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lunedì 4 gennaio 2021

Spunti per una nuova rivoluzione culturale

 

Di Bruno Sebastiani

Non mi era nota fino a qualche tempo fa (e me ne rammarico) l’instancabile ed encomiabile attività di Maurizio Di Gregorio, sia come articolista sia come libraio on line.

Il 15 giugno di quest’anno ha pubblicato nel suo sito Fiorigialli.it un articolo dal titolo “Auspicio e urgenza di una internazionale ecologista”.

L’articolo è lungo e complesso. Gli elementi di maggior interesse, a mio avviso, sono contenuti negli ultimi tre paragrafi (“Auspicio di una Internazionale Ecologista”, “Un Movimento Planetario di Liberazione” e “Trasformazione interiore e Cambiamento esteriore”), dove viene prefigurata l’unificazione di tutti gli sforzi dei vari movimenti ecologisti in un grande movimento culturale per la salvezza della biosfera.

L’altra attività di Di Gregorio, quella libraria, è complementare a quella “ideologica”. Si sa che i libri sono i veicoli su cui viaggiano le idee e il sito Il Libraio delle Stelle offre uno dei cataloghi più ricchi “sulla cultura del naturale, le arti del benessere, l’impegno sociale e la ricerca spirituale”, come recita la didascalia del sito.

Molti altri siti e movimenti sono impegnati in modo altrettanto encomiabile nel promuovere idee e comportamenti virtuosi contro il nostro dilagante egoismo di specie. Basti citare i movimenti per la decrescita, per la difesa dei diritti degli animali, contro l’inquinamento e il riscaldamento globale ecc.

Nonostante tutte queste lodevoli iniziative, la vera Rivoluzione culturale è di là da venire. Elettoralmente i vari movimenti ecologisti hanno un peso irrilevante e sotto il profilo ideologico non riescono ancora ad imporsi all’attenzione della pubblica opinione. O meglio. Moltissimi hanno compreso che stiamo distruggendo l’ecosfera, ma ben pochi modificano concretamente i propri comportamenti.

Si tratta di un problema comune a livello mondiale. Alcuni popoli / nazioni devastano più di altri, ma tutti contribuiscono, chi più chi meno, all’opera di distruzione della natura.

Nel mio ultimo libro, “L’Impero del Cancro del Pianeta”, ho cercato di illustrare come questa opera nefasta sia conseguenza di un tipo di crescita tecnico – scientifico – industriale necessaria al mantenimento di quasi otto miliardi di esseri umani e di innumerevoli apparecchiature costruite per rendere più comoda la loro vita.

Questo è un punto molto importante per la comprensione della reale situazione in cui ci troviamo. Il livello raggiunto di deterioramento della biosfera non è addebitabile all’egoismo o alla cattiva volontà di una determinata categoria di persone (politici, industriali, finanzieri o altri rappresentanti delle élite dominanti). Su questo argomento si veda il mio articolo “Il vero responsabile”, nel quale ho cercato di chiarire come tutti noi, esponenti della specie umana, generazione dopo generazione, abbiamo contribuito con ritmi crescenti a determinare quello squilibrio ambientale che mette oggi a rischio la vita sul pianeta.

Credo che da qui si debba partire per cercare di costruire una ideologia credibile e largamente condivisa. Ogni altra ipotesi non può che scivolare inevitabilmente nel tanto deprecabile “complottismo”.

La barriera che si è frapposta tra la grande maggioranza della popolazione e un ridotto numero di “antagonisti ideologici” deriva dal fatto che questi ultimi non accettano la realtà per quella che è, ma si ostinano a vedere nemici da combattere ad ogni angolo di strada.

Così non si va da nessuna parte, si rimane imprigionati in un recinto ideologico ben delimitato, una sorta di riserva indiana dove un minuscolo manipolo di contestatori non disturba più di tanto i visi pallidi che costruiscono ferrovie e scavano miniere.

Vediamo dunque su quali basi si dovrebbe invece fondare il movimento unitario preconizzato da Di Gregorio, quella Internazionale Ecologista in grado di incidere realmente sui destini dell’umanità.

Per una nuova grande rivoluzione culturale” è il titolo della Conclusione del mio già citato libro, che riprende concetti espressi in un articolo pubblicato nel 2018 su Effetto Cassandra.

Qui la rivoluzione da attuare è vista come terza dopo altre due che hanno scosso dalle fondamenta i convincimenti su cui poggiavano le società del passato.

L’individuazione di queste due rivoluzioni è di per sé assai significativa rispetto a come si debba prospettare la terza in fase di gestazione.

Perché le prime due non sono né il pensiero socratico, né l’avvento dei monoteismi, né il Rinascimento o l’Umanesimo, e neppure le grandi rivoluzioni del XVIII secolo (quella industriale e quella francese). Men che meno il formarsi degli stati nazionali o le ideologie che hanno agitato il XX secolo. Tutti questi sommovimenti hanno semplicemente costituito altrettante tappe del cammino umano verso il baratro.

