lunedì 26 giugno 2017

Darwinismo Sociale


Questo post di Filippo Musumeci è parte di una serie di storie molto brevi che riprendono figure storiche di scienziati e di filosofi, viste in modo spesso umoristico e satirico. Qui, Musumeci prende bonariamente in giro Darwin e sua moglie, Emma, nota per le sue idee religiose e per la sua critica alle teorie del marito. Il soggetto di questo post è leggermente al di fuori di quello del blog "Effetto Risorse", ma credo che questa passeggiata intorno al concetto di "Darwinismo sociale" sia particolarmente appropriata in relazione ad alcuni concetti che ho esposto riguardo alla reazione umana rispetto al cambiamento climatico. Se la situazione è così brutta come sembra essere, allora la reazione dello straccivendolo descritta da Musumeci è quella più efficace, anche se non necessariamente quella moralmente accettabile. Vedi "Cambiamento Climatico: quanto si può essere disperati?" Per contattare l'autore: film2012ct(spirulina)yahoo.it


Guest Post di Filippo Musumeci

Darwinismo sociale (Titolo originale: Darwinian Tea-time*).

Down House, Downe, Kent, UK – 1846 (tarda primavera):

-Ancora un po’ di tè, caro?

-Grazie, Emma; ne prenderò un’altra tazza, se non ti spiace.

Una perfetta scena di gioiosa vita familiare in un pomeriggio Inglese pieno di sole. Mentre le voci dei bambini intenti a giocare sulla veranda facevano da contrappunto al cinguettio dei passeri, la giovane donna servì la bevanda fumante al marito, che scorreva la pagina del times.

-Scusami Charles, posso interromperti per qualche minuto?

-Oh … certamente cara. Cosa posso fare per te?

-Ecco, c’è una domanda che mi gira in testa da stamane. Ci ho pensato mentre ero intenta a riordinare i tuoi appunti.

-Si?

-Bene, come mi hai spiegato tempo addietro, tu sostieni di aver trovato la maniera di conciliare l’idea della comparsa di forme sempre nuove della vita nel corso del tempo con l’evidenza mostrata dall’osservazione della natura nel nostro tempo.

-Infatti, Emma. Ricordi cosa sostiene monsieur de Lamarck nella sua Philosophie zoologique? Egli postula l’esistenza di uno sforzo attivo delle creature, uno slancio vitale che le spingerebbe a migliorare se stesse, chi in maggiore chi in minor misura, una spinta ad ottenere più cibo, più spazio vitale e … un maggior numero di piccoli, naturalmente. Questo impulso, in modi che non conosciamo nei dettagli, avrebbe affinato nel corso del tempo i corpi dei più sagaci e determinati tra loro, come un rasoio viene affilato dalla mola; nel corso di molte generazioni, questo processo renderebbe i loro muscoli più forti e scattanti, i sensi più acuti e le menti più pronte, fino a quando l’ennesima generazione discendente dai migliori esemplari della specie diverrebbe così diversa dai discendenti dei meno dotati da costituire, di fatto, una specie separata. Qualcuno sostiene anche che si tratterebbe di una specie migliore della sua progenitrice. Tuttavia io non sono tra costoro; in quale senso una giraffa sarebbe migliore di un daino, infatti?

-Solo che questa idea contrasta con quanto è scritto nella Genesi.

-Emma cara, anche il fatto che la Terra ed i pianeti orbitano intorno al Sole contrasta con le Scritture. Eppure, Newton ha dimostrato che il mondo va così. Non possiamo certo reprimere ogni aspirazione alla conoscenza della natura e delle sue leggi, e rimanere vincolati da parole scritte migliaia di anni fa da uomini che probabilmente non conoscevano neppure la più elementare geometria, per quanto, essendo divinamente ispirate, esse meritino comunque il nostro rispetto. Che ne sarebbe allora del progresso? Che ne sarebbe del nostro dominio sui mari, sui popoli selvaggi, della nostra civiltà? La Bibbia non è un libro di filosofia naturale, ecco tutto, con buona pace di quel che ci vorrebbero imporre il Papa o l’arcivescovo di Canterbury. So come la pensi su queste cose, mia cara, ma ti assicuro ...

-Oh, no Charles. Non temere, non si tratta dei miei soliti timori. Stavolta non intendo affatto ammonirti  a proposito delle conseguenze che il tuo lavoro potrebbe avere per te. Quel che non mi da pace è una cosa diversa.

-Allora spiegati meglio.

-Ecco, tu concordi con coloro che attribuiscono a questo nostro mondo una età ben più lunga di quella riconosciuta dalle genealogie della Bibbia; fino a questo punto, sono d’accordo anch’io.

-Non si tratta di concordare, Emma, ma di riconoscere l’evidenza. Come il professor Lyell e molti altri hanno dimostrato oltre ogni dubbio, non c’è modo naturale in cui le montagne, i letti dei fiumi, le grandi pianure, possano essersi formate in un tempo così breve. Occorrono milioni di anni, cosa che corrisponde a milioni di generazioni della vita.

-Lo so, caro. Ho detto che questo mi trova perfettamente d’accordo.

-Anche la spontanea apparizione di esseri che, nati da genitori tipici di una specie, mostrano tuttavia una complexion che non corrisponde a quella canonica della loro specie, è una realtà indiscutibile. Troppe testimonianze autorevoli e troppi reperti la confermano, per poterne dubitare.

-Non sarò io a metterlo in dubbio, Charles. Dopotutto, non hai sposato una contadina ignorante che si segna e invoca la Beata Vergine quando nasce un vitellino con due teste. Quel che mi rende perplessa invece, è la tua spiegazione della forza che chiami selezione naturale.

-Ti rende perplessa? Ma se quella è la parte della mia tesi che ha le fondamenta più salde. Emma, io sto rimandando da anni la pubblicazione perché so molto bene come verrò criticato e attaccato da ogni parte: dai bigotti, dagli umanisti, dai filosofi di scuola Francese, dai socialisti. Cerco una conferma dopo l’altra, in ogni possibile forma vivente, animale o vegetale, che colleghi le specie l’una all’altra, che ne mostri la derivazione, lo sviluppo. Voglio rendere le mie tesi inattaccabili, a costo di farne un testo così monumentale da indurre alla noia. Ma il processo della selezione naturale è il solo punto ineccepibile, basato su una logica ferrea. Infatti è il solo su cui tutti gli amici che ho messo a parte del mio lavoro abbiano concordato in modo unanime.

-Ma Charles, io non discuto affatto la validità scientifica di questa “selezione naturale”. E’ il suo aspetto morale che non condivido.

-Morale?

-Si, caro. Non ti accorgi che essa fa sì che il successo sia determinato dalle peggiori qualità morali?

-Adesso sono io a restare confuso, Emma. Vuoi spiegarti meglio?

-Beh … posso raccontati una storia che ho sentito da un’amica?

-Fai pure.

