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sabato 21 agosto 2021

Io, Ilaria e la balena

 

di Ugo Bardi

Questo è un piccolo pezzo teatrale per illustrare il nostro lavoro sull'economia e l'ecologia del mare che abbiamo scritto io e la mia collaboratrice Ilaria Perissi. E' un tantino artigianale, ma l'abbiamo improvvisato secondo la tradizione della commedia dell'arte. 

E questo è il nostro libro (la versione in Italiano). E' stato pubblicato l'anno scorso e purtroppo è passato un po' inosservato nel grande marasma del Covid. Ma adesso stiamo cercando di raccontare per quanto possibile, anche mediante questi piccoli pezzi teatrali.


Se avete modo, lo presentiamo questo martedì, 24 Agosto, presso "Il Conventino" via Giano della Bella, n. 20. Ore 18. Conduce la discussione Domenico Guarino di Controradio




venerdì 29 maggio 2020

Le balene e io: la strana storia di un libro

"Il Mare Svuotato" di Ugo Bardi e Ilaria Perissi (con Ugo in mezzo alle balene). Si può già ordinare dall'editore. Disponibile dagli altri distributori a partire dal 4 Giugno. Qui vi racconto qualcosa dell'origine di questo libro che non parla solo di balene, ma parecchio di balene. Poi vi darò qualche ulteriore dettaglio di cosa contiene il libro in futuri post.


Tutta la storia comincia, credo, negli anni 1980, quando mi trovai al largo di San Francisco in una crociera di "Whale Watching". L'idea era di vedere le balene dal vero. Quel viaggio è stata la mia unica esperienza come baleniere e vi posso raccontare che non abbiamo visto neanche una balena -- solo qualche spruzzo in lontananza, e forse solo nell'immaginazione di chi ha detto di averlo visto. Per quanto riguarda me, per la maggior parte del viaggio sono stato a pregare che finisse presto e con quello finisse il mal di mare che mi ha fatto star male come non ero mai stato prima in vita mia. Le onde dell'Oceano Pacifico non perdonano i marinai dilettanti.

Eppure, vi devo anche dire che ho un certo feeling per le balene nonostante non ne abbia mai vista una viva e vegeta nel suo ambiente naturale. Non solo un feeling, proprio una cosa particolare, un interesse che non so da dove venga fuori, ma c'è. Altro che se c'è! Per le balene ci sento enormemente, tantissimo, una cosa che mi manda fuori di testa!

Forse sarà che uno dei primi libri che ho letto da piccolo è stato "Moby Dick", forse perché ho vissuto in California, dove le balene sono un vero culto. Ma credo di non essere il solo ad avere questo feeling particolare. Le balene sono creature aliene, ma veramente tanto aliene. Eppure, abbiamo un antenato comune che ha vissuto su questo pianeta forse 65 milioni di anni fa. Ed è questa la cosa affascinante. Noi siamo esseri umani, loro balene: siamo così diversi ma abbiamo qualcosa in comune.

Non so se questo spiega perché mi sono messo a scrivere questo libro insieme alla mia collaboratrice Ilaria (una terragna anche lei). Il libro non parla solo di balene, parla anche di tante altre cose, ma le balene ricompaiono qua e là praticamente in tutti i capitoli. Ma, come per tante cose, si trova una ragione anche dove forse non c'è. O forse si. Ma andiamo avanti.

Allora, le balene sono qualcosa di ricorrente nella mia vita, ogni tanto mi ritrovo a ragionarci sopra per un motivo o per un altro. E così, anni fa è successo che quando ho cominciato a occuparmi di petrolio mi sono messo a cercare un modello matematico che descrivesse il processo di estrazione. E, non so come, mi sono trovato a cercare dati sull'industria baleniera. Li ho trovati e mi sono sorpreso a scoprire che le curve di produzione dell'olio di balena avevano la stessa forma di quelle di produzione del petrolio. Si, la "curva a campana" detta la "curva di Hubbert" -- quella del famoso "Picco del Petrolio."

