Guest post di Fabio Vomiero
Mi ero
ripromesso di non scrivere niente sul Coronavirus, visto che il
panorama mediatico è già ampiamente affollato fino alla noia.
Poi però ho
pensato che potesse invece trattarsi di una buona occasione per
cercare di analizzare, in chiave epistemologica, l'incontro tra gli
aspetti più teorici della scienza stessa e gli aspetti invece più
pratici, quelli per esempio delle reazioni concrete del mondo
scientifico di fronte ad una insolita emergenza, o quelli, ancora più
interessanti, delle interconnessioni, spesso problematiche, tra
scienza e società.
Cominciamo
quindi dall'inizio. Una pandemia virale di origine zoonotica,
originata molto probabilmente da una serie di comportamenti umani
assolutamente deplorevoli, ampiamente pronosticata dalle scienze
biologiche da almeno un trentennio, e che arriva dopo che i
precedenti segnali di allarme, susseguitesi a pochi anni di distanza
l'uno dall'altro, i casi SARS e MERS, non erano andati a buon fine,
dalla prospettiva del virus, soltanto per via di qualche contingenza
fortunata.
E questo è
già il primo grande tema su cui riflettere: la scienza da una parte, che studia,
indaga, capisce, conosce, predice scenari, individua rischi, e la
società bulimica e intellettualmente limitata e miope dall'altra,
che non riesce a guardare oltre l'orizzonte piatto del PIL,
dell'economia e della finanza.
Vengono
allora in mente una miriade di altre questioni analoghe: i
cambiamenti climatici, lo sfruttamento e l'esaurimento delle risorse,
l'inquinamento, la prevenzione dei danni da terremoti o da altri
eventi estremi, il modello alimentare e dello stile di vita, gli OGM
e altro ancora.
Ma il
Covid-19 è comunque una novità nel panorama scientifico, è un
virus nuovo, non lo conosciamo nel dettaglio, non ci sono cure specifiche nè
vaccini, non abbiamo solidi dati epidemiologici disponibili,
tuttavia, come spesso accade, la scienza trova e utilizza sempre i metodi e
le conoscenze per poter operare nel miglior modo possibile.
Si
costruiscono modelli, si fanno inferenze e ragionamenti, si
individuano pattern ricorrenti, si trovano analogie con quello che
già si sa, si elaborano le migliori ipotesi plausibili, si utilizza la
mente allenata e preparata di gente che studia sistemi simili da
tutta una vita, non si cade mai dalle nuvole come invece fanno la
maggior parte dei politici e di tutte quelle persone che leggono
soltanto i romanzetti d'amore, piuttosto che qualche buon libro
divulgativo scritto da scienziati seri e preparati.
Ma il prof.
Burioni dice una cosa, il prof. Tarro un'altra, la professoressa
Capua un'altra ancora... Certo, è possibile, non è una cosa
positiva, ma è possibile, semplicemente perchè nè Burioni, nè
Tarro e la Capua sono "la scienza", ma soltanto alcuni
esponenti umani della scienza stessa che, con tutti i loro pregi, i
loro limiti, le loro ambizioni e il loro background culturale,
decidono di esporsi al pubblico con ragionamenti anche rischiosi,
così come ogni altro essere umano.
Bisogna
quindi stare molto attenti di questi tempi, è per questo che anche
nei confronti della scienza, prima o poi dovremo imparare
necessariamente a "farci l'orecchio", allo stesso modo di
come ce lo facciamo naturalmente e allegramente per la letteratura,
la pittura o la musica.
Del resto,
anche nel caso del Coronavirus, fin dal momento dell'inizio
dell'epidemia si sarebbero già potuti tracciare, a grandi linee, i
possibili scenari con le sole conoscenze scientifiche che già
avevamo e che comunque sono state poi integrate velocemente dai
risultati che man mano sarebbero arrivati da quella grande macchina
di produzione di conoscenza che si chiama ricerca scientifica. Un
sistema di lavoro creativo, intersoggettivo, universale, sinergico e
proteso verso obiettivi comuni, che unisce gli scienziati negli
intenti e nei metodi e dove certamente non mancano i dibattiti e le
discussioni, seppure all'interno di linguaggi e contesti specifici e
condivisi.
I problemi,
infatti, non sono quasi mai rappresentati dalla scienza, siamo sempre
noi, semmai, miseri esseri biologicamente simili a molti altri
animali, che facciamo un uso spesso sconsiderato delle conoscenze
scientifiche per creare i nostri "mostri", teorici o
tecnologici che siano. Scienza e tecnica non sono per niente la
stessa cosa anche se seguono dinamiche molto spesso interconnesse, ci
vuole la massima chiarezza su questo punto.
Tornando al
Coronavirus, per esempio, anche la creazione dell'ultimo gadget tecnologico, "App Immuni", non
è affatto scienza, ma soltanto l'ennesima e misera dimostrazione di
quanto, in effetti, le logiche della scienza continuino ad essere,
purtroppo, ancora molto distanti da quelle di certa tecnologia e
della società.
Nel caso di
Immuni, per esempio, si tratta ancora una volta di quella diffusa
trappola concettuale che tende a confondere la realtà, con il
modello della realtà stessa.
Tutti i dati
che abbiamo sull'epidemia, infatti, non sono dati reali, ma soltanto
stime, modelli quantitativi che a fatica sviluppiamo per poter
studiare e seguire in qualche modo il fenomeno. I numeri reali sono
tutt'altra cosa e nessuno li conosce veramente, probabilmente il
numero dei contagiati effettivi da Coronavirus potrebbe essere di
almeno 3-4 volte superiore, ma ne sapremo certamente di più tra
qualche mese.
