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mercoledì 19 aprile 2023

Effetti del Covid: un paese in uno stato di paralisi culturale spaventosa


Tu sei


Sara Gandini è una ricercatrice italiana in campo epidemiologico fra le più quotate a livello internazionale. E' anche una persona che si è impegnata personalmente per difendere i diritti civili e umani durante la follia pandemica, come pure per difendere la scienza, quella vera, da quelli che l'hanno sfruttata per scopi politici o per i propri interessi economici. Per questo, Sara Gandini è stata maltrattata e insultata in vari modi durante il periodo dell'epidemia.

Qui, Sara scrive un commento sulla situazione ormai incancrenita del dibattito in Italia. Se era e rimane corretto non fidarsi di quello che ci raccontano i teletromboni di stato che pretendono di rappresentare "La Scienza", è altrettanto sciocco affidarsi al primo rattoppato cerebrale che spiega su youtube che ha trovato grafene nei vaccini, il che prova che sono stati progettati come strumenti per un programma di sterminio dell'umanità. Purtroppo, non c'è nessun dialogo fra i due campi opposti. Cercare di ragionare razionalmente su qualunque cosa sembra essere diventato impossibile in un paese che si trova in uno stato di paralisi culturale che ormai definiresti come simile a un paziente con danni cerebrali irreversibili. (UB)


Di Sara Gandini

Capisco benissimo la rabbia di chi è stato discriminato perché non vaccinato, di chi si è vaccinato contro voglia per non perdere il lavoro, ancora di più di chi è stato obbligato a vaccinare i figli perché potessero fare sport o andare a scuola.

Capisco anche chi si fida sempre meno di medici, scienziati, istituzioni e teme di essere vittima di un grande esperimento sociale. Che ci siano grandi interessi economici, ma anche di potere, dietro a quello che è accaduto durante la pandemia, ma che accade ancora adesso, dalla guerra alle nuove politiche emergenziali, è indubbio.

La cosa però che mi fa rabbia è che sia così difficile creare spazi di discussione libera.

Se da una parte abbiamo i seguaci del burionismo, i terroristi del covid19, i sostenitori della scienza che diventa religione, per cui chi porta senso critico è necessariamente un pericoloso analfabeta funzionale, novax, negazionista...

Dall'altra abbiamo le comunità che cercano di ribellarsi ma finiscono per banalizzare ogni discussione sulla pandemia, e invece di stare su un livello politico, regolarmente arrivano a sostenere che i vaccini sarebbero il male assoluto, la causa di ogni malattia.

Così come mi sono arrabbiata quando le istituzioni si sono sottratte al convegno organizzato dal Politecnico di Torino, altrettanto non sopporto più chi invita a parlare solo chi aderisce perfettamente alla propria narrazione e sostiene il proprio schieramento. Anche chi parla di una medicina personalizzata e che rispetta le scelte dei singoli viene attaccata se non demonizza il vaccino, come è capitato più volte alla sottoscritta, perché per definizione tutti i medici e gli scienziati sarebbero corrotti e inaffidabili.

In entrambi i casi lo scambio tra posizioni differenti fa problema. L'altro viene ridotto regolarmente a nemico.

Ogni discussione viene ridotta a scontro e si ripetono le parole d'ordine del proprio schieramento, senza rendersi conto che questa contrapposizione è assolutamente funzionale a chi vuole impedire una seria discussione sulla pandemia, ma in generale su dove sta andando la nostra società.

Chi alimenta queste contrapposizioni ha una grande responsabilità anche perché tutto questo porta ad un infinito senso di impotenza a livello politico. E lo stiamo vedendo a ogni livello.

Rispecchiarsi nell'identico a sé alimenta il proprio narcisismo ma impedisce di camminare e di cambiare punto di osservazione, di allargare lo sguardo. Che è ciò di cui abbiamo bisogno.


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Vi può interessare anche dare un'occhiata ai commenti al post, alcuni dei quali veramente interessanti, come questo di Carmelina Salvatore

Carmelina Salvatore

Provo.

