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sabato 22 ottobre 2022

Il Controllo Mentale come Arma Strategica: Come Distruggere i Propri Nemici dall'Interno

  

 Il " Fungo Zombie " Cordyceps uccide una formica dopo aver preso il controllo del suo sistema neurale. Potrebbe succedere qualcosa del genere nelle società umane? Cioè, è possibile distruggere un paese prendendo il controllo del suo leader? Questa idea ha ovvie implicazioni per l'attuale guerra in Ucraina. 




Sappiamo tutti che la storia non si ripete mai esattamente, ma fa rima. Una di queste rime ha a che fare con quei leader che fanno enormi danni ai paesi che guidano. Vediamo alcuni esempi degli ultimi due secoli circa, poi discuteremo le implicazioni per la situazione attuale.

1. 1859 - Luigi Napoleone e la Campagna d'Italia. Nel 1852 Luigi Napoleone (1808-1873) divenne il nuovo imperatore francese. La sua prima campagna militare fu la guerra di Crimea: una vittoria, ma anche un grave errore. La Francia non aveva motivo di aiutare la Gran Bretagna a reprimere i russi, ma questo fu il risultato pratico della guerra. Nel 1859 Luigi Napoleone commise un errore ben peggiore unendosi al Piemonte in una guerra contro l'Austria. La campagna ebbe successo ma a costi molto alti, e portò alla creazione di un nuovo stato, l'Italia, che avrebbe bloccato per sempre i tentativi francesi di espandersi nel Mar Mediterraneo, lungo la costa africana. Inoltre, nel 1870, l'Italia fece un dietrofront e si unì alla Prussia in una guerra contro la Francia. I francesi furono duramente sconfitti e la Francia cessò per sempre di essere una grande potenza mondiale. Luigi Napoleone terminò la sua vita in esilio in Inghilterra.

2. 1935 - Benito Mussolini e l'impero italiano. Negli anni '30, l'Italia era una potenza regionale in crescita con buone possibilità di diventare un attore importante nella regione del Mediterraneo, forse anche sostituendo il dominio dell'Impero britannico. Tuttavia, nel 1935, il governo Mussolini commise un incredibile errore strategico impegnando il paese in una campagna in Africa orientale per conquistare l'Etiopia. La campagna ebbe successo, ma l'Italia aveva fatto un grande favore alla Gran Bretagna dovendo mantenere una frazione consistente delle sue forze militari in una regione in cui non potevano essere rifornite dalla madrepatria. Allo stesso tempo, forniva agli inglesi una scusa per distruggere l'economia italiana imponendo sanzioni e un divieto alle esportazioni di carbone in Italia. Il risultato finale fu che l'Italia arrivò all'inizio della seconda guerra mondiale debole e impreparata. Gli inglesi distrussero facilmente il contingente italiano in Etiopia e, da quel momento in poi, Mussolini non avrebbe potuto fare di meglio se il suo scopo fosse stato portare l'Italia a una sconfitta umiliante, ad esempio attaccando la Grecia nel 1940 senza forze sufficienti. L'Italia fu sconfitta e Mussolini terminò la sua carriera impiccato a testa in giù nel 1945.

3. 1941, Adolf Hitler e l'operazione Barbarossa. Nel 1940, la Germania era al vertice della sua potenza militare. Solo la Gran Bretagna aveva resistito con successo agli attacchi tedeschi, ma era evidente che se la Germania avesse diretto tutta la potenza industriale e militare dell'Europa contro gli inglesi, solo un miracolo avrebbe potuto salvare la Gran Bretagna dall'essere invasa e sconfitta. Sorprendentemente, un tale miracolo avvenne nel 1941. I tedeschi abbandonarono quasi completamente la loro campagna aerea contro la Gran Bretagna e attaccarono invece l'Unione Sovietica, lasciando alla Gran Bretagna il tempo di riprendersi e riorganizzarsi. La decisione tedesca non aveva davvero senso se si considera che i tedeschi stavano rischiando tutto per ottenere qualcosa che già avevano: le risorse petrolifere e alimentari dell'Unione Sovietica che erano abbondantemente fornite secondo i termini del patto Molotov-Ribbentrop del 1939.

4. 1978 – Leonid Brezhnev e la campagna afgana. Negli anni '70, l'Unione Sovietica era ancora una grande potenza in Eurasia, sebbene la sua crescita avesse cominciato a rallentare. Leonid Brezhnev (1906 – 1982) divenne segretario del Partito Comunista nel 1964 e, nel 1978, ordinò un intervento militare in Afghanistan per mantenere il Paese all'interno della sfera di influenza sovietica. La guerra si trascinò per 10 anni e fu uno dei fattori (anche se non l'unico) che portò al crollo e alla dissoluzione dell'Unione Sovietica.

5 . 1990 - Saddam Hussein e l'invasione del Kuwait. Nel 1990, l'Iraq era una potenza in crescita nella regione del Medio Oriente, grazie alla sua abbondante produzione di petrolio. Nel 1980, il presidente dell'Iraq, Saddam Hussein, si impegnò in una pericolosa scommessa attaccando l'Iran. Dopo 8 anni di aspro conflitto, la guerra finì sostanzialmente in pareggio, anche se gli iracheni rivendicarono la vittoria. Alla fine degli anni '80, l'Iraq cominciò ad accusare il Kuwait di utilizzare tecnologie di perforazione orizzontale per rubare petrolio dai giacimenti iracheni. La disputa si intensificò fino a quando, nel 1990, l'Iraq invase il Kuwait, conquistandolo completamente in pochi giorni. La reazione delle potenze occidentali fu "Operazione Desert Storm". Nel 1991 le forze irachene in ritirata furono incenerite da una campagna di bombardamenti mentre gli Stati Uniti continuarono a bombardare l'Iraq fino al 2003, quando l'intero paese fu invaso. Saddam Hussein fu poi impiccato dagli stessi iracheni.

Quindi, riassumiamo. Abbiamo cinque casi in cui vediamo questa sequenza di eventi (ci sono altri esempi, ma non così evidenti (*)):
  1. Una potenza regionale guidata da un leader forte, inizia a mostrare l'ambizione di diventare un attore importante nel gioco del dominio globale.
  2. Il leader impegna il Paese in un attacco a un Paese vicino, più piccolo e più debole.
  3. L'attacco sembrava un gioco da ragazzi, ma si trasforma in un pantano. Può avere successo o meno, ma indebolisce notevolmente l'attaccante.
  4. Intervengono le Grandi Potenze. Il potere regionale viene sconfitto e distrutto e il suo leader caduto in disgrazia viene giustiziato o rimosso in altri modi.

È impressionante come, in questo schema, la storia non faccia solo rima. Si ripete davvero, come se i leader coinvolti fossero attori che seguono un copione. Come può essere? Possiamo pensare a due spiegazioni

1 -- Questi eventi sono il risultato inevitabile della personalità di leader forti. Sono, in genere, psicopatici criminali senza vincoli morali che tendono a essere sconsiderati in qualunque cosa facciano. Inoltre, tendono a essere circondati da adulatori e adulatori. A questo punto, il loro cervello perde il contatto con la realtà e, alla fine, commetteranno un grave errore che li porterà alla rovina (e, con loro, a un gran numero di persone innocenti).

2-- Esiste una procedura standard che viene utilizzata dai leader mondiali per assumere il controllo delle menti dei leader regionali. Considerando come la propaganda standard possa prendere il controllo della mente della gente comune, non dovrebbe sorprendere che lo stesso trucco possa essere giocato con i leader. In realtà, le menti dei leader potrebbero essere molto più facili da influenzare e influenzare, dal momento che i leader tendono a vivere in bolle isolate in cui le informazioni che ricevono vengono accuratamente filtrate dal loro personale. Prendete il controllo di alcuni membri influenti dello staff del leader (ad esempio corrompendoli) e il gioco è fatto. Questo metodo si chiama normalmente "operazione psicologica" o "psyop".

Personalmente, tendo a favorire la prima ipotesi. Quando un singolo leader domina un gruppo, tendono a manifestarsi fattori dinamici interni, che portano i membri del gruppo a cercare di attirare l'attenzione del capo proponendo piani eccessivamente ottimistici. Chi raccomanda prudenza rischia di essere messo a tacere o ignorato e, in ogni caso, gli ottimisti rischiano molto meno del capo stesso.

Vediamo molto bene questo meccanismo di pensiero di gruppo nei verbali delle riunioni dell'alto comando italiano quando fu deciso l'attacco alla Grecia, nel 1941. A quel tempo Mussolini era già passato dall'altra sponda delle possibilità di critica e non era più in contatto con Il mondo reale. Quindi, è stato facilmente influenzato dal suo personale militare. Uno dei fautori più accesi dell'attacco fu il generale Sebastiano Visconti Prasca (1883 -1961), che sminuì più volte i rischi militari dell'attacco e riuscì a farsi nominare comandante in capo dell'operazione. L'unica pena che ha subito è stato quello di essere sollevato dal suo comando dopo che i primi attacchi sono falliti, poi è sopravvissuto per raccontare la storia ed è morto nel suo letto.

Un altro caso simile è stato quello della decisione di Leonid Breznev di invadere l'Afghanistan. Si dice che la salute di Breznev fosse peggiorata e che, sebbene non molto anziano (aveva 70 anni nel 1976) non fosse più in grado di prendere decisioni razionali. Questo avrebbe generato un caso di pensiero di gruppo, in cui la decisione potrebbe essere stata il risultato dell'azione di un membro del Politburo, l'intransigente ministro della difesa Dmitry Ustinov .

