Questo post di Filippo Musumeci è parte di una serie di storie molto brevi che riprendono figure storiche di scienziati e di filosofi, viste in modo spesso umoristico e satirico. Qui, Musumeci prende bonariamente in giro Darwin e sua moglie, Emma, nota per le sue idee religiose e per la sua critica alle teorie del marito. Il soggetto di questo post è leggermente al di fuori di quello del blog "Effetto Risorse", ma credo che questa passeggiata intorno al concetto di "Darwinismo sociale" sia particolarmente appropriata in relazione ad alcuni concetti che ho esposto riguardo alla reazione umana rispetto al cambiamento climatico. Se la situazione è così brutta come sembra essere, allora la reazione dello straccivendolo descritta da Musumeci è quella più efficace, anche se non necessariamente quella moralmente accettabile. Vedi "Cambiamento Climatico: quanto si può essere disperati?" Per contattare l'autore: film2012ct(spirulina)yahoo.it
Guest Post di Filippo Musumeci
Darwinismo sociale (Titolo originale: Darwinian
Tea-time*).
Down
House, Downe, Kent, UK – 1846 (tarda
primavera):
-Ancora
un po’ di tè, caro?
-Grazie,
Emma; ne prenderò un’altra tazza, se non ti spiace.
Una
perfetta scena di gioiosa vita familiare in un pomeriggio Inglese pieno di
sole. Mentre le voci dei bambini intenti a giocare sulla veranda facevano da
contrappunto al cinguettio dei passeri, la giovane donna servì la bevanda
fumante al marito, che scorreva la pagina del times.
-Scusami
Charles, posso interromperti per qualche minuto?
-Oh …
certamente cara. Cosa posso fare per te?
-Ecco,
c’è una domanda che mi gira in testa da stamane. Ci ho pensato mentre ero
intenta a riordinare i tuoi appunti.
-Si?
-Bene,
come mi hai spiegato tempo addietro, tu sostieni di aver trovato la maniera di
conciliare l’idea della comparsa di forme sempre nuove della vita nel corso del
tempo con l’evidenza mostrata dall’osservazione della natura nel nostro
tempo.
-Infatti,
Emma. Ricordi cosa sostiene monsieur de Lamarck nella sua Philosophie
zoologique? Egli postula l’esistenza di uno sforzo attivo delle creature,
uno slancio vitale che le spingerebbe a migliorare se stesse, chi in
maggiore chi in minor misura, una spinta ad ottenere più cibo, più spazio
vitale e … un maggior numero di piccoli, naturalmente. Questo impulso, in modi
che non conosciamo nei dettagli, avrebbe affinato nel corso del tempo i
corpi dei più sagaci e determinati tra loro, come un rasoio viene affilato
dalla mola; nel corso di molte generazioni, questo processo renderebbe i loro
muscoli più forti e scattanti, i sensi più acuti e le menti più pronte, fino a
quando l’ennesima generazione discendente dai migliori esemplari della specie
diverrebbe così diversa dai discendenti dei meno dotati da costituire, di
fatto, una specie separata. Qualcuno sostiene anche che si tratterebbe di una
specie migliore della sua progenitrice. Tuttavia io non sono tra
costoro; in quale senso una giraffa sarebbe migliore di un daino, infatti?
-Solo
che questa idea contrasta con quanto è scritto nella Genesi.
-Emma
cara, anche il fatto che la Terra ed i pianeti orbitano intorno al Sole
contrasta con le Scritture. Eppure, Newton ha dimostrato che il mondo va così.
Non possiamo certo reprimere ogni aspirazione alla conoscenza della natura e
delle sue leggi, e rimanere vincolati da parole scritte migliaia di anni fa da
uomini che probabilmente non conoscevano neppure la più elementare geometria,
per quanto, essendo divinamente ispirate, esse meritino comunque il nostro
rispetto. Che ne sarebbe allora del progresso? Che ne sarebbe del nostro
dominio sui mari, sui popoli selvaggi, della nostra civiltà? La Bibbia
non è un libro di filosofia naturale, ecco tutto, con buona pace di quel
che ci vorrebbero imporre il Papa o l’arcivescovo di Canterbury. So come la
pensi su queste cose, mia cara, ma ti assicuro ...
-Oh,
no Charles. Non temere, non si tratta dei miei soliti timori. Stavolta non
intendo affatto ammonirti a proposito
delle conseguenze che il tuo lavoro potrebbe avere per te. Quel che non mi da
pace è una cosa diversa.
