domenica 7 luglio 2013

Cambiamento climatico: perché la gente sceglie l'ignoranza



Di Ugo Bardi

Da “The frog that jumped out”. Traduzione di MR



Image above from Benvitalis' blog

Estratto da Yahoo news, grassetto della “Rana”


Perché la gente felice si nasconde dal cambiamento climatico
Takepart.com – mercoledì 22 maggio 2013

L'ignoranza può essere una benedizione, ma la benedizione porta anche all'ignoranza – perlomeno quando si tratta di cambiamento climatico.


Lo studio, pubblicato recentemente nella rivista Science Communication, ha esaminato 763 studenti universitari. Dopo aver chiesto loro come si sentivano rispetto al tema, lo studio ha poi cercato di vedere quanto fosse probabile che essi cercassero e raccogliessero più conoscenza su di esso, ha detto l'autrice dello studio Janet Yang, una ricercatrice dell'Università di Stato di New York a Buffalo. 

...

Gran parte degli intervistati – 51% - dice anche di non pensare che il riscaldamento globale sia causato dagli esseri umani, secondo un sondaggio del Centro Ricerche Pew. In altre parole, non sanno che il biossido di carbonio prodotto dall'uomo sta aumentando le temperature in tutto il mondo, cioè la conclusione raggiunta dall'Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC).

Il risultato più sorprendente per la Yang è stato quello di aver svelato una “norma” sociale per impegnarsi ad evitare le informazioni – se una persona pensa che sia più probabile che i suoi simili evitino le informazioni sul tema, allora è più probabile che questa stessa persona eviterà a sua volta le informazioni. In genere, come nel caso dei problemi ambientali, le norme sociali – quello che crediamo vogliano fare gli altri – portano le persone a cercare più informazioni, non di meno, dice la Yang. 

“Se credete che la gente pensi che dovreste fare di più, è più probabile che cerchiate più informazioni”, ha detto. 

In questo caso, se una persona passa del tempo con altre che evitano le informazioni sul cambiamento climatico, allora è molto probabile che questa faccia lo stesso, ha detto la Yang. 

La ricerca suggerisce che quando si tenta di informare la gente o di portarla ad occuparsi e fare qualcosa riguardo al riscaldamento globale, potrebbe essere utile stimolare un qualche tipo di risposta emotiva. 

“Stimolare le emozioni ed usare di più il racconto visivo, basandomi sullo studio, penso che sarebbe efficacie nel portare le persone a cercare più informazioni”, ha detto. “Dobbiamo diffondere un senso di urgenza che possa effettivamente stimolare risposte a questo problema nel pubblico”, continua l'autrice nel saggio. 

Potrebbe anche essere utile descrivere la ricerca di informazioni come responsabile e vantaggiosa. Inoltre, è importante che la gente capisca che può fare qualcosa per questo problema; coloro che pensavano che le loro azioni non avessero alcun effetto più facilmente evitavano di cercare informazioni, ha detto la Yang. 

“La comunicazione del rischio rispetto al cambiamento climatico potrebbe avere un beneficio dal far crescere un senso di curiosità e dallo sfatare false credenze circa l'attuale conoscenza, in modo che la gente non si fermi a ciò che già sa”, ha scritto l'autrice. 

La Yang ha detto che si preoccupa profondamente per il cambiamento climatico, perché avrà “un impatto enorme sulla nostra generazione e su quelle future”. Quando si confronta coi negazionisti climatici, lei cerca di convincerli che questo è un problema reale, se crede che sia il caso. Ma se si tratta di una conversazione casuale o di chiacchiere a cena, “non mi sempre mi ci imbarco, perché non voglio far sentire a disagio le persone”, ha detto. “Ma forse dovrei”.


sabato 6 luglio 2013

Jay Forrester sulla natura dei problemi che affrontiamo

Di Ugo Bardi
Da “The frog that jumped out”. Traduzione e sottotitoli video di MR.










In poche frasi, Jay Forrester, ancora perfettamente lucido a 95 anni, sottolinea le origini dei problemi che affrontiamo col cambiamento climatico e tutto il resto. Negli anni 60, Forrester aveva sviluppato un metodo di studio dei sistemi complessi chiamato “dinamica dei sistemi” e quella è stata l'origine dello studio del 1972 “I Limiti dello Sviluppo”. Quasi 50 anni dopo, la comprensione del comportamento dei sistemi complessi da parte dei leader e dei politici rimane primitiva, meglio che vada. E questo mostra:

“La gente fa le cose che crede di dover fare, ma non si rende conto che è quello che sta facendo che sta causando i problemi”

“[i nostri leader] raggiungono la maturità e giungono a posizioni di influenza con una conoscenza del tutto sbagliata dei sistemi coi quali hanno a che fare”

”... e tuttavia chiediamo ai leader far funzionare dei sistemi che sono ben al di là di ogni loro possibilità di comprenderli realmente”


venerdì 5 luglio 2013

Un sano senso di vergogna

Da “Club Orlov". Traduzione di MR

Di Dmitry Orlov


Parra, Il Senso di Colpa

Il post della settimana scorsa ha dato adito ad una fantastica sorgente di emozioni negative nelle molte persone che hanno commentato. Questa settimana, piuttosto che ignorare o reprimere le emozioni negative, faremo l'esatto opposto: le celebreremo. A volte è la cosa sana da fare.

C'è una tendenza a guardare le emozioni negative come, be', negative: pochi di noi vogliono particolarmente passare il tempo sguazzando nella colpa, nella vergogna, nell'imbarazzo, nei sentimenti di insicurezza o inadeguatezza, di confusione e incomprensione. La dissonanza cognitiva, che è causata dal dovere accettare simultaneamente due nozioni contraddittorie, è dolorosa e anche meno di noi amano il dolore (e per coloro che lo amano, non si tratta del tipo di dolore che tendiamo ad amare). Tuttavia, tutte queste emozioni negative esistono per una ragione: forniscono feedback negativi essenziali per il nostro comportamento, permettendoci di evitare, riconoscere e di espiare i nostri errori. Senza di essi giriamo senza controllo, andiamo a sbattere ovunque e bruciamo.

Gran parte delle persone passano la vita cercando di evitare le emozioni negative. Lavoriamo e ci comportiamo bene con gli altri, non agitiamo le acque o causiamo problemi, chiediamo il permesso e ci scusiamo per cose banali. Facciamo ciò che gli altri si aspettano da noi e nascondiamo le parti di noi che potrebbero incontrare disapprovazione. Evitiamo i temi che possono innescare emozioni negative e quando non possiamo, evitiamo di approfondire le cose e trarne conclusioni. Ma, più importante, ci prendiamo licenza: la società ci da licenza di pensare male di coloro che differiscono o deviano dalle norme accettate senza provare colpa o vergogna anche se sappiamo pienamente e bene di essere di gran lunga peggiori di loro. Non importa quanto possa essere negativa la visione di noi stessi, possiamo sempre ignorarla nascondendoci dietro la xenofobia. E non importa quanto infinitamente piccola sia la probabilità che qualcun altro si unisca a noi, possiamo sempre dire “Se non se con noi, sei contro di noi”. La nostra società malata ci fornisce un trucchetto malato col quale prendere la nostra colpa e la nostra vergogna e convertirle in rabbia e orgoglio.

Ecco un esempio specifico: recentemente ho raccontato ad un pubblico alcune cose sul loro paese (gli Stati Uniti). Ho sottolineato che il loro paese è il numero uno fra i paesi sviluppati in molte categorie, come l'obesità (il Messico è secondo), i tassi di divorzio, le famiglie di una sola persona, i bambini che crescono senza padre, la morte per abusi di bambini, i tassi di infezione da malattie trasmesse sessualmente, i tassi di maternità delle adolescenti, i tassi di incarcerazione, di depressione e disturbi dell'alimentazione. Ho sottolineato che un terzo dei bambini negli Stati Uniti sono senza padre, che un quarto delle adolescenti negli Stati Uniti hanno almeno una malattia trasmessa sessualmente, che a un quarto delle donne negli Stati Uniti sono stati prescritti antidepressivi prima o dopo, che un terzo di tutti gli impiegati soffre di stress debilitante cronico e che la metà prova uno stress che causa insonnia, ansia e depressione. Ho detto loro che si stanno uccidendo a forza di numeri record, essendo il suicidio la causa principale delle ferite mortali, prima degli altrettanto numerosi incidenti stradali e delle ferite da arma da fuoco. Ho detto loro che la portata della loro diseguaglianza e negligenza sociale è degna di una repubblica delle banane del terzo mondo. Ed ho detto a quel pubblico cosa pensano, secondo numerosi sondaggi di opinione, del loro governo: il loro Congresso è meno popolare di scarafaggi, pidocchi, fogne, colonscopie, ingorghi stradali, venditori di auto usate e Gengis Khan. E si sono presi tutto persino ridacchiando. Sì, è tutto vero.

