giovedì 29 marzo 2012

Energia gratis, motore ad acqua, l'eredità di Tesla ed altri vaneggiamenti

Guest post di Antonio Turiel da "The Oil Crash". Traduzione di Massimiliano Rupalti

Soluzioni meravigliose sulla carta..ma l'appiccicosa realtà le intrappola.

Di Antonio Turiel

Cari lettori,

com'era prevedibile nel momento in cui cresce il marasma economico e sociale e la distruzione inesorabile a cui ci conduce questa crisi che non potrà mai finire, l'angoscia di una classe media che si rifiuta di scomparire fa sì che la stessa sia molto vulnerabile alle storie di tecnologie magiche di ogni sorta di truffatore che veda in questa disperazione un terreno adatto ai suoi oscuri affari. Perché ciò funzioni servono certi ingredienti: questa disperazione che abbiamo appena menzionato, ignoranza in materia scientifica della popolazione in generale ed una credulità generalizzata in artificiose teorie della cospirazione, le quali si alimentano delle pratiche corrotte di sempre a livello politico ed economico, ma che con la crisi sono diventate evidenti ed insopportabili ai più – per riassumerlo come lo farebbe UgLY YoUtH (un utente che è solito commentare i post di Turiel, ndT): la roba marrone è venuta a galla. Rispetto a questo ultimo punto devo dire che io, anziché credere nell'intelligenza illimitata e terribilmente malvagia di una élite onnipotente che porta a compimento con precisione millimetrica un grande piano, mi sembra più verosimile credere alla stupidità, questa sì senza limiti, della razza umana (e non è che non ci sia questa élite, è che non sono tanto intelligenti, non come essi credono).

Alla fine, è in questo contesto che cominciano ad apparire tutti questi video su youtube sull'energia libera, che è una variante del vecchio motore ad acqua, ma che ora ingloba mille altre tecnologie... be', definirle tecnologie è dir molto: tutto quello che si può vedere sono dei video con delle descrizioni molto superficiali, ma che suonano molto tecniche, di certi dispositivi. Le più spettacolari fra queste tecnologie si basano su concetti di base dell'elettromagnetismo classico, niente che permetta di ottenere energia gratuitamente in realtà, ma con un comportamento tanto poco intuitivo per il profano che sembrano praticamente magia. Tutto ciò è condito con alcuni paragrafi della triste storia di uno dei grandi geni della scienza moderna e padre dell'elettricità commerciale moderna, Nikola Tesla, ed alcuni concetti completamente confusi presi a prestito dalla Teoría Quantica dei Campi, in particolare i concetti di energia di punto zero e di fluttuazioni del Vuoto Quantico – e siccome la Teoria Quantica dei Campi è probabilmente il ramo più astruso e complicato della fisica, tutto quello che ha a che fare con essa è incomprensibile e riuscire a tirarne fuori della parole a caso suona intelligente.

Tutti questi presunti miracoli tecnologici hanno sempre certi requisiti, che sono necessari perché l'imbroglio funzioni:
  1. La tecnologia permette di ottenere energia in quantità ingente, al punto che questa è gratuita, pertanto si sta di fatto creando un moto perpetuo.
  2. Qualsiasi persona mediamente istruita sa che questo è impossibile in applicazione del Primo e del Secondo Principio della Termodinamica, i quali sono inesorabili, come abbiamo già discusso in questo blog. Pertanto deve sconfessare la scienza classica e per questo ricorre alla teoria della cospirazione: gli scienziati fanno parte di una grande mascherata o sono talmente imbecilli che non hanno previsto cose che un tipo in un garage è capace di fabbricare in un pomeriggio. 
  3. Ma bene, lasciamo da parte questi poveri diavoli di scienziati, abbiamo queste meraviglie di dispositivi che tutti potremmo usare. Allora, perché non li usiamo? Perché ci sono multinazionali malvagie che hanno comprato i brevetti e li tengono sotto chiave e nel caso di tecnologie non brevettate i loro poveri inventori sono stati assassinati ed i loro progetti rubati e/o distrutti. La cospirazione si allarga.
  4. Ed ora i popoli del mondo devono sollevarsi ed esigere dai loro leader corrotti che liberino queste energie libere, situazione paradossale. E così la storia avrà un finale felice.
Ma, cosa c'è di vero in tutto questo? E' semplice, niente di niente, è tutto un'aberrazione e di fatto i presunti prototipi, se fossero testati in modo controllato, rivelerebbero che non forniscono energia gratuitamente e nemmeno che sono più efficienti delle fonti che usiamo attualmente, né che si possano riprodurre in scala, niente di niente. Tutto fumo.

Sarebbe lungo, lunghissimo descrivere tutte le cavolate e aberrazioni che si raccontano. Qui farò un compendio delle più comuni e può essere che in un momento successivo, nella misura in cui la gente diventi ancora più pazza e che vengano pubblicate nuove fantasie sulle pagine de El Pais o La Vanguardia,  ne aggiunga delle altre.

  • Una variante attualmente popolare di queste fantasie è un motore che funziona con una miscela “gorgogliante” di benzina al 20% ed acqua all'80%. Data la densità energetica della benzina, una tale miscela ben emulsionata (dal li la necessità di un “gorgogliatore”) è combustibile e può essere usata in un motore semplice. Questo sì, come è naturale le potenza di ritorno (normalmente misurata come Momento Meccanico) è sufficiente ad alimentare un alternatore, ma è proporzionalmente minore a quella che si ottiene con benzina pura e inoltre l'invenzione non può essere applicata a tutti i motori (per esempio, a quelli a iniezione). Quello dello “stato di plasma dell'acqua” che vengono riferiti in alcuni di questi video è una vaneggiamento assoluto.
  • Non può esistere un motore ad acqua pura. L'acqua è la “cenere” della combustione dell'idrogeno e per questo, per il fatto che non si può bruciare (ossigenare), serve di più per spegnerlo il fuoco. Cercare il motore ad acqua è come cercare il motore a cenere.
  • Si è soliti affermare che esistano centinaia di invenzioni colossali che ci libererebbero dalla tirannia delle compagnie petrolifere ma che queste abbiano comprato i brevetti e che le tengano chiuse a doppia mandata. Dire questo significa non avere idea di come funziona il sistema dei brevetti – io ne ho uno e so per esperienza ciò di cui parlo. Un brevetto è un documento pubblico (chiunque può consultarlo, è una pubblicazione) in cui il titolare dello stesso pubblica i dettagli di una certa invenzione e rivendica che, se qualcuno voglia usarne una parte o tutta, gli si debbano pagare i diritti. Pertanto, i dettagli di questi fantastici motori sarebbero, se davvero esistesse qualcosa di operativo, perfettamente conosciuti e, in più, potresti fartene una copia a casa tua. Ciò che vine proibito dal brevetto è il suo sfruttamento commerciale. In più c'è da dire che i brevetti scadono dopo 20 anni (per questo ora abbiamo gelocatil e ibuprofene generici, ormai chiunque li può fabbricare), per cui alcuni di questi motori, che già si annunciavano come rivoluzionari dalle prime crisi petrolifere dalle quali sono passati più di trenta anni, sarebbero liberamente a disposizione di qualsiasi impresa che li volesse sfruttare commercialmente. Se nessuna lo ha fatto è perché, semplicemente, non hanno nessun interesse commerciale perché, semplicemente, non sono migliori di ciò che già esiste. 
Credere che si possano avere fonti di energia libera, gratuita ed abbondante è come credere ai Re Magi e non voler crescere; sarebbe molto conveniente per il nostro stile di vita, ma la Natura è implacabile e va nell'altra direzione. Nessuna delle quattro interazioni fisiche fondamentali che conosciamo permettono di violare i principi della Termodinamica, i quali escludono qualsiasi moto perpetuo o fonte energetica inesauribile. Nella scienza tutto si discute e si contesta e applicando il metodo scientifico. FALSIFICHIAMO logicamente le nostre teorie, dimostrando o confutando la loro validità. E anche se qualsiasi verità umana è per forza provvisoria, si devono portare elementi razionali per affermare una determinata cosa.

