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giovedì 20 marzo 2014

La follia del presidente Putin

Da “Club Orlov”. Traduzione di MR

di Dmitri Orlov

Juliette Bates
[Grazie mille a Max che mi ha aiutato a mettere insieme questo articolo]

Di tutte le varie interpretazioni che i leader occidentali e i commentatori hanno dato del perché il presidente della Federazione Russa abbia risposto in quel modo agli eventi in Ucraina nel corso di febbraio e marzo 2014 – rifiutandosi di acconsentire all'instaurazione di un regime neofascista a Kiev e sostenendo il diritto della Crimea all'autodeterminazione – quella più impressionante e illuminante è che sia impazzito. Impressionante ed illuminante, cioè, per quanto riguarda l'Occidente stesso.

In tempi passati, lo scenario internazionale rifletteva un ordine multipolare, una molteplicità di ideologie in competizione, modelli alternativi di organizzazione sociale ed economica. Allora le azioni di un altro paese potevano essere capite nei termini della sua ideologia alternativa. Anche riguardo alle figure estreme – Stalin, Hitler, Idi Amin, Pol Pot – chiamarli folli era un esempio di iperbole, un modo esagerato di descrivere la sfacciataggine con la quale hanno perseguito i loro obbiettivi politici razionalmente determinati. Ma quando il Cancelliere Angela Merkel si chiede se Putin viva “in un altro mondo”, facendo eco a un tema della narrativa dei media occidentali, la questione sembra implicare qualcosa di letterale.

Mettiamo in dubbio la salute di qualcuno quando non riusciamo a spiegarne il comportamento o la logica sulla base di un intendimento comune di realtà consensuale. Diventano del tutto imprevedibili per noi, capaci di andare aventi in una normale conversazione un momento e saltarci alla gola quello successivo. Le loro azioni appaiono avventate e disordinate, come se vivessero in un mondo parallelo, ma completamente diverso da quello in cui viviamo noi. Putin è dipinto come un mostro e l'Occidente si comporta in modo sconcertante e impaurito. Il finto shock col quale l'Occidente guarda agli sviluppi in Crimea potrebbero essere visti come una tattica progettata per isolare e intimidire Vladimir Putin. Il fatto che questa tattica non solo non funzioni, ma in realtà si ritorca contro chi la mette in pratica, cambia il falso shock in shock vero: le medicine occidentali non funzionano più – su sé stesso e su chiunque altro.

L'Occidente – cioè, gli Stati Uniti e l'Unione Europea – ha giocato il ruolo di primario psichiatra nel manicomio del mondo fin da quando l'URRS è crollata. Prima del 1990 il mondo era nettamente diviso fra due ideologie in competizione bloccate in un punto morto nucleare. Ma poi Mikhail Gorbachov ha capitolato. E' stato un campione dei “valori umani comuni” e voleva risolvere il conflitto delle superpotenze in modo pacifico, mettendo insieme il meglio di entrambi i sistemi (tutte le vittorie umanistiche del socialismo sovietico più tutta la seducente e consumistica prosperità del capitalismo americano).

Ma di fatto Gorbachov ha capitolato; l'URRS e stata smembrata e, nel corso degli anni 90, la Russia stessa è andata vicino ad essere distrutta e smembrata. Anche se in Occidente, dove è ancora una figura popolare, Gorbachov viene ritenuto l'orchestratore di una dissoluzione pacifica dell'URRS, il seguito caotico del collasso dell'URRS è stato un evento estremamente traumatico, con un'enorme perdita di vite. Quando Putin chiama il collasso dell'URRS “la più grande catastrofe geopolitica del secolo”, riecheggia il sentimento di molti Russi – che, a proposito, amano chiamare Gorbachov “Mishka mécheny” (“Michele il segnato” - segnato dal diavolo, cioè).

Durante il periodo post collasso la Russia non poteva fornire alcuna ideologia per competere. Infatti, non aveva affatto un'ideologia, eccetto per un impianto di liberalismo occidentale che, data la mancanza di un quadro legale fattibile o tradizioni di proprietà privata e di società civile, si è trasformata rapidamente in un tipo di banditismo particolarmente brutale. Ma poi è arrivato Putin e, usando la sua esperienza nel KGB e i collegamenti con altri “poteri forti” post sovietici, ha confezionato un nuovo ordine, che prima ha decimato, o soppiantato o assorbito i banditi e poi ha imposto ciò che Putin ha chiamato “la dittatura della legge”. Questo è il primo pezzo importante della nuova ideologia russa: è la legge che conta e nessuno può esserne al di sopra – neanche gli Stati Uniti.

Ora, confrontate il concetto di “dittatura della legge”, interna così come internazionale, come è stato promulgato da Putin, a quella specie di legge che ora prevale negli Stati Uniti. Negli Stati Uniti ora ci sono due categorie di persone. Ci sono coloro che sono al di sopra della legge: il governo americano e le sue agenzie, comprese NSA, FBI, DOD, ecc.; il finanzieri di Wall Street e il governo ombra degli appaltatori che non vengono mai perseguiti per i loro crimini; i super ricchi che sono politicamente collegati e possono prevalere legalmente contro chiunque semplicemente tirando soldi agli avvocati.

E quindi ci sono coloro che sono al di sotto della legge: tutti gli altri. Questi sono fra le persone più mansuete del mondo, vivono nella paura costante di essere denunciati e deprivati dei propri risparmi – o arrestati, intimiditi per accettare un patteggiamento e rinchiusi. Ora possono essere detenuti indefinitamente senza un'accusa. Possono essere rapiti da qualsiasi parte del mondo, trasportati in un “sito oscuro” e torturati. Possono essere messi sotto processo senza essere informati dell'accusa e condannati sulla base di prove che vengono loro tenute segrete. Le loro comunità possono essere poste sotto legge marziale senza motivo. Individualmente, si può loro sparare a vista senza provocazione o sospetto o illecito. All'estero, quando feste di matrimonio e funerali vengono messi sotto attacco da droni selvaggi, questo è un crimine di guerra – a meno che non ci sia dietro Washington, nel qual caso si tratta solo di un “danno collaterale”.

