venerdì 13 giugno 2014

Futuro profondo: il destino finale della specie umana

Da “Resource crisis”. Traduzione di MR

di Ugo Bardi


Negli anni 50 sapevamo come sarebbe stato il futuro: un'era di prosperità e di miracoli senza precedenti. Energia troppo a buon mercato da poterla quatificare, macchine volanti, vacanze sulla Luna e la conquista dello spazio. Poi, gli eroi spaziali tornavano sulla Terra per rilassarsi sl bordo delle loro piscine mentre dei maggiordomi-robot portavano loro dei cocktail. Per la verità, il futuro di quel tempo aveva un lato oscuro: quello dell'olocausto nucleare. Ma era comunque un futuro in cui l'ingegno umano trionfava su tutto il resto.

Il futuro di oggi è completamente diverso. Il modo in cui vediamo il destino della specie umana è inestricabilmente collegato al grande “impulso” di combustione di carbonio che è andato avanti per un paio di secoli e che ora sta raggiungendo il suo picco. Il carbonio fossile ci ha portati dove ci troviamo ora, creando la prosperità della nostra civiltà industriale. Ma i combustibili fossili si stanno rapidamente esaurendo e questo crea numerose conseguenze. Una è l'impossibilità di mandare avanti una società industriale senza energia a buon mercato abbondante. L'altra è il riscaldamento globale che sta trasformando la Terra in un pianeta completamente nuovo. Questi effetti plasmeranno la specie umana del futuro in modi che non possono essere previsti con esattezza, ma che possiamo immaginarci sotto forma di “scenari” - futuri che potrebbero verificarsi. Quindi, ecco alcuni futuri possibili per la specie umana, messi in ordine dal meno attraente (estinzione a breve termine) a quelli più ottimistici, che comprendono l'espansione nell'intera galassia. 

1. Estinzione

L'estinzione è uno scenario semplice da descrivere: la specie umana si estingue e questo è quanto. La scala temporale dell'estinzione potrebbe essere nell'orine di millenni, secoli o, forse, solo decenni (nell'ultimo caso, potremmo definirla “Estinzione a Breve Termine”, un termine reso popolare da Guy McPherson). In ogni caso, l'estinzione sarebbe molto rapida in confronto al lasso temporale dell'esistenza del homo sapiens, cioè almeno 200.000 anni. 

L'estinzione è uno scenario del tutto possibile se ipotizziamo il dipanarsi di alcuni degli effetti più terribili dell'impatto umano sull'ecosfera, in particolare le emissioni di gas serra. Il grande “rutto del metano” che potrebbe risultare dalla fusione del Permafrost terrestre potrebbe aumentare le temperature fino a 6-8°C ed anche di più in tempi nell'ordine di pochi secoli o anche molto più rapidamente. In questa versione estrema, il riscaldamento globale potrebbe evolvere in una “catastrofe venusiana”, dove tutta la biosfera potrebbe essere sterilizzata da temperature estremamente alte. Per la verità, questo scenario sembra essere escluso dai risultati degli attuali modelli climatici, ma non abbiamo bisogno della catastrofe venusiana per squilibrare l'ecosistema ad un grado tale che le le risorse di cui gli esseri umani hanno bisogno per sopravvivere vengano distrutte. A quel punto, la conseguenza potrebbe essere solo una: l'estinzione. 

Questo è uno scenario che lascia poco da discutere sul destino della specie umana: Ma, ipotizzando che la biosfera non venga completamente distrutta, il pianeta potrebbe recuperare in seguito? Forse sì, ma non è detto. Oggigiorno, la Terra si trova pericolosamente vicina al margine interno della zona abitabile del Sistema Solare e viene spinta via da essa dal graduale aumento della radiazione solare. E' un processo molto lento per gli standard umani, ma si stima che i vertebrati non abbiamo che un periodo limitato, forse non più di 100-150 milioni di anni, di vita prima che la Terra diventi troppo calda perché possano sopravvivere. Un grande disastro come quello che stiamo contemplando in questo scenario potrebbe spazzare via la Terra dalla zona abitabile dai vertebrati. In questo caso, la biosfera terrestre potrebbe ritornare a un mondo di creature unicellulari come è stato durante gli eoni dell'Archeano o del Proterozoico. In tal caso, è possibile, e forse probabile, che i vertebrati non si ri-evolvano mai più e che il pianeta rimanga dominato da forme di vita unicellulari finché non viene sterilizzato da ulteriori aumenti della radiazione solare, fra circa un miliardo di anni da adesso

Ma ipotizziamo che l'ecosistema possa recuperare senza grandi perdite di phyla. In tempi nell'ordine delle centinaia di migliaia di anni, l'eccesso di CO2 nell'atmosfera verrebbe rimosso e trasformato in carbonati solidi. Ciò raffredderebbe lentamente il pianeta e l'ecosistema recupererebbe gradualmente la sua produttività precedente. A quel punto, i vertebrati potrebbero ritornare di nuovo abbondanti e la Terra si presenterebbe molto simile a com'era milioni di anni fa, quando gli antenati degli essri umani non sembravano destinati alla grande esplosione di numeri che sarebbe avvenuta con l'Antropocene. 

C'è una possibilità che la Terra faccia evolvere ancora specie di esseri senzienti? Non è impossibile. Se alcune specie di primati possono sopravvivere al grande impulso di carbonio, potrebbero sviluppare di nuovo la capacità di costruire strumenti e, col tempo, un'intelligenza di tipo umano. Ci vorrebbe del tempo, considerando che ci sono voluti quasi 50 milioni di anni per arrivare all'homo sapiens dai primati delle origini, ma sarebbe comunque possibile entro il tempo di vita della biosfera per i vertebrati. Se tutti i primati si estinguono, allora l'impresa diventa più difficile, considerando che ci sono voluti 400 milioni di anni perché apparissero i primati dopo l'evoluzione dei vertebrati. Ma, ancora una volta, non sarebbe impossibile e, comunque, forse gli esseri senzienti non hanno bisogno di essere primati. Così, potrebbe esserci una seconda possibilità (e probabilmente anche l'ultima) per le creature intelligenti di fare meglio di quanto abbiamo fatto noi. Buona fortuna a loro.

2. Lo scenario Olduvai.

Il “Ritorno a Olduvai” è stato proposto da Richard Duncan nel 1996 per descrivere l'effetto del graduale esaurimento dei combustibili fossili. Prende il nome da quello di una regione della Tanzania, in Africa, dove vivevano i nostri remoti antenati. L'idea è che, senza combustibili fossili, gli esseri umani perderebbero la loro fonte principale di energia e sarebbero costretti a tornare al loro stile di vita di sopravvivenza più antico: come cacciatori-raccoglitori. 

Lo scenario Olduvai potrebbe dipanarsi come risultato di una combinazione di fattori. Prima di tutto, i combustibili fossili diventerebbero gradualmente così costosi da rendere un'economia industriale impossibile. In parallelo, il riscaldamento globale aumenterebbe le temperature così tanto che le latitudini tropicali e temperate diventerebbero impossibili da abitare per tutto l'anno da parte degli esseri umani. A questo punto, gli esseri umani sarebbero costretti a ritirarsi nelle regioni del nord e del sud estremo, dove non è scontato che l'agricoltura sia possibile. Mentre ci allontaniamo dall'equatore, un forte fattore limitante è il basso livello di irraggiamento solare. Le colture possono crescere bene alle alte latitudini, ma il problema già evidente oggi in regioni come l'Islanda e la Groenlandia e che potrebbe rendere impossibile mantenere l'agricoltura per un tempo molto lungo.