Saluti,
AMT

mercoledì 28 marzo 2012

La verità sta nel mezzo


Attenzione all'abisso climatico

Ha deciso che la verità deve stare nel mezzo

Non c'è nessun abisso

(forse cadrà soltanto fino a metà strada)


(via Planet3.org)

lunedì 26 marzo 2012

Un altra leggenda sfatata: l'influenza dei cicli solari sulle temperature terrestri



Da "Skeptical Science" arriva il definitivo sbufalamento di una leggenda che va per la maggiore su internet. Il fatto che il riscaldamento globale sia correlato ai cicli solari. 


In un post precedente, avevo discusso come la ricerca di una correlazione fra grandezze diverse, senza una base fisica che le giustifichi, è una garanzia di prendere clamorosi abbagli. Avevo anche discusso, come esempio, il caso dell'apparente correlazione fra lunghezza dei cicli solari e temperature terrestri.

Si sapeva già che la correlazione funzionava fino agli anni 1980, ma poi si perdeva. Adesso, arriva lo sbufalamento finale. Su "Skeptical Science" Klaus Flemløse racconta di di un recente studio di Stauning (1) che demolisce definitivamente la leggenda. A partire dagli anni '80, circa, la correlazione sparisce completamente. Da quella data, non c'è più nessuna correlazione fra lunghezza dei cicli solari e temperature terrestri.




L'articolo di Stauning esamina anche altri parametri solari in relazione con la temperatura, per esempio il numero di macchie, come vediamo qui sotto. Anche qui, non è escluso che qualche correlazione ci fosse fino agli anni '80, ma poi è andata completamente persa. Oggi, la forzante delle temperature è correlata quasi completamente con la concentrazione di gas serra.



Alla fine dei conti, si ritorna sempre allo stesso punto: non è il sole a causare i cambiamenti climatici, ma sono i gas serra emessi dall'attività umana. 




1. Stauning,P (2011): Solar activity-climate relations: A different approach. J.Atm.Solar-Terr.Phys. 73, 1999-2012 (se a qualcuno interessa questo articolo, scrivetemi che vi mando una copia: ugo.bardiarzigogolounifi.it)

sabato 24 marzo 2012

L'Effetto Seekers: il motivo per cui continuiamo a ricercare la crescita ad ogni costo

Traduzione di Massimiliano Rupalti da "Cassandra's Legacy"



Già nel 1972, lo studio classico "I limiti dello sviluppo" aveva mostrato che la crescita economica non sarebbe potuta durare per sempre (sopra, lo scenario “caso base” proveniente dallo studio). Anche senza calcoli complessi, dovrebbe essere chiaro dalla fisica che la crescita infinita non è possibile in un mondo finito. Tuttavia, politici, leaders, economisti, chi prende le decisioni e così via, stanno tutti spingendo verso crescita, crescita e ancora crescita. In un post precedente, ho provato a trovare ragioni razionali per questo atteggiamento, ma credo che si possa spiegare meglio in termini di “Effetto Seekers”. Il termine proviene dal nome di una setta esoterica chiamata i “Seekers” (i Cercatori), attiva negli anni 50, che credeva di essere stata avvisata dagli alieni della fine del mondo in arrivo.


Se avete una formazione scientifica o ingegneristica, probabilmente pensate che le vostre opinioni dovrebbero essere basate sui dati disponibili e che dovreste cambiare le vostre opinioni se sopraggiungessero dati migliori. Potreste pensare che questo è il modo più ovvio di comportarsi, ma pensateci bene. Molto verosimilmente siete parte di una minoranza, forse una piccola minoranza. In assoluto, la maggior parte della gente sembra agire su una serie di principi diversi. Si attaccherà alle proprie opinioni a prescindere da quanto dicono i dati. E se nuovi dati contraddicono un'opinione presa in precedenza, al diavolo i nuovi dati. E' qualcosa che possiamo chiamare “effetto Seekers”.

I Seekers erano una setta attiva negli anni 1950. Un compendio della loro storia lo ha raccontato Chris Money in un articolo dal titolo "La scienza del perché non crediamo nella scienza. In breve, i Seekers si erano raccolti intorno ad una signora di nome Dorothy Martin che dichiarava di ricevere messaggi telepatici dagli alieni. Le avevano detto che un grande cataclisma avrebbe avuto luogo in una data specifica: il 21 dicembre 1954. La maggior parte dell'umanità sarebbe stata distrutta, ma i Seekers sarebbero stati portati in salvo da una nave spaziale aliena che sarebbe atterrata quel giorno.


L'elemento speciale che fa dei Seekers un paradigma nel comportamento umano è che sono stati infiltrati da un gruppo di psicologi sociali , guidato da Leon Festinger, che li hanno seguiti fino alla data fatidica ed oltre quando, ovviamente, non è avvenuta nessuna catastrofe. Nel libro di Festinger del 1956 “Quando la profezia non si avvera”, possiamo leggere come i Seekers hanno reagito al non avverarsi della profezia della loro leader. La loro prima reazione, naturalmente è stata di sgomento. Ma non è durata a lungo. Dopo pochi giorni, I Seekers hanno serrato i ranghi e ricostituito il loro credo: la loro profetessa, la signora Martin non aveva affatto sbagliato; gli alieni avevano deciso di risparmiare l'umanità grazie alla fede dei Seekers! Il risvolto più interessante in questa storia è che non solo i Seekers non hanno accettato che le loro profezie fossero errate, ma hanno intensificato gli sforzi per reclutare nuovi adepti e per convincere tutti delle loro idee. Alla fine, sono stati ridicolizzati a tal punto che sono scomparsi, ma ci sono voluti alcuni anni.

La storia dei Seekers è uno dei migliori casi studiati di quello che viene chiamato “ragionamento motivato”, che è la tendenza di rigirare i fatti e la logica in modo da mantenere la propria amata visione del mondo. Money dice che:

Non siamo guidati solo dalle emozioni, naturalmente – ragioniamo anche, deliberatamente. Ma il ragionare arriva dopo, funziona più lentamente, e anche quando lo fa, non avviene in un vuoto emozionale. Piuttosto, il movimento delle nostre emozioni ci può portare ad un modo di pensare che è molto parziale, specialmente su argomenti a cui teniamo molto... abbiamo altri obiettivi importanti oltre all'accuratezza, compresa l'affermazione dell'identità e la protezione del senso di sé, e spesso questi ci rendono molto resistenti a cambiare le nostre credenze quando i fatti dicono che dovremmo.

