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venerdì 22 gennaio 2021

Olobionte: L'Evoluzione per Selezione Naturale non è più Quella di una Volta


 

Una presentazione del concetto di "Olobionte" -- un'idea diffusa da Lynn Margulis negli anni 1990 che rivoluziona molte cose nel campo della biologia evolutiva. L'idea darwiniana di "evoluzione per selezione naturale" rimane valida. Ma non è la sopravvivenza del più forte che muove l'evoluzione, è piuttosto la collaborazione che è il motore principale che tiene in movimento l'ecosistema. 

L'olobionte è l'entità centrale di questa nuova sintesi evolutiva: non più singoli organismi che si combattono per riprodursi, ma insiemi di organismi che si aiutano a vicenda. L'Olobionte umano è formato da un organismo principale, il mammifero che chiamiamo "homo sapiens," aiutato da un grandissimo numero di microorganismi che vivono in simbiosi tutti insieme. 

Ma il concetto di olobionte va oltre quello della simbiosi fra mammiferi e micro-organismi. Gli olobionti esistono a tutte le scale: un albero è un'olobionte, ma lo è anche un'intera foresta. E l'olobionte principale, quello che tiene insieme tutto l'ecosistema terrestre, è quella creatura variegata e complessa che chiamiamo "Gaia."


 

martedì 14 luglio 2020

Ci sentiamo unici e speciali, ma lo siamo veramente?


Di Fabio Vomiero


Sono almeno 50.000 anni e cioè da quando la specie Homo sapiens ha iniziato a differenziarsi culturalmente dagli altri primati in modo evidente e sensibile (espressione pittorica astratta, manufatti creativi ecc.), che l'uomo stesso, in un modo o nell'altro, si sente un essere unico e speciale.

Del resto, questa particolare percezione di sè, che si traduce poi spontaneamente in un umanesimo autoreferenziale di impostazione antropocentrica, è sempre stata ben strutturata e rappresentata nell'ambito di quasi tutte le culture, religioni e filosofie.

Ma mentre sul concetto di "unicità" non c'è alcun problema di carattere interpretativo, ogni specie infatti è certamente unica rispetto a tutte le altre, su quello di "speciale" si potrebbe invece dibattere a lungo, senza probabilmente riuscire mai a trovare un accordo unico e condiviso.

Ma perchè, in effetti, l'uomo dovrebbe essere così speciale rispetto alle altre specie animali, per esempio... Perchè è più intelligente? Perchè possiede un'autocoscienza? Può darsi, ma che cosa sono allora l'intelligenza e la coscienza... E come è possibile riuscire a stabilire dei criteri di demarcazione tra uomo e animali tali da giustificare una presunta "superiorità" umana... E chi avrebbe il diritto eventualmente di deciderlo...

Il problema nasce dal fatto che, seppure in un contesto culturale e sociale ancora dominato da posizioni fortemente antropocentriche, i risultati della recente ricerca scientifica nei campi principalmente della biologia evolutiva, neuroscienza, psicologia cognitiva, etologia umana, sociobiologia, stanno invece mostrando una prospettiva completamente diversa.

Gli animali più simili a noi, infatti, principalmente i primati e gli altri mammiferi, ma in parte anche gli uccelli e i pesci, oltre che a condividere con noi il codice genetico, la morfologia e il funzionamento cellulare e grandi tratti di anatomia, fisiologia e strutture nervose, condividono anche alcune abilità cognitive e certi aspetti comportamentali che esprimono una qualche forma di coscienza.

Tutte le evidenze, infatti, inducono oggi a pensare alla coscienza non più come a uno schema unico e fisso esclusivo della specie umana, ma piuttosto come a una proprietà di espressione di una serie di facoltà mentali e intellettive che possano manifestarsi in modi e livelli diversi in più specie anche filogeneticamente lontane.

Risultati che fino a qualche decennio fa sarebbero stati impensabili, ma che recentemente hanno invece spinto una commissione di illustri scienziati a concordare addirittura la Dichiarazione di Cambridge sulla coscienza, un documento del 2012, in cui si afferma che «... il peso delle prove indica che gli esseri umani non sono gli unici a possedere i substrati neurologici che generano la coscienza. Anche animali non umani, ivi compresi tutti i mammiferi e gli uccelli e molte altre creature, per esempio i polpi, possiedono tali substrati».

Si potrebbero riportare, infatti, decine di esempi di comportamenti animali che suggeriscono azioni intenzionali e coscienti, tuttavia, senza entrare nel merito dei lavori scientifici, possiamo almeno dare qualche indicazione generale sul tipo di evidenze che sono state raccolte.

Innanzitutto si è dimostrato che è il cervello a produrre le facoltà mentali, nell'uomo come negli altri animali, concetto niente affatto scontato visto ancora il diffuso convincimento in base al quale l'uomo sarebbe costituito invece da un corpo materiale e da una mente (o anima) immateriale (dualismo cartesiano). Si è anche capito che i comportamenti simili presenti in specie diverse sono in realtà spesso influenzati dagli stessi meccanismi ormonali e dagli stessi neurotrasmettitori, e ancora, che alcune specie animali oltre che a possedere abilità cognitive in certi casi superiori a quelle dei nostri bambini di età prescolare, mostrano di essere dotati anche di stati emozionali e sentimentali di tipo simil-umano, amicizia, paura, sofferenza, gratitudine, gioia, gelosia, tristezza, lutto, empatia, solidarietà, in particolare nel caso delle specie a spiccata vocazione sociale.

Riguardo invece la capacità di costruire manufatti e di utilizzare utensili, nonchè di modificare l'ambiente a proprio vantaggio, argomenti generalmente riportati come esempi di esclusività umana, basta soltanto ricordare l'uso di diversi utensili anche da parte degli scimpanzè, oppure guardare ai nidi degli uccelli, alle dighe dei castori, alla geometrica complessità degli alveari, ai comodi giacigli costruiti dai gorilla. E che dire inoltre dei termitai, queste sorprendenti strutture ingegneristiche alte alcuni metri, la cui architettura, fatta di stanze e cunicoli, permette un ottimo ricircolo dell'aria e quindi il mantenimento di una temperatura ottimale costante.

Si tratta semplicemente di istinto? E che cos'è allora l'istinto... Come facciamo a riconoscere il sottile confine che esiste tra istintualità e intenzionalità... E in fondo, non siamo anche noi degli animali in parte istintuali? E se non sono l'intelligenza, la coscienza e la capacità di utilizzare utensili a renderci speciali, in che cosa consiste allora l'evidente diversità umana che comunque ci rende l'unica specie apparentemente capace di un pensiero astratto simbolico e di una vita mentale estremamente complessa?

Ovviamente si tratta della classica domanda da un milione di dollari, tuttavia si può plausibilmente supporre che queste proprietà emergenti uniche e speciali siano state acquisite da Homo sapiens nel corso della sua storia evolutiva in seguito a qualche particolare e fortunata combinazione co-evolutiva tra genetica, linguaggio e socializzazione, che in qualche modo è riuscita poi a gettare le basi per una rapida e inarrestabile evoluzione culturale.

Una volta infatti selezionati i caratteri per l'adattamento alla fonazione e acquisita una predisposizione cognitiva al linguaggio articolato in seguito alla mutazione di alcuni geni regolatori tipo il FOXP2, il resto non è così difficile da immaginare. Abbozzi strutturali che generano abbozzi culturali, e conquiste culturali che a loro volta retroagiscono sul sistema stimolando ulteriormente la plasticità neuronale e la comparsa di nuove abilità cognitive in un continuo processo autopoietico di selezione e adattamento culminato infine nella straordinaria encefalizzazione degli esseri umani.

Se si considerano inoltre, una modalità di comunicazione sempre più complessa e raffinata in grado di trasformare un protolinguaggio gestuale in un linguaggio codificato e la determinante acquisizione della capacità di insegnamento intenzionale che amplifica esponenzialmente la trasmissione dei saperi, il quadro teorico è così delineato.

Se tutto questo è vero, allora anche molti comportamenti umani che sembrano dettati da una qualche forma variabile e soggettiva di "libero arbitrio" potrebbero invece essere più semplicemente spiegati su basi biologiche, come peraltro sarebbe suggerito dal semplice fatto che, molto spesso, si tratta di schemi comportamentali sostanzialmente rintracciabili anche in altre specie animali.

