venerdì 4 novembre 2016

Crepuscolo del petrolio - Un commento sulle tesi di Louis Arnoux

Qualche tempo fa su questo blog è stato pubblicato in tre puntate (quiqui qui) un lunghissimo articolo di Louis Arnoux che personalmente ho trovato estremamente interessante perché, ad un’analisi che trovo molto convincente, seguono delle conclusioni che, al contrario, mi lasciano molto interdetto.

L’analisi di Arnoux

L’articolo può essere sintetizzato in 5 punti principali:
Punto 1.   Il doppio effetto Regina Rossa e Regina Rossa Inversa.   In sintesi, La Regina Rossa significa che, dal momento che l’energia netta dei combustibili fossili sta scendendo molto rapidamente, l’industria energetica ne deve estrarre sempre di più affinché si possano continuare a fare le solite cose. A oggi, secondo le stime di Arnoux, l’insieme dell’industria energetica dissipa circa l’88% dell’energia che estrae per pompare, cavare, lavorare e recapitare l’energia.  Oltre che nelle dispersioni intrinseche ai sistemi termodinamici ed alla scarsa funzionalità di reti spesso fatiscenti.   Ciò rende molto probabile un collasso del sistema produttivo nel giro di una decina di anni. Diciamo fra il 2025 ed il 2030 (guarda caso lo stesso periodo indicato dallo scenario BAU ne “I limiti dello Sviluppo”).
La Regina Rossa Inversa riguarda invece tutti i possibili sostituti di petrolio, gas e carbone.    Per crescere hanno bisogno di grandi investimenti energetici che vengono sottratti ad altri settori.   Quindi, per crescere abbastanza rapidamente da sostituire l’attuale sistema energetico prima che collassi, drenerebbero tali risorse tali da uccidere l’economia globale.   Se invece crescono abbastanza lentamente da lasciare risorse per gli altri settori (ad esempio l’agricoltura) non potranno sostituire le fossili in misura sufficiente ad evitare il collasso.
In particolare, per Arnoux è critica la situazione dell’industria petrolifera perché è quella più vicina al collasso termodinamico.   L’ex "oro nero” rappresenta oggi il 33% dei consumi globali ed è una percentuale in diminuzione, ma rimane critico perché tutte le altre filiere energetiche funzionano in quanto supportate dal petrolio.   Comprese quelle rinnovabili, perlomeno nelle loro fasi di realizzazione e per la manutenzione delle infrastrutture.   Ergo un collasso dell’industria petrolifera provocherebbe un automatico collasso di tutto il resto.
Punto 2.   La disponibilità di energia netta pro capite ha raggiunto il picco all’inizio negli anni ’70, poi ha cominciato a decrescere per il contemporaneo peggioramento dell’EROEI e dell’incremento demografico.  Per decenni il sistema economico ha continuato a crescere grazie all’esplosione del debito, ma oramai il debito non è più sostenibile perché l’industria energetica deve investire in se stessa più del 50% dell’energia che estrae. Questo porta necessariamente ad una riduzione di produttività del sistema economico complessivo. La riduzione dei salari reali, la progressiva soppressione del welfare, la distruzione del risparmio e di ciò che resta della biosfera, ecc. non riescono più a compensare la perdita di efficienza del sistema produttivo.   Anzi peggiorano la situazione perché strangolano il mercato finale, mandando l’industria in una crisi di sovraproduzione.   Il risultato è una crisi cronica che impedisce all’economia di crescere e, quindi, di acquistare l’energia ad un prezzo sufficiente a garantire la manutenzione delle filiere esistenti.   Figuriamoci sostenere i costi della costruzione di un’infrastruttura energetica innovativa.
In effetti, Gail Tverberg conferma che oramai il prezzo dell’energia (ed in particolare del petrolio) non dipende più da quanto se ne estrae, ma da quanto il sistema industriale lo può pagare senza andare in bancarotta.   E questo limite non è sufficiente a mantenere in vita gran parte dell’attuale industria energetica ancora per molto.
Punto 3.   Per funzionare, il nostro sistema economico ha bisogno di energia sufficiente a soddisfare contemporaneamente 5 diversi settori:
  1. Assicurare il funzionamento delle filiere energetiche esistenti ancora per parecchi anni (manutenzione degli impianti, sostituzione dei giacimenti esauriti, ecc.)
  2. Mantenere (meglio accrescere) gli attuali standard di vita nei paesi “avanzati”.
  3. Migliorare le condizioni economiche (cioè accrescere i consumi) degli attuali poveri in ogni parte del mondo.
  4. Mitigare le nefaste conseguenze dell’economia sulla Biosfera (inquinamento, cambiamento climatico, estinzioni, ecc.).
  5. Sviluppare abbastanza rapidamente la nuova infrastruttura energetica destinata a sostituire le fossili.
Secondo Arnoux, almeno dal 1990 i limiti termodinamici delle fonti energetiche esistenti non consentono più di perseguire tutte queste finalità contemporaneamente ed in misura sufficiente.   Ne consegue un’inevitabile deterioramento sia delle condizioni economiche che di quelle ambientali.
Punto 4.   Siamo giunti a tanto soprattutto per l’incapacità dei decisori e dell’opinione pubblica mondiale a capire la fisica dei sistemi complessi.   Al di la dei ruoli importanti e dei titoli accademici, sia fra i politici che fra gli economisti ancora prevalgono impostazioni basate su idee incompatibili con le leggi della Natura.  È quello che Arnoux chiama la “Sindrome della Fatina dei Denti”:  cioè pensare che possa esistere una fonte energetica che può essere sfruttata senza provocare le nefaste conseguenze della dissipazione di energia.
Punto 5.   La potenza installata attuale (tutte le fonti) è di circa 17 TW.   Secondo Arnoux, una popolazione stabilizzata attorno agli 8 miliardi di persone avrebbe bisogno di circa 50 TW per sopperire alle cinque categorie di bisogni elencati al punto 3.   Di questi, 10 TW dovrebbero essere dedicati alla mitigazione degli effetti negativi sull'ambiente, in particolare alla rimozione di CO2 dall'atmosfera tramite sistemi tecnologici.
Tale potenza sarebbe raggiungibile passando da un’efficienza energetica attuale, del 12% circa, ad una dell’80%, interamente da solare diretto.   Tale miracolo sarebbe fattibile “recuperando il calore di scarto e facendone un uso produttivo” ed utilizzando tecnologie solari con un EROEI almeno triplo rispetto alle tecnologie odierne.