E così succedono le cose: impegnarsi in un nuovo campo di studio è un po' come innamorarsi. Prima una certa persona non la consideravi neanche, poi trovi che ha degli aspetti che ti incuriosiscono. Poi ti accorgi che è una persona interessante, poi che è anche bella, in effetti molto bella. E poi ti trovi completamente preso: non riesci a pensare a niente altro che a quella persona. Nel mio caso, erano le balene. Ci si può innamorare delle cose più cose strane, sapete? In effetti, si dice che l'amore e cieco (e le balene non è che ci vedano bene).

La storia prosegue con il primo modello che ho fatto della caccia alla balena che ho sperimentato un giorno che ero a letto con l'influenza. Non sapevo che fare e avevo tra le mani un computer portatile così vecchio e brutto che non so come è stato comunque in grado di far girare un algoritmo di fitting fatto alla buona. E, miracolo, dimostrando che il modello funzionava. Da lì, sono nati altri modelli e, si, anche quello dell' Effetto Seneca di cui parlo spesso.

Poi c'è stato il mio allievo e poi collaboratore Alessandro Lavacchi, molto più bravo di me a maneggiare numeri ed equazioni che mi ha aiutato a fare un modello migliore. E poi Ilaria Perissi, anche lei mia allieva e poi collaboratrice, anche lei molto più brava di me in tante cose, che ha applicato il modello a casi diversi di pesca oltre a quello delle balene, trovando che funzionava quasi sempre. A furia di lavorarci sopra, abbiamo trovato che gli esseri umani stanno veramente svuotando il mare. Proprio così, distruggendo ogni forma di vita che nuota, e va sempre peggio. E non solo quello, abbiamo scoperto tantissime cose che hanno a che vedere non solo con il mare, ma con come stiamo distruggendo mezzo pianeta, anzi, piano piano, proprio tutto.

E alla fine ci siamo detti, io e Ilaria, "Beh, se abbiamo trovato tutte queste cose interessanti, perché non ci scriviamo un libro sopra? Una cosa semplice, magari che piaccia ai bambini, senza perderci troppo tempo. Abbiamo troppe altre cose da fare." Ma scrivere un libro è come avere un figlio, è un impegno che non è mai leggero, e non ti puoi mai aspettare di non perderci troppo tempo. E così è stato. L'abbiamo scritto, è stato un gran lavoro, ma ora c'è -- come un bambino che è nato (fra le altre cose, è il primo libro di Ilaria).


Quindi, ci siamo trovati con questo manoscritto in mano, un po' titubanti. Il curioso di questa faccenda è che né io né Ilaria siamo esperti di pesca o di cose marine. Siamo tutti e due terragni fiorentini e Firenze non è che sia nota come una città di mare. Anzi, si diceva una volta che c'erano tanti fiorentini che non avevano mai visto il mare. E, chissà, forse c'è ancora qualche vecchio fiorentino che davvero non il mare non l'ha mai visto. E allora, come fanno due fiorentini a scrivere un libro sul mare?

A quel punto mi è venuto in mente di sentire quello che è probabilmente il più grande esperto mondiale di pesca, Daniel Pauly, che sta in Canada e che mi era capitato di incontrare una volta in Svizzera. Sempre un po' titubanti, gli abbiamo chiesto, "ma tu che ne penseresti di un libro così e così?" Lui ci ha risposto, "mandatemelo. Io non parlo italiano, ma sono di madrelingua francese, forse una scorsa glie la posso dare."

Il bello della vicenda è che il libro gli è piaciuto talmente tanto che si messo a decifrarlo parola per parola anche senza sapre bene l'Italiano e poi si è offerto di scrivere l'introduzione. E nell'introduzione ha scritto qualcosa tipo, "guardate, questi due tali, Bardi e Perissi, non sono esperti di pesca, ma proprio per questo gli esperti di pesca dovrebbero leggere il loro libro per imparare certe cose che non sanno. Come ne ho imparate io!"

Beh, nella vita ci sono delle soddisfazioni e questa è stata piuttosto notevole, ma non la sola. Alla fine, è venuta fuori anche una versione in inglese del libro che sarà stampata da Springer e che diventerà anche un "Rapporto al Club di Roma" della stessa serie che ha come capostipite il famoso, famosissimo, "I Limiti dello Sviluppo" del 1972. Uscirà prima dell'estate. Anche questa è stata una bella soddisfazione!