-Allora
spiegati meglio.
-Ecco,
tu concordi con coloro che attribuiscono a questo nostro mondo una età ben più
lunga di quella riconosciuta dalle genealogie della Bibbia; fino a questo
punto, sono d’accordo anch’io.
-Non
si tratta di concordare, Emma, ma di riconoscere l’evidenza. Come il professor
Lyell e molti altri hanno dimostrato oltre ogni dubbio, non c’è modo naturale
in cui le montagne, i letti dei fiumi, le grandi pianure, possano essersi
formate in un tempo così breve. Occorrono milioni di anni, cosa che corrisponde
a milioni di generazioni della vita.
-Lo
so, caro. Ho detto che questo mi trova perfettamente d’accordo.
-Anche
la spontanea apparizione di esseri che, nati da genitori tipici di una
specie, mostrano tuttavia una complexion che non corrisponde a quella
canonica della loro specie, è una realtà indiscutibile. Troppe testimonianze
autorevoli e troppi reperti la confermano, per poterne dubitare.
-Non
sarò io a metterlo in dubbio, Charles. Dopotutto, non hai sposato una contadina
ignorante che si segna e invoca la Beata Vergine quando nasce un vitellino con
due teste. Quel che mi rende perplessa invece, è la tua spiegazione della forza
che chiami selezione naturale.
-Ti
rende perplessa? Ma se quella è la parte della mia tesi che ha le fondamenta
più salde. Emma, io sto rimandando da anni la pubblicazione perché so molto
bene come verrò criticato e attaccato da ogni parte: dai bigotti, dagli
umanisti, dai filosofi di scuola Francese, dai socialisti. Cerco una conferma
dopo l’altra, in ogni possibile forma vivente, animale o vegetale, che colleghi
le specie l’una all’altra, che ne mostri la derivazione, lo sviluppo. Voglio
rendere le mie tesi inattaccabili, a costo di farne un testo così monumentale
da indurre alla noia. Ma il processo della selezione naturale è il solo punto
ineccepibile, basato su una logica ferrea. Infatti è il solo su cui tutti gli
amici che ho messo a parte del mio lavoro abbiano concordato in modo unanime.
-Ma
Charles, io non discuto affatto la validità scientifica di questa “selezione
naturale”. E’ il suo aspetto morale che non condivido.
-Morale?
-Si,
caro. Non ti accorgi che essa fa sì che il successo sia determinato dalle
peggiori qualità morali?
-Adesso
sono io a restare confuso, Emma. Vuoi spiegarti meglio?
-Beh
… posso raccontati una storia che ho sentito da un’amica?
-Fai
pure.
-Bene,
ma ti avverto che non è una storia che sta bene sulle labbra di una signora.
-Oh,…
qualcosa di licenzioso, Emma cara? Stavolta mi hai proprio incuriosito.
-No,
non proprio. Si svolge in India. Potremmo chiamarla una storia proprio così*.
-Sentiamo.
“Nel folto della jungla, due uomini corrono a rotta di collo, inseguiti da una ferocissima tigre mangiatrice d’uomini. Vengono dallo stesso villaggio ma non viaggiavano insieme; non prima di questo assai spiacevole incontro, almeno.Uno di essi è un sacerdote indù della casta più elevata, Sanjay Savitar Sekar, il cui nome significa raggio di Sole vittorioso sul picco**. L’altro è uno straccivendolo sudicio chiamato Naveen Naga, che vuol dire novello serpente; e ti assicuro che mai nome fu più azzeccato di questo.A un certo punto, il più intelligente tra i due dice all’altro: -Temo che siamo spacciati, amico Naveen. Ormai siamo troppo lontani dal villaggio per ricevere soccorso gridando aiuto, e sai bene che non c’è uomo che corra più veloce di queste bestiacce, quando sono affamate. Tra un minuto buono ci avrà raggiunti, e per noi sarà la fine.Lo straccivendolo, che corre al suo fianco, sembra pensarci per qualche secondo. Poi, d’improvviso, allunga il piede a fare lo sgambetto al bramino, che cade rovinosamente gridando per la sorpresa, e prosegue nella sua corsa spedito come prima”.
-Oh
Emma, ma ti sembra una bella storia questa? Mi raccomando, non raccontare mai
nulla del genere ai bambini.
