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lunedì 15 giugno 2015

Il futuro della razza umana: estinzione o alveare umano?

Da “Resource Crisis”. Traduzione di MR

Di Ugo Bardi

Questo post è il risultato di una discussione iniziata da RE di Doomstead diner 



“L'alveare di Hellstrom”, scritto da Frank Herbert nel 1973, è una delle poche disamine solide di come una società umana “eusociale” potrebbe  essere modellata sulla base dello stile di vita degli insetti sociali, come le api e le formiche. Potrebbe essere questo che il futuro remoto ha in serbo per la razza umana? E' impossibile dirlo ma io, per quanto mi riguarda, do il benvenuto ai nostri nuovi signori dell'alveare. 


Non ho dubbi sul fatto che siamo diretti a tutta velocità verso un grande collasso dell'ecosistema. Stiamo distruggendo il clima e la biosfera, avvelenando i mari, disperdendo metalli pesanti ovunque, creando isotopi radioattivi che non sono mai esistiti nei 4 miliardi di anni della storia della terra. Qualsiasi cosa accadrà, non sarà una bel vedere per coloro che saranno vivi per vederla.

Ma il collasso in arrivo significa la fine della specie umana? Questo non può essere escluso e il concetto di “Estinzione a Breve Termine” (Near Term Extinction -NTE) è persino diventato piuttosto popolare oggigiorno (*). Ma il problema rispetto all'estinzione umana non è quanto sia probabile. Il problema è che è noiosa. Ci estinguiamo ed è tutto, fine della storia. Potremmo persino distruggere l'ecosistema così gravemente da sterilizzare l'intero pianeta, facendo morire tutto il resto con noi. Ancora più noioso, non credete?

Eppure, il futuro rimane un soggetto affascinante e il futuro remoto (o “profondo”) è quello più affascinante. Supponiamo quindi che non muoiano tutti nel grande collasso; quale futuro è in serbo per l'Homo Sapiens? (**).

Come prima ipotesi, il grande collasso potrebbe non essere così grande, dopotutto. Potrebbe essere soltanto un sobbalzo nel cammino verso il futuro, più o meno come è stato il medioevo per l'Europa. Quindi gli esseri umani potrebbero riemergere nel dopo-collasso ancora come qualche miliardo di persone e avendo ancora gran parte delle tecnologie che abbiamo oggi. Potrebbero avere energia dalle rinnovabili a sufficienza per andare avanti sotto forma di società industriale. Ma ciò implicherebbe una capacità di pianificazione a lungo termine che non pare che abbiamo.

Più probabilmente, gli esseri umani riemergerebbero dalla grande transizione come pochi, poveri e malconci. Si ritroverebbero bloccati su un pianeta gravemente esaurito in quanto ad energia e risorse minerali rispetto a quelle che avevano prima del collasso. Cosa potrebbe accadere loro, quindi?

Molto dipende da quale sarà il clima del dopo-collasso. Dopo il grande “impulso” di riscaldamento generato dalla combustione di combustibili fossili, la Terra rimarrà molto calda per un lungo periodo – perlomeno per qualche migliaio di anni. Gradualmente, si raffredderà ma mano che il biossido di carbonio atmosferico creato dalla rivoluzione industriale verrà riassorbito – molto gradualmente – nella crosta terrestre. Potrebbero anche volerci centinaia di migliaia di anni per tornare alla concentrazione di CO2 preindustriali. Solo a quel punto potremmo avere le condizioni climatiche che erano tipiche di una Terra imperturbata dalle attività umane; forse con un ritorno alla serie di ere glaciali del “Pleistocene”, che erano state la regola per circa 2,5 milioni di anni.

Quindi possiamo dire che i nostri discendenti del dopo-collasso (se ce ne saranno) vivranno in un clima caldo, probabilmente estremamente caldo. Ma la Terra è grande, quindi sarebbe possibile che trovino delle aree sufficientemente fresche in cui potrebbero sopravvivere, forse nell'estremo nord o persino in Antartide. Nel complesso, possiamo aspettarci che, dopo il grande collasso l'umanità potrebbe affrontare diverse decine di migliaia di anni di condizioni in cui si può sopravvivere, forse anche qualche centinaio di migliaia di anni.

Possono succedere molte cose in diverse decine di migliaia di anni, ma possiamo essere ragionevolmente certi di una: gli esseri umani non vedranno un'altra rivoluzione industriale. I combustibili fossili saranno un ricordo e ci vorranno milioni di anni, come minimo, perché l'ecosistema li ricrei. Il mondo del dopo-collasso sarà quindi gravemente esaurito in quanto a risorse minerali. I nostri discendenti non avranno miniere, anche se potranno recuperare ciò che i loro predecessori hanno lasciato fra le rovine delle loro città. Avranno moltissimo ferro proveniente dagli scheletri dei vecchi ponti ed edifici, forse potranno mettere le mani su qualche antico caveau pieno di lingotti d'oro. Il loro limite sarà il carbone vegetale che servirà loro per lavorare il metallo che recuperano. Per loro, i metalli saranno sempre rari e costosi.

Possiamo quindi immaginare che gli esseri umani futuri dovranno stabilire stili di vita semplici. Forse dovranno tornare ad essere cacciatori-raccoglitori, ma potrebbero anche essere in grado di coltivare la terra, anche se non possiamo essere certi che il clima futuro sarà sufficientemente stabile per farlo. Qualsiasi cosa accadrà sarà un mondo a bassa tecnologia. Non sembra un futuro molto stimolante. La caccia-raccolta da parte degli ominidi è andata avanti per milioni di anni, sempre più o meno uguale, E le società agricole sono statiche, gerarchiche, oppressive e sono sempre state descritte come “contadini governati da briganti” (attribuito ad Alfred Duggan). E' questo che dobbiamo aspettarci nei prossimi 100.000 anni? Non necessariamente.

Il fatto è che gli esseri umani possono evolvere. E  possono evolvere velocemente, cambiando in modo sostanziale in poche migliaia di anni. I risultati della ricerca genomica hanno aperto un vaso di Pandora di scoperte. I nostri antenati si sono evoluti, oh sì, lo hanno fatto! L'idea che siamo ancora gli stessi tipi che cacciavano i mammut durante l'era glaciale richiede urgentemente un aggiornamento. Siamo simili a loro, ma non gli stessi, niente affatto. Sono successe molte cose agli esseri umani durante la transizione da cacciatori-raccoglitori ad agricoltori ed allevatori. Abbiamo perso un buon 3-4% di capacità cranica, molti di noi sono diventati capaci di digerire il latte, abbiamo sviluppato una resistenza a molte malattie e la capacità di vivere di una dieta che è stata molto diversa e molto più povera di quella dei cacciatori-raccoglitori. Questi cambiamenti sono stati genetici, risultato della necessità di adattarsi a diversi stili di vita ed a società più complesse.

