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martedì 7 aprile 2015

Solo di meno funzionerà

DaPost Carbon Institute”. Traduzione di MR

Di Richard Heinberg



Quando non scrivo libri o saggi su temi ambientali, o quando non dormo o mangio, è probabile che mi troviate a suonare il violino. Questa è stata un'attività ossessiva per me da quando ero ragazzo e sembra che mi dia sempre più soddisfazione man mano che passa il tempo. Fare e suonare una piccola scatola di legno, un violino, è essenzialmente un'attività preindustriale: quasi tutte le sue parti provengono da fonti rinnovabili (legno, coda di cavallo, budella di pecora) e suonarlo non richiede né elettricità o benzina. Suonare il violino pertanto costituisce un hobby ecologicamente benigno, no?

Probabilmente lo era, un paio di secoli fa. Ora non tanto. Vedete, gran parte degli archi di violino sono fatti col pernambuco, un legno duro brasiliano che è a rischio perché con esso sono stati già fatti troppi archi. Anche l'ebano viene raccolto in modo eccessivo, viene usato per fare i tasti, i piroli per l'accordatura e parti degli archi. Alcuni elaborati archi di violino più vecchi sono persino decorati con gusci di tartaruga, avorio e ossi di balena. E mentre acero e pino (i legni principali con cui sono fatti i violini) non sono a rischio di estinzione, intere foreste vengono tagliate in Cina per soddisfare la fiorente domanda mondiale di strumenti per studenti. Le corde moderne (gran parte delle quali vengono fatte usando i derivati del petrolio) spesso vengono avvolte con argento o alluminio non rinnovabili e quasi nessuno cerca di riciclarle.

Capite, il problema reale dei violini è un problema di scala. Se ci fossero solo poche migliaia di violinisti nel mondo, fare e suonare violini avrebbe un impatto ambientale trascurabile. Ma moltiplicate queste attività per decine di milioni e i risultati sono la deforestazione e l'estinzione di specie. Sì, vengono fatti sforzi per fare suonare i violini in modo più sostenibile. Il Brasile protegge le sue foreste di pernambuco rimaste e molti costruttori di archi ricercano legno “raccolto in modo sostenibile”, I costruttori di archi stanno anche sostituendo l'avorio di elefante con ossa di manzo o materiali sintetici e le aste di molti archi ora sono fatti di fibra di carbonio. I gusci di tartaruga e ossa di balena sono off limits per i nuovi archi e i sono disponibili sostituti sintetici di questi materiali. Una società si offre di riciclare l'argento delle vecchie corde di violino. Tutto questo aiuta. Ma se il numero di violinisti continua ad aumentare, questi vantaggi verranno presto o tardi superati dalla pura e semplice dimensione della domanda di tutto, dalla colla alla colofonia. Suonare il violino è un'attività piuttosto specializzata e inusuale. Ma il problema fondamentale che ho sottolineato è endemico per praticamente qualsiasi attività umana, dal fare colazione la mattina al guardare la televisione prima di andare a letto.

Nella ricerca per rendere la società umana sostenibile, il problema della scala sorge assolutamente ovunque. Possiamo rendere una determinata attività più efficiente energeticamente e benigna (per esempio, possiamo aumentare il risparmio di carburante delle nostre auto), ma i miglioramenti tendono ad essere superati dai cambiamenti di scala (espansione economica e crescita della popolazione portano ad un aumento del numero delle auto sulle strade e delle dimensioni del veicolo medio, quindi ad un maggiore consumo totale di carburante). A quasi nessuno piace sentir parlare della scala nella nostra crisi ambientale globale. E' per questo che se la crescita è il nostro problema, la sola vera soluzione è quella di contrarre l'economia e ridurre la popolazione. Negli anni 70, molti ambientalisti raccomandavano esattamente quel rimedio, ma poi è arrivato il contraccolpo di Reagan – fenomeno politico che prometteva espansione economica infinita se solo avessimo permesso ai mercati di lavorare liberamente. Molti ambientalisti hanno ricalibrato il loro messaggio e così è nato il movimento “verde brillante”, che dichiarava che i miglioramenti di efficienza avrebbero permesso agli esseri umani di mangiare la loro torta (far crescere l'economia) e anche di conservarla (proteggere il pianeta in nome delle future generazioni). Eppure eccoci qua, decenni dopo l'eclissi dell'ambientalismo vecchio stile centrato sulla conservazione, e nonostante ogni sorta di programma di riciclaggio, regole ambientali e miglioramenti di efficienza energetica, l'ecosistema globale si sta avvicinando al collasso a velocità ancora maggiore.


La popolazione è cresciuta dai 4,4 miliardi del 1980 ai 7,1 miliardi nel 2013. Il consumo pro capite di energia è cresciuto da meno di 70 gigajoule a quasi 80 GJ all'anno. L'uso totale di energia è aumentata da 300 exajoule  a 550 EJ all'anno. Abbiamo usato tutta questa energia per estrarre materie prime (legno, pesce, minerali), per espandere la produzione di cibo (trasformando foreste in terreno coltivabile o pascolo, usando immense quantità di acqua dolce per l'irrigazione, mettendo fertilizzanti e pesticidi). E vediamo i risultati: gli oceani mondiali stanno morendo; le specie si stanno estinguendo mille volte di più del tasso naturale e il clima globale sta sbandando verso il caos man mano che processi di retroazione autorinforzanti (compresa la fusione polare e il rilascio di metano). Il movimento ambientalista ha risposto all'ultimo sviluppo adottando una concentrazione estrema sulla riduzione delle emissioni di carbonio. Cosa sicuramente comprensibile, visto che il riscaldamento globale costituisce la minaccia ecologica più pervasiva e potenzialmente mortale di tutta la storia umana. Ma i sostenitori della “crescita verde”, che tendono a dominare le discussioni sull'ambiente (a volte esplicitamente ma più spesso implicitamente), ci dicono che la soluzione è semplicemente cambiare fonte energetica e scambiarsi crediti di carbonio. Se facciamo queste cose facili possiamo continuare ad espandere la popolazione e il consumo pro capite senza preoccupazioni.