E così questa è la storia del libro. Piano, piano, vi racconterò altre cose in proposito su questo blog, nel frattempo stiamo già pensando al prossimo, anche se non abbiamo ancora deciso quale sarà il soggetto. La vita è tutta una scoperta e continui sempre a innamorarti di cose nuove. Così, vi lascio con una foto di io e Ilaria davanti alla statua in grandezza naturale del capodoglio Giovanni che è stato per un po' di tempo nel "Giardino dei Semplici" a Firenze. Il vantaggio della statua è che per vederla da vicino non c'è bisogno di farsi venire il mal di mare!





mercoledì 10 dicembre 2014

Il collasso dei prezzi del petrolio: una lezione dalla storia

Da “Resource Crisis”. Traduzione di MR

Di Ugo Bardi



L'attuale collasso dei prezzi del petrolio trova qualche parallelo con un caso molto più vecchio: quello dell'olio di balena e delle “ossa di balena” nel 19° secolo, essendo entrambi beni che hanno sofferto dell'esaurimento e di un picco di produzione. Notate le oscillazioni molto forti che si verificano vicino al picco e che sembrano aumentare col tempo. Notate anche come i livelli del prezzo medio si sono stabilizzati ad un certo punto: c'è un limite a ciò che le persone sono disposte a pagare per ogni bene. Era vero per l'olio di balena, è vero per il petrolio greggio. Quindi, è probabile che i prezzi del petrolio continueranno ad aumentare per un po', ma poi si stabilizzeranno, perlomeno in media. Immagine da un post del 2008 di Ugo Bardi su "The Oil Drum"


Nel 2008 ho pubblicato un post  su “The Oil Drum” (riprodotto sotto) dove ho cercato di prevedere il comportamento dei prezzi del petrolio greggio sulla base di un confronto col caso storico dell'olio di balena. Nella prima metà del 19° secolo, l'olio di balena era un bene importante, usato principalmente come combustibile per le lampade ad olio. Era, teoricamente, una risorsa rinnovabile, ma le balene sono state uccise così rapidamente che non avevano abbastanza tempo per riprodursi e ricostituire il proprio numero. Così, l'olio di balena si è comportato come se fosse una risorsa non rinnovabile: si è esaurito. Come ho riportato nel post, la sua produzione ha mostrato una curva simmetrica a forma di campana ed un chiaro “picco di Hubbert”. Nel 2008, ci trovavamo quasi alla fine di una fase di rapida crescita dei prezzi del petrolio, una tendenza che – in quel momento – sembrava essere inarrestabile. Ma ho fatto notare che i prezzi non avrebbero potuto continuare a salire per sempre. Ho affermato che: 

“...i dati storici della caccia alle balene ci dicono che un aumento esponenziale dei prezzi non è la sola caratteristica del mercato post picco. La caratteristica principale è, piuttosto, la presenza di oscillazioni del prezzo molto forti. Possiamo attribuire queste oscillazioni ad una caratteristica generale dei sistemi dominati da retroazioni e ritardi temporali. I prezzi devono mediare fra offerta e domanda, ma tendono a correggere troppo da una parte o dall'altra. Il risultato è una successione di distruzione della domanda (prezzi alti) e di distruzione dell'offerta (prezzi bassi)”. 

Sembra che questo sia esattamente ciò che stiamo vedendo per il petrolio greggio: oscillazioni del prezzo molto forti. Pochi mesi dopo la pubblicazione del mio post, i prezzi del petrolio sono infatti collassati. Oggi, stiamo vedendo qualcosa di simile e tendiamo ad interpretare l'attuale ciclo al ribasso come il risultato di scelte strategiche o di cospirazioni, ma è in gran parte un'illusione (l'illusione del controllo). Piuttosto, sembra che il mercato non possa regolare la produzione come funzione del progressivo esaurimento senza questi cicli di distruzione della domanda e di distruzione dell'offerta che alla fine portano ad un declino della produzione. Confrontandolo col comportamento dei prezzi dell'olio di balena, vediamo che in futuro potremmo attenderci un'ulteriore oscillazione ed una tendenza complessiva alla crescita negli anni dopo il picco di produzione. Tuttavia, i prezzi alla fine si dovrebbero stabilizzare, perlomeno in media. 