Quindi, se gli esseri umani possono sopravvivere al grande collasso ed andare avanti per altri millenni – forse molti più millenni – c'è un sacco di tempo per altri cambiamenti. Infatti gli esseri umani cambieranno tanto in un lasso di tempo così lungo. Come cambieranno? Naturalmente, è una domanda difficile, ma possiamo identificare almeno qualche tendenza. In particolare, possiamo immaginare che alcune tendenze presenti, che oggi siamo portati a vedere come principalmente culturali, alla fine potrebbero diventare inscritti al genoma umano.

Una cosa che potrebbe succedere è che la razza umana possa speciare. Vale a dire, potrebbe gradualmente suddividersi in due o più specie, talmente diverse che i membri di una potrebbero non essere in grado di procreare con quelli dell'altra. Abbiamo già visto specializzazioni considerevolmente divergenti fra almeno tre diversi gruppi umani: cacciatori-raccoglitori, allevatori e agricoltori. Ognuna di  quete tre branche sfrutta diverse nicchie ecologiche/economiche ed ha sviluppato adattamenti culturali (in parte anche genetici) ai diversi stili di vita. Estrapolate questa tendenza nel lontano futuro ed avete due (o anche tre) specie di ominidi coesistenti sul nostro pianeta, ripetendo la situazione che era comune molto tempo fa, quando diversi ominidi coesistevano. I Neanderthal e i Sapiens, infatti, hanno vissuto in tempi sovrapposti ed avevano capacità limitate (anche se non nulle) di riprodursi fra loro.

Se il futuro vedrà più di una specie di “homo”, allora ognuna si specializzerà indipendentemente e si adatterà al suo ambiente. I cacciatori-raccoglitori probabilmente torneranno ad essere i già ottimizzati costruttori di attrezzi del Pleistocene. Gli allevatori diventeranno sempre più esperti delle loro vite da nomadi in aree che sono poco produttive per l'agricoltura. Gli agricoltori continueranno a vivere in villaggi e città con alte densità di popolazione. Costruiranno città, templi e palazzi. Creeranno eserciti, si combatteranno fra loro e costruiranno regni ed imperi. Ed è qui che le cose hanno una possibilità di farsi interessanti.

L'evoluzione genetica e culturale passata degli esseri umani agricoli è stata per tutto il tempo lo sviluppo di caratteristiche più “sociali”: un aumento della capacità di vivere in grandi gruppi di categorie molto differenziate (agricoltori, soldati, artigiani, preti...). Se la tendenza continua, potremmo vedere alcune caratteristiche culturali diventare sempre più incorporate nel genoma della specie. Sul (molto) lungo termine, potremmo assistere alla nascita di una razza umana “eusociale”, lo stesso tipo di struttura sociale di api, formiche e termiti. Vale a dire, una società di lavoratori e soldati sterili, “regine” che generano gran parte degli individui e maschi stupidi (in quanto a quest'ultima caratteristica, siamo già piuttosto avanti). Non è impossibile. Esistono già dei mammiferi la cui organizzazione sociale è eusociale, uno è la talpa nuda dell'Africa Centrale. Quindi, forse il futuro degli esseri umani non comporterà aggeggi tecnologici avanzati (di cui siamo così appassionati) ma, piuttosto, comporterà ingegneria sociale avanzata, con lo sviluppo di società sempre più efficienti e stratificate.

Il futuro dell'umanità è un alveare? Non possiamo dirlo, ma sembra sempre più probabile che alcuni dei vecchi modi di vedere il futuro ora siano del tutto obsoleti. Probabilmente, i nostri discendenti non avranno macchine volanti, niente navi spaziali, niente maggiordomi robot che portano loro dei cocktail mentre si rilassano ai bordi della piscina. Ma i poteri di un alveare umano potrebbero essere comunque impressionanti anche senza i gadget dei nostri tempi. Forse la “superintelligenza” che alcuni vedono svilupparsi nei nostri computer potrebbe in realtà apparire in una organizzazione umana eusociale (questo è uno dei temi del racconto di Frank Herbert “L'alveare di Hellstrom”). Queste entità superintelligenti eviteranno gli errori che abbiamo fatto noi? Non possiamo dirlo. Naturalmente questa è una cosa che nessuno di noi vedrà mai, ma l'interesse per il futuro è parte del fatto di essere umani e, forse, i nostri discendenti dell'alveare avranno a loro volta questa caratteristica.

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L'opinione di Geroge Mobus sull'evoluzione futura della razza umana

George Mobus  ha contribuito alla discussione iniziata da RE di doomstead diner con queste considerazioni che riproduco qui col suo permesso. 

Rispetto alle idee sull'estinzione come possibile risultato, vorrei ripetere che l'estinzione di specie apparentemente è inevitabile. Circa il 99% di tutte le specie che sono mai esistite (si stima) che si siano estinte e che l'attuale lotto di biodiversità non ha probabilmente più di un milioni di anni, in media.

Ma ci sono percorsi alternativi all'estinzione e dei conseguenti risultati alternativi. Molto ha a che fare con “l'evolvibilità” della riserva di specie. Ho postato un pezzo su quest'idea qualche tempo fa.

L'evoluzione umana è ancora in corso, ma è strettamente legata all'evoluzione culturale, cioè la co-evoluzione sta guidando la selezione reciproca sia nel mondo della specie biologica che in quello del mondo artefatto costruito dagli esseri umani. L'evoluzione biologica è ancora molto più lenta dell'innovazione culturale a causa di una minore produzione di tasso di novità (vedi mutazione genetica). Ciononostante, noi umani stiamo ancora attraversando adattamenti biologici (non adattamenti individuali) alle influenze culturali.

La capacità di evolvibilità, tuttavia, si permette molti tipi di opportunità che le specie si diffondano anche quando occupano lo stesso ambiente geografico ed ecologico (vedi: http://en.wikipedia.org/wiki/Sympatric_speciation ed un articolo su Scientific American, vol. 312, numero 4 su “La straordinaria evoluzione dei Ciclidi”.

Tutto questo mi porta ad aspettarmi (e sperare) che una qualche forma di ominide, specificamente derivata dal nostro attuale genoma, sopravviverà al quasi certo cambiamento nella devoluzione dovuta al declino dell'energia ed agli stress ambientali dovuti al cambiamento climatico e, col tempo necessario, produrrà una nuova specie di Homo, di fatto forse diverse nuove specie, nei prossimi milioni di anni. Tecnicamente, quindi, l'Homo Sapiens, per come capiamo ora la nostra specie, si estinguerà anche mentre nuove specie continueranno sotto le future condizioni di selezione che ci saranno.

Anche se è speculativo (cercare predire la natura è sempre uno sparo nel buio!), ho usato alcuni schemi evolutivi storici dell'emersione della cooperazione nella storia della vita (dalle origini della vita all'eusocializzazione fra gli esseri umani) per visualizzare alcune possibilità future. Vedete qui. Tutto questo è buono e bello e stimola a pensarci. Ma penso comunque che la preoccupazione immediata sia per le dinamiche del collasso. Il collasso può essere “gestito” in modo da minimizzare, in qualche modo concreto, la sofferenza che ne deriverà?