Grazie alla inesorabile sorveglianza della NSA, ora non abbiamo alcuna privacy e non possiamo avere segreti. Per esempio, il Cancelliere tedesco Merkel è decisamente “al di sotto della legge”. Quando, grazie ad Edward Snowden, ha scoperto che la NSA stava spiando le sue conversazioni al cellulare, si è sentita oltraggiata e se ne è lamentata con amarezza. A differenza di Putin, lei non è “matta”: è una partecipante volontaria ad una realtà consensuale in cui ciò che dice Washington è la legge e quello che dice lei è solo rumore, a beneficio del mantenimento dell'illusione della sovranità tedesca. A suo beneficio, chiediamole nella sua lingua madre tedesca: “Frau Merkel, glauben sie wirklich dass die amerikanischen Politiker Übermenschen und die Deutschen und Russen und Ukrainer Untertanen sind?” (Signora Merkel, crede davvero che i superuomini politici americani, i tedeschi, i russi e gli ucraini siano suoi sudditi?)

La seconda innovazione di Putin è quella che lui chiama “democrazia sovrana”. E' un sistema di democrazia rappresentativa che è completamente impermeabile alla manipolazione politica estera. Be', non completamente impermeabile: proprio come è una cosa buona. E' vero che di tanto in tanto una piccola infiammazione da qualche parte è salutare per mantenere il sistema immunitario attivo, è considerato salutare che gli intellettuali anticonformisti di Mosca e San Pietroburgo – molti dei quali, nella loro follia giovanile, adorano ancora l'Occidente – si vadano a far malmenare periodicamente dalla polizia antisommossa. L'adorazione sembra reciproca e guardare i media occidentali che adorano un pugno di nullità la cui idea di arte pubblica è quella di andare nei supermercati e infilarsi polli congelati nella vagina (cioè le “Pussy Riots”) fornisce il necessario sollievo comico. Ma il il firewall del conservatorismo russo rimane impenetrabile alle avance occidentali (come ha evidenziato il professor Cohen di recente, prima dell'agitazione degli americani sui diritti degli omosessuali, i gay russi venivano chiamati “finocchi”; ora vengono chiamati “finocchi americani” ed i diritti degli omosessuali i Russia hanno fatto un gigantesco passo indietro).

Ancora una volta, confrontiamo questo allo stato delle cose che oggi prevale negli Stati Uniti, dove il presidente Obama ha annunciato, durante il suo discorso di quest'anno sullo Stato dell'Unione, che, visto che il Congresso non collabora con lui, di governare per decreto (“ordine esecutivo”, in americano burocratese). In risposta, il Congresso sta facendo una bozza di legge che punta a costringere l'amministrazione Obama ad applicare le leggi del Congresso. Apparentemente, hanno smarrito tutte le copie della costituzione americana, che descrive già questo stesso processo in considerevole dettaglio. La loro apparenza studiata di stallo legislativo infinito sembra essere un velo progettato per oscurare il lavoro vero di distribuzione di finanziamenti inappropriati fra i finanziatori della loro campagna elettorale – finanziamenti che ora si aggirano sui trilioni di dollari all'anno. Aggiungete a questo il fatto che metà del Congresso americano ha promesso un'alleanza con Israele. Agli occhi dei russi, gli Stati Uniti non sono né sovrani né una democrazia; sono il corpo incancrenito di una democrazia alimentato dai più grassi avvoltoi del pianeta.

Nella comprensione contemporanea russa, l'Ucraina neanche è sovrana (è aperta alla manipolazione straniera sfacciata) e pertanto il suo governo è illegittimo. Il referendum del dicembre 1991 che ha dato l'indipendenza all'Ucraina è stato condotto in violazione della costituzione che vigeva allora e l'indipendenza ucraina è pertanto a sua volta illegittima. Visto che il recente rovesciamento armato del governo ucraino è stato allo stesso modo contrario alla costituzione ucraina, l'Ucraina non ha più per niente una costituzione. Il referendum della Crimea, d'altra parte, è un'espressione legittima della volontà del popolo in assenza di una qualsiasi autorità legittima, pertanto fornisce una base legale solida per andare avanti. Il fatto che il governo statunitense, e altri che lo seguono, abbia dichiarato che il referendum della Crimea sia illegale non vale nulla: non ha il potere di inventare leggi per conto della Russia ed è fuori dalla competenze di politica interna della Russia.

* * *

Si potrebbe contrassegnare l'ascesa degli Stati Uniti al ruolo di psichiatri del mondo circa dalla fine della guerra fredda. E' crollato il Muro di Berlino e il Capitalismo Occidentale, la Democrazia e i Liberalismo sembrava che avessero vinto. La visione occidentale unificata di come funziona il mondo, di cosa fa andare avanti la società, di cosa quale sia la forma  più produttiva di organizzazione economica, sociale e produttiva ha prevalso sull'intero pianeta. Francis Fukuyama ha pubblicato il suo trattato involontariamente esilarante sulla “Fine della Storia”. In questo contesto, negando alla Federazione Russa la cortesia di permetterle di avere una visione coerente e alternativa, gli Stati Uniti stanno tentando di riguadagnare l'illusione di una supremazia incontrastata, della loro egemonia assoluta, del loro ruolo di capi moralizzatori ed arbitri di cosa è normale ed anormale nel pensiero e nel comportamento. Perché o il mondo è impazzito o dev'essere impazzito Putin. La precedente diagnosi sembra essere stata errata: “L'ho guardato negli occhi. L'ho trovato molto diretto e affidabile. Abbiamo avuto un dialogo molto buono. Ero in grado di sentire la sua anima; un uomo profondamente impegnato col proprio paese e i migliori interessi del suo paese”, ha detto George W. Bush del presidente Putin al Summit in Slovenia nel 2001. Ed ora il paziente sta diventando pazzo e l'Occidente sta cercando disperatamente di trascinarlo indietro al manicomio.