In questo confronto, dobbiamo tenere conto che c'è una differenza fondamentale da tenere presente quando si compara il caso dell'olio di balena col petrolio greggio. Mentre l'olio di balena è stato gradualmente sostituito con una risorsa più economica e più abbondante (il kerosene), non c'è nessuna possibilità del genere in vista per il petrolio greggio. Alla fine, tuttavia, ciò che cambia è solo quanto le persone sono disposte a pagare una determinata cosa. Le persone compravano ancora l'olio di balena quando il cherosene era dominante sul mercato; erano disposte a pagare un prezzo moderatamente più alto per un prodotto che era percepito come di qualità superiore. Nel caso del petrolio greggio, le persone potrebbero essere disposte a pagare un sacco di soldi per ottenere un prodotto di cui hanno disperato bisogno. Eppure, c'è un limite anche alla disperazione: i prezzi non possono salire all'infinito. Dopo un certo punto, le persone devono semplicemente consumare di meno. Questo sembra essere ciò che sta accadendo proprio ora in molte regioni del mondo, per esempio, in Italia, il consumo di petrolio è diminuito del 35% negli ultimi 10 anni. Così, in futuro, i prezzi del petrolio potrebbero non aumentare quanto si potrebbe temere, ma potrebbero aumentare abbastanza da rendere il petrolio inaccessibile per molti di noi. 
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Ecco l'articolo che ho postato su “The Oil Drum” nel 2008 (ho corretto qualche refuso presente nella versione originale)

Petrolio greggio: quanto può salire? (La caccia alle balene del 19° secolo come modello per l'esaurimento del petrolio e la volatilità del prezzo)


La caccia alle balene del 19° secolo è oggi uno dei migliori esempi che abbiamo di un ciclo completo di sfruttamento di una risorsa naturale.


Le curve di produzione dell'olio di balena e delle ossa di balena negli Stati Uniti nel 19° secolo (dati da “Storia della pesca americana alla balena” di  A. Starbuck, 1878). Entrambe mostrano una curva a campana di Hubbert.


Qualche anno fa, sono apparso in TV per la prima volta nella mia vita. Il petrolio aveva appena superato i 38 dollari al barile ed ero stato invitato a parlare in un canale finanziario nazionale come presidente della neonata sezione italiana di ASPO. Quando ho detto che mi aspettavo che il petrolio sarebbe presto aumentato ben al di sopra dei 40 dollari, tutti nello studio televisivo mi hanno guardato come se avessi appena detto qualcosa di molto divertente. Tutti gli altri esperti presenti si sono affrettati a contraddirmi dicendo che 38 dollari al barile erano solo un picco, speculazione, e che i prezzi sarebbero ridiscesi presto alla “normalità”. Visto retrospettivamente, era una previsione facile che i prezzi del petrolio dovessero aumentare. Dovevi solo sapere qualcosa sulla teoria di Hubbert. Mentre scrivo queste osservazioni, i prezzi del petrolio stanno intorno ai 120 dollari al barile e potrebbero continuare a salire. Ma per quanto tempo? Il problema del modello di Hubbert è che è buono per prevedere la produzione, ma non ci dice niente sui prezzi. 

C'è tutta una serie di modelli economici che cercano di prevedere i prezzi, ma il loro successo è molto limitato. Così, forse la risposta può essere trovata negli esempi storici. Se possiamo trovare una risorsa la cui produzione ha raggiunto il picco e declinato fino, a zero o quasi zero, in passato, allora i suoi prezzi storici potrebbero fornirci qualche idea di cosa attendersi oggi per il petrolio. Ci sono molte risorse che hanno raggiunto il picco e declinato a livello regionale; il petrolio greggio negli Stati Uniti ne è un buon esempio. Ma i prezzi del petrolio statunitense non dipendono solo dalla produzione interna, è condizionato dalle importazioni da altre regioni del mondo. Quindi ciò non è utile a comprendere le tendenze del prezzo a livello globale. Ciò che stiamo cercando è una risorsa globale che abbia raggiunto il picco in tutto il mondo o, perlomeno, in una regione economicamente isolata. Dopo aver molto cercato, il miglior esempio che ho potuto trovare non è quello di una risorsa minerale, ma di una biologica: la caccia alle balene del 19° secolo. Le balene sono, naturalmente, una risorsa rinnovabile, ma se vengono cacciate molto più rapidamente di quanto si possano riprodurre, si comportano come una risorsa non rinnovabile, proprio come il petrolio. Abbiamo dei buoni dati sulla caccia alle balene raccolti in libri come “Storia della pesca americana alla balena” di  Alexander Starbuck (1878). Ai tempi di Starbuck non c'era niente di simile ad un “mercato globale” per i prodotti delle balene. Ma la portata delle navi baleniere era mondiale e gli effetti dell'esaurimento delle balene erano percepiti allo stesso modo da tutti i mercati del mondo. Possiamo quindi prendere i prezzi riportati da Starbuck come direttamente condizionati dal comportamento della curva di produzione. Ecco quindi i risultati dei due prodotti della caccia alle balene, l'olio di balena e le “ossa di balena”. L'olio di balena veniva usato come combustibile per lampade, le ossa fungevano da sostegni per gli abiti femminili, alla moda nel 19° secolo. 