Un commento

Se trovo il punti 1, 2, 3 e 4 convincenti, il punto 5 mi rimane ostico per una serie di motivi.
La prima questione che mi salta agli occhi è che Arnoux stesso sostiene che tutte le tecnologie rinnovabili attuali hanno un EROEI largamente insufficiente a sostituire le fossili.   Premesso che il calcolo dell’EROEI è complesso e criticabile, specie se riferito alle rinnovabili, di solito si stima un valore intorno a 10 o meno, ma ci sono delle eccezioni.  Impianti eolici particolarmente ben piazzati arrivano intorno a 20 ed i migliori sbarramenti idroelettrici arrivano addirittura ad 80. Ma per l’idroelettrico si tratta di impianti non replicabili in quanto i luoghi adatti sono limitati e tutti o quasi già presi.   Oggi si stanno costruendo impianti idroelettrici con EROEI infimi, talvolta minori di 1.

Il secondo punto, è che con le energie rinnovabili c’è un problema termodinamico che non può essere aggirato:  usare l’energia significa dissiparla lungo un gradiente.   Cioè, per muovere e/o scaldare qualcosa devo avere a disposizione energia concentrata e disperderla.   E tutte le energie rinnovabili, tranne l’idroelettrico in condizioni ottimali, sono diffuse.   Prima di poterle dissipare utilmente, bisogna quindi concentrarle.   Ma per concentrare l’energia bisogna necessariamente dissiparne una parte.   Qualunque sia la tecnologia usata.   Per questo penso che nulla potrà darci quello che ci hanno dato le fossili che sono state concentrate da processi naturali durati centinaia di milioni di anni.

