sabato 23 gennaio 2016

Le ultime grandi aree di natura incontaminata dall'Asia all'Amazzonia sono minacciate

Da “Independent”. Traduzione di MR

C'è la finanza internazionale dietro ai piani per spianare aree incontaminate da Sumatra al Serengeti

Di Steve Connor




Autisti su una statale che passano attraverso terra deforestata lungo una autostrada federale. Getty Images 

Le ultime aree di natura incontaminata – dall'Asia all'Amazzonia – sono minacciate da un programma di costruzione di strade senza precedenti da parte di banche di sviluppo aggressive che hanno poco interesse nel proteggere il mondo naturale, ha avvertito un importante scienziato ambientale. La costruzione di enormi infrastrutture e strade sono al centro di enormi progetti di sviluppo in tutto il mondo, giustificati come tentativi vitali di aiutare i più poveri a raggiungere uno standard di vita più alto. Gli scienziati affermano che stiamo vivendo nell'era più esplosiva dell'espansione di strade ed infrastrutture della storia umana – dalle pianure del Serengeti alle foreste pluviali di Sumatra. Entro il 2050, stimano che ci saranno ulteriori 25 milioni di km di nuove strade asfaltate a livello globale, sufficienti a fare il giro della Terra 600 volte. Circa il 90% di queste nuove strade verranno costruite nel mondo in via di sviluppo e molte di queste porteranno ai primi tagli in profondità in aree di foresta pluviale tropicale incontaminata per strade di servizio per nuove miniere e dighe idroelettriche in alcuni dei luoghi più remoti della Terra.

Discussione sul collegamento fra emissioni e popolazione

Da “The Bulletin”. Traduzione di MR (via Population Matters)

Le Nazioni Unite prevedono che la popolazione globale, oggi di circa 7,4 miliardi, raggiungerà gli 11,2 miliardi nel 2100 (con l'Africa che fa la parte del leone nella quota di crescita). Per tutti coloro che sono preoccupati dal cambiamento climatico, questa è una prospettiva che fa pensare. Il mondo lotta già per limitare le emissioni di biossido di carbonio, quali sono quindi le prospettive della mitigazione climatica in un mondo col 50% di persone in più? Ma le proposte di rallentare la crescita della popolazione possono incontrare una dura resistenza. Il vero problema, dicono alcuni, è che il consumo di energia crescerà molto più rapidamente della popolazione (link a cura del traduttore) man mano che il mondo diventa più ricco – ed in ogni caso, le iniziative del passato di limitare la crescita della popolazione a volte hanno assunto forme sinistre. Sotto, esperti da Nigeria, Stati Uniti e Cina discutono queste questioni: i tentativi di limitare la crescita della popolazione sono un elemento legittimo della mitigazione climatica – e possono essere perseguiti senza esigere costi etici inaccettabili? 

Clima: un'altra ragione perché l'Africa rallenti la crescita della propria popolazione

Di Alex Ezeh

Ci sono quelli che percepiscono qualsiasi tentativo di limitare la crescita della popolazione come “controllo della popolazione”. Si tratta di un termine che evoca in modo raggelante l'intervento di stato coercitivo per controllare il comportamento riproduttivo individuale. I programmi di controllo della popolazione sono stati implementati di rado senza esigere costi etici inaccettabili. Ma c'è una grande differenza fra i programmi di controllo della popolazione coercitivi condotti dallo stato e i tentativi di rallentare la rapida crescita della popolazione. L'obbiettivo dei programmi di controllo della popolazione sono le azioni individuali. I tentativi di rallentare il tasso di crescita della popolazione, invece, lavorano all'interno dei contesti sociali e cercano di produrre un cambiamento volontario.