Io mi sono vaccinata nell'estate 2021, non c'era pass etc. Con molti dubbi, con molta paura perché la sensazione era quella di giocare alla roulette russa, quando i giornali rilanciavano la notizia della ragazza deceduta in Liguria.

Non ho subito discriminazioni, non ho avuto limitazioni nella mia vita e nei miei diritti.

Molti miei amici non si sono vaccinati. Loro sono stati discriminati, hanno avuto limitazioni nella vita e nei loro diritti. Alcuni erano padri di famiglia, a cui non è stato consentito neanche di vedere la recita di Natale a scuola del figlio, compagno di classe di mia figlia. Io e mio marito eravamo alla recita con un groppo in gola pensando a lui. Un dispiacere indimenticabile.

Quella discriminazione, quella umiliazione io l'ho sentita sulla mia pelle, benché non mi riguardasse direttamente. Mi ha spaventata, ha umiliato profondamente il mio personale senso sociale ed umano. È come se lo avessero fatto a me.

In questo, e nei mesi in cui tutto ciò è accaduto, non si può parlare di banalizzazione di posizioni perche la gravità assoluta di cio che è accaduto ci ha consegnato una società, un sistema di diritto, un sistema di regole troppo diversi da quelli di prima che conoscevamo tutti. Chi ha vissuto quelle discriminazioni in via diretta ha vissuto un vero e proprio trauma emotivo dal quale per molti di loro è molto difficile riprendersi. È questo trauma che impedisce il dialogo. Ed io lo capisco. È stato troppo, troppo per loro perfino perdere lo stipendio per campare la famiglia e i figli. Una umiliazione indicibile per le persone. Come si fa a dialogare per loro o chiedere a loro una posizione meno agguerrita?

È stato un trauma sociale, al pari di quello storico politico culturale sociale tra neri e bianchi ad esempio.

Perché è l'ideologia in sé della discriminazione che fa danno e lo fa in maniera molto profonda, non la singola o la specifica discriminazione in un dato momento storico o in uno specifico paese del mondo.

Sono stata prolissa, lo so.

Ma per me, anche come donna di legge, è una ferita che non rimargina. Figuriamoci per chi lo ha vissuto direttamente.

Credo che per questo noi riusciamo a conservare un equilibrio nelle valutazioni delle circostanze e dei fatti, ma tante altre persone no.

E questo vale per i vaccini e per il pass e per i medici. Per tutto ciò che riguarda questi tre anni.
(Scopro per esempio che si usa ora la parola vaccino per il cancro. Se lo chiamassimo "immunoterapia" la gente non sbarellerebbe. Invece sbarella e forse a buona ragione. Il cancro non nasce da un agente infettivo. Ma tant'è)


mercoledì 22 luglio 2020

A cosa servono i modelli? Pillole di ottimismo di Sara Gandini e Ugo Bardi



 
Questo post è il risultato di una collaborazione con Sara Gandini, direttrice dell’unità "Molecular and Pharmaco-Epidemiology" presso il dipartimento di Oncologia Sperimentale dell’Istituto Europeo di Oncologia di Milano (IEO). E' un grande onore per me avere la possibilità di collaborare con una persona di tale livello scientifico. E' anche un grande piacere notare come Sara trovi il tempo e la voglia di dedicarsi alla divulgazione scientifica, cosa che tutti gli scienziati dovrebbero fare ma che, purtroppo, molti ancora considerano al di sotto della loro dignità professionale. (e poi non si lamentino se qualcuno protesta).
 
Dal sito Facebook Pillole di Ottimismo

Covid, i modelli predittivi servono? Ecco cosa è andato storto.

 Di Ugo Bardi e Sara Gandini.

