lunedì 31 marzo 2014

Petrolio: soltanto gli scisti impediscono il declino della produzione, ma per quanto tempo ancora?

Da "Resilience.org" by Matt Mushalik, originally published by Crude Oil Peak. Traduzione di MR


Ignorato dai media, il petrolio di scisto americano è l'unico fattore in grado di compensare un recente declino della produzione di petrolio greggio di 1,5 mb/g nel resto del mondo (usando i dati di ottobre 2013). Ciò significa che senza il petrolio di scisto americano il mondo si troverebbe in una profonda crisi petrolifera simile alla fase di declino del 2006-2007, quando i prezzi del petrolio sono saliti. Il declino proviene da molti paesi, ma è anche causato dalle lotte per il petrolio ed altri problemi ad esso collegati in Iran, Libia ed altri paesi che possono essere visti in televisione quotidianamente.

Fig 1: Produzione incrementale di petrolio greggio mondiale a ottobre 2013

La produzione incrementale di ogni paese viene calcolata come la differenza fra la produzione totale e la produzione minima fra il gennaio 2001 e l'ottobre 2013. La somma dei minimi è la produzione di base. I paesi che hanno avuto cambiamenti sostanziali nella produzione appaiono come grandi aree nel grafico. La Russia ha fornito – in modo piuttosto affidabile – il più grande aumento e il Mare del Nord (Regno Unito e Norvegia) hanno avuto le perdite maggiori. I paesi che si caratterizzano di più sono il Venezuela (bassa produzione nel 2003 a causa dello sciopero), Iraq (bassa produzione in aprile 2003 durante la guerra), Libia (guerra nel 2011), Iran (sanzioni) e Arabia Saudita (aumento di produzione dal 2002 e cambio di ruolo).

La produzione comincia dal basso come segue:

(1) paesi con produzione in aumento: Kazakistan (di recente piatta), Russia (solo 100.000 b/g in più l'anno scorso), Colombia (+60.000 b/g), Cina (di recente piatta) e Canada (+200.000 b/g di syncrude da sabbie bituminose).

(2) paesi piatti o in declino come Regno Unito e Norvegia

(3) paesi che di recente hanno raggiunto il picco: Brasile ed Azerbaigian
I gruppi da (1) a (3) hanno raggiunto il picco nel novembre 2011 (linea tratteggiata) e la loro produzione è declinata di 1,3 mb/g da allora

(4) paesi OPEC con Iraq, Arabia Saudita, Iran e Libia

(5) Stati Uniti in cima per vedere l'impatto del petrolio di scisto

Fig 2: Il petrolio di scisto maschera il recente declino nel resto del mondo

Il mondo senza petrolio di scisto ha declinato dopo un recente picco nel febbraio 2012 ad una media di 73,4 mb/g nel 2013, incidentalmente la stessa media vista per l'intero periodo dal 2005, quando la produzione di greggio era di 73,6 mb/g.


Fig 3: Produzione annuale di petrolio greggio e di petrolio di scisto americano rispetto alle proiezioni del WEO della IEA

Il resto del mondo continua su un plateau accidentato di produzione. Le proiezioni della domanda e dell'offerta di petrolio della IEA del 2004 e del 2008 non si sono materializzate. Solo il WEO del 2010 ci è andato vicino, ma solo a causa del petrolio di scisto americano per il quale non era stato previsto un aumento come quello poi osservato. Diamo uno sguardo agli attori principali nella parte alta della Fig 1.


Fig 4: Produzione incrementale di greggio di Iraq, Iran, Libia, Arabia Saudita e Stati Uniti

Possiamo vedere che l'Arabia Saudita ha declinato nel 2006-2007 (prezzi su), pompato di più nell'anno del picco olimpico del 2008 (ma non abbastanza e i prezzi sono andati alle stelle), è servita da produttore di riserva durante la crisi finanziaria del 2009 ed è entrata in gioco (tardivamente) quando la guerra in Libia è iniziata e ha continuato a pompare a livelli record quando sono partite le sanzioni contro l'Iraq. Il petrolio di scisto americano non ha fatto scendere i prezzi in modo sostanziale e sicuramente gli Stati Uniti non agiscono da produttori di riserva. Gran parte dei produttori di petrolio di scisto andrebbero in amministrazione controllata se smettessero di pompare. L'Arabia Saudita apparentemente cerca di compensare le perdite della produzione libica ed iraniana, ma non sembra ridurre la produzione di greggio per compensare il petrolio di scisto americano. L'Iraq dovrà tornare al sistema di quote del OPEC. Sarà interessante vedere a che livello di produzione ci si accorderà e se l'Iraq vi aderirà. In ogni caso, tutti i produttori di petrolio ME devono equilibrare i loro bilanci come evidenziato in questo post: 14/8/2013 il pareggio di bilancio del prezzo medio del petrolio del OPEC aumenta del 7% nel 2013 http://crudeoilpeak.info/opec-fiscal-breakeven-oil-price-increases-7-in-2013


Fig 5: Il solo Medio Oriente

Il declino in Siria e Yemen è stato compensato dagli aumenti in Kuwait, Emirati Arabi uniti e Qatar. L'Iraq non è riuscito a compensare i cali di produzione dell'Iran. 

Russia ed ex Unione Sovietica


Fig 6: Eurasia

Paesi dell'ex Unione Sovietica: l'Azerbaigian declina di 50.000 b/g dopo il proprio picco nel 2010. Il Kazakistan è piatto dal 2010.


Fig 7: La crescita della produzione russa di petrolio greggio sta rallentando

La Russia, che ora produce circa 10 mb/g, sta ancora crescendo di circa 100.000 b/g ma questo tasso di crescita sta rallentando dagli anni 2010 e 2012. Il WEO della IEA del 2013 scrive: “La produzione di petrolio in Russia si sta avvicinando ai livelli record dell'era sovietica, ma mantenere questa tendenza sarà difficile, data la necessità di combattere i declini dei giacimenti giganteschi della Siberia occidentale che attualmente producono la maggior parte del petrolio del paese”. http://www.worldenergyoutlook.org/publications/weo-2013/

Europa


Fig 8: Il Mare del Nord è in pieno declino

Africa


Fig 9: Produzione incrementale in Africa

Indipendentemente da quanto accade in Libia, l'Africa ha raggiunto il picco.

America Latina


Fig 10:  America Latina

Il Brasile sembra aver raggiunto il picco mentre la Colombia ha lentamente aumentato la produzione di petrolio pesante. I dati del Venezuela sembrano sostenuti in quanto non sono stati aggiornati dal gennaio 2011.

Riassunto

Dalla fine del 2010, il gruppo di paesi ancora in crescita  (+1.2 mb/g) non può compensare il declino altrove (-2.4 mb/g), dando un declino risultante di 1,2 mb/g o 400.000 b/g per anno. Questo è un declino determinato principalmente geologicamente. L'OPEC, che di solito invitava a fornire la differenza fra domanda e produzione non OPEC, ha avuto i suoi problemi (anelli di retroazione geopolitici causati dalla produzione di petrolio al picco) e non è stata in grado di riempire il vuoto. Il petrolio greggio globale senza il petrolio di scisto americano è diminuito di 1,5 mb/g dal suo picco più recente nel febbraio 2012. 