Il ragionamento motivato è molto comune. Oggi non c'è necessità di infiltrarsi in una setta esoterica per vederlo al lavoro: possiamo vedere drammi simili a quello dei Seekers manifestarsi in siti di discussione o su Facebook. Un recente caso è quello del "E-Cat, il favoloso dispositivo nucleare che ci avrebbe portato prosperità eterna. Date un'occhiata a qualcuno dei siti dei “fedeli” e vedrete che, nonostante l'accumulo di prove che l'E-Cat non è altro che una teiera elettrica molto sopravvalutata, i fedeli sono inamovibili sulla loro posizione. Non solo questo, ma stanno anche raddoppiando i loro sforzi per convincere tutti che la loro teiera sia, veramente, un reattore nucleare.

La maggior parte delle discussioni che hanno luogo sul Web, diciamo, sul clima, l'energia, il picco del petrolio e così via, non sono basate sui dati o sulla logica. Avete mai visto qualcuno cambiare la propria opinione in una di queste discussioni? Forse succede, a volte, ma è quasi un evento miracoloso.

Lo stesso ragionamento motivato sembra essere in opera con la crescita economica. Succede prevalentemente sui media, piuttosto che nel Web, ma i fattori psicologici in gioco sembrano essere gli stessi. Così, è crescita, crescita e ancora crescita. E' sempre lo stesso concetto, ripetuto all'infinito nei media. Tuttavia non c'è nessuna ragione razionale (anche se ho cercato di trovarne una) per scegliere la crescita su ogni altra possibile strategia. E' la nostra tendenza ad attaccarci alle nostre credenze precedenti. In passato, abbiamo messo tanto impegno nella credenza che la crescita possa curare tutti i mali che ora non possiamo ritrattarla senza perdere la faccia. E' l'effetto Seekers.

lunedì 19 marzo 2012

L'Orrore di Bologna

Post apparso su Cassandra's Legacy. Traduzione di Alessandro Corradini





In un film horror, quando una ragazza decide di spogliarsi e fare una doccia mentre è sola in casa, beh, si sa esattamente cosa sta per succederle. È la prevedibilità dell'horror. (Sopra, dal film "Psycho" del 1960)


Alcune cose, nella vita come nella finzione, sono altamente prevedibili. Una di queste è la trama del film horror. Mentre la storia va avanti, si sa esattamente il destino della tipa che decide di spogliarsi e fare una doccia, mentre è sola in casa. E si sa esattamente cosa succederà al disgraziato che, mentre sta esplorando la casa stregata, dice: "Ehi! Ho sentito uno strano rumore che viene dalla cantina. Voi state qui, che vado laggiù ad indagare".

Fa parte del fascino di questo tipo di film: il giudizio razionale è sospeso mentre la trama si sviluppa. Si continua a guardare senza chiedersi perché questi qui devono trovarsi a mezzanotte proprio in quel cimitero, al chiaro di luna, mentre un'orda di zombi si sta avvicinando.

È con lo stesso tipo di fascino che si potrebbe guardare lo svolgimento della trama del "Energy Catalyser" o "E-Cat", il bizzarro dispositivo che Andrea Rossi sostiene essere un reattore nucleare, in grado di risolvere tutti i problemi energetici dell'umanità.

Un vero e proprio film horror ambientato a Bologna, in Italia, dove molti poveri sfortunati sono stati risucchiati e metaforicamente divorati dall'Orrore E-Cat. La trama ha seguito tutti i passaggi prevedibili per questo genere di storie. In primo luogo, nel gennaio del 2011, c'è stato l'annuncio della scoperta del reattore nucleare fatto in casa. Questo ha attirato molte persone speranzose in cerca di una soluzione per la crisi energetica proprio come, nei film, le vecchie case infestate dai fantasmi attirano ragazze poco vestite.

Poi, la trama ha voltato pagina, secondo regole ben note. Abbiamo visto un sacco di scene in cui l'inventore, Andrea Rossi, ha tentato di dimostrare come il suo dispositivo avrebbe dovuto produrre energia. In queste esibizioni, sembrava molto simile a Gene Wilder in "Frankenstein Junior", mentre tenta di far rivivere il mostro. Nella foto a sinistra, vediamo Frankenstein e Igor a sinistra, Andrea Rossi e Sergio Focardi a destra (immagine di Renzo B., dal blog 22passi). Poi, quello che abbiamo sentito da Rossi sulle viscere della sua macchina suonava molto simile al discorso d'introduzione sui vampiri dello spazio nel famoso film con Bela Lugosi, "Plan 9 from outer space".

Alcuni degli effetti speciali a basso costo del film erano facili da individuare per tutti. Basti pensare alla stufa a gas utilizzata per riscaldare la fabbrica quando il reattore nucleare avrebbe dovuto fare il lavoro da solo. Tuttavia, l'interesse per il film non è mai veramente crollato. Il regista, Andrea Rossi, è riuscito a tenerlo vivo con un sacco di colpi di scena nella trama: personaggi malvagi, mostri, complotti, misteri, militari, servizi segreti, e altro ancora.

Eppure, anche un buon film horror deve finire prima o poi. Dopo un paio d'ore, si va a casa e ci si dimentica di zombie e vampiri. Allo stesso modo, il film sull'E-Cat è arrivato al termine, con i recenti avvenimenti che portano alla resa dei conti finale. Il cattivo del film ha confessato il suo crimine, il segreto è stato rivelato. È la fine dell' Orrore E-Cat?

Forse è davvero la fine, ma non possiamo dirlo con certezza. Forse ci sarà un seguito. Avrà nuovi colpi di scena nella trama: molto probabilmente vedremo come gli sforzi del salvatore del genere umano siano stati contrastati dalla malvagia cospirazione delle compagnie petrolifere o dalla lobby delle energie rinnovabili. L'Orrore di Bologna è ancora in agguato nelle tenebre!