La prima vera grande rivoluzione culturale si avverò nel 1543, quando Niccolò Copernico pubblicò il suo trattato “Sulle rivoluzioni delle sfere celesti”.

D’un tratto la centralità cosmica della Terra, conseguente alla superiorità universale dell’essere umano, fu spazzata via a favore della corretta visione planetaria, secondo la quale il nostro corpo celeste è uno degli infiniti esistenti, e certamente non tra i maggiori.

La seconda grande rivoluzione culturale si produsse nel 1859 e fu anch’essa conseguenza della pubblicazione di un libro, “L’origine delle specie” di Charles Darwin.

Il mito dell’essere umano creato direttamente da Dio (e forgiato a sua immagine e somiglianza) crollò di colpo lasciando il posto alla più realistica e verificabile teoria evoluzionista.

Da notare che entrambi questi due ribaltamenti epocali avvennero silenziosamente, senza il clamore delle folle che di norma accompagna le pseudo-rivoluzioni che ribaltano le classi al potere senza modificare il corso della storia.

Questa constatazione deve farci capire come i veri cambiamenti non avvengano a furor di popolo e in vista di nuovi assetti politici, bensì siano conseguenza di idee destinate ad aprire gli occhi della gente (a iniziare dalle élite culturali) sulla nostra reale dimensione di piccoli abitanti di un piccolo pianeta.

Ma da questo punto di vista la seconda rivoluzione, quella darwiniana, è da considerarsi incompleta. Ha desacralizzato l’essere umano, svelando la sua discendenza da una famiglia di primati anziché da Dio onnipotente, ma lo ha mantenuto al vertice del regno animale in virtù della sua superiorità intellettuale.

Compito della nuova rivoluzione culturale deve quindi essere quello di rivelare all’uomo la nocività di questa sua indiscussa superiorità intellettuale al fine del mantenimento dell’equilibrio globale della biosfera.

Personalmente affido il Cancrismo all’attenzione di tutti coloro che intendono promuovere questo “terremoto” culturale e chiedo ai miei lettori di immaginare come si trasformerebbe la nostra società se tutti, classi dirigenti e non, si convincessero di essere cellule tumorali maligne di quell’ “[…] animale animato e intelligente […]” che, secondo Platone (Timeo, 30b), è il nostro mondo (e questo ben 2.500 anni prima dell’ipotesi Gaia di James Lovelock!).

Si tratta di semplici spunti per un progetto da approfondire collegialmente da parte di tutti coloro che hanno a cuore la sopravvivenza della vita sul pianeta. La rivelazione di realtà occulte ha consentito in passato di sfatare convincimenti erronei forieri di tanti danni alla biosfera (i nefasti miti sulla superiorità della razza umana). Una nuova decisiva rivelazione sulla limitatezza e nocività di tale superiorità potrà forse convincere una platea ancor più vasta di uditori a modificare i propri atteggiamenti predatori nei confronti della natura.


giovedì 24 settembre 2020

Il Cancrismo e l'amore per la vita

 


Accusare l’uomo di essere il cancro del pianeta secondo alcuni può sottintendere una forma smisurata di misantropia se non addirittura di odio verso la vita in generale.

Nulla di più sbagliato per quanto riguarda il Cancrismo, la teoria che da anni mi sforzo di sostenere e di divulgare, che esprime invece la posizione opposta: l’odio per la forma deviata di vita che l’evoluzione abnorme del cervello ha indotto nella nostra specie nasce dall’amore più profondo e sviscerato per la vita, così come sul nostro pianeta si è sviluppata in milioni e milioni di anni.

Il secondo capitolo del mio libro “L’impero del cancro del pianeta” si intitola “La sinfonia della vita” e cerca di stabilire un parallelismo tra l’armonia regnante in natura e la maestosità delle composizioni dei più grandi musicisti. L’alterazione genica che ha provocato la nostra disgraziata crescita cerebrale è assimilata alle stonature che possono intervenire a seguito di errori interpretativi.

“[…] pensiamo cosa accadrebbe ad una sinfonia di Beethoven se qualche presuntuoso orchestrale decidesse da un certo punto in poi di sostituire ogni “la” con un “sol”, o ogni “do” con un “si”, o di effettuare modifiche ancor più cervellotiche.

L’armonia si spezzerebbe e il risultato sarebbe disastroso.

Ebbene è ciò che noi abbiamo fatto con la natura della biosfera. E la sinfonia della vita rischia ora di trasformarsi in un tragico concerto per la fine del mondo.”

Perché l’amore per la vita?

Essenzialmente per tre ordini di motivi.