Dunque, quali sarebbero le tecnologie in grado di recuperare il calore disperso e concentrare l’energia solare con un EROEI superiore a 30?   Arnoux non ce lo dice e, che io sappia, l’unica tecnologia attualmente allo studio che potrebbe forse raggiungere rendimenti così elevati è l’eolico d’alta quota.   Ma siamo ancora lontani da avere dei prototipi funzionanti e qui si sta parlando di installare 50 TW nel giro di 10 anni!   Quanto al recupero del calore a bassa temperatura, non mi risulta che esistano studi promettenti in materia e neppure vedo come possa essere termodinamicamente possibile.
Un terzo punto che mi lascia dubbioso è che l’analisi di Arnoux, come quelli degli altri analisti che conosco, parte dal presupposto che esista un mercato del petrolio simile a quello attuale.   Un’ipotesi corretta per analisi a breve termine, ma non per quelle a medio e lungo termine.   Io credo che, quando la situazione sarà diventata davvero critica, i governi e le grandi compagnie accantoneranno le loro ideologie liberiste e militarizzeranno il settore, destinandone il poco che potrà ancora dare ai servizi essenziali ed al funzionamento di altre filiere energetiche.   Ciò consentirà di dilazionare il collasso finale, ma non di evitarlo perché, comunque, la termodinamica del sistema non potrà che continuare a peggiorare, così come gli effetti distruttivi sugli ecosistemi di cui noi umani (senza rendercene conto) facciamo parte.
Un quarto tipo di obbiezione che mi sento di fare è che gli impatti ambientali e la crescita demografica sono correlati, sia pure in modo complesso, proprio alla dissipazione di energia.   Anche nell'ipotesi di disporre di un 100% di energia solare diretta, quali sarebbero gli effetti di una triplicazione dell’energia dissipata sull'entropia del Pianeta?   Impossibile dirlo oggi, ma possiamo essere certi che degli effetti importanti ci sarebbero.   Del resto, 80 anni fa, chi avrebbe immaginato che l’uso del petrolio avrebbe scatenato un disastro planetario di portata gologica?

Conclusioni

“Di più” di qualsiasi cosa è difficile che sia una buona strategia nell’attuale situazione, ma “di meno” vuol dire anche e soprattutto meno gente.   Una prospettiva che, in realtà, non piace a nessuno, ma che è anche l’unica speranza concreta che abbiamo.    Speranza che la diminuzione della popolazione e dei consumi avvengano abbastanza rapidamente da salvare l’essenziale della Biosfera.   Cioè del principale presupposto per una vita umana nel futuro.


domenica 30 ottobre 2016

Godetevi la Terra finché dura: i livelli di carbonio atmosferico superano il punto di non ritorno

Da “UK Complex”. Traduzione di MR

Di Mac MacCann

La cattiva notizia: Il problema del cambiamento climatico terrestre ha appena superato un punto di non ritorno. I livelli di carbonio atmosferico hanno superato le 400 ppm e non torneranno “mai più, in un futuro indefinibile”, a livelli ambientalmente amichevoli.

La buona notizia? Ah no, aspettate. Mi spiace, siamo praticamente fottuti.

martedì 25 ottobre 2016

La crisi climatica è già qui – ma nessuno ce lo dice

Da “The Guardian”. Traduzione di MR (via Luca Mercalli)

Di George Monbiot

I media relegano la più grande sfida che ha di fronte l'umanità alle note a piè di pagina mentre l'industria e i politici ci scagliano verso il collasso sistemico del pianeta


‘Il ghiaccio marino artico ha ricoperto un'area più piccola lo scorso inverno rispetto ad ogni inverno passato da quando esistono le registrazioni'. Foto: Alamy 

Ciò che è essenziale non è importante. Ciò che è importante non è essenziale. I media ci sviano dai problemi che determineranno il corso delle nostre vite verso argomenti di un'irrilevanza da fondere il cervello.

Quest'anno, con le tendenze attuali, sarà l'anno più caldo mai misurato. Il record precedente è stato stabilito dal 2015, quello precedente dal 2014. Quindici dei sedici anni più caldi si sono verificati nel XXI secolo. Ognuno degli ultimi quattordici mesi ha battuto la temperatura globale media del mese. Ma si può ancora sentire gente che ripete la vecchia affermazione, proposta per la prima volta dai lobbisti dei combustibili fossili, che il riscaldamento globale si è fermato nel 1998.