Ringrazio Antonella per aver ispirato questo post

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Nota aggiunta alla versione italiano: il passaggio dell'E-Cat dalla realtà alla pura immaginazione è confermato dalla recente notizia che se ne parlerà in TV a "Voyager", ormai più noto in generale come "Kazzenger". In questa trasmissione, Roberto Giacobbo risponderà ad alcune domande fondamentali sulla vicenda E-Cat:


- Sono i raggi gamma generati dall'E-Cat a produrre i cerchi nel grano?  
- Trovato nuovo reperto Maya. E' un antichissimo reattore nucleare?
Andrea Rossi somiglia a Lex Luthor dopo un'operazione sbagliata di ricrescita dei capelli. Il misterioso catalizzatore dell'E-Cat è forse kriptonite verde?
- La maledizione di Tutankamon era stata lanciata sull'Università di Bologna?
- Steven Krivit è un rettiliano?
- Gli alieni di via dell'Elettricista, a Bologna. Chi è veramente Andrea Rossi?







venerdì 16 marzo 2012

Il picco del diesel

Originale di Antonio Turiel su The Oil Crash. Traduzione di Massimiliano Rupalti




Immagine da StreetsBlog.org


Di ANTONIO TURIEL

Cari lettori,

"Continua la mancanza di combustibile in quasi tutta la provincia di Salta (Argentina)", "I lavoratori del settore del trasporto merci contestano il profilo basso che il governo argentino dà alla scarsità di combustibili", "La scarsità di diesel può durare per settimane nel Canada occidenatale", "Una scarsità della produzione di diesel nel Regno Unito metterebbe a rischio la sua sicurezza energetica", "Si profila una crisi della benzina in Russia mentre i prezzi internazionali crescono", "La scarsità di diesel accende lo scontento in Cina", "La Cina fa importazioni straordinarie di diesel per far fronte alla scarsità interna", "La scarsità di combustibile può portare a tagli di corrente, secondo i residenti degli Emirati Arabi Uniti", "Gli yemeniti devono far fronte ad una crisi del combustibile nel bel mezzo della protesta"...

Sono solo alcuni dei titoli apparsi sulla stampa internazionale negli ultimi mesi. Dietro ai problemi di scarsità ci sono una moltitudine di cause, reali o presunte, ma hanno un curioso tratto in comune: in tutto il mondo sono sempre più frequenti le notizie sulla scarsità di combustibili, principalmente del diesel (potete vedere altro su Energy Shortage, da dove provengono quelle che ho riportato sopra).
 
Lo abbiamo già commentato alla fine dello scorso anno: c'è un fantasma che minaccia il mondo, quello della scarsità del diesel. Non scarsità di petrolio (che anche è una minaccia ma a più lungo termine), non la scarsità di altri combustibili (anche questa finirà con l'arrivare), ma una minaccia già presente. Non c'è sufficiente diesel per coprire la domanda mondiale ed il problema ha tutta l'aria di aggravarsi. Ma, perché si sta verificando questo problema? Come succede di solito, ci sono vari fattori che influiscono, non tutti allo stesso modo e non tutti si sviluppano alla stessa velocità. Questo rende la previsione piuttosto difficile. Tuttavia dà l'impressione che, per quanto riguarda il diesel, stiamo giungendo ad un collo di bottiglia abbastanza definitivo.

Il grafico seguente è stato costruito sui dati della
Joint Oil Data Initiative. E' un'iniziativa per dar maggior trasparenza al mercato del petrolio e quello che tenta di fare è omogeneizzare i dati sparpagliati del mercato del petrolio e renderli più affidabili. Per questo, a parte le compilazioni statistiche delle agenzie che vi partecipano (fra queste le più importanti agenzie pubbliche e private d'occidente), producono questionari trimestrali che permettono di individuare le anomalie e correggerle – con molti limiti, ovviamente. Non tutti i paesi vengono revisionati dalla JODI (anche se la maggioranza sì) per cui i loro dati non hanno una scala realmente globale. Anche così, l'analisi dell'evoluzione della produzione di diesel su scala globale che ci offre la JODI è abbastanza rivelatrice:




La figura corrisponde alla produzione sganciata dalle stazioni (per compensare i diversi schemi di consumo a seconda della stazione) facendo una media in ogni punto sui quattro trimestri precedenti (questo implica, pertanto, che il riferimento temporale di ogni punto dovrebbe essere spostato di due trimestri verso sinistra, ma in ogni caso questo dettaglio non ha importanza per l'esposizione che segue). Il grafico è diverso da quelli ai quali siamo abituati per la produzione di petrolio (vedete, per esempio, quella che avevo preparato per il post sullo sfasamento fra offerta e domanda), poiché la produzione di diesel (gasolio per autotrazione) non ha raggiunto il tetto fino al 2008, nonostante la stagnazione della produzione di petrolio. Poi, il calo per la crisi, un nuovo tetto nel 2011 e da lì una tendenza, anche se leggera, a calare, senza che che si possa giustificare con una grande recessione (poiché ha avuto inizio nei primi mesi del 2011). Cosa sta succedendo?

Sta succedendo che il mondo sta rimanendo senza capacità di produrre più diesel e questo è un fenomeno nuovo con una dinamica propria, non completamente coincidente con quella del petrolio. Ovviamente la scarsità di petrolio porterà inevitabilmente ad una scarsità di diesel, ma ci può essere scarsità di diesel prima che arrivi la scarsità di petrolio. Di fatto, è esattamente quello che sta succedendo e le ragioni di questa diversa dinamica sono fondamentalmente due.

Sapete già che da un decennio la IEA sì è inventata un termine che definisce “tutti i liquidi del petrolio” e che equivale a tutte le sostanze, estratte e sintetizzate, che più o meno possono fare le veci del petrolio. Questo utile concetto è stato introdotto per dissimulare il fatto che la produzione di petrolio greggio (quello che realmente si estrae dal sottosuolo) stava giungendo al suo picco di produzione, al suo zenit, e nella categoria “tutti i liquidi” entrano tutte le sostanze che si possono sintetizzare e processare come succedanei del petrolio (per questo si parla di “produzione di petrolio” invece di “estrazione di petrolio”, perché il petrolio in parte si fabbrica, in realtà). Quello che succede è che questi petroli, petroli non convenzionali, di alcuni dei quali abbiamo già parlato in altre occasioni, non sono esattamente spendibili o buoni sostituti del petrolio greggio. In particolare, non tutti sono adatti a produrre diesel. Ed ecco la prima causa di scarsità del diesel: di tutti i tipi di petrolio che entrano nella lista “tutti i liquidi” quelli che sono aumentati di più sono i cosiddetti “liquidi del gas naturale” (NGL, il loro acronimo inglese). Questi NGL sono idrocarburi di catena corta che sono il risultato della “pulizia” del gas che esce dai pozzi, e anche se si possono usare per sintetizzare diesel, risulta molto costoso (ricordate che fattibile e redditizio non sono la stessa cosa) tanto energeticamente quanto economicamente. Di fatto, il petrolio soggetto ad essere convertito in diesel è già sicuramente in leggero declino.

Questa mancanza di diesel è abbastanza grave, perché la maggior parte delle macchine di questo mondo sono diesel, così come tutto il trasporto su gomma di merci e una parte sempre più grande di automobili (a causa del miglior rendimento del motore diesel rispetto a quello a benzina). Di fatto, la domanda di diesel nel periodo in questione non ha fatto altro che aumentare, a causa, fra le altre cose, del disastro di Fukushima, che ha fatto sì che il Giappone aumentasse le sue importazioni (
le centrali nucleari del Giappone che vengono fermate per manutenzione non vengono riattivate, secondo un piano del Governo per denuclearizzare il paese e il fabbisogno di elettricità viene affidato ai generatori diesel ed alle centrali termiche alimentate col diesel). Questo spiega la scarsità di diesel in tutto il mondo e rende molto complicata la vita a chi sostiene la teoria del “peak demand”, il picco della domanda (che abbiamo già commentato in questo blog) e che sostengono che la riduzione della produzione in realtà una diminuzione cercata e pilotata del consumo per via, essenzialmente, dei miglioramenti nell'efficienza, e non di quello che sembra stia accadendo, che è la distruzione della domanda.