-Bene, ma ti avverto che non è una storia che sta bene sulle labbra di una signora.

-Oh,… qualcosa di licenzioso, Emma cara? Stavolta mi hai proprio incuriosito.

-No, non proprio. Si svolge in India. Potremmo chiamarla una storia proprio così*.

-Sentiamo.

“Nel folto della jungla, due uomini corrono a rotta di collo, inseguiti da una ferocissima tigre mangiatrice d’uomini. Vengono dallo stesso villaggio ma non viaggiavano insieme; non prima di questo assai spiacevole incontro, almeno.Uno di essi è un sacerdote indù della casta più elevata, Sanjay Savitar Sekar, il cui nome significa raggio di Sole vittorioso sul picco**. L’altro è uno straccivendolo sudicio chiamato Naveen Naga, che vuol dire novello serpente; e ti assicuro che mai nome fu più azzeccato di questo.A un certo punto, il più intelligente tra i due dice all’altro: -Temo che siamo spacciati, amico Naveen. Ormai siamo troppo lontani dal villaggio per ricevere soccorso gridando aiuto, e sai bene che non c’è uomo che corra più veloce di queste bestiacce, quando sono affamate. Tra un minuto buono ci avrà raggiunti, e per noi sarà la fine.Lo straccivendolo, che corre al suo fianco, sembra pensarci per qualche secondo. Poi, d’improvviso, allunga il piede a fare lo sgambetto al bramino, che cade rovinosamente gridando per la sorpresa, e prosegue nella sua corsa spedito come prima”.

-Oh Emma, ma ti sembra una bella storia questa? Mi raccomando, non raccontare mai nulla del genere ai bambini.

-Non ne ho alcuna intenzione Charles, credimi. Ma tu cosa ne dici? Non vedi come questa stupida storia esemplifichi l’aspetto morale della tua “selezione naturale”?

-In effetti può darsi che lo faccia, in un certo senso. Però c’è qualcosa che non mi è affatto chiaro. Mi sembrava di aver capito che il sacerdote è il più intelligente dei due, non è così che hai detto?

-Infatti, caro. L’altro, lo straccivendolo, è solo il più carogna; ma è lui a sopravvivere. Del resto, non c’è da stupirsene. Tu, ad esempio, sei certamente più intelligente di me, Charles, ma suppongo che ricordi bene come va a finire ogni volta ci sfidiamo al Backgammon.

-D’accordo, Emma; anche questa volta la vittoria è tua. Ah, se penso che sei tu a temere che io possa meritare la dannazione eterna per la mia poca fede ...




Note

Il titolo originale è un omaggio al bellissimo racconto Biliardo darwiniano o L’eterno interrogativo (Darwinian pool room - 1950) di Isaac Asimov.

Le Storie proprio così (just so stories for little children) sono racconti fantastici per bambini della narrativa Inglese d’epoca vittoriana/edoardiana. Ne fu autore Rudyard Kipling (prima pubblicaz. 1902) ed hanno di solito, ma non sempre, per protagonista un animale, del quale un aneddoto mitico spiega come esso abbia acquisito una particolare caratteristica, attraverso un intervento di tipo magico o per intervento dell’uomo, oppure come avvenne per la prima volta un determinato evento o come l’uomo inventò qualcosa. Eccone alcuni esempi:

Come nacque la paura – (1895) in “Il secondo libro della jungla”;
La triste storia del vecchio padre canguro;
Come la balena ebbe la gola stretta;
Come fu scritta la prima lettera;
Come il leopardo ebbe le sue macchie.


I significati dei nomi Hindi sono autentici.


Ritengo che questa storia di fantasia meriti un commento:

Il “Darwinismo”, termine che descrive l’insieme delle teorie che si fanno risalire a Darwin e Wallace da una parte con i successivi contributi da parte di Mendel, Morgan, Müller e di tutti i biologi evoluzionisti e  i genetisti fino ad oggi, è notoriamente materia di grandi e inestinguibili controversie, e lo è fin dall’inizio; soprattutto quando Darwin pubblicherà (il racconto precede quel momento) i suoi risultati circa l’origine dell’Uomo. Ora, questa controversia non si è sviluppata tanto in sede scientifica e accademica, ma nell’ambito politico.

I detrattori di Darwin e delle sue idee sostenevano che esse fossero false perché negavano la creazione divina dei regni della natura vivente e, in special modo, quella dell’Uomo. Col passare degli anni, l’accumularsi delle osservazioni, degli esperimenti, ha costretto tutti tranne i più facinorosi (quelli pronti a negare perfino l’evidenza dei sensi pur di difendere le loro posizioni a priori) ad ammettere che il binomio mutazioni casuali-selezione naturale è dimostratamente in atto nel mondo naturale. Essi si sono perciò rifugiati su posizioni di retroguardia (ricordiamo l’Intelligent Design di oggi, il Lamarckismo, il Micurinismo di Lysenko) e su tutta una serie di teorie che vorrebbero rimpiazzare l’evoluzionismo.

Quel che gli “avversari” dell’evoluzione non riescono a digerire della teoria – sul piano, appunto, delle idee – sono due punti in particolare:

1) la casualità delle mutazioni, che per loro è una negazione del “piano divino”, se il loro attacco parte da posizioni di fede cristiana, islamica o ebraica, oppure la negazione di una qualche idea di “progresso naturale” nella storia (appunto, naturale) del mondo.

2)l’origine dell’uomo da animali inferiori mediante accidenti naturali, che, come al punto 1), negherebbe Dio o la “dignita umana” o entrambe.

Ora, non vi è chi non veda in questi attacchi, la vera ragione, quella psicologica. Darwin e i suoi continuatori hanno leso non tanto l’Onnipotente e la nostra fede in Lui, quanto la nostra vanità. E nel frattempo, impegnati a polemizzare su di essa, non ci accorgiamo che l’evoluzione contiene in sé idee che hanno la forza dirompente di una bomba (e in confronto alle quali i suesposti punti 1) e 2) fanno l’effetto di innocui petardi).

Cominciamo dal punto 2). Posto che uno sia credente, mi chiedo chi mai potrebbe proibire a Nostro Signore di “creare” l’uomo a partire da “animali inferiori”, e mediante i lunghi processi naturali esposti dagli evoluzionisti? Solo la nostra vanità, è la risposta.

Il fatto che la Bibbia descriva le cose in modo diverso, non fa testo, dato che la Bibbia descrive parecchie cose a modo suo (che è, in verità, il modo in cui la gente comune immaginava il mondo tre o quattromila anni fa), a cominciare dall’universo e dal sistema solare. Se dobbiamo stare al passo con la Bibbia, beh, allora buttiamo via anche Galileo e Copernico, anche Harvey e la circolazione del sangue, insieme a TUTTA la ricerca scientifica fin da prima di Aristotele. Impediamo, anzi, ogni ricerca scientifica, aboliamola per sempre. Nella Bibbia (o nel Corano, magari) ci sono già tutte le risposte, giusto? Inginocchiamoci e preghiamo invece, fratelli. Smettiamo di cercare “verità” ulteriori, che possono mettere in pericolo le nostre anime. Finis.
Se invece decidiamo di continuare a cercare una qualche verità con i mezzi naturali che abbiamo (la nostra testa) non ci sono altre alternative; finché non troviamo qualcosa di meno zoppicante dell’evoluzione, dovremo tenercela; un po’ come per le libere elezioni.