Nella realtà, cambiare completamente le nostre fonti di energia non sarà facile, come ho spiegato in un lungo saggio recente. E mentre il cambiamento climatico è la mega crisi dei nostri tempi, il carbonio non è la nostra sola nemesi. Se il riscaldamento globale minaccia di minare la civiltà, la stessa cosa fa il suolo, l'acqua potabile e l'esaurimento dei minerali. Questi potrebbero solo impiegare un po' più di tempo. La matematica della crescita composta porta ad assurdità (un essere umano ogni metro quadrato di superficie terrestre per il 2750 al nostro attuale tasso di aumento della popolazione) e alla tragedia. Se messi a confronto con questa semplice matematica, i verdi brillanti diranno: “Be' sì, alla fine ci sono limiti alla popolazione e alla crescita del consumo. Ma dobbiamo crescere ancora un po' adesso, per affrontare il problema della disuguaglianza economica e per assicurarci di non calpestare i diritti alla riproduzione delle persone. Dopo, una volta che tutti nel mondo hanno abbastanza, parleremo di stabilizzazione. Per ora, sostituzione ed efficienza si occuperanno dei nostri problemi ambientali”. Forse i verdi brillanti (o dovrei dire pseudo verdi?) hanno ragione nel dire che “meno” è un messaggio che non si vende. Ma offrire non soluzioni confortanti al nostro dilemma collettivo non ottiene nulla. Forse la prescrizione della decrescita è destinata a fallire nell'alterare la traiettoria complessiva della civiltà ed è troppo tardi per evitare una collisione grave coi limiti del pianeta. Perché, allora, continuare a parlare di quei limiti e sostenere l'autolimitazione umana? Riesco a pensare a due buone ragioni. La prima è che i limiti sono reali. Quando evitiamo di parlare di parlare di ciò che è reale semplicemente perché è scomodo farlo, segniamo il nostro destino. Io, per esempio, mi rifiuto di bere quella particolare partita di Kool-Aid. La seconda e più importante ragione è: se non possiamo evitare del tutto la collisione, facciamo almeno in modo di imparare da essa – e facciamolo più rapidamente possibile.

Tutte le società indigene tradizionali alla fine hanno imparato l'autolimitazione, se restavano abbastanza a lungo nello stesso luogo. Hanno scoperto, attraverso prove ed errori, che superare la capacità di carico della propria terra portava a conseguenze terribili. E' per questo che i popoli tradizionali appaiono a noi moderni come degli ecologisti intuitivi: essendo stati ripetutamente colpiti dall'esaurimento delle risorse, dalla distruzione dell'habitat, dalla sovrappopolazione e dalle conseguenti carestie, alla fine si sono resi conto che il solo modo di evitare di venire colpiti ancora era di rispettare i limiti della natura limitando la riproduzione e proteggendo le altre forme di vita. Noi abbiamo dimenticato quella lezione, perché la nostra civiltà è stata costruita da persone che hanno con successo conquistato, colonizzato e poi si sono spostate altrove per fare la stessa cosa di nuovo. E perché ci stiamo godendo il dono una tantum dei combustibili fossili che ci rendono potenti per fare cose che nessuna società precedenti si erano nemmeno sognate. Siamo giunti a credere nella nostra onnipotenza, eccezionalità ed invincibilità. Ma ora abbiamo finito i luoghi da conquistare e il meglio dei combustibili fossili è esaurito. Mentre ci scontriamo coi limiti della Terra, la prima risposta di riflesso di molte persone sarà quella di cercare di trovare qualcuno a cui dare la colpa. Il risultato potrebbero essere guerre e caccia alle streghe. Ma il conflitto sociale ed internazionale peggiorerà soltanto la nostra miseria. Una cosa che potrebbe aiutare sarebbe una conoscenza ampiamente diffusa del fatto che il nostro dilemma è in gran parte il risultato dell'aumento dei membri umani e dell'aumento degli appetiti rispetto alle risorse che stanno scomparendo e che solo l'autolimitazione cooperativa eviterà una lotta ad oltranza. Possiamo imparare, la storia lo mostra. Ma in questo caso dobbiamo imparare alla svelta. Quindi a portare faticosamente lo stesso vecchio messaggio in quanti più modi diversi mi è possibile, aggiornandolo man mano che gli eventi si dipanano. Ed io suono il mio violino – con un arco di fibra di carbonio.

mercoledì 25 febbraio 2015

Il “miracolo” del petrolio di scisto: come la crescita può falsamente indicare abbondanza

DaResource Crisis”. Traduzione di MR

Di Ugo Bardi


La produzione di petrolio (petrolio greggio e condensati in barili al giorno) negli Stati Uniti e in Canada. (Dal blog di Ron Patterson). E' possibile che questa rapida crescita voglia dire che le risorse sono abbondanti e che tutte le preoccupazioni riguardo al picco del petrolio sono fuori luogo? Forse no...  


A volte usiamo un parametro semplice per valutare i sistemi complessi. Per esempio, una guerra è una cosa complessa in cui milioni di persone combattono, lottano, soffrono e si uccidono a vicenda. Tuttavia, in definitiva, il risultato finale viene visto in termini di domande con risposta sì o no: o vinci o perdi. Non per niente, il Generale McArthur una volta ha detto che “non c'è sostituto per la vittoria”.

Ora, pensate all'economia: è un sistema immenso e complesso in cui milioni di persone lavorano, producono, comprano, vendono e guadagnano o perdono soldi. Alla fine, tuttavia, pensiamo che il risultato finale possa essere descritto in termini di una semplice domanda con risposta sì o no: o cresci o no. E ciò che ha detto McArthur sulla guerra può essere applicato anche all'economia: “non c'è nessuno sostituto alla crescita”.

Ma i sistemi complessi hanno modalità di comportamento e capacità di sorprenderci che non possono essere ridotte ad un semplice giudizio sì/no. Vittoria e crescita potrebbero creare più problemi di quanti ne risolvono. La vittoria potrebbe falsamente segnalare una potenza militare che non esiste (pensate al risultato di alcune guerre recenti...), mentre la crescita potrebbe segnalare un'abbondanza che semplicemente non c'è.

Date un'occhiata alla figura all'inizio di questo post (dal blog di Ron Patterson). Mostra la produzione di petrolio (barili al giorno) negli Stati Uniti e in Canada. I dati riguardano “petrolio greggio e condensati” e la crescita rapida degli ultimi anni è in gran parte dovuta al tight oil (conosciuto anche come “petrolio di scisto”) e al petrolio da sabbie bituminose. Se seguite il dibattito su questo campo, sapete che questa tendenza alla crescita è stata salutata come un grande risultato e come la dimostrazione che tutte le preoccupazioni sull'esaurimento del petrolio e il picco fossero fuori luogo.

Bene. Ma lasciate che vi mostri un altro grafico, le catture di merluzzo del Nord Atlantico fino al 1980 (dati Faostat).


Non somiglia ai dati del petrolio negli Stati Uniti e in Canada? Possiamo immaginare quello che si diceva a quel tempo: “le nuove tecnologie di pesca scacciano tutte le preoccupazioni sullo sfruttamento eccessivo della pesca” e cose del genere. Ed è quello che si diceva, in effetti (vedi Hamilton et al. (2003)).

Ora, guardate i dati sulle catture di merluzzo fino al 2012 e vedete cos'è successo dopo la grande esplosione di crescita.



Non credo che servano molti commenti, eccetto un paio. Per prima cosa, vale la pena di notare come il sovrasfruttamento porta al collasso. La maggioranza delle persone non si accorgono che spingendo per la crescita a tutti i costi distruggono proprio quelle risorse che rendono la crescita possibile. Questo succede con la pesca altrettanto bene che con i campi petroliferi. Poi, notate come qui vediamo un altro caso di “Dirupo di Seneca,” ovvero una curva di produzione dove il declino è molto più rapido della crescita. Come diceva l'antico filosofo Romano “La strada per la rovina è rapida”. E questo potrebbe essere proprio quello che ci aspetta con il petrolio di scisto.

venerdì 9 gennaio 2015

Ma il 2015 sarà sicuramente l'anno della ripresa!