La dimensione e il consumo della popolazione sono fra i motori chiave del cambiamento climatico. Se ci sono 7 miliardi o 14 miliardi di persone sulla Terra conta a livello fondamentale per il clima. Ma la relazione fra popolazione e salute del pianeta non è lineare. Un bambino nato, diciamo, in Nord America avrà un'impronta di carbonio più pesante di quella che avrà la sua compagna d'età nata nell'Africa sub-sahariana. Le regioni con le impronte di carbonio più pesanti stanno sperimentando una crescita della popolazione più lenta delle altre regioni. Molti paesi – compresi Giappone e Russia e gran parte delle nazioni dell'Europa orientale – stanno sperimentando una crescita della popolazione negativa. Ma non è così per l'Africa sub-sahariana. Fra il 1950 ed il 2000, la popolazione della regione è cresciuta da meno di 180 milioni a più di 642 milioni. Solo a partire dal 2000, la popolazione della regione è aumentata della metà, fino a quasi 1 miliardo. Per il 2050 la popolazione dell'Africa sub-sahariana è prevista a più di 2,1 miliardi – e 50 anni dopo questo, la regione sarà la casa di una stima di 4 miliardi di persone. In questo scenario, due esseri umani su cinque nel 2100 saranno Africani sub-sahariani.

L'impronta di carbonio dell'Africa sub-sahariana è leggera. Ma la popolazione in rapida crescita della regione ha un impatto ambientale che è già molto evidente. Gli ecosistemi come la foresta pluviale tropicale si degradano rapidamente. Pratiche agricole inefficienti stanno creando cambiamenti dell'uso della terra indesiderabili. La biodiversità sta diminuendo. Tutti questi effetti sono attesi in intensificazione se la popolazione dell'Africa cresce come previsto. I politici africani si interessano al rapido tasso di crescita della popolazione dell'area – ma il cambiamento climatico non è in nessun modo la ragione principale di questo interesse. In Africa, l'aumento della domanda di servizi fondamentali – senza l'aumento di risorse per pagarli – può forzare le infrastrutture oltre la loro capacità. Ciò fa sembrare ogni successivo governo della regione meno efficace del regime che lo ha preceduto. L'educazione è un buon esempio dell'aumento della domanda di servizi pubblici. L'UNESCO stima che l'Africa sub-sahariana, per ottenere la copertura della scuola primaria e dell'inizio della secondaria entro il 2030, avrà bisogno di 2,1 milioni di insegnanti della scuola primaria in più e 2,5 milioni di insegnanti della scuola secondaria iniziale. Chiaramente, i leader politici dell'Africa sub-sahariana affrontano sfide enormi a causa della rapida crescita della popolazione.

I leader politici sono anche preoccupati dalla crescita della popolazione perché temono l'insicurezza e l'instabilità. Gli estremisti possono trovare adepti più facilmente in bacini più ampi – specialmente  in grandi bacini di giovani la cui educazione ridotta, le cui prospettive di impiego ridotte e la mancanza di opzioni, possono renderli disillusi. I leader hanno anche interesse per la popolazione a causa del potenziale di un cosiddetto “dividendo demografico” - cioè, un miglioramento nelle prospettive economiche di una nazione quando il suo rapporto fra età lavorativa e non lavorativa delle persone aumenta. Quindi non sorprende che quando i decisori politici africani considerano la crescita della popolazione, il cambiamento climatico non è centrale nel loro pensiero. Ma quale dovrebbe essere la preoccupazione a proposito dei 4 miliardi di africani che potrebbero esserci nel 2100? Il problema non è se l'Africa, un continente di più di 3 miliardi di ettari, ha abbastanza spazio per così tanta gente. Anche un'Africa con 4 miliardi di abitanti avrebbe di gran lunga meno persone per unità di terra abitabile di quanto l'India non ne abbia oggi. In realtà, la domanda chiave è questa: che tipo di persone sarebbero questi 4 miliardi di africani? Sarebbero africani poveri, malati, ignoranti che si calpestano l'un l'altro per scappare? O saranno africani sani, colti e produttivi e felici di vivere sul loro continente di nascita e che contribuiscono al progresso ed allo sviluppo regionale (e globale)? E soprattutto, come può l'Africa sub-sahariana trasformare il suo futuro demografico in qualcosa di gestibile, orientato allo sviluppo ed economicamente fattibile – rispettando pienamente le scelte riproduttive individuali?