Anche la simpatia per questi guardiani di questo manicomio è dovuta. Gli sviluppi in Ucraina e Crimea sono particolarmente problematici per l'Occidente, perché violano la concezione lineare della storia dell'Occidente. A questo proposito, le nazioni avanzate del primo mondo occidentali anticipano la concorrenza e cercano, semplicemente per la loro grande compassione, di incoraggiare gli sbandati come l'Ucraina sulla via verso l'entrata come membri dell'Unione Europea e della NATO, l'unione monetaria ed una bancarotta nazionale lenta e controllata nelle mani del FMI. Il crollo dell'Unione Sovietica è stata una chiave di volta psicologica in questa storia che si raccontano. Prosperano nella loro storia, perché questa li definisce e dà loro il senso di significato e di scopo. Qualsiasi cosa mini le loro premesse e fondamenti di base è profondamente fastidiosa. Tuttavia, molti esempi di fallimenti non mitigati nel 21° secolo sono difficili da ignorare ed hanno fatto risuonare questa narrativa come sempre più traballante. Con momenti topici come l'11 settembre, il fiasco in Afghanistan, la guerra civile in corso in Iraq, la fusione della finanza globale del 2008, la disoccupazione e la stagnazione economica irrisolvibili che affliggono l'Occidente in questi primi 15 anni del 21° secolo e poi dei fiaschi in seria in Libia, Siria, Egitto ed ora Ucraina, diventa facile vedere il significato speciale che questo particolare confronto con Vladimir Putin abbia per la fragile psiche occidentale.

Il viaggio ascendente dell'Occidente nella storia lineare sembra essere finito. Il paradosso sottostante a questo confronto è che una situazione con poste così basse – la Crimea e le tendenze politiche di uno stato minore fallito – abbia assunto vaste proporzioni, questo suggerisce un significato più profondo. L'agitazione politica che ha messo radici nel suolo fertile che divide l'Oriente dall'Occidente, in Ucraina, che si traduce letteralmente come “terra di confine”, funge da potente simbolo del declino dell'egemonico dell'Occidente. Questo confronto continua a gettare ombre di proporzioni storiche perché l'autorità dello psichiatra e del poliziotto del mondo viene apertamente sfidata. La breve illusione del trionfo dell'Occidente scricchiola. Non siamo entrati in una qualche fase post storica, in un qualche futuro fondamentalmente nuovo. I prigionieri si stanno liberando e sembra come se lo psichiatra sia stato quello pazzo per tutto il tempo.

Considerate l'asimmetria. Cos'è l'Ucraina è per l'Occidente se non una pedina politica est europea nello scacchiere geopolitico, uno che si deve evitare che si unisca alla Russia in linea con la tendenza generale? Ma per la Russia, l'Ucraina è una parte storica di sé stessa, il luogo della prima capitale russa Kievan Rus (da dove è stata spostata, alla fine a Mosca, poi a San Pietroburgo, poi ancora a Mosca). E' una regione in cui la Russia ha 11 secoli di storia linguistica, culturale e politica comune. Metà dell'Ucraina consiste di terre Russe  Kharkov fosse russa (perché lo è) e ad un certo punto sono rimasto sorpreso di scoprire che ora avrei avuto bisogno di un visto per andarci – perché ero rimasto bloccato dal lato sbagliato della frontiera rinominato Kharkiv. (In caso ve lo chiedeste, per trasformare in ucraino, prendete il russo e sostituite 'y', 'o' e 'e' con 'i', 'i', con 'y' e 'g' con 'h'. Per ritrasformarlo chiedete a un russo). A partire dal dicembre scorso, i russi di Kharkov e di altre regioni russe dell'Ucraina sono rimasti bloccati dalla parte sbagliata del confine, soggetti ad un governo instabile, disfunzionale e notevolmente corrotto, per 22 anni. E' un piccolo miracolo che ora agitino bandiere russe in modo sfrenato.

Persino il confuso John Kerry è stato recentemente sentito concedere che la Russia abbia “interessi legittimi” in Ucraina. Sfidando la Russia sull'Ucraina, l'Occidente non sta solo attraversando una “linea rossa” immaginaria che Obama ama proclamare in continuazione. Instaurando un regime neo fascista, rabbiosamente anti-russo a Kiev, ha superato il doppio giallo, garantendo una collisione frontale. La questione è quale lato sopravviverà a questa collisione: la colonna di carri armati russa o la Limousine di John Kerry? La mossa di apertura dell'Occidente è di negare i visti e congelare i conti di certi ufficiali e uomini di affari russi, che o non hanno conti bancari in Occidente o hanno già ritirato i soldi lo scorso venerdì ( per la cifra di un paio di miliardi di dollari) e non stanno pianificando di viaggiare verso gli Stati Uniti.

La Russia ha promesso di rispondere “simmetricamente”. Nel proprio arsenale c'è: far scoppiare l'enorme bolla finanziaria e causare una ripresa del collasso finanziario del 2008 con qualsiasi mezzo, dal richiedere oro al posto della moneta a corso forzoso come pagamento di petrolio e gas, al buttar via le riserve di dollari americani (di concerto con la Cina), al mettere l'UE sulla rotta veloce verso il collasso economico dando alla valvola del gas naturale una leggera girata in senso orario, al lasciare le truppe degli Stati Uniti e della NATO in Afghanistan (che sono in procinto di evacuare) incagliate e senza rifornimenti dichiarando forza maggiore sull'attuale accordo di cooperazione in vigore, in cui gran parte delle loro strade di rifornimento sono autorizzate a passare in territorio russo. Questo se la Russia decide di agire con decisione. Ma la Russia potrebbe anche scegliere di fare poco o niente, il quindi solo contagio finanziario del default azionario dell'Ucraina, insieme alle agitazioni finanziarie sul caos ucraino, che interrompe le consegne di gas naturale all'Europa, potrebbero essere abbastanza per far cadere il vacillante castello di carte dell'Occidente.