Molte decisioni prese per fronteggiare l’epidemia di Covid-19 sono state basate su modelli predittivi. Questi modelli sono stati criticati per non aver preso in considerazione una serie di variabili che avrebbero migliorato le previsioni, ma anche per non avere tenuto in conto il benessere della comunità nel suo complesso, non solo la salute dei singoli, ma anche il benessere sociale ed economico della società intera. Che cosa è andato storto? È mancata l’intelligenza collettiva che arriva dal coinvolgimento di tutta la comunità scientifica e i politici hanno preferito affidarsi ad una ‘epidemiologia difensiva’ basata sullo scenario peggiore, alle volte a spese del reale benessere della popolazione.
 


Molto tempo fa, i nostri antenati aruspici cercavano di prevedere il futuro esaminando il fegato di una pecora. C’erano poi varie sibille, profetesse e pitonesse che facevano del loro meglio basandosi sulle stelle, le foglie degli alberi, il volo degli uccelli, o chissà che altro. Oggi, tendiamo a non dare molta retta a questo tipo di approccio alle previsioni però, pur con tutto il rispetto per la scienza moderna, va detto che la previsione del futuro rimane una cosa molto difficile e che, certe volte, la scienza non sembra fare molto meglio dell’antica pitonessa di Delfi.

Questo è vero soprattutto considerando come si tende a usare modelli per descrivere quei sistemi che chiamiamo “complessi” che hanno come caratteristica principale quella di sorprenderti sempre. Per questi sistemi, non c’è un’equazione semplice che li descriva, come c’è invece per esempio, per il moto dei corpi celesti nello spazio. Immaginatevi cercare un’equazione che descriva, per esempio, il vostro gatto. Non facile, di certo! Tuttavia, non è che il comportamento di un gatto sia del tutto imprevedibile. Provate ad agitare la scatola dei croccantini e sapete benissimo cosa succede. Si tratta di capire che non bisogna avere la pretesa di fare previsioni quantitative a lungo termine quando sappiamo bene che tutto può cambiare alla svelta.

Un buon esempio della difficoltà che abbiamo nel prevedere il futuro si è visto con i modelli epidemiologici applicati alla pandemia di coronavirus, che sono risultati spesso troppo ottimisti o troppo pessimisti. Tanto per fare un paio di esempi, il modello di IHME (Institute for Health Metrics and Evaluation) in Aprile, prevedeva meno di 20.000 vittime dell’epidemia in Italia mentre, a oggi, il numero reale è stato di 35.000. Al contrario, Greco riporta come “Il modello [dell’Imperial College di Londra] prevedeva in Italia oltre mezzo milione di morti per Covid-19 se non si fosse preso alcun provvedimento, e “soltanto” 283 mila decessi applicando, come di fatto è stato fatto, “il più rigido lockdown.” Per fare un altro esempio, per la Svezia il modello di IHME era arrivato a prevedere quasi 20.000 morti in Aprile, mentre il numero reale si è assestato a poco oltre 5000.
Sulla base di questi e altri risultati Guido Silvestri è arrivato al punto di proporre che bisognerebbe promettere che tali modelli non saranno più usati per prendere decisioni politiche. Si riferiva ai modelli che sono stati usati per prevedere l’andamento di COVID-19 in Italia con la “riapertura” e che non hanno tenuto sufficientemente conto di fattori come “la stagionalità dei coronavirus, la migliorata capacità di gestire COVID-19 dal punto di vista medico/epidemiologico, e la herd immunity, a cui potrebbero contribuire la cross-reactivity con altri coronavirus umani”. Altrettanto critico è stato l’epidemiologo Donato Greco su Scienza in Rete dove ha descritto il fallimento del modello dell’Imperial College che è stato alla base delle decisioni politiche che sono state prese in Italia e in altri paesi. Donato Greco sottolinea l’importanza di prendere decisioni che riguardano il benessere della comunità tenendo conto non solo della salute dei singoli, ma anche del benessere sociale ed economico della società intera.

Mentre con il coronavirus i modelli hanno semplicemente “dato i numeri.” Se volete la nostra opinione, che su dati e modelli ci traffichiamo da un pezzo, questi modelli non hanno aiutato perché dipendono da dati e assunzioni in larga parte non verificabili, da una parte hanno tenuto fuori dal quadro aspetti importanti, come ad esempio le enormi differenze geografiche che si osservano anche per la mortalità da influenza stagionale, dall’altra hanno inserito troppi parametri che rendono difficile interpretare i modelli. E il risultato è un po’ quello che succede quando uno va a vedere un museo tipo il Louvre a Parigi. Dopo che hai visto centinaia di quadri e sculture, non capisci più nemmeno cosa stai vedendo.

