George Monbiot è uno dei più lucidi e informati giornalisti che abbiamo oggi. Uno che ha chiarissime le questioni relative alla scienza, alla comunicazione, e al cambiamento. Questo articolo che ha scritto sul "Guardian" è talmente interessante che mi ha fatto superare la mia pigrizia a tradurre le cose: mi sono messo lì e l'ho tradotto. E' veramente denso di cose da capire e da meditare. Monbiot non è tenero con gli scienziati, e per delle buone ragioni; parla addirittura di tirargli dietro delle uova marce. Ma ritiene anche che la scienza, nel complesso, funziona. Il problema è la società che non riesce ad agire di conseguenza. La conclusione di Monbiot è pessimistica ma non ingiustificata vista la situazione: "nulla funziona". Ovvero, riusciremo a far meglio dei batteri in una piastra di Petri che crescono finché c'è cibo disponibile e poi muoiono soffocati nei loro stessi escrementi? Leggetevi l'articolo, poi mi propongo di commentarlo in dettaglio in altri post.
Il problema della fiducia nella scienza complessa
Di George Monbiot - The Guardian, 9 Marzo 2010
Non c'è un modo semplice per combattere la pubblica ostilità verso la ricerca climatica. Come ci fanno vedere gli psicologi, in ogni caso non sono i fatti che ci fanno cambiare idea.
C'è una domanda alla quale nessuno di quelli che negano il riscaldamento globale causato dall'uomo vuole rispondere: che cosa ci vorrebbe per persuaderti? Nella maggioranza dei casi, la risposta sembra essere nulla. Nessun livello di evidenza può scuotere la credenza in crescita che la scienza del clima è un gigantesco complotto messo insieme dalle teste d'uovo e dai governi per tassarci e controllarci. Il nuovo studio del Met Office che dipinge un quadro anche più oscuro di quello del Pannello Intergovernativo sul Cambiamento Climatico (IPCC) non farà niente per cambiare questa visione.
L'attacco contro gli scienziati del clima si sta oggi allargando a una guerra totale contro la scienza. Scrivendo recentemente per il Telegraph, l'opinionista Gerald Warner ha trattato gli scienziati con i termini di "Narcisisti e Prime Donne, teste bacate in camice bianco [che] hanno ripreso il loro ruolo di pazzoidi.... Il pubblico non ha più rispetto per gli scienziati. Come le chiese evangeliche in continuo litigio fra loro nell'800, possono formare tutte le sette scismatiche che vogliono, tanto nessuno gli da più retta."
Opinioni di questo genere possono essere spiegate in parte come una rivincita degli umanisti. Ci sono poche eccezioni al fatto che non ci sono editori o dirigenti in una ditta di media - e pochissimi giornalisti - che abbia un titolo di studio scientifico, tuttavia tutti sanno che i nerd stanno conqustando il mondo. Ma il problema è reso più difficile dalla complessità. Arthur C. Clarke ha detto che "ogni tecnologia sufficientemente avanzata è indistinguibile dalla magia". Avrebbe potuto aggiungere che ogni conoscenza sufficientemente avanzata non è distinguibile dalle ciarle senza senso. La specializzazione scientifica è oggi così estrema che anche persone che studiano campi vicini all'interno della stessa disciplina scientifica, non si capiscono più fra di loro. Il dettaglio della scienza moderna è incomprensibile per quasi tutti, il che significa che dobbiamo accettare sulla fiducia quello che gli scienziati dicono. Eppure la scienza ci dice che non bisogna fidarsi di niente. Questa contraddizione è fatale per la fiducia del pubblico.
La sfiducia è stata moltiplicata dagli editori delle riviste scientifiche, le cui pratiche monopolistiche fanno si che i supermercati sembrino degli angioletti, e che sono dovute da tempo per un'inchiesta da parte della Commissione alla Competizione. Gli editori non pagano per la maggior parte del materiale che pubblicano eppure, a meno che voi non siate membdi di un'istituzione accademica, vi fanno pagare 20 sterline o più per accedere a un singolo articolo. In certi casi, fanno pagare alle biblioteche decine di migliaia di sterline per un abbonamento annuale. Se gli scienziati vogliono che la gente provi perlomeno a capire il loro lavoro, dovrebbero far partire una rivolta su larga scala contro le riviste che pubblicano i loro lavori. Non è più accettabile per i guardiani del sapere di comportarsi come dei guardiacaccia dell'800, che cacciano via i proletari dalle grandi tenute dei ricchi.