Le nazioni africane possono cambiare le loro traiettorie demografiche e di sviluppo per il meglio se perseguono vigorosamente tre azioni politiche chiave. La prima è fornire accesso universale ai servizi di pianificazione famigliare, che hanno dimostrato di ridurre significativamente il numero di bambini nati anche in popolazioni povere, ignoranti e rurali. Un aumento di soli 15 punti percentuali nella diffusione dei contraccettivi è associata alla riduzione di un figlio nel numero di bambini nati per la donna media. Nell'Africa sub-sahariana, la crescente diffusione dei contraccettivi di 45 punti percentuali potrebbe ridurre il tasso totale di fertilità da 4,7 a 1,7, che porterebbe il tasso di crescita della popolazione della regione al di sotto dei livelli di ricambio. La seconda iniziativa politica chiave coinvolge tentativi di ritardare matrimonio e gravidanza. Restando tutto il resto uguale, una popolazione in cui le donne cominciano ad avere figli a 15 anni ha il 25% in più di persone dopo 60 anni di una popolazione in cui le donne hanno il loro primo figlio a 20 anni. Più viene ritardato il matrimonio di una ragazza, più opportunità ha per lo sviluppo personale – e meglio è per l'intero paese. Un terzo passo importante è espandere l'accesso delle ragazze all'educazione oltre il livello della scuola primaria. Le donne, se ricevono un'educazione ulteriore da ragazze, hanno meno figli. Ciò è stato dimostrato in modo consistente. Una migliore educazione fornisce anche migliori opportunità alle donne di guadagnarsi uno stipendio – esattamente ciò di cui hanno bisogno i paesi in via di sviluppo per ottenere lo sviluppo economico. Implementare queste tre iniziative politiche porterebbe a riduzioni più sostenibili, più durature e (cosa più importante) più veloci dei tassi di crescita della popolazione di quella che otterrebbe qualsiasi azione coercitiva di governo.

La prospettiva di 4 miliardi di africani nel 2100 può essere motivo di preoccupazione – o potrebbe ispirare impegno ad investire in opportunità educative per le ragazze, maggior accesso alla pianificazione famigliare e matrimoni ritardati. Questi passi sarebbero una trasformazione per il continente. Genererebbero sviluppo e promuoverebbero la crescita economica oltre alla riduzione del fardello demografico che contribuisce al cambiamento climatico. Ma mentre i tentativi africani di rallentare la crescita della popolazione contribuiranno alla salute del pianeta, non si deve dimenticare che i più grandi colpevoli nella corsa alla distruzione del pianeta sono i paesi che hanno le impronte di carbonio più pesanti. Servono iniziative globali e gli investimenti per sostenere i paesi africani mentre lavorano per ottenere un dividendo demografico – ma questo dev'essere abbinato a tentativi appropriati e complementari per mitigare il danno ambientale arrecato dai paesi che si aspettano una crescita della popolazione zero o persino negativa.

venerdì 22 gennaio 2016

Qualcosa di molto brutto all'orizzonte


(Sorgente: giss)

Lo so che tutti dicono che non bisogna spaventare la gente. Lo so che tutti dicono che bisogna essere cauti. Lo so che tutti dicono che tutto andrà bene dopo Parigi. Lo so, lo so, che essere catastrofisti è controproducente. Le so tutte queste cose.

Eppure, eppure..........





giovedì 21 gennaio 2016

Non possiamo più fare niente.


Intervista rilasciata da Dennis Meadows  a Rainer
Himmelfreundpointer pubblicata dalla rivista Format il 6 marzo 2013.