 Poi ho raccontato a quel pubblico di alcuni gruppi sociali diversi che vivono in isolamento fra di loro, proprio qui negli Stati Uniti, che hanno dei risultati di gran lunga migliori. Secondo ogni misurazione concepibile: alcolismo, abusi coniugali e sui bambini, abuso di sostanze, disturbi mentali, tasso di criminalità, tasso di suicidi – aggiungete voi qualcosa – non fanno solo un po' meglio, ma enormemente meglio, massicciamente meglio. Il loro trucco è quello di mettere un muro tagliafuoco fra loro e la società intorno e di vivere con le proprie regole senza consultare coloro che gli stanno intorno anche se questo significa dover affrontare periodicamente una persecuzione. Di fatto, è questa persecuzione che che da loro la forza di perseverare. Ho spiegato che questi gruppi sono eterogenei: alcuni sono religiosi, altri atei; alcuni sono stanziali, altri nomadi; alcuni si attengono scrupolosamente alla legge, altri se ne fanno beffe; alcuni portano i loro figli a studi avanzati, altri negano loro l'alfabetizzazione di base: alcuni sposano i diritti eguali per le donne, altri no. Ho spiegato che ognuno di questi gruppi ha la propria ideologia e il proprio codice di comportamento e che le differenze sono tali che ci sono a malapena i presupposti per confrontarli. D'altra parte, essi hanno aree significative in comune che sembrano essere la base di ingredienti essenziali per le loro ricette di successo molto diverse fra loro. Alla fine, ho detto che le sole cose alle quali vale la pena guardare sono i punti in comune ed ho spiegato quali sono perché, vedete, se vogliamo raggiungere risultati migliori per noi stessi, possiamo ignorare queste caratteristiche, che sono candidate ad essere universali fra le comunità di successo, a nostro rischio e pericolo. E la gente generalmente accetta anche questo.

Ma poi c'erano alcuni nel gruppo che hanno iniziato un attacco xenofobo. Hanno cominciato ad attaccare alcuni dei gruppi che ho descritto (hanno individuato gli Amish per il trattamento delle malattie) perché come trattano le donne, o i bambini, o gli animali, non è conforme agli standard della società progressista. Quale società progressista? Quella che ho descritto sopra, la società malata, dominata da pidocchi e scarafaggi, presieduta da Gengis Khan, dove qualcosa come metà della popolazione assume sostanze psicoattive di un qualche tipo che le permette di non notare le sue condizioni miserevoli e quelle dei propri dintorni, la loro mancanza di sicurezza, di amicizia leale o di speranza per il futuro? Quella società? E' progressista, vedete, e gli Amish (che non hanno nessuno di questi problemi) apparentemente non lo sono.

Ora, perché mai al mondo qualcuno che ha appena sentito di non avere una gamba per stare in piedi dovrebbe provare a dare un calcio a chi sta fermamente in piedi su due gambe? Siamo qui, stesi a terra e senza gambe e lui è lì, in piedi a pochi passi da noi che ci sorride. Potrebbe anche considerare il fatto di avvicinarsi ed aiutarci, ma noi lo stiamo maledicendo, in più il nostro alito puzza un po' troppo perché abbiamo trattenuto le scoregge di una vita. E, santo cielo, ci siamo appena incazzati? Oh, per urlare forte!

Posso pensare una sola ragione per la quale qualcuno si comporterebbe con così poca grazia:






Ora, potreste pensare che una volta che i principi comuni che sostengono tutte le comunità di successo vengano astratti dalle loro specifiche potenzialmente offensive, questi punti in comune possano essere attuati con successo anche da gente del tutto senza vergogna. Ma io dubito seriamente che sia così. La capacità di giudicare gli altri più duramente di quanto si voglia giudicare sé stessi o, dall'altra parte, l'incapacità di limitare il tuo proprio comportamento ricordando chi sei e quale potrebbe essere il tuo posto – queste non sono minimamente utili nella formazione di gruppi affiatati, armoniosi, cooperativi, auto-organizzati ed auto-governati.

Infatti, sembra che la mancanza di vergogna sia una buona candidata per la prova del nove. Coloro che non riescono a rispettare il detto “Non giudicare, o sarai giudicato” (Matteo 7:1) dovrebbero essere giudicati fuori dal gruppo. Ma ciò che sarebbe anche meglio è se potesse essere progettato un certo numero di pasticche velenose specifiche, se volete, che non fanno nessun danno alla comunità in sé, ma sono velenose per gli estranei che giudicano. Questo li spingerebbe ad escludere sé stessi dalla comunità sotto il loro potere, risparmiando a tutti la noia di sbatterli fuori. E questo potrebbe risultare in una sana dose di persecuzione che, come ho scoperto, è uno degli ingredienti chiave per mantenere una comunità coesa e sana.

Facendo un passo indietro da questa tempesta in un bicchiere, di cosa parlava il mio discorso? Parlava delle “comunità che rispettano”: gruppi separatisti che hanno superato la prova del tempo – cinque secoli nel caso degli Anabattisti, dieci o più nel caso dei Rom (più qualche esperimento recente). Questi gruppi sono di vecchio stile nel loro ordine sociale in virtù dei criteri coi quali li ho scelti: la loro capacità di rispettare. La loro capacità di perseverare in un ambiente sociale alieno e a volte ostile e di ignorare i venti di cambiamento che soffiano in quell'ambiente sociale, sono aspetti dello stesso fenomeno. Sono conservatori e non hanno trovato una ragione sufficientemente forte per aggiornare i loro antichi costumi, che siano il matrimonio combinato o la segregazione di genere nei refettori della comunità o l'estensione del voto alle donne, così come molte altre cose di questo tipo che i progressisti trovano offensivi. Ma nessuno ha mai detto di emulare o di unirsi a questi gruppi! La discussione sì è focalizzata sui punti in comune che hanno fatto aver loro successo e non c'è niente sui punti in comune che siano offensivi per nessuno. Ma per capire questi punti in comune dobbiamo guardare le comunità che li esibiscono e per fare questo con successo dobbiamo valutarli secondo i loro standard, non i nostri. Ma fra di noi si trovano alcuni eredi dell'imperialismo culturale, economico e militare e queste persone sono apparentemente abituate a giudicare l'intero universo come se fosse stato creato per adattarsi allo loro fantasia e a soddisfare la loro sensibilità. Essi potrebbero trovare molto difficile sospendere il loro giudizio e imparare a vedere il mondo con gli occhi di coloro che sono, di proposito e senza chiedere scusa, diversi da loro e che non hanno nessun posto per loro nel loro universo. Ma questi sono i soli termini sotto i quali la loro partecipazione nella discussione che seguirà sarebbe altro che non uno spreco del tempo di tutti.