Ma ci sono casi in cui abbiamo prove dell'intervento attivo di una potenza straniera per influenzare un leader di un paese. Il caso classico è quello di Luigi Napoleone in Francia: il primo caso documentato di un intervento del genere. Il governo piemontese aveva inviato in Francia la contessa di Castiglione, Virginia Oldoini, con il preciso compito di sedurre Luigi Napoleone e convincerlo ad aiutare il Piemonte a combattere l'Austria. Non si può dire quanto sia stata importante l'azione della contessa, ma non si può escludere che, da sola, abbia cambiato il corso della storia. Non sarebbe la prima volta: la strategia della "trappola del miele" è antichissima. Ricordate la storia biblica di Giuditta e Oloferne? Ecco, qualcosa del genere.

Forse il caso più affascinante di influenzare la mente di un leader straniero usando la "trappola del miele" è quello di Adolf Hitler, che buttò via una vittoria quasi certa per una scommessa incerta attaccando la Russia. Potrebbe essere correlato alla storia di Unity Mitford (1914-1948), una donna inglese, probabilmente una spia dei servizi segreti britannici, che si recò in Germania nel 1934 con l'obiettivo di sedurre Hitler. Ebbe successo e divenne forse l'unica persona non tedesca ad essere un'amica intima di Hitler. Potrebbe averlo influenzato con il concetto che i britannici erano, dopo tutto, "ariani", proprio come i tedeschi. Quindi, Hitler potrebbe non essere stato sicuro di voler scatenare su di loro tutta la potenza militare tedesca, preferendo invece rivolgerla contro quelli che considerava una razza inferiore: gli slavi, gli Untermenschen. Si dice che la Mitford si sia sparata alla testa nel 1939, subito dopo che la Gran Bretagna aveva dichiarato guerra alla Germania. Sopravvisse, ma rimase paralizzata e dovette lasciare la Germania per non tornare mai più. Erano due anni prima della decisione fatale di Hitler, ma la sua influenza su di lui potrebbe essere persistita fino a quel momento.

Infine, nel caso di Saddam Hussein, non abbiamo prove dell'uso di una trappola del miele, ma può darsi che fosse l'obiettivo di un altra psyop individuale. Gli Stati Uniti avevano aiutato l'Iraq nella guerra contro l'Iran e Hussein si considerava un alleato degli Stati Uniti . Quindi, potrebbe essere stato portato a credere che gli Stati Uniti avrebbero continuato a sostenerlo anche contro il Kuwait. Potrebbe essere stato deliberatamente fuorviato dall'ambasciatore statunitense in Iraq, April Glaspie.

Può darsi che entrambe le spiegazioni siano valide in vari gradi e in diversi casi. Alcune forme di pressione psicologica, psyops, funzionano così bene perché i grandi leader sono particolarmente sensibili alle semplici emozioni umane, incluso accarezzare il loro ego esagerato o mostrare la loro virilità. In ogni caso, una cosa è certa: dare tutto il potere a un solo uomo è l'errore più grande che un Paese possa fare.

Naturalmente, queste considerazioni ci dicono molto sull'attuale situazione mondiale. Ci sono due casi in corso che sembrano fare molto rima con quelli discussi finora: Taiwan e Ucraina. A proposito di Taiwan, la recente visita nell'isola del presidente della Camera dei rappresentanti, Nancy Pelosi, potrebbe essere stato uno stratagemma non così sottile per spingere i cinesi all'attacco. Ma i cinesi non hanno abboccato, almeno finora.

Per quanto riguarda l'Ucraina, abbiamo tutti gli elementi del modello classico di un leader forte che impegna una potenza regionale nell'invasione di un paese vicino. Inizialmente sembrava un gioco da ragazzi, ma si è rivelato essere un pantano. La guerra in Ucraina è ancora in corso e non possiamo sapere se sia stata il risultato di un errore di calcolo generato dal pensiero di gruppo nel governo russo, o se provenga da una psyop individuale diretta al leader russo, Vladimir Putin. O forse entrambi i fattori, o forse qualcos'altro. Ci vorrà del tempo prima di poter valutare questa esplosione di follia, ma la storia non ha mai fretta. In ogni caso, il danno fatto è già enorme, e possiamo solo sperare che la storia non faccia le rime come nei casi precedenti. Altrimenti, affrontiamo un futuro terribilmente oscuro.



(*) Altri casi. Ci sono diversi casi di leader che si comportano in modo sconsiderato o stupido, sebbene seguano schemi leggermente diversi. Uno è quello dell'influenza della principessa ereditaria della Norvegia, Marta, sul presidente Roosevelt durante la seconda guerra mondiale che potrebbe aver influenzato la politica statunitense (h/t Ollie Hollertz). Allora, l'attacco giapponese a Pearl Harbor nel 1941 fu sicuramente sconsiderato, ma è anche vero che aveva un senso in termini strategici poiché permise alla marina giapponese di muoversi liberamente nel sud-est asiatico per un po'. Gli USA, a loro volta, potrebbero essere caduti in trappola con Vietnam e Afghanistan, ma in nessun caso il pantano che ne è derivato ha causato il crollo degli aggressori. Poi, Mikhail Gorbaciov, il leader sovietico, ha consegnato l'Unione Sovietica alle potenze occidentali nel 1991 in cambio di vuote promesse. Consideriamo il caso di Slobodan Milosevich, il presidente della Serbia, che, nel 1998, era abbastanza stupido da pensare che la Serbia potesse resistere da sola contro le forze combinate delle potenze occidentali. 

Nota aggiunta dopo la pubblicazione. Un giorno dopo aver pubblicato questo post, il Business Insider è uscito con un articolo proponendo una tesi molto simile alla mia. https://www.businessinsider.com/putin-making-strategic-errors-because-no-one-challenges-gchq-2022-10 -- forse ai servizi segreti del Regno Unito hanno letto il mio blog!

martedì 26 luglio 2022

Niente da fare: un'informazione corretta sui media è impossibile. Continuiamo a farci del male da soli

 



Certe volte ti prende veramente lo sgomento. Guardate il titolo del pezzo di Federico Rampini del 26 Luglio sul Corriere. "Perché la Germania non estrae il suo gas?

Eh, proprio..... immaginatevi: c'è una rete di Putiniani in Germania che opera da vent'anni per sabotare la produzione di gas in Germania. Lasciateli lavorare ancora un po' e fra breve vedremo di nuovo la bandiera rossa sovietica sventolare sul Bundestag a Berlino.

Ma non si riesce mai a fare un minimo di ragionamento anche vagamente basato sui dati? Andiamo a vedere l'andamento della produzione di gas in Germania e troviamo questo grafico su "Statista"

Dove vedete come in 20 anni la produzione di gas in Germania è scesa a circa un quarto del massimo intorno al 1999. Se prima produceva circa il 25% della domanda, ora ne produce circa il 5% (meno di un quarto, perché la domanda è aumentata).

Cosa è successo? Sabotaggio? Ma perché mai? Non è successo niente di speciale. Il gas, come tutte le risorse minerali, non è infinito. I pozzi si esauriscono, ed è del tutto normale che se ne estragga sempre di meno. Infatti, se andiamo a vedere le riserve di gas in Germania su Worldometers, vedete che effettivamente non c'è rimasto quasi più nulla da estrarre. Finito, esaurito, capitolo chiuso, grazie a tutti e arrivederci. 


Eppure, evidentemente, il complottismo paga. Altrimenti non si scriverebbero cose del genere sulla prima pagina di un giornale teoricamente serio come "Il Corriere."  E così continuiamo a farci del male da soli facendo credere al pubblico che basta riaprire qualche documento o fare qualche buco per terra per risolvere il problema del gas. 




mercoledì 1 giugno 2022

martedì 24 maggio 2022

La trappola di Saddam: vincere per scacco matto

 

Lunedì 2 maggio 2022

di Ugo Bardi

Il gioco degli scacchi non è una simulazione realistica di una battaglia. Ma, su un punto, può fornire un indizio fondamentale: le guerre sono soprattutto una questione di comando e controllo. Uccidere o neutralizzare il leader (il re) può causare il collasso delle forze militari del paese. Nei tempi moderni, i leader vengono raramente uccisi dai loro nemici, anzi, sono controllati, a volte in modi subdoli che li coinvolgono in azioni sciocche o controproducenti. 

 

Se il mondo è una scacchiera gigante, i capi delle maggiori potenze equivalgono al "re" degli scacchi. È opinione comune che qualunque cosa venga fatta nella gigantesca lotta, sia fatta per ordini specifici del grande leader, che sia Putin, Biden, Xi Jinping, o chiunque controlli – o si dice che controlli – un paese.  

Questa percezione apre una strategia simile agli scacchi che consiste nell'eliminare il leader nemico. Ma raramente è una buona idea. A differenza di quanto accade negli scacchi, il leader ucciso può essere trasformato in una figura eroica dalla propaganda, e poi sostituito da un altro che potrebbe essere ancora più bellicoso. Quindi, una strategia migliore potrebbe consistere nel controllare i leader nemici, cosa che non puoi fare negli scacchi. Se riesci a convincere il tuo nemico a fare scelte strategiche sbagliate, sei a metà strada verso la vittoria (Sun Tzu non ha mai detto niente del genere nel suo "L'arte della guerra ", ma avrebbe potuto farlo). 

Quindi, vediamo se possiamo trovare esempi storici di questa strategia applicata con successo nel recente passato. Posso proporne almeno tre. 