Produzione di olio di balena e prezzi (al netto dell'inflazione), secondo i dati di Starbuck.


Produzione di ossa di balena e prezzi relativi (al netto dell'inflazione) secondo i dati di Starbuck.

I risultati sono chiari: la caccia alle balena ha seguito una “curva a campana” in stile Hubbert, approssimata nel grafico con una gaussiana semplice. Le balene si sono comportate come una risorsa non rinnovabile e alcuni studi dicono che alla fine del ciclo di caccia del 19° secolo, negli oceani erano rimaste soltanto circa 50 femmine della principale specie cacciata: le balene franche. Ora, guardando i prezzi storici, vediamo un aumento nella vicinanza del picco di olio di balena e ossa di balena. Per l'olio vediamo un acuto dopo il picco, per le ossa la tendenza è più attenuata. In entrambi i casi, la crescita dolce è quasi esponenziale. Possiamo vedere questa tendenza esponenziale nei dati lisciati. 


Prezzi limati di olio ed ossa di balena (al netto dell'inflazione).

Sembra che ciò che stiamo vedendo ora per il petrolio greggio ripercorra i dati storici dell'olio e delle ossa di balena. Ci sono anche differenze: per esempio, i prezzi dell'olio di balena non sono aumentati tanto quanto quelli del petrolio greggio stanno facendo oggi. Per le ossa di balena, vediamo un aumento molto maggiore, più di un fattore di 10 dall'inizio alla fine del ciclo di caccia. Questo aumento è paragonabile a ciò che stiamo vedendo oggi per il petrolio greggio. C'è una spiegazione ragionevole per queste differenze. Per prima cosa, né l'olio né le ossa di balena erano così cruciali per la vita nel 19° secolo come lo è per noi il petrolio greggio oggi. Esistevano combustibili alternativi per le lampade: grasso animale o olio vegetale, un po' più costosi e considerati prodotti inferiori, ma utilizzabili. Poi, a partire dal 1870, il petrolio greggio ha cominciato ad essere comunemente disponibile come combustibile per lampade. Probabilmente ha avuto un effetto nel mantenere basso il prezzo dell'olio di balena. Per quanto riguarda le ossa di balena, invece, non esisteva veramente un sostituto eccetto l'acciaio, che probabilmente era molto più costoso durante il periodo che stiamo considerando. Ma i sostegni per gli abiti delle signore difficilmente erano una cosa senza la quale le persone non potevano vivere. In confronto, il petrolio greggio è un bene così fondamentale nel nostro mondo che non sorprende che i prezzi siano aumentati così vertiginosamente. Le linee aere, per esempio, non hanno scelta fra il collasso e l'acquisto di petrolio a qualsiasi prezzo. Per altre attività, le condizioni di scelta potrebbero non essere così nette, tuttavia non possiamo sopravvivere senza petrolio. Se l'aumento esponenziale dei prezzi del petrolio dovessero continuare inesorabilmente per qualche anno, potremmo di fatto assistere a un qualche tipo di distruzione della domanda. 