Il ghiaccio marino artico ha ricoperto un'area più piccola lo scorso inverno rispetto a qualsiasi altro inverno da quando sono iniziate le registrazioni. In Siberia, imperversa un'epidemia di antrace fra la popolazione umana e quella di renne perché corpi infetti bloccati nel permafrost dall'ultima epidemia del 1941 si sono fusi. L'India è stata martellata da cicli di siccità ed inondazioni, mentre un caldo che appassisce secca il suolo e infiamma i ghiacciai in Himalaya. L'Africa meridionale ed orientale è stata catapultata in emergenze umanitarie dalla siccità. Gli incendi imperversano sull'America; le barriere coralline in tutto il mondo si stanno decolorando e stanno morendo. Nei media, queste tragedie vengono riportate come impatti de El Niño, un evento meteorologico naturale causato da blocchi di acqua calda che si formano nel Pacifico. La fase de El Niño ora è finita, ma i record cadono ancora.


Persone che aspettano per riempire le loro taniche di acqua durante una siccità a  Latur, in india, nell'aprile 2016. Foto: via Getty Images

Otto mesi fa a Parigi, 177 nazioni hanno promesso di provare ad assicurarsi che la temperatura media del mondo non aumentasse di più di 1,5°C al di sopra del livello preindustriale. Ma questa è già aumentata di 1,3°C – più rapidamente e oltre quanto previsto da tutti. In un certo senso, gli scienziati avevano torto. Ci hanno detto di aspettarsi una crisi climatica nella seconda metà di questo secolo. Ma è già qui. Se avete dato uno sguardo rapido potreste esservi persi i rapporti, ma forse l'aspetto che colpisce di più della Piattaforma democratica (il manifesto di partito) approvato a Philadelphia la settimana scorsa è stata la sua posizione sul cambiamento climatico. La campagna di Hillary Clinton ora promette una mobilitazione nazionale e globale “su una scala mai vista dalla Seconda Guerra Mondiale”. Cercherà di rinegoziare gli accordi di scambio per proteggere il mondo vivente, per fermare la trivellazione di petrolio nell'Artico e nell'Atlantico e per garantire che gli Stati Uniti “siano alimentati interamente da energia pulita per la metà del secolo”.

Ci sono alcune contraddizioni evidenti nella piattaforma. A giudicare da un paragrafo bizzarro, i democratici credono di poter risolvere il cambiamento climatico espandendo strade ed aeroporti. Si vanta del record di vendite dell'industria automobilistica e promette di tagliare “la burocrazia”, che è il termine usato dai lobbisti delle multinazionali sulle protezioni pubbliche che odiano. Ma  dove è buono è molto buono e riflette l'influenza di Bernie Sanders e dei candidati da lui proposti al comitato di redazione. Donald Trump, dall'altra parte, - be', che cosa vi aspettavate? Il cambiamento climatico è una "truffa" e un "inganno" che è stato“creato da e per i cinesi per rendere la produzione statunitense non competitiva”. Il suo manifesto suona come una lettera d'amore per l'industria del carbone. Il carbone, dice, “è una fonte di energia interna abbondante, pulita, accessibile, affidabile”. Difenderà l'industria rifiutando l'accordo di Parigi, fermando i fondi per il lavoro sul cambiamento climatico dell'ONU, mollando il piano per l'energia pulita del presidente Obama e proibendo all'EPA (Environmental Protection Agency) di regolamentare il biossido di carbonio. La cosa più allarmante della piattaforma è che non l'ha scritta Trump: la spacconata squilibrata e contraddittoria del partito repubblicano è uno sforzo collettivo. Ma almeno chiarisce alcune cose. Anche se vanta la sua grande ricchezza e potere, si propone come l'amico del cittadino comune e il nemico del capitale multinazionale. Su ogni problema significativo nel manifesto, il capitale multinazionale vince. Leggerlo significa scoprire come si è evoluta la situazione e a che punto sta.