Quindi, gli esseri umani che vivono alle latitudini alte potrebbero rendersi conto che la miglior strategia di sopravvivenza per loro è adottare uno stile di vita simile a quello dei moderni Inuit, anche se a temperature molto più alte. Vivrebbero principalmente pescando e cacciando mammiferi marini nella stagione calda – ritirandosi nei loro rifugi durante la lunga notte polare. Nell'emisfero settentrionale, questo stile di vita sarebbe possibile nell'anello di terra che circonda il Polo Nord, in parte dell'Eurasia e del continente americano. Nell'emisfero meridionale significherebbe il vertice del continente americano, la Terra del Fuoco e forse un'Antartide senza ghiaccio, dove gli esseri umani potrebbero vivere per la prima volta nella storia. 

Gli esseri umani moderni sono stati cacciatori e raccoglitori per almeno 200.000 anni. I loro antenati ominidi hanno usato questa strategia per un paio di milioni di anni, come minimo. Quindi, cacciare e raccogliere è un modo di vivere stabile e di successo che gli esseri umani potrebbero adottare per lungo tempo, tanto quanto l'ecosistema planetario sarebbe in grado di conservare il pianeta nelle condizioni degli ultimi 10 milioni di anni, più o meno. In questo caso, queste regioni ad alte latitudini probabilmente si ricongelerebbero e si ricoprirebbero di ghiaccio. Gli esseri umani potrebbero quindi tornare a latitudini minori. A questo punto, probabilmente riscoprirebbero l'agricoltura e ricomincerebbero una civiltà agricola, come avevano fatto decine o centinaia di migliaia di anni prima. Passiamo quindi allo scenario successivo: il ritorno all'agricoltura.

3. Il ritorno all'agricoltura. 

Supponete di finire i combustibili fossili facili, cioè, quelli abbastanza a buon mercato da poter sostenere una società industriale. E supponete che non abbiamo usato l'energia che avevamo – quando l'avevamo – per costruire un'alternativa. Quindi, saremo costretti a tornare al mondo com'era prima che cominciassimo a bruciare combustibili fossili: un'economia completamente basata sulle risorse biologiche, cioè sull'agricoltura. 

Questo è uno scenario lineare che non implica eventi speciali se non l'ipotesi che gli effetti del cambiamento climatico non sarebbero così drastici e rovinosi come alcuni scenari li descrivono. Non che la transizione non sarebbe traumatica per gli esseri umani. Il mondo senza combustibili fossili e senza alternative a questi non sarà in grado di sostenere, nemmeno lontanamente, la stessa popolazione che l'agricoltura alimentata dai combustibili fossili aveva sostenuto. E non è solo la mancanza di combustibili fossili che ridurrà la produttività agricola, è il fatto che secoli di agricoltura intensiva hanno distrutto una grande percentuale del suolo fertile che ha dato vita alla civiltà umana. Questo porterebbe necessariamente a una drastica riduzione della popolazione umana. In un tale scenario, “traumatico” è sicuramente riduttivo. Ma la specie umana sopravviverebbe. 

In questo futuro agricolo, difficilmente ci sarebbe la possibilità di una nuova rivoluzione industriale. I combustibili fossili che hanno creato quella attuale sarebbero finiti e ci vorrebbero milioni di anni perché si riformino, se ma lo faranno. I metalli sarebbero a loro volta scarsi, anche se i nostri discendenti contadini si troverebbero bene a passare al setaccio le rovine delle vecchie città in cerca di metalli. Avrebbero un sacco di ferro e rame e potrebbero perfino usare l'alluminio per le loro pentole fondendo le miriadi di lattine delle bibite che sono rimaste in giro. Ma il loro livello tecnologico sarebbe gravemente limitato dalla mancanza di combustibile: avrebbero solo legna e carbonella per la loro metallurgia. Quindi, i nostri discendenti potrebbero ancora lavorare il ferro e potrebbero ancora uccidersi fra loro con spade e lance (e, forse, anche con qualche sporadico moschetto e cannone). Ma non sappiamo di nessuna società del passato che abbia potuto sviluppare una rivoluzione industriale senza una fonte di energia abbondante e a buon mercato. 

Curiosamente, tuttavia, c'è una possibilità di una nuova esplosione dell'industrializzazione in questo futuro lontano. Sarebbe il risultato dell'estrazione mineraria in Antartide e, in misura minore, in Groenlandia ed altre regioni settentrionali ad alte latitudini. A causa della copertura di ghiaccio, finora queste regioni sono state scarsamente sfruttate per i minerali (o non lo sono state affatto, nel caso dell'Antartide). Ma il grande impulso di carbonio potrebbe scaldare il pianeta a sufficienza da fondere i ghiacciai del mondo completamente ed aprire queste terre all'estrazione mineraria. In questo caso, i nostri discendenti potrebbero avere una seconda (e probabilmente ultima) possibilità di sviluppare una nuova rivoluzione industriale basata sul carbone. Ciò riporterebbe tutto al punto di partenza: con una nuova società industriale minacciata dalla combinazione mortale di esaurimento e cambiamento climatico. I nostri discendenti sarebbero in grado di fare meglio di noi? Considerando che sono – di fatto – i nostri discendenti, probabilmente no. Quindi, questo secondo ciclo di industrializzazione potrebbe essere davvero l'ultimo sul pianeta. 

A parte il carbone dell'Antartide, i nostri discendenti potrebbero rimanere contadini per molto, molto tempo. Si dice che le società agricole del passato potevano essere descritte come “contadini governati da briganti”, ma questa è una semplificazione eccessiva per una struttura sociale integrata in cui di diversi strati eseguono compiti altamente specifici: contadini, guerrieri, preti, artigiani ed altro. Col tempo, le società agricole potrebbero evolvere convergendo nella struttura sociale tipica di altre specie che praticano l'agricoltura: principalmente formiche e termiti. Queste specie sono “eusociali” (o “ultrasociali”, secondo alcune definizioni) e praticano la specializzazione estrema, per esempio le “regine” che si occupano della riproduzione, mentre gli altri membri della società sono femmine sterili lavoratrici e guerrieri. La società umana agricola del futuro potrebbe diventare qualcosa di simile? Perché no? Almeno un'altra specie di mammiferi ha sviluppato una piena eusocialità (la talpa nuda). 

Le specie eusociali sono altamente resilienti e tendono a dominare l'ecosistema, come fanno le formiche e le termiti e lo hanno fatto con successo negli ultimi 50 milioni di anni. In linea di principio, gli esseri umani eusociali potrebbero anche mantenere il proprio dominio dell'ecosistema e continuare in questo ruolo per decine o centinaia di migliaia di milioni di anni, finché non scompariranno gradualmente in un lontano futuro quando la Terra diventa troppo calda perché i vertebrati sopravvivano. Se succede questo, sarebbero stati i vertebrati di maggior successo della storia della Terra, una specie che ha anche brevemente sognato di conquistare lo spazio.