Ma i dati storici della caccia alle balene ci dicono che un aumento esponenziale dei prezzi non è la sola caratteristica del mercato post picco. La caratteristica principale è, piuttosto, la presenza di oscillazioni del prezzo molto forti. Possiamo attribuire queste oscillazioni ad una caratteristica generale dei sistemi dominati da retroazioni e ritardi temporali. I prezzi devono mediare fra offerta e domanda, ma tendono a correggere troppo da una parte o dall'altra. Il risultato è una successione di distruzione della domanda (prezzi alti) e di distruzione dell'offerta (prezzi bassi)”. Ciò che vediamo attualmente col petrolio greggio è che, molto probabilmente, uno di questi acuti del prezzo. Possiamo immaginare come, nella fase di collasso, tutti cominceranno ad gridare che la “crisi petrolifera” del primo decennio del 21° secolo fosse solo una truffa, proprio come si è detto della crisi degli anni 70. Poi, inizierà un nuovo acuto verso l'alto. 

Anche qui, la storia della caccia alle balene ci può insegnare qualcosa riguardo alla difficoltà che le persone hanno a capire l'esaurimento. Nel libro di Starbuck, non troviamo mai un accenno al fatto che le balene cominciavano a scarseggiare. Al contrario, il declino della caccia veniva attribuito a fattori come la “timidezza” delle balene e al declino del “carattere degli uomini coinvolti”. Starbuck sembra pensare che la crisi dell'industria delle balene dei suoi tempi potesse essere risolta con sussidi governativi. Alcune cose non cambiano mai. Alla fine, la storia della caccia alle balene ci dice che quello che sta succedendo ora col petrolio greggio non avrebbe dovuto prenderci di sorpresa. Il futuro non può mai essere esattamente previsto ma, perlomeno, può essere capito dalle lezioni del passato. Una di queste lezioni, tuttavia, sembra essere che non sembriamo mai in grado di imparare dal passato. 
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Ho riportato i risultati di questo studio sulla caccia alle balene per la prima volta alla conferenza di ASPO a Lisbona nel 2005. In seguito, ho pubblicato un saggio completo su “Prezzi dell'energia ed esaurimento delle risorse: lezione dal caso della caccia alle balene nel diciannovesimo secolo” di Ugo Bardi, Energy Sources parte b. Volume 2, Numero 3 luglio 2007, pagine 297 - 304. Lo potete trovare online qui.

Se volete giocare coi dati di Starbuck, qui trovate la serie completa.



mercoledì 19 novembre 2014

La più grande storia del picco mai scritta

Da “Resource Crisis”. Traduzione di MR 

di Ugo Bardi




Herman Melville non ha mai parlato del “picco dell'olio di balena” nel suo “Moby Dick”, pubblicato nel 1851. Ma il racconto può essere capito tenendo conto del fatto che l'industria baleniera americana stava entrando nel suo picco produttivo proprio durante quegli anni. Potremmo considerare “Moby Dick” il più grande racconto mai scritto sul picco del petrolio.  


Nel 1970, gli Stati Uniti hanno superato il loro picco di produzione di petrolio greggio. La produzione ha raggiunto un massimo poi ha cominciato un declino che è durato fino a pochi anni fa. Il picco è stato un evento epocale, è stata la “grande svolta a U” dell'economia americana che ha inaugurato una nuova era di maggior iniquità sociale e di povertà diffusa.

Ma la reazione al picco in sé è stato un silenzio assordante. In precedenza, il picco era stato discusso e dibattuto in modo esteso sin da quando, nel 1956, il geologo Marion king Hubbert lo aveva previsto. Quando è arrivato, tuttavia, il picco non è stato notato, né discusso, né capito. E' stato un non-evento, sempre che ce ne sia stato uno, almeno in termini di percezione pubblica. La stessa cosa è successa per altri picchi importanti: il picco del carbone britannico negli anni venti del 900, il picco del petrolio dell'Unione Sovietica nel 1988 e altri. Questi picchi hanno portato grandi cambiamenti nel mondo e sono stati collegati alla caduta di grandi imperi. Ma non sono stati percepiti. La stessa cosa sta succedendo al picco del petrolio globale ("peak oil"): più ci avviciniamo, meno il pubblico se ne interessa.

