Da “chimeramyth”. Traduzione di MR
Di Ugo Bardi
Alcuni miti antichi ci giungono dal crepuscolo della mitopoiesi. Sono storie che sembrano giungerci dal “tempo del sogno” degli Aborigeni australiani, un'era antecedente alla parola scritta, un'era di cui abbiamo solo tracce che ci raccontano di un mondo diverso. Un mondo, tuttavia, che troviamo quasi impossibile da capire. Una di queste storie è quella di Edipo e la Sfinge, una storia sconcertante, lontana da qualsiasi cosa corrisponda alla nostra esperienza. Ma è una storia che rimane parte della nostra consapevolezza, una storia che non possiamo dimenticare. Segue un testo sul mito della Sfinge che ho scritto qualche anno fa, leggermente corretto nella versione presente.
L'altro lato della Sfinge
Di Ugo Bardi, maggio 2005
“E' quindi questo che si nasconde dall'altro lato della Sfinge!” André Gide
La Sfinge femminile della tradizione greca è mostro, donna e divinità allo stesso tempo. Accoppiata con la storia oscura di Edipo e della dinastia Tebana coi loro omicidi, incesti e lotte, è un mito così ricco e complesso che sbrogliarlo è una sfida che molti hanno tentato con diversi gradi di successo. Questo testo non pretende di essere l'ultima parola sul tema e nemmeno di essere particolarmente originale. E' lo specchio di una ricerca personale, uno in cui il lettore potrebbe – forse – vedere il proprio riflesso.
Si dice che, un tempo, un antropologo abbia chiesto ai nativi africani se potevano spiegargli perché i leoni uccidessero così tanti gnu. La risposta fu che era perché, forse, i leoni amavano particolarmente il sapore della carne di gnu. L'interpretazione dei nativi potrebbe non essere sofisticata quanto quella moderna, scientifica (qualsiasi essa sia) ma, dopo tutto, nessuno può sapere perché i leoni pensano quando uccidono gli gnu. Ciò che possiamo dire è che tendiamo a trovare motivi interiori per ciò che le persone (o i leoni) fanno. E' un tipo di gioco intellettualmente pericoloso, ma che tutti amano giocare.
Se dare motivazioni ai leoni è intellettualmente pericoloso, cosa ne dite della grande leonessa che è la Sfinge Greca? Quali sono le sue motivazioni interiori? Perché fa
indovinelli? Perché mangia le persone? Probabilmente non solo perché le piace il sapore della carne umana. E il fascino non si ferma alla Sfinge. Ci piacerebbe anche sapere cosa c'è dentro le teste di altri personaggi del mito. Edipo risolve l'indovinello della sfinge, liberando i tebani dalla sua maledizione. Sposa sua madre, la regina Giocasta, e diventa il re di Tebe. Prima, aveva ucciso Laio,
suo padre. Poi, quando tutta la storia viene scoperta, si acceca e scappa nel bosco, mentre Giocasta si uccide. Che ne facciamo di questa storia oscura di sesso e omicidio?
Come raccontata, la storia sembra assurda, sconcertante, persino stupida. Pensate solo ad un dettaglio: si dice che la Sfinge si sia suicidata gettandosi dalla cima di una montagna. Ma dai, una creatura alata fa una cosa del genere? E poi pensate a come Edipo, ampiamente avvisato dall'oracolo di Apollo che stava per uccidere suo padre e sposare sua madre – e credendoci completamente – uccide un uomo abbastanza anziano da essere suo padre e continua sposandosi una donna sufficientemente anziana da essere sua madre. E' un idiota o cosa? E che dire
di Giocasta? Cosa pensereste di una regina che decide di sposare un viandante appena apparso in città dopo che qualcuno aveva ucciso suo marito, il re, nel bosco? Come per l'indovinello posto dalla Sfinge ad Edipo, è così facile che anche un idiota poteva risolverlo.
Alcune persone sembrano aver preso la storia solo per quello che sembra essere: una stupida storia per bambini. Già nel quarto secolo prima di cristo, Palefato, nel suo
Peoria Apiston, si chiede perché i tebani non si siano semplicemente sbarazzati di quello strano mostro, la Sfinge, tempestandola di frecce. In tempi più recenti,
Andrew Wilson vede la Sfinge come una specie di Godzilla nel film sbagliato, una banale spalla nel dramma, piazzata lì per evidenziare l'intelligenza di Edipo (una cosa di cui c'era disperato bisogno, sembra). Nel suo libro “Appetiti profani”, Barbare E. Hort critica l'interpretazione di Freud del “Complesso di Edipo” e dice che Edipo non può essere accusato di alcun errore nello sposare Giocasta, visto che non poteva sapere di essere suo figlio.