L’evoluzione dell’uomo dalla scimmia urta la sensibilità di molti perché il nostro immaginario collettivo, in realtà, non è affatto cristiano (né musulmano o ebraico); è hollywoodiano. La nostra vanità pretenderebbe che le vicende narrate nella Genesi fossero ambientate non sulla Terra ma sul pianeta Kripton, con tutti quei meravigliosi effetti speciali in funzione, le luci colorate e in sottofondo il miglior Beethoven, ché la creazione dell’uomo non merita meno. Non paghi di esserci autoinnalzati a sapiens, in realtà crediamo di essere già Homo Superior, come i mutanti del fumetto X-Men. Il fatto che il Salvatore dei cristiani sia nato figlio di un falegname qualsiasi e non di un re (o che il Profeta Muhammad fosse un cammelliere, non un principe) non dice nulla alla dura cervice che ci contraddistingue (qualcuno ha scritto che l’Uomo sembra essere progettato apposta per non credere nell’evoluzione). Tengo comunque a ripetere che la fede non proibisce a nessuno di pensare che l’evoluzione sia parte integrante del “piano divino”, qualunque esso sia.

Veniamo poi al punto 1). La casualità delle mutazioni. Mi meraviglia il fatto che questo concetto (il caso) possa urtare chi dice di credere in un dio onnipotente ed onnisciente. Possibile che non vi venga in mente che il caso possa essere tale per noi umani, che osserviamo gli eventi coi nostri sensi imperfetti e li interpretiamo col nostro intelletto imperfetto, ma giammai potrà essere tale per il Creatore? Chi può tutto, sa tutto, vede tutto (e fa tutto, tutto quel che accade: “non muove foglia che Dio non voglia”, ricordate) non può, per definizione, essere soggetto alla casualità, a meno che non lo voglia Egli stesso. Anzi, qualcuno ha scritto che “Il caso” è lo pseudonimo che Dio usa quando non vuole che gli venga attribuito il merito (o magari la colpa) delle Sue azioni. Perciò, chi ha fede, può benissimo riconoscere la casualità delle mutazioni senza per questo rifuggire al pensiero che il mondo e l’umanità siano in balia del caso, vale a dire di un volgare fenomeno asettico e anaffettivo, privo di legge, di volontà, di amore.

La Selezione Naturale, invece, è cosa ben diversa; è una brutta bestia, la selezione naturale. Con essa, il darwinismo ci condanna a combattere senza pietà, che lo vogliamo o meno. E’ una guerra di tutti contro tutti, (anche se non viene combattuta solo ed esclusivamente con armi che feriscono e uccidono, tuttaltro), dalla quale non si può uscire in nessun modo. Se ci pensate bene, “sopravvivenza del più adatto” significa anche che il meno adatto soccombe; e il meno adatto potreste essere proprio voi, se non vi date da fare (ad esempio, secondo i naturalisti, nella maggior parte delle specie di mammiferi, un buon terzo dei maschi muore privo di discendenza perché, semplicemente, non riesce mai ad accoppiarsi nel corso della sua breve vita; le lotte tra maschi, anche quando sono incruente come un torneo di braccio di ferro, ottengono questo bel risultato).

Le religioni ci abituano sì a sentirci attori in una sorta di campo di battaglia, ma quest’ultimo è di natura morale; la lotta (eterna) tra il Bene e il Male. Nell’evoluzione invece il successo si misura in questa vita, in termini puramente materiali. “Massimizzare il proprio successo riproduttivo” è la legge ferrea, vale a dire quanti più figli possibile, il più in salute possibile, e non conta con quali mezzi si arrivi all’obiettivo. Non ha importanza chi inganni, tradisci, sfrutti, depredi o uccidi.

Questo è davvero un concetto che si scontra frontalmente con l’essenza di ogni religione. Inconciliabile, nel vero senso della parola.

Del resto ricordiamo che Hitler e i suoi nazisti si facevano vanto che la loro ideologia fosse l’unica pienamente conforme all’evoluzione (in quanto virilmente priva di “illusioni romantiche” e sentimentalismi umanitari e “cristiani”), che essi sostenevano essere una suprema legge di natura, alla quale era giusto inchinarsi. E cosa prendevano a esempio dall’evoluzione? La casualità delle mutazioni non li interessava più di tanto, anzi, si riempivano la bocca di parole come “destino” e “progresso” (in senso anche biologico) dell’Uomo “ariano”. La discendenza dell’Uomo dagli animali li vedeva indifferenti, quando non larvatamente ostili; erano costretti ad accettarla obtorto collo per motivi di coerenza con la teoria, ma la casualità, che esclude l’esistenza di una scala lineare di “superiorità”, faceva a pugni con la loro idea di miglioramento del genere umano attraverso la lotta (cioè la guerra razziale). Hitler stesso si riteneva sotto la protezione della divina provvidenza (ad esempio quando scampava agli attentati). La selezione naturale era invece il loro cavallo di battaglia ideologico, il principio che avrebbe dovuto rendere giusto il dominio di una razza sulle altre e l’eliminazione della razza nemica, così come quella degli imperfetti, come con l’Aktion T4.

Il concetto di selezione naturale tende a giustificare i peggiori aspetti della “cultura” e delle ideologie. Può fare da pezza di appoggio al razzismo, allo schiavismo puro e semplice, all’immutabilità dei rapporti di forza tra le classi sociali. Ad esempio può sostenere quell’altra ideologia pseudoreligiosa di destra tipica della classe abbiente Americana e non solo, secondo cui la prosperità economica, cioè l’essere ricchi sfondati, è un segno tangibile della benevolenza di Dio verso l’individuo che la possiede; idea molto propagandata, sotto la quale si nasconde il disgustoso pensiero che Dio voglia più bene ai ricchi e meno ai poveri. E’ una forma di razzismo anche questa, oppure può fare da appoggio ideologico al principio che nulla e nessuno debba frenare la libera concorrenza (no regulations), per il quale sul libero mercato ogni cosa è lecita, ogni cosa (e di conseguenza ogni persona) ha un prezzo, è merce, e che se nella corsa al denaro fallisci, se precipiti nella miseria, è colpa tua. Questo modo di considerare le cose confonde volutamente la corsa al successo con il bisogno elementare di vivere, di essere liberi di scegliere, e di consumare quel minimo necessario a vivere in modo decente che ogni essere umano ha in quanto creatura viva, negando brutalmente il secondo.