Per esempio l'ambizione al comando, la ricerca del potere, l'esibizione di sè, le risposte alle provocazioni, la competizione, la subordinazione, la diffidenza nei confronti del diverso e dell'estraneo, l'adulterio, l'accaparramento egoistico di beni, la predisposizione ad alimentarsi oltre il necessario, lo scontro per la conquista del territorio e per il controllo delle risorse, le dipendenze, ma anche la solidarietà e la cooperazione all'interno del gruppo, il bisogno di curare i rapporti sociali, le cure parentali e molto altro ancora.

In altre parole, pare proprio che al di sotto della plurimillenaria polvere di un umanesimo per certi versi un pò naif, esista invece un evidente continuum biologico tra le specie, che, senza sminuirlo, rende l'essere umano molto meno speciale di quanto comunemente si creda.




giovedì 25 giugno 2020

Sesso per Olobionti -- Perché le persone si toccano fra loro?

Uso il traduttore di Google per presentarvi un post strabiliante dal blog in lingua inglese di Ugo Bardi.

Innanzitutto, trovo il tema incredibilmente più importante del 90% delle cose di cui si parla nei media in questi giorni.
Secondariamente, da traduttore luddista, mi preoccupa il fatto che l’Intelligenza Artificiale stia rapidamente arrivando al mio livello: dieci anni fa, dire “sì, hai usato Google per tradurre!” era un insulto.
Oggi, IA sa pure cosa sono gli olobionti.
Lasciamo la parola a Ugo Bardi

Perché le persone si toccano continuamente? Le vie del sesso tra gli olobionti



Al giorno d’oggi, siamo incoraggiati a sterminare il nostro microbioma cutaneo mediante varie sostanze velenose. Ma questa non è una buona idea. Siamo olobionti e il nostro microbioma fa parte di noi. Se uccidiamo il microbioma, uccidiamo noi stessi. Toccarsi l’un l’altro è un modo per mantenere vivo il nostro microbioma, è una forma di sesso (“olosesso”) intesa come una forma di comunicazione. La signora in questa foto sembra capire il punto, almeno a giudicare dalla sua espressione infelice. (vedi anche il gruppo “proud holobionts” su Facebook)


Gli umani tendono a toccarsi. Si abbracciano, picchiettano, si strofinano, si baciano, si coccolano, si stringono, si accarezzano, eccetera. Pensiamo all'abitudine del bacio (“la bise”) tipica della società francese, si fa anche in Italia e in altri paesi latini. Nella maggior parte delle società, almeno un qualche tipo di contatto con la pelle dovrebbe essere un segno di fiducia reciproca.

Ma oggi vediamo uno schema completamente diverso che si diffonde in tutto il mondo. Con l’epidemia di coronavirus, le persone non si stringono più la mano, per non dire nulla sul baciarsi e abbracciarsi. Non solo le persone non vogliono toccare altre persone, ma hanno anche una paura positiva di avvicinarsi l’una all’altra. Si chiama “social distancing” e comporta una serie di comportamenti ritualizzati di dubbia efficacia contro l’epidemia che includono indossare maschere per il viso, disinfettare le mani, spruzzare disinfettanti su persone e cose, alzare barriere di plexiglass e altro ancora.

Allora, cosa sta succedendo? Il distanziamento sociale è solo un’esigenza temporanea o qualcosa che durerà in futuro? La risposta dipende dal fatto che il contatto con la pelle sia utile per qualcosa: in caso contrario, potremmo anche abbandonarlo, a parte le esigenze strettamente riproduttive. Ma perché le persone si toccano? Per prima cosa, potremmo essere ragionevolmente sicuri che se il contatto reciproco fosse dannoso per noi, la selezione naturale avrebbe eliminato questo comportamento dal nostro pool genetico e dalle nostre abitudini culturali. Al contrario, toccarsi ha vantaggi positivi. È perché siamo tutti olobionti.

Lasciatemi spiegare: io sono un olobionte, tu sei un olobionte, tutte le creature viventi che ti circondano sono olobionti. Il termine è un po astruso e ancora poco conosciuto, ma ha fatto spettacolari progressi in biologia da quando è stato proposto da Lynn Margulis nel 1991. Probabilmente hai sentito parlare di Margulis come co-sviluppatore con James Lovelock del concetto di “Gaia “come sistema di controllo dell’ecosfera terrestre. E, sì, anche Gaia è un holobiont!

Quindi, cos’è un olobionte? È una comunità di esseri viventi che condividono cibo, riparo, risorse e si proteggono a vicenda. Un albero è un holobiont, una foresta è un holobiont, una barriera corallina è un holobiont, il tuo cane è un holobiont. E, come ho detto, come essere umano sei un olobiont. Sei un’entità formata da un organismo umano e un grande microbioma formato da un ecosistema completo di microrganismi che vivono sulla tua pelle, colonizzando il tuo intestino, aiutando varie sintesi ormonali più o meno ovunque nel tuo corpo. Senza un microbioma, non sopravvivresti a lungo, anche se potresti vivere un’esistenza precaria con un set ridotto della versione a pieno titolo.

E, come olobionte, fai sesso continuamente con altri olobionti (e, sì, anche con il tuo cane!). Questo deve essere spiegato come parte del grande fascino per il concetto di olobionte. Stiamo iniziando a sviluppare una definizione di “sesso” che va oltre quella convenzionale. Nel nostro caso, come esseri umani, pensiamo al sesso come allo scambio di materiale genetico tra un maschio e una femmina della stessa specie (in realtà, pratichiamo anche varietà di sesso non orientate alla riproduzione, ma questa è un’altra storia). Il risultato del sesso riproduttivo è la meiosi e un nuovo individuo con un genoma misto. Si chiama anche “sesso verticale”, il che significa che il materiale genetico viene trasferito dai genitori alla prole.

Al contrario, il trasferimento genico orizzontale è il movimento di materiale genetico da un organismo donatore a un organismo ricevente che non è la sua progenie. I batteri, di gran lunga la forma di vita più comune sulla Terra, scambiano materiale genetico semplicemente facendolo passare attraverso le loro membrane, un meccanismo chiamato “coniugazione”. E i virus sono grandi macchine per lo scambio genetico: sono pacchetti di DNA e RNA che si spostano da un ospite all’altro.

Un olobionte è, come si dice, un altra caraffa di coltura batterica. È formata da un insieme di organismi, quindi non ha un genoma adeguato. Ma ha un ologenoma, l’insieme dei genomi degli organismi che lo compongono. L’ologenoma ha lo stesso significato del genoma, è il “progetto”, per così dire, dell’olobiont. E poiché gli olobionti sono creature viventi, nascono e muoiono. Quindi, l’ologenoma deve essere trasmesso dall’uno all’altro. È la trasmissione di informazioni costitutive. È un tipo di sesso che possiamo chiamare “olosesso”.

Per mezzo dell'olosesso, gli olobionti trasmettono l’ologene, scambiano informazioni da un individuo all’altro. È in questo modo che si verifica l’evoluzione: gli olobionti “cattivi”, ovvero quelli che sono instabili o incapaci di garantire la sopravvivenza dell’organismo, vengono deselezionati e scompaiono. È una forma di selezione naturale, non esattamente nel senso neo-darwiniano, ha un certo grado di trasmissione “lamarckiana” di informazioni. In altre parole, gli olobionti si scambiano continuamente materiale genetico da un individuo all’altro. Se un holobiont ha sviluppato alcune capacità che altri olobionti simili non hanno – diciamo, resistenza a un parassita specifico – può trasmetterlo direttamente ad altri olobionti dallo scambio di microrganismi. Non è necessario attendere che la popolazione venga sostituita da una nuova generazione di individui che hanno ereditato un determinato tratto.

Ma allora come funziona esattamente quell’olosesso, il sesso tra gli olobionti? Bene, non hai bisogno di organi speciali e, ovviamente, non c’è distinzione maschio / femmina. Il materiale ologenetico si presenta principalmente sotto forma di forme di vita microbiche di vario tipo. Per scambiare queste piccole creature, gli olobionti devono essere in contatto tra loro o, almeno, vicini l’uno all’altro. Quindi, il passaggio dei microbi avviene principalmente per contatto con la pelle, anche se ci sono altre possibilità.

Ecco perché gli olobionti tendono a toccarsi: si abbracciano, si accarezzano, si strofinano e si baciano: è scambiare pezzi del loro ologenoma, esibirsi in olosesso, se ci piace usare questo termine. Tendono, come possiamo immaginare, a essere cauti nel farlo perché potrebbero scambiare microbi “cattivi” ed essere infettati da qualche malattia. Come tutti sappiamo, il sesso è necessario, ma nessuno ha mai detto che non è pericoloso. Gli olobionti hanno bisogno dell’olosesso per trasmettere e mantenere la loro struttura ologenetica. Niente sesso, niente vita. Almeno non per molto.