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(*) Le ragioni della popolarità del concetto di NTE (estinzione a breve termine) sono un tema affascinante in sé stesse. Una ragione potrebbe essere che molti di noi vengono realmente stanchi delle tante cose orribili che stiamo facendo a questo pianeta (e a noi stessi). Così tanto che l'estinzione umana non sembra così terribile, di fatto diventa quasi un sollievo. Ma l'estinzione a breve termine potrebbe essere vista come una forma estrema di BAU. Vale a dire, alcune persone sembrano incapaci di concepire che possa esserci vita per la razza umana in forme diverse da quella attuale. Alcune di queste persone si rifugiano nel BAU tecnologico, nella speranza che l'attuale società possa essere conservata per sempre per mezzo del progresso. Altri sembrano rendersi conto dell'impossibilità del sogno tecnologico e si rifugiano quindi nel nichilismo. E' un po' come i molti cittadini giapponesi che si sono suicidati dopo la resa del Giappone alla fine della seconda Guerra Mondiale. Non potevano concepire un mondo in cui il Giappone era stato sconfitto ed hanno deciso di lasciarlo. 

(**) Le considerazioni qui fatte sulla specie Homo Sapiens sono abbastanza a lungo termine da poter essere applicabili ad altre specie simili. Quindi se gli esseri umani si estinguono, la strada verso l'eusocialità potrebbe essere intrapresa da altri primati, come gli scimpanzé e i bonobo (i secondi potrebbero essere ben più avanzati di noi nelle tecnologie sociali). Anche qualche specie non-primate, le iene per esempio, sono molto avanzate in termini di organizzazione sociale. Poi, ci sono mammiferi che sono già eusociali. Le talpe nude possono conquistare il pianeta? Perché no? 



martedì 7 aprile 2015

Estinzioni: addio alle api, e non solo

Da “Desdemona Despair” 1, 2. Traduzione di MR (h/t Maurizio Tron)

Quasi una specie su dieci di api si sta estinguendo in Europa mentre la situazione di più della metà delle specie rimane sconosciuta – un rapporto di IUCN


19 marzo 2015 (International Union for Conservation of Nature - IUCN) – La prima valutazione mai fatta di tutte le specie di api selvatiche mostra che il 9,2% sono minacciate di estinzione, mentre il 5,2% è probabile che siano minacciate nel prossimo futuro. Un totale del 56.7% delle specie sono classificate come “Dati insufficienti”, in quanto la mancanza di esperti, dati e finanziamento hanno reso impossibile valutare il loro rischio di estinzione.

giovedì 12 marzo 2015

Estinto – più estinto – ancora più estinto

Da “Club Orlov”. Traduzione di MR

David Herbert
Questo blog è dedicato all'idea di presentare il quadro complessivo – il più ampio possibile – di quello che sta succedendo nel mondo. Le rispettive aree di interesse che formano il quadro complessivo includono quanto segue:

1. La decomposizione terminale e il collasso finale della civiltà industriale man mano che i combustibili fossili che la alimentano diventano sempre più costosi da produrre nelle quantità che servono, di qualità delle risorse, dell'energia netta sempre più bassa e, alla fine, della disponibilità sempre minore.

La prima previsione di Hubbert secondo cui il picco della produzione di petrolio assoluto negli Stati Uniti sarebbe stato negli anni 70 era precisa, ma la previsione successiva di un picco globale, seguito da un collasso rapido, intorno al 2000 è stata piuttosto sbagliata, perché sono passati 15 anni e la produzione globale di petrolio non è mai stata più alta. I prezzi del petrolio, che sono stati alti per un periodo, si sono temporaneamente moderati. Tuttavia, zoomando appena un po' nel quadro petrolifero, vediamo che la produzione di petrolio convenzionale ha raggiunto il picco nel 2005 – solo 5 anni in ritardo – ed è in declino da allora, e che il deficit è stato compensato da petrolio più difficile e costoso da ottenere (di alto mare, fracking) e da cose che non sono esattamente petrolio (sabbie bituminose).

Gli attuali prezzi bassi non sono sufficienti per sostenere a lungo la nuova produzione di risorse costose e l'attuale abbondanza comincia a sembrare un banchetto seguito da una carestia. La causa diretta di questa carestia non sarà l'energia ma il debito, ma si può ancora ricondurre all'energia: un'economia industriale in crescita e di successo ha bisogno di energia a buon mercato; l'energia costosa causa l'arresto della sua crescita e la fa impantanare in un debito che non potrà mai essere ripagato. Una volta che la bolla del debito scoppia, non c'è abbastanza capitale da investire in un altro giro di produzione energetica costosa e si avvia la decomposizione terminale.

2. Il processo molto interessante degli USA che si trasformano nella nemesi di loro stessi: una USSR (URRS) 2.0 o, come li chiama qualcuno, gli USSA. (Union of Soviet States of America)

La miglior descrizione degli USA è quella di un cadavere di una nazione in decomposizione dove spadroneggia una cricca di oligarchi che controllano il gregge gestendo metodi Orwelliani di controllo mentale. La popolazione è arrivata ad un punto tale che la maggior parte di essa pensa che le cose siano fantastiche – c'è una ripresa economica, non lo sapete? - ma pochi si rendono conto che hanno tutti problemi personali con cose come la violenza, l'abuso di alcool e droga e l'ingordigia. Ma non chiamatela una nazione di violenti, di drogati e di ingordi, perché sarebbe insultare. In ogni caso, non potete dirgli niente, perché non ascoltano, perché sono troppo occupati a manovrare le loro unità di supporto vitale elettroniche alle quali sono diventati dipendenti. Grazie a Facebook e a cose simili, ora sono penetrati cosi in fondo alla caverna di Platone che anche le ombre che vedono non sono reali: sono simulazioni al computer di ombre di altre simulazioni al computer.

I segni di questo stato avanzato di decomposizione ora sono inconfondibili ovunque si guardi, che sia nell'educazione, nella medicina, nella cultura o nello stato generale della società americana, dove ora per la metà piena degli uomini in età lavorativa la capacità di guadagnarsi una vita decente è compromessa. Ma ora è particolarmente ovvio nell'infinito sommarsi di errori che sono l'essenza della politica estera americana. Alcuni hanno iniziato a chiamarlo “l'impero del caos”, trascurando di menzionare il fatto che un impero del caos è per definizione ingovernabile.

Un esempio particolarmente convincente è il Califfato Islamico, che ora governa ampie aree di Siria ed Iraq. Originariamente è stato organizzato con l'aiuto americano per rovesciare il governo siriano, ma ora invece minaccia la stabilità dell'Arabia Saudita. Questo problema è stato peggiorato molto alienandosi la Russia che, con il suo lungo confine centro asiatico, è la nazione più grande ad essere interessata a combattere l'estremismo islamico. Il meglio che americani sono stati capaci di fare contro il Califfato è stata una campagna di bombardamenti costosa e inefficace. Precedenti campagne di bombardamenti inefficaci e costose, come quella in Cambogia, hanno prodotto conseguenze non volute come il regime genocida di Pol Pot, ma perché disturbarsi a imparare dagli errori quando li si può aggravare senza fine?