Ora, non è che i modelli non siano utili per prevedere il futuro, ma vanno capiti. Vi ricordate quando il ministro Francesco Boccia chiedeva alla comunità scientifica “certezze inconfutabili” sull’epidemia? Evidentemente, pensava che gli scienziati potessero vedere il futuro nel fegato di qualche pecora e venirsene fuori spiattellando il volere degli Dei, ma non funziona così. Il ministro non aveva capito nulla di come funzionano i modelli. Ma non era solo un problema del ministro. Succede spesso che, invece di usare i modelli come fonte di informazione e comprensione della realtà, i politici li strumentalizzano per supportare programmi di “epidemiologia difensiva” che soffre dello stesso problema della “medicina difensiva,” ovvero la volontà di agire principalmente con lo scopo difendersi da possibili rischi giuridici, alle volte a spese del reale benessere del paziente. Così l'epidemiologia difensiva segue la strategia di adottare lo scenario peggiore come se fosse esente da rischi. Ma ogni scelta comporta effetti sulle persone che sono non meno importanti e non meno drammatici dell’impatto diretto del virus. Questo problema è descritto in una recente “Pillola di Ottimismo.”

I modellisti dovrebbero quindi sottrarsi al gioco di presentare le proiezioni ottenute dai modelli come se fossero certezze in modo tale che ai politici non sia più consentito scaricare la responsabilità sui modelli o sugli scienziati stessi. Al contrario i ricercatori dovrebbero mettere in chiaro le ipotesi da cui si parte, e le misure di precisione, quindi di variabilità delle stime che si fanno, inclusi i limiti intrinsechi in ogni lavoro. In particolare, una grave limitazione dei modelli epidemiologici è stata quella di non tentare di quantificare gli effetti collaterali dei rimedi proposti sulla base dei risultati delle simulazioni: danni alla salute causati dal lockdown, dal trascurare altre forme di malattie, dalla depressione causata dall’isolamento delle persone anziane e molti altri effetti. Questo problema non è stato capito né dai politici né dal pubblico

Su questo punto, è uscito recentemente su Nature un articolo interessante che presenta un manifesto per le migliori pratiche per la modellazione matematica responsabile: Cinque semplici principi per aiutare la società a richiedere la qualità di cui ha bisogno dalla modellistica:
-attenzione alle assunzioni
-attenzione all’arroganza
-attenzione al contesto
-attenzione alle conseguenze
-attenzione a tutti gli aspetti sconosciuti
-attenzione a usare i modelli per porre domande non per dare risposte

Nelle conclusioni gli autori spiegano che questo testo non auspica la fine della modellistica quantitativa, né modelli apolitici, ma una divulgazione completa, schietta e responsabile. Soprattutto bisogna fare in modo che i modelli siano discussi all’interno della comunità scientifica in modo che si crei una intelligenza collettiva che includa come scrive Donato Greco “l’incertezza, i rischi, gli effetti collaterali, quindi l’assunzione di responsabilità pesanti”. Per questo, quanto più ricca è “l’Intelligence” più appropriate saranno le scelte che questa emergenza richiede.

Alla fine dei conti, ricordiamoci che se è vero che il futuro non si può prevedere, è anche vero che per il futuro si può sempre essere preparati.

https://covid19.healthdata.org/italy
https://www.scienzainrete.it/…/scar…/donato-greco/2020-05-11
http://maddmaths.simai.eu/comu…/risposta-di-guido-silvestri/
https://www.ilfattoquotidiano.it/…/coronavirus-il-…/5769710/
https://www.facebook.com/pillolediottimismo/posts/143815370692276
https://www.nature.com/articles/d41586-020-01812-9