Se vogliamo, la selezione naturale dà torto anche a chi si rende conto che abbiamo raggiunto i limiti fisici di sfruttamento delle risorse e invoca il contenimento dei nostri appetiti, una decrescita individuale e collettiva. Il saccheggio delle risorse naturali, l’estinzione delle specie, la trasformazione dell’ambiente vitale in un ambiente letale, inquinato e surriscaldato, non sono forse  cose normali, conformi alla selezione naturale? Non è forse vero che tutte le specie prima o poi si estinguono, ma nessuna ha mai scelto consapevolmente e spontaneamente di “decrescere”? Non è forse vero che il primo “inquinante” fu l’ossigeno, e portò quasi all’estinzione gli organismi anaerobici di allora, che oggi possono sopravvivere solo in piccole nicchie ecologiche, ad esempio nel tetano?

A vederla in maniera evoluzionisticamente corretta, hanno financo ragione i popoli del terzo mondo quando fanno una caterva di figli per ciascuno, e abbiamo torto noi occidentali ricchi a crescita zero. Verrà, l’ecatombe, la sesta estinzione di massa, e con questo? Se qualche Homo Sapiens sopravviverà, sono loro, con il loro tasso insostenibile di incremento della popolazione, ad avere più probabilità di noi di restare vivi (sempre intendendo la specie, non il singolo individuo. Anzi, in questo caso la razza; ecco il tema nazista che ricompare), e ripopoleranno la Terra (mentre noi periremo, si sottintende). E se questo li fa vivere in miseria con grandi sofferenze, ebbene la selezione naturale non è un pranzo di gala.

Ma la selezione naturale è una condanna senza appello? Siamo anche noi suoi schiavi, come lo è il resto del mondo biologico? E’ fisicamente impossibile sfuggirle nello stesso senso in cui è impossibile superare la velocità della luce? Non ne sono certo al di là di ogni dubbio, ma temo proprio di sì.

Se per semplificare le cose volessimo paragonare l’Uomo, come individuo, ad una multinazionale, una grande impresa commerciale, allora in essa tutti i posti sia del Consiglio di Amministrazione che dell’Assemblea degli Azionisti sarebbero occupati dalle ambizioni e dalle fisime, dagli istinti atavici e dagli appetiti, da quello che Freud chiamava il principio del piacere e dalla brama shakespeariana di potere. La ragione, di cui tanto ci piace vantarci, svolgerebbe in azienda un ruolo molto subordinato, diciamo quello del Reparto Contabilità; il suo vero compito è sempre stato quello di rappezzare a posteriori una scusa che giustifichi il nostro comportamento di fronte agli altri e alla nostra vanità, ma quanto a potere decisionale, ZERO.

Questo ci porta anche ad una diversa considerazione, a proposito della nostra intelligenza. Essa non è, come tendiamo a vantarci, di tipo galileiano, fatta per esplorare il mondo e trarne delle regole di funzionamento, ma è invece machiavellica, destinata a fottere il prossimo (ed anche a fottere il mondo, in senso lato). La scienza, l’arte, la filosofia, la letteratura, ne sono più che altro dei sottoprodotti, dei tools di programmazione sviluppati al servizio del vero obiettivo, quello indicato dalla selezione naturale. Nei primi minuti di “2001 Odissea nello spazio” di Kubrik c’è una scena emblematica: l’ominide prescelto subisce la misteriosa azione del monolite alieno che “cambia la sua mente”, facendo scattare in essa l’idea nuova dell’uso dello strumento (un po’ datato come esempio emblematico; già ai tempi si sapeva che parecchie specie di scimmie, e non solo antropomorfe, usano bastoni e pietre, ma Hollywood ha il suo modo di fare le cose). Ma è nella scena successiva che si rivela la morale della favola. Che uso fa il protagonista della sua nuova capacità? Ovviamente se ne servirà come arma, per colpire a morte i membri del branco avversario nella disputa per la sorgente d’acqua (fottere il prossimo) e poi per uccidere quei tapiri che rappresentano simbolicamente tutte le altre specie animali (fottere il mondo). Ed è quello che stiamo ancora facendo, alla grande.

A volte vorrei che Charles Darwin fosse vissuto ancora per diversi anni, e che invece di occuparsi di studiare, ad esempio, i cirripedi, l’allevamento di animali o le espressioni fisiognomiche del volto e il linguaggio del corpo, avesse affrontato di petto questo problema. Darwin è morto, e questa è solo materia per gli universi alternativi della fantascienza, ma sarebbe ora che qualcuno si occupasse della cosa con il suo estremo rigore scientifico.


26 commenti:

  1. Non c'è molto da aggiungere. Sono riflessioni che ho fatto anche io.
    Le cose stanno più o meno così. Qualche secolo di "civiltà" e di "cultura" non possono certo cancellare l'eredità biologica impressa da un processo che opera con efficacia da quattro miliardi di anni.
    Felice estinzione a tutti :)

    L.

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  2. post interessante ed intelligente. Di sicuro il lavoro di Darwin ha avuto conseguenze importanti, non per lui, come temeva l'Emma, ma per il pianeta, che sta andando alla rovina, e anche per il genere umano, dove ormai si riproduce quasi solo lo straccivendolo, grazie ovviamente anche ai fossili. Forse era meglio continuare a credere alla genesi, ma la scienza umana deve andare avanti, peccato sia andata per la strada degli egoismi e degli istinti. Mal voluto, non è mai troppo.

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  3. "Ma la selezione naturale è una condanna senza appello? Siamo anche noi suoi schiavi, come lo è il resto del mondo biologico?
    E’ fisicamente impossibile sfuggirle nello stesso senso in cui è impossibile superare la velocità della luce?
    Non ne sono certo al di là di ogni dubbio, ma temo proprio di sì".

    Queste tre domande e un temibile dubbio riassumono bene questo post di Filippo Musumeci.
    Ma.
    "La sopravvivenza del più adatto"è un concetto che va completato con "un certo tipo d'ambiente", altrimenti della teoria di Darwin spiega troppo poco.

    Sono convinto che siamo in troppi a voler fare troppe cose, ed abbiamo pochissimo tempo per scegliere fra queste, quelle che possono permetterci di abitare ancora la Terra.Almeno per qualche dozzina di generazioni.

    Se poi prenderanno il sopravvento i machiavellici od i galileiani, in fondo non m'interessa neanche tanto di saperlo.
    Perchè credo che l'intelligenza umana sia un intreccio irrazionale di
    atteggiamenti galileiani e machiavellici.

    E intendo l'aggettivo irrazionale nel suo senso più profondo.

    Ritengo che l'Antropocene sia iniziato quel centinaio di millenni fa, forse anche il doppio, quando una mente da ominide è diventata capace di pensiero e di desiderio ricorsivamente ricorsivi, ma il suo sviluppo è visibile in tutta la sua potenza solo da qualche secolo, a causa della sua
    intrinseca natura fatta di caos e di necessità.