Un altro esempio è il caos militarizzato e il collasso economico conclamato che ha ingolfato l'Ucraina sulla scia del rovesciamento violento organizzato dagli americani del suo ultimo governo costituzionale un anno fa. La distruzione dell'Ucraina è stata dal calcolo semplicistico di Zbigniew Brzezinski per cui trasformare l'Ucraina in una zona occupata della NATO e anti Russia avrebbe contrastato efficacemente  le ambizioni imperiali russe. Un grande problema di questo calcolo è che la Russia non ha ambizioni imperiali: la Russia ha tutto il territorio che può desiderare, ma per svilupparlo ha bisogno di pace e libero commercio. Un altro piccolo problema della “scacchiera” di Zbiggy è che la Russia ha la preoccupazione principale di proteggere gli interessi dei russi ovunque vivano e, per ragioni politiche interne, agirà sempre per proteggerli, anche se tali azioni sono illegali e portano il rischio di un grande conflitto militare. Così, la destabilizzazione americana dell'Ucraina non ha ottenuto niente di positivo, ma ha aumentato le possibilità di un auto annullamento nucleare. Ma se gli USA riescono a scomparire dalla mappa politica del mondo senza innescare un olocausto nucleare, abbiamo comunque un problema, che è che...

3. Il clima della Terra, la nostra casa, è, per dirlo nel modo più gentile possibile, completamente fottuto. Ora, ci sono parecchie persone che pensano che alterare radicalmente la chimica e la fisica planetaria dell'atmosfera e dell'oceano, bruciando appena la metà degli idrocarburi fossilizzati estraibili usando metodi industriali, non significhi niente e che ciò che stiamo osservando è solo variabilità climatica naturale. Queste persone sono idioti. Cancellerò ogni singolo commento che faranno a questo post, ma nonostante la mia promessa di farlo, vi assicuro che ne faranno... perché sono idioti. [Aggiornamento: sì, infatti ne hanno fatti, CVD].

Ciò che stiamo vedendo è un episodio estintivo innescato dagli esseri umani che sarà sicuramente al di là di qualsiasi altra cosa nell'esperienza umana e che potrebbe rivaleggiare con il grande evento estintivo del Permiano-Triassico di 252 milioni di anni fa. C'è persino la possibilità che la Terra venga completamente sterilizzata, con un'atmosfera surriscaldata e tossica quanto quella di Venere. Che questi cambiamenti stiano avvenendo non richiede una previsione, solo osservazione. I soli parametri che restano da determinare sono questi:

1. Fino a dove arriverà questo processo

Ci sarà ancora un habitat in cui gli esseri umani possano sopravvivere? Gli esseri umani non possono sopravvivere senza molta acqua potabile e fonti di carboidrati, proteine e grassi, tutte cose che richiedono ecosistemi funzionanti. Gli esseri umani possono sopravvivere con quasi ogni tipo di dieta – persino con cortecce di alberi e insetti – ma se tutta la vegetazione è morta, lo siamo anche noi. Inoltre, non possiamo sopravvivere in qualsiasi ambiente in cui la temperatura di bulbo umido (che tiene conto della nostra capacità di raffreddarci sudando) supera la nostra temperatura corporea: nel momento in cui questo accade, moriamo di colpo di calore Infine, abbiamo bisogno d'aria che possiamo effettivamente respirare: se l'atmosfera diventa troppo carente di ossigeno (perché la vegetazione è morta) e troppo ricca di CO2 e metano (perché la vegetazione morta è bruciata, il permafrost si è scongelato e il metano intrappolato nei clatrati oceanici è stato rilasciato), tutti noi moriamo.

Sappiamo già che l'aumento della temperatura media globale è aumentata di 1°C dai tempi preindustriali e, sulla base della chimica dell'atmosfera alterata, si prevede che alla fine aumenterà di 2°C. Sappiamo anche che l'attività industriale, grazie agli aerosol che immette nell'atmosfera, produce un effetto conosciuto come attenuazione globale. Una volta scomparso questo effetto, la temperatura media farà un salto di almeno altri 1,1°C, Questo ci porrebbe nella gamma dei 3,5°C e nessun essere umano è mai stato vivo in una Terra di 3,5°C al di sopra della temperatura di riferimento. Ma, sapete, c'è una prima volta per tutto. Forse possiamo inventare qualche congegno... Forse se ci mettiamo tutti dei cappelli ad aria condizionata o qualcosa del genere... (Ne facciamo una competizione di design?)

2. Con quale velocità si verificherà questo processo?

La massa termica del pianeta è tale che c'è un ritardo di 40 anni fra quando la chimica atmosferica viene cambiata e quando vengono percepiti i suoi effetti nella temperatura media. Finora siamo stati protetti da alcuni degli effetti da due cose: la fusione del ghiaccio di Artico e Antartide e del permafrost e la capacità dell'oceano di assorbire il calore. La vostra bevanda ghiacciata rimane piacevole finché non si sia sciolto l'ultimo cubetto di ghiaccio, ma poi diventa tiepida e sgradevole piuttosto in fretta. Alcuni scienziati dicono che, all'esterno, ci vorranno 5000 anni perché finiamo i cubetti di ghiaccio, provocando la fine della festa, ma poi le dinamiche degli enormi ghiacciai che alimentano i cubetti di ghiaccio non sono state comprese così bene e ci sono state sorprese continue in termini di quanto rapidamente possano rimuovere gli iceberg, che poi galleggiano in acque più calde e fondono rapidamente.

Ma la sorpresa maggiore degli ultimi anni è stata il tasso di rilascio di metano artico. Forse voi no, ma io ho trovato impossibile ignorare tutti gli scienziati che hanno suonato l'allarme del rilascio del metano dell'Artico. Ciò che chiamano la pistola a clatrati – che può rilasciare circa 50 gigatonnellate di metano in un paio di decenni – sembra essere stata azionata nel 2007 ed ora, pochi anni dopo, la linea di tendenza delle concentrazioni di metano nell'Artico è diventata allarmente. Ma dovremo aspettare almeno altri due anni per avere una risposta autorevole. In generale, il metano contenuto nei clatrati è sufficiente a superare il potenziale di riscaldamento globale di tutti i combustibili fossili bruciati finora di un fattore fra 4 e 40. L'estremo massimo di questa gamma sembra posizionarci a un buon punto sulla strada di un'atmosfera tipo quella di Venere e le specie che sopravvivono potrebbero essere limitate a batteri termofili esotici, sempre che ce ne siano, e sicuramente non comprenderanno le specie che ci piace mangiare, né nessuno di noi.