4. La grande rivoluzione metabolica.

In più di 4 miliardi di anni di esistenza, la Terra non è mai stata ferma. Forze potenti l'hanno plasmata in una serie continua di rivoluzioni che hanno visto lo sviluppo forme di vita sempre più complesse, sempre più capaci di sfruttare il gradiente termodinamico creato dalla luce del Sole. Durante questo periodo, abbiamo assistito a diverse rivoluzioni metaboliche, due delle quali sono state le più importanti. La prima è stata la fotosintesi, circa 4 miliardi di anni fa. La seconda è stata il metabolismo aerobico, circa 2,5 mliardi  di anni fa. E' le seconda rivoluzione, alla fine, che ha generato i vertebrati e noi. 

Oggi, sembra che abbiamo raggiunto un impasse in questa crescita sempre in aumento di complessità biologica. Di fatto potremmo essere diretti nella direzione di un'inversione di tendenza creata da cambiamenti a lungo termine dell'ecosfera. Il termostato planetario che stabilizza la temperatura della Terra funziona regolando la concentrazione di CO2 nell'atmosfera. Ma con il graduale aumento della radiazione solare queste concentrazioni sono già prossime al limite minimo necessario per la fotosintesi. Quindi, l'attuale ecosistema si trova in una situazione senza uscita: a lungo termine, o verrà distrutto dalla mancanza di CO2 o dalle alte temperature. Quindi, perché un sistema complesso sopravviva, ci serve una rivoluzione metabolica davvero drastica. La fotosintesi organica ha raggiunto i suoi limiti: dobbiamo passare ad un tipo di substrato completamente diverso.

Cos'è la fotosintesi, dopotutto? E' un modo per trasformare l'energia solare in elettroni eccitati ed usarli per creare composti chimici che possono ridare indietro quell'energia a richiesta. L'efficienza della fotosintesi in questo processo è ritenuta arrivare a circa il 13% in condizioni ideali – in pratica è nell'ordine del 8%. Notata anche che le piante non funzionano come macchine fotosintetiche al di fuori di una gamma ridotta di temperature e senza nutrienti e sostanze chimiche che non sempre sono disponibili.

Così, se vogliamo un'altra rivoluzione metabolica ci serve qualcosa che sia più efficiente e meno esigente in termini di condizioni ambientali. Una possibilità è la cella fotovoltaica (FV). L'efficienza di una moderna cella FV al silicio può essere maggiore del 20% nel creare elettroni eccitati. Di per sé, le celle non immagazzinano energia, ma possono essere accoppiate con dispositivi di immagazzinamento ed usate per alimentare una varietà di processi e reazioni per una efficienza complessiva che è confrontabile (e probabilmente superiore) a quella della fotosintesi. Le celle FV al silicio funzionano usando elementi abbondanti: principalmente silicio ed alluminio, più tracce di azoto, boro e fosforo. L'attuale generazione usa anche argento, ma non è cruciale. Ma il grande vantaggio della “fotosintesi del silicio” è che le celle FV a stato solido non hanno bisogno di acqua o di ossigeno gassoso e possono funzionare a temperature bassissime o molto alte, fino a qualche centinaio di gradi centigradi. La “zona abitabile” per le celle FV non è un guscio stretto intorno al Sole: copre un volume enorma che comprende i grandi pianeti e probabilmente si estende anche più vicino e più lontano dal Sole. La quantità di energia solare che può essere raccolta in questo volume è incredibilmente più grande della piccola quantità intercettata dalla Terra. 

Naturalmente, i dispositivi FV a stato solido non vengono normalmente considerati una parte fotosintetica di un ecosistema. Godono del nome di “celle”, ma a differenza delle celle biologiche non si riproducono. Le celle FV delegano la loro riproduzione ad entità specializzate; fabbriche di celle, proprio come le formiche lavoratrici delegano la loro riproduzione ad entità specializzate: le formiche regine. Quindi, fa tutto parte di un nuovo ecosistema che sta emergendo, un ecosistema che comincia dall'inizio come eusociale. 

Sappiamo che i sistemi complessi diventano più complessi quanta più è l'energia che vi fluisce. Se l'ecosistema a stato solido risulta essere più efficiente di quello biologico, allora le prospettive sono da capogiro anche se limitiamo il nostro orizzonte alla superficie della Terra. Naturalmente, è difficile per noi immaginare le conseguenze di tale rivoluzione (pensate a quanto sarebbe difficile per un protista dell'era Proterozoica immaginare l'avvento dei vertebrati). Ciò che possiamo vedere è che un sistema del genere è nato interconnesso su scala planetaria. Il rapido sviluppo di Internet ci sta dando un assaggio di questa nuova situazione di interconnessione estesa. Dal nostro punto di vista di esseri umani, è una perdita spiacevole di privacy. Dall'altra parte, le formiche in un formicaio non sono molto interessate alla privacy. Si tratta, ancora una volta, di una delle caratteristiche dell'eusocialità: si pagano i vantaggi di efficienza con una perdita di individualità. Ma difficilmente possiamo dire più di così: se il nuovo sistema deve nascere, nascerà. Ciò che farà è impossibile da dire, ma può – teoricamente – espandersi a tutto il sistema solare e sopravvivere per tutto il tempo di vita che rimane al Sole, circa 5 miliardi di anni – e anche di più. 

In un certo senso, sarebbe il il trionfo finale degli esseri umani che avrebbero progettato la nascita di un nuovo ecosistema che abbraccia l'intero sistema solare e forse fino all'intera Galassia. E, se è così, saranno ricordati con gratitudine? (Notate, tuttavia, che non ci sentiamo particolarmente in debito verso i nostri antenati monocellulari). 

5. Dove stiamo andando, comunque?

Tutte le civiltà del passato sono declinate ed hanno collassato. Ma il collasso non è nient'altro che un cambiamento rapido e, finché il Sole splende, l'ecosistema ha almeno una possibilità di passare a livelli di complessità maggiori. Il futuro che possiamo vagamente intravedere oggi è ricco di possibilità. Miliardi di anni fa, Marte – e probabilmente anche Venere – hanno avuto una possibilità di sviluppare un'ecosfera organica. Ma in entrambi i casi il tempo disponibile è stato troppo breve e presto entrambi i pianeti hanno lasciato la zona abitabile e sono stati sterilizzati. La Terra ha avuto un tempo molto più lungo, miliardi di anni in più, per sviluppare l'ecosistema che conosciamo oggi. Ma la Terra non è mai stata ferma e non sta ferma: il cambiamento sta accelerando a velocità mai viste prima nella storia. Potremmo precipitare in un pianeta sterile o passare ad un nuovo sistema di incredibile complessità. Si tratta della sfida finale per la specie umana, una sfida che non possiamo evitare di affrontare. 



giovedì 12 giugno 2014

Oggi a Bruxelles la presentazione di "Extracted"





Per ulteriori dettagli vedi il blog del club di Roma. Qui di seguito, il film che accompagna la presentazione. Non avete idea di quante ore di lavoro ci sono volute per fare questa cosa che non dura nemmeno 10 minuti!

martedì 10 giugno 2014

La commissione europea: emergenza gas naturale già dal prossimo inverno?



 
La Commissione Europea ha pubblicato recentemente un rapporto sulla sicurezza energetica che è una vera bomba che esplode in mezzo alle tante dichiarazioni tranquillizzanti che si sono sentite ultimamente. 
 