    Ed oggi possiamo intravederne le possibili evoluzioni.

    Ci hanno preceduto gli Habilis,possiamo ancora generare dei Riabilitati.

    Una lettura che delizierebbe Charles Darwin:
    L'orologiaio miope, di Lisa Signorile. Codice edizioni.

    Marco Sclarandis



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  4. Sembra che il darwinismo sia descritto sempre come una lotta tutti contro tutti. Ma l'uomo ha inventato organizzazioni sociali in cui la cooperazione e l'altruismo fanno la differenza. Per questo un uomo egoista da solo non potrà mai sopravvivere in un ambiente naturale, mentre una società di persone solidali e collaborative si sviluppa. In questo senso la teoria evoluzionistica non deve giustificare solo le peggiori nefandezze, ma anche le migliori qualità umane.

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    1. Sono d'accordo.
      C'è una cosa che si è messa in moto con l'inizio dell'universo: la crescita dell'informazione. È uno di quei fenomeni che non si spiegano facilmente col principio di causa-effetto. Ebbene l'informazione nelle sue forme più evolute cresce, manco a farlo apposta, nelle economie di quelle regioni dove le persone si fidano degli altri.
      http://www.bollatiboringhieri.it/libri/cesar-a-hidalgo-levoluzione-dellordine-9788833928005/
      Quale sia il destino di noi terrestri non si sa, ma credo sia compreso in un destino più grande. Dovremmo comunque essere compiaciuti di farne parte.
      Angelo

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  5. Cerchiamo di capire tutto e più riempiamo la testa, meno capiamo.
    Siccome noi funzioniamo così, pensiamo che tutto funzioni così.
    Siccome noi siamo competitivi, pensiamo che anche gli altri popoli siano competitivi, che la natura tutta sia competitiva.
    Questo dimostra la nostra arroganza, come cultura.
    .----
    I popoli non-civilizzati vivono in armonia col resto della natura, pur non conoscendo le teorie di Darwin, e pur non essendo cristiani.
    Non serve sapere ....
    Io sono con Kropotkin, non con Darwin.
    Kropotkin postulava che la vita si basa sulla cooperazione, non sulla competizione.

    Gianni Tiziano

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  6. Sinceramente Asimov lo trovo piuttosto raffazzonato e rozzo; anzitutto Haeckel disse qualcosa non di contrastante con Darwin, suo coevo, ma molto più affascinante specie oggi con l'evidenza dell'potesi di Gaia: l'ontogenesi ricapitola la filogenesi, cioè ognuno di noi è legato alle altre creature in modi sorprendenti, ed ancche la stessa nozione morale ed ontologica di individuo perde sostanza.
    Al giorno d'oggi il tema abbozzato nella novella è magistralmente trattato da Dawkins, accessibilissimo anche in inglese nei vari "l'orologiaio cieco" e "Devil's plans", ed "il gene egoista", in cui addirittura gli stessi geni comuni in parte on in toto fra individui e specie diverse assumono la dignità di elementi base nella competizione per la persistenza nell'entropia negativa...

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  7. riguardo il dilemma competizione/cooperazione, credo siano due caratteristiche entrambe inscritte nel nostro DNA, e noi scegliamo fra le due in base a quello che il nostro paradigma di realtà ci propone come amico/nemico.

    Il mio modo di vedere non implica incompatibilità e mutua esclusione tra evoluzionismo/selezione naturale e collaborazione per un bene comune.

    tutto starebbe in una visione (non di certo univoca) che porti ad estendere il concetto di "amico", considerando il fatto che siamo tutti interconnessi e il bene nostro e della nostra progenie dipende da un insieme molto più vasto di ciò a cui di solito diamo questa etichetta.

    discorso lungo per un post, se a qualcuno interessa ripropongo il mio intervento su questo blog, riguardo queste tematiche, di qualche tempo fa:

    http://ugobardi.blogspot.it/2016/05/termodinamica-evoluzione-felicita.html

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Ho letto velocemente il post sulla termodinamica-evoluzione-felicita, ed i commenti.
      .----
      A suo tempo l'avevo scartato, anche perchè io di termodinamica non capisco niente, e l'entropia non la capisco.
      .----
      Qualcosa in noi esseri umani a me personalmente non piace, e non vedo l'ora di disfarmi di questo corpo umano, che mi fa vergognare di essere.
      Nel frattempo, cerco di comportarmi nel modo più degno possibile per me.
      .----
      Sono passato attraverso il cristianesimo, il buddhismo, lo zen, nuovamente il cristianesimo.
      Da diversi anni non mi ispiro ad alcuna religione sopracitata.
      Credo che il libro del sapere che è a nostra disposizione è la "natura".
      Non serve osservarla col microscopio o con il telescopio, anzi credo che questi strumenti ci allontanino dalla verità.
      Le città, qualunque ambiente dove la natura è violentata e degradata, ci allontanano dalla verità.
      .----
      A me piace la verità.
      .----
      Mi considero una parte del tutto.
      Sarà che per tanti anni ho percorso le montagne a piedi, almeno un giorno a settimana, negli angoli selvatici. Sarà perchè ho fatto tanta meditazione personale. Sarà perchè sono stato educato al rispetto.
      Sarà perchè ho incontrato la saggezza dei nativi nordamericani.
      Sarà perchè non mi fermo alla superficie e mi piace andare in profondità.

      Gianni Tiziano

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  8. Gianni Tiziano, quel tutto di cui tu ti consideri, che "tutto" sarebbe se non comprendesse anche le città e le civiltà?
    Questo tuo affidarti ciecamente ed esclusivamente alla natura o Natura, mi sembra un atteggiamento che ti porta ad ignorare un suo aspetto fondamentale:
    la sua insuperabile incommensurabilità.
    L'entropia e la termodinamica SONO NATURA.
    Tutto ciò che scopriamo con telescopi e microscopi e tutti gli strumenti
    che ci siamo inventati in migliaia di anni SONO NATURA.
    L'umanità che ha anche costruito le mine antiuomo,i gas nervini le armi termonucleari e batteriologiche,E' NATURA.
    Esattamennte come SONO NATURA innumerevoli esseri viventi come certi vermi nematodi che provocano morte e malattie orrende.*
    Se ci si vuole rifugiare in una visione limitata e rassicurante della natura o NATURA, lo si può fare , ma a costo di ripudiare una parte della verità o VERITA'.
    Abbi l'umiltà di dedicare del tempo per capire un minimo di leggi della natura-NATURA, e vedrai quanta parte di verità-VERITA' nascosta ti apparirà per incanto.
    Noi della seconda metà del quinto miliardo della vita sulla Terra, non distruggeremo nulla che la NATURA non possa ricreare qui o da qualche altra parte.
    E, per altra parte, intendo un universo che,quand'anche non fosse infinito,potrebbe essere vasto al di là d'ogni umana immaginazione.
    Stiamo distruggendo e devastando ogni cosa perchè non sopportiamo la sovrabbondante ed indifferente onnipotenza della NATURA.
    Ma sappiamo che è un comportamente futilmente rabbioso.
    Mi viene in mente la ressa che a Torino ha causato morte e ferite durante uno spettacolo di sport.
    Ora quella ressa pretende pure di essere risarcita di danni che essa stessa ha causato con la propria stupidità e inaccortezza.
    E' cosi difficile prepararsi a mantenere il sangue freddo in una simile circostanza?
    Ed altrettanto difficile evitare di spargere bottiglie di vetro dappertutto?
    Gianni Tiziano,appunto perchè ti piace la profondità delle cose,esplora meglio quel labirinto che sono le civiltà comparse sulla Terra, delle quali, quella dei nativi americani sono solo una piccola parte.
    Un caro saluto, Marco Sclarandis.