-Non
ne ho alcuna intenzione Charles, credimi. Ma tu cosa ne dici? Non vedi come
questa stupida storia esemplifichi l’aspetto morale della tua “selezione
naturale”?
-In
effetti può darsi che lo faccia, in un certo senso. Però c’è qualcosa che non
mi è affatto chiaro. Mi sembrava di aver capito che il sacerdote è il più
intelligente dei due, non è così che hai detto?
-Infatti,
caro. L’altro, lo straccivendolo, è solo il più carogna; ma è lui a
sopravvivere. Del resto, non c’è da stupirsene. Tu, ad esempio, sei
certamente più intelligente di me, Charles, ma suppongo che ricordi bene come
va a finire ogni volta ci sfidiamo al Backgammon.
-D’accordo,
Emma; anche questa volta la vittoria è tua. Ah, se penso che sei tu a
temere che io possa meritare la dannazione eterna per la mia poca fede
...
Note
Il titolo originale è un omaggio al bellissimo racconto Biliardo darwiniano o L’eterno interrogativo (Darwinian pool room - 1950) di Isaac Asimov.
Le Storie proprio così (just so stories for little children) sono racconti fantastici per bambini della narrativa Inglese d’epoca vittoriana/edoardiana. Ne fu autore Rudyard Kipling (prima pubblicaz. 1902) ed hanno di solito, ma non sempre, per protagonista un animale, del quale un aneddoto mitico spiega come esso abbia acquisito una particolare caratteristica, attraverso un intervento di tipo magico o per intervento dell’uomo, oppure come avvenne per la prima volta un determinato evento o come l’uomo inventò qualcosa. Eccone alcuni esempi:
Come nacque la paura – (1895) in “Il secondo libro della jungla”;
La triste storia del vecchio padre canguro;
Come la balena ebbe la gola stretta;
Come fu scritta la prima lettera;
Come il leopardo ebbe le sue macchie.
I
significati dei nomi Hindi sono autentici.
Ritengo
che questa storia di fantasia meriti un commento:
Il
“Darwinismo”, termine che descrive l’insieme delle teorie che si fanno risalire
a Darwin e Wallace da una parte con i successivi contributi da parte di Mendel,
Morgan, Müller e di tutti i biologi evoluzionisti e i genetisti fino ad oggi, è notoriamente
materia di grandi e inestinguibili controversie, e lo è fin dall’inizio;
soprattutto quando Darwin pubblicherà (il racconto precede quel momento) i suoi
risultati circa l’origine dell’Uomo. Ora, questa controversia non si è
sviluppata tanto in sede scientifica e accademica, ma nell’ambito politico.
I
detrattori di Darwin e delle sue idee sostenevano che esse fossero false perché
negavano la creazione divina dei regni della natura vivente e, in special modo,
quella dell’Uomo. Col passare degli anni, l’accumularsi delle osservazioni,
degli esperimenti, ha costretto tutti tranne i più facinorosi (quelli pronti a
negare perfino l’evidenza dei sensi pur di difendere le loro posizioni a
priori) ad ammettere che il binomio mutazioni casuali-selezione naturale
è dimostratamente in atto nel mondo naturale. Essi si sono perciò rifugiati su
posizioni di retroguardia (ricordiamo l’Intelligent Design di oggi, il Lamarckismo,
il Micurinismo di Lysenko) e su tutta una serie di teorie che vorrebbero
rimpiazzare l’evoluzionismo.
Quel
che gli “avversari” dell’evoluzione non riescono a digerire della teoria – sul
piano, appunto, delle idee – sono due punti in particolare:
1) la
casualità delle mutazioni, che per loro è una negazione del “piano
divino”, se il loro attacco parte da posizioni di fede cristiana, islamica o
ebraica, oppure la negazione di una qualche idea di “progresso naturale” nella
storia (appunto, naturale) del mondo.
2)l’origine
dell’uomo da animali inferiori mediante accidenti naturali, che,
come al punto 1), negherebbe Dio o la “dignita umana” o entrambe.
Ora,
non vi è chi non veda in questi attacchi, la vera ragione, quella psicologica.
Darwin e i suoi continuatori hanno leso non tanto l’Onnipotente e la nostra
fede in Lui, quanto la nostra vanità. E nel frattempo, impegnati a
polemizzare su di essa, non ci accorgiamo che l’evoluzione contiene in sé idee
che hanno la forza dirompente di una bomba (e in confronto alle quali i
suesposti punti 1) e 2) fanno l’effetto di innocui petardi).