Dato che questo cavallo morto non è stato ancora sufficientemente reso tenero, lasciate che ripeta un'ultima volta: se siete una delle persone che fanno parte di una comunità affiatata, che dura a lungo e che fornisce tutto ciò di cui i suoi confratelli necessitano dalla culla alla tomba, tutti vorrebbero starvi a sentire ed imparare da voi tutto il possibile, a prescindere da quanto “inaccettabilmente” la vostra gente possa essere bigotta, vecchio stile o genericamente strana. Non abbiate paura di essere giudicati, perché il resto di noi non è nelle condizioni di farlo. Se voi, dall'altra parte, siete una delle tante, tante persone – di gran lunga troppe, di recente – che pensate ancora che forse il governo statunitense, o Wall Street, o le multinazionali di Fortune 500 o il Dipartimento per la Sicurezza Nazionale provvederanno a tutti i loro bisogni, allora siete poco più di un'invenzione della vostra immaginazione e c'è un nuovo acronimo col quale avete bisogno essere a vostro agio:  STFU (Shut the Fuck - Freak - Up). E di guadagnare punti omaggio; nascondete il volto per la vergogna.


martedì 2 luglio 2013

Consigli di sopravvivenza da parte dei Gitani

Da “Cassandra's Legacy”. Traduzione di MR

Immagine: Il campo Rom incendiato da una folla inferocita a Torino il 10 dicembre 2011 - da"La Stampa".

Anni di contatto con i Roma, che chiamiamo anche “Gitani” o “Zingari”, hanno cambiato in molti modi la mia visione del mondo. Non che potessi penetrare, se non superficialmente, una cultura che ho scoperto essere la più aliena che abbia mai incontrato e della quale non parlo nemmeno uno dei tanti dialetti. Ma credo di aver assorbito abbastanza da poter provare a dare un'interpretazione personale dei modi dei Gitani: di come sono riusciti nell'impresa straordinaria di sopravvivere per più di mezzo millennio in Europa, all'interno di una società spesso ostile. Non prendete questo mio testo come un tentativo di glorificare i Roma – capisco i problemi che stanno affrontando. Ma riconosco anche che si può essere umani in molti modi e che i Roma ne hanno scelto uno specifico e, per questo, meritano rispetto. Forse, da loro possiamo imparare qualcosa di utile per i tempi duri che stanno arrivando. 


Nel Dicembre del 2011, una ragazza italiana di 16 anni di un sobborgo di Torino tornava a casa lamentandosi di essere stata violentata da due zingari provenienti da un campo vicino. Apparentemente, è stata subito creduta e in breve tempo una folla di circa 500 persone si radunava per marciare sul campo Rom portandosi dietro torce e bastoni

Quando la folla è arrivata al campo, lo hanno trovato completamente vuoto. I Rom se ne erano andati in fretta, portandosi dietro tutte le cose di valore. Così, non c'era rimasto niente da fare per gli assatanati oltre che sfogarsi spaccando vetri, facendo a pezzi i mobili e dando fuoco ad alcune delle baracche. Più tardi, i pompieri hanno spento gli incendi e la ragazza ha confessato che si era inventata tutto. Aveva paura di raccontare ai suoi genitori che aveva perso la sua verginità con il suo ragazzo. (qui, la storia completa).

Vi potete domandare come può essere che una storia che sembra arrivare dal Medio Evo sia potuta accadere in un paese (teoricamente) moderno come l'Italia nel 2011. Ma quello che mi ha fatto impressione non è tanto la stupidità dei membri della folla o l'ingenuità della ragazza. E' la reazione dei Roma.

Immaginatevi di venire a sapere che una banda di gente armata di torce e bastoni si dirige verso la vostra casa. Non so come la pensate voi, ma la mia prima reazione sarebbe di aspettarli con un fucile in mano. Sarebbe, credo, la reazione tipica di molti di noi: classe media occidentale. Tendiamo a vedere la nostra casa come il nostro castello e a difenderla anche fino all'ultimo.

Ma i Roma di questa storia non hanno ragionato in questo modo. E hanno fatto la cosa giusta: sono scappati. Immaginate, invece, che avessero tentato di difendere le loro case. Si è saputo poi che c'era gente nella folla che aveva delle pistole. Vi potete immaginare cosa sarebbe successo? Considerando come queste cose sono normalmente raccontate sulla stampa, è probabile che i Roma avrebbero finito per essere considerati come gli aggressori e non come le vittime.

Invece, quando il fumo si è disperso, è stato chiaro per tutti chi aveva ragione e chi aveva torto. Così, I Roma sono potuti tornare indietro a riparare le loro baracche, avendo evitato il peggio. Mi sembra un esempio interessante di come si può essere sorpresi da una cultura e un modo di pensare che improvvisamente si rivelano completamente differenti.

Dopo alcuni
anni di contatti con i Roma che vivono a poche centinaia di metri dal mio ufficio, credo di aver cominciato a capire qualcosa di questa cultura che si rivela come la più aliena di tutte quelle che ho incontrato fino ad oggi. E' una cultura che si basa su più di mezzo millennio di esperienza di vita in un mondo spesso ostile, dal tempo in cui i Roma cominciarono ad arrivare in Europa, emigrando lentamente dal loro paese di origine, l'India. Ci può non piacere il modo di vivere e il modo di fare dei Roma, e soprattutto la loro cocciutaggine nel resistere l'integrazione. Ma il fatto che siano sopravvissuti tanto a lungo vuol dire che qualcosa di giusto lo hanno fatto.

Così, ho provato a mettere insieme alcuni “consigli per la sopravvivenza”, mettendomi nella parte di un Rom per quanto mi è possibile, essendo io soltanto un umile Gadjo. Non so se queste note possono essere considerate come un manuale di sopravvivenza, ma di sicuro sono interessanti. (E mi scuso in anticipo con i miei amici Rom per gli errori che posso aver fatto in questa interpretazione.)

Dieci Consigli per la sopravvivenza da parte dei Roma


1.
In battaglia, la miglior strategia è la fuga (la regola d'oro). Molti secoli di sopravvivenza in un mondo ostile hanno insegnato ai Roma che combattere in condizioni di inferiorità non è una buona idea. Questo non vuol dire che i Roma siano persone miti come individui e gruppi familiari. Al contrario, possono essere aggressivi e occasionalmente impegnarsi in scontri rumorosi con i loro pari. Ma, in generale tendono a evitare tutti i conflitti con i Gadje, scappando se necessario. Non ci sono resoconti di Roma impegnati in guerre in quanto gruppi etnici e si riporta solo di pochi Roma che hanno combattuto negli eserciti dei Gadje. E' un atteggiamento che sembra essere ancora utile e valido oggi, come dimostrato dal caso dell' attacco al campo Rom di Torino nel 2011, dove la rapida fuga dei Roma ha evitato lo scontro.

2.
Non portare e non usare armi. Questa regola deriva direttamente dalla regola d'oro (la miglior strategia è la fuga). Se sei il più debole in uno scontro, renderlo più distruttivo è una pessima idea perché, molto probabilmente, le armi che metti in gioco saranno usate contro di te. I Roma sembrano aver messo in pratica questa strategia durante tutta la loro storia di vagabondi, e la mantengono ancora oggi. Anche se alcuni di loro possono essere impegnati in attività illegali, è estremamente raro leggere di Roma che portano o usano armi. Il concetto di “diritto di portare armi” sembra del tutto alieno per loro. Su questo punto, sono ben più avanzati dei Gadje occidentali.

3. Prenditi cura della tua mobilità. Questa regola è una conseguenza delle prime due. Se non hai armi e se sei il più debole, non puoi stare fermo a fare da bersaglio: devi essere mobile. Per secoli, i Roma hanno usato questa strategia. La loro vita è stata sulla strada e rimane tale anche oggi; anche se non usano più i loro carri trainati da cavalli, preferendo di gran lunga le automobili (e non sembra che esista una Mercedes che non piaccia a un Rom). Così, i Roma non sembrano essere particolarmente interessati a scambiare le loro roulotte e i loro camper per dei normali appartmenti, anche se a volte sono invitati (o forzati) a farlo dalle autorità locali. Ma le cose cambiano e sparire all'orizzonte sta diventando sempre più difficile in un mondo che sta diventand sempre più controllato e regolato. Oggi, i Roma sono spesso segregati in campi che somigliano sempre di più a delle prigioni a cielo aperto; una situazione che devono accettare a malincuore.