(immagine trovata su internet - scusate se non so l'attribuzione precisa. Qui sotto, l'andamento del PIL italiano insieme ai consumi di idrocarburi in Italia)


sabato 27 dicembre 2014

Il picco della discussione in economia.


(The rise and fall of debate in economics – by Joe Francis)   
Tradotto e chiosato da Jacopo Simonetta

Ci fu un tempo in cui gli economisti usavano criticare pubblicamente il lavoro gli uni degli altri sulla stampa accademica.  Ma non avviene più.

Nella figura 1 ho illustrato il grado in cui gli economisti hanno smesso di dibattere.    I dati sono stati ricavati da jstor , il database online delle riviste accademiche.   Per stimare il numero degli articoli di dibattito di ogni anno, ho cercato gli articoli con “commento”, “replica” e/o “risposta” nel titolo, in quanto sono le parole chiave per indicare un commento su di un articolo di qualcun altro e per le repliche  a questi  commenti.   Ho eseguito la ricerca per le cinque riviste di economia più prestigiose.

Quindi ho usato il numero totale di articoli di ogni anno in queste cinque riviste come denominatore.

La figura 1 mostra come ci sia stato un drammatico incremento nel livello del dibattito dagli anni ’20 fino alla fine degli anni ’60.   Quindi un ugualmente drammatico calo.   In corrispondenza del picco, nel 1968, il 22% degli articoli pubblicati in queste riviste erano relativi ad un dibattito.   Nel 2013 invece, solo il 2%.

Cosa ha provocato questa crescita e crollo?
Il dibattito comincia a montare negli anni ’30, presumibilmente per la sofferenza indotta negli economisti dai dubbi conseguenti la Grande Depressione.   Keynes fece il massimo per alzare il livello del dibattito, ma la forza delle idee marxiste  deve aver giocato un ruolo importante nell'incoraggiare una  cultura polemica.    Per esempio, Paul M. Sweezy, il principale economista marxista nord-americano, contribuì al dibattito su questi giornali (vedi Sweezy 1950a, 1950b, 1972).

Il declino del dibattito appare quindi essere associato con l’emergere dell’egemonia “neo-liberale” dagli anni ’70 in poi.   Il keynesismo appassì ed i marxisti furono confinati nelle loro pubblicazioni di nicchia.   E’ notevole, per esempio, che Robert Pollin, probabilmente il principale economista marxista nord- americano di oggi, abbia pubblicato un solo articolo di 6 pagine in una di queste riviste (v. Pollin 1985).

La crescita, quindi, è stata associata con la sfida alla vecchia ortodossia liberale, mentre il declino è stato accompagnato dallo stabilirsi di una nuova ortodossia liberale.   Questo, almeno, è il mio schizzo approssimativo di ciò che è accaduto.

La questione quindi diventa se ciò sia importante. A mio avviso, la mancanza di dibattito non sarebbe un problema se gli economisti avessero risposto con successo alle domande che si suppone si pongano.   Tuttavia, gli eventi recenti suggeriscono che forse non lo hanno fatto.

In effetti, il grafico illustra una fase di picco che dura praticamente fino alla metà degli anni ’70, seguito da un vero tracollo coincidente con lo stabilirsi delle nuova ortodossia.   Ma in effetti non è che manchino oggi economisti che criticano le posizioni neo-liberali con cognizione di causa,  solo che non hanno accesso alle riviste prestigiose le cui redazioni sono composte da “veri credenti” tutti d’un pezzo.   Ed è questo il fatto grave: che interessi di scuola e di lobby prevalgano sul valore scientifico dei lavori.   Niente di nuovo.   E’ quasi sempre avvenuto così sulla stampa scientifica; si veda ad esempio la diatriba fra darwinisti e lamarkiani.   Ma in quei casi il mondo si poteva permettere di aspettare.   La vita di milioni, forse miliardi di persone non dipendeva dalla comprensione dei meccanismi dell’evoluzione biologica.    Viceversa, il dominio assoluto dell’ortodossia neo-liberale ha conseguenze politiche enormi e la difesa della patinata trincea delle riviste che contano non è quindi indifferente per il destino di tutti noi.

In estrema sintesi, l’effetto di questa strenua difesa è quello di contribuire a ritardare una risposta adattativa della politica alla realtà.   Ma il ritardo nella risposta è il principale prodromo di catastrofe, come ci insegna l’ABC della dinamica dei sistemi.

martedì 17 giugno 2014

Esaurimento del capitale morale come limite della crescita

DaThe Daly News”. Aprile 2014, Traduzione di MR


Di Herman Daly

 









Su I limiti sociali della crescita, Fred Hirsh sostiene che:

La moralità dell'ordine minimo necessario per il funzionamento di un sistema di mercato è stata ipotizzata, quasi sempre implicitamente, come se fosse una specie di bene gratuito permanente, una risorsa naturale di tipo non esauribile. 

Elaborando la relazione sulla Teoria dei sentimenti morali di Adam Smith per il suo Ricchezza delle Nazioni, Hirsh evidenzia che per Smith ci si potrebbe tranquillamente fidare del fatto che gli uomini non siano un pericolo per la comunità quando perseguono il loro interesse personale non solo a causa della mano invisibile della competizione, ma anche a causa dei vincoli intrinseci sul comportamento individuale derivati da morali, morali, costumi ed educazione condivisi. Il problema è che Hirsh vede che

La continuazione del processo di crescita in sé poggia su certe precondizioni che il suo stesso successo ha messo in pericolo per via della sua etica individualistica. La crescita economica mina le sue basi sociali. 

Il fatto di minare i vincoli morali ha fonti sia dalla parte della domanda sia da quell dell'offerta del mercato dei beni. Nel suo saggio, “La crescita dell'abbondanza e il declino del benessere”, E. J. Mishan ha osservato che:

Una società in cui “tutto va bene” è ipso facto una società in cui si vende qualsiasi cosa. (Economia, Ecologia, Etica

Un corollario è che autolimitazione o l'astinenza nell'interesse di richieste superiori rispetto alla gratificazione immediata per il consumo fa male alle vendite, pertento fa male alla produzione, all'impiego, alle entrate fiscali e a tutto il resto. L'economia della crescita non può crescere a meno che non possa vendere. L'idea che qualcosa non dovrebbe essere comprata perché è frivola, degradante, di cattivo gusto o immorale è sovversiva per l'imperativo della crescita. Se la domanda dev'essere sufficiente per la crescita continua, allora si deve vendere tutto, il che richiede che “vada tutto bene”.