Il rapporto parla chiaramente di una crisi imminente con il gas naturale e, fra le tante cose, raccomanda "Esercitazioni in condizioni di emergenza per simulare una crisi di forniture di gas per questo inverno. Lo scopo di queste esercitazioni in condizioni di emergenza è di verificare come il nostro sistema energetico può reagire al rischio di una perdita di sicurezza nelle forniture, e di sviluppare piani di emergenza e meccanismi di sostituzione."

In sostanza, la Commissione comincia a capire che la situazione con le forniture di gas è critica. Dopo il recente accordo fra Russia e Cina, il gas Russo potrebbe andare in gran parte in Cina e lasciare l'Europa a secco. Nella figura che segue (presa dall'"executive summary" del rapporto) vediamo quali potrebbero essere le conseguenze di un embargo Russo alle forniture di gas all'Europa. Nella peggiore delle ipotesi, praticamente tutta l'Europa centrale, inclusa l'Italia, ne sarebbe danneggiata.
 
 
Insomma, come dicevano i nostri saggi antenati del tempo delle caverne, "stai attento a stuzzicare l'orso, si potrebbe arrabbiare".
 
 



La connessione fra prezzi del petrolio, livelli di debito e tassi di interesse

DaOur Finite World”. Traduzione di MR

di Gail Tverberg

Se il petrolio è “solo un bene come gli altri”, allora non dovrebbe esserci alcun collegamento fra prezzi del petrolio, livelli di debito, tassi di interesse e tassi totali di ritorno. Invece, chiaramente, c'è. Da un lato i picchi dei prezzi del petrolio sono collegati alle recessioni. Secondo l'economista James Hamilton, 10 recessioni su 11 successive alla Seconda Guerra mondiale sono state associate a picchi dei prezzi del petrolio. C'è anche una ragione logica per cui i picchi dei prezzi del petrolio sono associati alla recessione: il petrolio viene usato nella produzione e nel trasporto di cibo e nel pendolarismo per andare al lavoro. Queste sono necessità per gran parte delle persone. Se questi costi aumentano, c'è una necessità di tagliare beni non essenziali, che porta a licenziamenti nei settori voluttuari e quindi alla recessione.

Dall'altro lato, la manipolazione dei tassi di interesse e l'aggiunta del debito governativo (spendendo di più di quanto raccolto con le tasse) sono i modi principali di “mettere a posto” la recessione. Secondo l'economia kynesiana, la produzione è fortemente influenzata dalla domanda complessiva – in altre parole, la spesa totale nell'economia. Ogni approccio che possa aumentare la spesa totale – che sia più debito o più debito abbordabile – aumenterà la produzione economica.

Qual è la connessione diretta fra debito crescente e prezzi del petrolio?

L'economia non cresce semplicemente da sola (al contrario di quanto credono molti economisti). Cresce perché prodotti energetici abbordabili permettono alle materia prime di essere trasformate in prodotti finiti. L'aumento del debito aiuta i prodotti energetici a diventare più abbordabili.

Figura 1.

Senza debito, solo una parte non molto grande della popolazione potrebbe permettersi un'automobile o una nuova casa. Di fatto, gran parte delle aziende non potrebbero permettersi nuove fabbriche, senza debito. Il prezzo dei beni di ogni sorta crollerebbe drammaticamente senza la disponibilità di debito, perché ci sarebbe meno domanda per i beni che vengono usati per fare altri beni. Con beni, come il petrolio o il rame, c'è una
tensione a due direzioni:


  1. La quantità di denaro che costa estrarre il petrolio o il rame (comprese tasse, spese di spedizione ed altri costi indiretti) e
  2. Il prezzo di vendita del bene. Il prezzo di vendita riflette la capacità del cliente di pagare il prodotto, sulla base dei salari e della disponibilità di debito. Riflette anche altri problemi, come la disponibilità di sostituti a buon mercato. 


La disponibilità di sempre maggiore debito a buon mercato tende a alzare i prezzi del petrolio (e del rame e di altri beni) a sufficienza da rendere redditizio per le aziende estrarre questi beni. E' per questo che l'economia keynesiana tende a funzionare – almeno storicamente. Quando i prezzi del petrolio sono diminuiti a meno di 30 dollari nel 2008, il problema era praticamente un problema di “diminuzione del debito in circolazione” - che ha avuto luogo anche prima della bancarotta di Lehman – come mostrerò nei grafici successivi.


Figura 2. Prezzo del petrolio basato sui dati IEA con ovale che evidenzia il crollo dei prezzi del petrolio, con un crollo del debito in circolazione.

Il picco dei prezzi del petrolio hanno avuto luogo nel luglio 2008. Se guardiamo le quantità di mutui in circolazione negli Stati Uniti, scopriamo che il debito per i mutui per la casa ha raggiunto un picco il 31 di marzo 2008 ed è declinata leggermente dal giugno 2008. La bancarotta di Lehman Brothers non è avvenuta fino al 15 settembre 2008. Un ulteriore declino nella quantità di mutui per la casa in circolazione è avvenuto da quel momento in poi, in parte a causa del declino dei prezzi di vendita e in parte perché le organizzazioni commerciali hanno comprato case per affittarle.


Figura 3. Debito statunitense dei mutui, sulla base dei dati Z.1 della Federal Reserve

Se guardiamo il credito al consumo in circolazione, scopriamo che questo ha raggiunto un massimo il 31 luglio 2008 ed ha cominciato a declinare dal 31 agosto 2008 (il credito al consumo è disponibile su base mensile, mentre il debito dei mutui è disponibile solo su base trimestrale. Un certo cambiamento di definizione che riguarda il credito al consumo deve aver avuto luogo intorno al 31 dicembre 2010 e aver causato il salto delle quantità nel grafico).


Figura 4. Credito al consumo in circolazione sulla base dei dati della Federal Reserve. I dati sui prestiti agli studenti erano disponibili solo dal 31/12/2008 in poi. Le quantità precedenti erano stimate.

Se si escludono i prestiti agli studenti, il credito al consumo (compresi quegli elementi come debito da carte di credito e prestiti per auto) oggi non è ancora tornato ai livelli del 31 luglio 2008 (Figura 4). Non ho mostrato il debito commerciale e finanziario, ma ma sono a loro volta diminuiti, con alcuni picchi successivi, coincidendo più che altro col collasso di Lehman. Secondo me, la spesa dei singoli cittadini è primaria. Quando le loro spesa crolla, si insinua rapidamente nei conti di aziende e governo. Vediamo che questo arriva leggermente dopo. Il Governo Federale si è rapidamente inserito con più spesa (finanziata dal debito), come mostrato nella Figura 5 sotto.


Figura 5. Debito pubblico del governo federale statunitense, basato sui dati della Federal Reserve. 

Se mettiamo insieme tutto il debito degli Stati Uniti (Figura 6 sotto), sia governativo si non governativo, diventa chiaro che il tasso di aumento del debito ha rallentato notevolmente nel 2008 e negli anni seguenti.


Figura 6. Debito degli Stati Uniti, escluso il debito dovuto alle agenzie governative come l'Amministrazione della Sicurezza Sociale. Le quantità sono basata sui dati Z.1 della Federal Reserve. 