Ciò significa che, prima o poi, torneremo a toccarci e, forse, in Francia, ricominceranno con la bise. Ora sembra obsoleto come i rituali danzanti sulla Dea della luna nella notte, ma potrebbe tornare di moda anche questo. E così, avanti, compagni olobionti!

venerdì 10 aprile 2020

Come fu che perdemmo la coda. Relax con Elena Corna



Un racconto di Elena Corna



Dal diario dell’ antenata


20 milioni di anni fa all’incirca. Spagna


Per quanto mi sforzi, non riesco a ricordare come sia potuto succedere. So solo che è scomparsa. Di certo non è che l’abbiamo persa di botto, ce ne saremmo accorti. Fatto sta che ora siamo senza coda. Ma dico io, come si fa a vivere senza coda? Ogni volta che ci si ritrova con i cugini macachi o con i lemuri, li vedo che con la coda si attaccano ai rami, tengono meglio l’equilibrio, se la avvolgono attorno. E li invidio. Loro, discretissimi, non ci hanno fatto domande, ma si vede che sono imbarazzati. Noi facciamo sempre finta di niente, ma è certo che non abbiamo più l’agilità di prima. E poi questo culo nudo fa veramente schifo.

Alcuni giovani dicono che la situazione è cambiata, i macachi sono macachi e noi siamo dei pierolapithecus. Sarà. Oltretutto, qui la foresta si sta diradando e forse ci sposteremo.


7 milioni di anni fa, giorno più giorno meno. Africa centrale


Qui non si sta male. C’è la foresta, volendo c’è anche la savana ma sugli alberi si sta meglio anche se non siamo più così bravi a passare da un albero all’altro, a causa della mancanza della coda. Caro diario, ti voglio confidare un grande disagio: mi pare che i miei denti siano più piccoli. Mi pare anche che ce ne siano meno! Forse tutta la bocca è più piccola, il che mi sentire debole. Alcuni nostri cugini hanno dentature più forti e noi li invidiamo. Loro non fanno alcun commento, quando ci si frequenta, ma hanno la tendenza a guardarci la faccia. Credono che non ce ne siamo accorti ma invece sì. Insomma, il nostro gruppo si sta indebolendo sempre di più. Alcuni giovani dicono che ciò accade perché noi siamo dei Sahelanthropus e dobbiamo essere fieri di questo, perché siamo il futuro. Sarà, ma non mi pare una gran consolazione. Oltretutto, ci pare che faccia sempre più caldo. Credo che il mio gruppo abbia deciso di spostarsi un’altra volta.


3 milioni di anni fa, Africa centrale ma più ad est


Si fanno molte conoscenze, viaggiando. Siamo stati ospiti di alcuni simpatici cugini un po’ diversi da noi e molto più bravi a muoversi fra gli alberi, pur non essendo proprio dei brachiatori come altri nostri parenti, ad esempio i gibboni. Noi invidiamo i gibboni perché hanno braccia molto più lunghe e vanno velocissimi fra gli alberi, capacità utilissima che non abbiamo più. In effetti, mi pare che le nostre braccia si siano accorciate. Non so che fine faremo, se si continua così. Non ci siamo ancora ripresi del tutto dalla perdita della coda, per non parlare di alcuni denti. Ora ci si sono scorciate pure le braccia. Comunque, i cugini si sono presentati come Australopitecus afarensis e ci hanno chiesto chi siamo noi. Ho visto un attimo di angoscia negli occhi del nostro capogruppo, che però , devo dire, è stato bravissimo. “Siamo una specie di transizione”, ha risposto senza batter ciglio. Pensavo significasse che siamo dei disgraziati ma forse mi sbagliavo, perché quelli intelligenti dei due gruppi hanno annuito con aria soddisfatta, tranne un vecchio che ha esclamato, allarmato: “Sediba?” “No, nonno, non sono sediba. Si vede a occhio nudo. Vedi che hanno il pelo e mangiano frutta esattamente come noi?” l’ha rassicurato la cugina Lucy. Insomma, pare che un gruppo di loro sia andato a vivere più a sud , non viva più sugli alberi e sia diventato piuttosto spelacchiato (ovvio, col caldo che fa). Inoltre, vanno in cerca delle carogne di animali uccisi dai predatori e se le mangiano. Che schifo! Comunque, ora si fanno chiamare Australopitecus sediba e sono molto antipatici, a detta della cugina Lucy. Dev’essere perché stanno nelle savane e praterie con pochi alberi. Nessuno è antipatico, se vive con gli alberi. Quindi abbiamo deciso di non continuare verso sud ma di andare al mare! Mi sembra un’ottima idea, col caldo che fa; non vedo l’ora che questo Pliocene finisca.


1 milione di anni fa, da qualche parte.



Da tre giorni non esco di casa. Cioè, da quando mi sono vista in uno specchio d’acqua e ho fatto una scoperta traumatica. Sono nuda come un verme! Niente più pelliccia. Voglio dire, non sono mica scema, lo sapevo che avevamo perso la pelliccia, ma insomma, vedermi tutta intera senza un pelo addosso (quasi) mi ha fatto impressione. Oltretutto, ho messo su un bel po’ di grasso sottocutaneo. Così, ora sono grassa e nuda. Tutto il mio gruppo è ridotto così. Facciamo pena da quanto siamo brutti. Questa volta però so benissimo com’è successo. Il fatto è che, dato quel caldo assurdo, ce ne siamo andati a vivere praticamente in mare. Ci passavamo quasi tutto il tempo. Per quanto? Non saprei, almeno due milioni di anni circa. Capisci bene, caro diario, che nell’acqua il pelo non serve. In compenso, serve il grasso perché nell’acqua fa freschetto, dopo un po’. E’ stato un bel periodo , però; nell’acqua i predatori non arrivavano, e nemmeno gli incendi. Inoltre avevamo cibo in abbondanza; è incredibile quanti esseri commestibili ci siano in mare e sugli scogli! L’unico svantaggio degli scogli è che sono duri parecchio. Lo so perché ci mettevamo sedute lì per allattare, e ci faceva male il posteriore. Avessimo almeno avuto una coda da mettere sotto! (Questa faccenda della coda ancora non l’ho digerita). Dice mia madre che è per questo che ci sono cresciute le natiche. In effetti, ho notato che abbiamo il culo grasso, soprattutto noi donne. In pratica, ci siamo fatte una specie di cuscino. A parte questo, si stava bene. Ecco, quello che non capisco è perché diavolo ce ne siamo venuti via. Nemmeno il capogruppo se lo ricorda. Mi ha detto “Sai com’è, abbiamo risalito un fiume, poi la corrente era faticosa e allora siamo usciti dall’acqua, anche perché era diventata freddina.” Che stupidaggine. Inoltre, a forza di stare nell’acqua ci eravamo abituati a muoverci diversamente e ora non siamo nemmeno più capaci di correre a quattro gambe, così ci spostiamo usando solo le zampe dietro. Solo che così si procede molto più lentamente. Un disastro, insomma. Alcuni hanno mal di schiena, cosa che non era mai mai successa prima, perché questo modo di camminare schiaccia le vertebre. Alcune popolazioni di cugini ridono quando ci vedono, oramai non riusciamo più a correre come loro. Ho il sospetto che ridano anche perché si sono accorti che abbiamo difficoltà nell’accoppiamento, in quanto gli organi interni si sono ruotati verso il basso e non si sa più in che posizione mettersi per far quadrare le cose. Qualcuno però ci riesce , infatti nascono dei cuccioli. Brutti. Spelati . All’inizio vanno a quattro zampe, come sarebbe normale, poi si accorgono che è scomodo (ci si sono accorciate le braccia) e si mettono su due zampe, però traballano. Tocca trasportarli. E lì ci siamo accorte di un altro problema: dove si attaccano, i marmocchi? Prima si attaccavano alla pelliccia. In mare galleggiavano e si tenevano uniti attaccandosi ai nostri capelli, ma ora se si attaccano ai capelli ci fanno male. Qualcuno dice che bisogna vedere il lato positivo, senza pelliccia non abbiamo più il problema dei parassiti, ma a me non dispiaceva passare le serate a spulciarsi. La maggior parte della tribù, come me, non vede tutti questi lati positivi: siamo inermi e nudi, non corriamo veloci e non siamo più buoni nemmeno a ripararci sugli alberi. Potremmo estinguerci, ha proposto qualcuno, e chi s’è visto s’è visto. Tanto, non riusciamo bene nemmeno più ad accoppiarci. Ci siamo dati un po’ di tempo per pensarci.