C'è, tuttavia, un secondo effetto che si sente sempre di più: la diminuzione dei
margini di raffinazione nelle raffinerie. Questi “margini di raffinazione” si riferiscono al differenziale del prezzo dei prodotti raffinati rispetto a quello del petrolio dal quale si estraggono. Le raffinerie hanno un controllo abbastanza puntuale sui loro costi operativi, ma non tanto sul prezzo al quale viene loro venduto il petrolio ed a quello che pagano loro per la benzina e gli altri distillati.
Come in tutto il mercato dei prodotti petroliferi, è norma comune siglare contratti differiti nel tempo, per esempio, a un mese, tre mesi o sei mesi. I problemi arrivano quando ti tocca pagare per il petrolio la stessa cifra che ricavi dalla vendita della benzina, gasolio, ecc, soprattutto quando gli orizzonti temporali di quello che compri e vendi non collimano (per esempio, petrolio a un mese e vendita della benzina a tre mesi). Le raffinerie tendono a fissare un margine di raffinazione di alcuni dollari al barile, normalmente intorno ai 10 dollari, ma non è la stessa cosa guadagnare 10 dollari quando il prezzo medio di un barile è 40 dollari, rispetto a quando è 140 dollari; Piccole fluttuazioni del prezzo del petrolio, quando questo è alto, possono far crollare facilmente il margine di raffinazione fino a renderlo negativo, come è successo nel 2009 o è successo ad alcune industrie petrolifere nel 2010. Nel caso delle raffinerie che appartengono ad un'industria petrolifera questo non è un problema, ma durante gli ultimi decenni le industrie hanno esternalizzato questa parte degli affari, che hanno sempre avuto margini più scarsi, migliorando così le proprie rendite, ma rendendo ancora più fragile il mercato del petrolio. Per peggiorare le cose, le raffinerie si confrontano col problema di avere un eccesso di benzina. Infatti, raffinando il petrolio si può leggermente variare la quantità delle due grandi categorie di prodotti di raffinazione (benzina e distillati), ma non quanto si vorrebbe, poiché la quantità di petrolio che finisce convertito in benzine oscilla fra la metà ed i due terzi, nei lavorati più comuni. Tuttavia, salvo negli Stati Uniti, in tutto il mondo c'è stata una tendenza a convertire la mobilità privata al diesel, diminuendo così il consumo di benzina. Dall'altra parte, la benzina è usata praticamente solo per la mobilità privata, il settore che ha ridotto di più i consumi durante la crisi. Così allora, le raffinerie devono equilibrare la vendita di un prodotto che ha un calo di domanda, la benzina – che è la metà o più della produzione – con quella di un insieme di prodotti, fra i quali anche il diesel, che hanno un aumento della domanda. Non possono alzare molto il margine perché affogherebbero nella benzina invenduta, né abbassarlo troppo perché si rovinerebbero. Conseguenza: le raffinerie non trovano la loro posizione di redditività e cominciano a fallire o a chiudere sine die. Negli Stati Uniti notano preoccupati che, nonostante la crisi e la caduta della domanda di benzina, il suo prezzo non smette di salire per colpa della chiusura delle raffinerie. Almeno cinque raffinerie della costa est degli Stati uniti hanno chiuso nelle ultime settimane, il che da l'idea di come si stia aggravando il problema. Il problema sta diventando sistemico anche in Europa: settanta (sì, 70!) raffinerie in tutta Europa hanno chiuso o stanno per chiudere; nella notizia che linko dicono che è “per l'embargo all'Iran”, sapete già, che questo non entrerà in vigore fino a giugno prossimo e per il quale, come dice il nostro ministro, potremo trovare petrolio da altri fornitori. Segno sempre più evidente della difficoltà di accettare una realtà più complessa e sgradevole. E non pensate che chiudano solo piccole raffinerie: Petroplus, la più grande d'Europa, che forniva il 4,4% di tutti i prodotti consumati nel vecchio continente e le cui difficoltà sono state recentemente commentate su Crisis Energética, alla fine ha fallito.

Senza dubbio stiamo vivendo un momento storico. Sembra sempre più probabile che si realizzi la previsione che aveva fatto
il rapporto dei Lloyd's nel 2010, cioè che ci potrebbero essere dei problemi di fornitura nel 2013. Il resto del mondo, come accertano le notizie linkate all'inizio del post, è già lì. Manchiamo solo noi. Come verranno interpretate mediaticamente queste difficoltà? Quante guerre per le risorse si potranno giustificare a seconda della lunghezza delle code alle stazioni di servizio?


Nota finale: in Italia c'è stato un blocco di diversi giorni da parte dei camionisti, degli agricoltori e dei pescatori che protestavano per gli alti prezzi del carburante. E' stato molto esteso al sud, dove è durato quasi due settimane e causando problemi gravi, compresa la mancata fornitura di alimenti. Un nuovo promemoria della fragilità del nostro sistema e del fatto che i problemi gravi sono più vicini di quanto pensiamo. Però Voi non avete sentito niente di tutto questo, perché questa notizia conviene metterla a tacere, non sia mai che la gente se ne faccia un'idea. E' il picco dell'informazione.


Saluti,
AMT

Originale di Antonio Turiel su The Oil Crash. Traduzione di Massimiliano Rupalti

lunedì 12 marzo 2012

Cambiamento climatico: il sole non c'entra!





Un recente articolo di Pasini, Attanasio e Triacca ha portato nuova evidenza al fatto che il fattore principale che causa i cambiamenti climatici è l'aumento della concentrazione dei gas serra nell'atmosfera.


Come facciamo a sapere che sono proprio i gas serra, e non, per esempio, il sole a causare i cambiamenti climatici? Beh, c'è più di un modo, ma quello migliore è partire dalla fisica. Sappiamo come funziona il meccanismo di riscaldamento dei gas serra e possiamo misurare quanta energia questi gas trattengono nell'atmosfera e come questa energia varia con l'aumento della loro concentrazione (questo si chiama "forzante"). Il valore della forzante dovuto ai gas serra lo possiamo confrontare con quello dovuto ai cambiamenti dell'irradiazione solare, che è anche questa una cosa che possiamo misurare. Viene fuori che la forzante dovuta ai gas serra è molto superiore a quella delle variazioni solari. I risultati si possono riassumere in questo diagramma dell'IPCC del 2007 (che, fra le altre cose, sbufala la leggenda che la scienza del clima prenda in considerazione "soltanto" il biossido di carbonio).



