità di gente che di statistica non capisce - appunto - una mazza e che però in questo momento è impegnata a proclamare che i risultati dei due tali demoliscono alla base l'idea stessa di riscaldamento globale antropogenico.

E' impressionante come tanti riescano a estrarre un dettaglio da un sistema complesso è su questo si costruiscono la loro personale teoria che contraddice tutto quello che si sa dell'argomento. La scienza del clima comprende un tantino più di cose che il "periodo caldo medievale." Solo l'ultimo rapporto dell'IPCC comprende più di 3000 pagine ed è soltanto un riassunto. Se dovessimo stampare tutto quello che è stato scritto seriamente sul clima, faremmo milioni di pagine. La temperatura dell'anno 1000 è un elemento infinitesimale di tutta la faccenda.

Ripeto: la mazza da hockey NON è la scienza del clima e la scienza del clima NON è basata sulla mazza da hockey. Possiamo buttar via tutti i dati paleoclimatici degli ultimi 1000 anni e ammazzare Michael Mann e gli altri (come qualcuno ha proposto di fare). E questo non cambierebbe una virgola alla scienza del clima.

Ma, io credo che le ricostruzioni paleoclimatiche siano un utile dato che ha il suo posto nel contesto della scienza del clima. In effetti, i risultati di McShane e Wyer, se analizzati correttamente, danno ragione ai climatologi e non ai loro denigratori. Notate un paio di cose:

1) L'unico modo serio in cui i dati paleoclimatici potrebbero falsificare la teoria alla base del concetto di global warming antropogenico è se trovassimo che nel passato ci sono stati degli aumenti di temperatura comparabili a quelli odierni, senza però che li possano attribuire ai combustibili fossili. E l'analisi di McShane e Wyer ci dice che non è così. Ammesso che la loro ricostruzione sia quella giusta, l'hockey stick rimane vivo e vegeto a mostrare l'impennata delle temperature odierna, ma non mostra niente di simile nel passato. Se poi è vero che l'incertezza è così ampia come dicono, allora non possiamo certamente dire che il periodo caldo medievale è stato più caldo di oggi; potremmo dire altrettanto bene che era più freddo. Di conseguenza, i dati non possono comunque essere usati per falsificare il concetto di riscaldamento globale antropogenico.

2) L'altro modo (non serio) in cui si negava il concetto di riscaldamento antropogenico era con il discorso della falsificazione volontaria dei dati da parte dei climatologi. Ebbene, anche qui McShane e Wyer ci dicono che non c'è stata nessuna falsificazione. I dati erano giusti dato che loro li hanno analizzati senza trovare nessuna delle inconsistenze che verrebbero fuori se i dati fossero stati manipolati.


Diavolo, ci vuole anche un po' di buon senso in queste cose. Se questi metodi fossero stati applicati alla mela di Newton, qui saremmo ancora a discutere di sfere di cristallo. Questa fissazione con la mazza da hockey ha dei tratti maniacali - da sindrome del Gatto Silvestro.

giovedì 19 agosto 2010

La Luna si scalda: dunque il riscaldamento globale è dovuto al sole!


Alcuni dei dati riportati da Nagihara et al che mostrano il progressivo riscaldamento della superficie lunare. Sulle ascisse, le temperature in gradi Kelvin, sulle ordinate i giorni lunari. 



Per quelli di voi che sono stati incuriositi dal mio post di ieri, intitolato "E' il sole, non l'uomo, che scalda la terra" ecco qualche chiarimento e qualche spiegazione.

La storia comincia l'altro giorno quando, girellando su internet, ho trovato un articolo interessante di Nagihara e altri che riportava i dati delle temperature lunari misurate da alcune sonde lasciate li' dalle missioni Apollo 15 e Apollo 17 nei primi anni '70. I risultati erano un po' smozzicati, ma era chiaro che c'era stato un certo riscaldamento nei circa 5-6 anni di misura.