Il primo motivo è di natura estetica. La contemplazione della natura, animata e inanimata, è fonte di godimento per la vista e per ogni altro senso che ne sia coinvolto. Non potrebbe essere diversamente, poiché anche noi siamo natura e i nostri canali “percettivi” si sono co-evoluti insieme a ogni altra componente del mondo naturale: sentiamo di farne parte e ne siamo attratti. Restiamo immobili e sbalorditi di fronte alla maestosità della foresta, al fascino del bosco, all’imponenza delle catene montuose, del mare e dinanzi a ogni altro fenomeno che accade al di fuori delle distese di cemento che ormai purtroppo ci circondano. La riprova di questo godimento estetico si ha proprio in relazione alla triste visione delle periferie urbane. Ma, attenzione! Anche da questo impietoso contrasto si può trarre qualche elemento a sostegno della tesi sin qui sostenuta. Taluni ammirano le forme ardite di alcuni edifici ultra-moderni e molti sono affascinati da antiche costruzioni (pensiamo alle cattedrali gotiche): ebbene, queste realizzazioni dell’ingegno umano appaiono tanto più godibili alla vista quanto più richiamano forme, spazi e armonie proprie del mondo della natura. Non profili squadrati e linee rette, ma curve sinuose e un’infinità di decorazioni che riportano alla mente la vegetazione rigogliosa della selva primordiale. Emblematiche al riguardo le opere di Gaudì e, ancor più vicino a noi, i palazzi del cosiddetto “bosco verticale” recentemente edificati a Milano. Qui la superiorità estetica del mondo della natura rispetto a quella del nostro mondo artificiale è addirittura sancita dal tentativo di inserire la prima nella seconda.

Il secondo motivo è di natura intellettiva. Ogni fenomeno della natura è per noi fonte di immenso stupore. Abbiamo le capacità cerebrali più elevate tra gli esseri viventi e osserviamo l’accadimento di fatti che non saremmo mai stati in grado di progettare e men che meno di realizzare. La più intima riprova di questa affermazione sta proprio nella nostra stessa esistenza. Siamo venuti al mondo inconsapevolmente e poi, quando è stato il nostro turno di dare la vita ad altri esseri, lo abbiamo fatto altrettanto inconsapevolmente. Siamo l’anello di una catena, il tramite per la concretizzazione di organismi ultra-complessi che accudiamo amorevolmente ma della cui realizzazione non siamo minimamente responsabili. E così pure osserviamo ogni altra manifestazione della natura, dallo sbocciare di un fiore all’opera delle api sino ai più complessi rituali amorosi delle varie specie viventi, il tutto finalizzato unicamente alla perpetuazione di quella stupefacente realtà che chiamiamo vita. Ciò per noi è fonte di incredula ammirazione e di affascinata contemplazione che non può fare a meno di tradursi in amore per tale realtà.

Il terzo motivo è di natura psicologica. Oltre ad essere soggetti “osservanti” noi siamo anche e soprattutto soggetti “senzienti”. Il che significa che riceviamo sensazioni di ogni tipo dal mondo esterno, le immagazziniamo nel nostro cervello e le traduciamo in emozioni, sentimenti, stati d’animo e così via, come accade per ogni specie animale. La gioia, il dolore, il piacere sono solo alcune tra le infinite manifestazioni che si possono produrre in noi dall’incontro – scontro tra il mondo della natura e la nostra psiche. Alcune di queste manifestazioni inducono dolore e sofferenza, ma si tratta di una parte minoritaria. Non possiedo dati statistici al riguardo e credo che nessuno ne abbia, ma facendo affidamento sul semplice buon senso ritengo che l’esistenza della maggior parte degli esseri umani (e assai di più di quelli non umani!) sia prevalentemente contraddistinta da condizioni di buona salute e quindi di benessere esistenziale. È una delle leggi dell’evoluzione: ciò che apporta vantaggi procede, ciò che apporta svantaggi retrocede. Una sensazione che rende bene l’idea di come la nostra vita (e quindi anche quella degli altri viventi) sia da amare è l’euforia che ci pervade a primavera, al risveglio di tutte le componenti del mondo della natura. Quello è il momento in cui la vita rinasce dopo il letargo invernale e mostra con maggior vigore la potenza che la pervade. Siamo trascinati da tale spettacolo, ne restiamo affascinati e queste sensazioni si traducono nel profondo amore che proviamo nei confronti della vita.

Questi motivi sussistono a prescindere dalla disgraziata opera di devastazione della natura che stiamo compiendo. Per un evento tanto fortuito quanto sfortunato la crescita abnorme del nostro encefalo ci ha trasformati in cellule tumorali della biosfera. Ma questa triste realtà non deve indurci a odiare ciò che stiamo distruggendo, come pare facciano gli adoratori della modernità. Città non è meglio di campagna. Cemento non è meglio di terra. Rumore non è meglio di silenzio. Solo un profondo amore per la vita e per la natura è alla base della teoria cancrista: se si sostiene il diritto dell’uomo a dominare e devastare la natura si è dalla parte del cancro; se si nega questo diritto si è dalla parte della vita.