Qualche tempo dopo


Caro diario, sono successe delle cose. Mio fratello ha trovato la pelliccia di un qualcuno ucciso da un predatore, in buone condizioni. L’ha ripulita e fatta seccare, e dopo non puzzava più. Così se l’è messa addosso e si è messo a girare tutto tronfio. Tutti i maschi della tribù sono andati in cerca di pellicce, e adesso ce l’abbiamo tutti e stiamo più calducci. E’ una buona cosa ma preferiremmo avere ancora la pelliccia nostra, invece di portarne addosso una altrui. Nel frattempo mia madre ha tirato fuori delle fibre da alcune foglie lunghe e ha fabbricato una cosa intrecciandole. Siamo convinte che servirà a qualcosa. Insomma, non si parla più di estinguersi. La sera, dato che non dobbiamo più spulciarci, la tribù fa altre cose con le mani. La vita è dura e abbiamo capito che dobbiamo fabbricare delle cose per compensare tutto quello che abbiamo perso: coda, denti, pelliccia…Indubbiamente, siamo una specie molto distratta. Già, che specie siamo, poi? Il capotribù sostiene che ora siamo degli homo erectus, per il fatto che non siamo più capaci di andare a quattro zampe. “Come, homo? Che significa homo? Non siamo più dei pithecus?” gli ho chiesto. “Penso, quindi homo” mi ha risposto dopo un po’. Vedi, caro diario, quando lui non sa cosa rispondere, dice stupidaggini. Tutti quanti pensano, è ovvio. Ora, però, oltre a pensare, noi parliamo tanto. Un’altra cosa che è successa è che ci si è abbassata la laringe e non possiamo più ingozzarci come prima, ma in compenso ci escono dei suoni articolati; in confronto, quelli che facevamo prima erano dei berci. Quindi, si parla tanto riuniti intorno al fuoco, che è un’altra novità. Il fuoco è bello e utile ma è più forte di noi, quindi bisogna stare attenti a non irritarlo. Pochi di noi lo risvegliano e lo alimentano, e loro sono improvvisamente diventati importanti. Tutti i nostri cugini di altre tribù hanno paura del fuoco e nessuno si avvicina più quando è acceso. Non vorrei che diventassimo una tribù antipatica…Ci mancherebbe solo questo, di già siamo i più brutti!


500.000 anni fa, verso l’Asia


Come temevo. Gli altri esseri ci evitano… e non perché teniamo il fuoco acceso, ma perché usiamo il fuoco contro di loro! Con il fuoco in mano, i maschi della tribù spaventano gli altri animali, li spingono verso i burroni e ce li fanno cadere, poi li prendono per mangiarli. Devo dire che, cotti sul fuoco, sono anche buoni, li mangio anche io quando ho fame, ma è una cosa molto brutta. Pare che abbiamo di nuovo cambiato nome e ora siamo Homo sapiens, e questa volta sono sicura che significa “specie molto molto antipatica”.


12.000 anni fa, Gobekli Tepe, Turchia


Caro diario, succedono cose strane. I maschi della tribù stanno partecipando alla costruzione di un edificio enorme. Proprio enorme. Dicono che così faranno vedere a tutti gli altri che, anche se siamo brutti, spelati, lenti e senza denti forti, siamo comunque i più abili. Non so da chi si siano fatti convincere ma sono sicura che c’è qualcuno che li ha convinti e che li sta aiutando. E’ ovvio, da soli non potrebbero farcela a spostare massi così pesanti. Mah…Mi sembra una fatica inutile, di già la vita è dura. Il cibo ce l’abbiamo, è vero, ma coltivare il grano è molto faticoso. Ogni tanto sogno la foresta, quando stavamo sugli alberi a mangiare e a spulciarsi, in pace con tutti. Sogno il mare, quando stavamo sugli scogli al sole e non pensavamo a cose strane. Ieri sono andata all’edificio a vedere cos’ha scolpito mio fratello con altri di noi. Loro si occupano delle decorazioni. Mio fratello è sempre stato bravo a scolpire e mi ha raccontato che aveva in mente di scolpire il ritratto della nostra mamma ma il capotribù con due berci e una bacchettata l’ha fatto smettere. Gli ha detto che dobbiamo far vedere quanto siamo abili e temibili, mica quanto siamo brutti! Allora hanno deciso di rappresentare l’essere più bello che ci sia. E così hanno scolpito un felino.

lunedì 26 giugno 2017

Darwinismo Sociale


Questo post di Filippo Musumeci è parte di una serie di storie molto brevi che riprendono figure storiche di scienziati e di filosofi, viste in modo spesso umoristico e satirico. Qui, Musumeci prende bonariamente in giro Darwin e sua moglie, Emma, nota per le sue idee religiose e per la sua critica alle teorie del marito. Il soggetto di questo post è leggermente al di fuori di quello del blog "Effetto Risorse", ma credo che questa passeggiata intorno al concetto di "Darwinismo sociale" sia particolarmente appropriata in relazione ad alcuni concetti che ho esposto riguardo alla reazione umana rispetto al cambiamento climatico. Se la situazione è così brutta come sembra essere, allora la reazione dello straccivendolo descritta da Musumeci è quella più efficace, anche se non necessariamente quella moralmente accettabile. Vedi "Cambiamento Climatico: quanto si può essere disperati?" Per contattare l'autore: film2012ct(spirulina)yahoo.it


Guest Post di Filippo Musumeci

Darwinismo sociale (Titolo originale: Darwinian Tea-time*).

Down House, Downe, Kent, UK – 1846 (tarda primavera):

-Ancora un po’ di tè, caro?

-Grazie, Emma; ne prenderò un’altra tazza, se non ti spiace.

Una perfetta scena di gioiosa vita familiare in un pomeriggio Inglese pieno di sole. Mentre le voci dei bambini intenti a giocare sulla veranda facevano da contrappunto al cinguettio dei passeri, la giovane donna servì la bevanda fumante al marito, che scorreva la pagina del times.

-Scusami Charles, posso interromperti per qualche minuto?

-Oh … certamente cara. Cosa posso fare per te?

-Ecco, c’è una domanda che mi gira in testa da stamane. Ci ho pensato mentre ero intenta a riordinare i tuoi appunti.

-Si?

-Bene, come mi hai spiegato tempo addietro, tu sostieni di aver trovato la maniera di conciliare l’idea della comparsa di forme sempre nuove della vita nel corso del tempo con l’evidenza mostrata dall’osservazione della natura nel nostro tempo.

-Infatti, Emma. Ricordi cosa sostiene monsieur de Lamarck nella sua Philosophie zoologique? Egli postula l’esistenza di uno sforzo attivo delle creature, uno slancio vitale che le spingerebbe a migliorare se stesse, chi in maggiore chi in minor misura, una spinta ad ottenere più cibo, più spazio vitale e … un maggior numero di piccoli, naturalmente. Questo impulso, in modi che non conosciamo nei dettagli, avrebbe affinato nel corso del tempo i corpi dei più sagaci e determinati tra loro, come un rasoio viene affilato dalla mola; nel corso di molte generazioni, questo processo renderebbe i loro muscoli più forti e scattanti, i sensi più acuti e le menti più pronte, fino a quando l’ennesima generazione discendente dai migliori esemplari della specie diverrebbe così diversa dai discendenti dei meno dotati da costituire, di fatto, una specie separata. Qualcuno sostiene anche che si tratterebbe di una specie migliore della sua progenitrice. Tuttavia io non sono tra costoro; in quale senso una giraffa sarebbe migliore di un daino, infatti?

-Solo che questa idea contrasta con quanto è scritto nella Genesi.

-Emma cara, anche il fatto che la Terra ed i pianeti orbitano intorno al Sole contrasta con le Scritture. Eppure, Newton ha dimostrato che il mondo va così. Non possiamo certo reprimere ogni aspirazione alla conoscenza della natura e delle sue leggi, e rimanere vincolati da parole scritte migliaia di anni fa da uomini che probabilmente non conoscevano neppure la più elementare geometria, per quanto, essendo divinamente ispirate, esse meritino comunque il nostro rispetto. Che ne sarebbe allora del progresso? Che ne sarebbe del nostro dominio sui mari, sui popoli selvaggi, della nostra civiltà? La Bibbia non è un libro di filosofia naturale, ecco tutto, con buona pace di quel che ci vorrebbero imporre il Papa o l’arcivescovo di Canterbury. So come la pensi su queste cose, mia cara, ma ti assicuro ...

-Oh, no Charles. Non temere, non si tratta dei miei soliti timori. Stavolta non intendo affatto ammonirti  a proposito delle conseguenze che il tuo lavoro potrebbe avere per te. Quel che non mi da pace è una cosa diversa.