C'è una ragione per cui questi eventi epocali non lasciano traccia nella percezione della gran parte delle persone. E' perché tendiamo a vedere il mondo in termini romanzeschi, non in termini di fatti e dati. Percepiamo solo le cose che generano una reazione emotiva su di noi e per generare questa reazione ci deve essere una storia, un racconto. Potremmo dire che tutta la narrativa è una ricerca di qualcosa, ha a che fare col riuscire contro le difficoltà, ha a che fare con le trasformazioni che avvengono a causa di eventi drammatici. E' questa trasformazione che fa risuonare la nostra mente con gli eventi descritti. Reagiamo agli eventi perché percepiamo una storia, non perché leggiamo i numeri scritti su una tabella. Pensate all'altro grande problema dei nostri tempi, il cambiamento climatico: ha un potenziale narrativo tremendo, non è solo che potrebbe eventi drammatici, ma perché sentiamo qualcosa per il nostro pianeta. Percepiamo il fatto che rischiamo di distruggere l'ecosistema terrestre e sentiamo qualcosa per questo: è il racconto di un evento drammatico. E' per questa ragione che oggi si discute tanto di“fantaclimatica” (cli-fi, in inglese).

Ma che dire del “racconto del picco”? Il picco del petrolio (o qualsiasi picco di produzione) è solo un punto su una curva dolce che è cominciata da zero e tornerà inevitabilmente a zero nel futuro. Potrebbe declinare più rapidamente di quanto è cresciuta (“Effetto Seneca”), ma rimane una curva continua. E non c'è un gran dramma di mezzo: sappiamo già (o dovremmo sapere) che, un giorno o l'altro, finiremo tutte le cose che consumiamo e che non possono essere sostituite. Quindi, cosa possiamo imparare da qualcosa di inevitabile? E' come morire di vecchiaia. Sappiamo che un giorno deve succedere, ma non ci sono molti romanzi basati sul morire di vecchiaia. Pensate se l'Iliade ci avesse raccontato che Ettore è morto in pace nel suo letto. Pensate se la Trilogia di Tolkien ci avesse raccontato che Frodo ha venduto l'anello in cambio di un piano pensionistico.


Per cui, in termini narrativi, dobbiamo vedere il picco indirettamente, attraverso le sue conseguenze e la storia che queste conseguenze raccontano. Pensate a Moby Dick, il romanzo di Herman Melville pubblicato nel 1851. Al suo interno non ci troverete nessun riferimento al “picco dell'olio di balena”. Eppure, c'era un picco del genere (come mostrato nell'immagine) proprio durante quegli anni. Le balene sono state efficientemente sterminate al punto che il loro numero è cominciato a diminuire e, con loro, anche la produzione di olio di balena. Alla fine l'industria dell'olio di balena è collassata a causa della sua stessa efficienza. Il fatto che le balene stessero scomparendo non è stato percepito dai balenieri del tempo e non ci sono prove che lo capissero – o anche solo immaginassero – il concetto di “picco della caccia alle balene”. Ma la malinconia che pervade Moby Dick e il suo tema fondamentale di una impresa irraggiungibile mostra che Melville ha percepito che ci fosse qualcosa di profondamente sbagliato nell'industria baleniera del tempo.

Il simbolismo contenuto in Moby Dick è stato descritto più volte. La nave del capitano Achab, il “Pequod”, è stata correttamente interpretata come “l'America” (o, più esattamente, gli Stati Uniti) e la ricerca disperata della balena bianca come simbolo della disperata ricerca umana di qualcosa di irraggiungibile. Il simbolismo di così tanto tempo fa rimane valido oggi se sostituiamo “olio di balena” col “petrolio greggio”. Vorremmo che il petrolio durasse per sempre, ma ciò è irraggiungibile per noi, così come lo era uccidere la balena bianca per il Capitano Achab. E, proprio come il Pequod e il suo equipaggio distruggono loro stessi nella caccia impossibile, così potrebbe succedere alla nave che è oggi l'America, distruggendo sé stessa nell'impresa disperata di spremere le ultime gocce di petrolio dalla crosta terrestre.

Forse un giorno qualcuno scriverà un racconto che rifletterà la nostra disperata ricerca di petrolio greggio in modo così perfetto – anche se indirettamente – come Moby Dick lo ha fatto per l'olio di balena ai suoi tempi. Se mai ci sarà un tale racconto, ci racconterà come siamo finiti nella terribile situazione in cui ci troviamo oggi. Ma non nominerà mai il “picco del petrolio” e nemmeno il petrolio greggio come fonte di energia. Proprio come Melville non ha mai detto nel suo racconto per cosa fosse usato l'olio di balena.

h/t “James B