40 anni fa uscì uno dei libri più importanti del XX secolo: "I limiti della crescita", patrocinato dal Club di Roma.   Nel libro non si previde la data del collasso della nostra civiltà, ma i 30 ricercatori coordinati dai coniugi Medaows dimostrarono che la crescita demografica e la crescita economica avrebbero condotto l'umanità al disastro qualunque fosse risultata essere la disponibilità di risorse.   Solo una rapida stabilizzazione della popolazione mondiale molto vicino ai tre miliardi di allora ed il passaggio ad un'economia stazionaria avrebbero potuto evitare la catastrofe.    Uno degli scenari pubblicati era definito "business as usual", vale a dire cose probabilmente sarebbe accaduto se niente fosse cambiato nell'impostazione politico-economica globale.
In realtà, da allora, molte cose sono cambiate, ma la verifica di questo scenario sulla base dei dati reali ne ha confermato la validità con un grado di affidabilità stupefacente.

FORMAT: Signor Meadows, secondo il Club di Roma, stiamo adesso fronteggiando una crisi legata alla disoccupazione, una crisi da carenza di cibo, una crisi economica e finanziaria globale ed una crisi ecologica globale. Ognuno di queste è un segnale che qualcosa sta andando per il verso sbagliato. Cosa esattamente?

MEADOWS: Quello che sottolineavamo nel 1972 ne "I limiti della crescita"- e che è tutt'ora valido- è il semplice fatto che non è possibile una crescita fisica infinita in un pianeta finito. Arrivati ad un certo punto la crescita si ferma.  O la fermiamo noi, cambiando i nostri comportamenti, oppure sarà il pianeta a fermarla. 40 anni dopo, ci dispiace dirlo, non è stato ancora fatto niente.

FORMAT: Nei vostri 13 scenari la fine della crescita fisica - cioè dell'aumento della popolazione mondiale, della produzione di cibo e di qualsiasi altra cosa venga prodotta o consumata - inizia tra il 2010 ed il 2050.  La crisi finanziaria è parte di tutto ciò?

MEADOWS: Non sono situazioni paragonabili. Supponiamo di avere il cancro e che questo cancro causi febbre, mal di testa ed altri dolori. Non sono questi il problema reale, è il cancro il problema! Comunque, proviamo a curarne i sintomi. Nessuno spera di sconfiggere il cancro con quelle cure. I fenomeni come il cambiamento climatico o le carestie sono semplicemente sintomi della malattia di questo pianeta, il che ci riporta inevitabilmente alla fine della crescita.

FORMAT: Il cancro come metafora della crescita incontrollata?

MEADOWS: Sì. Le cellule sane ad un certo punto smettono di crescere. Le cellule cancerose proliferano finché non uccidono l'organismo. La popolazione e la crescita economica si comportano nello stesso modo. Ci sono solo due modi di ridurre la crescita dell'umanità: ridurre il tasso delle nascite od aumentare quello delle morti. Quale preferisci?

FORMAT: Nessuno vorrebbe dover scegliere.

MEADOWS: Neanch'io. In ogni caso abbiamo perso l'opportunità di scegliere. Lo farà il pianeta.

FORMAT: Come?

MEADOWS: Consideriamo il cibo. Facciamo i conti, valutiamo la quantità di cibo pro capite a partire dagli anni '90. La produzione cresce, ma la popolazione cresce più rapidamente. Dietro ad ogni caloria di cibo che arriva sul piatto, ci sono dieci calorie di combustibili fossili utilizzate per produrlo, trasportarlo, immagazzinarlo, prepararlo e servirlo. Più diminuiscono le scorte di combustibili, più cresce il prezzo del cibo.

FORMAT: Dunque non è solo un problema distributivo?

MEADOWS: Certamente no. Se condividessimo tutto equamente, nessuno soffrirebbe la fame. Ma resta il fatto che abbiamo bisogno di fonti fossili come petrolio, gas o carbone per produrre cibo. E queste fonti si stanno esaurendo.  Nonostante vengano sfruttate nuove fonti come il gas o il petrolio da scisto, i picchi di petrolio e gas sono già superati. Questo pone una tremenda pressione sull'intero
sistema.