L'articolo è relativamente recente (febbraio 2010), ma mi sono stupito che i negazionisti non l'avessero già trovato e utilizzato per i loro imbrogli. Come sapete, a partire dal loro maschio alfa, il visconte sconclusionato Chris Monckton, la tattica dei negazionisti è sempre la stessa: scavare nei dati per trovare anche il minimo dettaglio che, scorporato dal contesto, possa servire per confondere le idee a chi non ha avuto il tempo di approfondire. Che cosa meglio che trovare che "La Luna si scalda" per ripartire con la polemica di Giove che si scalda, Marte che si scalda, ecc; e da li' negare il ruolo umano nel riscaldamento globale?

Appunto, la cosa mi ha stupito. Forse i negazionisti si sono impigriti? Chissà. Comunque mi sono detto che - per una volta - potevo prenderli in contropiede e prenderli in giro prima che venissero fuori con la solita solfa e che toccasse ai poveri climatologi perdere il loro tempo per smentire.

E quindi ho scritto il post "E' il sole, non l'uomo...." mettendomi nei panni del negazionista. Più di uno mi ha detto che il risultato è stato divertente, ma bisogna anche che spieghi come stanno le cose perché ci sarà probabilmente qualcuno che - altrimenti - mi prende sul serio. Queste spiegazioni sono qui di seguito.

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La faccenda dei "pianeti che si scaldano" come prova del ruolo preponderante del sole nel riscaldamento globale è una classica bufala, come ho spiegato in post precedenti (su Giove, Nettuno, e Marte).

A proposito della Luna, l'articolo che ho citato ci dice che in un paio di punti specifici sulla superficie, le temperature sono leggermente aumentate nell'arco di qualche anno. Come dobbiamo interpretare il dato? Ci sono varie possibilità, tutte considerate dagli autori dell'articolo. Non è da escludere una deriva delle sonde, ma l'effetto più probabile sembra essere dovuto alla precessione dell'orbita lunare che ha un ciclo di 18.6 anni. In questo caso sarebbe un effetto simile a quello delle stagioni terrestri, niente di particolare.

Ma perché non potrebbe essere, invece, che è proprio l'irradiazione solare ad essere aumentata? In questo caso, saremmo nella stessa condizione dei casi di Marte, Giove e Nettuno e potremmo concludere che anche l'aumento di temperatura sulla terra osservato nello stesso periodo è dovuto alla stessa causa; ovvero un aumento dell'irradiazione solare. Eh beh, qui, casca l'asino, come si suol dire.

Vediamo quali dati abbiamo sulla variazione dell'irradiazione solare (o irradianza) negli ultimi decenni (la figura è presa da un articolo sul New Scientist)



Vedete che abbiamo dati satellitari sull'irradianza solare a partire dal 1978; Prima, abbiamo dati "proxy" ovvero basati sulle macchie solari, che comunque continuano la tendenza misurata. Questi dati ci dicono che - probabilmente - il lieve aumento di temperatura misurato dalle sonde Apollo NON è dovuto a un aumento dell'irradianza solare, che, anzi, è diminuita nel periodo della misura.

Ma, più che altro, i dati ci dicono una cosa ben precisa: che non c'è stato nessun aumento dell'irradianza solare negli ultimi anni che possa spiegare gli aumenti di temperatura osservato sulla terra. (Incidentalmente, ci dicono una cosa estremamente preoccupante, ovvero che gli ultimi aumenti osservati sono in corrispondenza di un minimo solare; se il sole riprende il ciclo, saranno guai; ma questa è un altra storia).

Ora, attenzione al punto cruciale del ragionamento: tutti quelli che sostengono con un minimo di serietà che è il Sole (e non la CO2) responsabile del riscaldamento globale (per esempio Scafetta), NON sostengono che l'irradianza solare è aumentata. Assolutamente no; sarebbe una sciocchezza: i dati sono li' davanti a noi a negarlo. Sostengono, semmai, che il riscaldamento è dovuto a un effetto di amplificazione che non è l'intensità della radiazione, ma il campo magnetico solare, il vento solare o altri parametri correlati al Sole. Questi parametri interagirebbero con l'atmosfera generando una cascata di effetti che ne amplificherebbe enormemente l'effetto.