Vedere tali numeri ha spinto molti ricercatori a proporre la possibilità di un'estinzione umana a breve termine. Le stima variano, ma, in generale, se la pistola a clatrati ha effettivamente sparato, allora la maggior parte di noi non dovrebbe pianificare di essere ancora qua oltre a circa metà secolo. Ma la cosa divertente è (l'umorismo non è mai di cattivo gusto, a prescindere da quanto sia terribile la situazione) che la maggior parte di noi non dovrebbe pianificare di essere ancora qua in ogni caso. L'attuale popolazione umana sovradimensionata è un prodotto della combustione di combustibili fossili e una volta che sono finiti, la popolazione umana collasserà. Si chiama scomparsa ed è una cosa che accade sempre: una popolazione (diciamo, il lievito in una vaschetta di liquido zuccherino) consuma il proprio cibo e poi scompare. Pochi individui più resistenti persistono e se ci buttate un po' di zucchero tornano in vita, cominciano a riprodursi e il processo decolla ancora.

Un altro aspetto divertente dell'estinzione a breve termine dell'umanità è che non può mai essere osservabile, perché nessuno scienziato sarà presente ad osservarlo, pertanto è un concetto non scientifico. Siccome non può essere usata per fare scienza, gli scienziati che la buttano là devono puntare ad un effetto emotivo. Ciò è insolito per gli scienziati, che generalmente sono orgogliosi dei essere razionali e preferiscono avere a che fare con l'osservabile e il misurabile. Allora perché gli scienziati inseguirebbero un effetto emotivo? Chiaramente perché percepiscono che si debba fare qualcosa. E percependo che si debba fare qualcosa, devono anche percepire che si possa fare qualcosa. Ma se è così, di cosa si tratta?

Il tentativo di fare lobby nei governi per limitare le emissioni di carbonio è sempre il primo della lista. Non è stato un successo. Come una delle molte ragioni di ciò, considerate i due punti sopra: gli USA sono uno dei più grandi colpevoli quando si tratta di emissioni di carbonio, ma il cadavere in decomposizione del sistema politico americano è incapace di qualsiasi azione costruttiva. E' troppo occupato a distruggere paesi: Iraq, Libia, Siria, Ucraina...

Seconda in lista è una cosa chiamata geoingegneria. Se non sapete cos'è, non preoccupatevi; è in gran parte un sinonimo di masturbazione mentale. L'idea è che si possano sistemare cose che non si capiscono usando tecnologie che non esistono. Ma data la credenza umana irrazionale secondo cui ogni problema deve avere una soluzione tecnologica, c'è sempre qualche folle disposto a buttarci dei soldi. I tentativi precedenti su questa linea comprendevano l'idea di inseminare gli oceani col ferro per promuovere la crescita del plancton, o di mettere pezzi di stagnola in orbita per riflettere un po' di luce solare, o dipingere il Sahara di bianco. Sono tutti progetti divertenti a cui pensare. Perché non usare armi nucleari per immettere polvere nell'atmosfera per bloccare un po' di luce solare? O perché non nuclearizzare qualche vulcano, per ottenere lo stesso effetto? Se questo è politicamente difficile, perché non fare qualcosa di politicamente facile: uno scambio nucleare limitato?Ciò oscurerebbe i cieli, portando a un mini inverno nucleare e ridurrebbe anche la popolazione, che ridurrebbe l'attività industriale. Ci sono armi nucleari sufficienti a mantenere il pianeta freddo per tutto il tempo che serve a tutti noi per morire di avvelenamento da radiazioni. Questa soluzione geoingegneristica, insieme a tutte le altre, è in linea col detto popolare “Se non puoi risolvere un problema, ingrandiscilo”

E quindi mi pare che tutto il parlare di estinzione umana a breve termine sia soltanto uno sbattere le mani emotivo progettato per motivare le persone a provare cose che non funzioneranno. Tuttavia, credo che valga la pena di ponderare l'argomento per una ragione semplice: e se non vogliamo estinguerci? Abbiamo già stabilito che l'estinzione umana (a prescindere da quando si dica che si verifichi) non sarà mai osservabile, perché nessun essere umano sarà in giro ad osservarla. Sappiamo anche che le scomparse di popolazioni avvengono in continuazione, ma non risultano sempre in estinzione. Quindi, chi e più probabile che morirà e chi potrebbe farcela?

Le prime della lista sono le vittime invisibili della guerra. Ormai tante persone hanno visto foto dei mucchi di soldati ucraini morti lasciati a marcire dopo un altro attacco fallito, o i video dei residenti di Donetsk che muoiono sui marciapiedi dopo essere stati colpiti da colpi di artiglieria o di mortaio lanciati dal governo. Ma non sappiamo quanti bambini e donne stanno morendo nei reparti maternità perché il governo ha bombardato cliniche ed ospedali: tali casualità della guerra sono invisibili. Né ci verrà mostrato un video di tutti i pensionati che espirano prematuramente perché non possono più permettersi il cibo, le medicine o il riscaldamento, ma possiamo star sicuri che molti di loro non ci saranno più da qui a un anno. Quando si tratta di guerra, ci sono solo due strategie praticabili: rifiutarsi di prenderne parte e scappare. Infatti, il milione circa di ucraini che ora sono in Russia, o il milione di siriani che non sono più in Siria, sono quelli intelligenti. Sono gli ucraini che sono combattenti volontari gli idioti, quelli che stanno scappando in Russia per strsene fuori dalla guerra sono quelli intelligenti. “Tuttavia, i russi, che si offrono volontari per proteggere la loro terra e le loro famiglie da ciò che equivale ad un'invasione americana, chiaramente non sono degli idioti. Stanno anche vincendo). In questo senso, la guerra è un processo darwiniano, che porta all'estinzione degli stolti.

Il prossimo della lista degli episodi di estinzione da evitare avviene nelle grandi città durante un'ondata di calore. E' avvenuto in Europa nel 2003 ed ha portato a 70.000 casualità. Nel 2010, un'ondata di calore nella regione di Mosca (che è molto a nord) ha portato a 14.000 morti nella sola Mosca. L'effetto isola di calore urbano, che è causato dalla luce del sole assorbita dalla pavimentazione e dagli edifici, produce temperature locali molto più alte, portandole oltre la soglia del colpo di calore. Mentre l'economia dei combustibili fossili continua a funzionare, le città rimangono vivibili grazie alla disponibilità dell'aria condizionata. Una volta che questa chiude, gli episodi di estinzione da ondata di calore urbana diventeranno diffusi. Visto che il 50% della popolazione vive nelle città, metà della popolazione umana è a rischio di estinzione per colpo di calore. Pertanto, se non vi volete estinguere, non passate l'estate in una città.