Conclusione:

Mentre i media mainstream cullano il pubblico facendogli credere il petrolio di scisto americano sia una rivoluzione, il picco del petrolio in molti paesi si mangia come un cancro il sistema di fornitura petrolifera. Il grande problema è che vengono costruite infrastrutture dipendenti dal petrolio che non saranno necessarie quando il petrolio di scisto americano raggiungerà il picco e rivelerà il declino sottostante.




Benessere o Sviluppo? Un convegno a Martina Franca







Il convegno "Quali risorse per quale Benessere" questo convegno che si terrà a Martina Franca il 22/23 Maggio, organizzato dal consorzio "Costellazione Apulia". Si preannuncia come una cosa molto interessante. Per maggiori informazioni:

http://www.colloquidimartinafranca.it/

 
“L’era dello sviluppo … prevede … una sola direzione verso cui tenderebbero tutti i popoli …

… l’idea di sviluppo ci ha indotti a credere che non potessero esistere alternative, che non ci fossero vie d’uscita, che non ci fossero strade verso economie o società meno economicistiche, verso sistemi diversamente organizzati, verso culture con preferenze e scale di valori diverse, verso un futuro diverso da quello perseguito dalle nazioni dominanti.”
(Wolfgang Sachs)

I Colloqui di Martina Franca per 

·        mettere in discussione l’inerzia dei vecchi e consolidati modelli di produzione e consumo;
·        combattere la rassegnazione al declino;
·        immaginare e realizzare forme di imprenditoria, di consenso politico, di ben-vivere, disancorate dall’attuale modello di crescita e sviluppo.

domenica 30 marzo 2014

Super El Niño in arrivo? Possibili aumenti record della temperatura globale.

Da “Climate Progress”. Traduzione di MR

Di Joe Romm


Grafico delle temperature globali dal 1950, che mostra anche la fase del ciclo El Niño- La Niña. Via NASA.


Visualizzazione de El Niño (via NOAA)
I segnali indicano sempre di più alla formazione di un El Niño nei prossimi mesi, probabilmente uno molto forte. Se combinato con una tendenza a lungo termine di riscaldamento globale, un forte El Niño significherebbe che il 2015 è molto probabile che diventi l'anno più caldo mai registrato finora. Un El Niño è “caratterizzato da temperature oceaniche insolitamente alte nel Pacifico Equatoriale”, come spiega il NOAA. Questo contrasta con le temperature insolitamente basse nel Pacifico Equatoriale durante La Niña. Entrambi sono associati a meteo estremo in tutto il globo. Ma come mostra il grafico della NASA sopra, quelli de El Niño sono generalmente gli anni più caldi registrati, visto che il riscaldamento regionale si aggiunge alla sottostante tendenza del  riscaldamento globale. Gli anni de La Niña tendono ad essere al di sotto della linea di tendenza del riscaldamento globale.

Siccome nel 1998 c'è stato un “super El Niño” inusualmente forte, e siccome non abbiamo avuto un El Niño dal 2010, può sembrare che il riscaldamento globale abbia rallentato – se selezioniamo un anno di avvio relativamente recente. Ma di fatto diversi studi recenti hanno confermato che il riscaldamento planetario continua a ritmo sostenuto ovunque si guardi. Ricordiamo che nel 2010, con un El Niño moderato, è l'anno più caldo mai registrato finora. E il 2010 ha visto segnare il record sbalorditivo di temperature massime in ben 20 paesi, compresa “la temperatura più alta misurata in modo affidabile che l'Asia abbia mai registrato, i notevoli 53,5°C in Pakistan nel maggio 2010”. Il meteorologo dottor Jeff Masters ha detto che il 2010 è stato “l'anno più straordinario del pianeta per il meteo estremo da quando vengono registrati dati affidabili dell'alta atmosfera nei tardi anni 40”.

Dato che il “Tasso di riscaldamento del riscaldamento globale è di 400.000 bombe di Hiroshima al giorno”, il pianeta è mezzo miliardo di bombe di Hiroshima più caldo di quanto non fosse nel 2010. Quindi anche un El Niño moderato causerà temperature record e estremi meteo. Ma uno forte, per non parlare di un super El Niño, dovrebbe stracciare ogni record. La commissione ufficiale peruviana su El Niño, la scorsa settimana ha detto che si aspettano che un El Niño cominci per aprile. Il Perù traccia da vicino il fenomeno perché “El Nino minaccia di colpire l'industria della farina di pesce spaventando i banchi di acciughe di acqua fredda”. Per essere chiari, un El Niño non è una cosa sicura a questo punto. Alcuni previsori danno circa il 60% delle possibilità, ma uno studio recente da il 75% delle possibilità. Andrew Freedman di Mashable (ex di Climate Central) riporta che “alcuni scienziati pensano che questo evento possa rivaleggiare con il record dell'evento de  El Niño del 1997-1998”. Cita il professore di meteorologia Paul Roundy:

Roundy ha detto che le possibilità di un evento de El Niño insolitamente forte “sono molto più alte della media, è difficile dare una qualche probabilità di questo... ho suggerito circa un 80%”

“Le condizioni dell'Oceano Pacifico ora favorevoli ad un grande evento come lo erano nel 1997. Questa non è una garanzia importante che un grande evento si sviluppi, ma chiaramente aumenta la probabilità che un grande evento avvenga”, dice Roundy.

L'Oscillazione Meridionale de El Niño (El Niño Southern Oscillation - ENSO) non cambia la tendenza generale al riscaldamento, ma è una modulazione a breve termine; quello che la NASA definisce come il più grande contributo alla “variabilità dinamica naturale” del sistema climatico. El Niño e La Niña sono tipicamente definite come anomalie sostenute della temperatura di superficie del mare (positive o negative rispettivamente) maggiori di 0,5°C lungo l'Oceano Pacifico centrale tropicale. Potete leggere i fondamentali su ENSO qui. Un indicatore chiave de El Niño è il rapido aumento delle temperature di superficie dell'oceano nel Pacifico centrale e orientale – proprio ciò che il NOAA ha riportato lunedì:


Dalla fine di gennaio le anomalie di temperatura sono fortemente aumentate

Il meteorologo Michael Ventrice ha fatto un'analisi dettagliata alla fine di febbraio qui sul perché un tale riscaldamento è significativo. Per il drogati de El Niño, il Centro Nazionale per le Previsioni Ambientali (National Centers for Environmental Prediction - NCEP) del NOAA pubblica un rapporto settimanale su ENSO tutti i lunedì qui. E i super drogati possono andare alla pagina ENSO dell'Ufficio di Meteorologia del governo australiano (aggiornato ogni secondo giovedì), che mette in grafico un altro indicatore chiave de El Niño, l'Indice dell'Oscillazione Meridionale (Southern Oscillation Index - SOI). Per il SOI, “valori sostenuti negativi al di sotto di -8 possono indicare un evento El Niño”. L'ultimo valore SOI di 30 giorni (fino al 23 marzo) è di -12,6. La previsione media d'insieme del Sistema di Previsione Climatica (Climate Forecast System - CFS) del NCEP per un El Niño all'inizio dell'estate sta alla fine diventando molto forte: 


Quando El Niño si forma e poi raggiunge il picco è cruciale per sapere se sarà il 2014 o il 2015 (o entrambi!) l'anno più caldo mai registrato. Uno studio della NASA del 2010 ha scoperto che “la correlazione del periodo di 12 mesi della temperatura globale e l'indice de El Niño a 3,4 è massimo con la temperatura globale che ritarda l'indice de El Niño di 4 mesi”. Se avremo un El Niño, e sembra che sia in  tutto come quello del 1997-1998, allora il 2015 in particolare dovrebbe essere l'anno più caldo mai registrato finora. Restate sintonizzati. 

sabato 29 marzo 2014

Il grafico più importante del mondo

Da “Zero Hedge”. Traduzione di MR.

Di Tyler Durden

Avendo discusso i collegamenti fra crescita economica e limiti delle risorse energetiche e con gli attuali fuochi d'artificio geopolitici in gran parte per l'energia (costo, fornitura e domanda) piuttosto che per i diritti umani, sembrerebbe che il grafico seguente potrebbe ben diventare l'indicatore più importante delle tensioni future...

Fonte: Goldman Sachs

Non è la prima volta che parliamo di "autosufficienza" -  nientemeno che Bridgewater's Ray Dalio, ha osservato, in un contesto leggermente diverso:

l'autosufficienza incoraggia la produttività legando la capacità di spesa con la necessità di produrre”, 

Le società in cui gli individui sono più responsabili per sé stessi crescono di più di quelle in cui sono meno responsabili per sé stessi”. L'indicatore a fattore nove dell'autosufficienza fornisce alcuni spunti interessanti su quelle nazioni che è più probabile che sperimentino una crescita sopra la media che prosegue e quelle che non lo faranno, come i paesi europei, cioè Italia, Francia, Spagna e Belgio, tutti posizionati molto in basso nella classifica dell'autosufficienza. 


La capacità di sopravvivere senza scambio o aiuto da parte di altre nazioni, per esempio, non è la stessa cosa raccogliere enormi profitti o far crescere la propria economia senza scambi con altre nazioni. In altre parole, “l'autosufficienza” in termini di sopravvivenza non implica necessariamente la prosperità, ma implica libertà di azione senza dipendenza dall'approvazione, il capitale, le risorse e la competenza stranieri.

La libertà di azione fornita dall'indipendenza/autarchia implica anche una riduzione centrale della vulnerabilità al controllo straniero del costo e/o della disponibilità di beni essenziali come cibo ed energia, e il potere risultante dei fornitori di ricattare o influenzare le priorità nazionali e le politiche. 
...

Considerate il petrolio/combustibili fossili come esempio. Le nazioni benedette da grandi riserve di combustibili fossili sono autosufficienti in termini di consumo interno, ma il valore delle loro risorse sul mercato internazionale porta generalmente alla dipendenza dall'esportazione di petrolio/gas per finanziare il governo, le élite politiche e il welfare generale. Questa dipendenza dai proventi derivati dall'esportazione di petrolio/gas porta a ciò che è conosciuta come la maledizione delle risorse. Il resto delle economie delle nazioni esportatrici di petrolio appassisce in quanto il capitale e il favoritismo politico si concentrano sui proventi dell'esportazione di petrolio e questa distorsione dell'ordine politico porta a clientelismo, corruzione e cattiva distribuzione della ricchezza nazionale su una scala così vasta che le nazioni che soffrono di abbondanza di risorse commerciabili spesso declinano nella povertà e nell'instabilità. 

L'altra strada per l'autarchia è quella di selezionare e finanziare politiche progettate per aumentare direttamente l'autosufficienza. Un esempio potrebbe essere il perseguimento da parte della Germania dell'energia alternativa attraverso delle politiche di stato come i sussidi. 

Che quell'autarchia guidata dalla politica richieda compromessi è evidente nel relativo successo della Germania nell'aumentare la produzione di energia alternativa; i sussidi che hanno incentivato la produzione di energia alternativa ora vengono visti come più costosi dei presunti guadagni in autosufficienza, in quanto la generazione da combustibili fossili è ancora necessaria come riserva per la fluttuante produzione di energia alternativa. 

Anche se la dipendenza dall'energia straniera è stata diminuita, la Germania rimane completamente dipendente dai suoi fornitori stranieri di energia e siccome i costi di quell'energia aumentano, la posizione della Germania come potenza industriale competitiva è minacciata: la produzione industriali si sta spostando dalla Germania verso zone con minori costi energetici, compresi gli Stati Uniti

L'aumento della produzione interna di energia è stata pensata per ridurre la vulnerabilità implicita nella dipendenza da fornitori energetici stranieri, tuttavia l'aumento della produzione interna di energia non ha ancora raggiunto la soglia critica in cui la vulnerabilità agli shock dei prezzi si sia ridotta in maniera significativa. 
...

La capacità dell'America di proiettare potenza e mantenere la propria libertà di azione presuppone sia una rete di alleanze diplomatiche, militari ed economiche, sia rapporti di scambio che hanno alimentato (non per coincidenza) i profitti senza precedenti delle multinazionali americane.

Il passato recente ha creato un assunto secondo il quale gli Stati Uniti possono soltanto prosperare se importano petrolio, beni e servizi su grande scala.



Gli scienziati del clima: Noi siamo preoccupati. Ecco perché dovreste esserlo anche voi.

Da “Climate Progress”. Traduzione di MR

Di Joe Romm

Questa settimana, la più grande società scientifica generale, L'Associazione Americana per il Progresso della Scienza, ha pubblicato un appello insolitamente schietto per agire rispetto al cambiamento climatico. Il nuovo rapporto da leggere del Gruppo Scientifico per il Clima della AAAS, “Ciò che sappiamo” ha diversi messaggi semplici:
Siamo sicuri che gli esseri umani sono responsabili del cambiamento climatico più recente quanto lo siamo del fatto che le sigarette uccidono:

Gli scienziati del clima concordano: il cambiamento climatico sta avvenendo qui ed ora. Sulla base di prove ben fondate, circa il 97% degli scienziati climatici hanno concluso che il cambiamento climatico antropogenico sta avvenendo...
La scienza che collega le attività umane al cambiamento climatico è simile alla scienza che collega il fumo alle malattie polmonari e cardiovascolari. Fisici, scienziati cardiovascolari, esperti di salute pubblica ed altri concordano che fumare provochi il cancro. E questo consenso all'interno della comunità medica ha convinto gran parte degli americani che i rischi per la salute che provengono dal fumo sono reali. Un consenso analogo ora esiste fra gli scienziati del clima, un consenso che sostiene che il cambiamento climatico sta avvenendo e che l'attività umana ne è la causa.

Che tipo di cambiamento sta già avvenendo?

La temperatura media globale è aumentata di circa 0,8°C negli ultimi 100 anni. Il livello del mare sta salendo ed alcuni tipi di eventi estremi – come ondate di calore ed eventi di forti precipitazioni – stanno avvenendo più di frequente. Le recenti scoperte scientifiche indicano che è probabile che il cambiamento climatico sia responsabile di molti di questi eventi degli ultimi anni.
 
Qual è il pericolo dell'inazione continuata?

Siamo a rischio di spingere il nostro sistema climatico verso cambiamenti repentini, imprevedibili e potenzialmente irreversibili con impatti altamente dannosi....
Possiamo pensare a ciò come ad una improvvisa frenata climatica e una sterzata mancata in cui il problema e le sue conseguenze non sono più cose che possiamo controllare. In termini climatici, cambiamento repentino significa cambiamento che avviene in periodi di decenni o persino di anni.

Dobbiamo agire adesso?

Prima agiamo, più basso sarà il rischio ed il costo. E c'è molto che possiamo fare. Aspettare per agire aumenterà inevitabilmente i costi, il rischio e precluderà delle opzioni per affrontare il rischio. Il CO2 che produciamo si accumula nell'atmosfera della Terra per decenni, per secoli e anche di più. Non è come l'inquinamento da smog e da rifiuti nei nostri laghi e fiumi, dove i livelli rispondono rapidamente agli effetti di politiche mirate.

Quando è stato chiesto in conferenza stampa il perché l'AAAS abbia sentito il bisogno di fornire al pubblico e ai decisori politici l'ennesimo rapporto, il dottor Dr. James McCarthy, professore di oceanografia ad Harvard ed ex presidente di AAAS, ha detto “Il pubblico è stato disinformato da una colossale campagna di disinformazione”. Gli scienziati devono esprimersi con forza e spesso, perché il tema è troppo importante da lasciare in mano ai disinformatori. MacCarthy ha anche espresso un punto che mi è sembrato un punto chiave:

Il concetto di rischio – il rischio dell'inazione – è una cosa che non è stata realmente enfatizzata. E si deve pensare che 20 o 10 anni fa – ciò che abbiamo immaginato 20 anni fa sulla perdita di ghiaccio marino artico – non si pensava che fosse qualcosa che avrebbe destato preoccupazione in questo secolo. Dieci anni dopo, circa nel 2000, sapevamo di essere su una traiettoria che non poteva essere prevista. Dieci anni fa, in quello stesso periodo, non si era pensato che la Groenlandia avrebbe perso ghiaccio drammaticamente nei prossimi decenni, ma nel giro di pochi anni ci siamo resi conto che questo era sbagliato.

Troppi rapporti climatici omettono di concentrarsi su quale sia il rischio dell'inazione. Ma questo no. Alla conferenza includeva era presente anche il dottor Robert Litterman, Senior Partner e Presidente del Comitato di Rischio di Kepos Capital. Litterman ha detto:

Il problema nello stimare l'incentivo appropriato è più che altro il rischio. In altre parole, i risultati attesi sono stati la determinante dominante di ciò che sono state quelle stime in passato. Non sono sicuro se si è preso adeguatamente in considerazione la potenzialità che le cose siano peggiori del previsto. Si deve davvero pensare agli scenari peggiori quando si pensa alla gestione del rischio. Quando c'è un problema di gestione del rischio, pensare allo scenario peggiore non è allarmismo – è solo parte del lavoro. E quegli scenari peggiori sono parte di ciò che guida i prezzi.

Questo è il punto chiave che è stato posto anche dall'economista di Harvard Martin Weitzman, che ha spiegato che le analisi costi-benefici del clima sono “insolitamente fuorvianti”, avvertendo i suoi colleghi che “potremmo illudere noi stessi a e gli altri”. Nel caso del cambiamento climatico lo scenario peggiore è la fine della civiltà moderna per come la conosciamo, un mondo post 2050 che ha una capacità di carico considerevolmente al di sotto dei 9 miliardi di persone – e che continua a declinare decennio dopo decennio. Tuttavia è del tutto certo che raggiungeremo questo scenario peggiore se continuiamo meramente sul nostro percorso business as usual di inazione climatica per pochi decenni ancora. Questo è il perché dobbiamo pagare qualsiasi prezzo a sopportare qualsiasi fardello per evitare lo scenario peggiore. Questo rapporto è un buon antidoto per i non scienziati che dichiarano che il riscaldamento globale non rende il meteo più estremo e distruttivo:

Il riscaldamento globale ha cambiato gli schemi delle precipitazioni in tutto il mondo. Le alluvioni nella metà settentrionale degli Stati Uniti orientali, sulle Grandi Pianure e su gran parte del Midwest, sono aumentate, specialmente durante gli ultimi decenni. Queste tendenza delle alluvioni regionali nel nord est e nella parte settentrionale del Midewest sono collegate agli aumenti di precipitazione estrema e sono coerenti con le tendenze globali alimentate dal cambiamento climatico. Allo stesso tempo, aree come il sud est degli Stati Uniti stanno vivendo più siccità e anche queste sono coerenti con gli schemi globali di cambiamento climatico previste dai modelli come conseguenza dell'aumento dei livelli di CO2. Dal 185, le ondate di calore sono diventate più lunghe e più frequenti. Uno studio indica che l'area globale colpita dalle temperature estive estremamente calde è aumentata di 50 volte e l'impronta digitale del riscaldamento globale è stata fermamente identificata in queste tendenze. Negli Stati Uniti, le nuove temperature massime record ora superano regolarmente quelle minime di un rapporto 2:1. Il cambiamento climatico ha amplificato la minaccia di incendi in molti luoghi. Negli Stato Uniti occidentali, sia l'area bruciata dagli incendi sia la durata della stagione degli incendi stessi sono aumentati sostanzialmente negli ultimi decenni. Fusione del ghiaccio primaverile anticipata ed alte temperature primaverili ed estive contribuiscono a questo cambiamento. Il cambiamento climatico ha aumentato la minaccia dei “mega-incendi” - grandi incendi che bruciano grandi aree in proporzione. Il riscaldamento ha anche portato alla presenza di incendi in regioni dov'erano stati assenti nella storia recente.

Complimenti al AAAS per questo rapporto. Si sono uniti all'Accademia Nazionale delle Scienze degli Stati Uniti ed alla Royal Society del Regno Unito per produrre un rapporto climatico nuovo e ben leggibile, anche se l'AAAS ha fatto un lavoro migliore nell'illustrare senza mezzi termini i rischi. La linea di fondo: se un organo generalmente compassato e orientato al consenso come l'AAAS è allarmato, allora dovremmo esserlo anche tutti noi. Come ha spiegato nel 2010 il climatologo Lonnie Thompson:

I climatologi, come gli altri scienziati, tendono ad essere un gruppo ottuso. Non ci è dato abbandonarci a farneticazioni teatrali sulla caduta dei cieli. Gran parte di noi è di gran lunga a proprio agio nel proprio laboratorio o a raccogliere dati sul campo rispetto a rilasciare interviste ai giornalisti o a parlare di fronte ai comitati del Congresso. Allora perché i climatologi si pronunciano sui pericoli del riscaldamento globale? La risposta è che praticamente ognuno di noi ora è convinto che il riscaldamento globale pone un pericolo chiaro e reale alla civiltà. 


venerdì 28 marzo 2014

Un corollario della legge di Godwin: la “legge delle intenzioni di genocidio”

Da “The frog that jumped out”. Traduzione di MR



Di Ugo Bardi

(immagine da Corellianrun) 

Conoscerete sicuramente la legge di Godwin (conosciuta anche come “reductio ad Hitlerium”), quella che dice che, passato abbastanza tempo, ogni discussione su Internet alla fine porterà qualcuno ad essere paragonato ad Hitler. Questa legge sembra essere forte quasi come i principi della termodinamica e, di recente, l'abbiamo vista applicare al presidente russo - Vladimir Putin – paragonato ad Hitler in un comunicato stampa del segretario di stato americano, Hillary Clinton.

Ma la legge di Godwin sembra avere molte varianti, per esempio la “variante razzista”. Qui vorrei proporre un'altra variante o corollario, una che non nomina necessariamente Hitler o il termine “fascismo”. E la “legge delle intenzioni di genocidio”, che può anche essere chiamata “reductio ad exterminium”. Può essere descritta come segue:

In ogni discussione sulle politiche ambientali prima o poi qualcuno accuserà qualcun altro di intenzioni di genocidio, cioè di pianificare lo sterminio di gran parte della razza umana

Questo sembra si applichi particolarmente quando la politica ambientale discussa ha a che fare con la popolazione. In questa forma, uno dei primi esempi risale alla pubblicazione de “I Limiti dello Sviluppo” nel 1972. Gli sponsor dello studio, il Club di Roma, in seguito sono stati accusati di essere un'organizzazione malvagia dedita allo sterminio di gran parte della popolazione mondiale. E' stato persino accusato di aver creato il virus dell'AIDS proprio a questo scopo. Manco a dirlo, “I Limiti dello Sviluppo” o i membri del Club di Roma non hanno mai raccomandato – o nemmeno lontanamente concepito – niente di simile. Ma la leggenda rimane diffusa come potete vedere digitando per esempio “club di roma” insieme a “sterminio” o “depopolazione” (l'autore intende in inglese, ndt.). Vedete anche un mio post dal titolo “Come sono stati demonizzati I Limiti dello Sviluppo”.

La legge di reductio ad exterminium non si applica solo alla popolazione. Esce fuori più o meno in ogni discussione che coinvolga le politiche ambientali, in particolare quelle collegate al cambiamento climatico. In questo caso, ogno azione progettata per ridurre il danno coinvolto col riscaldamento globale potrebbe essere definito come mirato, in realtà, allo sterminio di gran parte della razza umana. Un recente esempio coinvolge un saggio di Lawrence Torcello, in cui l'autore ha espresso l'opinione secondo la quale:

Abbiamo buone ragioni per considerare il finanziamento di campagne di negazionismo climatico come criminalmente e moralmente colpevoli.

Notate che Torcello ha detto che ciò che andrebbe criminalizzato è solo il finanziamento del negazionismo climatico da parte di coloro che hanno “un interesse finanziario o politico per l'inazione”. Non ha mai detto questo delle persone che esprimono le loro opinioni su questa materia. Ma la “legge delle intenzioni di genocidio” si è immediatamente attivata. Per un rapporto sulla campagna di odio che si è scatenata contro Lawrence Torcello, vedete questo articolo di Graham Redfearn. Ecco un paio di esempi presi dal Web:

Così, cosa accade quando scopriamo che non c'è abbastanza spazio in carcere da nessuna parte per rinchiudere i 2/3 dell'America colpevoli di Blasfemia Climatica? Immagino che saranno necessarie delle esecuzioni, il che quadra con l'intera Agenda 21, una filosofia di ambientalismo come religione proprio bella, visto che questa gente crede che almeno l'80% della popolazione del pianeta debba essere eliminata perché le cose siano sostenibili (link)

e

Qual è l'estensione logica del carcere? Portata al suo estremo, la filosofia di Torcello porta all'esecuzione. Potreste pensare che sia folle, ma sbagliereste. E' così che comincia il fascismo. La filosofia del liberismo evoluto evoluta porta sempre al fascismo. Come si dice, la strada per l'inferno è lastricata di buoni propositi (link

Queste leggi, la legge di Godwin o la reductio ad exterminium, sembrano quasi divertenti, ma ciò che vediamo è la degenerazione totale del dibattito: una vera “reductio ad vituperium”. Saremo mai in grado di mettere in piedi una discussione razionale su un qualsiasi tema importante? Probabilmente no e questa è la vera tragedia in un momento in cui abbiamo un disperato bisogno di trovare un consenso su cosa fare per evitare vari disastri imminenti, compreso il cambiamento climatico.






giovedì 27 marzo 2014

La potenza è nulla senza controllo: come perdere un impero

Da “Extracted”. Traduzione di MR

Immagine da una campagna pubblicitaria per la Pirelli degli anni 90.

Gli imperi sembrano essere una struttura umana tipica che riappare in continuazione nel corso della storia. Il problema è che gli imperi sono spesso così efficienti che tendono a sfruttare eccessivamente e distruggere anche le risorse teoricamente rinnovabili. Il risultato finale è una cascate distruttiva di retroazioni: non solo l'impero finisce gradualmente le risorse, ma finisce anche la capacità di controllarle, coi due effetti che rinforzano a vicenda. La potenza è niente senza controllo. E, di solito, il controllo sembra finire prima della potenza.

In pratica, gli imperi in difficoltà tendono a frammentarsi in piccoli blocchi indipendenti o staterelli prima di scomparire realmente come sistemi economici. E' il risultato dell'aumento dei costi di controllo, che non corrispondono più al diminuito flusso di risorse. Abbiamo visto questo fenomeno in tempi recenti con la frammentazione e la scomparsa dell'Unione Sovietica. Potremmo vederlo oggi col moderno impero mondiale che chiamiamo “Globalizzazione”. Gli eventi recenti in Ucraina sembrano mostrare che il sistema, infatti, abbia dei problemi nel controllare la propria periferia e potrebbe presto frammentarsi in blocchi indipendenti.

Naturalmente, è ancora troppo presto per dire se ciò cui stiamo assistendo oggi in Ucraina sia solo un'asperità sulla strada o un sintomo di un collasso sistemico imminente. Come al solito, tuttavia, la storia potrebbe essere una guida per capire ciò che si trova davanti a noi. Nel seguente post, esamino il collasso dell'Impero Romano alla luce di considerazioni basate sul controllo e le risorse. Risulta che, anche per quanto riguarda gli antichi Romani, la potenza non fosse nulla senza controllo.


Picco dell'oro: Come i Romani hanno perso il loro impero

Di Ugo Bardi

Un “Aureus” Romano coniato dall'Imperatore Settimo Severo nel 193 DC. Del peso di circa 8 grammi, l'Aureus era davvero una moneta imperiale – la personificazione della ricchezza e della potenza di Roma. (immagine da Wikipedia).

In questo post, sostengo che la moneta in metallo prezioso era un fattore fondamentale che teneva insieme l'Impero Romano e dava ai Romani il loro potere militare. Ma le miniere Romane che producevano oro e argento raggiunsero il picco nel primo secolo DC. E i Romani persero gradualmente la capacità di controllare le proprie risorse. In un certo senso, furono condannati dal “picco dell'oro”. 

Quando ho sentito dire per la prima volta che l'Impero Romano è caduto a causa dell'esaurimento delle sue miniere di argento e oro ero scettico. In confronto alla nostra situazione, in cu affrontiamo l'esaurimento dei combustibili fossili, il caso Romano mi sembrava completamente diverso. Oro e argento non producono energia, non producono niente di utile. Perché quindi l'Impero Romano è caduto a causa di qualcosa che potremmo chiamare “picco dell'oro”?

Eppure, quando ho approfondito l'argomento, ho notato quanto fosse evidente la correlazione della disponibilità in declino di oro e argento col declino dell'Impero Romano. Abbiamo dati scarsi sulla produzione delle miniere Romane, dislocate principalmente in Spagna, ma comunemente si crede che la produzione raggiunse il picco ad un certo momento durante il primo secolo DC (o forse all'inizio del secondo secolo). In seguito, è rapidamente diminuito a quasi zero, anche se l'estrazione mineraria dell'oro non si è mai fermata completamente (1).

Come potete vedere nella figura, la perdita della produzione del prezioso metallo è riflessa nel contenuto di argento della moneta Romana. I Romani non avevano la tecnologia necessaria per stampare banconote, quindi hanno semplicemente deprezzato la loro moneta d'argento, il “denarius” aumentando il suo contenuto di rame. Per la metà del terzo secolo, il denarius era costituito quasi da puro rame: “denaro forzoso”, se ce ne è mai stato uno. Durante quel periodo, le monete d'oro non furono deprezzate, ma scomparirono di fatto dalla circolazione (grafico sopra di Joseph Tainter (2)).

Come ho sostenuto in un post precedente, la scarsità progressiva dei metalli preziosi si collega bene coi vari eventi che ebbero luogo durante la fase di declino dell'impero e con la sua scomparsa finale. Naturalmente, correlazione non significa causazione ma, qui, la correlazione è così forte non si può pensare che sia solo una questione di fortuna. Col tempo, mi è sembrato chiaro che ci fossero collegamenti chiari anche fra diversi fattori nel collasso dell'Impero. 

In generale, i sistemi complessi tendono a crollare in maniera complessa e l'Impero Romano non cadde semplicemente a causa della mancanza della sua fonte primaria di energia che, a quel tempo, era l'agricoltura. Energia (e potenza) sono inutili senza controllo e per i Romani controllare l'energia generata dall'agricoltura richiedeva investimenti di capitale per truppe e burocrazia. Entrambe furono colpite dal declino della produzione di metalli preziosi. Col tempo, la ridotta efficacia militare dell'impero ha distrutto la capacità di controllare il sistema agricolo. Ciò condannò l'Impero al collasso. 

Questa è una storia enormemente complessa che probabilmente non può risolversi in un mero post. Ciononostante, il problema è molto generale e può essere condensato in una singola frase: “La potenza è niente senza controllo”. Quindi, credo sia possibile esporre gli elementi principali dell'interazione fra oro, potenza militare e cibo ai tempi dei Romani in uno spazio relativamente ridotto. Fatemi provare.


I Romani e l'oro

In definitiva, ciò che crea e tiene insieme gli imperi è la forza militare. L'Impero Romano era così grande e di successo perché era, probabilmente, la più grande potenza militare dei tempi antichi. I Romani hanno avuto tanto successo in questo non a causa di particolari innovazioni militari. La ricetta del loro successo era semplice: pagavano i loro combattenti con moneta di metallo prezioso. La tecnologia combinata dell'estrazione dell'oro e del conio di monete aveva consentito ai Romani di creare uno dei primi eserciti regolari della storia. Ancora oggi, chiamiamo i nostri uomini arruolati “soldati”, un termine che deriva dalla parola Romana “Solidus”, il nome della moneta d'oro del tardo impero.

Non solo i soldi possono creare un esercito regolare, possono anche farlo crescere fino a grandi dimensioni. Arruolarsi nelle legioni – la spina dorsale dell'esercito – era privilegio dei cittadini Romani, ma chiunque poteva arruolarsi nelle “auxilia”, le truppe “ausiliarie”. Nella figura vedete “Auxilia” Romani (riconoscibili dagli scudi rotondi) che presentano le teste tagliate dei Daci all'Imperatore Traiano durante la campagna di Dacia del secondo secolo DC. Normalmente i Romani non potevano tagliare le teste ai loro nemici, era una cosa vista come incivile, ma gli “auxilia” erano notoriamente un po' indisciplinati (notate come l'Imperatore, sulla sinistra, li guardi perplesso). Ma, ai tempi delle guerre di Dacia, gli auxilia erano diventati una parte fondamentale dell'esercito Romano e sarebbero rimasti tali per il resto della vita dell'Impero. 

Oro e argento erano elementi essenziali per i Romani nel pagamento delle truppe e questo era particolarmente vero per quelle straniere. Mettetevi nei caligae (sandali) di un combattente germanico. Perché dovreste mettere la vostra framea (lancia) al servizio di Roma se non perché vi pagano? E voleva essere pagati in soldi veri; le monete di rame non venivano accettate. Si volevano le monete d'oro e d'argento che si sapeva potevano essere riscattate ovunque in Europa e in particolare in quel gigantesco emporio di ogni sorta di beni di lusso che era la città di Roma, la più grande del mondo antico. E, a proposito, da dove venivano quegli articoli di lusso? In gran parte erano importati. Seta, avorio, perle, spezie, incenso e molto altro provenivano da India e Cina. Importare quegli articoli non era solo un hobby stravagante per l'élite Romana, era una manifestazione tangibile della potenza e della ricchezza dell'impero, qualcosa che costituiva un fattore importante nel convincere la gente ad arruolarsi nelle auxilia. Ma i cinesi non avrebbero spedito a Roma la seta in cambio di monete di rame senza valore – volevano l'oro e lo ottennero. Poi, quell'oro è stato perso per sempre dall'Impero che, fondamentalmente, poteva produrre solo due cose: grano e truppe, nessuna delle quali poteva essere esportata a lunghe distanze. 

Questa situazione spiega il graduale declino militare dell'Impero Romano. Col declino delle miniere di metallo prezioso, divenne sempre più difficile per gli imperatori reclutare le truppe. La mancanza di un forte potere centrale portò l'Impero ad essere inghiottito in guerre civili; con l'esercito principalmente impegnato a combattere pezzi di sé stesso e l'Impero che si divise in due parti: l'Oriente e l'Occidente. Durante questa fase, il numero di truppe non era ridotto, ma la loro qualità era fortemente declinata. Dopo la riforma militare dell'Imperatore Diocleziano durante il terzo secolo DC, l'esercito Romano era formato principalmente di limitanei; non proprio un esercito ma una polizia di frontiera incapace di fermare qualsiasi tentativo serio da parte di stranieri di bucare i confini. Per mantenere insieme l'Impero, gli Imperatori si affidarono ai “comitatenses” (anche con altri nomi) truppe mobili scelte che avrebbero tappato (o cercato di tappare) i buchi nel confine appena si formavano. 

La combinazione di limitanei e comitatenses ha funzionato nel mantenere i barbari al di fuori dell'Impero per un po'. Ma l'emorragia di oro e argento continuava. Così, durante l'ultimo decennio dell'Impero, le paradigmatiche truppe Romane erano i “bucellarii”, un termine che significa “mangiatori di gallette”. Il nome si può interpretare come se implicasse che quelle truppe combattessero in cambio di cibo. Naturalmente questo poteva non essere sempre vero, ma è una chiara indicazione della scarsità di soldi del tempo. Ci sono anche rapporti di truppe pagate con ceramica e in qualche caso con della terra – la seconda pratica potrebbe essere stata un fattore nella creazione del sistema feudale che ha sostituito l'Impero Romano in Europa.  

In un certo senso, come vediamo, i Romani erano condannati dal loro “picco dell'oro” (ed anche dal “picco dell'argento”). A causa della perdita della fornitura del loro prezioso metallo, i Romani persero la loro capacità di controllare le proprie truppe e di conseguenza le loro risorse. E la potenza è niente senza controllo. 

Ma l'Impero Romano non cadde solo perché fu invaso da stranieri o perché si spaccò in molteplici settori. Sperimentò un collasso sistemico che non era solo un collasso militare, coinvolgeva l'intera economia e anche i sistemi sociale ed economico. Per capire le ragioni del collasso, dobbiamo andare più in profondità nel modo in cui funzionava il sistema economico Romano.  

I Romani e l'energia

L'energia dell'Impero Romano proveniva dall'agricoltura; principalmente sotto forma di grano. All'inizio della loro storia e per diversi secoli a seguire, sembra che i Romani avessero pochi problemi o nessuno nel produrre abbastanza cibo per la loro popolazione. Questo ha una certa logica, considerando che ai tempi dei Romani la popolazione europea era di meno di un decimo di quella di oggi e quindi c'era un sacco di spazio libero per le coltivazioni. Le notizie di problemi alimentari nell'Impero appaiono solo col primo secolo DC e carestie veramente disastrose appaiono solo col quinto secolo DC – quando l'Impero Romano d'Occidente era già nella sua fase terminale. Il “picco del cibo”, apparentemente, arrivò molto più tardi, circa 3-4 secoli dopo quello dell'oro. 

L'esistenza stessa di un “picco del cibo” per l'Impero Romano è qualcosa che lascia perplessi: l'agricoltura è, in linea di principio, una tecnologia rinnovabile che è stata in grado di alimentare la popolazione Romana per diversi secoli. Durante l'ultimo periodo dell'Impero, non ci sono prove di un aumento di popolazione; al contrario, è chiaro che questa era calata. Allora, perché l'agricoltura non poteva produrre abbastanza cibo?

Il problema è che produrre cibo non comporta solo arare qualche terreno e seminare colture. I rendimenti agricoli dipendono dai capricci del tempo e, ancora più importante, l'agricoltura ha la tendenza ad esaurire i terreni dal suolo fertile come conseguenza dell'erosione. Per evitare questo problema, gli antichi avevano una serie di strategie: una era il nomadismo. Dal “De Bello Gallico” di Cesare apprendiamo che, nel primo secolo AC, le popolazioni europee avevano ancora uno stile di vita nomade. Lo facevano per trovare nuova terra incontaminata e piantare colture nel suolo ricco che potevano produrre abbattendo e bruciando alberi. Questo era possibile perché l'Europa continentale, allora, era quasi vuota ed intere popolazioni potevano spostarsi senza impedimenti. 

I Romani, invece, erano una popolazione stanziale e avevano il problema dell'esaurimento del suolo. Quando la popolazione crebbe, l'erosione divenne un problema, specialmente in regioni montagnose come l'Italia (3). In aggiunta, alcuni centri urbani – come Roma – divennero così grandi che erano impossibili da alimentare usando solo risorse locali. Col primo secolo AC, la situazione portò allo sviluppo di un sofisticato sistema logistico basato su navi che portavano il grano a Roma dalle provincie africane, principalmente da Libia ed Egitto. Era una grande impresa per la tecnologia del tempo assicurare che gli abitanti di Roma ricevessero abbastanza grano e proprio quando ne avevano bisogno. Richiese grandi navi, impianti di stoccaggio e, più di tutto, una burocrazia centralizzata che andò sotto il nome di “annona” (dalla parola latina “annum”, anno). Questo sistema era così importante che Annona fu trasformata in una Dea a pieno titolo dalla propaganda imperiale (potete vedere il suo nome nell'immagine sopra, sul retro di una moneta coniata ai tempi dell'Imperatore Nerone - da Wikipedia). Per noi, trasformare la burocrazia in una entità divina potrebbe sembrare un po' inverosimile ma, forse, non ci siamo tanto lontani. 

Nonostante la sua complessità, il sistema logistico Romano del grano ebbe successo nel sostituire l'insufficiente produzione italiana e permise di sfamare una città grande come Roma, la cui popolazione si avvicinava (e forse superava) un milione di abitanti durante i tempi d'oro dell'Impero. Ma non era solo Roma che beneficiava del sistema di trasporto del grano e il sistema poté creare una densità di popolazione relativamente alta, concentrata lungo le coste del Mar Mediterraneo. Era questa più alta densità di popolazione che diede ai Romani un vantaggio militare sui loro vicini settentrionali, i “barbari”, la cui popolazione era limitata dalla mancanza di un simile sistema logistico.  

Ma che cosa spostava il grano dalle coste dell'Africa a Roma? In parte, era il risultato del commercio. Per esempio, le compagnie che spedivano il grano erano in mani private e venivano pagate per il loro lavoro. Ma il grano in sé non si spostava a causa del commercio: le provincie inviavano grano a Roma perché erano costrette a farlo. Dovevano pagare tasse al governo centrale e potevano farlo o in moneta o in natura. Sembra che i produttori di grano pagassero normalmente in natura e Roma non spediva nulla in cambio (eccetto in termini di truppe e burocrati). Quindi, l'intera operazione era un cattivo affare per le provincie ma, come sempre negli Imperi, rinunciare al sistema non era permesso. Quando, nel 66 DC, gli Ebrei di Palestina decisero che non volevano pagare più le tasse a Roma, la loro ribellione fu schiacciata nel sangue e Gerusalemme fu saccheggiata. Alla fine, era la forza militare che teneva sotto controllo il sistema.  

Il sistema Romano dell'annona potrebbe non essere stato equo, ma funzionò bene e per lungo tempo: almeno per qualche secolo. Sembra che il sistema agricolo africano fosse gestito dai Romani con ragionevole cura e che fu possibile evitare l'erosione del suolo quasi fino alla fine stessa dell'Impero d'Occidente. Notate anche che il sistema dell'annona non sembra essere stato condizionato  - di per sé – dal deprezzamento del denarius d'argento. Questo è ragionevole: i produttori di grano non avevano scelta, non potevano esportare i loro prodotti a lunghe distanze e avevano soltanto un mercato: Roma e le altre grandi città dell'impero. 

Ma il sistema che alimentava la città di Roma sembra essere declinato, e alla fine collassato, durante il quinto secolo DC. Abbiamo alcune prove (3) che fu in questo periodo che l'erosione trasformò le coste nordafricane dalla “cintura del grano” dei Romani al deserto che vediamo oggigiorno. Probabilmente, il disastro era inevitabile, ma è anche vero che  la guerra fa un sacco di danni all'agricoltura e questo è certamente vero per la regione nordafricana, oggetto di estese guerre durante l'ultimo periodo dell'Impero Romano. Più in generale, la tensione del sistema economico generata dalla guerra continua potrebbe aver portato i produttori a sfruttare troppo le loro risorse, privilegiando i guadagni a breve termine alla stabilità a lungo termine. Se non fosse per questi eventi, è probabile che la produttività agricola della terra avrebbe potuto essere mantenuta per un tempo molto più lungo. Ma così non è stato. 

Con le terre nordafricane che si trasformavano rapidamente in un deserto, il Re Genserico dei Vandali (si può vedere il suo volto su una moneta “siliqua” nella figura), al governo della regione, interruppe l'invio di grano a Roma nel 455 DC, procedendo poi a saccheggiare la città lo stesso anno. Quella fu la vera fine di Roma, la cui popolazione si ridusse da almeno alcune centinaia di migliaia di persone a circa 50.000. Era la fine di un'era e le coste del Nord Africa non sarebbero mai più state esportatrici di cibo.

La caduta dell'Impero Romano

I sistemi complessi tendono a crollare in modo complesso e diversi fattori interconnessi giocarono un ruolo insieme, prima nel creare l'Impero Romano, poi nel distruggerlo. All'inizio, fu un'innovazione tecnologica, il conio di metalli preziosi, che portò i Romani a sviluppare una grandezza militare che permise loro di accedere a risorse che sarebbero state impossibili da sfruttare altrimenti: i terreni agricoli nordafricani. Ma, come succede spesso, il meccanismo di sfruttamento era così efficiente che alla fine ha distrutto sé stesso. La produttività calante delle miniere di metallo prezioso ridussero l'efficienza del sistema militare Romano e questo, a sua volta, portò alla frammentazione e a guerre estese. Le aumentate necessità di risorse per la guerra furono un fattore importante nella distruzione del sistema agricolo il cui collasso, a sua volta, mise fine all'Impero. 

L'interazione dinamica dei vari elementi coinvolti nella crescita e nel crollo dell'Impero possono essere visti nella figura sotto, da un mio precedente saggio. Nel diagramma, la fonte di energia è l'agricoltura, ma è solo un elemento di un sistema complesso in cui le varie entità si rinforzano o smorzano a vicenda. 


Il diagramma è modellato su quello originariamente creato da Magne Myrtveit per la nostra società nello studio del 1972 “I Limiti dello Sviluppo”. Questo, come altri studi dello stesso tipo, forniscono una bella visione d'insieme della traiettoria di un sistema economico che tende a sfruttare eccessivamente le risorse che usa. Come modelli, tuttavia, non sono completamente soddisfacenti, nel senso che non includono la questione del controllo. E' un costo che dev'essere pagato e il graduale declino del flusso di risorse lo rende difficile. Di conseguenza, gli Imperi raramente collassano dolcemente e tutti insieme, ma piuttosto tendono a frammentarsi e ad ingaggiare guerre intestine prima di scomparire veramente. Questo fu il destino dell'Impero Romano, che ha sperimentato la legge generale per cui la potenza è niente senza controllo. 

I Romani e noi

E' sempre stato affascinante vedere l'Impero Romano come uno specchio lontano della nostra civiltà. E, infatti, vediamo che i punti di contatto sono molti. Pensate solo al sofisticato sistema logistico Romano: le navis oneraria che trasportavano grano dall'Africa a Roma sono l'equivalente delle nostre super petroliere che trasportano petrolio greggio dal Medio oriente ai paesi Occidentali. E pensate come Cina ed India stiano giocando oggi lo stesso ruolo che giocavano nei remoti tempi dei Romani: sono centri di produzione che stanno gradualmente risucchiando la ricchezza dell'Impero che chiamiamo, oggi, “globalizzazione”. 

Detto questo, c'è anche un'ovvia differenza. Il sistema energetico Romano era basato sull'agricoltura e quindi era teoricamente rinnovabile, almeno finché i Romani non lo hanno sfruttato eccessivamente. Quindi, tendiamo ad essere più preoccupati dell'esaurimento delle nostre risorse energetiche piuttosto che di quelle di oro e argento che – sembrerebbe – abbiamo potuto rimuovere in sicurezza dal nostro sistema finanziario senza problemi evidenti. 

Tuttavia, rimane il problema fondamentale che la potenza è inutile senza controllo. Il sistema di controllo dell'Impero della globalizzazione funziona su principi simili a quelli del vecchio Impero Romano. E' basato su un sofisticato sistema finanziario che, alla fine, funziona perché è integrato col sistema militare. Nell'esercito globalizzato, i soldati, proprio come quelli Romani, vogliono essere pagati. E vogliono essere pagati con una moneta che possano riscattare con beni e servizi da qualche parte. Il dollaro ha, finora, giocato questo ruolo, ma lo può giocare per sempre?

Alla fine, tutto ciò che fanno gli esseri umani è basato su qualche forma di credenza di cosa abbia valore in questo mondo. I Romani vedevano l'oro e l'argento come magazzini di valore. Per noi, c'è la credenza che i bit generati dentro dei computer siano magazzini di valore – ma potremmo esserne delusi – non che ci sarà mai un “picco dei bit” finché ci sono computer in giro, ma di sicuro un grande collasso finanziario non ci impoverirebbe soltanto, ma più di tutto distruggerebbe la nostra capacità di controllare le risorse energetiche di cui abbiamo così disperatamente bisogno. 

Quindi, quando gli esperti di petrolio allineano le riserve di petrolio come se ogni barile fosse un soldato pronto per la battaglia, assumono tacitamente che queste riserve siano disponibili ad uso dell'Impero globale. Questo non è necessariamente vero. Dipende dal sistema finanziario che potrebbe ben risultare essere l'anello debole della catena. Senza controllo, la potenza è inutile. 
L'Impero Romano fu perduto quando il sistema finanziario cessò di essere in grado di controllare il sistema militare. Quando i Romani persero il loro oro, persero tutto. Nel nostro caso, potrebbe essere che perderemo la nostra capacità di controllare il sistema militare prima di perdere la capacità di produrre energia da combustibili fossili. Se il dollaro perdesse la sua predominanza nel sistema finanziario mondiale, allora i produttori potrebbero essere tentati di tenere le proprie riserve di petrolio per sé o, almeno, non essere più così entusiasti di permettere all'Impero di accedervi. Ciò che sta avvenendo oggi in Ucraina potrebbe essere un primo sintomo della perdita imminente di controllo globale.



1. “Estrazione mineraria nel Tardo Impero Romano”, J.C Edmondson, The Journal of Roman Studies, 79, 1989, 84, http://www.jstor.org/stable/301182 
2. Tainter, Joseph A (2003. Prima pubblicazione 1988), Il collasso delle società complesse, New York & Cambridge, UK: Cambridge University Press,  ISBN0-521-38673-X
3. “L'Impero Romano: Caduta dell'Occidente; Sopravvivenza dell'Oriente”, James F Morgan, Bloomington 2012