FORMAT: Secondo i vostri modelli sulla popolazione, nel 2050 saremmo all'incirca 9,5 miliardi, nonostante una stagnazione della produzione di cibo per i prossimi 30-40 anni.

MEADOWS: E questo significa che ci sarà una gran massa di persone povere.  Certamente più di metà dell'umanità. Oggi non possiamo nutrire a sufficienza una larga parte della popolazione mondiale. Tutte le risorse che conosciamo stanno calando. Ci si può immaginare dove porterà questa situazione. Ci sono troppi "se" nel futuro: "se" la gente diventerà più intelligente, "se" non ci saranno guerre, "se" faremo progressi tecnologici.
Siamo già al punto in cui non riusciamo a risolvere i problemi attuali, come potremo farcela tra 50 anni quando saranno più gravi?

FORMAT: E’ colpa del nostro modo di fare affari?

MEADOWS: Il nostro sistema economico e finanziario non è solo un mezzo per ottenere qualcosa. E' uno strumento che abbiamo sviluppato e che riflette i nostri scopi e valori. La gente non si preoccupa del futuro, ma solo dei problemi contingenti. E' per questo che abbiamo una crisi del debito così grave. Creare debito è l'opposto del preoccuparsi per il futuro.   Chiunque prenda un debito dice: non mi preoccupo di quello che avverrà. Quando per troppa gente il futuro non conta, si crea un sistema economico e finanziario che distrugge il futuro.  Puoi far pressione su questo sistema quanto vuoi ma finché non cambieranno i valori della gente, si andrà avanti nello stesso modo. Se dai un martello a qualcuno e questo lo utilizza per uccidere il suo vicino, non serve a niente cambiare il martello. Persino se gli riprendi il martello, quello rimane un potenziale assassino.

FORMAT: I sistemi che organizzano le modalità di coesistenza delle persone vanno e vengono.

MEADOWS: Ma l'uomo rimane lo stesso. Negli Stati Uniti, abbiamo un sistema nel quale è giusto che pochi siano immensamente ricchi e molti siano terribilmente poveri, fino alla fame. Se riteniamo che ciò sia accettabile, è difficile cambiare il sistema. I valori dominanti sono sempre gli stessi. Questi valori si riflettono enormemente nei cambiamenti climatici. A chi interessano?

FORMAT: All'Europa?

MEADOWS: Cina, Svezia, Germania, Russia e Stati Uniti hanno sistemi sociali differenti ma in ognuna di queste nazioni aumenta l'emissione di CO2, perché in realtà alla gente non importa. Il 2011 è stato l'anno record (l'intervista è del 2012, n.d.t.): lo scorso anno è stata prodotta più anidride
carbonica che nell'intera storia umana precedente, nonostante che si voglia che la produzione diminuisca.

FORMAT: Cos'è che va per il verso sbagliato?

MEADOWS: Scordatevi i dettagli. La formula base dell'inquinamento da CO2 è composta da quatto elementi. Primo: il numero di persone sulla Terra. Queste devono essere moltiplicate per i beni pro capite, ovvero quante automobili, case e mucche esistono a persona, ed abbiamo così lo "standard" di vita sulla Terra.    Questo va poi moltiplicato per il fattore d’energia consumata per unità di capitale,
per esempio quanta energia necessaria per produrre automobili, costruire case e per rifornire e nutrire le mucche. Ed infine, il tutto va moltiplicato per l'ammontare d’energia derivata da fonti fossili.

FORMAT: Approssimativamente tra l'80 e il 90%.