Quindi, cosa rimane della egemonia globale dell'Occidente e del suo diritto di giocare da psichiatra del mondo? Fate di questo ciò che vorrete, ma alcune lezioni sembrano molto chiare. Primo, ora sembra che, dal punto di vista della Russia, avere buone relazioni con Washington sia del tutto opzionale, ma che l'Ucraina sia molto più importante. L'America è superflua. Secondo, all'Unione Europea non è stato chiesto di scegliere un nuovo padrone, ma l'obbedienza servile ai diktat di Washington non ha portato bene e potrebbe lasciarla a rabbrividire al buio il prossimo inverno senza che Mosca abbia alcuna colpa, quindi la UE dovrebbe cominciare ad agire in accordo con il suo ovvio interesse, piuttosto che contro di esso.




martedì 4 marzo 2014

Epidemia globale di disordini: è un effetto della carenza di risorse

Da “The Guardian”. Traduzione di MR


L'epidemia di sommosse globali è sintomatica del fallimento del sistema globale

 Da Sud America al Sud dell'Asia, una nuova era di disordini è in pieno svolgimento mentre la civiltà industriale transita ad una realtà post-carbon 

Un manifestante in Ucraina agita una catena di metallo durante gli scontri – un anticipo delle cose a venire? Foto: Gleb Garanich/Reuters

Se qualcuno sperava che la Primavera Araba e le proteste di Occupy di qualche anno fa fossero degli episodi isolati che avrebbero presto lasciato spazio a più stabilità, ecco un'altro disastro che arriva. La speranza era la ripresa economica in corso ci avrebbe riportati ai livelli di crescita pre-crisi, alleviando il malcontento che alimenta focolai di disordine civile attizzati da anni di recessione.  

Ma non è accaduto. E non accadrà. Piuttosto, l'era del dopo crisi del 2008, compresi il 2013 e l'inizio del 2014, ha visto la persistenza e la proliferazione della tensione civile su una scala che non è mai stata vista prima nella storia umana. Solo in questo mese, si è assistito allo scoppio di sommosse in Venezuela, Bosnia, Ucraina, Islanda e Thailandia. Non è una coincidenza. Le sommosse sono basate, naturalmente, su forze economiche regressive comuni che di dipanano su ogni continente del pianeta – ma quelle forze stesse sono sintomatiche di un processo più profondo e protratto di fallimento del sistema globale mentre transitiamo dalla vecchia era industriale dei combustibili fossili sporchi verso qualcos'altro. Anche prima che scoppiasse la Primavera Araba in Tunisia, nel dicembre 2010, analisti dell'Istituto per i Sistemi Complessi del New England avevano avvertito del pericolo di disordini civili a causa dell'aumento dei prezzi del cibo. Se l'indice dei prezzi degli alimenti della FAO sale al di sopra di 210, avevano avvertito, ciò potrebbe innescare sommosse in grandi aree del mondo. 

Giochi di fame

Lo schema è chiaro. Il il picco del prezzo del cibo nel 2008 è coinciso con lo scoppio dei disordini in Tunisia, Yemen, Somalia, Camerun, Mozambico, Sudan, Haiti e India, fra gli altri. Nel 2011, i picchi del prezzo hanno preceduto i disordini sociali in tutto il Medio Oriente e il Nord Africa – Egitto, Siria, Iraq, Oman, Arabia Saudita, Bahrain, Libia, Uganda, Mauritania, Algeria e così via. Lo scorso anno ha visto i prezzi del cibo raggiungere il loro terzo anno più alto mai registrato ed è coinciso con gli ultimi scoppi di violenza nelle strade e di proteste in Argentina, Brasile, Bangladesh, Cina, Kirgysistan, Turchia e altrove. Da circa un decennio fa, l'indice dei prezzi della FAO è più che raddoppiato, dal 91,1 del 2000 a una media di 209,8 nel 2013. Come ha detto il professor Yaneer Bar-Yam, presidente fondatore dell'Istituto per i Sistemi Complessi al Vice Magazine la scorsa settimana:

“La nostra analisi dice che il valore di 210 dell'indice della FAO è il punto di ebollizione e ci abbiamo girato intorno durante gli ultimi 8 mesi... In alcuni dei casi il collegamento è più esplicito, in altri, dato che siamo al punto di ebollizione, qualsiasi cosa innescherà i disordini”. Ma l'analisi di Bar-Yam delle cause della crisi alimentare globale non va abbastanza a fondo – si concentra sull'impatto delle terre coltivabili usate per i biocombustibili e sull'eccessiva speculazione finanziaria sui beni alimentari. Ma questi fattori graffiano a malapena la superficie del problema".

E' un gas

Il recente caso illustra non solo un collegamento esplicito fra i disordini civili e un sistema alimentare globale sempre più volatile, ma anche la radice di questo problema nella sempre maggiore insostenibilità della nostra tossicodipendenza cronica dai combustibili fossili. In Ucraina, i precedenti shock dei prezzi del cibo hanno avuto un impatto negativo sull'esportazione di grano del paese, contribuendo ad intensificare la povertà urbana in particolare. Gli alti livelli di inflazione sono sottostimati nelle statistiche ufficiali – gli ucraini spendono in media il 75% nelle bollette domestiche e più di metà dei loro redditi in necessità come il cibo e bevande non alcoliche. Analogamente, per gran parte dello scorso anno, il Venezuela ha subito le carenze di cibo in atto guidate da una gestione politica errata con il record di inflazione in 17 anni dovuto all'aumento del costo del cibo. 

Mentre la dipendenza da importazioni di cibo sempre più costoso qui gioca un ruolo, al centro del problema di entrambi i paesi c'è una crisi energetica che si acuisce. L'Ucraina è una importatrice netta di energia, avendo raggiunto il proprio picco di produzione di petrolio e gas già nel 1976. Nonostante l'entusiasmo per il potenziale interno di gas di scisto, la produzione di petrolio dell'Ucraina è diminuita di oltre il 60% negli ultimi 20 anni, a causa si di problemi geologici sia di scarsità di investimento. Attualmente, circa l'80% del petrolio ucraino, e l'80% del suo gas, viene importato dalla Russia. Ma oltre la metà del consumo energetico dell'Ucraina è sostenuto dal gas. I prezzi del gas naturale russo sono quasi quadruplicati dal 2004. I prezzi dell'energia alle stelle sono alla base dell'inflazione che alimenta tassi di povertà insopportabili per la media degli ucraini, aggravando la divisione sociale, etnica, politica e di classe. 