Cominciamo
dal punto 2). Posto che uno sia credente, mi chiedo chi mai potrebbe proibire a
Nostro Signore di “creare” l’uomo a partire da “animali inferiori”, e mediante
i lunghi processi naturali esposti dagli evoluzionisti? Solo la nostra
vanità, è la risposta.
Il
fatto che la Bibbia descriva le cose in modo diverso, non fa testo, dato che la
Bibbia descrive parecchie cose a modo suo (che è, in verità, il modo in cui la
gente comune immaginava il mondo tre o quattromila anni fa), a cominciare
dall’universo e dal sistema solare. Se dobbiamo stare al passo con la Bibbia,
beh, allora buttiamo via anche Galileo e Copernico, anche Harvey e la circolazione
del sangue, insieme a TUTTA la ricerca scientifica fin da prima di Aristotele.
Impediamo, anzi, ogni ricerca scientifica, aboliamola per sempre. Nella Bibbia
(o nel Corano, magari) ci sono già tutte le risposte, giusto? Inginocchiamoci e
preghiamo invece, fratelli. Smettiamo di cercare “verità” ulteriori, che
possono mettere in pericolo le nostre anime. Finis.
Se
invece decidiamo di continuare a cercare una qualche verità con i mezzi
naturali che abbiamo (la nostra testa) non ci sono altre alternative; finché
non troviamo qualcosa di meno zoppicante dell’evoluzione, dovremo
tenercela; un po’ come per le libere elezioni.
L’evoluzione
dell’uomo dalla scimmia urta la sensibilità di molti perché il nostro
immaginario collettivo, in realtà, non è affatto cristiano (né musulmano o
ebraico); è hollywoodiano. La nostra vanità pretenderebbe che le vicende
narrate nella Genesi fossero ambientate non sulla Terra ma sul pianeta
Kripton, con tutti quei meravigliosi effetti speciali in funzione, le luci
colorate e in sottofondo il miglior Beethoven, ché la creazione dell’uomo non
merita meno. Non paghi di esserci autoinnalzati a sapiens, in realtà
crediamo di essere già Homo Superior, come i mutanti del fumetto X-Men. Il
fatto che il Salvatore dei cristiani sia nato figlio di un falegname qualsiasi
e non di un re (o che il Profeta Muhammad fosse un cammelliere, non un
principe) non dice nulla alla dura cervice che ci contraddistingue (qualcuno ha
scritto che l’Uomo sembra essere progettato apposta per non credere
nell’evoluzione). Tengo comunque a ripetere che la fede non proibisce a nessuno
di pensare che l’evoluzione sia parte integrante del “piano divino”, qualunque
esso sia.
Veniamo
poi al punto 1). La casualità delle mutazioni. Mi meraviglia il fatto che
questo concetto (il caso) possa urtare chi dice di credere in un dio onnipotente
ed onnisciente. Possibile che non vi venga in mente che il caso possa
essere tale per noi umani, che osserviamo gli eventi coi nostri sensi
imperfetti e li interpretiamo col nostro intelletto imperfetto, ma giammai potrà
essere tale per il Creatore? Chi può tutto, sa tutto, vede tutto (e fa
tutto, tutto quel che accade: “non muove foglia che Dio non voglia”, ricordate)
non può, per definizione, essere soggetto alla casualità, a meno che non lo
voglia Egli stesso. Anzi, qualcuno ha scritto che “Il caso” è lo pseudonimo
che Dio usa quando non vuole che gli venga attribuito il merito (o magari la
colpa) delle Sue azioni. Perciò, chi ha fede, può benissimo riconoscere la
casualità delle mutazioni senza per questo rifuggire al pensiero che il mondo e
l’umanità siano in balia del caso, vale a dire di un volgare fenomeno
asettico e anaffettivo, privo di legge, di volontà, di amore.