Tuttavia, Sofocle non poteva avere scritto uno dei pezzi più grandi della letteratura di ogni tempo se ci avesse raccontato la storia di un mucchio di idioti. Né Freud avrebbe potuto basare una gran parte della sua teoria psicanalitica sul comportamento di un idiota che per giunta era un pervertito sessuale. A prescindere da quanto alcune persone cerchino di giustificare il mito, il suo fascino intrinseco rimane. E' affascinante perché capiamo che i personaggi della storia non sono né idioti né pervertiti. Percepiamo che si comportano nel modo in cui si comportano perché non possono evitarlo ma, per tutto il tempo, sanno perfettamente quello che stanno facendo anche se non possono ammetterlo, nemmeno a sé stessi. Ciò ce li rende – personaggi mitici di una Tebe mai esistita – vicini, persone che non mancano di capire le cose che tutti noi conosciamo, ma che non possiamo ammettere di conoscere, a volte nemmeno a noi stessi.
Non pensate che Edipo sapesse, dentro di sé, cosa stesse facendo? E che dire della Sfinge che si è uccisa, non ne dubitereste? Perché se ne dubitate, significa che credete che il grande re di Tebe abbia ucciso lui stesso la Sfinge, piuttosto che ridicolizzarla risolvendo il suo indovinello. Poi, i maschi moderni, a quanto pare, non riescono a ricordare di essere stati sessualmente attratti dalle proprie madri o, in generale, da donne più anziane. E le donne moderne, a quanto pare, non possono ammettere di essere state sessualmente attratte da giovani maschi. Eppure, in Giocasta vediamo qualcosa che la nostra società lascia emergere solo occasionalmente: la sessualità dominante delle donne più anziane.
Riconosciamo Giocasta in film e
racconti: è la Norma Desmond
di “Sunset Boulevard”, la signora Robinson
del “Laureato”. Non c'è dubbio che esista in innumerevoli casi di persone reali. Ed Edipo è a sua volta uno di noi. Possiamo vedere in lui l'eroe invecchiato dei nostri tempi, di tutti i tempi, l'uomo coraggioso che cerca ancora di fare del suo meglio solo per essere sopraffatto dalla vecchiaia che avanza. L'ex eroe che scopre che le sue imprese di gioventù erano, dopotutto, non così eroiche.
Ma la Sfinge? La sua miscela di sessualità, potere ed oscurità è così lontana dalla nostra vita quotidiana, così remota dalla nostra cultura che sembriamo esserne completamente sconcertati.
Un Godzilla
nel film
sbagliato,
forse. Eppure, percepiamo che ha dei motivi nascosti da un altro lato, più profondo. Possiamo capire quest'altro lato solo se andiamo un po' in profondità nel mito. Robert Graves è stato, forse, il primo a vedere la relazione della storia di Edipo col sacrificio rituale dei re nella antica storia umana. Era una cosa che era stata descritta in dettaglio dalla generazione di antropologi che comprendeva Frazer e Frobenius. Nessuno dei due menziona Edipo, né lo ha fatto, più tardi, Joseph Campbell nel suo monumentale “Le maschere di Dio”. Ma la relazione è chiara: in questi tempi arcaici, i re dovevano essere sacrificati e sostituiti dopo un po' di tempo, quando il loro potere magico si era esaurito. Sotto questa luce, le azioni di Edipo diventano improvvisamente chiare, lui è uno di questi re sacrificali. Sostituisce il suo predecessore (suo “padre”) nel sangue e viene, a sua volta, sostituito, quando la peste a Tebe indica che il suo potere magico è scomparso.
Ma
se i re
sono stagionali,
le regine sono stabili. E se la regina di tebe è Giocasta, lei e la Sfinge sono due facce della stessa medaglia, due regine regnanti. Sappiamo di antichi tempi e luoghi in cui regnava una coppia di regine: è ciò che Erodoto ci racconta sulle Amazzoni. Le Amazzoni erano mitiche, ma gli antichi cretesi non lo erano e, pare, avevano due regine. In “Maschere di Dio”, Campbell ci mostra l'immagine di una statuetta micenea di due figure femminili (due regine?) e un bambino fra loro. Giocasta, la Sfinge ed Edipo, si è tentati di dire. In tempi antichi, spesso le Dee sembravano appaiate: da Inanna ed Ereshkigal dei tempi dei Sumeri a Demetra e Proserpina dell'antichità classica. E con Inanna ed Ereshkigal, c'era uno sposo maschio, Dummuzi, il cui destino, venire fatto a pezzi dai demoni Galla, non è stato migliore di quello di Edipo.