Senza questo debito in aumento, i prezzi del petrolio sono scesi a meno di un quarto dei loro valori massimi (Figura 2).  I prezzi di altri prodotti energetici – anche dell'uranio – sono a loro volta scesi. In qualche modo gli alti prezzi del petrolio verificatisi all'inizio del 2008 hanno spento la “pompa” del debito sempre crescente che aveva precedentemente tenuto alti i prezzi.

Prezzi del petrolio e tassi di interesse – i due grandi fattori che colpiscono i redditi voluttuari

Se i prezzi del petrolio raggiungono un picco, chiaramente i redditi voluttuari crollano, per le ragioni descritte sopra. Se i tassi di interesse raggiungono un picco, improvvisamente i beni che vengono comprati col credito (come le automobili, le case e le nuove fabbriche) diventano più cari. Così, un picco dei tassi di interesse tenderà a condizionare negativamente anche il reddito voluttuario. Se la Federal Reserve vuole contrastare gli alti prezzi del petrolio (che continuano a condizionare negativamente il reddito voluttuario sul lungo termine), deve mantenere i tassi di interesse bassi. Da qui i tentativi di mantenere i tassi di interesse bassi sul lungo termine. L'approccio principale per mantenere bassi i tassi di interesse è stato l'Alleggerimento Quantitativo (Quantitative Easing – QE). Il QR statunitense è stato avviato nel tardo 2008 ed è stato mantenuto in piedi da allora. Altri grandi paesi usano a loro volta il QE per mantenere bassi i tassi di interesse. La speranza è che con tassi di interesse molto bassi le economie possano in qualche modo recuperare.

Il QE in realtà non funziona, perché non mette a posto i salari, che sono il problema che c'è alla base

Quando i prezzi del petrolio sono alti, i salari tendono a stagnare (Figura 7 sotto).


Figura 7. Salari medi statunitensi confrontati col prezzo del petrolio, entrambi in dollari del 2012. I salri degli Stati Uniti provengono dall'Ufficio per le Statistiche sul Lavoro, Tavole 2.1, adattate al 2012 usando l'inflazione urbana CPI. I prezzi del petrolio son brent-equivalenti in dollari del 2012, dalla Revisione Statistica dell'Energia Mondiale della BP.

La ragione per cui i salari tendono a stagnare quando i prezzi del petrolio sono alti ha a che fare con l'impatto negativo che i prezzi del petrolio hanno sull'economia. I consumatori tagliano le spese voluttuarie. Questo porta a perdita di posti di lavoro nei settori voluttuari. A sua volta, il lavoro è uno dei costi maggiori che molte aziende hanno. Se i profitti vengono spremuti dagi prezzi alti del petrolio, la risposta logica è quella di cercare di ridurre i salari. Un modo è quello di delocalizzare la produzione in un paese con salari più bassi. Un altro è quello di meccanizzare ulteriormente il processo, aumentando quindi leggermente l'uso di combustibile ma riducendo significativamente i costi dei salari. Al posto di andare agli individui sotto forma di salari, i soldi del QE sembrano andare agli speculatori, che lo usano per fare offerta su prezzi delle azioni e della terra. I soldi provenienti dal QE tendono anche a mantenere alti i prezzi delle case, perché alcune case vengono comprate dagli speculatori. I soldi provenienti dal QE aiutano anche ad incoraggiare investimenti in imprese marginali, come le trivellazioni di gas di scisto. Come ha descritto la situazione di recente Bloomberg, I trivellatori dello scisto sguazzano nel debito spazzatura per rimanere nel giro.

Ciò che pompa realmente l'economia è un'offerta in aumento di petrolio a buon mercato

Una prova che sostiene il punto di vista secondo cui il petrolio a buon mercato pompa l'economia è il salario medio in aumento visto in Figura 7 (sopra) durante il periodo in cui i prezzi del petrolio sono bassi. Un'altra prova che sia così è il collegamento stretto fra consumo di petrolio (e consumo di energia in generale) e PIL al netto dell'inflazione (Figura 8 sotto).


Figura 8. Crescita del PIL mondiale confrontata con la crescita del consumo di petrolio e di energia mondiale, basato su media triennali. Dati dalla Revisione Statistica dell'Energia Mondiale 2013 della BP e  dalla compilazione del'USDA del PIL reale mondiale.

Quando c'è un'offerta di petrolio inadeguata, questo condiziona la crescita del PIL. Ciò accade perché non c'è un modo rapido ed economico di spostarsi dal petrolio. Ci serve petrolio per tantissimi usi, compresi trasporto, agricoltura e costruzioni. Nei tardi anni 70 e nei primi anni 80, abbiamo cercato di spostarci dal petrolio il più possibile. Ora i frutti bassi per fare un tale passaggio sono in gran parte andati. Il picco dei prezzi del petrolio ha segnalato che qualcosa era cambiato drammaticamente. Non potevamo più contare su un'offerta in aumento di petrolio a buon mercato per pompare l'economia. Le opportunità di lavoro delle persone stavano diminuendo. Si è reso necessario un taglio sul debito. Oppure un taglio della disponibilità di credito dei creditori. In un modo o nell'altro, i cittadini hanno cominciato a usare meno debito.

Offerta mondiale di petrolio

L'offerta mondiale di petrolio sta crescendo solo molto lentamente, come mostrato nella Figura 9. Mentre sentiamo molto parlare di crescita del petrolio dalle formazioni di scisto, questo funge più che altro da compensazione della perdita di produzione altrove.


Figura 9. Crescita dell'offerta mondiale di petrolio, con linee di tendenza adattate, basata sulla Revisione Statistica dell'Energia Mondiale 2013 della BP.

E' una mancanza di crescita dell'offerta di petrolio insieme al suo prezzo alto che sta frenando la crescita economica. Come detto in precedenza, sono necessari tassi di interesse molto bassi solo per mantenere il livello di crescita economica che abbiamo ora.

La differenza fra un'economia in crescita ed una in contrazione per ripagare il debito

In un'economia in crescita è possibile ripagare il debito con gli interessi. Ma quando l'economia non cresce, è molto più difficile ripagare il debito.


Figura 10. Ripagare i prestiti è facile in un'economia in crescita, ma molto più difficile in un'economia in contrazione

E' probabile che sia questo il problema che sta alla base della difficoltà che le economie hanno nell'aumentare il loro indebitamento. Tassi di interesse molto bassi possono aiutare, ma alla fine se l'economia non si espande, il debito non funziona bene. I salari non crescono al netto dell'inflazione e, a causa di questo, non è possibile per i cittadini indebitarsi molto di più. L'aumento del debito degli studenti si frappone all'aquisto di case con l'uso di mutui successivamente.

Lo sfortunato problema del prezzo del petrolio che abbiamo ora

Il problema che abbiamo ora è che un'offerta di petrolio a buon mercato in aumento non è più possibile. Gran parte del petrolio facile da estrarre è già andato. Piuttosto, il costo di estrazione continua a salire, ma i salari non crescono a sufficienza perché le persone si possano permettere l'alto costo dell'estrazione di petrolio (anche con tassi di interesse super bassi). La sfortunata conseguenza è che i prezzi del petrolio ora sono troppo bassi per molti produttori. Ho descritto ciò nel mio post L'inizio della fine? Le compagnie petrolifere tagliano le spese. Siccome i prezzi del petrolio sono troppo bassi perché le compagnie lo estraggano, ci servono davvero prezzi del petrolio più alti. Ma se i prezzi del petrolio sono più alti, riporteranno il paese (e il mondo) nella recessione. I tassi di interesse sono già molto bassi – non è possibile abbassarli ulteriormente per compensare i costi del petrolio. Stiamo raggiungendo il limite di quello che le banche centrali possono fare per tenere insieme le economie.