Questi dati sono l'evidenza principale sul fatto che i cambiamenti climatici che osserviamo sono dovuti principalmente ai gas serra. Questo risultato, però, deve essere verificato. Se sono veramente i gas serra a causare l'aumento della temperatura, dovremmo vedere una correlazione fra le due cose. Ovvero, un aumento della concentrazione di gas serra deve corrispondere a un aumento di temperature. Se non vedessimo una correlazione, evidentemente il modello fisico sarebbe falsificato. Ma la correlazione la vediamo benissimo: l'aumento della concentrazione di CO2 è stato accompagnato nell'ultimo secolo da un aumento delle temperature planetarie. La correlazione non è perfetta, dato che è influenzata da altri fattori come la presenza di aerosol e altre cose. Ma funziona abbastanza bene e conferma il modello. (Immagine da skeptical science)





Ci potremmo però domandare se non potremmo invece seguire la logica opposta? Ovvero, potremmo cercare una correlazione fra le temperature e altre grandezze per vedere se da li' possiamo trovare qual'è la causa dei cambiamenti. Questa è un'idea che va per la maggiore in certi ambienti ed è stata utilizzata per cercare di dimostrare che è il sole, e non i gas serra, a causare i cambiamenti. Per esempio, gira parecchio su internet questa figura:



Viene da un vecchio articolo di Lassen che risale al 1991 (lo si vede anche dalla scala, dove i dati si fermano al 1990). Lassen aveva trovato una correlazione apparentemente molto buona fra un parametro che è la lunghezza del ciclo solare e la temperatura. Si, ma c'è un grosso problema: dove sta la fisica? Qual'è il meccanismo della correlazione? Lassen non è mai stato in grado di dirlo e questo era un grosso problema nella sua idea. In effetti, con il ciclo successivo la correlazione è andata perduta, (vedi la figura più sotto). Era solo una coincidenza, come ammesso da Lassen stesso, che si è dimostrato così un vero scienziato.

Figura da Skeptical Science che mostra come la correlazione fra cicli solari e temperatura osservata da Lassen nel 1991 sia andata perduta negli anni successivi.

C'è chi ancora cerca questo tipo di correlazioni e, con molta pazienza e massaggiando bene i dati, si riesce sempre a trovare qualcosa. Ma, di solito,  queste correlazioni fanno la fine di quella trovata da Lassen e vanno perdute poco dopo, come vi potete rendere conto da un recente dibattito con Stefano Caserini e Nicola Scafetta.

Tuttavia, con la statistica si può fare di meglio che semplicemente cercare correlazioni. Recentemente, Antonello Pasini, Alessandro Attanasio e Umberto Triacca hanno fatto uno studio di cui possiamo leggere un riassunto su "Le Scienze" del 5 Febbraio 2012. Pasini e gli altri hanno utilizzato un'approccio comparativo dei dati storici con il metodo detto di Granger.  Il principio di base del metodo è riassunto da Triacca in un commento su "ClimateMonitor"

..... nel 1969 Clive Granger, riprendendo una idea di Norbert Wiener del 1956, ha formulato la seguente definizione di causalità. Siano x ed y due variabili (due serie storiche). Diremo che la y causa la x, nel senso di Granger, se la previsione di x_t+1 ottenuta utilizzando sia il passato della x stessa che quello della y è migliore della previsione di x_t+1 ottenuta utilizzando soltanto il passato della x. Ciò significa che se la y causa la x, allora nel passato della y è contenuta una informazione unica (nel senso che non è contenuta nel passato della x) utile per prevedere la x.


Vedete che questo metodo è più evoluto di uno che cerca semplicemente una correlazione fra due serie storiche, come aveva fatto Lassen ai suoi tempi. Con questo metodo, Pasini e gli altri hanno trovato che, tenendo conto dell'evoluzione della concentrazione dei gas serra, la capacità predittiva del modello migliora nettamente. Il contrario succede se si utilizzano dati sui cicli solari (o anche sui flussi di raggi cosmici).

Bisogna stare attenti con queste cose, perché nessun modello statistico può provare una casualità intesa come effetto fisico. Ma lo studio basato sul metodo di Granger è importante perché è un altro tassello del puzzle che ci conferma che l'immagine che si sta formando è quella giusta. Sono i gas serra i principali (anche se non gli unici) fattori che causano il cambiamento climatico.

Sfortunatamente, tuttavia, non ci sono dati o analisi che tengano per chi ancora aspetta con fede incrollabile l'arrivo della nuova era glaciale: troverà le conferme che cerca in ogni nevicata invernale. Nel frattempo, il riscaldamento globale avanza.

Qui di seguito, un commento sul lavoro di Pasini e gli altri su "Le Scienze"
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Cambiamento climatico: una conferma indipendente del ruolo umano


Uno studio italiano ha ottenuto una chiara conferma delle cause antropiche del riscaldamento globale degli ultimi 60 anni ricorrendo a una metodologia statistica originale, mutuata dall'econometria e indipendente da quelle utilizzate nei classici modelli climatici criticati dagli scettici


Una chiara conferma dell'importanza determinante dei gas serra di origine antropica agli effetti del riscaldamento globale è arrivata da una ricerca condotta con una metodica originale, completamente differente da quelle utilizzate nei modelli climatici classici. Ed è proprio nel fatto che il risultato sia stato ottenuto con metodi indipendenti che risiede la rilevanza dello studio, che fornisce così una conferma che supera le critiche rivolte ai metodi solitamente impiegati dai climatologi.


Nello studio, pubblicato su "Atmospheric Science Letters", Antonello Pasini dell'Istituto sull'inquinamento atmosferico (Iia) del Cnr di Roma, e Alessandro Attanasio e Umberto Triacca dell'Università de L'Aquila, hanno infatti applicato al clima un metodo statistico ideato da Clive Granger, premio Nobel per l'economia del 2003. La tecnica è oggi ampiamente utilizzata dagli economisti per identificare, nell'ambito di un sistema complesso quale quello che essi studiano, i fattori che possono essere considerati le "cause" rilevanti di un fenomeno, andando al di là della constatazione dell'esistenza di una semplice correlazione.


"La matematica sottostante ai sistemi complessi sembra essere universale, e quindi si possono prendere modelli creati in economia e applicarli in altri campi come, per esempio, la climatologia", spiega Pasini.


Nello studio i ricercatori sono partiti costruendo un modello basato soltanto sui dati di temperatura, prendendo quelli relativi alle temperature dal 1850 al 1940, per "addestrare" il modello e usarlo quindi per prevedere le temperature dal 1941 al 2006. "In questo modo abbiamo ottenuto una determinata previsione di temperatura. Granger dice sostanzialmente che si può provare la causalità di una variabile su un fenomeno quando si vede che con il suo inserimento nel modello si ottiene un incremento positivo nella capacità di previsione. A questo punto abbiamo considerato tutti i dati relativi alle diverse variabili, o forzanti, sia naturali che antropogeniche, introducendole una per una nel modello, per poi tornare a fare la previsione dal 1941 al 2007."


Risultato: "Abbiamo così visto che, mentre le forzanti naturali non portavano ad alcun miglioramento della previsione, quando introducevamo i gas serra, ecco che la previsione di temperatura era molto, molto migliore." In questo modo, conclude Pasini, "abbiamo provato, con un 99 per cento di confidenza statistica, che sono proprio i gas serra a provocare un aumento della temperatura negli ultimi 60 anni."