-Allora spiegati meglio.

-Ecco, tu concordi con coloro che attribuiscono a questo nostro mondo una età ben più lunga di quella riconosciuta dalle genealogie della Bibbia; fino a questo punto, sono d’accordo anch’io.

-Non si tratta di concordare, Emma, ma di riconoscere l’evidenza. Come il professor Lyell e molti altri hanno dimostrato oltre ogni dubbio, non c’è modo naturale in cui le montagne, i letti dei fiumi, le grandi pianure, possano essersi formate in un tempo così breve. Occorrono milioni di anni, cosa che corrisponde a milioni di generazioni della vita.

-Lo so, caro. Ho detto che questo mi trova perfettamente d’accordo.

-Anche la spontanea apparizione di esseri che, nati da genitori tipici di una specie, mostrano tuttavia una complexion che non corrisponde a quella canonica della loro specie, è una realtà indiscutibile. Troppe testimonianze autorevoli e troppi reperti la confermano, per poterne dubitare.

-Non sarò io a metterlo in dubbio, Charles. Dopotutto, non hai sposato una contadina ignorante che si segna e invoca la Beata Vergine quando nasce un vitellino con due teste. Quel che mi rende perplessa invece, è la tua spiegazione della forza che chiami selezione naturale.

-Ti rende perplessa? Ma se quella è la parte della mia tesi che ha le fondamenta più salde. Emma, io sto rimandando da anni la pubblicazione perché so molto bene come verrò criticato e attaccato da ogni parte: dai bigotti, dagli umanisti, dai filosofi di scuola Francese, dai socialisti. Cerco una conferma dopo l’altra, in ogni possibile forma vivente, animale o vegetale, che colleghi le specie l’una all’altra, che ne mostri la derivazione, lo sviluppo. Voglio rendere le mie tesi inattaccabili, a costo di farne un testo così monumentale da indurre alla noia. Ma il processo della selezione naturale è il solo punto ineccepibile, basato su una logica ferrea. Infatti è il solo su cui tutti gli amici che ho messo a parte del mio lavoro abbiano concordato in modo unanime.

-Ma Charles, io non discuto affatto la validità scientifica di questa “selezione naturale”. E’ il suo aspetto morale che non condivido.

-Morale?

-Si, caro. Non ti accorgi che essa fa sì che il successo sia determinato dalle peggiori qualità morali?

-Adesso sono io a restare confuso, Emma. Vuoi spiegarti meglio?

-Beh … posso raccontati una storia che ho sentito da un’amica?

-Fai pure.

-Bene, ma ti avverto che non è una storia che sta bene sulle labbra di una signora.

-Oh,… qualcosa di licenzioso, Emma cara? Stavolta mi hai proprio incuriosito.

-No, non proprio. Si svolge in India. Potremmo chiamarla una storia proprio così*.

-Sentiamo.

“Nel folto della jungla, due uomini corrono a rotta di collo, inseguiti da una ferocissima tigre mangiatrice d’uomini. Vengono dallo stesso villaggio ma non viaggiavano insieme; non prima di questo assai spiacevole incontro, almeno.Uno di essi è un sacerdote indù della casta più elevata, Sanjay Savitar Sekar, il cui nome significa raggio di Sole vittorioso sul picco**. L’altro è uno straccivendolo sudicio chiamato Naveen Naga, che vuol dire novello serpente; e ti assicuro che mai nome fu più azzeccato di questo.A un certo punto, il più intelligente tra i due dice all’altro: -Temo che siamo spacciati, amico Naveen. Ormai siamo troppo lontani dal villaggio per ricevere soccorso gridando aiuto, e sai bene che non c’è uomo che corra più veloce di queste bestiacce, quando sono affamate. Tra un minuto buono ci avrà raggiunti, e per noi sarà la fine.Lo straccivendolo, che corre al suo fianco, sembra pensarci per qualche secondo. Poi, d’improvviso, allunga il piede a fare lo sgambetto al bramino, che cade rovinosamente gridando per la sorpresa, e prosegue nella sua corsa spedito come prima”.

-Oh Emma, ma ti sembra una bella storia questa? Mi raccomando, non raccontare mai nulla del genere ai bambini.

-Non ne ho alcuna intenzione Charles, credimi. Ma tu cosa ne dici? Non vedi come questa stupida storia esemplifichi l’aspetto morale della tua “selezione naturale”?

-In effetti può darsi che lo faccia, in un certo senso. Però c’è qualcosa che non mi è affatto chiaro. Mi sembrava di aver capito che il sacerdote è il più intelligente dei due, non è così che hai detto?

-Infatti, caro. L’altro, lo straccivendolo, è solo il più carogna; ma è lui a sopravvivere. Del resto, non c’è da stupirsene. Tu, ad esempio, sei certamente più intelligente di me, Charles, ma suppongo che ricordi bene come va a finire ogni volta ci sfidiamo al Backgammon.

-D’accordo, Emma; anche questa volta la vittoria è tua. Ah, se penso che sei tu a temere che io possa meritare la dannazione eterna per la mia poca fede ...




Note

Il titolo originale è un omaggio al bellissimo racconto Biliardo darwiniano o L’eterno interrogativo (Darwinian pool room - 1950) di Isaac Asimov.

Le Storie proprio così (just so stories for little children) sono racconti fantastici per bambini della narrativa Inglese d’epoca vittoriana/edoardiana. Ne fu autore Rudyard Kipling (prima pubblicaz. 1902) ed hanno di solito, ma non sempre, per protagonista un animale, del quale un aneddoto mitico spiega come esso abbia acquisito una particolare caratteristica, attraverso un intervento di tipo magico o per intervento dell’uomo, oppure come avvenne per la prima volta un determinato evento o come l’uomo inventò qualcosa. Eccone alcuni esempi:

Come nacque la paura – (1895) in “Il secondo libro della jungla”;
La triste storia del vecchio padre canguro;
Come la balena ebbe la gola stretta;
Come fu scritta la prima lettera;
Come il leopardo ebbe le sue macchie.


I significati dei nomi Hindi sono autentici.


Ritengo che questa storia di fantasia meriti un commento:

Il “Darwinismo”, termine che descrive l’insieme delle teorie che si fanno risalire a Darwin e Wallace da una parte con i successivi contributi da parte di Mendel, Morgan, Müller e di tutti i biologi evoluzionisti e  i genetisti fino ad oggi, è notoriamente materia di grandi e inestinguibili controversie, e lo è fin dall’inizio; soprattutto quando Darwin pubblicherà (il racconto precede quel momento) i suoi risultati circa l’origine dell’Uomo. Ora, questa controversia non si è sviluppata tanto in sede scientifica e accademica, ma nell’ambito politico.

I detrattori di Darwin e delle sue idee sostenevano che esse fossero false perché negavano la creazione divina dei regni della natura vivente e, in special modo, quella dell’Uomo. Col passare degli anni, l’accumularsi delle osservazioni, degli esperimenti, ha costretto tutti tranne i più facinorosi (quelli pronti a negare perfino l’evidenza dei sensi pur di difendere le loro posizioni a priori) ad ammettere che il binomio mutazioni casuali-selezione naturale è dimostratamente in atto nel mondo naturale. Essi si sono perciò rifugiati su posizioni di retroguardia (ricordiamo l’Intelligent Design di oggi, il Lamarckismo, il Micurinismo di Lysenko) e su tutta una serie di teorie che vorrebbero rimpiazzare l’evoluzionismo.

Quel che gli “avversari” dell’evoluzione non riescono a digerire della teoria – sul piano, appunto, delle idee – sono due punti in particolare:

1) la casualità delle mutazioni, che per loro è una negazione del “piano divino”, se il loro attacco parte da posizioni di fede cristiana, islamica o ebraica, oppure la negazione di una qualche idea di “progresso naturale” nella storia (appunto, naturale) del mondo.

2)l’origine dell’uomo da animali inferiori mediante accidenti naturali, che, come al punto 1), negherebbe Dio o la “dignita umana” o entrambe.

Ora, non vi è chi non veda in questi attacchi, la vera ragione, quella psicologica. Darwin e i suoi continuatori hanno leso non tanto l’Onnipotente e la nostra fede in Lui, quanto la nostra vanità. E nel frattempo, impegnati a polemizzare su di essa, non ci accorgiamo che l’evoluzione contiene in sé idee che hanno la forza dirompente di una bomba (e in confronto alle quali i suesposti punti 1) e 2) fanno l’effetto di innocui petardi).