Da parte dell'offerta, il successo della tecnologia basata sulla scienza ha favorito la pseudo religione dello “scientismo”, per esempio l'elevazione del programma di ricerca della scienza deterministico, materialistico, meccanicistico e riduzionistico allo stato di una Visione del Mondo finale. Innegabilmente, l'approccio metodologico del materialismo scientifico ha portato a grandi miglioramenti della nostra abilità tecnologica. Il suo successo pratico sostiene la sua promozione da ipotesi di lavoro o programma di ricerca a Visione del Mondo. Ma una Visione del Mondo di materialismo scientifico non lascia spazio allo scopo, al bene e al male, agli stati del mondo migliori o peggiori. Erode la moralità in generale e il vincolo morale nella vita economica in particolare. Il potere è aumentato parallelamente alla contrazione dello scopo. La conseguenza funesta di questa frammentazione dell'ordine morale, che stiamo esaurendo con la stessa certezza con la quale stiamo distruggendo l'ordine ecologico è, come evidenzia Misham, che

L'argomentazione efficace [rispetto alla politica] diventa impossibile se non c'è più una serie comune di valori finali o di convinzioni alle quali fare appello nel tentativo di persuadere gli altri.

Proprio come tutta la ricerca nelle scienza fisiche devono dogmaticamente assumere l'esistenza di un ordine oggettivo nel mondo fisico, così la ricerca nelle scienza politiche deve dogmaticamente assumere l'esistenza di un valore oggettivo nel mondo morale. La politica dev'essere mirata a spostare il mondo verso uno stato migliore delle cose, altrimenti non ha senso. Se “migliore” o “peggiore” non hanno un significato oggettivo, allora la politica può solo essere arbitraria e capricciosa. C. S. Lewis ha dichiarato con forza questa verità fondamentale:

Una credenza dogmatica nel valore obbiettivo è necessaria per l'idea stessa di una regola che non sia tirannia o un'obbedienza che non sia schiavitù.

Allo stesso modo, Mishan sostiene che

Un consenso morale che sia duraturo ed efficace è il prodotto della sola credenza nella sua origine divina.

In altre parole, un'etica duratura dev'essere qualcosa di più di una convenzione sociale. Deve avere qualche obbiettivo, autorità trascendentale, a prescindere dal fatto che si chiami quell'autorità “Dio”, o “La Forza” o qualsiasi altra cosa. Tutti i tentativi di trattare il valore morale come se fosse una interamente una parte della natura da manipolare e programmare da parte della psicologia o della genetica finisce solo in una circolarità logica.

Il valore morale non può essere ridotto a qualcosa o spiegato come mero risultato di un cambiamento genetico e alla selezione naturale senza allo stesso tempo perdere la sua autorità. Anche se sappiamo come rifare i valori morali come artefatti umani, dobbiamo tuttavia avere un criterio per decidere quali valori dovrebbero essere enfatizzati e quali soffocati nel nuovo ordine. Ma se questo criterio necessario è in sé stesso un artefatto della mutazione e della selezione mutate da mano umana, allora anche questo criterio è candidato ad essere rifatto. Non si sfugge.

Una volta che la falsa credenza si diffonde (ed è già successo) quella moralità non ha altre basi se non la possibilità aleatoria e la selezione naturale in condizioni ambientali impermanenti, quindi avrà altrettanta autorità e pretesa della verità del Coniglio di Pasqua.  Insomma, gli atteggiamenti del materialismo scientifico e del relativismo culturale tagliano attivamente la credenza su una base trascendentale del valore oggettivo, che a sua volta taglia il consenso morale. Mancando quel consenso, non c'è più la “moralità dell'ordine minimo necessario per il funzionamento di un sistema di mercato”presupposto da Adam Smith e dai suoi seguaci.



mercoledì 28 maggio 2014

Come far ripartire la crescita economica in Italia




Vi preoccupa la caduta del PIL nazionale negli ultimi anni? Beh, non c'è problema. Abbiamo trovato il modo non solo di invertirla, ma anche di ritornare alla crescita!

Come si fa? Molto semplice: basta che l'ISTAT si metta a ricalcolare il PIL, aggiungendo un po' di cosette:



 
Le attività illegali di cui tutti i paesi inseriranno una stima nei conti (e quindi nel Pil) sono: traffico di sostanze stupefacenti, servizi della prostituzione e contrabbando (di sigarette o alcol)

 Vogliamo scommettere che quest'anno il PIL cresce? E al diavolo i catastrofisti.......

lunedì 14 aprile 2014

Energia e crescita demografica: un legame inaspettato

Tom Murphy scrive qui un post eccezionale: da meditare riga per riga. Fra le altre cose, dimostra come sia sbagliata la leggenda che vuole come la ricchezza porti a un rallentamento nella crescita della popolazione - non è così: si trova un legame evidente fra quantità di energia prodotta all'interno di una nazione e la crescita demografica della nazione stessa: impressionante. (U.B.)



Da “Do The Math”. Traduzione di MR

Di Tom Murphy

Da World Population Review 


Considerato a volte un tema tabù, il tema della popolazione scorre come una corrente sotterranea virtualmente in ogni trattazione delle sfide moderne. Naturalmente, l'uso di risorse, le pressioni ambientali, i cambiamento climatico, il fabbisogno di cibo e acqua e la salute delle popolazioni di animali selvatici sarebbero tutti dei non problemi se la Terra avesse una popolazione umana di 100 milioni o meno.

Il tema è tabù per diverse ragioni. La suggestione che un numero inferiore sarebbe bello porta con sé la domanda di chi dovremmo eliminare e chi deve decidere cose del genere. Inoltre, la stragrande maggioranza delle persone genera figli e forse si sente punta personalmente nel vivo quando risulta implicito che tali azioni sono parte del problema. Io stesso discendo da un lungo lignaggio di procreatori, e forse anche voi. Di recente, partecipando ad un gruppo di discussione di fronte ad una stanza piena di insegnanti di fisica, ho fatto la semplice dichiarazione secondo la quale “il surplus di energia aumenta il numero di bambini”. Ciò è motivato dal mio riconoscimento del fatto che la crescita della popolazione si è rivolta verso l'alto da quando si è inaugurato l'uso diffuso del carbone nella Rivoluzione Industriale. Queste sono davvero solo sfaccettature della più ampia Rivoluzione dei Combustibili Fossili. Sono stato sfidato da un membro del pubblico con la dichiarazione palesemente ovvia che i tassi di crescita della popolazione si riducono nelle nazione energeticamente ricche – la cosiddetta transizione demografica. Come quadrano questi sentimenti l'uno con l'altro? Così, nello spirito di guardare i numeri, esploriamo nei particolari le varie connessioni fra popolazione ed energia. Nel processo, evidenzierò gli Stati Uniti, piuttosto che l'Africa, per esempio, come il vero problema quando si tratta di crescita della popolazione.

Un breve sguardo alla storia della popolazione

Per molte migliaia di anni a seguito dell'ultima Era Glaciale, la popolazione umana è cresciuta costantemente e lentamente, ad un tasso di circa 0,032% all'anno – traducendosi in comodo tempo di raddoppio di circa 2000 anni. Circa 3000 anni fa, la diffusione delle pratiche agricole ha portato ad un modesto incremento nei tassi di crescita. Ma la corsa selvaggia non è iniziata davvero fino ai tempi moderni.


Grafico logaritmico della popolazione mondiale storica, con misura esponenziale a due segmenti. Dati da Wikipedia. 