MEADOWS: Approssimativamente. Se vuoi che il carico di CO2 cali, l'intero risultato di questa moltiplicazione deve calare. Ma noi cosa facciamo?   Proviamo a ridurre la quantità d’energia fossile usando maggiormente fonti alternative come vento e sole. E lavoriamo per rendere più efficiente l'utilizzo d’energia, isolando meglio le case, rendendo i motori più efficienti e tutto il resto. Lavoriamo solo sugli aspetti tecnici ma trascuriamo del tutto il fattore relativo alla popolazione
e crediamo che il nostro standard di vita migliorerà o almeno rimarrà invariato. Ignoriamo la popolazione e gli elementi sociali dell'equazione, e ci focalizziamo totalmente sulla soluzione degli aspetti tecnici del problema. Falliremo, perché la crescita della popolazione e gli standard di vita sono molto più rilevanti di tutto quanto possiamo risparmiare con una migliore efficienza o con le energie alternative. Pertanto, le emissioni di CO2 continueranno a salire. Non ci sarà soluzione al problema dei cambiamenti climatici se non affronteremo i fattori sociali che ne sono alla base.

FORMAT: Vuoi dire che la Terra risolverà la situazione di propria iniziativa?

MEADOWS: I disastri sono il metodo del pianeta per risolvere i problemi. A causa del cambiamento climatico, i livelli del mare cresceranno perché si stanno sciogliendo i ghiacci polari. Specie dannose si diffonderanno in aree dove non hanno nemici naturali a sufficienza. L'aumento della temperatura comporta l'aumento di venti forti e tempeste, che a loro volta influenzano le precipitazioni: avremo più alluvioni e più siccità.

FORMAT: Per esempio?

MEADOWS: La terra dove ora è coltivato il 60% del frumento cinese, sarà troppo secca per l'agricoltura. Nello stesso momento, pioverà, ma in Siberia, e la terra sarà più fertile lì. Dunque ci sarà una grande migrazione dalla Cina alla Siberia. Quante volte l'ho già detto alla gente nelle mie conferenze in Russia! I più anziani sono interessati ma la élite giovane ha semplicemente detto "Che m’importa? Voglio soltanto esser ricco."

FORMAT: Cosa fare?

MEADOWS: Se solo lo sapessi... Entriamo in un periodo che richiede enormi cambiamenti praticamente in tutto. Sfortunatamente, cambiare le nostre società o i sistemi di governo non è un processo rapido. Il sistema attuale non funziona comunque. Non ferma i cambiamenti climatici né previene le crisi finanziarie. I governi provano a risolvere i loro problemi stampando moneta, il che
quasi certamente porterà entro qualche anno ad un elevato tasso d’inflazione. E' una fase molto pericolosa. So soltanto che la gente, soprattutto in periodi di incertezza, se deve scegliere tra libertà ed ordine, sceglie l'ordine. L'ordine non significa necessariamente giustizia o rispetto della legge, ma vita ragionevolmente sicura e treni in orario.

FORMAT: Hai paura della fine della democrazia?

MEADOWS: Vedo due trend. Da una parte, lo smembramento degli stati in unità più piccole, ad esempio in regioni come la Catalogna.  Da un'altra parte la creazione di un superpotere forte e centralizzato. Non uno stato ma una combinazione fascistoide di industria, polizia e militari. Forse in futuro avremo persino le due soluzioni in contemporanea. La democrazia è in effetti un esperimento socio-politico molto giovane. Ed attualmente non esiste. Produce soltanto crisi che non è in grado di risolvere. La democrazia non contribuisce attualmente alla nostra sopravvivenza. Il sistema collasserà dall'interno, non a causa di un nemico esterno.

FORMAT: Stai parlando del "Dramma dei beni comuni"

MEADOWS: E' il problema fondamentale. Se in un villaggio chiunque può pascolare il suo gregge su un prato rigoglioso (aperto a tutti, N.d.T.) - chiamato in inglese arcaico "Commons" - entro poco tempo ne beneficeranno soprattutto quelli che scelgono di avere più bestiame. Ma se si va avanti in quel modo troppo a lungo, l'erba finisce e con quella tutto il bestiame.

FORMAT: Dunque si deve arrivare ad un accordo, per utilizzare al meglio il prato.   Questo potrebbe rappresentare il lato migliore della democrazia.