‘Il manifesto di Trump è una lettera d'amore per l'industria del carbone'. Una centrale a carbone vicino Page, Arizona. Foto: Alamy

Incidentalmente, i dirigenti di Trump non condividono la loro credenza che il cambiamento climatico è un inganno. Il suo resort di golf in Irlanda sta chiedendo il permesso di costruire un muro – non per tenere fuori i messicani, ma per difendere i suoi affari dall'aumento dei livelli del mare, dall'erosione e dalle mareggiate causate, dice la richiesta, dal riscaldamento globale. Se ci si può pagare l'uscita dai guai, chi se ne frega degli altri 7 miliardi?

Non è che i media non abbiano menzionato ciò che dicono le due piattaforme sulla crisi esistenziale umana. Ma la copertura è stata, in gran parte, relegata alle note di piè di pagina, mentre le banalità evanescenti delle convention hanno condotto i bollettini e riempito le prime pagine. Ci sono molti livelli di pregiudizio nei media, ma il più importante è il pregiudizio contro la rilevanza. In Gran Bretagna, i media non sono riusciti a costringere David Cameron a rendere conto delle sue promesse verdi stravaganti e il record scioccante come primo ministro. Il suo successore, Theresa May, ha fatto qualche nomina terribile, ma il nuovo ministro per il cambiamento climatico, Nick Hurd, un adulto fra i suoi buffoni di corte, è una scelta interessante in quanto sembra capire l'argomento. Il problema fondamentale, tuttavia, è che i costi politici del fallimento sono molto bassi. Fingere che i quotidiani e i canali televisivi siano arbitri neutrali di tali questioni significa ignorare il loro posto nel cuore corrotto dell'establishment. Alle convention statunitensi, solo per fare un piccolo esempio, il Washington Post,  l'Atlantic e il Politico sono stati pagati dall'American Petroleum Institute per tenere una serie di discussioni, alle quali erano rappresentati i negazionisti climatici. La penna potrebbe essere più potente della spada, ma la borsa è più potente della penna.

Perché dovremmo credere che le multinazionali ci raccontino la verità sulle multinazionali? E se non possono informarci correttamente sul potere in cui sono inserite, come possono informarci correttamente su qualsiasi cosa? Se l'umanità non impedisce il collasso climatico, l'industria che ha la responsabilità maggiore non è quella dei trasporti, del gas, del petrolio e nemmeno del carbone. Tutte queste possono comportarsi come fanno, spingendoci verso il collasso sistemico, solo con una permesso sociale per farlo. Il problema comincia con l'industria che, più o meno consapevolmente, garantisce loro questo permesso: quella per cui lavoro.


sabato 22 ottobre 2016

Basta fare figli: siamo già sei miliardi di troppo

Da “Return to Now”. Traduzione di MR (via Population Matters)

Gli esperti dicono che la popolazione ideale è al di sotto dei 2 miliardi; noi invece siamo 7,5 e in crescita

Quando le persone sostengono che la sovrappopolazione è un mito, le loro argomentazioni di solito ruotano attorno alla quantità di spazio “aperto” presente sulla Terra non ancora occupato dagli esseri umani.


Dicono cose tipo - “Avete mai volato sopra il paese e visto tutta la terra libera che c'è fra New York e  la California?” Ma ciò di cui non si rendono conto è che ci vuole molta più terra di quella in cui si trova un appartamento per sostenere la vita umana. Solo perché possiamo stipare qualche altro miliardo di corpi umani qua e là, questo non significa che c'è terra fertile o acqua pulita sufficienti a sostenere tutte quelle persone.

mercoledì 19 ottobre 2016

Perché collegare la crescita della popolazione allo stress ambientale è politicamente un tabù?

Da “Church and State”. Traduzione di MR (via Niccolò Famiglietti)

Di Carolyn Lochhead | 2 settembre 2013

San Francisco Chronicle 




(Foto: Felipe Dana / Associated Press)

La California ha 157 specie in via di estinzione, incombenti carenze d'acqua, otto delle dieci città con l'aria più inquinata del paese e 725 tonnellate di rifiuti che si riversano sulle sue coste ogni anno.

La California ha anche 38 milioni di abitanti, aumentata del 10% nell'ultimo decennio, compresi 10 milioni di immigrati. Questi abitanti possiedono 32 milioni di veicoli registrati e 14 milioni di case. Per il 2050, le proiezioni mostrano 51 milioni di persone che vivono nello stato, più del doppio del 1980.

domenica 16 ottobre 2016

Luigi Sertorio: riflessioni sul referendum del 4 Dicembre 2016



LUIGI SERTORIO, nato nel 1933 a Torino, professore associato di Ecofisica alla Facoltà di Scienze dell'Università di Torino. E' stato per quindici anni visitatore consultant della Divisione Teorica del Los Alamos National Laboratory, e per tre anni membro della Divisione V della NATO, Affari scientifici. E' autore di circa novanta pubblicazioni di Fisica teorica, e di libri come, Thermodynamics of complex systems (World Scientific, 1991), Storia dell'abbondanza, 2002. Vivere in nicchia e pensare globale, 2006. Cento watt per il prossimo miliardo di anni, 2008, e molti altri



di Luigi Sertorio
sertorio@to.infn.it



Introduzione: chi siamo, da dove veniamo.

- Impero romano: Augusto imperatore nel 27 aC. Termina con Romolo Augustolo nel 476 dC. Territorio: fertile, bacino del Mediterraneo, traffici commerciali. Struttura imperiale, basata sul potere militare.

- Medioevo: stesso bacino territoriale. Struttura in città o stati molto piccoli. Eccellente preservazione delle radici della cultura artistica e scientifica.

-1492. Cristoforo Colombo connette Europa e continente americano. Nascono le potenze coloniali, Portogallo, Spagna, Francia, Inghilterra, Paesi Bassi. I traffici navali implicano l'Atlantico. Il Mediterraneo rimane con ruolo inferiore. Le potenze coloniali occupano l'Italia con forme di governo variabili.

- Alla fine del '700 incomincia l'era del carbone, macchine e motori. Fabbriche e ferrovie compaiono nell'800. Marx teorizza tale dinamica.

- 1861 creazione del regno d'Italia. Termina nel 1946. La struttura di confederazione sostenuta da molti pensatori viene rifiutata in favore di monarchia dotata di potere esecutivo, legislativo, giudiziario, con Statuto.

- Repubblica italiana, dal 1946 a oggi.

A cosa serve questo richiamo? A far meditare sul fatto che Il presente italiano è l’esito di un passato enormemente complesso. Sarebbe bene cercare di capirlo, nel bene e nel male.


La costituzione

La Costituzione repubblicana italiana è stata scritta subito dopo la guerra devastante che aveva implicato non solo la fine della debole e corrotta monarchia sabauda intrecciata a venti anni di capitalismo fascista, ma tutti gli stati d'Europa, più Russia e Giappone. Emergeva nel 1945 l'impero militare industriale americano con pretesa di dominare tutto il pianeta Terra, essendo in possesso dello strapotere nucleare. Pretesa che si evidenzia con continuità fino al presente.

Nelle condizioni di totale debolezza in cui si trovavano gli uomini che formularono la Costituzione scrissero un testo poetico espressione di principi ideali utopici. Come mai utopici? Perché l'Italia non era una nazione ma un territorio devastato, con una potente storia di pensiero arenata su un presente di vassallaggio. Basta ricordare che nel 1949 l'Italia entra forzatamente nella NATO e di conseguenza nel 1951 cede, regala, agli USA porzioni di territorio nazionale per le tre basi militari di Camp Darby, Sigonella e Vicenza. [presidente della repubblica Einaudi e presidente del consiglio De Gasperi]. Dove era finito il concetto di sovranità dello stato e dei suoi princìpi fondanti? E' come prendere una suorina vergine e pura che canta dolcemente un inno alla vita eterna e poi entra in un bordello a concedere il suo corpo.

I grandi politici tipo De Gasperi o Andreotti erano totalmente servi dell'America. La nazione Italia andava avanti con una dinamica di sottomissione tecnologica ed economica (eliminazione di Mattei, Ippolito, Olivetti) e di furbizia, l'unica arma che resta in mano e che caratterizza i servi. Lo sappiamo fin dai tempi antichi. La corruzione italiana è sempre piaciuta agli USA. Ricordo alle riunioni generali della NATO (anni 1991-1994) il rappresentante italiano che non sapeva parlare inglese e stava seduto appoggiato al tavolo dell'immensa sala a leggere i giornali (orrenda vergogna per me che ero costretto a stare seduto dietro a lui secondo le gerarchie d'uso). Quando si chiedeva il voto la segretaria che sapeva l'inglese gli dava un colpetto, lui si muoveva alzando la mano per indicare che approvava la mozione richiesta, che era sempre quella degli USA. Questo comportamento era graditissimo agli Americani.

E così a casa, cioè nel parlamento italiano, vegetavano i corrotti. E' dal 1947 che elaborano nomi e regole per alimentare privilegi vari. Questi trucchi continuano adesso con facce nuove e tante parole fra cui la riforma costituzionale di cui si straparla oggi. Nulla di nuovo rispetto alle osservazioni citate sopra. I poteri dominanti, nucleare e bancario, gradiscono ovviamente un governo italiano sufficientemente autoritario ma che continui a obbedire, come sempre (*). La proposta di modifica alla Costituzione va esattamente in questa direzione, e il sostegno dei poteri dominanti è palese.

Non è il testo della Costituzione che si deve cambiare ma la scelta degli individui che entrano nelle strutture dello Stato, perché sono loro che conducono la dinamica della nazione. Se una squadra di calcio non va bene si lavora sui calciatori e sull’allenatore non sulla misura dell’area di rigore, o sulle regole del fuorigioco, o della palla al centro. Se una struttura operante nel mondo agricolo o commerciale o industriale manifesta delle imperfezioni si analizza il funzionamento dei suoi membri nei loro vari ruoli, non si dà la colpa alla definizione dei concetti di “coltivazione”, “mercato”, “prodotto”. Se il presidente del consiglio va al colloquio con il presidente degli Stati Uniti e non sa parlare in inglese, ha due scelte, o impone l’italiano (davvero?) o si porta dietro un interprete. In realtà fa brutta figura, non si venga a dire che occorre una modifica della Costituzione onde dargli più dignità. Dobbiamo sostituirlo con un uomo competente e veramente degno del ruolo che copre. E così via.

Chi propone i cambiamenti che sono adesso oggetto del referendum? Un consesso di saggi? Lontanissimi da ciò. Quando vedo in azione alla TV i politici che sono giunti al potere non so come e perché, all’opera nell’illustrare le modifiche costituzionali, e mi riallaccio alla mia esperienza triennale alla NATO vedo in azione una tragica continuità di inadeguatezza. Dobbiamo portare al Parlamento e al Senato le persone giuste. E’ ciò facile? No, è difficilissimo. Ma quando una popolazione non è nazione sana, cioè sufficientemente ben definita nella sua dinamica storica, le sciagure provenienti dall'esterno arriveranno inattese e incomprese dalla classe politica in atto. Davvero si deve parlare di rimpallo fra Camera e Senato che deve essere curato? Apriamo gli occhi e cerchiamo di capire perché esiste la quasi totale incapacità di analizzare le cause dei veri problemi globali. Il più vicino è il flusso migratorio, che è visibile ma parte da lontano.

Molto più difficile da capire, perché invisibile, è l'accerchiamento nucleare della Russia che l'America sta eseguendo in certe aree sotto l'etichetta della NATO e in generale con la giustificazione di doverosi interventi di pace. Certamente i politici con scorta e auto protettiva non vedono niente. Ovvero sono occupati a bisticciare in TV per cercare consensi in un certo bacino di elettori, indicando i fatti locali e le loro cause immediate. E così i super ricchi con case blindate dislocate in vari posti della Terra se ne fregano. Ma non sono né i politici che abbiamo oggi, né i super ricchi orbitanti nella finanza globale i portatori dell'intelligenza. E allora che succede nel futuro dell'intelligenza degli italiani?


Conclusione.

Nel corso del tempo, andando indietro di tre o quattro millenni, si sono succeduti molti modi di agglomerarsi delle collettività umane. Si va da strutture di potere assoluto sacro ereditario come nell’Egitto dei Faraoni, a modi spontaneistici come nelle tribù della foresta. Le strutture coesive si basano su moltissimi parametri dei quali citiamo due principali: l’eredità culturale e l’appartenenza al territorio. E’ difficile dire quando nascono i concetti di Nazione e Stato, un punto di riferimento, anche se relativamente arbitrario, può essere la rivoluzione francese. Accettati questi concetti vediamo che essi sono connaturati al problema di formulare la connessione fra la volontà delle persone incluse nella Nazione e il potere dello Stato. Questa connnessione è definita dalla Costituzione. E’ una scrittura formale che esce dal cervello di uomini, non dal volere divino o dalle leggi della fisica. Definita la Nazione e scritta la sua Costituzione, partono gli innumerevoli problemi della dinamica umana interna alla Nazione intrecciata alla dinamica del potere dello Stato.

La “classe politica professionale governante”, con le sue definizioni e le sue norme, è l’interfaccia fra la comunità degli esseri umani formanti la Nazione, portatori della complessità della vita, e le direttive della Costituzione (**). Osserviamo che questo ruolo di professionisti governanti c’era anche prima della nascita delle costituzioni. Con la comparsa del binomio Stato-Costituzione la definizione di classe politica è più precisa. Comunque il probema fondamentale, vitale, è questo: come, in che modo, con quali mezzi la moltitudine dei cittadini sceglie e guida la classe politca che a sua volta dovrà guidarli e governarli? All’interno della Nazione ci sono le radici del pensiero, dell’arte, della scienza. Ma ci sono anche le radici della stupidità, della criminalità. La salute di una Nazione è il concetto più complesso che esista. Nazione sana, Stato sano, che bello. Esiste?

La nostra costituzione è pura e ingenua. La struttura dei poteri dello Stato è ovviamente evolutiva (la tecnologia e i modi del vivere cambiano in continuazione, le interazione con altre Nazioni cambiano in continuazione). E’ la capacità di evoluzione del funzionamento dei poteri dello Stato che deve essere intelligente e degna del portato del pensiero appartenente ad una certa Nazione. Queste sono osservazioni basilari. E’ la buona fisiologia degli organismo dello Stato il punto cruciale. Arriviamo ora alla proposta di modifica costituzionale che ci angoscia perchè è indizio di malfunzionamento fisiologico dell’interfaccia Cittadino-Stato, cioè della classe politica avente il compito di governare. La proposta di modifica è nata non si sa come, è scaltra, ed eterodiretta. Non è nata dal cuore e dalla mente dei cittadini, I quali sono stanchi della classe politica dirigente. O si assentano o si associano passivamente. La classe politica mette in azione la furbizia, che abbiamo visto essere vecchia. La campagna elettorale è sempre più caotica. Il SI e il NO sono diventate mosse su un campo da gioco di voltagabbana che fanno giravolte non sulla scala del tempo dell’anno, del mese, del giorno, ma della stessa intervistaTV. Vogliamo accordarci con loro?

Il NO dovrebbe essere un messaggio di dignità, di volontà di rifare le nostre scelte di uomini, non di rifare codicilli, articoli, paragrafi. Il ritornello del semplificare oggi vuol dire proseguire nella strada della furbizia. E questo lo pagheremo carissimo nel futuro.




Note

(*) Come riferimento per inquadrare i concetti di asservimento e sovranità mi limito a citare l’espulsione della sede NATO da Parigi nel 1966 su ordine di De Gaulle (viene trasferita a Bruxelles) e la non esistenza di basi militari USA in Francia. Come mai? La Francia, sempre su direzione di De Gaulle, nel dopoguerra è diventata una potenza nucleare, la terza nel mondo dopo USA e Russia.

(**) Osservazione. C’è un rapporto precostituito fra il numero dei cittadini e il numero dei componenti della classe governante? Re, Corte di Versailles e popolo francese alla fine del Settecento. Oggi, in Italia, Parlamento, Senato e 61 milioni di italiani. Quali sono i numeri che descrivono tali strutture? Domanda da capogiro. La struttura del potere è una articolazione complessa, include la dinamica del denaro, la capacità unificante della religione, le diramazioni operative della criminalità, tutti canali dotati di diversissime morfologie agenti sul tessuto sociale. Tanti auguri a chi vuole meditarci su.