Anche in un grafico logaritmico – nel quale le curve esponenziali sono trasformate in linee rette – la tendenza della nostra popolazione somiglia all'infausta curva a “mazza da hockey” vista così tanti settori (CO2 atmosferico, temperatura globale della superficie e praticamente ogni misura associata all'attività umana). Una mazza da hockey logaritmica è davvero spaventosa. Siccome gli impatti umani sul pianeta sono in scala con la popolazione, non sorprende terribilmente che una curva della popolazione a mazza da hockey possa tradursi in mazze da hockey ovunque. E' in questo senso che la popolazione è alla base di quasi ogni problema e sfida dei nostri tempi.

Ma cosa possiamo capire della popolazione? Cosa governa il suo tasso? Cosa conta nella discontinuità dell'inclinazione? Perché siamo balzati ad una crescita del 1% ed un tempo di raddoppio di 70 anni nei secoli recenti? Un suggerimento proviene da uno sguardo più da vicino alla storia recente. Mettendo su grafico la popolazione globale negli ultimi 1000 anni (sotto) vediamo alcune accelerazioni nella curva. Per gran parte di questo periodo, abbiamo assistito ad un modesto 0,12% di tasso di crescita, che equivale a un tempo di raddoppio di 600 anni. Intorno al 1700, il tasso è avanzato allo 0,41%, raddoppiando ogni 170 anni. L'accelerazione successiva avviene intorno al 1870, saltando allo 0,82%, costituendo un tempo di raddoppio di 85 anni. Poi intorno al 1950, vediamo un altro salto del tasso di fattore due a 1,7 ed un'impressionante e breve tempo di raddoppio di 40 anni.

Grafico logaritmico della recente tendenza della popolazione mondiale, spezzato in quattro segmenti esponenziali. 

Forse possiamo attribuire il salto del 1700 al Rinascimento e al progresso scientifico. Abbiamo imparato a lavarci le mani dopo aver lottato coi nostri maiali e che le malattie non erano causate da vapori infernali evocati dal pensieri impuri. Il salto intorno al 1870 corrisponde alla Rivoluzione Industriale, nella quale il carbone ha trasformato la produzione di acciaio (fornendo attrezzi agricoli), il trasporto ferroviario di beni e ha cominciato a meccanizzare l'agricoltura in modo limitato. Il 1950 segna la Rivoluzione Verde: la petrolizzazione completa dell'agricoltura, accompagnata da massicce campagne di fertilizzazione usando il gas naturale come materia prima. Questo porta alla tesi piuttosto semplice: Il surplus energetico presentatoci dai combustibili fossili ci ha permesso di nutrire le persone più facilmente in tutto il mondo. Il premio dei combustibili fossili trasformati in cibo ha incoraggiato un'esplosione dei tassi di nascita, come avviene virtualmente per ogni organismo date delle circostanze simili. E' così palesemente ovvio che sono imbarazzato ad aver indugiato su questo punto così a lungo.

L'energia fa crescere il numero di bambini?

Il surplus di energia aumenta il numero dei bambini. E' stata questa la mia affermazione al pubblico, sulla base dei puntini che ho collegato sopra. Quindi cosa diciamo del commento astuto secondo il quale i paesi con gli eccessi maggiori mostrano il tasso di crescita inferiore – persino negativo? Questa affermazione suona a sua volta vera, quindi come teniamo entrambi i pensieri in testa? Prima di scavare fra i dati, condividerò la mia risposta intuitiva. I paesi in via di sviluppo sono recipienti di cibo, medicine e beni prodotti dalle nazioni industriali del mondo. Il surplus di energia “qui” può far aumentare i bambini “là”. Tale redistribuzione sembra plausibile, in ogni caso. Ma perché le nazioni ricche di energia rallentino era meno ovvio per me, a parte per una maggior educazione e una maggiore autonomia delle donne.

Un camion a rimorchio di dati

Fate un po' di spazio, perché sto per portare un camion di dati e ve lo scarico sul vostro computer. In gran parte vengono dalle Statistiche Energetiche Mondiali Chiave della International Energy Agency del 2012. Dieci pagine su questa pubblicazione contengono i dati tabulari dell'appetito di energia del mondo, insieme a popolazione, PIL ed emissioni di CO2. Un po' di copia-incolla, editor magic e analisi Python possono trasformarli in un camion di grafici. Ho aggiunto i dati sui tassi di crescita della popolazione, in gran parte provenienti dalla statistiche della CIA. Inquietante, sì, ma questi erano i numeri più aggiornati sulla pagina di Wikipedia. La tavola della IEA comprende 139 paesi, ma aggrega anche diversi raggruppamenti chiave di paesi del mondo. Oltre a dare cifre per tutto il mondo, i sette raggruppamenti includono:


  • L'OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) include: Australia, Austria, Belgio, Canada, Cile, Repubblica Ceca, Danimarca, Estonia, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Ungheria, Islanda, Irlanda, Israele, Italia, Giappone, Corea, Lussemburgo, Messico, Olanda, Nuova Zelanda, Norvegia, Polonia, Portogallo, Slovacchia, Slovenia, Spagna, Svezia, Svizzera, Turchia, Regno Unito e Stati Uniti.
  • Il Medio Oriente include: Bahrain, Repubblica Islamica dell'Iran, Iraq, Giordania, Kuwait, Libano, Oman, Qatar, Arabia Saudita, Repubblica Araba di Siria, Emirati Arabi Uniti e Yemen.
  • L'Europa non-OCSE e l'Eurasia includono: Albania, Armenia, Azerbaigian, Bielorussia, Bosnia ed Herzegovina, Bulgaria, Croazia, Cipro, Georgia, Gibilterra, Kazakistan, Kosovo, Kyrgyzstan, Lettonia, Lituania, l'Ex Repubblica Yugoslava di Macedonia, Malta, Repubblica Moldava, Montenegro, Romania, Federazione Russa, Serbia, Tagikistan, Turkmenistan, Ucraina e Uzbekistan.
  • La Cina include la Cina continentale ed Hong Kong.
  • L'Asia include: Bangladesh, Brunei Darussalam, Cambogia, Taipei, India, Indonesia, Repubblica Democratica di Corea, Malesia, Mongolia, Myanmar, Nepal, Pakistan, Filippine, Singapore, Sri Lanka, Thailandia, Vietnam e altri paesi dell'Asia.
  • L'America non-OCSE comprende: Argentina, Bolivia, Brasile, Colombia, Costa Rica, Cuba, Repubblica Dominicana, Ecuador, El Salvador, Guatemala, Haiti, Honduras, Giamaica, Antille Olandesi, Nicaragua, Panama, Paraguay, Perù, Trinidad e Tobago, Uruguay, Venezuela ed altri paesi non-OCSE delle Americhe.
  • L'appartenenza all'Africa è evidente.

Le legende dei grafici, per rimanere compatte, tralasciano alcuni dei dati dell'elenco di cui sopra. Inoltre, i puntini periferici dei singoli paesi sono etichettati nei grafici attraverso un processo automatico. Non ho fatto un tentativo particolare per ripulire collisioni fortuite fra etichette. Dovrei anche premettere con una dichiarazione che tutto l'insieme di grafici che segue non è necessariamente centrale al mio punto principale. Ma immagino che saranno interessanti per molti di voi come lo sono stati per me, quindi perché non farne uno spettacolo? Cominciamo con uno sguardo ad un grafico familiare dell'energia come funzione del reddito.