La recente decisione del governo ucraino di tagliare drasticamente le importazioni di gas russo probabilmente peggiorerà questo aspetto, in quanto le le fonti di energia alternativa più economiche scarseggiano. Le speranze secondo le quali le fonti interne di energia potrebbero salvare la situazione sono piccole – a parte il fatto che lo scisto non può risolvere la prospettiva di combustibili liquidi più cari, nemmeno il nucleare aiuterà. Un rapporto trapelato della Banca Europea per la Ricostruzione e lo Sviluppo rivela che le proposte di prestare 300 milioni di euro per rinnovare le vecchie infrastrutture delle 15 centrali nucleari in possesso dello stato ucraino raddoppierà i già debilitanti prezzi dell'elettricità per il 2020.

“Socialismo” o “Soc-oil-ismo”?

In Venezuela, la storia è familiare. In precedenza, la Rivista del Petrolio e del Gas ha riferito che le riserve di petrolio del paese erano di 94,4 miliardi di barili e più di recente, da parte del USGS a un esorbitante 513 miliardi di barili. L'enorme aumento proviene dalla scoperta di riserve di petrolio extra pesante nella cintura del fiume Orinoco. Gli enormi costi associati di produzione e raffinazione di questo petrolio pesante, in confronto al petrolio convenzionale più economico, tuttavia, significano che le nuove scoperte hanno contribuito poco alle sfide economiche ed energetiche sempre più grandi del Venezuela. La produzione petrolifera del Venezuela ha raggiunto il picco intorno al 1999 ed è diminuita di un quarto da allora. La sua produzione di gas ha raggiunto il picco intorno al 2001e da allora è diminuita di un terzo. 

Simultaneamente, mentre il consumo di petrolio interno è aumentato costantemente – di fatto quasi raddoppiando dal 1990 – questo ha ulteriormente inciso nella produzione in declino, risultando in un tracollo delle esportazioni di quasi la metà dal 1996. Visto che il petrolio rappresenta il 95% dei proventi delle esportazioni e circa metà del bilancio dei proventi, questo declino ha massicciamente ridotto la possibilità di sostenere i programmi governativi di sostegno, compresi i sussidi cruciali.

Pandemia incombente?

Queste condizioni locali sono state esacerbate da realtà strutturali globali. Il record dei prezzi globali del cibo contrastano con queste condizioni locali e li spinge oltre il limite. Ma le escursioni dei prezzi del cibo, a loro volta, sono sintomatici di una serie di problemi che si sovrappongono. La dipendenza eccessiva dell'agricoltura globale dagli input dei combustibili fossili significa che i prezzi del cibo sono invariabilmente collegati ai picchi del prezzo del petrolio. Naturalmente, i biocombustibili e la speculazione sui beni alimentari spinge i prezzi ulteriormente in alto – solo le elite finanziarie hanno benefici da questo mentre i lavoratori delle classi medio basse ne sopportano il peso. Naturalmente, l'elefante nella stanza è il cambiamento climatico. Secondo i media giapponesi, una bozza trapelata dal secondo grande rapporto del IPCC avvertiva che mentre la domanda di cibo aumenterà del 14%, la produzione globale delle colture diminuirà del 2% per decennio a causa degli attuali livelli di riscaldamento globale, causando 1,45 trilioni di dollari di danno economico per la fine del secolo. Lo scenario è basato sun un aumento previsto di 2,5°C. E probabile che questa sia una stima molto prudente. Considerando che l'attuale traiettoria dell'agricoltura industriale sta già assistendo a plateau di rendimento nelle grandi regioni-paniere, l'interazione delle crisi ambientale, energetica ed economica suggerisce che il business-as-usual non funzionerà

L'epidemia di sommosse globale è sintomatica del fallimento del sistema globale – una forma di civiltà che è sopravvissuta alla sua utilità. Ci serve un nuovo paradigma. Sfortunatamente, scendere semplicemente in piazza non è la soluzione. Ciò che serve è una visione significativa per la transizione di civiltà – sostenuta dalla forza della gente e dalla coerenza etica. E' tempo che governi, aziende e la gente allo stesso modo si sveglino rispetto al fatto che stiamo rapidamente entrando in una nuova era post-carbon e che prima ci adattiamo ad essa, migliori sono le nostre possibilità di ridefinire con successo una nuova forma di civiltà – una nuova forma di prosperità – che sia capace di vivere in armonia col sistema terrestre. Ma se continuiamo a fare come le ostriche, dovremo prendercela solo con noi stessi quando l'epidemia diventerà una pandemia che bussa alle nostre porte.


lunedì 3 marzo 2014

Ucraina: una guerra per le risorse?




L'immagine qui sopra (dal Gorshenin Institute) mostra i due principali bacini nella zona intorno all'Ucraina dove si ritiene che esistano risorse di gas naturale in forma di gas di scisto (o "shale gas"). Le riserve della zona del "Bacino di Lublino" a cavallo fra Ucraina e Polonia sono stimate come al terzo posto in ordine di grandezza in Europa. Sono anche considerate fra le più accessibili nel senso che sono in una zona poco popolata dove sarebbe più facile fare accettare agli abitanti i danni prodotti dal "fracking" per accedere alle risorse.

Così, la geologia della regione sembra portare in modo naturale allo smembramento dello stato ucraino e alla spartizione del suo territorio fra i vicini più potenti. Per gli Europei/Americani, il gas dell'Ucraina dell'est potrebbe rappresentare una risorsa dalla quale possono ottenere notevoli profitti ma che finora gli Ucraini non cedevano volentieri (come potete leggere, per esempio, in questo documento). Per i Russi, il bacino di Lublino non sarebbe raggiungibile in pratica e, comunque, loro di gas ne hanno in abbondanza. Gli interessa di più, semmai, la Crimea per il suo valore strategico e probabilmente anche l'Ucraina dell'Est con le sue riserve di Gas aggiuntive. Visti in questa luce, gli ultimi eventi sembrano avere una logica ineluttabile che conduce a una spartizione dell'Ucraina con vantaggi sia per la Russia che per il blocco Euro-Americano. Chi ci rimette, evidentemente, sono gli Ucraini, ma si sa che è così che va il mondo e quando si tratta di petrolio e gas, non si guarda in faccia nessuno.