Bene: allora pensateci sopra un momento: la Luna NON ha atmosfera e allora con cosa diavolo dovrebbe interagire il vento solare o il campo magnetico solare per generare il riscaldamento? Appunto, qui casca l'asino. Lo stesso vale per Marte - insomma, è sempre la solita bufala; quella dei "pianeti che si scaldano" e che - tuttavia - continua a girare. Non c'è limite all'umana credulità.


(nota aggiunta il 23 Agosto 2010: credevo di essere stato il primo a scovare questi dati dell'Apollo 15 e Apollo 17. Invece, rafanando su internet, devo ricredermi. Devo dare atto che c'era già stato veramente un negazionista che li aveva menzionati in un commento su "New Ice Age" prendendoli seriamente per supportare la sua tesi. Incredibile! Veramente non c'è limite l'immaginazione!)

mercoledì 18 agosto 2010

E' il sole, non l'uomo, che scalda la terra!


Temperature misurate sulla superficie della Luna dai sensori lasciati da Apollo 15 e Apollo 17 (da Nagihara et al.) Si nota chiaramente l'aumento graduale delle temperature col tempo. Questi dati dimostrano che è il sole a scaldare la Terra e non l'uomo. 


Mi dispiace, ragazzi, ma mi sono convertito. Da serrista sfegatato che ero, ho visto la luce e adesso non posso che dirmi scettico convinto. Mi sono capitati fra le mani dei dati sulla temperatura della superficie lunare; li vedete qui sopra. E ho dovuto cambiare idea.

Guardate voi stessi: le temperature della superficie lunare sono in aumento e che cosa le può far aumentare se non il sole? Dico, non ci sono centrali a carbone sulla luna, non ci sono automobili e nemmeno mucche a buttar fuori metano; e allora? E allora vuol dire che è colpa del sole; tutto qui.

E questi, ragazzi, sono dati scientifici; noi scettici non ci sogneremmo mai di negare la competenza e la correttezza degli scienziati.

Ora che ho abbandonato il serrismo, ho trovato tanti nuovi amici. Claudio Costa ha detto che mi inviterà a casa sua e mi farà assaggiare una bistecchina di bufala (la sua specialità). Maurizio Morabito ha detto che questi risultati provano che gli scienziati imbrogliavano già negli anni '70, dato che lui aveva trovato che a quel tempo parlavano di "global cooling" mentre i dati lunari provano che la terra si stava già scaldando a quell'epoca. Il ten. col. Guido Guidi ha promesso che pubblicherà i miei post sul suo eccellente blog di alto livello "climatemonitor".

Certo, ho qualche piccolo problema con Ocasapiens, che ha sfoderato artigli da aquila reale e - ahia - ho tutte le cicatrici sulla schiena.............


Riferimento bibliografico:


http://www.lpi.usra.edu/meetings/lunargeo2010/pdf/3008.pdf
 
LONG-TERM WARMING OF SURFACE AND SUBSURFACE TEMPERATURES OBSERVED AT APOLLO 15 AND 17 SITES: IMPLICATIONS FOR FUTURE LUNAR GEOPHYSICAL MISSIONS. 
S. Nagihara1, P. T. Taylor2, D. R. Williams2, and Y. Saito3, 1Texas Tech University, Lubbock, TX 79409 (seiichi.nagihara@ttu.edu), 2Goddard Space Flight Center, Greenbelt, MD 20711, 3Institute of Space and Astronautical
Science, Sagamihara, Japan.

domenica 15 agosto 2010

Claudio Costa e la sindrome del Gatto Silvestro


I gatto Silvestro è un buon esempio di un comportamento maniacale; è una creatura dedicata a un solo scopo; quello di catturare il canarino Titti. Alle volte mi sembra che certa gente che se la prende con la scienza del clima siano vittime di una sindrome del genere. Uno di questi è Claudio Costa, probabilmente la persona più attiva in Italia a negare il ruolo umano nel cambiamento climatico.