La lista di luoghi in cui è meglio che non stiate se volete evitare l'estinzione diventa piuttosto lunga. E' meglio che non viviate in California, per esempio, o negli stati aridi del sudovest, perché è probabile che siano allagati dagli oceani che salgono (alla fine saliranno di oltre 100 metri, mettendo sott'acqua tutte le città costiere). E' meglio che non viviate nella metà est del Nord America, perché, paradossalmente, una regione artica drammaticamente più calda provoca l'andamento ondulato del jet stream, producendo inverni sempre più rigidi che, senza combustibili fossili, causeranno morte diffusa a causa dell'esposizione al freddo. Anche adesso, un po' più di neve, che è probabile che diventi la nuova normalità, ha causato la resa dell'intera infrastruttura dei trasporti del New England (dove, fortunatamente, non mi trovo). Ed è meglio che non viviate nemmeno dove la fonte d'acqua proviene dalla fusione dei ghiacciai, perché i ghiaccia presto non ci saranno più. Questo inclute gran parte del Pakistan, vaste aree dell'India, Bangladesh, Thailandia, Vietnam e così via. L'elenco di posti in cui è meglio non vivere se non ci si vuole estinguere per questa o quella ragione comincia a diventare piuttosto lungo.

Ma tutta le metà settentrionale dell'Eurasia sembra piuttosto bella per i prossimo futuro, quindi se non vi volete estinguere, è meglio che cominciate ad insegnare il Russo ai vostri figli.

mercoledì 21 gennaio 2015

Un dirupo di Seneca in divenire: gli elefanti africani sull'orlo dell'estinzione

Da “Resource Crisis”. Traduzione di MR

Di Ugo Bardi





Il grafico sopra è riferito agli effetti della caccia di frodo agli elefanti africani. Proviene da un saggio recente di Wittemyer et al.  

Una volta che si è dato un nome ad un fenomeno e comprese le sue cause, lo si può usare come guida alla comprensione di molte altre cose. Così, il concetto di “dirupo di Seneca” ci racconta che l'eccessivo sfruttamento di risorse naturali porta spesso ad un declino improvviso che, spesso, prende le persone di sorpresa. Nel caso delle risorse biologiche, come la pesca, il declino potrebbe essere così rapido ed incontrollabile da portare all'estinzione o alla quasi estinzione delle specie sfruttate. E' successo, per esempio, con le balene nel XIX secolo e con il merluzzo dell'Atlantico.

Se si tengono in mente questi esempi storici, si possono esaminare altri casi e identificare possibili dirupi di Seneca in corso. Un caso del genere è il commercio d'avorio dalla caccia agli elefanti africani. Se si guardano i grafici sopra (da un articolo recente), si vede che la massa d'avorio sequestrata ha mostrato un aumento considerevole a partire circa dal 2008. Ha raggiunto il picco nel 2011, poi ha declinato. Probabilmente possiamo prendere questi numeri come “proxy” del numero di elefanti africani uccisi – che è visibile anche come linea rossa nel box superiore.

Ciò è molto preoccupante, perché se le uccisioni declinano potrebbe essere proprio perché ci sono meno elefanti ancora da uccidere – proprio come le catture dell'industria ittica tendono a declinare quando le riserve di pesce sono esaurite. Considerando quanto improvvisamente accadano le cose (“Effetto Seneca”), allora potremmo assistere ad una tendenza analoga per gli elefanti africani: cioè, il preludio di un collasso improvviso del loro numero. Considerando che gli elefanti sono grossi e si riproducono lentamente, questo potrebbe davvero portare alla loro estinzione.

Su questo tema, gli autori dell'articolo sembrano a loro volta essere molto preoccupati. Il titolo, di per sé, dice tutto: “La caccia illegale per l'avorio porta un declino globale degli elefanti africani”. Nel testo possiamo leggere, fra le altre cose, che:

La popolazione [di elefanti africani] è stata soggetta a tassi insostenibili di uccisioni illegali fra il 2009 e il 2012, salendo da una media dello 0,6%; (SF = 0.4%) fra il 1998 e il 2008 ad un massimo del 8% nel 2011 (Fig. 1). Le uccisioni illegali annuali di elefanti fra la popolazione Sambury (1988-2008) con una stima aggregata del 20,8% degli elefanti conosciuti uccisi illegalmente durante un periodo di 4 anni...  tassi di uccisioni illegali  sono state fortemente correlate ai prezzi dell'avorio al mercato nero nell'ecosistema di Sambury... In conseguenza di queste uccisioni illegali, la popolazione soffre attualmente della presenza di pochi maschi in giovane età, rrapporti sessuali fortemente diminuiti  e distruzione sociale sotto forma di alcune famiglie collassate e di aumento del numero di orfani (elefanti immaturi senza un genitore).

Perderemo per sempre gli elefanti? Ora non possiamo dirlo con certezza, ma quando sarà chiaro che sta avvenendo, probabilmente sarà troppo tardi per farci qualcosa. Non suona familiare?

martedì 20 gennaio 2015

Il mostro del metano ruggisce

DaTruthout”. Traduzione di MR

Nota: questo articolo va preso con cautela, a partire dal titolo "il mostro del metano ruggisce", suggestivo, ma esagerato. L'autore ha intervistato alcuni ricercatori le cui opinioni sono piuttosto estreme rispetto alla media degli scienziati del clima, la maggioranza dei quali ritiene che il problema del metano non sia così imminente come descritto qui. D'altra parte, è anche vero che lo scenario della "bomba degli idrati" è fisicamente possibile, anche se la sua scala temporale è difficilmente stimabile. Per cui, ci è parso il caso di tradurre e pubblicare questo articolo, se non altro per dare voce a un'opinione minoritaria, ma non da trascurare. Poi, se qualche lettore si vuol mettere a urlare "dalli al catastrofista!" si diverta pure quanto vuole. (UB)

Di Dahr Jamail 






(Immagine: Acque gelate , vapore che fuoriesce, getti di gas via Shutterstock; Editing: JR/TO)


Durante una recente escursione al Parco Nazionale Olimpico dello Stato di Washington, mi sono meravigliato della delicata geometria delle felci ricoperte di ghiaccio. Strutture cristalline bianche sembrava che crescessero dalle foglie verdi, racchiudendole in una cornice ghiacciata di temporanea bellezza. Inoltrandomi ulteriormente fra le montagne, mi sono fermato a pranzare e a sorseggiare del caffè caldo da un thermos mentre fissavo un versante della montagna ricoperto di neve oltre la valle del fiume, scrutando una cascata ghiacciata per una possibile scalata sul ghiaccio in futuro. E mi sono ritrovato a chiedermi quanto altro ghiaccio invernale si sarebbe continuato a formare lì. La dissonanza fra la bellezza di fronte a me è i miei pensieri tormentati sul pianeta non ha trovato una riconciliazione. Ho raccolto dati e fatto interviste per articoli sui rilasci di metano nell'Artico per settimane e valutare le informazioni durante le vacanze mi ha solo portato alla depressione. Uscire fra le montagne mi ha aiutato, ma mi ha anche provocato gravi preoccupazioni per il nostro futuro collettivo.