4.
Viaggia leggero nella tua vita. I Roma di oggi sembrano aver ereditato dai loro antenati il concetto che devono sempre essere pronti a fare le valige e correre via all'improvviso. Uno dei risultati di questa abitudine è che un alloggio Roma (che sia una baracca o una roulotte) non mostra la tipica confusione delle case dei Gadje. Questo non è soltanto perché i Roma sono più poveri, ma perché sembrano applicare un qualche tipo di regola del “Feng Shui” nel senso che buttano via spietatamente tuto quello che non è strettamente necessario. Come conseguenza, l'interno di un alloggio Roma è sempre lindo e pulito, non come succede spesso in molte case dei Gadje. E' anche vero, tuttavia, che i Roma non usano la stessa attenzione per tenere bene l'esterno dei loro alloggi. D'altra parte, se devono essere sempre pronti a scappare, che senso ha prendersi cura del prato del condominio? Così, un accampamento Roma ha spesso l'aspetto di essere stato bombardato solo qualche giorno prima. Questa è di solito l'unica cosa che i Gadje che visitano il campo vedono, il che non è molto bene per l'immagine pubblica dei Roma.

5. Coltivate l'arte dell'offuscazione creativa. Se siete sempre di fronte al rischio di una pulizia etnica nei vostri riguardi, fate bene a fare attenzione a evitare di dare troppe informazioni ai vostri vicini più potenti. I Roma sembrano aver capito questa idea in termini di uno schermo per sviluppare una cortina fumogena linguistica che rende tutto molto vago. Se vi capita di chiaccherare con dei Roma, noterete che non viene mai detto chiaramente chi fa cosa, quando, e come. Gli appuntamenti sono sempre molto elastici (per non dir di peggio) e se siete invitati a cena da una famiglia Roma potete essere sicuri che arriverete sempre troppo tardi o troppo presto. In più, i Roma sembrano positivamente gelosi del loro linguaggio e non forniscono molto aiuto per chi prova a impararlo. Tutte queste caratteristiche danno qualche vantaggio ai Roma, ancora oggi, anche se non in termini di rendersi cari ai Gadje. Ma è tutto parte dell'essere Roma.

6. La famiglia di un uomo è il suo rifugio. Un Rom diventa davvero un uomo solo è sposato ed ha dei figli e la stessa cosa vale per una Romni, una donna. Ma la famiglia per i Roma è vista più come un “clan” che include un gran numero di parenti, in un dedalo di relazioni ed obblighi. E' su questa rete o membri famigliari che i Roma fanno affidamento per i propri bisogni in tempi difficili. Il clan fornisce sostegno, difesa, divertimento ed aiuto d'emergenza. Tutto ciò è fondamentale per gente che non ha un lavoro, un fondo pensione e, in molti casi, nessuna assistenza medica. Il problema è che questa tradizione incoraggia le famiglie ad avere bambini ed i Roma ne hanno spesso anche 5 o 6 per coppia. Questa era una buona strategia nei tempi duri di una volta, quando solo una parte della prole di una famiglia sopravviveva fino a diventare adulta. Oggi, invece, avere molti figli crea una moltitudine di problemi pratici aggiuntivi ai molti problemi che i Roma già hanno. Di questi problemi, uno è che i Gadje tendono a disapprovare i Roma che adottano una strategia, le famiglie numerose, che loro stessi hanno adottato fino a non molto tempo fa. Questo potrebbe cambiare con una nuova generazione di Romnie che spesso spesso dichiarano di non avere alcuna intenzione di caricarsi del fardello di molti figli come hanno fatto le loro madri. Se la “transizione demografica” avrà luogo per i Roma è da vedere, ma una cosa è certa: i Roma amano molto i propri figli.

7. Ciò che hai imparato da solo, non te lo potranno mai portar via. I Roma sono sempre stati degli eccellenti artigiani. Hanno lavorato come vasai, fabbri, maniscalchi e jolly di tutti i mestieri. Anche oggi, un Rom può costruirsi da solo una baracca completa usando legno di scarto e lo può fare sufficientemente bene da fare in modo che il tetto non crolli sulla testa della famiglia. Non perde acqua quando piove ed è persino accogliente d'inverno, con la stufa che la riscalda così bene! Sfortunatamente, tuttavia, i moderni Roma hanno anche perso gran parte delle capacità specifiche dei loro antenati: non c'è più bisogno di riparare vecchi vasi e pentole e gran parter degli oggetti meccanici sono costruiti in modi che rendono loro impossibile ripararli. Ciononostante, i Roma conservano una notevole flessibilità ed adattabilità. Apprendono rapidamente: se dovesse esserci ancora bisogno di gente che può riparare un ombrello rotto, i Roma possono di nuovo imparare a farlo.

8. Cogli l'occasione quando ti capita. Vivendo sempre sulla strada, spesso scappando da nemici più forti, i Roma hanno imparato ad essere flessibili, pieni di risorse e sempre pronti a cogliere l'opportunità del momento. Potrebbe essere questa caratteristica che li rende dei grandi commercianti; hanno una capacità quasi incredibile di capire cosa abbia valore e cosa no e la sfruttano al massimo. Naturalmente, rimangono spesso dei dubbi legittimi sulla fonte degli oggetti che commerciano ed è vero che alcuni Roma perseguono una carriera da ladruncoli. Se ciò sia parte dei modi tradizionali Roma è discutibile, ma è sicuro che il numero di Roma che sono realmente coinvolti in attività illegali è grandemente sopravvalutato da gran parte dei Gadje. Per un verso, è sempre più difficile rubare qualsiasi cosa in un mondo di sensori, allarmi, carte elettroniche e telecamere nascoste. Ma “illegale” è anche una questione di definizione. Per esempio, una delle attività tradizionali dei Roma era quella di raccogliere metalli di scarto per il riciclo, una cosa che vedevano (e vedono ancora) come una attività del tutto legittima. Tuttavia, i governi hanno cominciato a fare leggi e regolamenti che hanno trasformato questo tipo di raccolta dei rifiuti in attività illegale. Ciò ha spinto gran parte dei Roma specializzati in questo campo nel mondo oscuro della “economia parallela”, dove riescono ancora a raccogliere metalli sfruttando la propria creatività ed adattabilità, ma in condizioni molto più difficili.

9. Sii geloso della tua identità. I Roma si rifiutano ostinatamente di essere integrati nella società dei Gadje e preservano gelosamente la loro lingua e le loro tradizioni. Questo sembra essere un atteggiamento comune ancora oggi, nonostante il fatto che molti bambini Roma vadano a scuola e nonostante la presenza di televisori e connessioni Internet nelle case Roma. A questo proposito, i Roma si comportano come gli Ebrei, anche se non vedono la propria identità in termini religiosi (di solito adottano la religione della regione nella quale si trovano). Inoltre, diversamente dalla tradizioni ebraica, quella Romani non è scritta. E' completamente orale e potrebbe esserci una ragione per il fatto che i Roma non sembrano essere particolarmente interessati ad imparare a leggere e scrivere. Ciò che i Roma hanno bisogno di sapere lo conservano nelle loro teste, a differenza di gran parte dei Gadje che sono sempre più sperduti in uno tsunami di informazioni che non sono più in grado di controllare. Enfatizzare l'identità etnica è un concetto utile a mantenere la coesione nella comunità Roma, ma potrebbe rivoltarsi contro di loro generando un obbiettivo facile per quella parte di Gadje che sono inclini al razzismo e all'odio etnico e che oggi sembrano essere in tanti, proprio quanti ce n'erano in passato. Durante la Seconda Guerra Mondiale, i Roma hanno subito un tentativo di sterminio simile a quello degli Ebrei per mano dei Nazisti. Oggi, gli attacchi in stile progrom contro i Roma sembrano essere rari, ma avvengono ancora a volte. Ad ogni modo, se i Roma sono riusciti a sopravvivere ai Nazisti, probabilmente possono sopravvivere a qualsiasi cosa.