Se cercate con Google una combinazione di "Claudio Costa" e "clima" troverete migliaia di pagine: l'ultima volta che ho provato me ne ha date oltre 6.000. Se andate a vedere di cosa si tratta, vedrete che è sempre la stessa persona che scrive sui commenti di vari blog per negare la realtà del cambiamento climatico causato dall'uomo. Per dare un'esempio del suo attivismo incredibile, andate a vedere i commenti a questo post su climalteranti. Su 116 commenti, 60 sono suoi.

Ora, se ci sono 6000 pagine sul web dove Costa è intervenuto, quasi tutte contengono molteplici suoi commenti, molte parecchie decine. Facendo un conto con 10 commenti a pagina, Costa ha scritto almeno 60.000 commenti in qualche anno. Volete ammettere 5 minuti a commento? Fanno 300.000 minuti, ovvero 5000 ore; almeno un paio di anni-uomo di lavoro. E' una forma di attivismo addirittura ossessiva che ricorda un po' l'atteggiamento maniacale che ha il Gatto Silvestro nei confronti del canarino Titti.

In queste discussioni, noterete facilmente che Costa di scienza del clima ha soltanto un'infarinatura e che molte cose non le ha capite proprio, oppure le ha capite al contrario. Ciononostante, non si fa scrupoli a mettersi a contestare i veri climatologi. La sua strategia è sempre la stessa: monopolizzare la discussione e trasformarla in una serie di batti e ribatti su punti del tutto marginali fino a far perdere il filo di cosa si stava discutendo; la sua idea è di vincere sfiancando l'avversario. C'è chi ci casca e si lascia trascinare in queste infinite discussioni dove Claudio Costa tira fuori le cose più strane; una sua fissa favorita è quella dall'Eemiano.

Il comportamento di Costa in queste discussioni è quello classico del troll. Tuttavia, a differenza dei troll comuni, va detto a onore di Costa che non è quasi mai offensivo o aggressivo. Inoltre si presenta a viso aperto, sempre con nome e cognome (o, occasionalmente, con il nick ben riconoscibile di "Clayco"). Lui stesso ci dice chi è e ci parla della sua motivazione in questo commento.


Sono un veterinario zootecnico, lavoro per un grande gruppo e mi sono dovuto occupare, obtorto collo, di emissioni zoogeniche anche perchè gli allevatori sono accusati ingiustamente di essere la seconda causa del riscaldamento globale.

In un altro commento, ci da qualche ulteriore dettaglio sulla sua attività

Non so se sai chi sono comunque mi ripresento sono un veterinario zootecnico, ho fatto consulenza ambientale per power feed e copagri, ( direttiva nitrati) mi sono dovuto occupare obtorto collo di emissioni, (sono anni ormai, sono cose che ho già scritto faccio il copia incolla, non riscrivo consumando la tastiera) perchè la zootecnia è accusata di esserela seconda causa del riscaldamento globale, dopo i trasporti.

E infine, qui:

Non sono in malafede, casomai ho un conflitto di interesse, che però è dichiarato,

Ora, è cosa indubbiamente positiva che uno metta subito in chiaro nel dibattito quali sono i suoi personali interessi nella faccenda di cui si dibatte. Su questo, Claudio Costa è onesto; soprattuto in confronto al comportamento di tanti pataccari negazionisti. (mi è rimasto in mente quello che proclamava la purezza delle sue motivazioni a un dibattito mentre forse non si ricordava che sul programma del convegno c'era scritto chiaramente che era uno dei dirigenti di Assocarboni.)

Tuttavia, il fatto che uno dichiari apertamente il proprio conflitto di interessi non elimina il fatto che questo conflitto ci sia e porti un problema etico. Uno può essere un consulente - per esempio - dell'industria del tabacco e potrebbe dichiararlo onestamente. Ma non sarebbe accettabile se, in quanto consulente, si sentisse in dovere di negare l'esistenza di un legame fra fumo e tumori. E' un problema non solo etico ma anche professionale: un professionista serio non scende a compromessi con la propria professionalità.