1. Luigi Napoleone (Napoleone III), 1808 – 1873Il nipote di Napoleone Bonaparte, divenuto imperatore dei francesi, è una figura così affascinante che gli ho dedicato almeno tre post (vedi sotto). Il suo fascino deriva dal fatto che era completamente, totalmente e irrimediabilmente incompetente. Tutte le sue decisioni sembravano mirare a rovinare le restanti possibilità per la Francia di diventare una potenza mondiale. Uno fu particolarmente disastroso: quando Luigi Napoleone aiutò il re piemontese, Vittorio Emanuele II, a sconfiggere gli austriaci e poi a unificare l'Italia in un unico regno. Il risultato fu la creazione di uno stato antagonista che bloccò per sempre tutti i tentativi della Francia di espandersi in Nord Africa. Luigi Napoleone era controllato dai piemontesi? Sembra che lo fosse: il controllo prese la forma dell'opera della contessa di Castiglione, Virginia Oldoini, una delle donne più belle dell'epoca. Fu mandata in Francia dal cugino, Camillo Benso conte di Cavour, il Primo Ministro del governo piemontese, con l'esplicito scopo di diventare l'amante di Luigi Napoleone e influenzarne le decisioni. È difficile dire quanto sia stata efficace la signora Oldoini, considerando che Luigi Napoleone ha preso molte decisioni sbagliate anche prima di conoscerla. Ma possiamo almeno sospettare che abbia avuto un ruolo nel plasmare il mondo come è oggi. 

2. Benito Mussolini, 1883 – 1945Si può dire che i suoi primi anni di leadership siano andati abbastanza bene. La svolta per lui sembra essere stata l'invasione dell'Etiopia nel 1935. Ancora oggi ci si può chiedere come sia stato possibile che il governo italiano abbia impegnato il paese nella conquista di un territorio che non aveva alcun interesse per l'economia italiana e che, molto peggio, era un fardello gigantesco per le casse dello Stato. Doveva essere ovvio che le forze militari di stanza in Etiopia non potevano essere rifornite in caso di un conflitto su vasta scala ed erano destinate a essere sconfitte. Che è esattamente quello che è successo. L'idea di invadere l'Etiopia era stata "piantata" nella mente di Mussolini dai servizi segreti britannici? Se così fosse, sarebbe stato un trucco geniale per assicurarsi che il potere militare italiano fosse diviso e indebolito. Difficile pensare che Mussolini potesse essere controllato usando le donne: era un famoso donnaiolo e ne aveva in abbondanza. Ma sappiamo che i servizi segreti britannici lo avevano pagato per spingere il governo italiano a unirsi agli Alleati durante la prima guerra mondiale. Poi, nel 1925, la Gran Bretagna aveva accettato di firmare uno "scambio di note" con l'Italia per quanto riguarda l'Etiopia. Conosciuto come "Accordo anglo-italiano", in sostanza, diceva: "se vuoi invadere l'Etiopia, vai avanti, non muoveremo un dito per fermarti". Ciò aprì a Mussolini la strada per mettere in pratica una sua idea folle: quella di ricostruire l'antico impero romano, magari con lui stesso incoronato imperatore. Invece, è finito impiccato per i piedi, ma è così che funziona la storia. Per inciso, la rimozione di Mussolini dal potere nel 1943 è un notevole esempio di una strategia di decapitazione simile a quella degli scacchi nei tempi moderni. Senza un leader, le forze armate italiane si sono sbandate e hanno cessato di combattere. 

3.  Saddam Hussein, 1937-2006Hussein è stato un altro leader notevolmente incompetente che ha impegnato il suo paese in una guerra disastrosa contro il vicino Iran, probabilmente pensando a se stesso come l'erede dei leader arabi che avevano conquistato l'Iran durante il VII secolo d.C. Il suo destino arrivò quando prese un'altra decisione disastrosa, quella di invadere il Kuwait nel 1990. È risaputo che, prima di invadere, Hussein incontrò l'ambasciatore americano in Iraq, April Glaspie. Abbiamo le trascrizioni della loro discussione: sebbene la signor Glaspie non abbia mai scoraggiato esplicitamente Hussein dall'idea di invadere il Kuwait, non ha nemmeno menzionato che gli Stati Uniti sarebbero stati contrari. Poi, sicuramente, non è stato trascritto anche tutto ciò che è stato detto, e possiamo immaginare che Hussein non avrebbe invaso il Kuwait se avesse immaginato la reazione degli Stati Uniti. Al contrario, potrebbe aver preso quello che l'ambasciatore ha detto come un via libera. Dopotutto, gli Stati Uniti avevano sostenuto l'Iraq nella guerra contro l'Iran, quindi Hussein poteva facilmente immaginare che lo avrebbero comunque sostenuto. Non lo sapremo mai, ma potremmo almeno sospettare che Hussein sia stato incastrato e spinto a fare l'errore che alla fine avrebbe portato alla sua morte e alla distruzione dell'Iraq. 

Ci sono sicuramente altri esempi di decisioni assurde da parte di leader di alto rango. Ad esempio, e alcune persone sostengono che l'attacco giapponese a Pearl Harbor nel 1941 sia stato, almeno in parte, una trappola creata dalla diplomazia americana per mettere i giapponesi in una posizione da cui non potevano più tirarsi indietro. O la decisione di Stalin di invadere la Finlandia nel 1939. Ma questi tre, credo, siano sufficienti per indicare che un leader forte può essere spinto a prendere decisioni sbagliate, sebbene i metodi per farlo non siano semplici. 

Né i soldi né le intimidazioni possono fare molto per controllare i leader di alto livello: stanno cavalcando la tigre, lo sanno bene. Quindi non si possono permettere di apparire deboli o, peggio, come traditori dei loro paesi. Il sesso può essere uno strumento più efficace e la recente storia di Jeffrey Epstein ci dice che molti politici potrebbero avere scheletri nei loro armadi. Ma i leader veramente potenti possono intimidire i loro critici e permettersi di essere donnaioli o pervertiti sessuali. Silvio Berlusconi in Italia è un esempio calzante. 

Quindi, accarezzare un ego esagerato può essere la migliore strategia per influenzare un leader. Tutti i leader dei paesi sono normalmente uomini solitari (molto raramente donne) circondati da persone che non hanno alcun interesse e nessuna convenienza a contraddirli. I leader più anziani possono essere particolarmente sensibili a questo approccio e, sicuramente, invecchiando, le loro capacità mentali non migliorano. Lev Tolstoj ci ha fornito una descrizione notevole di come Napoleone (il primo) abbia commesso errori incredibili semplicemente facendo le cose che aveva sempre fatto e poi scoprendo con orrore che queste cose non funzionavano più (vedi sotto). 

In quest'ottica, la migliore tecnica di controllo per sconfiggere un leader straniero può essere chiamata "La Trappola di Saddam" (potremmo anche chiamarla "Saddamizzazione". Suona male, lo so, ma, proprio per questo motivo, potrebbe essere una definizione adeguata). La trappola di Saddam consiste nell'invogliare il leader a impegnare il Paese in un'avventura militare che, all'inizio, sembra un gioco da ragazzi (cosa potrebbe andare storto con l'invasione del Kuwait?) Poi, si scopre che è una trappola da cui il grande il leader non può districarsi senza perdere la faccia, il che per lui equivale ad ammettere la sconfitta. I leader non possono ammettere la sconfitta, possono solo rilanciare e sperare che fare un errore ancora più grande lo trasformi in un successo. Solo che non sempre funziona. E poi la storia va avanti, spietata come al solito. 

Lo studio della storia può dirci molto sul nostro presente, ma dobbiamo essere cauti nell'interpretare l'attualità secondo somiglianze con i fatti precedenti. E non dimentichiamo che i “grandi leader” sono pochi: la maggior parte dei nostri politici si compra a buon mercato, non abbiamo bisogno di cercare strategie sofisticate per spiegare quello che succede. La corruzione di poche persone nei posti chiave è sufficiente per spingere uno stato a intraprendere azioni che hanno effetti negativi sui cittadini. 

Quindi, non possiamo dire con certezza come esattamente alcuni eventi recenti possano essere interpretati in termini di uno o più leader intrappolati in stile Saddam o, semplicemente, pagati per vendere il loro paese a una potenza straniera. Con il tempo, però, lo sapremo. 

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Post su Luigi Napoleone

Come una cattiva leadership può creare il collasso o renderlo più veloce: lezioni dalla storia europea

Carbone, guerre e belle donne: perché in Italia si parla italiano e non francese

Crimea: dalla guerra mondiale zero alla terza guerra mondiale


Lev Tolstoj: Guerra e pace.



Napoleone provava una sensazione di depressione come quella di un giocatore sempre fortunato che, dopo aver sbattuto denaro incautamente e aver vinto sempre, all'improvviso, proprio quando ha calcolato tutte le possibilità del gioco, scopre che più considera il suo gioco più sicuramente lui ha perso.

Le sue truppe erano le stesse, i suoi generali gli stessi, gli stessi preparativi erano stati fatti, le stesse disposizioni e lo stesso proclama courte et energique , lui stesso era sempre lo stesso: questo lo sapeva e sapeva di essere ora ancora più esperto e abile di prima. Anche il nemico era lo stesso di Austerlitz e Friedland, eppure il terribile colpo del suo braccio era diventato soprannaturalmente impotente.

Tutti i vecchi metodi che erano stati immancabilmente coronati da successo: la concentrazione delle batterie su un punto, un attacco di riserve per spezzare la linea nemica e un attacco di cavalleria degli "uomini di ferro", tutti questi metodi erano già stati utilizzati, eppure non solo non vi fu vittoria, ma da tutte le parti giunse la stessa notizia di generali uccisi e feriti, di rinforzi necessari, dell'impossibilità di respingere i Russi, e di disorganizzazione tra le sue stesse truppe.

Un tempo, dopo aver impartito due o tre ordini e pronunciato alcune frasi, marescialli e aiutanti erano venuti al galoppo con congratulazioni e facce felici, annunciando i trofei presi, i prigionieri, fasci di aquile e stendardi nemici, cannoni e provviste, e Murat aveva solo chiesto il permesso di liberare la cavalleria per radunarsi nei carri dei bagagli. Così era stato a Lodi, Marengo, Arcola, Jena, Austerlitz, Wagram e così via. Ma ora qualcosa di strano stava accadendo alle sue truppe.