Tasso di uso dell'energia come funzione del reddito per i paesi del mondo. Dati dal Rapporto della IEA del 2012

Sto usando la 'parità di potere d'acquisto' (purchasing power parity – PPP), essenza del PIL, intesa a mettere tutti nella stessa condizione per confronti di reddito significativi. Ho convertito l'energia annuale pro capite in una potenza (Watt) – perché questa è la mia unità di misura preferita e si allontana da “tonnellate equivalenti di petrolio”, unità di misura in cui sono espressi i dati originali. La tendenza non stupisce affatto: gli abitanti dei paesi ricchi usufruiscono di un più grande tasso di uso dell'energia, in media. I valori anomali sono sempre interessanti ed istruttivi. Gli Stati Uniti (sempre rappresentati con un puntino rosso su questi grafici) si spingono ben al di là del gruppo in entrambe le dimensioni, ma non in modo estremo – classificandosi dodicesimi nella potenza totale a persona a ottavi in ricchezza. Alcuni ricorderanno da post precedenti la regola empirica secondo la quale ogni americano gestisce circa 10 kW di potenza, equivalenti a circa 100 esseri umani metabolici (schiavi) equivalenti.

Tasso di elettricità distribuita come funzione del reddito nei paesi del mondo. 

Dal momento che è nella tabella, guardiamo cosa accade se restringiamo la nostra attenzione all'energia sotto forma di elettricità. L'Islanda era così esageratamente alta (circa il doppio della seconda, la Norvegia) che ho dovuto rimettere in scala il grafico e indicare il suo dato stratosferico, Gli Stati Uniti si classificano noni nell'uso pro capite di elettricità. Notate che la statistica vale per l'energia elettrica consegnata. L'energia primaria richiesta per generare e consegnare l'elettricità potrebbe giungere ad essere tre volte maggiore del tasso consegnato, a causa del tipico 30-40% di efficienza di conversione nelle centrali. Per gli Stati Uniti, l'elettricità conta per circa il 40% dell'energia primaria, non il 15% come il confronto diretto dei due grafici precedenti potrebbe far pensare. Prima di tornare alle statistiche sulla popolazione, diamo un'occhiata a come si impilano le  emissioni di CO2 fra le nazioni del mondo.

Produzione di CO2 pro capite come funzione del tasso di uso di energia nei paesi del mondo. 

E' più fondamentale l'intensità di carbonio della produzione di energia. La chimica di base suggerisce che ogni grammo di combustibili fossili crea tre grammi di CO2 e distribuisce circa 10 kcal, o 41.840 J di energia. Far funzionare 10.000 W per un anno (3.155×107 secondi) richiederebbe quindi 7,5 tonnellate di combustibile fossile, che genera circa 22 tonnellate di CO2. Il grafico sopra mostra il cittadino tipico statunitense che arriva a circa 17,5 tonnellate di CO2 all'anno. A questo manca la nostra stima per il greggio, perché nucleare, idroelettrico, biomassa ed altre rinnovabili ammontano a circa il 20% dell'energia totale, non incorrendo di fatto in nessuna penalizzazione di carbonio (inoltre, gli Stati Uniti entrano in un piccolo flusso di 10 kW). I paesi al di sotto della linea di tendenza principale hanno intensità di carbonio inferiori di quella degli Stati Uniti (1.82 t/anno per 1 kW di tasso energetico) L'Islanda è degna di nota per il fatto che ottiene energia elettrica abbondante da fonti geotermiche.

Produzione di CO2 come funzione del reddito dei paesi del mondo. 

Ora esaminiamo il reddito nel mix per vedere come le emissioni di CO2 sono correlate alla ricchezza. I paesi europei dell'OCSE tendono ad apparire dalla parte “buona” della correlazione, mentre il Medio Oriente tende ad avere prestazioni basse per questa misura.

PANORAMICA SULLA POPOLAZIONE

Guardando i grafici sopra, possiamo imparare qualcosa di importante sul fatto di aggiungere gente al pianeta. Aggiungere una persona in Africa ha un impatto molto piccolo sull'uso di energia e (pertanto) sulle emissioni di CO2 in confronto all'aggiungere una persona negli Stati Uniti, di un fattore di 10. Immaginate un bambino americano 20 volte più grande di un bambino africano. Un cittadino del Qatar supera di 45 volte un tipico cittadino africano quando si parla di CO2. Se si ha la voglia di pensare a dove limitare la crescita della popolazione, i paesi in alto in questo grafico emergono sugli altri. Tanto per dire.

Correlazioni della crescita della popolazione

Finora, abbiamo visto solo i parametri della pubblicazione delle Statistiche Energetiche Mondiali Chiave della IEA. Ora aggiungiamo il tasso di crescita della popolazione e vediamo come i dati si impilano.

Tassi di crescita della popolazione come funzione del reddito.

Il primo è il tasso di crescita contro il reddito medio. C'è una correlazione chiara sul margine sinistro: i paesi più poveri hanno tassi di crescita alti, ma si tuffano rapidamente verso tassi inferiori – persino negativi – più o meno nel momento in cui i guadagni medi raggiungono un quarto di quelli statunitensi. Poi succede una cosa divertente: il gruppo torna di nuovo su! Devo dire che questa verità stravolgente mi ha fatto saltare dalla sedia. Mi aspettavo una transizione più o meno graduale: ricco significa meno prole, secondo l'idea della transizione demografica. Di sicuro qui gioca un ruolo l'immigrazione. E' certamente responsabile della crescita della popolazione statunitense. Ma sarebbe difficile convincermi che le statistiche totalmente sbilanciate a redditi maggiori riguardino solo l'immigrazione. Dove sono le nazioni ricche con crescita negativa? Oltre alla Germania, non si trovano paesi a crescita negativa. Notate che da sotto la scritta in alto a destra c'è il Qatar, che sfida apertamente il mantra secondo il quale “la ricchezza riduce la crescita” - e che vanta simultaneamente una crescita e un reddito superlativi. Forse questo non dovrebbe sorprendere troppo tenendo conto del fatto che le potenze economiche sono dipendenti dalla crescita e una popolazione fiacca è una ricetta per la recessione. Un ingrediente chiave per garantire un futuro più grande sono più persone giovani che lavorano: oltre a fornire il lavoro, la gioventù in crescita permette che funzionino il sistema pensionistico e l'assicurazione sanitaria. Infatti, la Germania sta cercando di combattere il declino della propria popolazione, che mette in pericolo la competitività economica. Quando ho visto questo articolo sul NYT, mi sono lamentato del fatto che la politica di protezione della crescita economica ci schiavizza a mettere al mondo più bambini. Preferirei che la razza umana sia la padrona dell'economia, non il contrario. Una citazione dall'articolo:

Forse non c'è miglior posto della campagna tedesca per vedere l'impatto nascente della caduta del tasso di fertilità dell'Europa nei decenni, un problema che ha implicazioni spaventose per l'economia e la psiche del Continente. 