E qui sembra proprio che Claudio Costa sia andato ben oltre quello che la sua posizione professionale gli poteva imporre o suggerire. In primo luogo, la sua valutazione sull'effetto della zootecnia ("la seconda causa del riscaldamento globale") è quantomeno obsoleta. Il contributo degli allevamenti sul totale dei gas serra è stato ridimensionato da alcuni recenti studi e sono comunque in gran parte emissioni di origine biologica e quindi destinate a essere riassorbite dall'ecosistema. Nella lista delle azioni per ridurre le emissioni di gas serra, la zootecnia non è certamente considerata il problema principale.

In secondo luogo, di fronte a un problema il compito di un professionista serio è quello di proporre delle soluzioni; non di negare l'esistenza del problema. Un professionista che si comporta in questo modo non è un vero professionista; anzi, rischia di fare dei danni irreparabili alle industrie con cui lavora (il caso dell'industria del tabacco insegna). E' vero che la zootecnia contribuisce al riscaldamento globale, ma il compito di Claudio Costa era ed è di suggerire delle strategie di mitigazione - possibilissime in questo caso. Non era di lanciarsi in una crociata contro la scienza del clima, anche considerando che lui non ha nè le qualifiche nè la competenza per farlo. 

Inoltre, mi sembra chiaro che Costa non fa quello che fa per i soldi. Sembrerebbe altamente improbabile che Copagri o altre organizzazioni agricole o della zootecnia italiana paghino una persona per negare il concetto di riscaldamento globale antropogenico; soprattutto tenendo conto che questa persona non gli sta facendo fare una gran bella figura. Allo stesso modo, non sembra probabile che organizzazioni come - per esempio - lo Hearthland Institute vadano a pagare un veterinario lombardo per le loro oscure  operazioni di disinformazione. Fra le altre cose, conosco personalmente almeno uno che usa la stessa tattica di Costa nel criticare ogni cosa che l'amministrazione del mio comune fa e dice (e, di questo qui, sono assolutamente sicuro che nessuno lo paga: chi mai pagherebbe uno per fare opposizione all'amministrazione di un comune di 15.000 abitanti?).


No; Costa quello che fa lo fa perché ci "sente". Del resto, si sa che la questione climatica porta un contenuto emotivo e ideologico formidabile. Sono moltissimi quelli che reagiscono più con la pancia che con il cervello. Claudio Costa può aver reagito - in modo eccessivo ma anche sotto certi aspetti comprensibile - all'atteggiamento ideologico contrario agli allevamenti di una certa parte del movimento ambientalista.

Ma è comunque la classica sindrome del Gatto Silvestro che potrebbe vivere tranquillo con i croccantini nella sua ciotola. Invece, si lancia a cercare di catturare il canarino Titti, anche se rischia di finire sotto la schiacciasassi o in bocca al cane mastino.

Il problema del Gatto Silvestro è che, per contratto, non potrà mai acchiappare Titti. Non è escluso, invece, che Claudio Costa non possa finire per capire veramente qualcosa di clima. Non che mi legga tutti i suoi commenti, ma in quelli che leggo mi sembra di notare un certo miglioramento; un'incerta e vacillante locomozione lungo la  strada che porta alla comprensione (molto lunga, nel suo caso).

Così, in questi giorni, per la prima volta Claudio Costa si è deciso a saltare il fosso e invece di criticare le cose scritte da altri ha scritto un suo contributo che è stato pubblicato su Climatemonitor (Quando gli ippopotami nuotavano nel Tamigi). Non che come articolo sia un gran che; anzi, francamente è un disastro. Comunque, è sempre un bel salto di qualità per lui. Chissà che, alla fine, non riesca a vedere la luce e a capirci qualcosa di clima. In fondo, io sono convinto che sia una brava persona, soltanto con una fissa (e che fissa!)
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Quando gli ippopotami nuotavano nel Tamigi
Di Claudio Costa


Un commento di Ugo Bardi


Claudio Costa si lancia per la prima volta con questo articolo a pubblicare qualcosa di suo invece che limitarsi a criticare gli articoli degli altri. Premetto che i risultati non sono un gran che, ma che è comunque un grosso passo avanti rispetto al livello medio dei commenti di Costa nei vari blog e forum di discussione. Questo suo articolo è perlomeno leggibile e merita un breve commento. 