Cominciamo dal punto 2). Posto che uno sia credente, mi chiedo chi mai potrebbe proibire a Nostro Signore di “creare” l’uomo a partire da “animali inferiori”, e mediante i lunghi processi naturali esposti dagli evoluzionisti? Solo la nostra vanità, è la risposta.

Il fatto che la Bibbia descriva le cose in modo diverso, non fa testo, dato che la Bibbia descrive parecchie cose a modo suo (che è, in verità, il modo in cui la gente comune immaginava il mondo tre o quattromila anni fa), a cominciare dall’universo e dal sistema solare. Se dobbiamo stare al passo con la Bibbia, beh, allora buttiamo via anche Galileo e Copernico, anche Harvey e la circolazione del sangue, insieme a TUTTA la ricerca scientifica fin da prima di Aristotele. Impediamo, anzi, ogni ricerca scientifica, aboliamola per sempre. Nella Bibbia (o nel Corano, magari) ci sono già tutte le risposte, giusto? Inginocchiamoci e preghiamo invece, fratelli. Smettiamo di cercare “verità” ulteriori, che possono mettere in pericolo le nostre anime. Finis.
Se invece decidiamo di continuare a cercare una qualche verità con i mezzi naturali che abbiamo (la nostra testa) non ci sono altre alternative; finché non troviamo qualcosa di meno zoppicante dell’evoluzione, dovremo tenercela; un po’ come per le libere elezioni.

L’evoluzione dell’uomo dalla scimmia urta la sensibilità di molti perché il nostro immaginario collettivo, in realtà, non è affatto cristiano (né musulmano o ebraico); è hollywoodiano. La nostra vanità pretenderebbe che le vicende narrate nella Genesi fossero ambientate non sulla Terra ma sul pianeta Kripton, con tutti quei meravigliosi effetti speciali in funzione, le luci colorate e in sottofondo il miglior Beethoven, ché la creazione dell’uomo non merita meno. Non paghi di esserci autoinnalzati a sapiens, in realtà crediamo di essere già Homo Superior, come i mutanti del fumetto X-Men. Il fatto che il Salvatore dei cristiani sia nato figlio di un falegname qualsiasi e non di un re (o che il Profeta Muhammad fosse un cammelliere, non un principe) non dice nulla alla dura cervice che ci contraddistingue (qualcuno ha scritto che l’Uomo sembra essere progettato apposta per non credere nell’evoluzione). Tengo comunque a ripetere che la fede non proibisce a nessuno di pensare che l’evoluzione sia parte integrante del “piano divino”, qualunque esso sia.

Veniamo poi al punto 1). La casualità delle mutazioni. Mi meraviglia il fatto che questo concetto (il caso) possa urtare chi dice di credere in un dio onnipotente ed onnisciente. Possibile che non vi venga in mente che il caso possa essere tale per noi umani, che osserviamo gli eventi coi nostri sensi imperfetti e li interpretiamo col nostro intelletto imperfetto, ma giammai potrà essere tale per il Creatore? Chi può tutto, sa tutto, vede tutto (e fa tutto, tutto quel che accade: “non muove foglia che Dio non voglia”, ricordate) non può, per definizione, essere soggetto alla casualità, a meno che non lo voglia Egli stesso. Anzi, qualcuno ha scritto che “Il caso” è lo pseudonimo che Dio usa quando non vuole che gli venga attribuito il merito (o magari la colpa) delle Sue azioni. Perciò, chi ha fede, può benissimo riconoscere la casualità delle mutazioni senza per questo rifuggire al pensiero che il mondo e l’umanità siano in balia del caso, vale a dire di un volgare fenomeno asettico e anaffettivo, privo di legge, di volontà, di amore.

La Selezione Naturale, invece, è cosa ben diversa; è una brutta bestia, la selezione naturale. Con essa, il darwinismo ci condanna a combattere senza pietà, che lo vogliamo o meno. E’ una guerra di tutti contro tutti, (anche se non viene combattuta solo ed esclusivamente con armi che feriscono e uccidono, tuttaltro), dalla quale non si può uscire in nessun modo. Se ci pensate bene, “sopravvivenza del più adatto” significa anche che il meno adatto soccombe; e il meno adatto potreste essere proprio voi, se non vi date da fare (ad esempio, secondo i naturalisti, nella maggior parte delle specie di mammiferi, un buon terzo dei maschi muore privo di discendenza perché, semplicemente, non riesce mai ad accoppiarsi nel corso della sua breve vita; le lotte tra maschi, anche quando sono incruente come un torneo di braccio di ferro, ottengono questo bel risultato).

Le religioni ci abituano sì a sentirci attori in una sorta di campo di battaglia, ma quest’ultimo è di natura morale; la lotta (eterna) tra il Bene e il Male. Nell’evoluzione invece il successo si misura in questa vita, in termini puramente materiali. “Massimizzare il proprio successo riproduttivo” è la legge ferrea, vale a dire quanti più figli possibile, il più in salute possibile, e non conta con quali mezzi si arrivi all’obiettivo. Non ha importanza chi inganni, tradisci, sfrutti, depredi o uccidi.

Questo è davvero un concetto che si scontra frontalmente con l’essenza di ogni religione. Inconciliabile, nel vero senso della parola.

Del resto ricordiamo che Hitler e i suoi nazisti si facevano vanto che la loro ideologia fosse l’unica pienamente conforme all’evoluzione (in quanto virilmente priva di “illusioni romantiche” e sentimentalismi umanitari e “cristiani”), che essi sostenevano essere una suprema legge di natura, alla quale era giusto inchinarsi. E cosa prendevano a esempio dall’evoluzione? La casualità delle mutazioni non li interessava più di tanto, anzi, si riempivano la bocca di parole come “destino” e “progresso” (in senso anche biologico) dell’Uomo “ariano”. La discendenza dell’Uomo dagli animali li vedeva indifferenti, quando non larvatamente ostili; erano costretti ad accettarla obtorto collo per motivi di coerenza con la teoria, ma la casualità, che esclude l’esistenza di una scala lineare di “superiorità”, faceva a pugni con la loro idea di miglioramento del genere umano attraverso la lotta (cioè la guerra razziale). Hitler stesso si riteneva sotto la protezione della divina provvidenza (ad esempio quando scampava agli attentati). La selezione naturale era invece il loro cavallo di battaglia ideologico, il principio che avrebbe dovuto rendere giusto il dominio di una razza sulle altre e l’eliminazione della razza nemica, così come quella degli imperfetti, come con l’Aktion T4.

Il concetto di selezione naturale tende a giustificare i peggiori aspetti della “cultura” e delle ideologie. Può fare da pezza di appoggio al razzismo, allo schiavismo puro e semplice, all’immutabilità dei rapporti di forza tra le classi sociali. Ad esempio può sostenere quell’altra ideologia pseudoreligiosa di destra tipica della classe abbiente Americana e non solo, secondo cui la prosperità economica, cioè l’essere ricchi sfondati, è un segno tangibile della benevolenza di Dio verso l’individuo che la possiede; idea molto propagandata, sotto la quale si nasconde il disgustoso pensiero che Dio voglia più bene ai ricchi e meno ai poveri. E’ una forma di razzismo anche questa, oppure può fare da appoggio ideologico al principio che nulla e nessuno debba frenare la libera concorrenza (no regulations), per il quale sul libero mercato ogni cosa è lecita, ogni cosa (e di conseguenza ogni persona) ha un prezzo, è merce, e che se nella corsa al denaro fallisci, se precipiti nella miseria, è colpa tua. Questo modo di considerare le cose confonde volutamente la corsa al successo con il bisogno elementare di vivere, di essere liberi di scegliere, e di consumare quel minimo necessario a vivere in modo decente che ogni essere umano ha in quanto creatura viva, negando brutalmente il secondo.

Se vogliamo, la selezione naturale dà torto anche a chi si rende conto che abbiamo raggiunto i limiti fisici di sfruttamento delle risorse e invoca il contenimento dei nostri appetiti, una decrescita individuale e collettiva. Il saccheggio delle risorse naturali, l’estinzione delle specie, la trasformazione dell’ambiente vitale in un ambiente letale, inquinato e surriscaldato, non sono forse  cose normali, conformi alla selezione naturale? Non è forse vero che tutte le specie prima o poi si estinguono, ma nessuna ha mai scelto consapevolmente e spontaneamente di “decrescere”? Non è forse vero che il primo “inquinante” fu l’ossigeno, e portò quasi all’estinzione gli organismi anaerobici di allora, che oggi possono sopravvivere solo in piccole nicchie ecologiche, ad esempio nel tetano?