10. Sii uno spirito libero. In tempi antichi, l'occupazione preferita dei Roma era quella di musicisti e la loro celebre capacità con gli strumenti musicali non era solo un modo per guadagnarsi da vivere, era anche un modo per celebrare la fuggevole bellezza del mondo. Oggi, solo pochi Roma hanno conservato questa capacità in un mondo dove la musica è divenuta principalmente un prodotto dell'industria dell'intrattenimento. Tuttavia, i Roma si prendono ancora cura della propria libertà e normalmente rifiutano di sottomettersi alla schiavitù di un cartellino. Ciò non rende facile per loro trovare lavoro in un mondo che enfatizza l'affidabilità, l'efficienza e il controllo – il risultato è che la maggior parte dei Roma che vivono in paesi occidentali sembrano essere condannati a una condizione di estrema povertà. Forse, nei tempi che furono, i Roma erano felici grazie alla loro vita “sulla strada” spensierata, ma oggi nei campi Romoani ci sono casi di depressione, malattia mentale e infelicità. Tuttavia, è difficile dire se in media i Roma sono più stressati dalle loro condizioni di povertà di quanto lo siano i loro vicini Gadje dalla loro lotta quotidiana coi mutui, gli affitti, gli sfratti, la disoccupazione e cose simili. Ciò che si può dire di certo è che la libertà, per chiunque, non è solo una scelta ma anche un costo.

Questi consigli possono essere utili a noi Gadje? Sicuramente, oggi lo stile di vita dei Roma sembra irrimediabilmente obsoleto. Nessuno ha più bisogno di gente capace di riparare ombrelli, di vendere cavalli, di cantare e, inoltre, nessuno sembra concepire la possibilità che qualcuno possa non voler vivere nel modo in cui vivono i Gadje moderni. Ma il mondo cambia sempre e le virtù che hanno reso l'Occidente così potente e di successo un giorno potrebbero diventare obsolete. Dmitry Orlov nota, nel suo libro “I cinque stadi del collasso”, come i Roma abbiano prosperato nel collasso dell'Unione Sovietica. Quando anche per noi arriveranno tempi difficili, scommetto che i Roma ci saranno ancora e forse ci insegneranno un paio di cosette.


lunedì 1 luglio 2013

Segni di cambiamento: siete pronti alla grande transizione?


Da “The frog that jumped out”. Traduzione di MR




I segni di cambiamento si stanno accumulando, ma gran parte della gente non ci fa ancora caso

Di Alexander Ac

L'Homo Sapiens è davvero un progetto evolutivo? E con ciò intendo sostenibile, siamo in grado di sostenere tutto quello che abbiamo fatto e costruito; costruzioni, reti e conoscenza per un lungo periodo in un (lontano) futuro? Possiamo scegliere una strada drammaticamente diversa da quella sulla quale ci troviamo attualmente? 

Ci sono molte persone che pensano costantemente e profondamente alla sostenibilità, problemi globali, sovrappopolazione, deforestazione, sovrasfruttamento della pesca, erosione del suolo, inquinamento dell'aria... e sopra a tutto il cambiamento climatico, visto che è un problema di sopravvivenza per la nostra specie. Ma la domanda vera non se un certo numero di persone pensa alla sostenibilità e prova e vivere di conseguenza. La domanda vera è se lo facciamo (faremo) collettivamente. In altre parole, non è importante cosa fanno 50.000 persone per poche ore al giorno (per esempio, protestare contro l'oleodotto Keystone), ma è importante cosa fanno 7 miliardi di persone per 365 giorni all'anno.  

Possiamo vedere come il grande cambiamento da cacciatori-raccoglitori a società agricole è stato reso possibile da un clima locale stabile e prevedibile (e quindi rendimento dei raccolti!) durante gli ultimi 12.000 anni. Alla fine dell'Era Glaciale, questo pianeta era abitato da non più di 20.000 persone. Non ci conviene  davvero lasciarci l'Olocene alle spalle. 

Guardate bene i due grafici seguenti: 


Fig. 1.: Il grafico in alto mostra che ci stiamo rapidamente lasciando alle spalle le temperature dell'Olocene. Il grafico in basso mostra che questo periodo dell'Olocene è eccezionalmente stabile nei 100.000 anni di temperature registrate dalla Groenlandia Centrale. Alcuni lo confondono con la registrazione della temperatura globale, ma non è così.

Ora, l'ultimo discorso del Presidente Obama potrebbe suonare ottimistico per alcuni scienziati ed anche se le promesse fossero mantenute, il che è molto dubitabile dato il passato, considerate anche il grafico seguente: 


Fig. 2. Non dovete essere dei matematici, o saper misurare la funzione esponenziale, per vedere che questo tasso di aumento del debito non è sostenibile. Le risorse del pianeta non permetteranno di ripagare tutti i debiti che abbiamo creato. Fonte: St Louis FED. L'effetto del Pianeta Terra è stato aggiunto solo a scopo illustrativo.

Nel grafico potete vedere il Debito di Mercato Totale Dovuto negli Stati Uniti. Lo stesso paese in cui Obama ha promesso (finalmente) di risolvere la crisi climatica. Questo non per criticare il Presidente Obama, ma per mostrare ciò che stiamo facendo collettivamente. Chiunque abbia un mutuo, o quasi ogni altro tipo di debito, fa aumentare una domanda in crescita esponenziale delle risorse planetarie. Come può essere questo compatibile con il declino dell'impronta di carbonio? 

Il debito è fondamentalmente un credito sulle risorse (energetiche) del futuro. Quindi, se vogliamo ripagare TUTTI i debiti, dobbiamo proseguire nella crescita esponenziale. Se non vogliamo ripagare tutti i debiti, la deflazione del debito ci è addosso. E l'iperinflazione subito dopo. Bene, sta già accadendo, nonostante la politica monetaria ultra liberista  e la “stampa dei soldi” (esperimenti di calcio alla lattina), che è l'esatto opposto di quanto si dovrebbe fare per risolvere il cambiamento climatico e gli altri problemi di sostenibilità. Ma non lo sentirete dire da un monetarista come Ben Bernanke o Paul Krugman.

Naturalmente, la deflazione del debito significa enormi problemi economici e disordine sociale. Ancora una volta, questo sta già avvenendo. Ma è anche una soluzione per il problema climatico. Almeno finché dura. Dobbiamo sbarazzarci del debito cattivo e usare il debito buono per allontanarci dai combustibili fossili e dal caos climatico.

Siamo pronti per questo?






















domenica 30 giugno 2013

Distopia III: La Tempesta

Da “The Oil Crash” Traduzione di MR



Di Antonio Turiel


[Nota: la storia seguente non è altro che una finzione letteraria. Gli eventi climatici descritti in essa sono solo una drammatizzazione che rappresenta uno scenario estremo del clima del nostro pianeta che non si basa su nessun modello numerico né su nessuna conoscenza attuale dei meccanismi che governano il tempo atmosferico ed il clima. La velocità alla quale avvengono alcuni cambiamenti nella storia è probabilmente troppo rapida allo scopo di perseguire questo effetto di drammatizzazione. In realtà, non abbiamo alcun modello numerico né dei processi che possano descrivere con precisione ciò che accadrà al clima del nostro pianeta una volta che si sciolga tutta la banchisa polare artica: siamo in una Terra Incognita. L'unica cosa sicura è che andiamo verso un pianeta diverso da quello che conosciamo]


L'estate del 2013 fu atipica in tutta Europa. Da giugno a settembre si alternarono settimane di pioggia e temperature molto fresche con settimane durante le quali il Sole picchiava con furia (gli esperti dissero che con le piogge intense l'aria era libera da aerosol e si sentiva di più l'effetto serra). Ma l'aria non giunse mai a scaldarsi troppo, perché non faceva mai più di 5 o 6 giorni per godersi la canicola che già tornava il cattivo tempo. I raccolti di cereali di quell'anno furono del 50% inferiori alla media dei dieci anni precedenti, non solo in Europa. Nel resto del mondo, malauguratamente soprattutto nelle zone cerealicole, la norma erano le temperature alte, la siccità e gli incendi forestali. Ci fu un incontro delle Nazioni Unite per discutere il grave problema della mancanza di alimenti, incontro che si concluse con rinnovate raccomandazioni di mangiare insetti, meduse, alghe e licheni. L'anno come se nulla fosse nel mondo occidentale, mentre i paesi poveri si stringevano di uno o due buchi la cinghia e la fame faceva scempio dei corpi e delle menti (e a volte dei palazzi).