Considerare la possibilità che gli esseri umani abbiano alterato l'atmosfera della Terra in modo così drastico da mettere le nostre stesse vite in pericolo sembra, perlomeno emotivamente, imperscrutabile. Data la scala del pianeta, si penserebbe, logicamente, che non potrebbe nemmeno essere possibile. Eppure i picchi maestosi ricoperti di neve vicini a dove vivo potrebbero non avere più ghiacciai (o persino neve) entro l'arco della mia vita, secondo alcuni degli scienziati che ho intervistato. Paul Beckwith, un professore di climatologia e meteorologia all'Università di Ottawa, in Canada, è un ingegnere e fisico che fa ricerca sul cambiamento climatico improvviso sia nel presente sia nelle registrazioni paleoclimatiche del passato remoto. “E' mia opinione che il sistema climatico si trovi nelle fasi iniziali di un cambiamento climatico improvviso che, se non tenuto sotto controllo, porterà ad un aumento di temperatura di 5 o 6°C entro un decennio o due”, mi ha detto Beckwith. “Ovviamente, un cambiamento così grande del sistema climatico avrà effetti senza precedenti sulla salute e il benessere di ogni pianta ed animale sul nostro pianeta”.


mercoledì 2 luglio 2014

ANCORA SULL'IPOTETICA ESTINZIONE DELLA SPECIE UMANA.

di Jacopo Simonetta

          In un precedente post, ho proposto un modello semplificato per descrivere le retroazioni operanti all'interno del sistema socio-economico che possono condurre sia alla crescita esponenziale di economia e popolazione, sia alla loro de-crescita, parimenti esponenziale, a seconda del contesto ed a come evolvono i rapporti fra le diverse riserve ed i diversi flussi all'interno del macro-sistema.

Più recentemente, ho cercato di illustrare brevemente quali sono i meccanismi di estinzione delle specie e mi sono chiesto se fosse possibile, in un futuro nell'ordine dei secoli, che qualcosa del genere accada anche alla nostra specie.

Da alcuni commenti ricevuti sia su questo blog che su facebook, mi sono però reso conto di essere stato poco chiaro su almeno due punti importanti.

Il primo è semplice:  L’uomo si estinguerà sicuramente, come tutte le altre specie del pianeta.   La domanda che si pone non è quindi se accadrà, ma se potrebbe accadere in tempi relativamente brevi (secoli) e se quello che stiamo facendo oggi potrebbe provocare un tale evento.

Questo ci porta al  secondo punto sul quale non credo che si possano invece avere certezze, ma solo discutere un argomento che, indubbiamente, ha un suo torbido fascino.

Si tratta di un terreno molto complesso ed insidioso, dove quasi tutto quello che si può dire può anche essere contestato, ma su alcuni punti possiamo fare affidamento:

1 – L’umanità nel suo complesso ha superato la capacità di carico del pianeta probabilmente durante gli anni ’70 e da allora la situazione è molto peggiorata, anche se le stime quantitative dell'overshoot sono necessariamente imprecise.   A livello locale esistono tuttavia differenze enormi, con comunità che superano i loro limiti per un ordine di grandezza ed altre che, viceversa, sono ancora entro la capacità di carico del loro territorio o quasi.

2 – Quando una popolazione supera i propri limiti di sostenibilità, la capacità di carico si riduce in misura direttamente proporzionale (ma non lineare) all'entità ed alla durate del superamento.

3 – I vortici di estinzione (v. qui) possono essere  attivati da forti decrementi della popolazione ed aggravati dalla frammentazione dell’areale.

Dunque abbiamo una situazione complessa  perché, nel breve termine, quanto più rapidamente diminuisse il numero degli umani sulla Terra, tanto maggiori sarebbero le probabilità di ritrovare condizioni di parziale equilibrio e, dunque, una relativa stabilità demografica.   Un apparente paradosso, in quanto più presto e più rapidamente cominceremo a diminuire, tanto prima e ad un maggiore livello potrebbe ristabilizzarsi la popolazione.    In altre parole, quanto più aumenterà ancora la popolazione, o quanto più posticipato e lento sarà il declino, tanto maggiori saranno le probabilità di scendere a livelli tali da innescare i fatali vortici di cui al mio precedete post.

Contemporaneamente però, lo scatenarsi delle retroazioni illustrate nei precedenti post potrebbero anche accelerare il declino al punto di renderlo fatale.  Molto dipenderà quindi dai fattori che interagiranno con queste retroazioni.   Fra quelli attualmente in essere, penso che i 5 che risulteranno maggiormente cruciali per il destino della nostra specie siano i seguenti:

Demografia.   Come abbiamo visto, tanto più una popolazione supera i limiti di sostenibilità, tanto più aumenta il rischio di una sua estinzione in una fase successiva.   Tuttavia nell'uomo la situazione è resa particolarmente complessa dal fatto che non conta solo il mero dato delle bocche da sfamare, ma anche, ed in modo importante, il livello di consumo pro-capite e complessivo, il livello di dipendenza dalle protesi tecnologiche, la cultura e molti altri fattori ancora.

Clima.   I climatologi discutono quale sia il livello di concentrazione di CO2 in atmosfera capace di scatenare retroazioni dai risultati catastrofici e le stime oscillano perlopiù fra i 350 ed i 450 ppm.   Attualmente siamo a 400 ppm e molte di queste retroazioni sono già partite (scioglimento di ghiacciai artici ed antartici, riduzione dell’albedo alle alte latitudini, liberazione di metano dai fondali marini e dal permafrost, riduzione dell’attività fotosintetica in molte aree del pianeta, ecc.).  Non possiamo sapere quale sarà la situazione fra uno o due secoli, ma sappiamo per certo da essa dipenderà in gran parte il destino della Biosfera e, dunque, dei nostri discendenti.

Biodiversità.   La biosfera del futuro sarà formata dalle forme di vita che si saranno evolute a partire da quelle di oggi.   Se nessuno può sapere quali saranno le condizioni ambientali del futuro, possiamo invece essere certi che quante più forme di vita evitiamo di cancellare oggi, tanto maggiori saranno le probabilità di avere ecosistemi vitali in futuro.   Questo è fondamentale perché l’azione della biodiversità è proprio la forza che tende a stabilizzare la capacità di carico del pianeta, come di un qualsiasi territorio delimitato.   In pratica, è il paracadute in grado di frenare il decremento della popolazione umana.   Anche il clima del futuro dipenderà in modo cruciale dalla biodiversità.   Infatti, nonappena (in un modo o nell'altro)  le emissioni industriali saranno tornate a livelli trascurabili, l’ulteriore evoluzione dell’atmosfera tornerà a dipendere in gran parte dall'evoluzione degli ecosistemi il cui grado di efficienza e di resilienza dipende in gran parte dalla biodiversità.

Suoli ed acqua.   Le riserve di fertilità e la disponibilità di acqua sono altri due fattori chiave nel determinare la capacità di carico di una territorio nei confronti della nostra specie.   E si tratta di due fattori in rapido peggioramento in quasi tutto il globo.  