A vederla in maniera evoluzionisticamente corretta, hanno financo ragione i popoli del terzo mondo quando fanno una caterva di figli per ciascuno, e abbiamo torto noi occidentali ricchi a crescita zero. Verrà, l’ecatombe, la sesta estinzione di massa, e con questo? Se qualche Homo Sapiens sopravviverà, sono loro, con il loro tasso insostenibile di incremento della popolazione, ad avere più probabilità di noi di restare vivi (sempre intendendo la specie, non il singolo individuo. Anzi, in questo caso la razza; ecco il tema nazista che ricompare), e ripopoleranno la Terra (mentre noi periremo, si sottintende). E se questo li fa vivere in miseria con grandi sofferenze, ebbene la selezione naturale non è un pranzo di gala.

Ma la selezione naturale è una condanna senza appello? Siamo anche noi suoi schiavi, come lo è il resto del mondo biologico? E’ fisicamente impossibile sfuggirle nello stesso senso in cui è impossibile superare la velocità della luce? Non ne sono certo al di là di ogni dubbio, ma temo proprio di sì.

Se per semplificare le cose volessimo paragonare l’Uomo, come individuo, ad una multinazionale, una grande impresa commerciale, allora in essa tutti i posti sia del Consiglio di Amministrazione che dell’Assemblea degli Azionisti sarebbero occupati dalle ambizioni e dalle fisime, dagli istinti atavici e dagli appetiti, da quello che Freud chiamava il principio del piacere e dalla brama shakespeariana di potere. La ragione, di cui tanto ci piace vantarci, svolgerebbe in azienda un ruolo molto subordinato, diciamo quello del Reparto Contabilità; il suo vero compito è sempre stato quello di rappezzare a posteriori una scusa che giustifichi il nostro comportamento di fronte agli altri e alla nostra vanità, ma quanto a potere decisionale, ZERO.

Questo ci porta anche ad una diversa considerazione, a proposito della nostra intelligenza. Essa non è, come tendiamo a vantarci, di tipo galileiano, fatta per esplorare il mondo e trarne delle regole di funzionamento, ma è invece machiavellica, destinata a fottere il prossimo (ed anche a fottere il mondo, in senso lato). La scienza, l’arte, la filosofia, la letteratura, ne sono più che altro dei sottoprodotti, dei tools di programmazione sviluppati al servizio del vero obiettivo, quello indicato dalla selezione naturale. Nei primi minuti di “2001 Odissea nello spazio” di Kubrik c’è una scena emblematica: l’ominide prescelto subisce la misteriosa azione del monolite alieno che “cambia la sua mente”, facendo scattare in essa l’idea nuova dell’uso dello strumento (un po’ datato come esempio emblematico; già ai tempi si sapeva che parecchie specie di scimmie, e non solo antropomorfe, usano bastoni e pietre, ma Hollywood ha il suo modo di fare le cose). Ma è nella scena successiva che si rivela la morale della favola. Che uso fa il protagonista della sua nuova capacità? Ovviamente se ne servirà come arma, per colpire a morte i membri del branco avversario nella disputa per la sorgente d’acqua (fottere il prossimo) e poi per uccidere quei tapiri che rappresentano simbolicamente tutte le altre specie animali (fottere il mondo). Ed è quello che stiamo ancora facendo, alla grande.

A volte vorrei che Charles Darwin fosse vissuto ancora per diversi anni, e che invece di occuparsi di studiare, ad esempio, i cirripedi, l’allevamento di animali o le espressioni fisiognomiche del volto e il linguaggio del corpo, avesse affrontato di petto questo problema. Darwin è morto, e questa è solo materia per gli universi alternativi della fantascienza, ma sarebbe ora che qualcuno si occupasse della cosa con il suo estremo rigore scientifico.


sabato 28 maggio 2016

Termodinamica, Evoluzione, Felicità


Un post di Guido Massaro

Sono un assiduo frequentatore di questo blog da anni, che è stato per me fonte di conoscenza e ispirazione, ho studiato Scienze Naturali e mi interesso delle tematiche connesse.

Riassumo i contenuti del post: sarà una riflessione in cui espanderò un concetto a cui forse non siamo abituati, cioè che IL BENE DELLA SPECIE NON NECESSARIAMENTE COINCIDE COL BENESSERE DEGLI INDIVIDUI.

Spiegherò le basi scientifiche che ho usato e il percorso logico che ho fatto per motivare questa affermazione e analizzerò la questione dalla prospettiva particolare della specie umana, con riferimenti a meccanismi psicologici spesso inconsci.

Passerò poi alle conseguenze di questo fatto, cercherò di spiegare perchè secondo me alcuni tra i meccanismi che permettono la diffusione e il miglioramento della specie umana alla fine sono gli stessi che, se non capiti e incanalati nel giusto modo, oltre a mettere a rischio la felicità individuale compromettono il benessere e la stessa possibilità di sopravvivenza della specie umana.

Il post è il tentativo di mettere in parole una specie di intuizione personale.


Una delle formulazioni del Secondo Principio della Termodinamica recita "L'Entropia non può decrescere in un sistema isolato"; l'Universo preso nel suo complesso è un sistema isolato (e in effetti, come conseguenza di questa legge, una delle teorie più gettonate sul futuro dell'Universo - Big Freeze

- è un tendere all'immobilità, cioè alla dispersione di Energia - ovvero aumento di Entropia - fino alla impossibilità di compiere qualunque Lavoro) ma ciò non vieta che al suo interno vi siano strutture, meccanismi o eventi che causino una locale diminuzione di Entropia (per esempio per aumento di organizzazione o informazione, o per concentrazione di Energia), che può però avvenire solo a fronte di una corrispondente esternalizzazione di Entropia, perchè il Secondo Principio resti valido a livello Universale.

Vi sono per esempio le cosiddette "Strutture Dissipative", come le stelle, i cicloni e le forme di vita, che agendo come dei trasformatori utilizzano Energia per mantenere il proprio ordine interno (abbassando la propria Entropia), inevitabilmente aumentando l'Entropia dell'ambiente che le circonda, cioè rendendo all'Universo Energia in una forma diversa, meno concentrata, quindi meno atta a compiere Lavoro.

Queste strutture si auto-organizzano per massimizzare il flusso di Energia che le attraversa: captano tutta l'Energia che possono, e poichè la trasformano e in ogni trasformazione di Energia vi è un aumento netto di Entropia (aumento di Entropia nell'Universo), esse massimizzano anche il proprio tasso di produzione di Entropia.

In un Universo destinato a un progressivo "disordine", alla dispersione e all'immobilità, queste ordinate strutture accentratrici di Energia che osserviamo, compresa la Vita stessa, non sarebbero quindi miracolose eccezioni, ma ironicamente proprio dei meccanismi che accelerano tale processo, o perlomeno alcuni dei meccanismi attraverso cui tale processo si attua.

Il tifone Maysak ripreso dalla Stazione Spaziale Internazionale nell’aprile 2015 (ESA)
AU Microscopii è una giovane stella circondata da un disco protoplanetario, a 32 anni luce dalla Terra (ESO)

C'è chi, come l'astrofisico francese François Roddier, vede il principio della massima produzione di Entropia delle strutture dissipative (secondo lui addirittura un'altra possibile formulazione del Terzo Principio della termodinamica) mostrarsi in tutta la sua evidenza anche nei meccanismi evolutivi.

In altre parole, secondo Roddier l'Evoluzione Naturale sarebbe uno dei processi tramite cui nel nostro angolo di Universo si tende a dissipare Energia (nel nostro caso principalmente Energia di irraggiamento dal Sole) il più velocemente possibile, una sorta di meccanismo di affinamento delle strutture dissipative viventi a tale scopo.

In che modo questo potrebbe avvenire?

Vediamo alcuni meccanismi con cui l'Evoluzione tende a favorire quelle entità che massimizzano il flusso di Energia che le attraversa:

- a livello intraspecifico: in ogni specie gli individui che si riproducono con maggiori probabilità sono quelli più adattati alla nicchia ecologica della specie cui appartengono, cioè semplificando le piantine più abili a captare e sfruttare l'energia solare e i minerali del terreno, lo stesso principio si applica agli erbivori e ai carnivori, riguardo le rispettive risorse;

- a livello interspecifico: in ogni nicchia la specie che prevarrà sarà quella più efficace nello sfruttare le risorse di quella nicchia, che quindi si riprodurrà di più soppiantando l'altra, a meno che l'Evoluzione escogiti un modo di far adattare una delle due specie o entrambe al fine di sfruttare in maniera diversa la stessa o una ancora maggiore quantità di risorse;

L'Evoluzione si basa sul meccanismo di lottare per trasmettere il più possibile i propri geni (e la lotta tende a selezionare, come abbiamo visto, gli individui o specie più energivori), affinchè sia l'informazione in essi contenuta a sfruttare le future risorse disponibili: questo è quindi quello che la termodinamica (tramite il meccanismo dell'Evoluzione) spinge gli esseri viventi a fare, sia a livello individuale che specifico, lottare per trasmettere i propri geni.