E che dire della correlazione energetica, che trovo più intrinsecamente interessante?

Tassi di crescita della popolazione come funzione del tasso di uso di energia primaria. 

Naturalmente, la correlazione esistente fra energia e reddito si dispone per osservare l'emergere di uno schema simile. E infatti vediamo ancora il canale della fertilità che appare a tassi di energia modesti. A parte Trinidad e Tobago, nessun paese con un tasso di uso dell'energia maggiore di 7kW ha intenzione di unirsi al club della crescita negativa. Se non altro, trovo questo grafico più convincente di quello precedente: la curvatura a U è più evidente. Ancora una volta, è difficile sostenere che l'aumento di disponibilità di energia riduca il flusso di bambini. E alla fine ecco un grafico che ho trovato piuttosto impressionante. Le statistiche della IEA includono misure della produzione totale di energia, del consumo e delle importazioni/esportazioni nette. Quindi ho guardato il tasso di crescita come funzione della frazione del consumo di energia di una nazione che questo produce.

Tassi di crescita della popolazione come funzione dell'energia frazionale prodotta dal paese o dalla regione. Gli esportatori di energia sono sulla destra della linea verticale. 

Ho dovuto mettere l'asse orizzontale su scala logaritmica per distribuire i punti in modo ragionevole. Molti paesi sono tagliati fuori nella parte sinistra (meno di un decimo del loro consumo di energia viene prodotta internamente), ma tutti gli esportatori netti di energia sono rappresentati. Vediamo che i paesi con un surplus di energia (gli esportatori) tendono a loro volta ad aumentare la popolazione. A sinistra della linea di parità (10^0 = 1 significa produzione e consumo bilanciati), è di gran lunga più improbabile che i paesi abbiano tassi di crescita più bassi o negativi. Guardare i punti di dati aggregati (forme colorate) forse rivela la correlazione in modo più forte. Il surplus di energia tende a portare a un surplus di persone, nel nostro mondo reale.

Raccogliere i pensieri

Questo è un tema complesso. Per fare un lavoro accurato avrei dovuto distinguere i tassi di nascita da immigrazione da quelli interni. Ma certamente il grafico sopra getta dei dubbi sulla storia intuitiva secondo cui le nazioni ricche di energia o soldi tendono a tassi di crescita inferiori. Come si spiega la tendenza a forma di U? La rapida curva in discesa è molto probabilmente dovuta ai miglioramenti nell'educazione delle giovani donne. Volete tagliare i tassi di gravidanza fuori controllo? Date dei libri alle ragazze. E' molto di più che semplicemente educare le donne al controllo delle nascite e alla riproduzione, ecc. L'educazione rafforza le donne nel lavoro e per fare scelte libere. Se manca questa, il cibo importato finanziato dai governi delle nazioni industriali e da enti di beneficenza permette al surplus di attraversare i confini e fornire la materia prima per nuovi bambini. Questo mi fa mettere in dubbio il beneficio globale dell'aumentare la popolazione fornendo assistenza alimentare. Una volta ho contribuito a tali finanziamenti, ma ora mi sento confuso: qual è il piano qui? Capisco l'urgenza umanitaria di sostenere le popolazioni affamate – davvero. Questa simpatia universale è parte della natura umana, ma potrebbe diventare una delle forze che ci lega a binari che portano alla sovrappopolazione e al collasso finale. E' questa la mia preoccupazione. Sostenendo le popolazioni affamate adesso, non è che ci stiamo solo raddoppiando e così alla fine il numero delle persone che soffre è più grande? La cattiva notizia è inevitabile? Finché non ho un quadro più chiaro sono in qualche modo paralizzato nel mio desiderio intrinseco di dare sostegno.

In ogni caso, è abbastanza facile trovare i motivi per cui il tasso di crescita dovrebbe ridursi quando l'energia/ricchezza si libera dal fondo del barile. Ma perché il contrario?Un modo per rispondere e chiedersi: perché gli Stati Uniti hanno vissuto un boom demografico dopo la Seconda Guerra Mondiale? Significativamente, gli Stati Uniti dominavano la produzione di petrolio in quel periodo: allora eravamo per il mondo ciò che il Medio Oriente è oggi. Erano tempi di vacche grasse. Eravamo pieni di speranza ed ottimismo e credevamo di poter fare qualsiasi cosa. Questo è un buon clima per fare bambini, più gente. Prendiamo decisioni su cosa possiamo permetterci di sostenere sulla base delle condizioni attuali e un po' di senso di luminosità del futuro. Il surplus di energia, unito ad un istinto primario di passare i nostri geni e metter su famiglie, ci pone su un sentiero prevedibile.

Dov'è il vero problema della popolazione?

Noi occidentali tendiamo a puntare il dito verso i paesi in via di sviluppo come i maggiori colpevoli della crescita della popolazione. Ed è vero che i tassi di crescita frazionari in quei paesi sono allarmanti, con tempi di raddoppio di pochi decenni. Siamo giustificati nel chiederci come verrà sfamata questa popolazione.

Ma abbiamo anche visto che in termini di consumo di risorse, aggiungere un abitante del Qatar è circa 45 volte peggio che aggiungere un africano medio. Aggiungere un cittadino statunitense è circa 20 volte peggio. Tuttavia, conta realmente quanto sia stravagante la vita di un cittadino medio di Qatar, Kuwait, Trinidad e Tobago o Lussemburgo? Sono paesi piccoli. La nostra preoccupazione non dovrebbe rivolgersi a luoghi come India o Cina? Mettete insieme vaste popolazioni e sviluppo aggressivo e quei paesi sono nella posizione di cambiare il calcolo globale in modo piuttosto drammatico. Visti i dati sulla popolazione e sul tasso di crescita, facciamo presto a calcolare il numero di persone aggiunte all'anno in ogni paese. Ora, ipotizziamo che le persone aggiunte abbiano le condizioni medie della nazione nel suo complesso. Così possiamo moltiplicare il numero di persone aggiunte per l'uso nazionale di energia pro capite e ottenere la quantità totale di domanda di energia aggiunta sul pianeta a causa della crescita della popolazione. Fuori dai grafici...


Domanda di energia annuale assoluta aggiunta come risultato della crescita della popolazione, come funzione del numero di persone aggiunte ogni anno.

L'India aggiunge circa 15 milioni di persone all'anno (wow!). La Cina ne aggiunge poco più di 6 milioni. La Nigeria è la successiva, con circa 4 milioni. Poi abbiamo gli Stati Uniti che aggiungono 3 milioni di persone all'anno. Ma di questi, gli Stati Uniti sono i più affamati in termini energetici. Il grafico mostra quanti petajoule (PJ) di domanda vengono aggiunti ogni anno per paese a causa della crescita della popolazione (altri fattori possono anche contribuire  alla crescita o al declino dell'energia; qui isoliamo la porzione della popolazione). Come riferimento, l'appetito annuale di tutto il mondo è di 530.000 PJ. Ciò che vediamo è che la crescita della popolazione negli Stati Uniti sta aggiungendo domanda di energia più rapidamente di ogni altra nazione della Terra. La Cina e l'India sono a loro volta importanti (e in termini assoluti sono certamente più importanti come produttori di aumento di energia, a causa del loro standard di vita che cambia rapidamente). Ma la risposta alla domanda: quale crescita di popolazione sta avendo l'effetto più grande sulla domanda globale di energia? - sono gli Stati Uniti. 