In sintesi, penso che probabilmente l’inizio della decrescita demografica seguirà di poco il picco globale dell’energia fossile.   Questo perché attualmente la nostra specie vive prevalentemente di questa (in particolare di petrolio greggio) ed è esclusivamente grazie alle fossili che ha potuto raggiungere gli attuali livelli demografici ed organizzativi.   Le energie rinnovabili, perlomeno con le tecnologie attuali, potranno fare molto per mitigare e rallentare questo declino, ma non credo che lo potranno evitare.   

Ma quando l’umanità dovrebbe cominciare a diminuire?   Non lontano dal 2030 pare una data abbastanza ragionevole sia in base al modello Word3, sia in base ad alcune proiezioni circa la disponibilità di energia (Turiel 2012), ma è bene chiarire che l’affidabilità di queste proiezioni è limitata in quanto i dati pubblicati circa le riserve sono intrinsecamente imprecisi e, sovente, volutamente falsati dalle imprese e/o dai governi.

Questo per quanto riguarda l’uomo (specie biologicaHomo sapiens L.), ma che dire dell’uomo moderno (specie culturale - Homo colossus Catton 1981)?    Anche in questo caso sappiamo alcune cose.   Ricordiamole:

1 – Da almeno 50.000 anni l’evoluzione dell’uomo è diventata prevalentemente culturale e solo molto marginalmente genetica.   Se oggi incontrassimo per strada un uomo di Cro-Magnon non ci colpirebbero la sua faccia od il suo portamento, bensì il suo abbigliamento ed il suo comportamento.   Dunque l’umanità attuale appartiene ad una specie (culturale) diversa da tutte quelle precedenti, il che giustifica, a mio avviso, il taxonHomo colossus” introdotto da Catton (vi sono complessi problemi di sinonimia con Homo oeconomicus  Mill 1844, ma qui non ci interessano).   Orbene,  già nel tardo paleolitico Homo sapiens aveva annientato tutte le altre specie biologiche congeneri,  diversificandosi però sul piano culturale con una spettacolare radiazione adattativa.   Nel corso degli ultimi 2 secoli circa, H. colossus ha di fatto annientato od assorbito tutte le altre specie culturali, restando di fatto l’unico taxon umano esistente.   Di solito, quando di una vasta gamma di taxa affini ne rimane solo uno, non è buon segno.

2 - Le società umane, come tutte le forme di vita e molte altre cose ancora, sono strutture dissipative dell’energia ed hanno un’incoercibile tendenza a strutturarsi o destrutturarsi in funzione dell’intensità del flusso di energia che le attraversa.    La società attuale globale è la struttura più complessa nell'universo conosciuto ed infatti è quella che dissipa la maggior quantità di energia in rapporto al proprio peso.   Un uomo medio attuale dissipa diecimila volte l’energia dissipata dal sole per unità di peso (E. Chaisson 2001).   Vale a dire che 1 kg di uomo dissipa quanto 10.000 kg di sole.   Ma se prendessimo alcune categorie (ad es. gli scienziati del CERN, i dirigenti delle grandi holdings, gli astronauti, ecc.) troveremmo che dissipano quantità di energia superiori per almeno un altro ordine di grandezza, semplicemente perché sono la parte maggiormente complessa della società globale.

3 – L’apporto di energia al sistema socio-economico ha già cominciato a degradare per qualità e, forse, anche per quantità (Turiel 2012).   E se non lo ha già fatto, lo farà presto.   E’ chiaro dunque, che, riducendosi l’apporto quali/quantitativo di energia, tali strutture dovranno necessariamente contrarsi e semplificarsi con inevitabili conseguenze sul piano culturale (ad es. chiusura del CERN, collasso della rete Internet, abbandono di musei, ecc.).

4 – Qualora risultasse invece possibile sostituire validamente i combustibili fossili e continuare ad incrementare l’input di energia, come alcuni sostengono, cadremmo invece in quella che Van Vallen ha definito “Effetto Regina Rossa” (da una frase che la Regina dice ad Alice in “Oltre lo specchio", di L. Carroll).  Vale a dire che un organismo evolvendosi modifica il proprio ambiente, cosicché si deve poi ulteriormente evolvere per adattarsi ai cambiamenti che ha indotto e così via, in modo tendenzialmente accelerato.  Finquando la specie riesce a tenere il ritmo, si evolve e permane; quando non riesce più a tenere il passo si estingue.   In riferimento alle specie biologiche questo succede piuttosto raramente in quanto la complessità degli ecosistemi e la limitatezza delle risorse disponibili frenano la retroazione.   Sta però accadendo probabilmente questo alla specie culturale H. colossus che, grazie all’energia fossile, ha potuto accelerare a dismisura la propria velocità evolutiva.   Ma così ha necessariamente provocato una parallela, non lineare, evoluzione dell’ecosistema.   Per un paio di secoli siamo stati più veloci noi e la prova ne è il passaggio da 1 a 140 miliardi di “abitanti 1800 equivalenti".
Se moltiplichiamo il numero di persone per i consumi medi pro-capite
 troviamo che l'umanità odierna ha impatti equivalenti a 140 miliardi dei nostri bisnonni.



















Ma da alcuni decenni la velocità evolutiva dell'ecosistema globale sta superando la nostra come indicato, ad esempio, dal riapparire di infezioni incurabili o dall'inutilità del dibattito politico in materia di clima.   Al momento sono piccoli segni, ma indicano che abbiamo cominciato a perdere terreno, malgrado finora non abbiamo avuto problemi seri di energia.

In sostanza, se avremo carenza di energia, i sistemi economici, culturali e politici di cui facciamo parte si dovranno contrarre e destrutturare di conserva. Se, viceversa, davvero trovassimo il modo di superare la crisi energetica incipiente, non potremmo evitare di accelerare ulteriormente il cambiamento dell’ecosistema globale, rilanciando il meccanismo perverso della “Regina Rossa”.

In conclusione, la mia del tutto personale opinione è che l’estinzione di Homo sapiens L. nel corso dei prossimi 2 - 3 secoli è estremamente improbabile, se non impossibile.   Viceversa, l’estinzione di H. colossus Catton è pressoché certa già entro la metà del secolo corrente.   Ma non sarà questo che fermerà l’evoluzione.   Al contrario, dopo un severo “collo di bottiglia”, c’è da aspettarsi la rapida evoluzione di un vasto numero di specie culturali adattate alle condizioni locali che saranno diversissime da zona a zona.

Una nuova radiazione adattativa è, normalmente, ciò che accade dopo una massiccia estinzione.  Certo, non vedremo mai più i prodigi tecnologici che oggi ci paiono banali semplicemente perché non saranno mai più disponibili le risorse che la nostra civiltà a dissipato.   Ma l’archeologia ci dimostra che società complesse e forme altissime di arte sono possibili anche con risorse relativamente modeste.