Ma c'è un sospetto più profondo qui. La mitologia popolare, da Faust al Dr. No, attraverso Frankenstein - propone gli scienziati come sinistri cospiratori, che utilizzano le arti oscure per avanzare i loro poteri diabolici. Alle volte, questo non è così lontano dalla verità. Alcuni scienziati hanno usato il loro genio per trasformare l'antrace in armi per i governi della Russia o degli Stati Uniti. Alcuni isolano geni assassini per le ditte di biotecnologia, allo scopo di impedire ai coltivatori di propagare i loro semi. Alcuni cedono i loro nomi per articoli scritti segretamente dalle ditte farmaceutiche con lo scopo di imbrogliare i dottori riguardo alle proprietà delle medicine che vendono.
Finché non avremo un codice di comportamento globale o un giuramento Ippocratico che costringe gli scienziati a non fare danni, la reputazione della scienza sarà trascinata nella polvere da ricercatori che inventano sempre nuovi modi di farci del male.
Ieri, Peter Preston ha scritto sul Guardian un appello per un profeta che potesse tirarci fuori dalla selva oscura. "Abbiamo bisogno di uno scienziato appassionato e persuasivo che può stabilire una connessione con il pubblico e convincerlo.... Abbiamo bisogno che un credente ci insegni a credere." Funzionerebbe? No, guardate all'odio e alla derisione che l'appassionato e persuasivo Al Gore ha generato. Il problema è non solo il fatto che la maggior parte degli scienziati non sono in grado di parlare in un linguaggio umano riconoscibile, ma sta anche nell'aspettativa che la gente sia sensibile alla persuasione.
Nel 2008, il Washington Post aveva riassunto i risultati di alcune recenti ricerche nella psicologia della disinformazione. Queste ricerche dimostrano che, in certi casi, smentire una storia falsa può aumentare il numero di persone che ci credono. In uno studio, il 34% dei conservatori ai quali era stato detto che l'Iraq aveva armi di distruzione di massa, tendevano a crederci. Ma fra quelli ai quali si faveva vedere che le affermazioni del governo erano completamente smentite dal rapporto Duelfer, il 64% aveva finito per credere che l'Iraq aveva armi di distruzione di massa.
C'è una spiegazione possibile in un articolo pubblicato su "Nature" in gennaio. L'articolo dimostra che la maggior parte delle persone tendono a "prendere spunto per quello che devono provare come sentimento, e quindi credere, dalle esclamazioni di approvazione o disapprovazione della propria platea". Quelli che si considerano indivualisti e quelli che rispettano l'autorità, per esempio, "tendono a trascurare l'evidenza di rischi ambientali, perché l'accettazione generalizzata di questa evidenza porterebbe a restrizioni al commercio e all'industria, attività che loro ammirano." Quelli che hanno una visione più centrata sull'uguaglianza sono "più soggetti a credere che queste attività portano a rischi inaccettabili e quindi dovrebbero essere limitate.
I ricercatori hanno trovato che queste divisioni spiegano meglio di ogni altro fattore le differenti risposte alle stesse informazioni. I nostri filtri ideologici ci incoraggiano a interpretare nuove evidenze in modo tale da rinforzare quello che già crediamo. Come risultato, i gruppi che hanno valori opposti diventano più polarizzati, e non di meno, quando sono di fronte a informazioni scientificamente corrette. I conservatori nell'esperimento sull'Iraq potrebbero aver reagito contro qualcosa che loro percepivano come associato al rapporto Duelfer, piuttosto che alle informazioni che esso conteneva.
Per quanto questa analisi possa suonare giusta, la descrizione di dove si trova la linea di divisione non è completamente corretta. Non descrive la strana posizione in cui mi trovo. Nonostante i miei sentimenti iconoclastici e anti-corporazioni, sto spendendo molto del mio tempo a difendere il "sistema" scientifico contro quel tipo di fomentatori di disordini con i quali mi trovo spesso associato. Il mio cuore si ribella contro questo progetto: vorrei piuttosto tirare uova marce agli scienziati che cercare di capire i loro dati. Ma i miei principi mi obbligano a cercare di capire la scienza e spiegarne le conseguenze. Questo progetto è risultato il più settario nel quale mi sia mai trovato a lavorare. Più mi concentro sui fatti, più virulenta diventa la loro deformazione.
Tutto questo non mi da fastidio - ho una pelle da dinosauro - ma rinforza l'impressione terribile che nulla funziona. La ricerca pubblicata nell'articolo su Nature mostra che quando gli scienziati si vestono sobriamente, si tagliano la barba, e danno dei titoli conservativi ai loro articoli, riescono a comunicare con l'altra parte. Ma nel fare in questo modo sicuramente si allontanano da persone che sarebbero inclini ad aver fiducia in loro. Come mostra la saga del vaccino contro il morbillo, le persone che non hanno fiducia nell'autorità possono prendere a calci la scienza altrettanto bene di quelli che invece ne hanno.