Ma a parte
l'allegorica trovata di Immuni e di qualcos'altro, una lancia a
favore del nostro governo la vorrei comunque spezzare, perchè,
nonostante gli errori ovvi e naturali che chiunque avrebbe commesso
in una situazione del genere, i nostri rappresentanti hanno invece
capito, con coerenza e intelligenza, che l'unico modo possibile per
cercare di gestire e arginare al meglio l'emergenza sarebbe stato
quello di ascoltare e avere fiducia nelle principali istituzioni
scientifiche nazionali e internazionali.
Per esempio,
l'epidemia nel nostro Paese è iniziata, come sempre accade, con una
curva di aumento dei nuovi casi (incidenza) di tipo esponenziale, ma
che ha raggiunto rapidamente il suo punto di flesso soltanto dopo un mese
circa (esattamente una dozzina di giorni dopo l'inizio del lockdown),
mentre i casi totali (prevalenza) hanno raggiunto, per il momento, un
valore massimo che, tenendo conto di quel fattore 3 o 4, potrebbe
essere stimato in almeno 600.000-800.000 casi.
Ebbene,
600.000 casi sono soltanto l'1% della popolazione italiana. Sapete
quanti contagiati fa l'influenza, il cui modello epidemiologico
dinamico diventa a questo punto molto interessante perchè, comunque
sia, si tratta di un altro virus a RNA, a diffusione aerea come il
Coronavirus e dall'indice di contagiosità apparentemente molto
simile? 6 milioni almeno ogni anno, al netto di tutti i vaccinati.
Vogliamo
quindi provare a tradurre una possibile ondata di 6-8 milioni di
persone affette da Coronavirus nel giro di qualche mese, nel numero
di pazienti da intubare in terapia intensiva o nei relativi morti?
Ognuno si può fare il proprio semplice calcolino considerando che la
percentuale di casi che necessitano di terapia intensiva è di circa
il 10%, mentre l'indice di letalità è intono al 3%.
Ecco perchè
l'attuazione di straordinarie misure di sanità pubblica, il
cosiddetto "lockdown", che peraltro non è mai stato
completo, è stata una scelta necessaria e fondamentale, proprio
perchè in assenza di un vaccino o di un'immunità di gregge
naturale, nonchè di cure specifiche, il distanziamento sociale e il
rispetto di basilari regole igieniche e comportamentali sono
diventati l'unica nostra possibilità di scampo.
Da questo
questo punto di vista, pertanto, anche la cosiddetta "fase 2"
diventa anch'essa un passaggio logico e razionale; si prova a
riavviare gradualmente il sistema socio-economico, monitorando però
attentamente la reazione dei dati epidemiologici e si rivaluta
periodicamente. D'altra parte il virus circola ancora, e anche se
subisce delle mutazioni e l'estate oramai alle porte ci darà certamente una mano, non c'è alcuna evidenza scientifica che sia
diventato "meno potente"come qualcuno dice. Altro che
riaprire tutto, quindi.
Un pò come
si fa nel caso di una reazione allergica alimentare quando si devono togliere
di colpo tutti gli alimenti sospetti per poi provare a reintrodurli,
uno alla volta, per testare l'eventuale reazione del paziente.
E non fatevi
nemmeno ingannare dalle costanti bufale, fake, interpretazioni
superficiali di dati e fraintendimenti vari, che spesso spopolano nei
media e nel web, come quando per esempio si racconta di Paesi dove tutti
fiabescamente hanno continuato la loro vita normale e il virus non ha
fatto alcun danno, o di altri, che pur avendo implementato qualche
forma di lockdown, hanno poi riaperto tutto dall'oggi al domani senza
il minimo fastidio. Anche perchè, ammesso che così fosse, gli
eventuali danni si paleserebbero dopo almeno un paio di settimane,
non il giorno dopo.
Pertanto,
per evitare il rischio di guai ancora più seri, non è che abbiamo
molte altre possibilità per il prossimo futuro. Del resto, tutto ha
un costo nell'economia della vita e, in ogni caso, bisogna sempre
fare delle scelte precise e spesso anche difficili, tra le molte
possibili.
Dovremo
quindi necessariamente imparare a convivere con il virus, almeno per
un pò, osservando attentamente tutte quelle linee guida
comportamentali dettate da chi studia da una vita le epidemie e la
profilassi e, nel frattempo, osservare attentamente come
risponderanno gli indici epidemiologici, in attesa della
disponibilità quantomeno di un vaccino sicuro ed efficace, oppure di
una sempre possibile attenuazione della contagiosità e/o della
patogenicità del virus per cause naturali perlopiù imprevedibili.
E ai tanti
amici "dissidenti concettuali", che presto fanno a parlare
maldestramente di "dittatura", scientifica o politica che
sia, vorrei quindi ricordare che l'alternativa a questa certamente
impegnativa linea programmatica, sarebbe stata, con tutta
probabilità, quella di avere invece un'emergenza sanitaria fuori
controllo con una marea di morti e di malati che non si sarebbero
potuti curare a causa della rapida saturazione delle strutture sanitarie.
Come se, fra
l'altro, le molte migliaia di persone già decedute prematuramente in
solitudine senza nemmeno il conforto dei propri cari, compresi medici
e infermieri, e le molte altre migliaia di pazienti che hanno
sofferto le pene dell'inferno per moltissimi giorni, immobili, da
soli, e con un tubo infilato nella gola e con chissà quali
conseguenze future, non fossero già abbastanza.