In particolare, sottolinea Pasini, fra i possibili fattori naturali rilevanti, oltre alla variabilità dell'attività del Sole e alle emissioni dei vulcani, è stato preso in esame anche quello che è un cavallo di battaglia del fronte degli "scettici", ossia i raggi cosmici, che secondo molti avrebbero una notevole influenza sulla formazione delle nubi e quindi anche sulle temperature del pianeta. Ma anche questa variabile ha mostrato di non migliorare le capacità previsionali del modello basato sule sole temperature.


"Spesso - conclude Pasini - con metodologie diverse si vedono aspetti complementari di un problema. Con questo nuovo metodo avremmo potuto ricavare informazioni diverse e invece, guarda caso, abbiamo trovato risultati assolutamente concordanti con quanto detto dai metodi climatici classici. E questo corrobora fortemente l'idea che il riscaldamento globale degli ultimi 60 anni sia dovuto davvero a cause antropogeniche."

venerdì 9 marzo 2012

Difendere la scienza: Michael Mann si fa sentire!



Michael Mann è l'autore della ricostruzione della “mazza da hockey” che mostra come i decenni passati siano stati caldi in modo anomalo come conseguenza del riscaldamento globale. In questo video ci racconta la sua esperienza, del calvario che ha attraversato e che sta ancora vivendo.


Per il suo lavoro scientifico, Michael Mann è stato attaccato da professionisti delle pubbliche relazioni che hanno scatenato una campagna propagandistica contro di lui. E' stato molestato e denigrato in ogni modo possibile, anche con minacce di morte a lui ed alla sua famiglia. Eppure Mann resiste.

Abbiamo bisogno di resistere alle forze che stanno cercando di distruggere la scienza del clima e la scienza in generale. Michael Mann, definito “indurito dalle battaglie” in questo clip, lo sta facendo e ci sta riuscendo, ma ha bisogno di tutto l'aiuto ed il sostegno che possiamo dargli. Abbiamo tutti bisogno di esprimerci liberamente contro le forze dell'anti-scienza!

(Vedi anche un mio post precedente: "long live the hockey stick!")


Traduzione da "Cassandra's Legacy" e sottotitoli a cura di Massimiliano Rupalti

mercoledì 7 marzo 2012

E' il momento della geoingegneria?



La situazione climatica sembra ormai completamente fuori controllo e non si riesce a ottenere una sufficiente attenzione dai politici e dai decisori per ridurre le emission. Quindi, potremmo essere in una situazione nella quale non ci rimangono più che soluzioni drastiche: la geoingegneria. Ma siamo in grado di intervenire sul clima senza fare danni peggiori? Ne discute questo articolo recente sul "New Scientist" (traduzione di Massimiliano Rupalti)

Appello per mettere a punto una geoingegneria artica il più presto possibile

The New Scientist - 12 Dicembre 2011

di Peter Aldhous

E' l'appello più urgente mai fatto nel campo della geoingegneria.: cominciare a raffreddare l'Artico oppure far fronte all'accelerazione dei cambiamenti climatici. Ma l'avvertimento – da ambienti scientifici – potrebbe essere prematura, secondo gli esperti contattati dal New Scientist. John Nissen, ex ingegnere informatico che si è allarmato di fronte alla possibilità di raggiungere un “punto di non ritorno (tipping point)” climatico, ha sostenuto la necessità di una geoingegneria artica il più presto possibile in un manifesto di presentazione all'incontro dell' American Geophysical Union la scorsa settimana a San Francisco.

“Dobbiamo eliminare tutti gli ostacoli per prevenire una situazione fuori controllo”, dice Nissen. Egli suggerisce di usare l'areosol stratosferico per raffreddare la superficie e la parte sottostante oppure aumentare le riflettenza delle nuvole degli strati bassi pompandoci dentro uno spray sottile o acqua salata.

Sebbene l'opinione di Nissen non sia presente nel mainstrem scientifico, ha l'appoggio di un esperto del ghiaccio marino, Peter Wadhams dell'Università di Cambridge, che ha recentemente suggerito che l'oceano Artico potrebbe essere libero da ghiaccio alla fine di ogni estate dal 2015 in poi. Wadhams dice che l'accelerazione del cambiamento climatico nell'Artico lo ha costretto ad abbandonare il suo scetticismo riguardo la geoingegneria. “Bisogna pensare di fare qualcosa”, dice.

Fuoriuscita di Gas

Quando l'Artico perde il suo schermo di ghiaccio nei mesi estivi, le acque poco profonde della piattaforma artica della Siberia orientale continentale si riscaldano fino a parecchi gradi sopra lo zero. Questa è la piattaforma continentale più grande del pianeta, che ricopre 2,1 milioni di chilometri quadrati, ed il mare sottostante è profondo mediamente soltanto 50 metri. Il fondo marino consiste in gran parte in Permafrost ricco di metano, che cominciò ad essere sommerso circa 8.000 anni fa, quando il livello del mare aumentò dopo l'ultima era glaciale. Senza una cappa protettiva di ghiaccio marino sull'acqua poco profonda, il permafrost si riscalderà rapidamente e rilascerà quantità enormi di metano. Questo è il timore di Niessen.
Il timore di Niessen circa i catastrofici rilasci di metano deriva in parte dalle scoperte di un team condotto da Natalia Shakhova del Centro Internazionale di Ricerca dell'Artico all'Università di Fairbanks, Alaska. Lo scorso anno ha riportato grandi quantità di metano che fuoriuscivano dalla piattaforma artica della Siberia orientale.


Quando rimarremo senza ghiaccio?

Tuttavia, sia sulle proiezioni sul ghiaccio marino, sia sulle paure circa catastrofici rilasci di metano, regna l'incertezza. Wieslaw Maslowski della Scuola Navale Postlaurea di Monterey, in California, ha sviluppato un modello regionale che suggerisce un Oceano Artico libero da ghiaccio dalla fine dell'estate 2016 in poi. Ma i modelli del clima globale suggeriscono che questo non accadrà fino al 2030 come minimo.

Un collaboratore del blog Artic Sea Ice, nel frattempo, ha adattato curve esponenziali ai dati sul volume del ghiaccio e li ha proiettati in avanti ottenendo la data del 2015 come possibile per una perdita completa del ghiaccio a fine estate. Il problema è che altre curve adattano i dati in modo simile, ma producono date molto più lontane se estrapolate per il futuro. “Perché scegliere una curva piuttosto che un'altra? Mi piacerebbe veddere un buon motivo per farlo”, dice Axel Schweiger dell'Università di Washington a Seattle.


Incertezza delle analisi

Non è nemmeno chiaro quanto metano, in totale, stia fuoriuscendo dalla piattaforma Artica della Siberia orientale – e se il rilascio di metano osservato dalla Shakhov ed i suoi colleghi sia dovuto al riscaldamento attuale o sia il risultato del lento sciogliersi del Permafrost dall'epoca in cui fu inondato iniziata otto millenni fa. "Ci sono ancora più domande che risposte”, dice Igor Semiletov, un membro del team.