Quindi, la Sfinge è una regina, proprio come Giocasta. Possiamo immaginare che una delle due regine che regnavano a Tebe, Giocasta, fosse più preoccupata del lato materiale e temporale del suo governo, mentre l'altra, la Sfinge, più del lato spirituale, della conservazione della conoscenza. E non della sola conservazione, ma anche della distribuzione, era un'insegnante. Si diceva che la Sfinge fosse una “cantante” (una “furia cantante” secondo Sofocle). Come per le canzoni che le Sirene cantarono ad Ulisse, possiamo solo fare congetture su cosa la sfinge cantò ad Edipo, ma possiamo dire che cantò parole di saggezza. Sappiamo che la saggezza può essere pericolosa e può assere liberamente data a chiunque. Come per molti insegnanti dei tempi antichi, gli aspiranti allievi dovevano superare degli esami, a volte esami difficili. Se sbagliavano, c'era una punizione. Nel caso della Sfinge, essere mangiati era una punizione dura, ma l'idea è quella.
Così, la Sfinge è un'insegnate di saggezza. E, potremmo chiederci, quando mai le donne nel nostro mondo sono insegnanti di saggezza? La risposta è mai, o molto raramente. I nostri insegnanti, i nostri capi, i nostri filosofi, i nostri modelli da seguire, sono tutti uomini e le poche donne che appaiono in posizioni dominanti impersonano ruoli maschili innaturali, proprio come le mitiche Amazzoni. Tuttavia, la figura di una donna come insegnante non è così lontana da noi da non dargli perlomeno un'occhiata. Pensate solo a
quando Socrate,
nel “Simposio”
di Platone
si rivolge a
una figura femminile, Diotima
di Mantineia,
quando si tratta di andare alla domanda più
importante e
alla caratteristica più
fondamentale di tutto l'insegnamento: l'amore; e non solo
l'amore carnale, ma specificamente l'amore per
ogni cosa che sia bella e
nobile. Platone
viveva vicino a
quando e dove è
stato creato il mito della Sfinge
ed alcuni accenni dell'antico mito potrebbero essere passati alla figura di Diotima come
lui la
descrive. Ci
sono molti più
esempi. Brigida
di Kildare,
che era, a
quanto pare,
consacrata a
vescovo in Irlanda. Pensate a quella Dea Romana “Alma Mater” che usiamo ancora per definire le nostre Università. E pensate a come Dante Gabriel Rossetti, nel suo dipinto, abbia colto esattamente questo aspetto della Sfinge. Non pone semplicemente domande, lei ha le risposte. Risposte a problemi profondi di vita e di morte, proprio come, nel dipinto, Edipo/Rossetti chiede alla Sfinge del destino del suo amico morto. Questa è l'altro lato della Sfinge, quella in cui lei è un'insegnante, non un mostro, una fonte di saggezza, non di stupidi indovinelli.
Ma quest'altro lato della Sfinge è una cosa che è sfuggita completamente ad Edipo nel mito così come ci viene raccontato. La domanda che la Sfinge gli ha posto, per come ci è giunta, è banale: cos'è che cammina su quattro zampe al mattino, a due durante il giorno e a tre di sera? Facile, ma non si trattava solo di uno stupido indovinello, era parte di un insegnamento ed aveva un significato nascosto, proprio come un “
koan” presentato a un allievo da un maestro Zen. La domanda che la Sfinge ha posto non era stupida. Una domanda sottile come questa ha molte risposte possibili, alcune sbagliate, alcune giuste. La risposta che ha dato Edipo è stata “l'uomo” ed era una di quelle sbagliate. Una di quelle giuste era “Edipo”. La Sfinge stava chiedendo ad Edipo di guardare in sé stesso ed Edipo ha rifiutato. Aveva delle ragioni per rifiutare: non importa se aveva già ucciso Laio, suo padre, sapeva – ma rifiutava di ammettere – che la strada che aveva intrapreso lo stava portando alla propria distruzione. Così, piuttosto che ammettere la verità a sé stesso, Edipo ha ucciso la Sfinge. In seguito, la verità ufficiale divenne che la Sfinge si fosse suicidata. E'
lo stesso. Le persone uccidono ciò che non riescono a capire, ciò che non vogliono capire. Ai nostri tempi, la Sfinge non è più una Dea, né una regina. Non possiamo percepire che ha qualcosa da insegnarci. Eppure, è l'altro lato di noi, il lato che abbiamo scelto di ignorare, il lato che ha a che fare col mondo naturale e il modo in cui lo avveleniamo, tagliamo, pavimentiamo e distruggiamo. Il lato che ci sta portando, alla fine, alla nostra stessa distruzione. Quella natura – ed alla fine noi stessi – per cui mostriamo “il massimo di commozione ed il minimo di gentilezza”, come ha scritto
Keith Sagar. Anche noi, a quanto pare, abbiamo ucciso la nostra Sfinge e la cecità di Edipo è, o sarà, la nostra maledizione.