Forse dobbiamo accettare il fatto che non esiste una soluzione semplice alla pubblica sfiducia contro la scienza. La battaglia sul cambiamento climatico suggerisce che più chiaramente spieghi qual'è il problema, più allontani la gente. E addio a una vita di lavoro, la mia.
mercoledì 17 marzo 2010
martedì 16 marzo 2010
Clima e propaganda in un film di Greenman
Posted by
Ugo Bardi
Ancora un film eccellente di "Greenman" (Pete Sinclair) sul clima. Merita di essere visto perchè va a esaminare alcuni dettagli dell'ultima ondata di follia che sarebbero esilaranti se non fossero tragici. E' in Inglese, ma un inglese molto facile e comprensibile.
Nel film troviamo, per esempio, la storia dell'articolo di Siddall et al. su Nature Geoscience che prevedeva un innalzamento molto limitato dei mari come conseguenza del riscaldamento globale. Inizialmente, questo articolo era stato accolto con grida di gioia dai negazionisti climatici, come Anthony Watts, come una sconfitta dei catastrofisti. Poi, però, gli stessi autori hanno ritirato il loro articolo, essendosi accorti di alcuni errori che avevano fatto e che in effetti l'innalzamento dei mari sarebbe stato molto più importante. Bene, la cosa è stata descritta dai negazionisti come un ulteriore sconfitta dei climatologi. In sostanza, gli studi vanno bene se predicono le cose che i negazionisti climatici vogliono che predicano. Altrimenti, no.
lunedì 15 marzo 2010
Mitopoiesi: ovvero il trionfo della propaganda
Posted by
Ugo Bardi
Professore universitario in pensione, chimico fisico. Frase sentita alla mensa universitaria. "Ho sentito dire che hanno fatto delle intercettazioni telefoniche e che i climatologi hanno confessato di aver falsificato i dati."
Ricercatore precario, chimico organico. Frase sentita a un convegno. "Nessuno può dire come evolverà il clima. Anche i climatologi non sono sicuri se andiamo verso il riscaldamento globale o verso una nuova era glaciale".
Studente di Chimica del terzo anno. Frase arrivata in una email. "Ormai è certo che è il sole a causare i cambiamenti climatici."
domenica 14 marzo 2010
La pattumiera del clima
Posted by
Ugo Bardi
Esporre con chiarezza un problema complesso come quello climatico è sempre difficile. Qui, faccio qualche considerazione in proposito, proponendo che l'immagine da usarsi per spiegare il concetto è quella di una pattumiera che si riempie fino a traboccare. E' la situazione della nostra atmosfera.

Certo, la questione del picco del petrolio è più complicata di così (per esempio, vedi qui per un analisi un po' formale della cosa). Ma l'immagine del boccale di birra di Campbell, alla fine dei conti, cattura l'essenziale della faccenda. E' un esempio semplificato quanto volete ma, dal punto di vista della fisica del sistema, è sempre meglio delle fesserie di quelli che ci vorrebbero far credere che il petrolio è infinito o quasi. La gente queste cose le capisce e quello del boccale di birra è un esempio che li aiuta a inquadrare il problema.
Il problema con il riscaldamento globale è che non c'è, almeno a prima vista, un esempio così semplice e evidente. Ho parlato in un post precedente del fatto che soltanto una piccola frazione della popolazione è in grado di capire la fisica della faccenda. Possiamo fare del nostro meglio per essere chiari e comprensibili quando spieghiamo come funzionano cose come il forcing radiativo, i feedback climatici, o i modelli di circolazione globale; tuttavia per la maggior parte di noi rimane difficile capire esattamente la concatenazione di cose che fa si che andando in automobile in Italia uno contribuisce un po' al fatto che il permafrost siberiano si scioglie.

Pensandoci sopra, tuttavia, sono arrivato alla conclusione che non è per niente impossibile trovare dei modi comprensibili ed efficaci per illustrare la questione climatica. Però, invece di parlare di un bicchiere di birra che si svuota, dobbiamo parlare di una pattumiera che si riempie. L'atmosfera è la nostra pattumiera. Così come avevamo pensato all'inizio che il petrolio fosse così abbondante che non sarebbe finito mai, allo stesso modo ci era parso all'inizio che l'atmosfera fosse pattumiera infinita nella quale potevamo scaricare di tutto. Non era così: il boccale di birra del petrolio comincia a apparire vuoto e la pattumiera dell'atmosfera sta dando evidenti segni di essere troppo piena.