Per di più, dice Euan Nisbet del Royal Holloway, Università di Londra, sembra che il più grande rilascio di metano attualmente provenga dai tropici dell'emisfero meridionale, piuttosto che dall'Artico. Date le incertezze, sembra improbabile che la proposta di Niessen possa aver successo. Tuttavia, essa aumenta la necessità dei governi di sviluppare linee guide per una futura geoingegneria, che potrebbe diventare necessaria. “C'è un bisogno urgente di indirizzare la gestione dei problemi”, dice Tim Kruger dell'Università di Oxford, membro di un team che ha sviluppato un "codice di condotta" per le ricerche di geoingegneria.


lunedì 5 marzo 2012

L'Heartland Institute a nudo: documenti interni smascherano il cuore della macchina del negazionismo climatico






C'è stata pochissima risonanza sulla stampa e sui blog in Italia a proposito della storia del "denialgate" o "fakegate" in cui sono stati diffusi documenti interni dell'istituto Heartland che mettono in luce le strategie e i finanziamenti usati per negare i risultati della scienza del clima. Pubblichiamo qui, grazie alla traduzione di Massimiliano Rupalti, l'annuncio e la prima discussione di questi documenti del 14 Febbraio 2012 sul blog "DeSmogBlog"


da DeSmogBlog. 

Testo di Brendan Demelle

La strategia interna dell'Heartland Institute e i documenti di finanziamento di cui DeSmogBlog è venuto in possesso mostrano il cuore della macchina del nagazionismo climatico – i suoi piani attuali, molti dei suoi finanziatori e dettagli che confermano quello che DeSmogBlog ed altri hanno scritto per anni. Il cuore della macchina del negazionismo climatico sta nel gigantesco finanziamento da parte di imprese multinazionali e fondazioni degli Stati Uniti, comprese Microsoft, Koch Industries, Altria (che controlla la Philip Morris) RJR Tobacco ed altre.
Stiamo pubblicando l'intero malloppo di documenti per favorire l'accesso al materiale. Qui ci sono pochi brevi spunti, rimanete sintonizzati per il resto.
-Conferma che la Charles G. Koch Foundation sta ancora finanziando la campagna di disinformazione dell'Heartland Institute. Il rapporto Koch di Greenpeace mostra che l'ultima volta che Heartland ha ricevuto fondi da Koch è stato nel 1999.

Il rapporto confidenziale del gennaio 2012: la strategia climatica di Heartland nel 2012 dichiara:

“Potremo anche perseguire un sostegno ulteriore dalla fondazione Charles G. Koch. Sono tornati ad essere donatori della Heartland nel 2011 con un contributo di 200.000 dollari. Ci aspettiamo di aumentare il loro livello di sostegno nel 2012 e di guadagnarci l'accesso al loro network di filantropi , se il nostro intento continua d essere allineato ai loro interessi. Altri contributi saranno perseguiti per questo lavoro, specialmente da multinazionali i cui interessi sono minacciati dalle politiche del clima.”

-La macchina del negazionismo climatico dell'Heartland Institute è principalmente – e forse per intero – finanziata da un donatore anonimo:

Il nostro lavoro sul clima è attraente per i finanziatori, specialmente per il nostro Finanziatore Anonimo chiave (il cui contributo è diminuito da 1.664.150 dollari nel 2010. a 979.000 nel 2011 – circa il 20% dei nostri introiti totali del 2011). Ha promesso un aumento nel 2012...”

-Conferma delle quantità esatte che fluiscono a certi negazionisti climatici.

“finanziare soggetti di alto profilo che regolarmente e pubblicamente contrastano il messaggio del riscaldamento globale antropico. Al momento, questi finanziamenti vanno principalmente a Craig Idso (11.600 dollari al mese), a Fred Singer (5.000 dollari al mese, più le spese), Robert Carter (1.667 al mese) e ad alcuni altri soggetti, ma considereremo di estenderli, se riusciamo a trovare i fondi.”

-Come ha scritto oggi Brad Johnson su ThinkProgress, la conferma che Heartland lavora con David Wojick, un lavoratore a contratto della U.S. Energy Department e consulente per l'industria del carbone per sviluppare un “piano di studi sul Global Warming per le scuole primarie e secondarie”.
-Forbes ed altre imprese editoriali sono gli sbocchi favoriti per la disseminazione dei messaggi negazionisti sul clima di Hearthland e il gruppo è preoccupato riguardo al mantenimento di questo spazio esclusivo. Essi notano in particolare il lavoro del Dr. Peter Gleick:

“Gli sforzi riguardo a spazi come Forbes sono particolarmente importanti ora che hanno iniziato a consentire a scienziati di alto profilo (tipo Gleick) di pubblicare saggi di scienza del riscaldamento che contrastano i nostri. Questo pubblico influente è stato solitamente anti-clima ed è importante mantenere voci in opposizione” (grassetto aggiunto).


Notate l'ironia del fatto che l'Heartland Institute – uno dei più importanti portavoce dietro al caso smontato del furto di email noto come ‘Climategate’, che se la menavano sulla soppressione delle voci negazioniste nella letteratura delle revisioni alla pari, ora difendono il loro orticello nel regno delle riviste economiche antiscientifiche.

- Interessanti citazioni di Andrew Revkin come potenziale degno alleato da “coltivare”, insieme a Judith Curry.
“Gli sforzi dovrebbero anche comprendere la coltura di voci neutrali con un pubblico esteso (come Revkin del DotEarth/NYTimes, che ha una ben nota antipatia per alcuni dei comunicatori più estremi del riscaldamento globale antropico come Romm, Tenberth e Hansen) o Curry, che è diventata popolare presso i nostri sostenitori”.

-Conferma che il blogger scettico Anthony Watts fa parte del network di disinformatori finanziato da Heartland.

“Ci siamo anche impegnati a raccogliere circa 90.000 dollari nel 2012 per Anthony Watts, per aiutarlo a creare un nuovo sito Web e per tracciare le stazioni di rilevamento delle temperature”.

Rimanete sintonizzati per ulteriori dettagli mentre DeSmogBlog ed altri scavano in questa miniera di documenti dell'Heartland Institute. Il lascito di frode dell'Heartland Institute a questo livello di trasparenza e responsabilità è ormai stato distrutto.


Leggi i documenti[tutti PDF]:


Restate sintonizzati… vedete anche su DeSmogBlog la copertura di Richard Littlemore.
Profili collegati:




Allegati
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2012 Climate Strategy.pdf 96.54 KB
Minutes of January 17 meeting.doc 50.84 KB
Board Meeting Package January 17.pdf 7.47 KB
Board Directory 01-18-12.pdf 12.51 KB
Agenda for January 17 Meeting.pdf 8.49 KB
Binder1.pdf 67.68 KB
(1-15-2012) 2012 Heartland Budget.pdf 126.68 KB
(1-15-2012) 2012 Fundraising Plan.pdf 91.32 KB
2010_IRS_Form_990.pdf 2.7 MB


Traduzione a cura di Massimiliano Rupalti da DeSmogBlog.
Lo stesso blog ha in seguito pubblicato altro materiale sul caso.