Nonostante la notizia della cattura delle fleches, Napoleone vide che questa non era la stessa cosa, per niente la stessa cosa, di quanto era accaduto nelle sue precedenti battaglie. Vide che quello che stava provando lo sentivano tutti gli uomini intorno a lui esperti nell'arte della guerra. Tutti i loro volti sembravano abbattuti, e tutti evitavano gli occhi l'uno dell'altro solo un de Beausset poteva non cogliere il significato di ciò che stava accadendo.

Ma Napoleone, con la sua lunga esperienza di guerra, conosceva bene il significato di una battaglia non vinta dalla parte attaccante in otto ore, dopo che tutti gli sforzi erano stati spesi. Sapeva che era una battaglia persa e che il minimo incidente ora, con la battaglia in equilibrio su un centro così teso, avrebbe potuto distruggere lui e il suo esercito.

Quando ripercorse con la mente tutta questa strana campagna russa in cui non era stata vinta una battaglia e in cui non era stata catturata una bandiera, né un cannone, né un corpo d'armata in due mesi, quando guardò la depressione nascosta su i volti intorno a lui e le notizie sui russi che ancora reggevano la loro posizione, una terribile sensazione come se un incubo si fosse impossessato di lui, e tutti gli sfortunati incidenti che avrebbero potuto distruggerlo gli vennero in mente. I russi potrebbero attaccare la sua ala sinistra, potrebbero sfondare il suo centro, lui stesso potrebbe essere ucciso da una palla di cannone vagante. Tutto questo era possibile. Nelle precedenti battaglie aveva considerato solo le possibilità di successo, ma ora si presentavano innumerevoli sfortunate occasioni e le aspettava tutte. Sì, era come un sogno in cui un uomo immagina che un mascalzone venga ad attaccarlo,

La notizia che i russi stavano attaccando il fianco sinistro dell'esercito francese suscitò quell'orrore in Napoleone. Si sedette in silenzio su uno sgabello da campo sotto la collinetta, con la testa china e i gomiti sulle ginocchia.

venerdì 25 febbraio 2022

Ritorno alla realtà: Siamo tutti figli del petrolio




In questi giorni, mi sono capitati in mano per caso alcuni documenti della conferenza "ASPO-5," il convegno dell'associazione per lo studio del picco del petrolio che io e altri membri di ASPO-Italia avevano organizzato a Pisa nel 2004. Sembra che sia passato un secolo da quando ci eravamo illusi che sarebbe stato possibile convincere quell'entità nebulosa che si chiama "umanità" che stavamo esaurendo le nostre risorse naturali, petrolio in primo luogo, e che dovevamo fare qualcosa in proposito prima che fosse troppo tardi.

All'epoca, non sapevamo quanto tempo avevamo. I nostri dati ci davano il picco del petrolio "convenzionale" intorno al 2012, ma in realtà siamo riusciti a tirare avanti fino quasi ad oggi spremendo le riserve al massimo possibile. Abbiamo avuto quasi vent'anni di tempo per prepararsi ma, come ci si poteva aspettare, non abbiamo fatto quasi niente di serio in proposito. 

Al contrario, sono stati 20 anni di ottovolante alla ricerca disperata di un nemico. L'entità chiamata "umanità" ha dimostrato la maturità e la saggezza di un indemoniato in preda a convulsioni parossistiche. Il nemico è stato additato come Osama, Saddam, Assad, Qaddafi, Putin, e tanti altri, incluso una creaturina peduncoluta invisibile a occhio nudo che ci ha terrorizzato per due anni. Anche il picco del petrolio è stato demonizzato, come tutte le cose che ci fanno paura. Non lo si poteva bombardare, e nemmeno ci si poteva vaccinare contro di esso. Ma lo abbiamo marginalizzato, ridicolizzato e fatto scomparire dalla vista, come se l'avessimo sconfitto. 

Ma, ogni volta che ci sembrava di aver distrutto il nemico del giorno, questo si ripresentava in un'altra forma, più grosso e più brutto di prima. E ogni volta, nella lotta contro il mostro di turno, perdevamo qualcosa della nostra saggezza, della nostra libertà, della nostra umanità.

E ora? E ora siamo in trappola. Come ha detto uno dei nostri televirologi alla moda, "come sorci." I paesi europei (e l'Italia in particolare) si fanno trovare completamente impreparati in una situazione in cui dipendono pesantemente dall'estero per la loro produzione energetica. Senza energia a basso prezzo, l'industria non produce, e nemmeno l'agricoltura. E i sorci muoiono di fame. Se questa guerra non finisce presto, i sorci siamo tutti noi. 

UB

Nel seguito, un testo di Jacopo Simonetta. Come tutto quello che viene scritto nel mezzo di una crisi, molte cose che contiene potrebbero rivearsi sbagliate ma, secondo me, Jacopo qui le azzecca quasi tutte. 


Trappola per Topi in Ucraina

Di Jacopo Simonetta
https://www.apocalottimismo.it/trappola-per-topi-in-ucraina/

E così, questa volta gli americani avevano ragione: nella notte fra il 23 ed il 24 febbraio la Russia ha lanciato un attacco in grande stile sull’intero territorio ucraino senza neppure darsi la briga di una dichiarazione formale di guerra. Tutti, legittimamente, si chiedono se intenda conquistarla tutta o solo una parte. Sotto alcuni aspetti somiglia ad una riedizione dell’invasione dell’Ungheria del 1956 su ben più vasta scala, ma in un contesto completamente diverso ed un rischio consistente di escalation a livello continentale, se non mondiale, in ragione di molti fattori ignoti. Per esempio: cosa faranno gli USA con i loro satelliti (non la NATO come tale che interviene solo in caso di attacco al territorio di uno dei membri)? Esistono degli accordi segreti sulla partizione dell’Ucraina? La Cina approfitterà dell’occasione per attaccare Taiwan? E molti altri.

In un articolo apparso sul “Fatto Quotidiano”, Loretta Napoleoni ha ricordato che Putin da ragazzo andava a caccia di topi e che è solito chiosare le sue memorie ricordando che questo sport gli ha insegnato che non bisogna mai intrappolare un grosso ratto nell’angolo senza una via di fuga perché allora attacca e può fare molto male. Eccellente metafora, solo che in questo caso l’impressione è che ci siamo cacciati in trappola tutti quanti, a cominciare proprio da Putin. Forse, gli unici che ci guadagneranno qualcosa saranno proprio gli americani, ma vedremo.

Il contesto.

Tutti, nessuno escluso, stiamo impattando brutalmente contro il Limiti della Crescita (chi non conoscesse il libro lo legga, è fondamentale). Solo per dirne qualcuna, abbiamo certamente superato il picco del greggio e probabilmente anche quello di tutti i petroli. Il picco del gas e del carbone è alle spalle per molti e nel prossimo futuro per tutti, ergo il temuto “picco di tutto” è alle porte. Assai più grave è che la biosfera è stata devastata a tal punto che ha almeno parzialmente perduto la capacità di controllare i cicli bio-geo-chimici. Ciò significa che le variabili chimico-fisiche del pianeta sono fuori controllo e che più nulla ci garantisce che restino ancora a lungo compatibili con la vita o, perlomeno, con una civiltà complessa.

Anche se nessuno ne parla, tutto questo ha già da parecchi anni delle conseguenze dirette sulle persone, una delle quali è che le condizioni di vita della stragrande maggioranza peggiorano e sempre di più peggioreranno, mentre quelle di alcuni migliorano a vista d’occhio. I modi ed i tempi con cui questo accade differiscono profondamente a seconda dei luoghi e delle classi sociali, ma la tendenza è generale perché generali sono le forzanti principali alla base di essa (ivi compresa l’incapacità della classe dirigente ad affrontare e mitigare questo fenomeno). In UE questa tendenza è assai meno sviluppata che nella maggior parte degli altri paesi (inclusi Russia, USA e Cina), ma comunque è evidente e crescente.

Questo crea malcontento e delegittimazione della classe dirigente. Chi vuole scalare il potere soffia sul questo fuoco in molti modi spesso disonesti. Chi invece lo detiene cerca di mantenerlo ed i metodi disponibili sono molti: rafforzare la polizia segreta e non, controllo sempre più capillare della popolazione, perseguitare i dissidenti, ecc. Ogni oligarchia sceglie il mix che preferisce, ma arriva un punto in cui tutto questo non basta più ed occorre qualcosa che ricompatti la popolazione sotto la propria bandiera. Costi quel che costi e di solito si ricorre ad una minoranza interna (etnica, culturale, politica o altro) come capro espiatorio; oppure ad un bel nemico estero, specie se già conosciuto e temuto per tradizione.

Le due opzioni possono anche andare insieme ed è per questo che il nazionalismo è quasi sempre la carta che viene giocata sia da chi teme di perdere il potere, che da chi vi spira. Quasi sempre funziona benissimo perché fa appello a sentimenti molto profondamente radicati e già sapientemente manipolati per un paio di secoli. La fregatura è che rappresenta una strada a senso unico: una volta imboccata si può solo alzare progressivamente la posta, anche se diventa controproducente, perché altrimenti si passa di colpo da “eroe nazionale” a “Traditore della Patria”. In una parola, è una trappola.

Una politica estera aggressiva può quindi essere tanto la manifestazione di una potenza imperialista in fase espansiva, quanto il disperato tentativo di un’oligarchia in declino di restare attaccata al potere. Distinguere i due casi è spesso difficile, ma importante perché i risultati sono spesso opposti.

La trappola.

Vediamo telegraficamente i principali protagonisti di questa tragicommedia:

Ucraina.

Gli ucraini si sono sbarazzati di Jankovic nel 2014. Certo, la goccia che ha fatto traboccare il vaso fu il voltafaccia repentino a proposito di un trattato commerciale con l’UE, ma la rivolta fu soprattutto contro livelli di malgoverno e corruzione arrivati a livelli intollerabili. Tanto che grandi manifestazioni contro il governo si tennero anche in città e regioni a larga maggioranza russa.

Il governo provvisorio pensò però di legittimarsi giocando sulle mal sopite rivalità storiche fra ucraini e russi annunciando lo sfratto della base russa di Sebastopoli. Trappola: il governo ucraino non aveva alcuna possibilità di sloggiare i russi da un territorio per loro fondamentale sotto tutti i punti di vista (militare, politico, psicologico, ecc.). Dunque dirlo servì solo a porsi con le spalle al muro, senza più alcuna possibilità né di recuperare il territorio perduto, né di trattare e nemmeno di normalizzare la propria posizione sia con il potente vicino, sia con gli altri paesi del mondo. A livello internazionale, avere contese territoriali irresolubili preclude infatti moltissime opzioni fra cui quella di entrare nella famigerata NATO.

Russia.

La popolarità di Putin crebbe a dismisura con la ripresa economica che coincidette con i suoi primi anni di “regno”. Finita la ripresa, il suo partito cominciò a perdere seguito e non ha mai più recuperato. Alle lunghe, l’indurimento della repressione ed una vasta rete di appoggi fra i miliardari locali ed internazionali non possono bastare e, per Putin, rilanciare periodicamente la propria popolarità personale è quindi vitale. Gli va riconosciuto di essere riuscito in una specie di miracoloso paradosso: piacere sia ai nostalgici dello Zar che a quelli di Stalin. Notevole, ma al prezzo di dipendere sempre di più dalla chiesa e da una politica estera aggressiva che certo non giova al suo paese.

Tuttavia, fino al 2014, si è sempre mosso con abilità, riuscendo ad avere risultati tangibili per i suoi fans, senza creare crisi internazionali irreparabili. Anche il colpo di mano con cui occupò la Crimea quasi senza colpo ferire fu accolto con un “minimo sindacale” di proteste internazionali: tutti sanno che nessun governo russo, per nessuna ragione, può rinunciare alla Crimea senza cadere. Ma con l’annessione è invece scattata la prima trappola. Questa ha infatti degradato in maniera irreparabile i rapporti della Russia con la maggior parte degli altri paesi, ma soprattutto ha galvanizzato eccessivamente i nazionalisti russi che, circa un mese più tardi, hanno lanciato la rivolta nelle regioni orientali dell’Ucraina (a larga maggioranza russa). Un pasticcio irreparabile che già prima dell’invasione era costato caro sia agli ucraini che ai russi, entrambi intrappolati nella logica nazionalista secondo cui il primo che fa una cosa sensata “è un vile che vende la patria al nemico”. Trappola rilanciata in questi mesi con la minaccia di guerra e poi di nuovo l’occupazione formale delle due città contese, fino ad oggi con l’avvio di una guerra senza precedenti fin dal 1945, che mette ancora di più la Russia in un angolo dal quale può oramai solo attaccare.

Fra le poche cose certe di questa vicenda vi è che Putin ha deciso di giocarsi il tutto per tutto, visto che non mette sul piatto solo il suo paese, ma anche il suo formidabile patrimonio personale, pazientemente accumulato in decenni di potere ininterrotto.

Europa.

L’Europa (qui intesa come UE), si è messa in trappola da sola già dagli anni ’90. Allora avrebbe infatti potuto pretendere il rispetto degli accordi siglati fra Regan e Gorbaciov che impedivano l’allargamento ad est della NATO, ma non quello della UE. Questo apriva per noi un’opportunità unica per creare uno strumento militare europeo autonomo dagli americani, uno strumento che ci avrebbe permesso di tornare ad esercitare un’almeno parziale sovranità sul nostro continente. Forse Gorbaciov sperava proprio in questo, per far sorgere una potenza geopolitica, intermedia fra la Russia e gli USA, con cui sarebbe stato forse possibile collaborare visti gli evidenti e numerosi interessi che avevamo e tuttora avremmo in comune. Di sicuro del pericolo se ne accorsero però gli americani che ebbero cura di impedire una simile eventualità, con la piena collaborazione dei governi europei.

Oggi, anche volendo e nessuno lo vuole, un simile programma non sarebbe possibile perché non ci sono più né i tempi, né le risorse necessarie. Non ci rimane dunque altro da fare che seguire più o meno diligentemente le veline che ci vengono da Washington, sperando che non ci costino troppo care (il che non è detto).

Bielorussia.

Per Lukashenko la crisi russo-ucraina è stata una benedizione. Nel suo ruolo di mediatore, ha fatto ottimi affari con tutti i soggetti in causa sia a livello personale che nazionale, ma tutto questo è finito. Con una situazione interna esplosiva ed il paese di fatto sotto occupazione russa l’ex “ultimo dittatore d’Europa” è oramai solo un patetico burattino nelle mani di Putin che lo terrà finché gli farà comodo, non un giorno di più. Nel frattempo i bielorussi pagano il conto.

USA.

Se Atene piange, Sparta non ride. L’assalto al Campidoglio da parte di migliaia di cittadini che volevano sovvertire il risultato delle elezioni presidenziali è stata la clamorosa dimostrazione che gli USA sono ormai uniti solo di nome, ma non più di fatto. Il rischio di una parziale disintegrazione delle stato non è più un’ipotesi fantascientifica e sembra che la politica interna non sia in grado di farci molto. Così, come spesso accade, la politica estera può sopperire al bisogno con un nemico per combattere il quale occorre fare nuovamente fronte comune. Non sempre funziona (talvolta l’effetto è anzi contrario), ma spesso si. Riguardo all’Ucraina, finora l’amministrazione Biden si è limitata ai discorsi roboanti e poco più; nulla lascia pensare che davvero sia disposto ad intervenire militarmente. Del resto, la sua preoccupazione principale rimane la Cina, ma non è detto che non cambi idea. Presentarsi alle elezioni di medio termine come paladino della libertà dei popoli oppressi è una cosa che può far molto comodo.
Comunque, già ora ha incassato alcuni dei regali di Putin: ha rafforzato la presa statunitense sull’Europa, rimesso i fila anche i più riottosi dei suoi satelliti e dimostrato per l’ennesima volta che per parlare con “il mondo occidentale” esiste un unico numero di telefono: quello della casa Bianca. Del resto, indebolire l’UE è sempre stato forse l’unico interesse comune fra i governi americani e russi succedutisi negli ultimi 50 anni, con l’unica eccezione di Gorbaciov che tentò la carta contraria, invano.

Possibili sviluppi.

Il futuro sta in grembo a Zeus, ma sembra molto improbabile che Putin si possa accontentare di poco. Scatenando una guerra su vasta scala in Europa (qui in senso geografico) si sta giocando il tutto per tutto: una trappola da cui può uscire solo sconfitto o vincitore, senza più spazi di manovra. Una duplice trappola particolarmente perversa perché, con l’offensiva, a messo nell’angolo anche gli americani che, se lasceranno fare, perderanno completamente di credibilità e, dunque, di potere sul mondo. E come lui stesso insegna, i topi nell’angolo sono pericolosi.

L’esercito ucraino non può competere con quello russo in campo aperto, ma assediare le grandi città potrebbe richiedere molti morti e, soprattutto, molto tempo ai russi. Forse, un tempo sufficiente per convincere gli USA ed alcuni dei suoi satelliti, per esempio la Polonia, ad intervenire. Se preparare l’invasione ha richiesto ai russi alcuni mesi di lavoro, preparare una contro-invasione non può essere fatto nel giro di giorni e neppure di settimane.

Potrebbe quindi finire con la capitolazione dell’Ucraina, o potrebbe nascerne una vera grande guerra o, forse, una partizione fra un’Ucraina est occupata dai russi e un’Ucraina ovest occupata dagli americani. Nel mezzo la Bielorussia che si troverebbe quasi accerchiata, mentre con l’occasione probabilmente si chiuderebbe la partita in Transnistria (dove sono di stanza altre truppe russe) e la NATO imbarattolerebbe Kaliningrad come a suo tempo la Russia aveva imbarattolato Berlino. Come minimo, tutti i dispositivi militari euroamericani saranno rafforzati (anzi si stanno già rafforzando). In pratica, se davvero Putin voleva allontanare la Nato dai suoi confini, rischia di ottenere il risultato esattamente opposto.

Ritorno al contesto

Ci sono ben pochi punti sicuri in questa vicenda ed uno di questi è che europei, russi, bielorussi ed ucraini hanno tutto da perdere; forse gli americani invece ci guadagneranno qualcosa, vedremo. Ma se allarghiamo un tantino lo sguardo, vediamo che siamo tutti nella stessa trappola globale in cui ci siamo cacciati viribus unitis fra gli anni ’80 e ’90, quando abbiamo deciso di rilanciare il consumismo e globalizzare il capitalismo, anziché usare il poco tempo che ancora avevamo a disposizione per smantellare entrambi e tentare di slittare in una “steady state economy” senza scossoni troppo dolorosi.

E’ all’interno di questo trappola planetaria che i topi, non contenti del loro destino, si incantonano da soli per poi azzuffarsi fra loro.

Comunque vada, questa guerra accelera ulteriormente il consumo delle residue risorse che abbiamo e, se poi davvero scoppierà una guerra in grande stile, le distruzioni saranno tali da essere solo in parte recuperabili. Come disse credo Einstein: “Non ho idea di quali armi serviranno per combattere la terza Guerra Mondiale, ma la quarta sarà combattuta coi bastoni e con le pietre”. Lui temeva l’uso di armi nucleari, ma oggi non ne abbiamo più bisogno: anche con armi convenzionali abbiamo i mezzi per distruggere molta più roba di quella che potremmo poi ricostruire.