Quelli di noi che si occupano di esaurimento delle risorse queste cose ce le hanno ben chiare; non per nulla i membri di ASPO-Italia hanno approvato all'unanimità un documento che appoggia l'interpretazione corrente del riscaldamento globale che lo vuole in gran parte causato dall'attività umana. Quando diciamo "esaurimento", in effetti, non vuol dire che la risorsa sparisce. Niente sparisce: le risorse vengono semplicemente trasformate in cose che non ci sono utili; anzi, che ci fanno danni. In altre parole, "consumare" una risorsa vuol dire trasformarla in un rifiuto. E non c'è dubbio che di rifiuti in questo periodo ne stiamo creando di tutti i tipi. Ne è un buon esempio la robaccia che scarichiamo in discarica o che ci riduciamo a bruciare negli inceneritori per non essere capaci di trovare una soluzione migliore.
Allora, il CO2 che scarichiamo nell'atmosfera è soltanto uno dei tanti rifiuti che scarichiamo in giro. E' un rifiuto un po' particolare, non puzza, non è un veleno per gli esseri umani, è necessario per le piante. Ma, come per tante altre cose, l'effetto dipende dalle dosi: nella giusta dose il CO2 è necessario per l'ecosistema, in dosi eccessive causa danni in termini di riscaldamento globale. Il CO2 non è la sola sostanza a causare questo effetto ma, al momento, è la principale.
Alla fine dei conti, è una questione di limiti. Chi non si rende conto che esistono limiti a quello che gli esseri umani possono fare tende a prendere posizione negando sia l'esaurimento delle risorse sia la realtà del riscaldamento globale causato dall'uomo. Ma questo pianeta non è infinito. Non solo stiamo esaurendo risorse preziose e non rinnovabili, ma se continuiamo a trattare il nostro pianeta come se fosse una pattumiera, finirà per traboccare. In fondo, è tutto qui.
sabato 13 marzo 2010
Un po' di immagini di questo pianeta e di altri
Posted by
Ugo Bardi
Godetevi un po' di bellissime immagini di questo pianeta così bello e così bistrattato. Questo servizio della BBC deve essere veramente una meraviglia.
giovedì 11 marzo 2010
Seduti sopra il vulcano
Posted by
Ugo Bardi
Vivere sulle pendici di un vulcano può sembrare qualcosa che tocca soltanto agli abitanti delle frazioni vesuviane vicino a Napoli. Ma tutti siamo seduti sopra un vulcano planetario: quello degli idrati di metano che potrebbero causare un riscaldamento globale drastico e irreversibile. Un recente articolo apparso su Science indica una tendenza preoccupante di rilascio di metano in atto dagli idrati polari
Il metano è uno dei "gas serra" (o gas climalteranti) dell'atmosfera, uno di quei gas che assorbono il calore e lo trattengono nell'atmosfera, riscaldandola. L'aumento della concentrazione dei gas serra è la causa principale del riscaldamento globale.
Di solito, quando si parla di gas serra si parla più che altro del CO2, il biossido di carbonio. Ma l'atmosfera è un sistema complesso dove ci sono vari gas serra che interagiscono fra di loro. Fra questi c'è il metano che è un gas serra più potente del CO2 ma che si trova nell'atmosfera in concentrazioni molto più piccole. A causa di queste basse concentrazioni, i suoi effetti sulla temperatura globale sono molto minori di quelli del CO2. C'è però una forma di metano di cui si sa poco e che potrebbe avere effetti dirompenti sulla temperatura: gli idrati di metano.
Gli idrati (o clatrati) di metano sono detti "il ghiaccio che brucia". Li si possono accendere con un fiammifero, come si vede in questa foto.
E' metano intrappolato nel ghiaccio, tipicamente nel permafrost delle regioni polari. E' il risultato di processi biologici molto antichi; un po' come il petrolio. Da molto tempo si parla di immense riserve di metano negli idrati e della possibilità di estrarlo per utilizzarlo come combustibile. Per ora, le difficoltà sono state tali che non se ne è fatto di niente e, sperabilmente, non lo si farà mai dato che le conseguenze potrebbero essere disastrose. Come nel caso del petrolio, potrebbe non essere cosa buona far ritornare in superficie cose che sono state intrappolate molto a lungo sottoterra.
Gli idrati di metano sono una immensa sorgente potenziale di gas serra e non c'è garanzia che rimangano tranquilli dove sono per sempre. Ci resteranno finché la temperatura planetaria rimane costante, più o meno. Ma se si alza, come si sta alzando a causa dell'immissione di CO2 nell'atmosfera, allora non è affatto detto che il metano rimanga congelato nel permafrost.