Durante l'estate del 2014, successe qualcosa di insolito: la banchisa polare artica, vale a dire, il ghiaccio che galleggia sopra al Polo Nord, scomparve completamente. Sei anni prima del previsto, dissero alcuni esperti, mentre altri dissero che quello che era successo confermava i loro modelli. Le potenze occidentali dissero che la scomparsa del ghiaccio artico era una buona notizia, perché apriva nuove rotte marittime più efficaci (convenienti, ora che il prezzo del petrolio tornava a far notizia) e anche perché lasciava libero accesso ai ricchi giacimenti di minerali e di idrocarburi del fondale marino. In inverno si formò di nuovo la banchisa, anche se era molto più sottile e fragile. Gli autoproclamati “scettici del cambiamento climatico” dovettero ritirarsi un po' dalla scena pubblica, cercando argomenti per dimostrare che quanto era successo non aveva nulla a che vedere con il riscaldamento globale, mentre la preoccupazione per l'ambiente cresceva nei sondaggi e si situava già al secondo posto fra le preoccupazioni degli europei e dei nordamericani, 20 punti al di sotto della disoccupazione e di soli 2 punti al di sopra della crisi economica. Per i più, il 2014 fu una ripetizione del 2013. In Europa la gente non poteva andare al mare, mentre nel resto del mondo molta gente moriva nelle ondate di calore continue, con temperature record diffuse in tutto il Globo.

Gli anni seguenti furono denominati da alcuni “la Piccola era Glaciale”. Ci diceva questo viveva in Europa e nella Costa Orientale degli Stati Uniti, ovviamente, perché per l80% dell'Umanità, l'aumento delle temperature era sempre più palpabile. Nonostante questo, alcuni “scettici” cominciarono a preconizzare l'arrivo di una nuova glaciazione, fenomeno naturale ed inevitabile associato ai cicli astronomici, e la benedizione del fatto di aver aumentato la CO2 nell'atmosfera, che avrebbe evitato che la glaciazione fosse così cruenta. Studi scientifici mostrarono che la Corrente ad Anello Meridionale (la grande fascia di circolazione termoalina che percorre l'oceano) si era interrotta all'altezza dell'Atlantico del Nord e con essa parte dell'apporto di umidità extra che giungeva in Europa, per cui le estati successive non furono tanto piovose.

La Corrente a Getto artica era praticamente scomparsa e al Polo Nord si era stabilito un dipolo formato da una alta pressione e da una bassa al posto del ciclo abituale. Grazie a questo, dal Polo Nord fluiva aria fredda verso il Nord America e l'Europa, mentre attraeva aria calda dall'Asia Centrale.


Alla fine di quel periodo, le temperature si moderarono nell'Emisfero Nord e i raccolti migliorarono notevolmente, anche in Europa. Sembrava che il peggio fosse passato. Ma sì, il petrolio scarseggiava in maniera ormai evidente e le guerre di conquista si moltiplicavano in tutto il pianeta, mentre in Occidente si prendevano misure di razionamento efficaci. In quel periodo si stabilirono governi di taglio più o meno autoritario e si smise di misurare il PIL. In alcuni paesi si proibì anche di pubblicare stime di questo indicatore, ora vituperato. La media della disoccupazione in Europa e negli Stati Uniti giungeva al 20%, con paesi molto instabili come Grecia, Irlanda, Italia, Portogallo e Spagna (gli infami PIIGS) che si aggiravano sul 40%.

Fu nel 2020 che si osservarono due fenomeno curiosi, ma non in estate, in inverno. Il primo fu che quell'inverno non si riformò la banchisa artica. Di fatto, non sarebbe mai più tornata a formarsi. Il secondo fu vedere che alcune zone del Sahara Occidentale cominciarono a fiorire, frutto delle piogge intense. I ricercatori scoprirono che la Corrente ad Anello Meridionale in realtà non si era interrotta, ora semplicemente fluiva più a Sud. Gli imprenditori di tutto il mondo videro in questa cosa una fantastica opportunità di investimento, data la vicinanza delle nuove zone fertili ai più grandi depositi di fosfati usati come fertilizzanti. Le notizie e gli annunci sui media dichiaravano che il nuovo giardino delle Esperidi avrebbe dato da mangiare a tutto il mondo (occidentale, ovvio). La cosa certa è che la temperatura e la piovosità in Europa e negli Stati Uniti cominciò a tornare a valori “normali” e i raccolti raggiungevano nuovi record in un campo che chiedeva sempre più mano d'opera (o meglio la gente scappava dalla città per potersi guadagnare il pane). Tornava la normalità, turbata solo dalla mancanza di petrolio ed uranio e, adesso, di gas naturale – i giacimenti di gas di scisto, l'ultima grande speranza, erano stati abbandonati perché non rendevano quattro anni prima. Gli “scettici” uscirono in massa dai loro nascondigli e cominciarono a dire che quello che era successo durante l'ultimo decennio era frutto della variabilità naturale, il clima in Occidente era il più stabile del mondo, che era il motivo per cui questo occupava il proprio posto egemonico. La cosa certa era che alcune zone di Asia, Africa, e Sud America cominciavano a spopolarsi per la durezza delle condizioni di vita, creando problemi migratori immensi ma ancora lontani dalla compiaciuta Europa e dagli egocentrici Stati Uniti.

Erano passati solo 10 anni da quella strana estate del 2013, quando si formò la Tempesta.

Gli scienziati la chiamarono “Tempesta Semi Permanente dell'Atlantico del Nord Subtropicale”. La gente della strada, la Tempesta, in breve, ma con la maiuscola. Fu nell'estate del 2023. L'uragano Hugo, l'ottavo della stagione, tornava a chiedere il suo tributo di morte a Cuba e in Florida e si ritirava verso l'Atlantico del Nord. Normalmente sarebbe andato a latitudini più alte, vicino alla Galizia o all'Irlanda e, nel percorso, passando sopra acque più fredde e perdendo pertanto la sua fonte di energia, si sarebbe trasformato in burrasca. Ma il flusso costante di aria polare generato dal nuovo dipolo artico permanente, sempre più caldo, gli impediva di salire più a nord, cosicché rimase stazionato intorno al 25° Nord, 45° Ovest, in mezzo all'Atlantico del Nord. E cominciò a crescere.

Dopo due settimane di stazionamento, gli scienziati erano perplessi di fronte allo strano comportamento di Hugo. Anziché indebolirsi diventava sempre più grande ed aveva già un raggio di 1.500 chilometri: non si era mai visto prima un uragano così. Ci fu un convegno dell'Organizzazione Meteorologica Internazionale a Parigi, al quale non poterono partecipare, significativamente, i delegati brasiliani: un braccio di Hugo fece cadere il loro aereo, che esplose sull'Atlantico senza sopravvissuti. Il convegno mise insieme i pezzi del puzzle di Hugo e alla fine si capì cosa stava succedendo. Ma anziché di sentire un “Eureka” di soddisfazione, si sentì il rumore di cento gole che inghiottivano saliva tutte insieme, quando il presidente del convegno annunciò alla stampa le conclusioni.

Risultò che Hugo era alimentato da varie fonti che, allo stesso tempo, lo tenevano ancorato all'Oceano. Da un lato, il flusso proveniente dal dipolo artico, sempre più caldo. Dall'altro , le onde di instabilità subtropicali che si propagavano da un Sahara interno sempre più caldo (e dove non vivevano più nemmeno i Tuareg). Hugo, inoltre, si era posizionato nel nuovo corridoio della Corrente ad Anello Meridionale, per cui aveva accesso al calore e all'umidità liberati da questa corrente oceanica, che non sarebbe più tornata a fluire verso il nuovo Giardino delle Esperidi (il quale fu abbandonato pochi anni più tardi). Per ultimo, la sua posizione tropicale gli dava sufficiente accelerazione di Coriolis per mantenersi come struttura coerente su grande scala. La conclusione era che Hugo non era più un Uragano, ma una Tempesta Semi-Permanente. La Tempesta.