    *Leggersi "L'orologiaio miope" di Lisa Signorile,per rendersi conto che Giacomo Leopardi e Walt Disney hanno guardato dal medesimo caleidoscopio.

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    1. Marco,
      i Nativi Americani non sono una civiltà.
      Sono dei popoli, che risiedevano nel Nordamerica.
      Quasi tutti loro erano non-civilizzati.
      Civiltà = risiedere in città, esternalizzare i costi ambientali.
      .----
      Il Tutto che intendo io è tutto quello che c'è dappertutto, praticamente l'Universo.
      Il pianeta Terra è una piccolissima parte di questo Universo.
      .----
      Ciò che abbiamo creato è artificiale, non naturale.
      I macchinari e robot hanno una vita (sic!) propria legata all'immissione di energia da parte nostra : per questo ci affanniamo a creare energia elettrica ed estraiamo i combustibili fossili e l'uranio.
      Le plastiche e le immondizie sono il degrado di ciò che era molto più vivo, in natura.
      Per quanto riguarda il voler scoprire tutto, è un atteggiamento assurdo che distrugge ulteriormente l'armonia del Tutto.
      .----
      Senza voler discutere i singoli individui (che fra loro vi sono persone molto naturali), prendiamo la specie Homo Sapiens in generale : se ci estinguiamo, la natura e il Tutto ne guadagnano.
      .----
      Forse sono troppo semplice ? Troppo umile ? Troppo disinteressato a voler comandare la natura ?
      Credo che alla fine della mia vita, sarò un po' albero, un po' acqua, un po' farfalla ....

      Gianni Tiziano

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  9. La nostra è una specie anomala rispetto alle altre che si è dotata di protesi di potenza e di abilità sempre più “performanti” : se nella battaglia di Lepanto (1571), con circa 300 navi a vela armate di cannoni, morirono sui 30.000 uomini, nel 1945
    con un aereo e due bombe morirono all’istante in 71.000 ad Hiroshima ed in 35.000
    A Nagasaki. (E’ ciò che ci ricorda Luigi Sertorio nel testo “La mappa del denaro” nel capitolo L’era dei motori).
    Il guaio è che non abbiamo un’etica ed una legislazione adeguate alle protesi di potenza e di abilità che maneggiamo giornalmente. Il sistema economico adottato non ha sviluppato “antidoti” nel campo dell’etica adeguati alla bisogna.
    S.M.

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  10. in tema di funzionamento della mente umana, bisogna considerare che la nostra visione di mondo influenza il nostro comportamento.

    per esempio, riguardo l'aspetto di crescita incontrollata e insostenibile, fatto che mi pare si tenda a considerare sempre più inevitabile, prima che la nostra "civiltà" le spazzasse via il mondo pullulava di piccole civiltà con un buon equilibrio col loro ambiente, senza una palpabile progressiva minaccia di distruzione del proprio territorio, e senza il bisogno di espandersi per sopravvivere.
    senza voler idealizzare, c'era un certo senso del limite, e un senso di appartenere a un Tutto più grande.

    senza nulla togliere, anzi, al lavoro di Darwin e seguenti, l'aspetto della selezione naturale è solo un piano di visione della realtà.
    se lo si assolutizza, si rischia di rendere il suo messaggio, per come è giunto fino a noi, un caso di "profezia che si autoavvera"...
    ..se siamo spacciati, non mi sforzo;
    oppure mi scoraggio, non lotto, accetto supinamente ciò che accade... fino alla Fine.

    oppure, la selezione naturale può essere una scusa per giustificare, o aiutarci a rendere più accettabile, quello che non ci piace in noi o fuori di noi. il risultato non cambia.. stessa strada..


    Il sè coincide col conosciuto (esperienze, memorie, condizionamenti), si nasce senza paradigmi, poi ci viene insegnato a dare un nome alle cose, la mente comincia a fare confronti, giudicare, dare valore e significato alle cose..

    la mente ha bisogno di concetti saldi per non sentirsi inesistente, per paura, e quindi più o meno inconsapevolmente si conforma ad un paradigma, proveniente dall'esterno o da essa stessa creato.
    non siamo capaci di vedere le cose semplicemente, senza metterci in mezzo noi stessi, ogni cosa che vediamo la vediamo attraverso quel filtro.

    visto che non esiste il filtro perfetto, credo sarebbe segno di umiltà e anche di intelligenza costruire e diffondere una idea di noi, in relazione al mondo, che sia di stimolo a comportamenti che creino benessere, felicità, senso, non distruzione e angoscia.
    La selezione naturale è un meccanismo innegabile e potente, ma non credo ci porterà per forza alla distruzione, dipende da noi, da come lo correliamo con gli altri aspetti del nostro paradigma.

    bisogna cominciare a crederci, a immaginare come sarà il nostro mondo in equilibrio (dopo un probabile periodo di sofferenza generalizzata, penso) invece di nutrire la nostra mente solo con sconforto e senso di impotenza.

    da solo non sarà sufficiente a "salvarci" forse, ma credo sia un passaggio necessario, per raggiungere l'obiettivo.



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    1. piccolo P.S.: a ben pensarci, nella nostra specie già non si applica proprio alla lettera il principio della selezione naturale, per quanto riguarda la scelta del partner più adatto alla sopravvivenza, nè in chiave arcaica, nè in chiave moderna...
      intervengono vari altri fattori, esclusivi della nostra specie..

      qualche speranza nei confronti della selezione naturale, e dell'apparentemente inesorabile termodinamica ad essa applicata.. forse c'è..