Se il permafrost si scalda, rilascia metano. Il metano rilasciato causa un ulteriore riscaldamento. Questo riscaldamento causa il rilascio di ulteriore metano e via così. Parte del metano emesso viene gradualmente trasformato in CO2 da processi biologici, ma questo cambia poco al fatto che il risultato di questa catena di eventi è un rilascio sempre crescente di gas serra nell'atmosfera. La conseguenza non può essere che un disastroso riscaldamento planetario, anche peggiore degli scenari più pessimistici presentati dai climatologi che parlano anche sei gradi di temperatura in più.
Questa esplosione dei clatrati viene detta in inglese il "cannone a clatrati" (clathrate gun). Tenendo conto che il cannone è puntato contro di noi, è chiaro che è un'espressione piuttosto efficace.
Può veramente succedere una cosa del genere entro i prossimi decenni? Non lo possiamo dire con certezza, ma alcune cose le sappiamo: una è che la concentrazione di metano nell'atmosfera sta aumentando, l'altra che il permafrost sta rilasciando grandi quantità di metano, come riportato anche di recente su Science. Non è detto che questo rilascio sia un fenomeno eccezionale, ma nemmeno che non lo sia. Dopotutto, ci troviamo oggi in condizioni di composizione dell'atmosfera che non si sono mai verificate nell'ultimo milione di anni in termini di concentrazione di CO2. Queste condizioni eccezionali potrebbero portare a delle conseguenze eccezionali come, appunto, il rilascio di metano dagli idrati. Per quanto ne sappiamo, questo rilascio è già avvenuto diverse volte nel remoto passato e i risultati sono stati molto spiacevoli: riscaldamento planetario accompagnato da estinzioni di massa e distruzioni varie.
Come minimo, dobbiamo studiare questa faccenda molto seriamente per cercare di capire cosa sta succedendo. Non sappiamo se il rilascio degli idrati potrebbe avvenire in millenni, secoli, o soltanto decenni, ma non possiamo escludere nessuna ipotesi. Sappiamo che ci deve essere un limite di temperatura oltre il quale non si deve andare se non si vuole causare un rilascio catastrofico. Non sappiamo quale sia esattamente questo limite, ma quasi certamente esiste e sarebbe bene determinarlo per evitare di sorpassarlo.
E se venisse fuori che la miccia del cannone a clatrati è già accesa? Ovvero, che il limite di temperatura è già stato sorpassato? Beh, sarebbe una situazione interessante (termine inteso nel senso dell'antica maledizione cinese). Una volta che il processo di rilascio del metano dagli idrati è partito su larga scala, non c'è modo di fermarlo. Si fermerà da solo soltanto al momento in cui non ci sarà più metano da rilasciare e a quel punto ci troveremmo ad abitare in un pianeta completamente diverso da quello in cui siamo oggi. Non ci sono trattati internazionali che tengano e neppure doppi vetri e pannelli isolanti. L'unica possibilità di sopravvivenza per gli esseri umani sarebbe di abbassare la temperatura del pianeta per mezzo di misure veramente drastiche di geoingegneria: schermi solari orbitanti, spruzzamento di solfati nell'atmosfera o chissà che altro. Il tutto da inventarsi e mettere in pratica in pochi decenni al massimo: veramente una storia da farci un film. La realtà, tuttavia, potrebbe non essere a lieto fine.
Per quelli che abitano sulle pendici del Vesuvio, è un'opzione possibile quella di cambiare casa e allontanarsi dalla zona pericolosa. Per noi, tuttavia, non lo è cambiare pianeta. L'unico modo per stare tutti tranquilli è di evitare di scaldare il pianeta oltre il limite che farebbe scattare l'eruzione climatica dei clatrati. Siamo ancora in tempo per riuscirci riducendo le emissioni di gas serra. Purtroppo, da quello che è successo negli ultimi tempi nel dibattito climatico, comincio ad avere dei dubbi sulla capacità umana di capire cosa sta succedendo e agire in proposito.
_____________________________
Di idrati di metano ho già parlato in altre pagine web; fin dal 2005
http://www.aspoitalia.it/documenti/bardi/motoclima/motoclima.html
http://www.climalteranti.it/2009/12/08/il-punto-di-non-ritorno-del-clima/
http://aspoitalia.blogspot.com/2009/08/la-strategia-dei-maya-estrarre-gas.html
http://ugobardi.blogspot.com/2010/03/lincubo-peggiore.html
Iscriviti a:
Post (Atom)