L'unico problema è che questo famoso gas di scisto potrebbe non essere quella meraviglia di abbondanza di cui si parla. Si sa che il gas di scisto è costoso e che causa danni disastrosi a tutto quello che sta intorno alle trivellazioni. E non sarebbe la prima volta che una risorsa descritta come promettente si rivela poi un imbroglio. Vi ricordate di quando, negli anni '90, si diceva che la zona del Mar Caspio sarebbe stata "La nuova Arabia Saudita?" Beh, oggi sappiamo che, al massimo, potrebbe essere la nuova Caltanissetta (tanto per fare un confronto con un area che produce un po' di petrolio, ma vi potete immaginare che non è tanto!).

Così, anche le riserve di shale gas del bacino di Lublino potrebbero rivelarsi una clamorosa sovrastima, nonostante che i polacchi ci abbiano creduto (e non solo loro). Perlomeno, le ultime notizie che arrivano dalla Polonia sono deludenti. Un paio di mesi fa è arrivato l'annuncio che l'ENI ha abbandonato la ricerca di gas nella zona - così come hanno fatto altre compagnie petrolifere.

Curiosamente, proprio questa delusione polacca sembra aver generato un aumento di interesse nell'Ucraina. Sarà una coincidenza rispetto a quello che è successo poco dopo, certo, però come diceva Andreotti "A pensar male, di solito ci si azzecca". Guerra per le risorse, dunque, come lo sono quasi tutte le guerre. Ma chi ci dice che le risorse di gas ucraine, tanto millantate, non si rivelino poi delle illusioni proprio come quelle polacche? Chi può dirlo? In fin dei conti perché si fanno le guerre se non per delle illusioni?




Su questo argomento, vedi anche questo articolo di Ugo Bardi





venerdì 28 febbraio 2014

Guerre in prestito

Da “The Oil Crash”. Traduzione di MR

di Antonio Turiel




Cari lettori,

Sembra che questo 2014 degeneri rapidamente verso una situazione di conflitto e violenza generalizzati in tutto il globo. Disgraziatamente, la violenza è una cosa molto comune nel nostro mondo nelle sue molteplici manifestazioni, da quelle più individuali a quelle più collettive. La cosa grave è che si sta allargando a paesi dove da tempo non si vedeva (anche se non è mai stata dimenticata).

Proprio adesso uno dei fuochi più caldi dell'attenzione occidentale si trova in Ucraina, dove la reiterata occupazione delle strade da parte di un movimento che brandisce la bandiera della UE, pro occidentale e che esige un cambiamento di governo, è finito per portare ad una sanguinosa repressione da parte della polizia e la logica escalation di violenza che, negli ultimi giorni, ha portato il presidente del paese a scappare verso la regione orientale del paese con simpatie per la Russia. Molti livelli si sovrappongono nel conflitto in Ucraina, alcuni interni (la crisi economica, la disoccupazione, l'insoddisfazione per la mancanza di riforme dalla Rivoluzione Arancione) ed altre esterne, con una forte presenza della partita a scacchi geopolitica fra Russia e Stati Uniti (la Russia vede con enorme sospetto la presenza di un paese pro-occidentale proprio alla sua frontiera, mentre l'Europa vede una grande opportunità di allargarsi verso est e per gli Stati Uniti qualsiasi iniziativa che limiti il potere russo è benvenuta). Non è estranea alla crisi in Ucraina l'entrata in funzione del gasdotto Nordstream lo scorso dicembre. Se avete memoria, ricorderete che durante gli ultimi inverni la Russia ha minacciato di tagliare la fornitura di gas naturale all'Ucraina, poiché questo paese non pagava i prezzi che volevano i russi e alla fine gli avrebbe tagliato la fornitura per qualche giorno, ma in seguito ha dovuto tornare sui suoi passi visto che quello stesso gasdotto, che attraversa il territorio ucraino, è lo stesso che porta a un buon cliente: la Germania. E tendere troppo quella corda porterebbe la nazione teutonica a cercare altre modalità di approvvigionamento, forse più care, ma più sicure. Tutto ciò è finito col nuovo gasdotto, che attraversa il mar Baltico e va direttamente dalla Russia alla Germania. Pertanto non è casuale che quest'anno non sia stata messa in scena la minaccia del taglio della fornitura, visto che i russi possono chiudere tranquillamente il rubinetto e il governo ucraino ha dovuto gestire la scarsità come ha potuto, nonostante la crisi e lo scontento popolare. Significativo è anche che proprio una delle contropartite offerte dalla Russia durante queste settimane confuse è la fornitura di gas all'Ucraina a buon prezzo.

Ma tornando agli avvenimenti sulle strade di Kiev e di altre città ucraine, è difficile sapere con precisione cosa succede, perché l'informazione diffusa dai media occidentali e estremamente di parte. Sembra che una parte dei manifestanti del Majdán sia equipaggiata quasi militarmente, in mezzo ad una massa di innocenti cittadini che vogliono solo esprimere la loro stanchezza per una situazione che non migliora (e che alla fine si ritirano all'aumentare della violenza). Il conflitto sembra degenerare verso una guerra civile più o meno aperta, in modo analoga a quanto è avvenuto in Siria, di cui è altrettanto impossibile avere una visione affidabile di ciò che succede in questo momento (vi sarete resi conto che ultimamente di Siria non si parla quasi più nei media: praticamente è diventato un non-tema, nonostante che, ovviamente, in quel paese la guerra civile continua).

Sembra che anche in Venezuela l'agitazione aumenti, anche se, di nuovo, è molto difficile in Occidente (è ironico chiamare Occidente paesi che si trovano più a est o a nord del Venezuela) accedere a informazioni affidabili su ciò che sta realmente avvenendo. A margine dei dettagli, praticamente inafferrabili da qui, di nuovo si intuisce una situazione simile a quella dell'Ucraina: da un lato c'è un governo emerso dalle urne che si confronta con una situazione interna molto complicata che porta spesso a fughe in avanti e a misure di carattere autoritario, dall'altro un certo livello di protesta dei cittadini istigata dallo scontento, in mezzo alla quale si nasconde una forza emergente, di dimensione molto inferiore ma sempre meglio armata, con la pretesa di deporre il governo con qualsiasi mezzo. Se si tratta di un processo completamente interno o istigato dall'esterno è complicato da sapere, anche se sicuramente c'è un mix di entrambe le cose: problemi interni di cui agenti esterni (e di nuovo molte dita indicano gli Stati Uniti) tentano di approfittarne.

Tra i vari fattori interni che contribuiscono al malessere in Venezuela è importante sottolineare la sempre meno dissimulata diminuzione della produzione di petrolio e delle sue esportazioni, come mostra il grafico seguente (preso come al solito dal sito di Flujos de Energía); tenete conto che arriva solo fino al 2012, quindi la situazione adesso potrebbe essere sensibilmente peggiore:


































Se confrontate questo grafico con quello di altri paesi che si sono visti coinvolti in processi simili (e che abbiamo commentato nel post corrispondente) si direbbe che al Venezuela restino per lo meno cinque anni prima che comincino i problemi gravi col crollo dei proventi petroliferi. Tuttavia, circa un terzo del petrolio prodotto dal Venezuela in questo momento è greggio extra pesante, dall'EROEI molto basso, il che significa che l'energia netta proveniente dal petrolio venezuelano è abbastanza inferiore rispetto a quanto indicato dal volume lordo e questo in particolare implica che il rendimento economico è abbastanza inferiore di quanto ci si aspetterebbe. Questo fatto probabilmente influisce sui problemi della nazione caraibica. Non a caso, gli Stati Uniti importano petrolio dal Venezuela ed hanno grande interesse a che il petrolio continui a fluire (nonostante i canti della sirena che parlano di una finta indipendenza energetica degli Stati Uniti). Pertanto non sorprende che, in mezzo alla confusione regnante e forse in parte provocandola, alcune personalità politiche statunitensi stiano chiedendo già adesso ad Obama di invadere il Venezuela.

Nel frattempo, lo Yemen, paese nel mirino, si avvicina con passo fermo al suo collasso finale; in quel paese sono frequenti gli attentati, mentre il potere politico cerca di frenare la sua inevitabile decomposizione, con una misura di decentralizzazione (dividere il paese in sei stati confederati, nonostante la sua piccola estensione). Dato il rapidissimo crollo delle esportazioni petrolifere di un paese tanto dipendente dall'esterno, il disastro è più che prevedibile: è una certezza. Essendo un paese confinante con la decisiva Arabia Saudita, è ovvio che non sarà permesso che il paese esploda incontrollatamente e a un certo punto le truppe saudite, appoggiate direttamente o indirettamente dagli Stati Uniti, entreranno nel paese in modo simile a come hanno già fatto in Bahrein nel 2011 (proprio in tempo perché si potesse correre il Gran Premio di Formula 1 di quell'anno, BAU a oltranza).

Per parte sua, l'Egitto non si è stabilizzato dopo le rivolte della fame del 2011 (cinicamente battezzate “primavera araba”) e l'esercito resiste nel cedere il potere alla società civile di un paese sovrappopolato (85 milioni di abitanti) e impoverito. Per finirlo, i piani dell'Etiopia, altro paese sovrappopolato (92 milioni) e impoverito, di fare una diga nell'Alto Nilo minaccia di scatenare una vera e propria guerra per l'acqua (come abbiamo già spiegato, un'ulteriore forma delle guerre della fame) mentre in Egitto si privatizza l'accesso all'acqua e si da un accesso preferenziale alle classi benestanti: una forma ancora più vile della Grande Esclusione in un paese assetato e affollato. Tanti problemi possono finire soltanto in disastro. Ma l'Egitto è una enclave strategica per la presenza del Canale di Suez, quindi c'è aspettarsi che o prima o dopo le truppe straniere facciano la loro apparizione, perlomeno nella fascia del canale, mentre il resto del paese si unisce nel caos e nella miseria.

Tutti gli esempi sopra mostrano casi di paesi con gravi problemi interni tutti acutizzati dal proprio declino energetico (con l'eccezione dell'Ucraina, tutti sono o erano fino a poco fa esportatori di petrolio) e in tutti grandi potenze straniere svolgono o finiranno per svolgere un ruolo primario, a volte lottando fra loro per mezzo di bande locali. Sono le nuove Proxy Wars o guerre sussidiarie: guerre scatenate da altri a beneficio non dichiarato (e a volte sconosciuto agli stessi combattenti) di interessi delle grandi potenze, una tradizione che data all'inizio del capitalismo e che ha raggiunto il suo apice nel ventesimo secolo. Sono le nuove guerre in prestito che disgraziatamente pare che caratterizzeranno il nostro declino energetico.

Ma il problema non sono solo queste guerre in prestito che si scateneranno nel territorio dei principali produttori di petrolio e di altre risorse. Anche senza arrivare all'intensità di una guerra, l'instabilità cresce su scala mondiale. Per esempio, la popolazione di un paese amante del calcio come il Brasile si ribella contro le spese del Mondiale di Calcio, odiose in un paese sottomesso a molte restrizioni e tagli (di nuovo, la parabola del lago risulta opportuna). Ricordate come anche in Argentina ci sono state rivolte e saccheggi solo un paio di mesi fa. Intanto, l'economia della Cina sta rallentando e cresce lo scontento popolare, visto che viene sovvertito il contratto sociale implicito (non richiedete democrazia e vi lasceremo prosperare e anche arricchire, se lavorate duro). E' questione di tempo che anche lì scoppi una rivolta.

E cosa succede nell'Europa occidentale? La Grecia soffre, il Portogallo subisce, l'Italia delira, l'Irlanda sembra abbastanza tranquilla, la Francia langue e la Germania spera... E in quanto alla Spagna, certi giorni ho l'impressione che stiamo facendo un conto alla rovescia collettivo, silenzioso, che non so bene dove ci porterà.

Saluti.
AMT




mercoledì 26 febbraio 2014

Ucraina: il grande pasticcio

Da “Club Orlov”. Traduzione di MR

Pawel Kuczyński
[Aggiornamento: sto mettendo questo post on line con un paio di giorni di anticipo, perché la situazione ucraina si evolve molto rapidamente. Un soggetto politico (Yanukovych) è fuori gioco; sembra che sia scappato in Russia. Un altro soggetto politico (Tymoshenko) è stata frettolosamente riabilitata ed è pronta ad essere messa sulla scheda elettorale per le elezioni di maggio. Ci sarà ancora un paese da (fingere di) governare per lei? Le riserve finanziarie scese a pochi giorni, le strutture federali sono state smantellate in tutto il paese, i governatori regionali sono in fuga e un default di circa 60 milioni di euro di bond ucraini, molti in mano alla banche russe, sembra probabile. Potrebbe essere questo il tipo di contagio finanziario necessario a far scoppiare le ridicole bolle azionarie statunitensi? Almeno due provincie ucraine parlano apertamente di secessione; una (la Crimea) vuole immediatamente unirsi alla Federazione Russa. Una domanda ai tirapiedi del Dipartimento di Stato statunitense e ai funzionari della UE: questa faccenda cosa comporta per i vostri calcoli geopolitici? A rischio ci sono 5 centrali nucleari e un sacco di gas che transita in Ucraina nel suo percorso verso occidente. L'Ucraina sta assumendo molto l'aspetto della Yugoslavia, eccetto il fatto che ha più del doppio degli abitanti, molti combattenti da strada folli che pensano di essere padroni della situazione e il fatto di avere un ruolo critico per la sicurezza energetica europea. Se non siete sotto shock per questo, allora non avete fatto attenzione a quello che sta succedendo.]

Ho ricevuto parecchie e-mail che mi chiedono cosa penso che stia succedendo in Ucraina. Mi ci è voluto un po' per formulare un'opinione, ma è questo ciò che credo stia accadendo: un completo e totale fallimento della politica ad ogni livello. Tutti hanno fallito: i rappresentanti della UE, il Dipartimento di Stato statunitense con la sua Victoria “Fanculo all'Unione Europea” Nuland, il governo Yanukovych, i suoi oppositori politici e il Cremlino. Ed ora sono tutti sotto shock e non sanno cosa fare. Eccetto i manifestanti, che sanno cosa fare: continuare a protestare. Gran parte di loro non sanno nemmeno per cosa protestano ma, essenzialmente, protestano contro l'esistenza stessa del loro paese, che costituita da due parti: la Polonia orientale, che parla ucraino e prevalentemente cattolica, e la Russia occidentale, che parla ucraino ed è prevalentemente ortodossa. I “russi” superano in numero gli “ucraini” di due a uno. La soluzione finale alla crisi sta nel dividere il paese. Nessuno ha lo stomaco persino di parlare di questo – finora. Ma finché questo non succede continueremo ad essere sottoposti a questo strano spettacolo, in cui ogni singolo attore in Ucraina fa il possibile per minare il sistema politico del paese. In fondo, gli ucraini non vogliono che ci sia un diverso governo a Kiev – non vogliono che ci sia affatto un governo a Kiev.

Ora mi affido a Andrey Tymofeiuk, una persona che risiede a Kiev e che ha postato quanto segue sulla sua pagina Facebook, in un russo tempestato di oscenità. (La lingua russa è notevolmente ricca di termini osceni che costituiscono un enorme potere espressivo, ma che è intraducibile in inglese, con la sua misera collezione di parole di 4 lettere). Penso che abbia fornito un riassunto buono e ricco di informazioni della situazione da tutte le angolazioni, nonostante il suo linguaggio da scaricatore di porto, quindi dategli appoggio. La traduzione e le correzioni sono mie.

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Penso che l'attuale situazione sia tale che tutti sono sotto shock per quanto sta accadendo. I rappresentanti della UE sono i più scioccati di tutti. Stavano giocando a fare i diplomatici abili, che si sono piegati a lavorare col barbaro dittatore di un paese del terzo mondo. Egli avrebbe dovuto tremare con ansia riguardo al suo sussidio, sotto forma di accordo UE-Ucraina, cosa che gli avrebbe permesso di indossare i panni del grande fautore dell'integrazione con l'Europa e di vincere le elezioni del 2015.

Guardando dall'alto del loro trespolo diplomatico, questi esperti sono stati accecati quando il barbaro dittatore ha improvvisamente deciso di fare un po' di aritmetica, ha evidenziato un errore nel contratto (la bancarotta nazionale dell'Ucraina) ed ha rapidamente deciso tenere i suoi 46 milioni di schiavi lontani dalla UE e di darli invece a Mosca. E allora, a causa della loro ridicola burocrazia e alla loro completa mancanza di comprensione della realtà Ucraina, hanno permesso che una iniziale protesta pacifica diventasse come una guerra civile.

I rappresentanti della UE non hanno davvero bisogno di un bagno di sangue con una crisi umanitaria, centinaia di migliaia di rifugiati, attacchi terroristici, carri armati nelle strade e altre piacevolezze del genere, e cercheranno di fare tutto ciò che possono per evitarlo, anche se questo significa che il barbaro e ottuso dittatore deve rimanere in carica. Ma il problema è che il barbaro dittatore sembra aver perso la testa.

Ora i rappresentanti della UE dovranno rispondere ad alcune domande molto difficili da parte dei telespettatori di casa propria. Tipo: “Perché la gente che agita le bandiere della UE indossano emblemi nazisti? Sosteniamo i nazisti?” o “Se sono pacifici, allora perché tirano bombe molotov agli uomini della polizia e li prendono in ostaggio?” Questo solo per cominciare. Ecco una domanda più seria: “Vogliamo davvero che 46 milioni di questi barbari violenti si uniscano alla UE?” E che ne pensate di questa: “Cosa vi fa pensare che 5 centrali nucleari ucraine saranno al sicuro se il paese precipita nel caos?” Ancora un'altra, ma è una eccellente: “Se l'Ucraina diventa ingovernabile, come faremo ad avere la nostra quota di gas naturale russo il prossimo inverno? Moriremo congelati?” Ma i rappresentanti della UE non dovranno far scendere in campo tali domande tanto a lungo, perché le loro carriere diplomatiche potrebbero essere giunte alla fine. Dopo tutto, non sono stati così efficaci, non è vero? Trasformare una protesta del tutto pacifica in un sanguinoso casino non è esattamente il massimo della diplomazia europea. Pochi attivisti di medio livello di Al Qaeda avrebbero potuto gestire la situazione altrettanto bene.