Forse, quello cui mira Putin è riconquistare più territorio possibile prima di calare una nuova “cortina di Ferro” attraverso l’Europa e sembra che su su questo punto USA, Russia e Cina siano d’accordo: una bella guerra fredda è quello che ci vuole per rifondare il potere degli stati più importanti. In effetti la “Cortina di Ferro” giocò un ruolo molto stabilizzante per 50 anni, ma il contesto era completamente diverso da oggi. Allora, le economie dei soggetti principali erano quasi completamente indipendenti, tutti avevano a disposizione abbondanti materie prime ed usufruivano di una biosfera funzionale. Oggi non c’è più nessuno di questi presupposti. Solo pochi mesi fa abbiamo sperimentato come il banale incagliamento di una grande nave in un canale possa mettere in crisi le economie mondiali, figuriamoci cosa accadrà se la guerra dovesse sbrodolare fuori dall’Ucraina o, perfino, coinvolgere la Cina. Per non parlare della catena di disastri irreparabili se qualcuno cominciasse a colpire obbiettivi strategici come piattaforme petrolifere, centrali nucleari e simili.

Ma forse chissà? Questa potrebbe essere la strada che inconsapevolmente abbiamo scelto per ridurre definitivamente la nostra impronta ecologica e la nostra popolazione. La peggiore possibile, come spesso accade, ma sempre meno peggio della “Sindrome di Venere”.

Il futuro sta in grembo a Zeus, ma neppure Lui ha il potere di modificare il Fato: una trappola in cui spesso ci cacciamo da soli.

domenica 15 dicembre 2019

A proposito di Greta Thunberg: una lettera per i miei amici non-occidentali



Cari amici non occidentali,

prima di tutto, vorrei dirvi che capisco la vostra perplessità su Greta Thunberg. Capisco impressione vi può aver fatto quest'ultima acrobazia dei media occidentali nel nominarla "Persona dell'anno". Dal vostro punto di vista, sembra proprio un altro trucco dell'Occidente, uno tra i tanti. E capisco che tutto questo faccia aumentare il sospetto che l'intera storia del cambiamento climatico non sia altro che una bufala creata dall'Impero occidentale per mantenere il suo dominio su tutto il pianeta.

Si, capisco. Ma vorrei chiedervi di fare uno sforzo per capire noi occidentali. Vedete, a volte ho la sensazione che una delle caratteristiche dell'inferno potrebbe essere che le persone che vi sono dentro non si rendono conto di esserci. Sarebbe una cosa davvero malvagia, ma, dopotutto, era un poeta occidentale, Baudelaire, che aveva detto che il miglior trucco del diavolo è convincerti che non esiste. Quindi, se l'inferno è un luogo in cui ti vengono dette bugie su tutto, incluso che non sei all'inferno, allora noi occidentali viviamo veramente all'inferno, almeno un certo tipo di inferno.

Non sono solo bugie, è il tipo di bugie. I media occidentali si sono evoluti in una macchina per produrre paura e odio. Chiunque, qualsiasi gruppo, qualsiasi credo, può essere distrutto da questa macchina. E non puoi fare molto per reagire. Se dubiti della narrazione ufficiale, sei un cospirazionista. Se chiedi la pace, sei il tirapiedi di Putin. Se protesti contro il tuo governo, sei un terrorista. Se neghi il ruolo dell'Occidente nel guidare il mondo, sei un traditore. Inoltre, la maggior parte degli occidentali è convinta che la propaganda sia una cosa del mondo non occidentale e che i loro media siano liberi e indipendenti. Eh, si, Baudelaire aveva ragione.

Certo, non mi fate dire che il mondo non occidentale è un paradiso di verità. Non ci penso nemmeno. Tutte le nazioni, tutti gli stati, tutte le culture, hanno i loro pregiudizi, i loro filtri, le loro convinzioni radicate e, in molti casi, le loro macchine propagandistiche. Ognuno di noi, occidentali e non occidentali, vede il mondo attraverso i filtri che la nostra cultura, le nostre tradizioni e i nostri media ci mettono davanti. Ma voi, non occidentali, avete una possibilità che a noi viene negata. Potete usare usare l'inglese per leggere i media occidentali senza essere parte del target a cui loro si rivolgono. E, come dicevo, capisco che spesso non vi piace quello che leggete.

E così, torniamo a Greta Thunberg. Certo, capisco che questa ragazza non è nata da sola come fenomeno mediatico, come alcuni potrebbero voler credere. È supportata da un team di esperti di alto livello, non poteva certamente combattere il Behemot dei media occidentali da sola. E capisco che il suo messaggio potrebbe essere frainteso, imbastardito e sfruttato per l'ennesimo giro di greenwashing -- e probabilmente lo sarà. Lo so bene. (Nota alla traduzione Italiana: e se volete convincervi di questo, io e i miei collaboratori ci abbiamo fatto uno studio mediatico sopra)

Ma non è questo il punto. Il punto è che l'apparizione di Greta Thunberg è stata sorprendente e inaspettata. Se è un prodotto della propaganda, allora è un tipo insolito di propaganda. Sarebbe la prima volta in molti decenni che i nostri media ci presentano un messaggio che non si basa sull'idea di qualcosa o qualcuno che è il male e che deve essere distrutto. Questa ragazza ha attraversato tutte le barriere dei media con un semplice messaggio: la verità sul cambiamento climatico. Non ci stava dicendo di uccidere o odiare nessuno, ci stava solo dicendo di lavorare insieme per garantire che la sua generazione potesse avere un futuro. E portava il messaggio con una forza interiore, un modo di porsi, una capacità di dire cose dirette che era quasi incredibile. È sorprendente il modo in cui ha attirato su di sé tutti i tipi di insulti, maltrattamenti e maledizioni, ma nulla le è rimasto addosso davvero. Vi ricordate la "Teflon-presidenza" di Ronald Reagan? Bene, questa ragazza non è solo rivestita di teflon: indossa un'armatura di Mythril come gli eroi della trilogia dell'anello.

Capisco che è possibile che questa ragazza scompaia dalla mediasfera in breve tempo, come accade oggi per la maggior parte delle idee che nascono e muoiono sul Web. Ma potrebbe rivelarsi qualcosa di più, forse non la persona specifica di Greta Thunberg, ma nel messaggio che rappresenta. Un messaggio forte che dice all'umanità di rispettare le cose che fanno vivere l'umanità: il nostro pianeta e tutti gli esseri viventi in esso.

Permettetemi di menzionare qualcosa che ho imparato non molto tempo fa, quando ero in Iran. Era il tempo dell'Arbaeen, la commemorazione del martirio dell'Imam Husayn ibn Ali, quaranta giorni dopo l'Ashura. Qualcuno dei miei amici iraniani mi ha detto (o forse ho letto da qualche parte) che "l'Imam Husayn è una figura che noi sciiti offriamo come dono all'intera umanità, come esempio di virtù e di giustizia". E questo mi ha colpito come qualcosa che vale la pena ricordare. In tutte le culture, abbiamo qualcosa o qualcuno che veneriamo come un tesoro: una persona, una poesia, un'opera d'arte, un modo di vedere il mondo. E questi tesori, penso, li dovremmo condividere con il resto dell'umanità, come doni.

Ora, ovviamente, non ho l'autorità per dire cosa l'entità che chiamiamo "Occidente" dovrebbe o non dovrebbe fare. Di sicuro, abbiamo condiviso con il mondo molti doni avvelenati in passato. Ma questa ragazza, Greta Thunberg, potrebbe essere un vero tesoro, un dono che potremmo offrire al resto del mondo. Per una volta, dall'Occidente arriverebbe un messaggio di pace e armonia. Potrebbe davvero succedere? Difficile da credere, certo, ma è una grande speranza.




Ringraziamenti: Chandran Nair

giovedì 20 marzo 2014

La follia del presidente Putin

Da “Club Orlov”. Traduzione di MR

di Dmitri Orlov

Juliette Bates
[Grazie mille a Max che mi ha aiutato a mettere insieme questo articolo]

Di tutte le varie interpretazioni che i leader occidentali e i commentatori hanno dato del perché il presidente della Federazione Russa abbia risposto in quel modo agli eventi in Ucraina nel corso di febbraio e marzo 2014 – rifiutandosi di acconsentire all'instaurazione di un regime neofascista a Kiev e sostenendo il diritto della Crimea all'autodeterminazione – quella più impressionante e illuminante è che sia impazzito. Impressionante ed illuminante, cioè, per quanto riguarda l'Occidente stesso.

In tempi passati, lo scenario internazionale rifletteva un ordine multipolare, una molteplicità di ideologie in competizione, modelli alternativi di organizzazione sociale ed economica. Allora le azioni di un altro paese potevano essere capite nei termini della sua ideologia alternativa. Anche riguardo alle figure estreme – Stalin, Hitler, Idi Amin, Pol Pot – chiamarli folli era un esempio di iperbole, un modo esagerato di descrivere la sfacciataggine con la quale hanno perseguito i loro obbiettivi politici razionalmente determinati. Ma quando il Cancelliere Angela Merkel si chiede se Putin viva “in un altro mondo”, facendo eco a un tema della narrativa dei media occidentali, la questione sembra implicare qualcosa di letterale.

Mettiamo in dubbio la salute di qualcuno quando non riusciamo a spiegarne il comportamento o la logica sulla base di un intendimento comune di realtà consensuale. Diventano del tutto imprevedibili per noi, capaci di andare aventi in una normale conversazione un momento e saltarci alla gola quello successivo. Le loro azioni appaiono avventate e disordinate, come se vivessero in un mondo parallelo, ma completamente diverso da quello in cui viviamo noi. Putin è dipinto come un mostro e l'Occidente si comporta in modo sconcertante e impaurito. Il finto shock col quale l'Occidente guarda agli sviluppi in Crimea potrebbero essere visti come una tattica progettata per isolare e intimidire Vladimir Putin. Il fatto che questa tattica non solo non funzioni, ma in realtà si ritorca contro chi la mette in pratica, cambia il falso shock in shock vero: le medicine occidentali non funzionano più – su sé stesso e su chiunque altro.