La
Selezione Naturale, invece, è cosa ben diversa; è una brutta bestia, la
selezione naturale. Con essa, il darwinismo ci condanna a combattere senza
pietà, che lo vogliamo o meno. E’ una guerra di tutti contro tutti, (anche se
non viene combattuta solo ed esclusivamente con armi che feriscono e uccidono,
tuttaltro), dalla quale non si può uscire in nessun modo. Se ci pensate bene,
“sopravvivenza del più adatto” significa anche che il meno adatto soccombe;
e il meno adatto potreste essere proprio voi, se non vi date da fare (ad
esempio, secondo i naturalisti, nella maggior parte delle specie di mammiferi,
un buon terzo dei maschi muore privo di discendenza perché, semplicemente, non
riesce mai ad accoppiarsi nel corso della sua breve vita; le lotte tra maschi,
anche quando sono incruente come un torneo di braccio di ferro, ottengono
questo bel risultato).
Le
religioni ci abituano sì a sentirci attori in una sorta di campo di battaglia,
ma quest’ultimo è di natura morale; la lotta (eterna) tra il Bene
e il Male. Nell’evoluzione invece il successo si misura in questa vita, in
termini puramente materiali. “Massimizzare il proprio successo riproduttivo” è
la legge ferrea, vale a dire quanti più figli possibile, il più in salute
possibile, e non conta con quali mezzi si arrivi all’obiettivo. Non ha
importanza chi inganni, tradisci, sfrutti, depredi o uccidi.
Questo
è davvero un concetto che si scontra frontalmente con l’essenza di ogni
religione. Inconciliabile, nel vero senso della parola.
Del
resto ricordiamo che Hitler e i suoi nazisti si facevano vanto che la loro
ideologia fosse l’unica pienamente conforme all’evoluzione (in quanto
virilmente priva di “illusioni romantiche” e sentimentalismi umanitari e
“cristiani”), che essi sostenevano essere una suprema legge di natura, alla
quale era giusto inchinarsi. E cosa prendevano a esempio dall’evoluzione? La
casualità delle mutazioni non li interessava più di tanto, anzi, si riempivano
la bocca di parole come “destino” e “progresso” (in senso anche biologico)
dell’Uomo “ariano”. La discendenza dell’Uomo dagli animali li vedeva indifferenti,
quando non larvatamente ostili; erano costretti ad accettarla obtorto collo
per motivi di coerenza con la teoria, ma la casualità, che esclude l’esistenza
di una scala lineare di “superiorità”, faceva a pugni con la loro idea di miglioramento
del genere umano attraverso la lotta (cioè la guerra razziale). Hitler stesso
si riteneva sotto la protezione della divina provvidenza (ad esempio quando
scampava agli attentati). La selezione naturale era invece il loro cavallo di
battaglia ideologico, il principio che avrebbe dovuto rendere giusto il dominio
di una razza sulle altre e l’eliminazione della razza nemica, così come
quella degli imperfetti, come con l’Aktion T4.
Il
concetto di selezione naturale tende a giustificare i peggiori aspetti della
“cultura” e delle ideologie. Può fare da pezza di appoggio al razzismo, allo
schiavismo puro e semplice, all’immutabilità dei rapporti di forza tra le
classi sociali. Ad esempio può sostenere quell’altra ideologia pseudoreligiosa
di destra tipica della classe abbiente Americana e non solo, secondo cui la prosperità
economica, cioè l’essere ricchi sfondati, è un segno tangibile della benevolenza
di Dio verso l’individuo che la possiede; idea molto propagandata, sotto la
quale si nasconde il disgustoso pensiero che Dio voglia più bene ai ricchi e
meno ai poveri. E’ una forma di razzismo anche questa, oppure può fare da
appoggio ideologico al principio che nulla e nessuno debba frenare la libera
concorrenza (no regulations), per il quale sul libero mercato ogni
cosa è lecita, ogni cosa (e di conseguenza ogni persona) ha un prezzo, è merce,
e che se nella corsa al denaro fallisci, se precipiti nella miseria, è colpa
tua. Questo modo di considerare le cose confonde volutamente la corsa al
successo con il bisogno elementare di vivere, di essere liberi di
scegliere, e di consumare quel minimo necessario a vivere in modo decente
che ogni essere umano ha in quanto creatura viva, negando brutalmente il
secondo.