L'effetto dell'aumento dei tassi di interesse sull'economia

Se ci vogliono tassi di interesse molto bassi per compensare i prezzi del petrolio, dovrebbe essere chiaro che tassi di interesse in aumento, sempre che possano aumentare, avranno un effetto disastroso sull'economia. Se i tassi di interesse dovessero salire, ci si può aspettare che avranno diversi effetti negativi, in pratica simultaneamente.


  • Renderanno i pagamenti mensili per una nuova casa o automobile più cari, riducendo le vendite di entrambe
  • Ridurranno i prezzi di vendita delle obbligazioni esistenti (effettuate sui bilanci delle banche, sui fondi pensione e sulle compagnie di assicurazione)
  • Ridurranno probabilmente i prezzi del mercato azionario, perché le obbligazioni daranno l'impressione di avere un rendimento maggiore in confronto. 
  • Inoltre, il paese verrà spinto nella recessione e i prezzi inferiori delle azioni si tradurrà sulla base delle prospettive apparentemente peggiori di gran parte delle aziende.
  • Il valore di rivendita delle case probabilmente scenderà, perché ci saranno meno persone nel mercato per lo scambio di case. 
  • Il governo degli Stati Uniti dovrà pagare un interesse maggiore sul suo debito, che renderà necessario un aumento delle tasse, spingendo ulteriormente il paese verso la recessione. 
  • Con tasse più alte e più licenziamenti, ci saranno più fallimenti per debiti di ogni tipo. Banche, compagnie di assicurazione e piani pensione ne saranno particolarmente colpite. Molte avranno bisogno di essere salvate, ma sarà sempre più difficile farlo.

La Federal Reserve ha detto che sta per ridurre la quantità di debito che compra sotto il QE. L'effetto atteso della riduzione del QE è che i tassi di interesse aumenteranno, specialmente per quanto riguarda il debito a lungo termine. Per un po', i tassi di interesse degli Stati Uniti sono aumentati e la vendita di case è crollata. Ma più di recente, dall'inizio del 2014 ad ora, i tassi di interesse sembrano diminuire piuttosto che salire. Questo è strano, visto che questo è il periodo in cui la riduzione del QE dovrebbe avere luogo, piuttosto che essere semplicemente pianificata. E' possibile che le transazioni transoceaniche stiano distorcendo ciò che sta avvenendo realmente.

Uscire da questo pasticcio

La sostituzione del debito per il salario aggiuntivo non è necessariamente una cosa buona, anche con tassi di interesse molto bassi. Per esempio, la lunghezza massima dei nuovi prestiti per l'acquisto di automobili è aumentato da cinque a sei a sette anni, permettendo alle persone di comprare automobili costose. Il trucco è che i prestiti sono “sott'acqua” più a lungo e diventa più difficile comprare un'auto sostitutiva. Quindi alla fine i compratori tendono a tenersi le proprie automobili più a lungo, riducendo la domanda di nuove automobili. Il problema non è completamente risolto; in qualche misura è solo ritardato. E' difficile vedere una via d'uscita dal nostro dilemma attuale. La capacità dei consumatori di pagare prezzi più alti per beni e servizi in circostanze normali richiede salari più alti. Ma se salari più alti non sono disponibili, debito maggiore più tassi di interesse molto bassi possono “tipo” sopperire. Questa non può essere una soluzione permanente, perché ci sono troppe cose che disturberanno questo equilibrio.

Come abbiamo visto, tassi di interesse in aumento porteranno a una fine del nostro attuale equilibrio, aumentando i costi in molti modi, senza che aumentino i salari. Ciò ridurrà anche i valori dei prezzi di patrimoni e obbligazioni. Un aumento del costo dell'estrazione del petrolio, se non è accompagnata da prezzi del petrolio alti, metterà a sua volta fine al nostro equilibrio, perché i produttori di petrolio smetteranno di trivellare il numero di pozzi necessari per mantenere alta la produzione. Se i prezzi del petrolio aumentano (a prescindere dalla ragione), questo tenderà a portare l'economia in recessione, portando a perdita di posti di lavoro e fallimenti per debito. Il solo modo per far andare avanti le cose un po' più a lungo potrebbero essere i tassi di interesse negativo. Ma anche questo appare “incerto”. Viviamo davvero in tempi interessanti.


lunedì 9 giugno 2014

Il CO2 non fa necessariamente bene alle piante

Da “BBC News”. Traduzione di MR (h/t Nicola Caporaso). 

Di Matt McGrath


Il contenuto di nutrienti delle grandi colture come il grano viene probabilmente ridotto dall'aumento delle temperature

L'aumento dei livelli di CO2 nel mondo avrà un impatto significativo sul contenuto di nutrienti, secondo un nuovo studio. 

Gli esperimenti mostrano che è probabile che i livelli di zinco, ferro e proteine vengano ridotti fino al 10% nel grano e nel riso per il 2050. Gli scienziati dicono che questo potrebbe avere implicazioni sulla salute per miliardi di persone, specialmente nel mondo in via di sviluppo. Il rapporto è stato pubblicato sulla rivista Nature. I ricercatori negli ultimi due decenni si sono sforzati per progettare sperimentazioni sul campo su larga scala per modellare con precisione gli impatti dell'aumento dei livelli di CO2 nella composizione dei nutrienti delle colture. Ora, una squadra internazionale ha messo insieme un'analisi globale basata su esperimenti in Giappone, Australia e Stati Uniti. Hanno coltivato 41 diverse varietà di cereali e legumi in campo aperto, coi livelli di biossido di carbonio attesi per la metà di questo secolo. “Probabilmente è la più significativa minaccia alla salute che sia stata documentata da parte del cambiamento climatico”, ha detto l'autore principale, il dottor Samuel Myers della Scuola di Salute Pubblica di Harvard. “Abbiamo scoperto riduzioni significative di ferro, zinco e proteine nel riso e nel grano ed abbiamo scoperto riduzioni significative di ferro e zinco nella soia e anche nei piselli”, ha detto.

     Scala degli impatti
     Livelli di CO2 di 546-568 ppm ridurrebbero i nutrienti nei cereali e nei legumi delle quantità seguenti:
  • Grano: zinco -9,3%; ferro -5,1%; proteine -6,3%
  • Riso: zinco -3,3%; ferro -5,2%; proteine -7,8%
  • Piselli: zinco -6.8%; ferro -4,1%; proteine -2,1%
  • Soia: zinco -5,1%; ferro -4,1%; proteine -4,6%
  • Nessuna riduzione significativa per mais e sorgo

I ricercatori stimano che queste riduzioni che raggiungono il 10% potrebbero avere grandi conseguenze per la salute di milioni di persone nel mondo. Circa un terzo della popolazione globale sta già soffrendo di carenze di ferro e zinco, che portano come conseguenza alla perdita di circa 63 milioni di anni di vita ogni anno. “Abbiamo scoperto che circa 2 miliardi di persone stanno assumendo almeno il 70% del loro ferro e zinco da questi cereali e legumi. Quindi le riduzioni in queste colture sono potenzialmente molto preoccupanti in termini di aumento di quelle deficienze”, ha detto il dottor Myers. Mangiare più cibo per compensare queste riduzioni dei nutrienti non sarebbe una buona soluzione, ha detto. “Il problema è che se si mangiano il 5-10% di calorie in più ogni giorno, sarebbe questione di mesi il fatto di diventare patologicamente obesi, incorrendo in problemi circa le malattie metaboliche”. 