L'Occidente – cioè, gli Stati Uniti e l'Unione Europea – ha giocato il ruolo di primario psichiatra nel manicomio del mondo fin da quando l'URRS è crollata. Prima del 1990 il mondo era nettamente diviso fra due ideologie in competizione bloccate in un punto morto nucleare. Ma poi Mikhail Gorbachov ha capitolato. E' stato un campione dei “valori umani comuni” e voleva risolvere il conflitto delle superpotenze in modo pacifico, mettendo insieme il meglio di entrambi i sistemi (tutte le vittorie umanistiche del socialismo sovietico più tutta la seducente e consumistica prosperità del capitalismo americano).

Ma di fatto Gorbachov ha capitolato; l'URRS e stata smembrata e, nel corso degli anni 90, la Russia stessa è andata vicino ad essere distrutta e smembrata. Anche se in Occidente, dove è ancora una figura popolare, Gorbachov viene ritenuto l'orchestratore di una dissoluzione pacifica dell'URRS, il seguito caotico del collasso dell'URRS è stato un evento estremamente traumatico, con un'enorme perdita di vite. Quando Putin chiama il collasso dell'URRS “la più grande catastrofe geopolitica del secolo”, riecheggia il sentimento di molti Russi – che, a proposito, amano chiamare Gorbachov “Mishka mécheny” (“Michele il segnato” - segnato dal diavolo, cioè).

Durante il periodo post collasso la Russia non poteva fornire alcuna ideologia per competere. Infatti, non aveva affatto un'ideologia, eccetto per un impianto di liberalismo occidentale che, data la mancanza di un quadro legale fattibile o tradizioni di proprietà privata e di società civile, si è trasformata rapidamente in un tipo di banditismo particolarmente brutale. Ma poi è arrivato Putin e, usando la sua esperienza nel KGB e i collegamenti con altri “poteri forti” post sovietici, ha confezionato un nuovo ordine, che prima ha decimato, o soppiantato o assorbito i banditi e poi ha imposto ciò che Putin ha chiamato “la dittatura della legge”. Questo è il primo pezzo importante della nuova ideologia russa: è la legge che conta e nessuno può esserne al di sopra – neanche gli Stati Uniti.

Ora, confrontate il concetto di “dittatura della legge”, interna così come internazionale, come è stato promulgato da Putin, a quella specie di legge che ora prevale negli Stati Uniti. Negli Stati Uniti ora ci sono due categorie di persone. Ci sono coloro che sono al di sopra della legge: il governo americano e le sue agenzie, comprese NSA, FBI, DOD, ecc.; il finanzieri di Wall Street e il governo ombra degli appaltatori che non vengono mai perseguiti per i loro crimini; i super ricchi che sono politicamente collegati e possono prevalere legalmente contro chiunque semplicemente tirando soldi agli avvocati.

E quindi ci sono coloro che sono al di sotto della legge: tutti gli altri. Questi sono fra le persone più mansuete del mondo, vivono nella paura costante di essere denunciati e deprivati dei propri risparmi – o arrestati, intimiditi per accettare un patteggiamento e rinchiusi. Ora possono essere detenuti indefinitamente senza un'accusa. Possono essere rapiti da qualsiasi parte del mondo, trasportati in un “sito oscuro” e torturati. Possono essere messi sotto processo senza essere informati dell'accusa e condannati sulla base di prove che vengono loro tenute segrete. Le loro comunità possono essere poste sotto legge marziale senza motivo. Individualmente, si può loro sparare a vista senza provocazione o sospetto o illecito. All'estero, quando feste di matrimonio e funerali vengono messi sotto attacco da droni selvaggi, questo è un crimine di guerra – a meno che non ci sia dietro Washington, nel qual caso si tratta solo di un “danno collaterale”.

Grazie alla inesorabile sorveglianza della NSA, ora non abbiamo alcuna privacy e non possiamo avere segreti. Per esempio, il Cancelliere tedesco Merkel è decisamente “al di sotto della legge”. Quando, grazie ad Edward Snowden, ha scoperto che la NSA stava spiando le sue conversazioni al cellulare, si è sentita oltraggiata e se ne è lamentata con amarezza. A differenza di Putin, lei non è “matta”: è una partecipante volontaria ad una realtà consensuale in cui ciò che dice Washington è la legge e quello che dice lei è solo rumore, a beneficio del mantenimento dell'illusione della sovranità tedesca. A suo beneficio, chiediamole nella sua lingua madre tedesca: “Frau Merkel, glauben sie wirklich dass die amerikanischen Politiker Übermenschen und die Deutschen und Russen und Ukrainer Untertanen sind?” (Signora Merkel, crede davvero che i superuomini politici americani, i tedeschi, i russi e gli ucraini siano suoi sudditi?)

La seconda innovazione di Putin è quella che lui chiama “democrazia sovrana”. E' un sistema di democrazia rappresentativa che è completamente impermeabile alla manipolazione politica estera. Be', non completamente impermeabile: proprio come è una cosa buona. E' vero che di tanto in tanto una piccola infiammazione da qualche parte è salutare per mantenere il sistema immunitario attivo, è considerato salutare che gli intellettuali anticonformisti di Mosca e San Pietroburgo – molti dei quali, nella loro follia giovanile, adorano ancora l'Occidente – si vadano a far malmenare periodicamente dalla polizia antisommossa. L'adorazione sembra reciproca e guardare i media occidentali che adorano un pugno di nullità la cui idea di arte pubblica è quella di andare nei supermercati e infilarsi polli congelati nella vagina (cioè le “Pussy Riots”) fornisce il necessario sollievo comico. Ma il il firewall del conservatorismo russo rimane impenetrabile alle avance occidentali (come ha evidenziato il professor Cohen di recente, prima dell'agitazione degli americani sui diritti degli omosessuali, i gay russi venivano chiamati “finocchi”; ora vengono chiamati “finocchi americani” ed i diritti degli omosessuali i Russia hanno fatto un gigantesco passo indietro).

Ancora una volta, confrontiamo questo allo stato delle cose che oggi prevale negli Stati Uniti, dove il presidente Obama ha annunciato, durante il suo discorso di quest'anno sullo Stato dell'Unione, che, visto che il Congresso non collabora con lui, di governare per decreto (“ordine esecutivo”, in americano burocratese). In risposta, il Congresso sta facendo una bozza di legge che punta a costringere l'amministrazione Obama ad applicare le leggi del Congresso. Apparentemente, hanno smarrito tutte le copie della costituzione americana, che descrive già questo stesso processo in considerevole dettaglio. La loro apparenza studiata di stallo legislativo infinito sembra essere un velo progettato per oscurare il lavoro vero di distribuzione di finanziamenti inappropriati fra i finanziatori della loro campagna elettorale – finanziamenti che ora si aggirano sui trilioni di dollari all'anno. Aggiungete a questo il fatto che metà del Congresso americano ha promesso un'alleanza con Israele. Agli occhi dei russi, gli Stati Uniti non sono né sovrani né una democrazia; sono il corpo incancrenito di una democrazia alimentato dai più grassi avvoltoi del pianeta.

Nella comprensione contemporanea russa, l'Ucraina neanche è sovrana (è aperta alla manipolazione straniera sfacciata) e pertanto il suo governo è illegittimo. Il referendum del dicembre 1991 che ha dato l'indipendenza all'Ucraina è stato condotto in violazione della costituzione che vigeva allora e l'indipendenza ucraina è pertanto a sua volta illegittima. Visto che il recente rovesciamento armato del governo ucraino è stato allo stesso modo contrario alla costituzione ucraina, l'Ucraina non ha più per niente una costituzione. Il referendum della Crimea, d'altra parte, è un'espressione legittima della volontà del popolo in assenza di una qualsiasi autorità legittima, pertanto fornisce una base legale solida per andare avanti. Il fatto che il governo statunitense, e altri che lo seguono, abbia dichiarato che il referendum della Crimea sia illegale non vale nulla: non ha il potere di inventare leggi per conto della Russia ed è fuori dalla competenze di politica interna della Russia.

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Si potrebbe contrassegnare l'ascesa degli Stati Uniti al ruolo di psichiatri del mondo circa dalla fine della guerra fredda. E' crollato il Muro di Berlino e il Capitalismo Occidentale, la Democrazia e i Liberalismo sembrava che avessero vinto. La visione occidentale unificata di come funziona il mondo, di cosa fa andare avanti la società, di cosa quale sia la forma  più produttiva di organizzazione economica, sociale e produttiva ha prevalso sull'intero pianeta. Francis Fukuyama ha pubblicato il suo trattato involontariamente esilarante sulla “Fine della Storia”. In questo contesto, negando alla Federazione Russa la cortesia di permetterle di avere una visione coerente e alternativa, gli Stati Uniti stanno tentando di riguadagnare l'illusione di una supremazia incontrastata, della loro egemonia assoluta, del loro ruolo di capi moralizzatori ed arbitri di cosa è normale ed anormale nel pensiero e nel comportamento. Perché o il mondo è impazzito o dev'essere impazzito Putin. La precedente diagnosi sembra essere stata errata: “L'ho guardato negli occhi. L'ho trovato molto diretto e affidabile. Abbiamo avuto un dialogo molto buono. Ero in grado di sentire la sua anima; un uomo profondamente impegnato col proprio paese e i migliori interessi del suo paese”, ha detto George W. Bush del presidente Putin al Summit in Slovenia nel 2001. Ed ora il paziente sta diventando pazzo e l'Occidente sta cercando disperatamente di trascinarlo indietro al manicomio.