Se
vogliamo, la selezione naturale dà torto anche a chi si rende conto che abbiamo
raggiunto i limiti fisici di sfruttamento delle risorse e invoca il
contenimento dei nostri appetiti, una decrescita individuale e
collettiva. Il saccheggio delle risorse naturali, l’estinzione delle specie, la
trasformazione dell’ambiente vitale in un ambiente letale, inquinato e
surriscaldato, non sono forse cose
normali, conformi alla selezione naturale? Non è forse vero che tutte le
specie prima o poi si estinguono, ma nessuna ha mai scelto consapevolmente e
spontaneamente di “decrescere”? Non è forse vero che il primo “inquinante” fu
l’ossigeno, e portò quasi all’estinzione gli organismi anaerobici di allora,
che oggi possono sopravvivere solo in piccole nicchie ecologiche, ad esempio
nel tetano?
A
vederla in maniera evoluzionisticamente corretta, hanno financo ragione
i popoli del terzo mondo quando fanno una caterva di figli per ciascuno, e
abbiamo torto noi occidentali ricchi a crescita zero. Verrà, l’ecatombe, la
sesta estinzione di massa, e con questo? Se qualche Homo Sapiens sopravviverà, sono
loro, con il loro tasso insostenibile di incremento della popolazione, ad avere
più probabilità di noi di restare vivi (sempre intendendo la specie, non il
singolo individuo. Anzi, in questo caso la razza; ecco il tema nazista che
ricompare), e ripopoleranno la Terra (mentre noi periremo, si sottintende). E
se questo li fa vivere in miseria con grandi sofferenze, ebbene la selezione
naturale non è un pranzo di gala.
Ma la
selezione naturale è una condanna senza appello? Siamo anche noi suoi schiavi,
come lo è il resto del mondo biologico? E’ fisicamente impossibile
sfuggirle nello stesso senso in cui è impossibile superare la velocità della
luce? Non ne sono certo al di là di ogni dubbio, ma temo proprio di sì.
Se
per semplificare le cose volessimo paragonare l’Uomo, come individuo, ad una
multinazionale, una grande impresa commerciale, allora in essa tutti i posti
sia del Consiglio di Amministrazione che dell’Assemblea degli Azionisti
sarebbero occupati dalle ambizioni e dalle fisime, dagli istinti atavici e
dagli appetiti, da quello che Freud chiamava il principio del piacere e
dalla brama shakespeariana di potere. La ragione, di cui tanto ci
piace vantarci, svolgerebbe in azienda un ruolo molto subordinato, diciamo
quello del Reparto Contabilità; il suo vero compito è sempre stato quello di
rappezzare a posteriori una scusa che giustifichi il nostro
comportamento di fronte agli altri e alla nostra vanità, ma quanto a potere
decisionale, ZERO.
Questo
ci porta anche ad una diversa considerazione, a proposito della nostra intelligenza.
Essa non è, come tendiamo a vantarci, di tipo galileiano, fatta per
esplorare il mondo e trarne delle regole di funzionamento, ma è invece machiavellica,
destinata a fottere il prossimo (ed anche a fottere il mondo, in senso lato).
La scienza, l’arte, la filosofia, la letteratura, ne sono più che altro dei
sottoprodotti, dei tools di programmazione sviluppati al servizio del
vero obiettivo, quello indicato dalla selezione naturale. Nei primi minuti di
“2001 Odissea nello spazio” di Kubrik c’è una scena emblematica: l’ominide
prescelto subisce la misteriosa azione del monolite alieno che “cambia la sua
mente”, facendo scattare in essa l’idea nuova dell’uso dello strumento
(un po’ datato come esempio emblematico; già ai tempi si sapeva che parecchie
specie di scimmie, e non solo antropomorfe, usano bastoni e pietre, ma
Hollywood ha il suo modo di fare le cose). Ma è nella scena successiva che si
rivela la morale della favola. Che uso fa il protagonista della sua nuova
capacità? Ovviamente se ne servirà come arma, per colpire a morte i
membri del branco avversario nella disputa per la sorgente d’acqua (fottere il
prossimo) e poi per uccidere quei tapiri che rappresentano simbolicamente tutte
le altre specie animali (fottere il mondo). Ed è quello che stiamo ancora
facendo, alla grande.
A
volte vorrei che Charles Darwin fosse vissuto ancora per diversi anni, e che
invece di occuparsi di studiare, ad esempio, i cirripedi, l’allevamento di
animali o le espressioni fisiognomiche del volto e il linguaggio del corpo,
avesse affrontato di petto questo problema. Darwin è morto, e questa è solo
materia per gli universi alternativi della fantascienza, ma sarebbe ora che
qualcuno si occupasse della cosa con il suo estremo rigore scientifico.