Diverse varietà di riso hanno reagito diversamente al CO2, dando la speranza che si possano sviluppare nuove razze che non perdano i propri nutrienti

Gli scienziati non sono sicuri del meccanismo attraverso il quale i livelli di biossido di carbonio di circa 550 ppm limitino i nutrienti delle colture. Si pensa che le colture sostituiscano i nutrienti coi carboidrati nel momento in cui il gas aumenta. Ma la nuova ricerca è stata incoerente su questo punto. 

Difficoltà di riproduzione

Gli autori hanno scoperto che in alcune specie come il riso ci sono considerevoli differenze nella risposta al CO2 che fa loro sperare di superare queste riduzioni. “Ciò che ipotizziamo è che ciò potrebbe costituire una base per programmi di riproduzione per produrre riso che sia meno sensibile al CO2. Non stiamo dimostrando che questo sia possibile, ma stiamo solo dicendo che potrebbe esserci una base genetica per farlo”, ha detto il dottor Myers. “Questi programmi di riproduzione sono tutti buoni sulla carta, ma non si possono produrre dei cultivar che magari riduce il rendimento, o non ha un buon sapore. E' complicato”. L'impatto del carbonio sul livello dei nutrienti è un altro colpo alla produzione globale di cibo. Secondo l'IPCC, i rendimenti delle colture sono destinate anche a soffrire in conseguenza dell'aumento delle temperature. I loro recente riassunto sugli impatti del riscaldamento globale ha dichiarato che la produzione di mais, grano e riso diminuirà nel corso di questo secolo. 

Il grande imbroglio del PIL 2014



Questa faccenda del "PIL truccato" l'avevo già fatta notare in un post precedente su "Effetto Risorse". Come è ovvio, non sono stato il solo ad accorgersene; ecco qui un commento recente da "Scenari Economici" che stima che la revisione del PIL con l'inclusione delle attività illegali potrebbe portare a un aumento di oltre il 10% (!!). In sostanza, quando non funziona più nulla, non rimane che truccare i conti.


da "Scenari Economici" di "GPG"

#arrivailBidone – La Revisione del PIL potrebbe pesare tra il 6 ed il 14% del PIL

Su scala planetaria, di recente, c’e’ un gran da fare per revisionare i metodi di calcolo del PIL. Qualche mese fa si parlava dell’adozione nel PIL della spesa in ricerca e sviluppo, attualmente conteggiata come un costo e che invece rientrerà tra gli investimenti, e quindi nel PIL, sulla scorta di quanto fatto negli USA. Si stimava (vedi QUI) un impatto in europa del 2% (appena l’1-2% per l’Italia dove tali spese hanno minore incidenza). Di recente pero’, si sa che in autunno arrivera’ una revisione del PIL che includera’ oltre a quanto sopra, anche l’inclusione nel PIL delle attivita’ criminali. La domanda da porsi e’: quanto pesera’ tutto cio’?

Andiamo a vedere cosa dice l’ISTAT. Nel paper “Cambia il Sistema dei conti nazionali” ci dice che”
Il 2014 è un anno di importanti cambiamenti per il Sistema dei conti nazionali (Sec), l’impianto che definisce la metodologia armonizzata per la produzione di dati di contabilità nazionale all’interno dell’Unione europea. In Italia, come in gran parte dei paesi Ue, il passaggio ad una nuova versione delle regole di contabilità (ovvero la transizione dalla versione 1995 a quella 2010 del Sec) è il momento più adatto per adottare i necessari miglioramenti dei metodi di misurazione e per introdurre nuove fonti informative che si sono rese disponibili negli anni recenti.
Aprendo l’allegato si sa che la nuova stima del PIL arrivera’ il 3 Ottobre 2014. Vediamo alcuni passaggi:
Le innovazioni dei metodi di misurazione e delle fonti che saranno introdotte nei nuovi Conti Nazionali sono state suddivise in tre categorie principali:

a) I cambiamenti metodologici introdotti dal Sec2010
 Qui si parla di considerare nella nuova versione dei conti, le spese in Ricerca e Sviluppo come spese di investimento (e quindi PIL) e non come costi. Cio’ si porta dietro anche gli ammortamenti dello stock di capitale di R&S delle PA. Anche le spese per armamenti, verranno riclassificate da spese per consumi intermedi a spese per investimento.

b) Le altre modifiche sulle pratiche di compilazione dei conti
Qui c’e’ un po’ di tutto, e cio’ nasce da rilievi Eurostat. Tuttavia, la rilevanza maggiore, riguarda l’inserimento nei conti delle attività illegali, che già il Sec95 aveva previsto, in ottemperanza al principio secondo il quale le stime devono essere esaustive, cioè comprendere tutte le attività che producono reddito, indipendentemente dal loro status giuridico. La misurazione di tali attività è molto difficile, per l’ovvia ragione che esse si sottraggono a qualsiasi forma di rilevazione, e lo stesso concetto di attività illegale può prestarsi a diverse interpretazioni. Eurostat ha fornito linee guida ben definite. Le attività illegali di cui tutti i paesi inseriranno una stima nei conti (e quindi nel Pil) sono: traffico di sostanze stupefacenti, servizi della prostituzione e contrabbando (di sigarette o alcol).

c) Innovazioni e miglioramenti nelle misurazioni combinati a nuove fonti informative
 Innovazioni connesse al modello di definizione dell’input di lavoro e i metodi di misura dell’economia non osservata e, in particolare, della componente connessa con la sotto-dichiarazione dell’attività economica da parte della imprese. Il nuovo modello di costruzione delle stime dell’occupazione è basato sulla completa integrazione a livello micro di tutte le fonti amministrative con informazioni relative all’attività lavorativa (e ai relativi redditi) e sul loro collegamento puntuale con le informazioni raccolte dal lato degli individui mediante l’indagine continua sulle Forze di Lavoro. E’ stata sviluppata una revisione completa ed approfondita dell’insieme delle metodologie utilizzate per la misurazione dell’economia non osservata … e nella misurazione delle componenti non osservate dell’economia riguarda la stima dei redditi da lavoro dipendente per il lavoro irregolare.
Ricapitolando:
 a) I cambiamenti metodologici introdotti dal Sec2010 (Spese Ricerca e Sviluppo, etc): queste sono stimate avere un impatto sul PIL dell’ordine dell 1-2% in Italia
b-c) Aaltre modifiche, inserimento nel PIL delle attivita’ illegali e criminali (traffico di sostanze stupefacenti, servizi della prostituzione e contrabbando), nuova stima dell’economia sommersa.