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  11. @Filippo Musumeci :

    Essendo che Darwin non c'è più,
    posso indicare chi è che ha affrontato la seconda parte del problema :
    Derrick Jensen.
    Forse non lo fa nel modo che tu desideri, scientifico.
    Ma la scienza non riesce a spiegare tutto.
    Ci vuole intuito, riflessione, intelligenza, logica, amore, semplicità, saggezza.
    Ciò che trovo in Derrick Jensen.
    Anche Daniel Quinn può fornire una spiegazione a questo enorme disastro che c'è :
    hai letto "Ishmael" ?
    Per venire in Italia, segnalo Enrico Manicardi, "Liberi dalla civiltà".
    .----
    L'uso machiavellico della nostra intelligenza stà condannando il mondo.
    Lo sgambetto (metaforicamente parlando) è diventato l'arma di quasi tutti quelli che comandano nel mondo, che sono la minoranza degli esseri umani.
    La maggioranza o è rassegnata, o fatalista, o si pone delle domande e cerca di capire.
    Io ho capito : quando le società umane si aggregano oltre le cento unità, impera la gerarchia di comando, lo sgambetto.
    Noi esseri umani dobbiamo vivere in piccole comunità composte di circa 40 individui, totalmente autosufficienti sul proprio territorio, senza scambi commerciali con altre comunità.
    Gli unici scambi devono essere quelli genetici e al massimo un ritrovo annuale con le altre tribù che formano la nazione (circa trecento persone).
    Le piccole comunità autosufficienti non premiano lo sgambetto, esse fanno in modo che lo sgambetto non avvenga.
    .----
    Ma siccome invece la "globalizzazione" al momento vince, le prospettive sono più nere del nero.
    Sarebbe proprio necessario un cambio di paradigma.
    Io dentro di me l'ho fatto.
    Quasi ogni giorno piango a vedere che invece stà vincendo la machiavellica carognaggine.
    Per questo non sono contento, di essere un umano.
    Amo le farfalle, le rocce, e tutto quel che umano non è, e che è molto più amabile.

    Gianni Tiziano

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  12. Gianni Tiziano , io faccio parte di quella specie umana che ha creato città e civiltà.
    Non per scelta,ovviamente, è la mia sirpe, la mia genìa.
    E rimango attonito, sconcertato, ammutolito, di fronte al mistero che la Natura abbia permesso il nascere di una specie umana come la mia.
    Invece che consentire solo la vita di una specie umana che si limitasse come dici tu:
    (Noi) di esseri umani che vivono (dobbiamo vivere) in piccole comunità composte di circa 40 individui, totalmente autosufficienti sul proprio territorio, senza scambi commerciali con altre comunità.
    (Gli unici scambi devono essere quelli genetici e al massimo un ritrovo annuale con le altre tribù che formano la nazione (circa trecento persone).
    Le piccole comunità autosufficienti non premiano lo sgambetto, esse fanno in modo che lo sgambetto non avvenga).
    Ma da dalla mia osservazione della Natura, vedo la sua imparzialità per ogni sua creazione, e ciò mi conforta e m'induce a credere che anche la mia genìa, così potenzialmente ed attualmente distruttiva, abbia la sua ragione d'esistere.
    Ieri, dei sette limoni acquistati al supermercato, in attesa della maturazione di quelli della pianta sul terrazzino, uno ha avuto la codardia di lasciarsi attaccare da una muffa.
    Ne ho salvato metà.
    Ma il fatto mi ha fatto pensare al perchè proprio quel limone e non un altro od anche più d'uno o tutti o invece nessuno, abbia ceduto all'aggressivo micelio.
    A che scopo serve questo futile pensiero?
    Perchè non mi basta spremere e saziarmi del succo della metà del salvato agrume?.

    Non mi firmo perchè ogni tanto mi piace anche giocare ancora a nascondino.



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  13. Marco,
    riporto le parole di Nobile Uomo Rosso (Lakota Sioux, 1902-1989) :

    "L’Uomo Bianco è venuto in questo paese e ha dimenticato le sue
    Istruzioni originali. Noi Indiani non abbiamo mai dimenticato le
    nostre Istruzioni.

    Dio impartisce Istruzioni a ogni creatura, in accordo al Suo piano
    per il mondo. Dio ha dato le Sue Istruzioni a tutte le creature
    della Natura. Il pino e la betulla seguono fedelmente le Sue
    Istruzioni e fanno il loro dovere nel mondo di Dio. I fiori, anche i
    più piccoli, sbocciano e appassiscono in accordo con le Sue
    istruzioni. Gli uccelli, anche i più piccoli, vivono, volano e
    cantano in accordo alle Sue Istruzioni.

    Perchè gli esseri umani dovrebbero agire diversamente?

    (da“Nobile Uomo Rosso” – Il mondo straordinario di un Wisdomkeeper Lakota di Harvey Arden)

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  14. Le nostre Istruzioni sono molto semplici: rispettare la Terra e
    rispettarci a vicenda, rispettare ‘la vita di per se stessa ‘.
    Questo è il nostro primo Comandamento, la prima riga del nostro
    Vangelo.
    Il rispetto è la nostra Legge: rispetto per la Creazione di Dio,
    per tutti gli esseri viventi su questa terra , per nostra madre
    Terra.
    Non possiamo fare del male alla Terra e all’acqua, perché
    rispettiamo il loro posto nel mondo. Non potremmo mai uccidere tutti
    i bisonti, perchè sarebbe una totale mancanza di rispetto nei
    confronti del motivo per cui i bisonti sono qui.
    Dovete rispettare l’animale che uccidete, queste sono le
    istruzioni di Dio.
    Dovete rispettare i sogni delle altre persone.Rispettate i loro
    sogni e loro rispetteranno i vostri.
    Dobbiamo avere rispetto anche per coloro che non sono ancora
    nati, per le generazioni a venire. Anche loro hanno dei diritti e
    noi dobbiamo rispettarli.
    Così dicono la nostra religione e la nostra Legge. Questa è la
    nostra Via, queste sono le nostre Istruzioni

    Noi Indiani non le abbiamo dimenticate e non le dimenticheremo
    mai.

    (da“Nobile Uomo Rosso” – Il mondo straordinario di un Wisdomkeeper Lakota di Harvey Arden)

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  15. Il Nobile uomo rosso e' una invenzione fasulla e macchiavellica non meno del nobile uomo bianco e del suo fardelle di civivilizzazione.
    Tutte le menzogne sono ignobili, e quelle religiose del passato anche piu' ignobili del nobile uomo rosso e del nobile uomo bianco, ma solo perche' la nuova illusione del nobile uomo rosso non ha ancora avuto il tempo di svilupparsi e di opprimere con follie come le vecchie religioni
    (o lo statalismo ispirato dal marxismo).
    Tutto questo lo dico per spirito di verita' storica, e non perche' io abbia alcuna obbiezione all'etica attribuita al nobile uomo rosso, e neppure alcuna antipatia nei confronti dei pellirosse attuali, anzi, proprio il contrario.
    Marcus Prometheus, che si fece sterilizzare volontariamente 40 anni (dal benemerito Dottor Conciani di Firenze) solo per non incrementare le sofferenze degli esseri umani e per non devastare ulteriormente il pianeta con la sovrappopolazione.

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    1. sì ok che nessuno è più nobile di un altro, ma quello è solo il titolo del libro...
      che io non ho letto e non conosco peraltro..

      rispetto il tuo punto di vista, e sono d'accordo con te, ma credo che qui il messaggio sia (anche) un altro (poi ognuno, della questione valutata, fa passare maggiormente gli aspetti a cui il proprio filtro mentale è più permeabile).