Si potrebbe facilmente ribattere che nel corso delle vite dei nuovi aggiunti, le aggiunte finali di energia causate dall'attuale crescita di popolazione della Cina supereranno quelle dell'America a causa del cambiamento di strandard di vita. Per prima cosa, non è chiarissimo quanto durerà il colosso cinese contro le sfide sconosciute del futuro. Ma forse è più importante che gli spintoni per la posizione di testa potrebbe oscurare il risultato lampante evidente nel grafico. Sono Stati Uniti, Cina e India i posti dove la crescita della popolazione sta guidando l'aumento globale della domanda di risorse – nella misura in cui l'energia è un proxy per risorse generiche. Il resto del mondo è di importanza secondaria in questa classifica. Dov'è che la crescita della popolazione mette più pressione sulle risorse? Sono questi tre paesi, con gli Stati Uniti attualmente ben più avanti degli altri due. Nel frattempo, l'Ucraina sta facendo il lavoro migliore nel rimuovere domanda dal mondo. 


Capacità di energia elettrica annuale aggiunta come risultato della crescita della popolazione, come funzione del numero di persone aggiunte all'anno. 

La storia dell'elettricità è simile. La crescita della popolazione negli Stati Uniti sta portando l'aggiunta di circa 4 GW di capacità annua di generazione elettrica. Ancora una volta, la Cina e l'India sono sulla mappa, col resto del mondo ammucchiato nell'angolo in basso a sinistra.

CO2 annuo assoluta aggiunta come risultato della crescita della popolazione, come funzione del numero di persone aggiunte all'anno. 

Una cosa moderatamente interessante accade quando disegniamo il grafico in termini di CO2. Siccome India e Cina usano fonti energetiche “più sporche”, in termini di CO2, il divario fra gli Stati Uniti e Cina/India è minore. Gli Stati Uniti sono ancora al vertice, ma lo sono in modo meno schiacciante. Alcuni paesi mediorientali si sforzano a loro volta di staccarsi dal gruppo – ma non in un buon modo.

Senza figli per scelta

L'elenco di ragioni per cui mia moglie ed io abbiamo deciso di non avere bambini è lunga (questo non significa che non abbiamo visto anche benefici). Questo post tratta una delle sfaccettature. Aggiungere un bambino negli Stati Uniti ha un impatto sproporzionatamente grande sulle risorse globali, la cui natura finita sta diventando sempre più evidente. Ad un certo livello, il nostro è un tentativo di fermare la spinta umana innata a riprodursi (che condivido), perché questo risulta nell'aggiunta di più persone al pianeta – forse non la strada più saggia al momento. I genitori dipingono prontamente la nostra scelta come egoista – probabilmente perché abbiamo più libertà nel modo di passare il nostro tempo. Ma le argomentazioni di egoismo sono destinate a fallire: virtualmente, ogni scelta che fanno gli esseri umani comporta la considerazione di sé stessi, pertanto hanno una componente egoistica. Rigirando l'argomentazione, non avendo figli, ci priviamo: delle gioie innegabili di essere genitori (miste all'occasionale esasperazione), potenziali badanti per quando invecchiamo e perdiamo la capacità di fare da soli e un collegamento genetico col futuro. In parte, compenso questi vantaggi perché ho difficoltà a giustificare perché le mie necessità personali debbano provenire ad un costo smisurato per una civiltà sfidata in un modo senza precedenti. In questo senso, posso con la stessa facilità prendere la decisione di avere figli come la scelta egoista. Poco popolare con chi procrea: la gente non apprezza di essere etichettata come egoista. Mi aspetto qualche ululato.

La sfera di cristallo all'ombra del petrolio

Cerco di essere attento a non trasmettere certezza sul futuro – che non è un comportamento che osservo spesso da parte degli ottimisti. Piuttosto, cerco di indicare possibilità distinte che collettivamente tendiamo a ignorare o a negare. Solo attraverso una maggiore consapevolezza verso problemi trascurati posso sperare che le mie preoccupazioni si rivelino sbagliate. Sarebbe un bel risultato e infatti per me il punto è tutto qui. Ci troviamo nel bel mezzo di un esperimento non pianificato su una scala senza precedenti. Abbiamo 7 miliardi di persone sul pianeta, che crescono di circa 3 persone (nette) al secondo. E' una corsa folle e senza controllo verso il futuro. Si potrebbero immaginare scenari metaforici come quello di sbattere contro un muro o contro una scogliera, esaurire noi stessi e fermarci per prendere fiato o saltare nello spazio per lasciare il pianeta. Certamente faccio anche io le mie supposizioni, ma non posso esplicitare un futuro non scritto.

Mi riporto su al grafico più importante che informa la mia visione del mondo. Sappiamo che i combustibili fossili hanno dominato in lungo e in largo la scala del nostro uso di energia e che questi sono risorse finite. Possiamo quindi fare il seguente grafico con una certa sicurezza. Sono particolarmente sicuro del punto di domanda del futuro.

Sul lungo termine, l'era dei combustibili fossili è un puntino, con una parte in discesa che fa da specchio alla parte (più divertente) in salita.

Nella misura in cui il surplus di energia è responsabile del boom della popolazione, la simmetria della curva dei combustibili fossili porta con sé un potere predittivo anche per la popolazione? Queste curve sono state storicamente legate. L'onere della prova è per gli ottimisti che presumono che possiamo spezzare la dipendenza. In un post precedente, ho enfatizzato le difficoltà associate alla rottura di questa curva. In un altro post hodisposto in tabelle la superiorità relativa dei combustibili fossili sulle alternative attuali, amplificando la sfida. Non è fisicamente impossibile, ma sostenere miliardi di persone su questo pianeta sul lungo periodo non è una cosa che ci stiamo dimostrando di essere capaci di fare. Se le registrazioni storiche sono piene di esempi di civiltà che hanno raggiunto il picco, lo hanno oltrepassato e sono collassate, diventa piuttosto difficile sottoscrivere la nozione per cui stavolta sarà diverso, quando siamo di fronte a così tante sfide monumentali e simultanee.  La popolazione, come riflesso della natura umana, potrebbe ben essere la madre di tutte le sfide. Strettamente legato alla domanda di risorse, il problema non se ne andrà ignorando i nostri ruoli personali e focalizzando invece l'attenzione sui paesi poveri lontani mezzo mondo. La crescita economica incentiva la crescita della popolazione, che gioca proprio nei nostri desideri biologici. Sarebbe una boccata d'aria fresca non essere più schiavizzati come vittime di entrambe queste forze. Altrimenti non riusciremo davvero a scrivere il nostro futuro. E alla Natura non importa se noi non capiamo.

- Altro su: http://physics.ucsd.edu/do-the-math/2013/09/the-real-population-problem/#sthash.PtPRJSvm.dpuf