Anche la simpatia per questi guardiani di questo manicomio è dovuta. Gli sviluppi in Ucraina e Crimea sono particolarmente problematici per l'Occidente, perché violano la concezione lineare della storia dell'Occidente. A questo proposito, le nazioni avanzate del primo mondo occidentali anticipano la concorrenza e cercano, semplicemente per la loro grande compassione, di incoraggiare gli sbandati come l'Ucraina sulla via verso l'entrata come membri dell'Unione Europea e della NATO, l'unione monetaria ed una bancarotta nazionale lenta e controllata nelle mani del FMI. Il crollo dell'Unione Sovietica è stata una chiave di volta psicologica in questa storia che si raccontano. Prosperano nella loro storia, perché questa li definisce e dà loro il senso di significato e di scopo. Qualsiasi cosa mini le loro premesse e fondamenti di base è profondamente fastidiosa. Tuttavia, molti esempi di fallimenti non mitigati nel 21° secolo sono difficili da ignorare ed hanno fatto risuonare questa narrativa come sempre più traballante. Con momenti topici come l'11 settembre, il fiasco in Afghanistan, la guerra civile in corso in Iraq, la fusione della finanza globale del 2008, la disoccupazione e la stagnazione economica irrisolvibili che affliggono l'Occidente in questi primi 15 anni del 21° secolo e poi dei fiaschi in seria in Libia, Siria, Egitto ed ora Ucraina, diventa facile vedere il significato speciale che questo particolare confronto con Vladimir Putin abbia per la fragile psiche occidentale.

Il viaggio ascendente dell'Occidente nella storia lineare sembra essere finito. Il paradosso sottostante a questo confronto è che una situazione con poste così basse – la Crimea e le tendenze politiche di uno stato minore fallito – abbia assunto vaste proporzioni, questo suggerisce un significato più profondo. L'agitazione politica che ha messo radici nel suolo fertile che divide l'Oriente dall'Occidente, in Ucraina, che si traduce letteralmente come “terra di confine”, funge da potente simbolo del declino dell'egemonico dell'Occidente. Questo confronto continua a gettare ombre di proporzioni storiche perché l'autorità dello psichiatra e del poliziotto del mondo viene apertamente sfidata. La breve illusione del trionfo dell'Occidente scricchiola. Non siamo entrati in una qualche fase post storica, in un qualche futuro fondamentalmente nuovo. I prigionieri si stanno liberando e sembra come se lo psichiatra sia stato quello pazzo per tutto il tempo.

Considerate l'asimmetria. Cos'è l'Ucraina è per l'Occidente se non una pedina politica est europea nello scacchiere geopolitico, uno che si deve evitare che si unisca alla Russia in linea con la tendenza generale? Ma per la Russia, l'Ucraina è una parte storica di sé stessa, il luogo della prima capitale russa Kievan Rus (da dove è stata spostata, alla fine a Mosca, poi a San Pietroburgo, poi ancora a Mosca). E' una regione in cui la Russia ha 11 secoli di storia linguistica, culturale e politica comune. Metà dell'Ucraina consiste di terre Russe  Kharkov fosse russa (perché lo è) e ad un certo punto sono rimasto sorpreso di scoprire che ora avrei avuto bisogno di un visto per andarci – perché ero rimasto bloccato dal lato sbagliato della frontiera rinominato Kharkiv. (In caso ve lo chiedeste, per trasformare in ucraino, prendete il russo e sostituite 'y', 'o' e 'e' con 'i', 'i', con 'y' e 'g' con 'h'. Per ritrasformarlo chiedete a un russo). A partire dal dicembre scorso, i russi di Kharkov e di altre regioni russe dell'Ucraina sono rimasti bloccati dalla parte sbagliata del confine, soggetti ad un governo instabile, disfunzionale e notevolmente corrotto, per 22 anni. E' un piccolo miracolo che ora agitino bandiere russe in modo sfrenato.

Persino il confuso John Kerry è stato recentemente sentito concedere che la Russia abbia “interessi legittimi” in Ucraina. Sfidando la Russia sull'Ucraina, l'Occidente non sta solo attraversando una “linea rossa” immaginaria che Obama ama proclamare in continuazione. Instaurando un regime neo fascista, rabbiosamente anti-russo a Kiev, ha superato il doppio giallo, garantendo una collisione frontale. La questione è quale lato sopravviverà a questa collisione: la colonna di carri armati russa o la Limousine di John Kerry? La mossa di apertura dell'Occidente è di negare i visti e congelare i conti di certi ufficiali e uomini di affari russi, che o non hanno conti bancari in Occidente o hanno già ritirato i soldi lo scorso venerdì ( per la cifra di un paio di miliardi di dollari) e non stanno pianificando di viaggiare verso gli Stati Uniti.

La Russia ha promesso di rispondere “simmetricamente”. Nel proprio arsenale c'è: far scoppiare l'enorme bolla finanziaria e causare una ripresa del collasso finanziario del 2008 con qualsiasi mezzo, dal richiedere oro al posto della moneta a corso forzoso come pagamento di petrolio e gas, al buttar via le riserve di dollari americani (di concerto con la Cina), al mettere l'UE sulla rotta veloce verso il collasso economico dando alla valvola del gas naturale una leggera girata in senso orario, al lasciare le truppe degli Stati Uniti e della NATO in Afghanistan (che sono in procinto di evacuare) incagliate e senza rifornimenti dichiarando forza maggiore sull'attuale accordo di cooperazione in vigore, in cui gran parte delle loro strade di rifornimento sono autorizzate a passare in territorio russo. Questo se la Russia decide di agire con decisione. Ma la Russia potrebbe anche scegliere di fare poco o niente, il quindi solo contagio finanziario del default azionario dell'Ucraina, insieme alle agitazioni finanziarie sul caos ucraino, che interrompe le consegne di gas naturale all'Europa, potrebbero essere abbastanza per far cadere il vacillante castello di carte dell'Occidente.

Quindi, cosa rimane della egemonia globale dell'Occidente e del suo diritto di giocare da psichiatra del mondo? Fate di questo ciò che vorrete, ma alcune lezioni sembrano molto chiare. Primo, ora sembra che, dal punto di vista della Russia, avere buone relazioni con Washington sia del tutto opzionale, ma che l'Ucraina sia molto più importante. L'America è superflua. Secondo, all'Unione Europea non è stato chiesto di scegliere un nuovo padrone, ma l'obbedienza servile ai diktat di Washington non ha portato bene e potrebbe lasciarla a rabbrividire al buio il prossimo inverno senza che Mosca abbia alcuna colpa, quindi la UE dovrebbe cominciare ad agire in accordo con il suo ovvio interesse, piuttosto che contro di esso.




lunedì 3 marzo 2014

Ucraina: una guerra per le risorse?




L'immagine qui sopra (dal Gorshenin Institute) mostra i due principali bacini nella zona intorno all'Ucraina dove si ritiene che esistano risorse di gas naturale in forma di gas di scisto (o "shale gas"). Le riserve della zona del "Bacino di Lublino" a cavallo fra Ucraina e Polonia sono stimate come al terzo posto in ordine di grandezza in Europa. Sono anche considerate fra le più accessibili nel senso che sono in una zona poco popolata dove sarebbe più facile fare accettare agli abitanti i danni prodotti dal "fracking" per accedere alle risorse.

Così, la geologia della regione sembra portare in modo naturale allo smembramento dello stato ucraino e alla spartizione del suo territorio fra i vicini più potenti. Per gli Europei/Americani, il gas dell'Ucraina dell'est potrebbe rappresentare una risorsa dalla quale possono ottenere notevoli profitti ma che finora gli Ucraini non cedevano volentieri (come potete leggere, per esempio, in questo documento). Per i Russi, il bacino di Lublino non sarebbe raggiungibile in pratica e, comunque, loro di gas ne hanno in abbondanza. Gli interessa di più, semmai, la Crimea per il suo valore strategico e probabilmente anche l'Ucraina dell'Est con le sue riserve di Gas aggiuntive. Visti in questa luce, gli ultimi eventi sembrano avere una logica ineluttabile che conduce a una spartizione dell'Ucraina con vantaggi sia per la Russia che per il blocco Euro-Americano. Chi ci rimette, evidentemente, sono gli Ucraini, ma si sa che è così che va il mondo e quando si tratta di petrolio e gas, non si guarda in faccia nessuno.

L'unico problema è che questo famoso gas di scisto potrebbe non essere quella meraviglia di abbondanza di cui si parla. Si sa che il gas di scisto è costoso e che causa danni disastrosi a tutto quello che sta intorno alle trivellazioni. E non sarebbe la prima volta che una risorsa descritta come promettente si rivela poi un imbroglio. Vi ricordate di quando, negli anni '90, si diceva che la zona del Mar Caspio sarebbe stata "La nuova Arabia Saudita?" Beh, oggi sappiamo che, al massimo, potrebbe essere la nuova Caltanissetta (tanto per fare un confronto con un area che produce un po' di petrolio, ma vi potete immaginare che non è tanto!).

Così, anche le riserve di shale gas del bacino di Lublino potrebbero rivelarsi una clamorosa sovrastima, nonostante che i polacchi ci abbiano creduto (e non solo loro). Perlomeno, le ultime notizie che arrivano dalla Polonia sono deludenti. Un paio di mesi fa è arrivato l'annuncio che l'ENI ha abbandonato la ricerca di gas nella zona - così come hanno fatto altre compagnie petrolifere.

Curiosamente, proprio questa delusione polacca sembra aver generato un aumento di interesse nell'Ucraina. Sarà una coincidenza rispetto a quello che è successo poco dopo, certo, però come diceva Andreotti "A pensar male, di solito ci si azzecca". Guerra per le risorse, dunque, come lo sono quasi tutte le guerre. Ma chi ci dice che le risorse di gas ucraine, tanto millantate, non si rivelino poi delle illusioni proprio come quelle polacche? Chi può dirlo? In fin dei conti perché si fanno le guerre se non per delle illusioni?




Su questo argomento, vedi anche questo articolo di Ugo Bardi