      Un altro messaggio potrebbe essere per esempio il diverso grado di sostenibilità raggiunto da quelle popolazioni, che mi sembra evidente.

      credo si possano dividere i vari aspetti, e/o concentrarsi maggiormente sugli aspetti positivi di quelle culture..

      ci sono stati anche dei post su questo blog recentemente, sulla necessità di un cambio di paradigma, beh i Nativi Americani avevano un paradigma molto più funzionale del nostro, magari pur essendo ignobili come noi.

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  16. Il "Nobile Uomo Rosso" addirittura con le tre iniziali maiuscole, e' una invenzione del secolo scorso,non riscontrata prima in natura come gruppo umano generalizzato. ovvero salvo alcune nobili ma personali eccezioni sempre possibili sia nel bene che nel male quando si parla di individui umani (per esempio il fratello di Goering e' stato un nobile nazista che ha salvato alcuni ebrei). I nativi americani, come il resto dell'umanita' erano dediti alla guerra per ampliare o difendere i loro territori Idem, erano dediti al rapimento di membri di tribu' nemiche da sfruttare come manodopera in schiavitu', tipico delle societa' agricole stanziali, anche se in maggioranza loro erano nomadi o semistanziali. Erano poi dediti anche alla tortura ed avevano gia' sterminato fin dal loro apparire dallo stretto di Bering la fauna di piu' grosse dimensioni gia' nel loro procedere verso la punta meridionale delle Americhe.

    Quasi tutto cio' che si attribuisce loro come rispetto della natura e' un falso che piu' falso non si puo' inventato di sana pianta nell'ultimo mezzo secolo. Quello che non e' falso ideologico studiato a tavolino e' letteratura romantica e di fantasia. Poi magari ci puo' anche essere un un per cento di aneddoti fors'anche veri, ma se veri, riferibili ad eccezioni.
    Che poi attualmente i nativi americani siano in massa fra i piu' seri conservazionisti invece e' vero e va a loro grande lode. Ma deriva dal loro essersi ritrovati padroni di molte lande in gran parte desolate ce non molto sfruttabili per l'agricoltura "moderna" e che possono valere principalmente come bellezze paesaggistiche ed attrazioni turistiche solo se non degradate. Il resto e' la solita risorgenza in tempo di crisi del mito rousseauiano del buon selvaggio. Smentito abbondantemente per tutte le latitudini.

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    Risposte
    1. Marcus, le cose che dici non mi stupiscono affatto, sono al corrente anche dell'ipotesi di estinzione della megafauna da parte dei primi gruppi di homo che colonizzarono il continente americano.
      sapevo anche che alcune (poche) tribù erano stanziali, il resto mi è nuovo ma facile da immaginare ed accettare.
      ad esempio posso aggiungere che alcune tribù indiane davano fuoco sistematicamente ad aree boschive, per motivi presumibilmente di coltivazione.

      io non voglio fare un discorso di perfezione o coerenza.

      "col passare del tempo, tutte le tribù/civiltà avrebbero raggiunto il grado di distruzione, espansione, sfruttamento della nostra civiltà attuale?"

      io a questa domanda rispondo di no, o per lo meno.. non è detto.
      credo che dai nativi americani, e da molte civiltà che sono state cancellate dall'espansione dell' "uomo bianco", SUL PIANO DELLA SOSTENIBILITA' (mantenimento a lungo termine della civiltà umana e del maggior numero possibile di relazioni ecologiche e di biodiversità nell'ambiente "naturale"), lasciando da parte i discorsi etici di altro tipo, abbiamo molto da imparare.

      e, come detto, ciò dipende dal paradigma, o dai paradigmi, che si hanno.
      se pensiamo ai loro miti, visione di mondo, ecc., comparati coi nostri, è facile, credo, capire come sia per noi fisiologico tendere al massimo tasso di distruzione (massimizzazione dei flussi di energia in termini termodinamici).
      semplice così, questo.

      PS: hanno scoperto una civiltà nella foresta amazzonica, gruppi umani in capanne, visibili a malapena dall'elicottero, qualcosa come 5-6 anni fa.
      non saranno stati buoni selvaggi, ma selvaggi più sotenibili di noi probabilmente sì.

      si può aprire una discussione etica sulle caratteristiche comuni degli esseri umani, sarebbe interessante, ma non credo vada confusa con la questione della sostenibilità.
      inoltre, la sostenibilità perfetta credo sia impossibile, e non si può neanche accomunare chi ha rubato una mela anni fa, e a chi sta rapinando banche..
      a me è evidente la differenza tra noi e i popoli più semplici, ripeto e sottolineo sotto il piano della sostenibilità, nonostante le inevitabili "colpe".

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  17. La trasposizione dei princìpi evoluzionistico-biologici all'ambito storico-sociale risulta tutt'altro che ben fondata: ad es. Thomas H. Huxley (il c.d. "mastino di Darwin") ne legava decisamente la legittimità...

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  18. @ Marcus Prometheus29 giugno 2017 16:41

    Nobile Uomo Rosso è il nome proprio di una persona realmente esistita.
    Era un Lakhota Sioux. 1902-1989

    Chi sono io,

    Sono un Indiano. Sono uno dei figli di Dio.

    E’ ora che noi Indiani diciamo al mondo quello che sappiamo… sulla Natura e su Dio. Perciò vi voglio dire quello che so e chi sono.
    Farete bene ad ascoltare. Avete molto da imparare.

    Sono un Indiano purosangue della riserva di Pine Ridge nel Sud Dakota. Il mio nome indiano è Nobile Uomo Rosso. Era il nome di mio nonno. L’Uomo Bianco l’ha tradotto male trasformandolo in “King” perciò mi chiamano Mathew King, ma il mio vero nome, il mio nome Lakota, è Nobile Uomo Rosso.

    Parlo a nome del popolo Lakota. Voi ci chiamate “Sioux”, ma quello è un nome che ci ha dato l’Uomo Bianco. Il nostro vero nome è “Lakota”, che significa “gente insieme” oppure “alleati”. Questo è il nome che diamo a noi stessi.
    E questo è il nome con cui ci chiama Dio.

    Chiamatemi un capo Lakota. Sono un portavoce dei capi. Dico quello che ho da dire, è il mio dovere. Se non lo dico io, chi lo farà per me?
    Io sono un profeta del Popolo Indiano. Sono in grado di vedere quello che verrà e di predire quello che succederà. Cammino con il Grande Spirito, con Dio, e parlo con Lui. Il Grande Spirito mi guida nella vita.
    Qualche volta viene da me e mi dice che cosa devo dire. Altre volte parlo solo a nome mio, a nome di Matthew King.

    (da“Nobile Uomo Rosso” – Il mondo straordinario di un
    Wisdomkeeper Lakota di Harvey Arden)

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