I venti della Tempesta nelle sue zone più esterne erano quelli propri di un uragano di categoria 1; non era, quindi, il fenomeno più violento sulla faccia della Terra, che altrimenti non si sarebbe potuto sostenere in modo permanente. Tuttavia, la cosa spaventosa della tempesta era la sua dimensione: gli esperti calcolarono che sarebbe cresciuta fino ad occupare in pratica la totalità dell'Atlantico del Nord. Il suo carattere semi-permanente era dovuto al fatto che in alcuni inverni più freddi il dipolo artico si sarebbe indebolito e la Tempesta si sarebbe spostata verso Nord, dissipandosi nel giro di un paio di settimane, tipicamente fra gennaio e febbraio, per tornare a formarsi in aprile e maggio, con il primo uragano che si formasse e che passasse per il centro dell'Atlantico del Nord. L'unica cosa positiva della Tempesta era che mentre era in corso, non si potevano formare altri uragani nell'Atlantico del Nord. La lista di effetti negativi era, come si poté rilevare, quasi senza fine.

All'inizio del 2024, la Tempesta era talmente grande che la navigazione marittima ed aerea per l'Atlantico del Nord era semplicemente impossibile. L'unica via praticabile era attraverso la zona polare, ora sempre rapida, anche se i forti venti spingevano verso la tempesta e sei mesi all'anno, durante la notte polare, la navigazione si faceva al buoi e con un freddo intenso. Il commercio mondiale crollò, mentre le potenze occidentali cominciavano a riconoscere che le grandi ricchezze del suolo artico erano semplicemente irrecuperabili. Ci furono rivolte in Occidente e sorsero movimenti ecologisti che reclamavano l'azione diretta per recuperare un pianeta che, in realtà, non era già più quello in cui erano cresciuti e che non lo sarebbe stato mai più. La repressione fu forte e dopo un paio d'anni la situazione sociale si stabilizzò, anche se la fame era ormai la norma in tutto il mondo, compreso nel sempre più depauperato Occidente.

Il 2027 fu quello che si nominò prima “Anno del Terrore” e poi “Primo Anno del Terrore”. Quell'anno, la Tempesta semi-permanente fece onore al suo nome e si dissipò, ma lo fece infrangendosi contro le coste del Portogallo. La vita nelle zone costiere dell'Atlantico del Nord era già molto difficile per il continuo arrivo di fronti (bracci) della Tempesta, ma le piogge torrenziali e i venti da uragano dei bracci risultarono essere carezze al confronto allo sbarco di tutta la mole della Tempesta sulla Terra. La Tempesta entrò praticamente immutata distruggendo Lisbona e Madrid e cominciò a dare segni di debolezza solo attraversando i Pirenei. Quando giunse a colpire Berlino, lasciò la capitale tedesca un lascito di 2.000 vittime. In Francia le vittime si contavano a decine di migliaia; in Spagna a centinaia di migliaia. Del Portogallo non si è mai saputo: i sopravvissuti fuggirono terrorizzati verso l'interno, il più possibile lontano dal mare. Lisbona era scomparsa sotto il mare che se la inghiottì.

Gli esperti europei analizzarono la situazione e conclusero che ci si poteva attendere un tale “sbarco” in media ogni dieci anni. Gli esperti americani analizzarono la situazione e conclusero che la probabilità che questo sbarco avvenisse negli Stati Uniti era enormemente bassa, perché la circolazione globale avrebbe spinto la tempesta sempre ad Est, verso l'Europa. Nessuno si ricordò dei milioni di morti in tutto il mondo a causa della fame, delle guerre e delle epidemie di quello stesso anno.

A partire dal 2029 si produsse un fenomeno nuovo, un'altra sorpresa. Al confine nord occidentale della tempesta, cominciarono a crearsi tormente esplosive, molto veloci, con venti di categoria 4 o 5 ma con un raggio di 50-100 chilometri, molto inferiori a quello dell'uragano convenzionale (differivano anche nel meccanismo e nel luogo di formazione). Queste tormente si propagavano a grande velocità per la costa Est degli Stati Uniti, giungendo in un paio di giorni fino al Golfo del Messico, dove finalmente venivano riassorbite dalla tempesta. Il loro potenziale distruttivo non era tanto grande quanto quello dello sbarco della Tempesta, a causa della loro dimensione ridotta e della velocità con la quale si indebolivano arrivate a terra, ma nelle aree direttamente colpite la devastazione era mostruosa. Verso il 2030 si verificò si generavano tre o quattro ciclogenesi di questo tipo a stagione, anche se in quel momento la rete di osservazione meteorologica mondiale era molto deficitaria e la capacità di previsione praticamente nulla.

Il 2036 fu il Secondo Anno del terrore, anche se la vita in quel periodo era tanto miserabile in Europa che per molte persone la morte fu solo una consolazione. Nel 2037 si produsse la prima invasione africana dell'Europa; il continente, nel suo stato di massima debolezza, non fu in grado di opporsi all'invasione.

Il 2045 fu il Terzo Anno del Terrore, proprio 100 anni dopo la vittoria degli alleati nella Seconda Guerra Mondiale. Solo che stavolta la Tempesta se ne andò, contro ogni pronostico, diretta verso le pianure centrali degli Stati uniti. La devastazione fu talmente colossale che nessuno fu in grado di quantificarla.

Verso il 2050 le condizioni climatiche del mondo cominciarono a cambiare un'altra volta e la Tempesta cominciò ad indebolirsi, anche se nessuno aveva più la capacità di osservare e monitorare il fenomeno. Solo i vecchi del posto, i sopravvissuti più coriacei, poterono verificare che il Quarto e il Quinto Anno del Terrore non furono, nemmeno lontanamente, come i primi.

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- Papà, per favore, non continuare a leggermi questa storia.

- E' vero, piccolo mio. E' meglio che ci concentriamo sulle cose reali: dubito che una cosa così possa succedere in nessun pianeta.


Antonio Turiel
In qualche luogo fra Figueres e Barcellona, giugno 2013.

sabato 29 giugno 2013

Dieta a base di insetti

Da “The Oil Crash”. Traduzione di MR


“Le specialità di oggi sono: insalata di licheni, antipasti di scarafaggi e del topo arrosto”. “Quegli allarmisti degli ambientalisti dicevano che sarebbero rimasti solo gli scarafaggi”. 

Di Antonio Turiel

Cari lettori,

pochi giorni fa ho potuto verificare intorno a me alcune strane reazioni, persino adirate, dopo che sono uscite certe notizie che contengono raccomandazioni un pochino sorprendenti da parte delle Nazioni Unite rispetto al tema dell'alimentazione umana, notizie diffuse dall'organizzazione che si dedica ad affrontare queste questioni, la FAO. Di fatto, se appena un paio di settimane fa la FAO lodava le eccellenze di una dieta basata sugli insetti per fornire proteine agli uomini, il giorno dopo ci veniva proposta una nuova delicatezza marina: le meduse.

Non sono stati pochi i commenti scherzosi che ridicolizzano queste proposte della FAO. Poca gente ha approfondito il problema per comprendere il perché di questi annunci tanto altisonanti e, apparentemente, fuori tempo e misura da punto di vista dell'Occidente. Tali messaggi, tuttavia, sono sintomatici di dove ci troviamo, verso dove stiamo andando e, soprattutto, dove possiamo arrivare se non cambiamo in tempo.

Vale la pena ricordare che stiamo soffrendo la terza crisi alimentare globale in quattro anni, propiziata in grande misura dalla dipendenza degli sfruttamenti agricoli occidentali dai combustibili fossili. Il professore David Pimentel, dell'Università di Cornell, ci ricorda spesso che per ogni caloria che arriva nel piatto di un occidentale se ne sono consumate 10 di combustibili fossili sotto forma di fertilizzanti, pesticidi e di energia usata per far muovere le macchine agricole, il trasporto degli alimenti e il mantenimento della catena del fresco e della conservazione. La produttività della terra nei paesi occidentali è molto alta, questo è sicuro, ma lo è grazie all'uso intensivo di macchine e prodotti chimici, senza di essi si abbasserebbe in modo radicale. Il fatto è che la FAO ha fatto ripetuti richiami di allarme sui bassi livelli delle riserve di grano e di alimenti in generale senza che si sia prodotta una concertazione internazionale apprezzabile, presi come sono gli occidentali con la crisi economica.