L’Istat, già inserisce nel Pil il sommerso economico, ovvero tutte quelle attività di produzione che, pur essendo legali, sfuggono al controllo diretto attraverso il sistema di frode fiscale e contributiva. Le ultime stime in questo senso risalgono al 2008 e indicano come il valore aggiunto prodotto nell’area del sommerso sia stimato tra un minimo di 255 e un massimo 275 miliardi di euro, per un peso percentuale sul Pil che si aggira tra il 16,3% e il 17,5%. Queste verranno riclassificate, ma non si sa l’impatto sul PIL.
La vera novita’ e’ l’inserimento nel calcolo del Pil di alcune attività illegali. La cosa e’ complessa per la misurazione di questo tipo di attività che, per evitare di incorrere in sanzioni legislative, si sottraggono a qualsiasi forma di rilevazione.
Eurispes stimo’ che nel 2007 l’intera economia criminale pesava l’11% del PIL.  Confesercenti fece una stima analoga parlando del 7% del PIL. Banca d’Italia fece uno studio approfondito (opera di Ardizzi, Petraglia, Piacenza e Turati) relativo al quadriennio 2005-2008, valutando il peso dell’economia illegale al 10,9% del PIL (vedi QUIQUI). Un’altro studio condotto da Argentiero, Bagella e Busato parla del 12% di attivita’ di riciclaggio. Quardate cosa c’e’ scritto nello studio della Banca d’Italia:
Dai risultati emerge un’incidenza media dell’economia sommersa e di quella illegale pari rispettivamente al 16,5 e al 10,9 per cento del PIL. Questa evidenza conferma che, trascurando la componente di scambi illegali, si rischia non solo di imputare erroneamente a comportamenti di evasione una parte di transazioni in contanti derivante invece da attività illecite, ma anche di sottostimare il valore complessivo dell’economia irregolare. Tuttavia, rivedere la stima dell’economia sommersa non implica automaticamente una pari revisione nel livello del PIL, che consegue da un articolato processo di combinazione e bilanciamento di un vasto insieme di indicatori della domanda e dell’offerta, tra cui le attività sommerse.”

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In sintesi, la Revisione del PIL che arrivera’ ad Ottobre, vedra’:

A) Una crescita del PIL dell’1-2%  per l’adozione del SEC 2010 (spese R&S, etc)

B-C) Una crescita del PIL che verosimilmente puo’ essere del 5-12% legata alla stima di gran parte dell’economia illegale e dalla ritaratura dell’economia sommersa

Conclusione) L’Impatto sul PIL dovrebbe essere tra il 6% ed il 14%. Verosimilmente sara’ dell’8-10%.


Cosa implica cio’? Ipotizziamo che il PIL venga rivisto al rialzo del 10%.

  • Il Debito Pubblico del 2014 verrebbe rivisto dal 136% al 124%

  • Un Deficit del 3,3% (con l’attuale contabilizzazione) varrebbe il 3,0% (col PIL revisionato), e quindi vi sarebbe un “extra-deficit” teorico per rispettare il 3% superiore a 5 miliardi

  • Magicamente le Uscite e le Entrate dello stato, attualmente nell’ordine del 51% e 48% del PIL, passerebbero rispettivamente al 46-47% e 43-44%.


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Ovviamente nessun problema dell’Italia verra’ minimamente risolto, ma molti saranno indotti a pensare che le cose vanno meglio.
GPG




domenica 8 giugno 2014

Sparisce il 96% del petrolio di scisto in California


 


Da “jeremyleggett.net” (12). Traduzione di MR (h/t Dario Faccini)


Shock per la revisione del 96% in meno del presunto tight oil statunitense.

LA Times: “Le autorità energetiche federali hanno tagliato del 96% la quantità stimata di petrolio recuperabile sepolto nel vasto deposito di scisto californiano di Monterey, sfonfiando il suo potenziale come 'miniera di oro nero' nazionale”. “Solo 600 milioni di barili di petrolio possono essere estratti con la tecnologia esistente, di gran lunga al di sotto dei 13,7 miliardi di barili che un tempo si pensava di poter recuperare dagli strati mescolati di roccia sotterranea distribuita lungo gran parte della California centrale, ha detto la EIA.

La nuova stima, attesa per la pubblicazione il prossimo mese, è un colpo al futuro petrolifero della nazione ed alle previsioni secondo le quali un boom petrolifero avrebbe portato 2,8 milioni di nuovi posti di lavoro in California e incrementare gli introiti delle tasse di 24,6 miliardi di dollari all'anno. La formazione di scisto di Monterey contiene circa due terzi delle riserve di petrolio di scisto nazionali. E' stato visto come un'enorme e ricco giacimento che avrebbe ridotto il bisogno nazionali di importazione di petrolio straniero, attraverso l'uso delle ultime novità in fatto di tecniche di estrazione, compresi i trattamenti acidi, la trivellazione orizzontale e il fracking. L'agenzia energetica ha detto che la stima precedente di petrolio recuperabile, pubblicata nel 2011 da una ditta privata sotto contratto col governo, ha sostanzialmente ipotizzato che i depositi nella formazione di scisto di Monterey fossero facilmente recuperabili quanto quelli trovati in formazioni di scisto altrove. … La nuova analisi della EIA si è basata, in parte, su una revisione della produzione dai pozzi dove sono state usate le nuove tecniche. … J. David Hughes, un geoscienziato e portavoce del no profit Post Carbon Institut, ha detto che la formazione di Monterey “è sempre stato il filone principale mitico gonfiato dall'industria petrolifera – non è mai esistito”.

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Non c'è gas di scisto nel bacino di Weald nel Regno Unito e poco petrolio recuperabile, conclude un'indagine. 

Guardian: “Le speranze che il governo britannico possa emulare gli Stati Uniti cominciando una rivoluzione del gas di scisto sono state deluse dopo un rapporto a lungo atteso che ha inaspettatamente concluso che non c'è alcun potenziale nel fracking per il gas nella regione di Weald, nel sud dell'Inghilterra”. “Michael Fallon, il ministro dell'energia, ha insistito di non essere “né deluso né felice” rispetto alle scoperte della British Geological Survey (BGS) ed ha negato che il governo abbia gonfiato il potenziale per estrarre il gas di scisto in Gran Bretagna. Ha preferito concentrarsi sulle scoperte più positive della BGS secondo le quali potrebbero esserci 4,4 miliardi di barili di petrolio nelle rocce di scisto dell'area, che si estendono da Salisbury a Tunbridge Wells – anche se in pratica le riserve recuperabili è probabile che siano solo una parte di queste.

… Il governo ha cominciato una consultazione di 12 settimane sulla nuova legislazione che aggirerebbe la legge di sconfinamento per il lavoro sotterraneo che è di 300 metri o più al di sotto della superficie e per i pagamenti volontari della comunità di 20.000 sterline per ogni pozzo laterale trivellato. … Ma la conclusione della BGS che “è improbabile che ci sia un qualsiasi potenziale di gas di scisto” nell'area di Weald è un forte colpo alle più ampie speranze del ministro di poter trovare scisto lungo tutto il paese. L'uso di nuove tecnologia come il fracking potrebbe significare volumi maggiori, la la BGS ha detto che servono più trivellazioni e più test per “ridurre quella cifra di 4,4 miliardi di barili”. Anche così, la quantità di petrolio di scisto portato in superficie potrebbe essere solo “una piccola percentuale” di tutte le riserve recuperabili”.