Restringendo il campo alle dinamiche interne alla specie umana, questo "egoismo genetico", inevitabile e da un certo punto di vista positivo perchè come abbiamo visto alla base di qualsiasi evoluzione (che ci ha portato come gradevole effetto collaterale a concepire capolavori di arte ed intelletto), è tuttavia inseparabile dal suo lato oscuro e portatore di sofferenza, cioè geni che codificano per istinti di violenza e avidità (più o meno sublimati o regolamentati/repressi a livello sociale), e sentimenti di invidia, gelosia, competizione, paura, ansia, tristezza, ecc. a seconda dei propri successi o fallimenti, che si riconducono in maniera inconscia alla propria percezione di potere come individuo, e quindi alla propria capacità di riprodursi (trasmettendo i propri geni), a prescindere dalla evidenza pratica di questo nesso.

Dunque, è chiaro come il "bene della specie" in chiave evolutiva ("bene" su orizzonti temporali ristretti: infatti ogni specie, per gli stessi meccanismi (co)evolutivi, è destinata prima o poi ad estinguersi) non necessariamente coincida con il bene, o il benessere, degli individui come singoli.

Per quanto riguarda invece le dinamiche di relazione fra la specie umana e le altre specie, quello che succede è che siamo spinti, come ogni specie, alla massima espansione, coi soli limiti dati da meccanismi ecologici quali predazione, parassitismo, competizione per risorse o habitat, ecc.; evidentemente, questi meccanismi di contenimento con la nostra specie non hanno funzionato, in massima parte in conseguenza del livello tecnologico che abbiamo via via sviluppato.

In ogni caso, siamo arrivati ad essere in sempre maggior numero a discapito delle altre specie, e della salubrità degli ambienti che frequentiamo; tutto questo, a sentire il clima di incertezza e insoddisfazione che si respira in giro, mediamente non ci sta portando certo alla felicità a livello di individuo, e sta probabilmente minando anche la nostra prosperità come specie, dopo aver contribuito pesantemente all'estinzione o indebolimento di un numero incalcolabile di altre specie.

Da un punto di vista evolutivo/termodinamico, noi umani, intesi come struttura dissipativa, abbiamo aumentato a dismisura l'Energia che fluisce attraverso il nostro sistema sociale, sottraendola ad altre forme di vita, e seguendo il principio della massima produzione di Entropia abbiamo scaricato disordine nell'ambiente (per esempio diminuendo la biodiversità della biosfera a più livelli, bruciando combustibili fossili o tramite altre forme di inquinamento) come pegno termodinamico da pagare all'aumento del nostro ordine sociale.

Alla prova dei fatti, a quanto pare, da qualche millennio è l'informazione contenuta nei geni umani la più adatta a dissipare energia nel modo più efficace (anche se detta così sembra un controsenso).

Su questo blog e in vari altri ambienti si auspica o si sogna un cambiamento collettivo, e ci si interroga sulla nostra natura, il senso della nostra esistenza, se siamo diversi dagli animali e se sì in cosa; vorrei qui condividere un punto di vista personale su alcuni di questi aspetti, una personale intuizione che è il cuore del post.

Se si segue la teoria di Roddier, e il mio preambolo qui sopra, ne deriva che l'essere umano lasciato a sè stesso tende per i principi della termodinamica a sviluppare atteggiamenti egoistici a livello individuale e specifico, che causano sofferenza a se stessi, agli altri, alle altre specie.. e in un futuro non troppo lontano probabilmente anche alla nostra (vedi anche Joseph Tainter).

L'uomo come individuo è quindi costretto a sforzarsi se vuole seguire gli atteggiamenti opposti di altruismo disinteressato, magnanimità, compassione, equanimità, rispetto per l'esistenza delle altre specie, è costretto a utilizzare parte della propria energia per contrastare le forze che lo porterebbero a competere, con diversi livelli di consapevolezza e differenti modalità, con altri membri della propria specie (o al limite a collaborare con membri del proprio gruppo per sopraffare gruppi rivali), o a lasciarsi andare a sentimenti negativi verso se stesso e verso gli altri (o a reprimerli per dovere sociale).

A livello individuale e specifico, autolimitare la propria progenie per lasciare spazio e risorse alle altre specie con cui condividiamo il pianeta, è un'altra cosa che i nostri geni ci spingono a non accettare.

Se invece ci sforzassimo di percepire noi stessi in un'ottica più ampia (e quindi credo anche più coerente con quello che la realtà è) ci renderemmo conto dell'immaturità e nocività dell'obbedire inconsapevolmente a quei geni che ci programmano per competere e consumare, ci libereremmo dalla schiavitù di noi stessi, del nostro egoismo, che è forse la radice di ciò che ci tormenta come esseri umani.

Potremmo così percepirci progressivamente (in maniera sempre più spontanea mano a mano che questo modo di sentire direi più saggio trovasse modo di diffondersi a livello sociale) parte di un tutto dove il nostro benessere è indistinto dal benessere di ciò che ci circonda; non potremo certo fare a meno, come struttura vivente/dissipativa, di scaricare Entropia nell'ambiente che ci circonda, ma potremo cercare di minimizzarla, anzichè abbandonarci senza ritegno alla legge di massimizzazione.

Serve certamente uno sforzo per prendere questa direzione, ma è possibile, abbiamo fortunatamente anche geni che ci permettono di farlo; e infatti ci sono stati gruppi sociali in equilibrio stabile col proprio ecosistema, e ci sono anche tanti esempi di individui, i più famosi li chiamiamo eroi, qualcuno santi, persone speciali e libere che sembrano appartenere a un altro mondo fisico, capaci di vedere loro stesse da una prospettiva esterna, con distacco, non come un'entità insoddisfatta con un costante bisogno di aumentare il proprio ridicolo potere a spese di ciò che la circonda.

Si potrebbe compensare e in parte sostituire il bisogno compulsivo di una propria espansione, controllo e potere, che scaturisce dal meccanismo di trasmissione genetica, con la scelta di espandere e poi trasmettere, invece, la propria saggezza (intesa non come mera conoscenza, ma come una visione più coerente, ampia, armonica della realtà, del Pianeta, della Vita, dell'Universo).

Si tratterebbe di un meccanismo evolutivo privilegiato ed esclusivo della nostra specie, un meccanismo evolutivo libero e consapevole, complementare a quello rivelato da Darwin che condividiamo con le altre specie, che invece ci ha portato ai problemi attuali, e che è l'unico su cui la società e i media continuano a puntare.

Capire queste cose ci può aiutare a vedere chi si comporta in maniera poco rispettosa verso gli altri e l'ambiente semplicemente come un individuo poco libero, che si assoggetta a quello che una sequenza di nucleotidi lo costringe a fare; provare, verso questi individui, compassione anzichè sentimenti negativi va nella direzione di unire il genere umano per rendere possibile un futuro comune.

L'Universo non ha bisogno degli uomini per dissipare Energia, riguardo la pratica "Pianeta Terra" potrebbe "licenziarci" e far prendere il nostro posto ad altre forme di vita, o chiudere il capitolo Vita e "assumere" al suo posto tempeste gigantesche; io credo che possiamo scegliere di prolungare la nostra permanenza su questo pianeta perchè siamo l'unica entità conosciuta nell'Universo con la potenzialità teorica di modulare il proprio output entropico, siamo dotati della possibilità (divina?) di rifiutare leggi che paiono universali.

Credo inoltre che nella consapevolezza di questo nostro privilegio e nel perseguimento della saggezza e dei comportamenti conseguenti risieda la chiave di una progressiva (ri)scoperta di senso, armonia, empatia e felicità generalizzata.
Bimbi in Bhutan (National Geographic); il Bhutan ha adottato la FIL al posto del PIL, come indicatore degli standard di vita;
Se tutto ciò resterà appannaggio di pochi individui o gruppi, e sarà destinato a soccombere di fronte alla mancanza di libertà della maggioranza (di fronte quindi alla spietata termodinamica evolutiva a livello da specifico in su), o se si creerà un cambiamento collettivo, nessuno lo può sapere.

Comunque vada, io credo che tutto ciò possa dare senso, valore e forse anche felicità alla vita, anche se solo a livello individuale, di fronte a quello che si prospetta per il futuro.