Allora, Claudio Costa inizia con una breve descrizione del periodo detto "Eemiano," circa 120.000-130.000 anni fa, che è stato l'ultimo interglaciale prima dell'attuale; detto "Olocene." Per un breve periodo, qualche migliaio di anni, l'Eemiano è stato leggermente più caldo dell'Olocene e questo da il titolo al lavoro di Costa "Quando gli ippopotami nuotavano nel Tamigi". 

Nel complesso, Costa descrive correttamente quello che sappiamo dell'Eemiano basandosi su dati dell'IPCC e di Wikipedia. Dice anche, correttamente, che la maggiore temperatura raggiunta nell'Eemiano si può spiegare - probabilmente - come dovuta alla maggiore insolazione, a sua volta correlata ai cicli di Milankovich.

Fin qui, tutto bene. A questo punto, però, cominciano i guai. Costia sostiene che i cambiamenti climatici "all'interno dell'Eemiano" si possono spiegare con variazioni del flusso magnetico solare. Come supporto a questa affermazione cita un articolo di Neff et al. dove si correlano le variazioni della concentrazione di C14 e i monsoni. Il problema arriva quando Costa sostiene che 

"Ovviamente la correlazione tra variazioni nel flusso magnetico solare e cambiamenti climatici non la si è riscontrata solo nell’Oman ma in ogni dove sul pianeta sia nell’Holocene si nell’Eemiano."

Il che non va bene per niente. Non abbiamo nessun dato sul C14 del tempo dell'Eemiano semplicemente perché il C14 ha un tempo di vita media di poco più di 5000 anni. Del C14 che c'era 100.000 anni fa, oggi non c'è più traccia. 

Ma il vero problema è un altro ed è proprio la coerenza di quello che Costa cerca di dire. A questo punto, infatti, ci fa vedere dei dati sulla variazione dell'attività magnetica solare negli ultimi secoli e sostiene che il riscaldamento globale che osserviamo oggi è dovuto a questi cambiamenti. Già questo non va bene per niente, ma - più che altro - cosa possono dimostrare dati che risalgono a pochi secoli fa nei riguardi dell'Eemiano che era centomila anni fa?
La logica di Costa, esaminata bene, sembra essere del tutto circolare; ovvero:

1. Si può sostenere che il caldo che osserviamo oggi è dovuto a cambiamenti del flusso magnetico solare
2. Dal che si potrebbe dedurre che anche il periodo caldo dell'Eemiano è dovuto a cambiamenti del flusso magnetico solare
3. Quindi, dato che l'Eemiano è stato un periodo caldo, questo conferma che il caldo di oggi è dovuto a cambiamenti del flusso magnetico solare.

Insomma, non ci siamo proprio ed è inutile che Costa concluda trionfalmente il suo articolo dicendo: In questo articolo sono citate 16 pubblicazioni scientifiche peer review e ci sono link ad altre 20 peer review:  e questa è scienza ufficiale! Non basta citare, bisogna anche che uno capisca cosa sta citando.

Alla fine dei conti, la faccenda dell'Eemiano ricade fra i classici argomenti dei negazionisti; dei quali uno è quello che dice "il clima è sempre cambiato." Da questo, si vorrebbe dedurre che i cambiamenti che vediamo oggi sono delle semplici fluttuazioni naturali. Ma il clima non cambia per caso, cambia per delle ragioni. Se esaminiamo i dati dell'ultimo milione di anni vediamo che ere glaciali e interglaciali si sono alternate in relazione ai cicli di insolazione di Milankovich. L'Eemiano corrisponde bene a un periodo di alta insolazione mentre, al contrario, oggi l'insolazione è molto più bassa e il ciclo "naturale" ci dovrebbe portare a un abbassamento delle temperature. Il fatto che le vediamo invece in aumento è una delle tante fortissime indicazioni del ruolo umano nel clima. 

In sostanza, l'esame del periodo Eemiano ci porta a conclusioni del tutto opposte a quelle alle quali Costa vorrebbe arrivare; ovvero conferma il ruolo umano nel riscaldamento in corso.