Due anni fa, analizzavamo in profondità come il grado di dipendenza dagli alimenti importati dei paesi del Nord Africa fosse uno dei fattori chiave che spiegavano l'esplosione delle rivolte conosciute come la Primavera Araba. Oggi, due anni più tardi, le condizioni che hanno dato luogo a quelle esplosioni di gennaio e febbraio 2011 si riproducono, con alcuni paesi come l'Egitto che si addentrano più profondamente e rapidamente nel caos, al di là delle speranze riposte nei nuovi governanti. La cosa certa è che l'Egitto ha smesso di essere un esportatore netto di petrolio ed è diventato un importatore proprio nel 2011 e, senza le ragalìe del petrolio, l'Egitto non può pagare per gli alimenti che ha necessità di importare. Pertanto si ritrova in un dilemma crudele: o restringe l'accesso della propria industria e della propria popolazione al petrolio o non mangia. Ed ora si muove sul filo del rasoio, fra l'esportare e il non esportare.




Altri paesi come la Tunisia ottengono un finanziamento sufficiente grazie agli introiti del turismo, ma si possono anticipare nuove esplosioni in paesi la cui industria principale è la produzione di petrolio e che difficilmente potrebbero adattarsi a perdere tale fonte di introiti. Uno dei più minacciati da una instabilità per niente lontana è l'Algeria, paese che solo 20 anni fa ha sofferto una sanguinosa guerra civile sponsorizzata dall'occidente. La produzione di petrolio dell'Algeria sta crollando in modo allarmante, con molti annunci di problemi molto gravi per le esportazioni e, come avviene in molti paesi, un'incapacità politica di accettare che la produzione di petrolio ormai può solo diminuire.



Una rivolta di grandi dimensioni in Algeria può portare molta instabilità nella regione, soprattutto fra i paesi confinanti, oltre a tagliare le due vie principali di approvvigionamento di gas naturale europee e fondamentali per la Spagna (acque agitate delle quali i campioni del fracking patrio cercheranno di approfittare, abusando della necessità per consumare questa truffa). E la cerchia dei paesi potenzialmente esplosivi in quest'area (Nord Africa e Medio Oriente) è abbastanza ampio: Yemen, Bahrein, persino l'Iran... Paesi con molti squilibri interni ed un'enorme dipendenza dall'esterno su una questione cruciale come l'alimentazione.

Ma i raccolti invernali dell'emisfero nord sono, proprio adesso, in pericolo. Ora tutto dipende dal fatto che le oscillazioni associate all'instabilità climatica crescente non le mandino in rovina. Quest'anno l'estate potrebbe essere relativamente fredda, tempestosa e instabile in Europa come conseguenza di un fenomeno abbastanza singolare come la destabilizzazione della Corrente a Getto atmosferica che ci da calore ed umidità. Singolare non perché tale destabilizzazione non si sia mai osservata, ma perché sembra un fenomeno persistente e crescente associato al rapido disgelo del Polo Nord. Perché mentre l'Europa del Sud si meraviglia di veder passare uno dopo l'altro fronti burrascosi spinti dal vento polare, nelle zone più a nord, già all'interno del Circolo Polare Artico, i termometri mostrano temperature incredibili di 30°. Eventi che, isolatamente, possono essere riportati negli annuari statistici meteorologici, ma mai in tanti posti allo stesso tempo e per tanti anni.

Anche se preoccupante, alla fine il fatto che quest'anno l'estate è frettolosa ed instabile non è la cosa peggiore; la cosa davvero grave è se a partire da adesso ogni anno la situazione si riproduce, perché è questione di tempo (e non molto) che vengano vari anni di seguito di cattivi raccolti. Cattivi raccolti in una delle zone più produttive, in quanto meccanizzate, del mondo, granaio del Nord Africa e del Medio Oriente. Il tempo sembra aver dato una piccola tregua nella zona della Spagna in cui vivo, anche se vedremo quanto durerà. Dovremo vivere appesi al cielo fin da ora (e finché non arrivi La Tempesta).

Mancano già alimenti e la loro mancanza si aggraverà nei prossimi anni, per l'eccesso di sfruttamento di alcune terre, per la mancanza di combustibili fossili e per il cambiamento climatico. In questo contesto, non c'è da stupirsi che la FAO parli di mangiare insetti (visto che il bestiame consuma molto grano). Ma, le meduse?

La stessa FAO avvertiva, da più di 10 anni, che le catture di pesci avevano iniziato il proprio declino per l'eccesso di pesca. Se si fosse mantenuta l'attuale pressione, l'essere umano avrebbe sterminato tutte le specie di pesci (quelle che non si usano per l'alimentazione umana si usano come farine di pesce per ingrassare i pesci negli allevamenti acquatici o nelle fattorie ittiche) fra il 2030 e il 2050. Nella misura in cui l'esaurimento della pesca si va facendo sempre più palpabile (con pescherecci spagnoli che pescano nelle coste della Somalia e delle Malvine (Falklands) il mare si va popolando di meduse, a causa della drastica caduta della popolazione dei loro predatori naturali (come il tonno rosso nel caso del Mediterraneo).

Stando le cose in questo modo, non c'è da stupirsi che ci siano alcune aziende che propongono di sfruttare proteine animali di origine, diciamo, inusuale; uno dei più vecchi è Edible-shop.com; andateci e sorprendetevi.

Ancora una volta, il libero mercato trionfante trova dei sostituti quando si presentano i problemi... Anzi no. C'è un problema di fondo: la capacità di produzione di biomassa di una rete trofica. La frase suona contorta, ma la cosa è semplice. Vogliamo mangiare gli insetti, ma, cosa mangeranno loro? Senza le attuali eccedenze, coi campi di coltivazione in decadenza, con un clima più instabile, la quantità di insetti totali sarà inferiore. Sarà ancora più costoso cacciarne una quantità sufficiente per mantenere gli uomini (basso EROEI). E una volta cacciati danno poco rendimento, col loro esoscheletro di chitina non sfruttabile e più difficile da digerire. Con le meduse succede qualcosa di simile: cosa mangiano le meduse? Plancton, crostacei, larve di pesce... a meno che non ci mettiamo a mangiare il plancton, con tutto il resto siamo già in competizione con esse. Alla fine, il problema è chiaro: gli animali formano una rete complessa di mutua dipendenza, chiamata catena trofica, e se distruggiamo troppi collegamenti di questa catena, questa può collassare completamente. Alla fine non potremo mangiare né insetti né meduse, perché non ce ne sarà a sufficienza e le stermineremo come la gran parte degli altri animali.

Le impostazioni discusse in questo post dimostrano che di base non c'è la benché minima voglia di cambiare, di variare la direzione. Viviamo in una continua fuga in avanti, incapaci di vedere la realtà come se i sottosistemi fossero indipendenti dal tutto. La sola cosa importante è mantenere ad oltranza un programma: quello del predatore ad oltranza, del predatore massimo. Per questo la risposta dei paesi più opulenti al crollo della produttività delle proprie terre è l'accaparramento di terre, o land grabbing, in altri paesi. La logica rapace che applichiamo agli alimenti è la stessa che stiamo applicando a qualsiasi altra risorsa, così inquiniamo fiumi e falde per sfruttare le sabbie bituminose del Canada da almeno un decennio:


I biocombustibili o il fracking sono semplicemente le espressioni ultime di questa follia crematistica, che non pensa di fermarsi di fronte a nulla, anche se finisse per lasciare il mondo come nella vignetta che apre il post.

Quando tutto dovesse scarseggiare, quando non ci sia nient'altro da depredare, resterà ancora una diga. L'ultima diga: L'Uomo. Nella conferenza di Barbastro di due anni fa, abbiamo menzionato il procedimento corpse-to-liquids (convertire cadaveri in succedanei del petrolio) come scappatoia dalla crisi energetica, anche se gli esseri umani si potrebbero sfruttare anche come alimenti. Visioni di uomini cacciati da uomini che ci vengono sempre più trasmessi dal cinema, prefigurando la nostra realtà, anche nei film più “seri”.


E' questo il finale logico del nostro sistema economico, il punto d'arrivo di una carriera che abbiamo intrapreso due secoli fa.

Saluti.
AMT