MEADOWS: Forse. Se il sistema democratico non riesce a risolvere il problema su scala globale, probabilmente potrebbe provarci una dittatura. Dopotutto, si tratta di questioni come il controllo della popolazione globale. Siamo da 300.000 anni sul pianeta e ci siamo organizzati in molti modi differenti. Quelli di maggior successo e più efficaci sono stati i sistemi tribali o di clan, non le dittature o le democrazie.

FORMAT: Un importante passo avanti tecnologico potrebbe salvare la Terra?

MEADOWS: Sì. Ma le tecnologie hanno bisogno di leggi, vendite, addestramento, persone che ci lavorano - vale quello che ho già detto poco fa.  Soprattutto, la tecnologia è solo un attrezzo come un martello o come il sistema finanziario neoliberista. Se i nostri valori sono sempre gli stessi, continueremo a sviluppare tecnologie che li soddisfano.

FORMAT: Tutto il mondo attualmente vede una possibile salvezza in una tecnologia verde e sostenibile.

MEADOWS: E' una fantasia. Anche se ci impegnassimo per aumentare l'efficienza nell'utilizzo dell'energia in modo enorme, ancor più nell'uso di fonti rinnovabili e facessimo grandi sacrifici per limitare i nostri consumi, non avremmo virtualmente possibilità di allungare la vita al nostro sistema attuale. La produzione di petrolio si ridurrà di circa la metà nei prossimi 20 anni, nonostante
lo sfruttamento dell'olio da scisti o da sabbie bituminose. Tutto accade troppo rapidamente. Al di là del fatto si può guadagnare anche di più grazie alle energie alternative. Le turbine eoliche possono funzionare, senza aeroplani.
Il direttore della Banca Mondiale (più recentemente responsabile dell'industria aerea complessiva) mi ha spiegato che il problema del picco del petrolio non è discusso in quell'istituzione, è semplicemente tabù.   Chiunque ci provi in qualche modo o viene licenziato o trasferito. Dopotutto, il picco del petrolio distrugge la fiducia nella crescita. Dovresti cambiare tutto.

FORMAT: Specialmente nelle compagnie aeree dove la quota di combustibili fossili è molto alta.

MEADOWS: Esattamente. E' per questo che l'era del trasporto aereo di massa a basso costo finirà presto. Se lo potranno permettere solo in grandi stati o imperi. Con molti soldi si potrà comprare energia - e causare mancanze di cibo, ma non si può sfuggire al cambiamento climatico, che colpisce i ricchi ed i poveri.

FORMAT: Hai qualche soluzione per queste terribili miserie?

MEADOWS: Dovrebbe cambiare la natura dell'uomo. Siamo tuttora programmati come 10.000 anni fa. Visto che uno dei nostri antenati poteva essere attaccato da una tigre, non si poteva preoccupare del futuro ma solo della propria sopravvivenza. La mia preoccupazione è che, per motivi genetici, non siamo adatti a fare i conti con problemi di lungo termine come i cambiamenti climatici. Fino a
che non impareremo a farlo, non ci sarà modo di risolvere problemi simili. Non c'è niente che possiamo fare. La gente dice sempre: "Dobbiamo salvare il pianeta". No, non dobbiamo. Il pianeta si salverà in ogni modo da solo. L'ha già fatto. Talvolta gli ci vogliono milioni di anni, ma comunque ce la fa. Non dobbiamo preoccuparci del pianeta ma della razza umana.


Articolo già apparso sul n. 7 delle rivista online "Overshoot". 







mercoledì 20 gennaio 2016

Che ne è stato del 'picco del petrolio'?

Da “Yale Climate Connections”. Traduzione di MR (via Luca Pardi)

La speculazione che una volta era onnipresente sull'imminenza del picco del petrolio è svanita. Ma per molti non è questione di se, ma di quando. 

San Francisco, California, 18 dicembre 2015 – Che ne è stato dell'idea del “picco del petrolio”? Dieci anni fa non si riusciva ad evitarlo nemmeno a provarci. Libri di James Howard Kunstler, Richard Heinberg, Kenneth Deffeyes ed altri avvertivano che la produzione mondiale di petrolio avrebbe inevitabilmente raggiunto il picco presto, sulla base di analisi simili a quelle del celebrato geologo M. King Hubbert, che ha previsto, nel 1956, che la produzione di petrolio statunitense avrebbe raggiunto il picco fra il 1965 e il 1970. Accidenti se non aveva ragione. Col presunto picco di produzione mondiale del petrolio, le economie nazionali si sono attaccate all'iniezione di petrolio direttamente nelle loro grandi arterie, poi hanno iniziato a declinare. Picco del petrolio non significa che il petrolio scompaia – ne rimarrebbe ancora la metà – solo che ne verrebbe prodotto di meno ogni anno andando avanti e le economie traumatizzate cadrebbero in uno stato permanente di recessione mentre i consumatori combatterebbero, tipo in Mad Max, per gli ultimi barili.


martedì 19 gennaio 2016

Gli scienziati dicono che secoli di fusione del ghiaccio polare sono ormai inevitabili

Da “Inside Climate News”. Traduzione di MR (via Skeptical Science/Climate Central)

“Se abbiamo un periodo di tempo prolungato a 2°C, probabilmente perderemo la Groenlandia e questo significa 7 metri di innalzamento del livello del mare”




Il villaggio di Ilulissat visto vicino agli iceberg che si sono staccati dal ghiacciaio Jakobshavn il 24 luglio 2013 a  Ilulissat, in Groenlandia. Un aumento del livello del mare significativamente maggiore si verificherà con la fusione delle calotte glaciali dell'Antartide Occidentale e della Groenlandia, gigantesche masse di ghiaccio che sono vulnerabili anche al minimo aumento della temperatura, dice un nuovo studio. Foto: Joe Raedle/Getty Images

Di Phil Mckenna

La fusione delle calotte di ghiaccio polare e dei ghiacciai di montagna probabilmente continuerà per migliaia di anni, causando un irreversibile innalzamento del livello del mare, anche se il riscaldamento globale venisse limitato a 2°C, secondo un nuovo rapporto pubblicato la scorsa settimana durante i negoziati sul clima di Parigi. I livelli del mare potrebbe salire da 4 a 10 metri o più a meno che non vengano intrapresi rapidamente passi di gran lunga più ambiziosi per ridurre le emissioni di gas serra, secondo il rapporto pubblicato dall'International Cryosphere Climate Initiative (ICCI), un'organizzazione di ricerca e politiche no profit con base a Burlington, nel Vermont. “Anche se fermassimo tutto il riscaldamento oggi e restassimo a questo livello, stiamo parlando di circa 1 metro  di innalzamento del livello del mare entro il 2300”, ha detto Pam Pearson, autrice principale del rapporto e direttrice del ICCI, che ha presentato le sue scoperte nelle attività collaterali dei colloqui di Parigi. “Le temperature che stiamo raggiungendo anche oggi, lasciando perdere ciò che accadrebbe fra due,tre o quattro decenni, potrebbero comportare cambiamenti che non saranno reversibili su una scala temporale umana”.

lunedì 18 gennaio 2016

Il tramonto del petrolio: edizione del 2015

Da “The Oil Crash”. Traduzione di MR

Cari lettori,

nell'ultimo rapporto annuale della IEA, il World Energy Outlook (WEO), edizione del 2015 (rapporto che abbiamo già commentato per esteso in questo blog) abbiamo avuto la fortuna che la IEA ci lasciasse una tavola numerica sull'evoluzione della produzione di idrocarburi liquidi (quelli che, con un abuso semantico da anni viene chiamato “petrolio” o “tutti i liquidi del petrolio”) prevista per i prossimi 25 anni secondo il suo scenario centrale. E' la tavola 3.5, che riproduco qui sotto: