sabato 2 marzo 2013

Energia fotovoltaica: liberarsi dalle leggende

In questo post, dal Blog della Società Chimica Italiana, il professor Vincenzo Balzani dell'Università di Bologna fa un po' di chiarezza sulle tante leggende che si raccontano sull'energia fotovoltaica. In particolare, fa una critica dettagliata di un recente articolo di Alesina e Giavazzi, che ne contiene parecchie Fra le altre cose, racconta in dettaglio come sia nata la leggenda della "Vernice Fotovoltaica di Archimede Pitagorico" che, secondo alcuni, renderebbe inutili gli impianti realizzati fino ad oggi. 

Innovazione e dintorni


di Vincenzo Balzani

In un editoriale pubblicato sul Corriere della Sera del 3 febbraio, intitolato “Troppe illusioni sull’innovazione” Alberto Alesina e Francesco Giavazzi* hanno toccato un tema che interessa i chimici, particolarmente quelli di noi che sostengono la necessità di una transizione dai combustibili fossili alle energie rinnovabili.

Nell’ambito di un discorso più vasto sulla politica industriale, a loro parere frenata dagli interventi dello Stato, Alesina e Giavazzi iniziano il loro articolo con questo paragrafo: “Le scorciatoie sono pericolose: non solo in montagna, anche nella politica economica. L’ansia di accorciare i tempi che intercorrono fra il momento in cui una riforma è approvata e quando essa si traduce in maggior crescita può far commettere gravi errori. Un esempio: qualche anno fa, per favorire gli investimenti in energie rinnovabili si decise di sussidiare l’installazione di pannelli solari. Per far presto furono concessi incentivi che oggi, a pannelli installati, si traducono in una rendita di circa 11 miliardi di euro l’anno: li pagano tutte le famiglie nella bolletta elettrica e vanno a poche migliaia di fortunati. Non solo si è creata un’enorme rendita che durerà per almeno un ventennio: si è favorita una tecnologia che a distanza di pochi anni è già vecchia. Oggi l’energia solare si può catturare semplicemente usando una pittura sul tetto, con costi e impatto ambientale molto minori. Ma i nostri pannelli rimarranno lì per vent’anni e nessuno si è chiesto quanto costerà e che effetti ambientali produrrà la loro eliminazione.”

Chi ha un po’ di conoscenza dell’argomento, nota subito che alcune affermazioni riportate sono semplicemente non vere. Basta ad esempio consultare due documenti ufficiali del GSE:


Gli incentivi effettivamente pagati nel 2011 ammontano a poco più di 3 miliardi di euro, con un costo indicativo annuo di 5.5 miliardi (considerando cioè gli impianti installati entro la fine del 2011). Le “poche migliaia di fortunati” che secondo l’articolo si ripartirebbero questa enorme somma sono in realtà un numero molto maggiore poiché gli impianti installati alla fine del 2011 erano 330.196, dei quali 261.410 già convenzionati. In realtà, poi, non si tratta di “fortunati”. A parte i pochi che ci hanno speculato sopra a causa di leggi sbagliate,  coloro che hanno installato pannelli fotovoltaici  sui tetti delle loro case sono cittadini consapevoli che hanno capito l’importanza del problema energetico-climatico e quindi hanno fatto un investimento intelligente di qualche migliaia di euro a 8-10 anni.

pveolico
potenza installata nel mondo

La tecnologia fotovoltaica attuale non può definirsi vecchia. E’ una tecnologia entrata nella sua piena maturità perché mette assieme diverse caratteristiche ottimali: efficienza alta (15-20%), costi bassi, lunga durata (molto più dei vent’anni che lo stesso articolo del Corriere riconosce: “almeno un ventennio”) e minime spese di manutenzione. Per di più, fornisce anche una buona occasione per sostituire le coperture in amianto.

Non è affatto vero, poi,  che “… nessuno si è chiesto quanto costerà e che effetti ambientali produrrà la loro [dei pannelli] eliminazione”. La risposta a questa domanda si trova sul secondo dei siti sopra citati: “Lo smaltimento a fine vita non pone particolari problemi. Un modulo fotovoltaico è, infatti, riciclabile per più del 90%. Silicio, vetro e alluminio vengono riutilizzati come materie prime secondarie riducendo il fabbisogno energetico necessario per i materiali vergini. Il Decreto del 5 maggio 2011 (Quarto Conto Energia) prevede che dal 30 giugno 2012 tutti i proprietari di impianti fotovoltaici aderiscano ad un consorzio che assicuri il recupero dei moduli a fine vita”.

Non è vero neppure che “Oggi l’energia solare si può catturare semplicemente usando una pittura sul tetto, con costi e impatto ambientale molto minori”.

Chi segue la letteratura scientifica sull’argomento e ha scambi di opinioni con i colleghi di altri paesi sa che l’idea di un fotovoltaica è molto attraente, ma altrettanto difficile da realizzare. Su internet, come al solito, si trova di tutto, anche sull’argomento PV paint. Il sito


assicurava 5 anni fa che “Solar Paint on Steel Could Generate Renewable Energy Soon” e sosteneva che questa tecnologia sarà particolarmente utile in Gran Bretagna: “Because the photovoltaic paint has none of the material limitations of conventional silicon-based solar cell, it could, at least in theory, provide terawatts of clean solar electricity at a low cost in the coming decades. These new solar cells also have the advantage of being able to absorb across the visible spectrum. That makes them more efficient at capturing low radiation light than conventional solar cells, and so well suited to the British climate with its many cloudy days”.

Il sito http://news.softpedia.com/news/Cheap-Solar-Paint-to-Replace-Traditional-PV-242316.shtmlnel 2011 parlava di “Cheap solar paint to replace traditional PV” e specifica che “Clients would only have to apply the coat of paint on the outside of their homes and witness how it captures sunlight and converts it into clean green energy that could power all the gadgets inside the house.” Insomma, la soluzione della crisi energetica è ormai solo ad un pennello di distanza.

Il sito di National Geographic
riporta che “A hydrogen-powered car painted with the film could potentially convert enough energy into electricity to continually recharge the car’s battery” senza che si capisca che relazione c’è fra la ricarica della batteria e l’idrogeno che fa andare la macchina. Dice anche che “… one day “solar farms” consisting of the plastic material could be rolled across deserts to generate enough clean energy to supply the entire planet’s power needs”.
da ScienceDaily 22 dic. 2011
da ScienceDaily 22 dic. 2011
pkamat 

L’attesa della miracolosa nasce da alcune ricerche di base di un mio vecchio amico, Prashant Kamat, che all’università di Notre Dame (Indiana) studia semiconduttori nano cristallini. Kamat ha pubblicato un articolo con un titolo molto attraente: Sun-Believable Solar Paint. A Transformative One-Step Approach for Designing Nanocrystalline Solar Cells. (Matthew P. Genovese, Ian V. Lightcap, Prashant V. Kamat, ACS Nano, 2011) dove parla delle sue ricerche come di “initial effort to prepare solar paint”. L’efficienza per ora è 1% e nulla si sa sulla stabilità dei componenti e sulla possibilità di passare dalla scala di esperimento di laboratorio ad applicazioni reali. Kamat ha anche brevettato i suoi risultati (USP Appln 2009114273 NANOMATERIAL SCAFFOLDS FOR ELECTRON TRANSPORT), ma si sa che negli USA brevettano subito tutto: mai dire mai. E anche lui, naturalmente, deve un po’ sgomitare, come fanno molti altri per ottenere fondi.

Infine, sul sito
c’è un’intervista del 2008 che parlava di un brevetto presentato nel 2006 da un architetto italiano e due suoi collaboratori, poi ceduto ad una ditta austriaca che avrebbe dovuto commercializzare rapidamente la vernice fotovoltaica, denominata Photon inside. Che, non contenendo silicio, “potrà costare la metà dei pannelli… un po’ di più di una buona vernice”. Saremmo curiosi di sapere se la commercializzazione è avvenuta e se è stata usata su qualche edificio.

Nel loro articolo Alesina e Giavazzi parlano di scorciatoie pericolose. Potremmo parafrasare la loro affermazione, riportata all’inizio di questo commento, dicendo: Le scorciatoie sono pericolose: non solo in montagna, anche nella corsa ad applicare le innovazioni. L’ansia di accorciare i tempi fra i risultati di una ricerca e la sua applicazione per sostituire sistemi che funzionano ottimamente con altri di cui non si conosce ancora l’efficienza e l’affidabilità può far commettere gravi errori.

Rinunciare all’uso dei pannelli fotovoltaici attuali in attesa delle miracolose significherebbe bloccare l’uso della energia solare in favore di chi, come il ministro Passera, ha predisposto una Strategia Energetica Nazionale basata in gran parte sulla estrazione delle nostre modeste riserve residue di petrolio e sulla creazione in Italia di un hub europeo del gas (vedi miei commenti a SEN)

In conclusione, non mi sembra fosse il caso di screditare, come hanno fatto Alesina e Giavazzi, lo sviluppo del fotovoltaico che è una delle più grandi innovazioni in Italia negli ultimi decenni. Basti ricordare che il fotovoltaico installato nel solo 2011 fornisce una quantità di energia pari a quella che avrebbe fornito una centrale nucleare da 1600 MW. Una centrale vera e non ipotetica, che ha già creato migliaia di posti lavoro, ha alimentato le entrate fiscali dello Stato in anni di magra, ha ridotto la nostra importazione di energia primaria dall’estero, non ha imposto oneri di smaltimento alle future generazioni.  Un’infrastruttura energetica sicura e diffusa su tutto il territorio nazionale, che aiuterà l’Italia ad onorare gli impegni europei 20-20-20 al 2020, limitando il danno economico che ci autoinfliggeremo, perché comunque non raggiungeremo gli obiettivi previsti. Perché le politiche di promozione delle rinnovabili e dell’efficienza sono state troppo tiepide, e non troppo generose.


venerdì 1 marzo 2013

Distrutti dalla matematica: la scelta è fra le vasectomie e i funerali


Di Albert Bates 
Da “The Great Change”. Traduzione di MR

“La scelta difficile è fra le vasectomie e i funerali. Prima ci rendiamo conto di questo, meglio è”



Ci lamentiamo dei progressi lenti dei colloqui sul clima, ma che ne dite dei progressi ancora più lenti nei tentativi di ridurre le emissioni di sperma?

Considerate questo punto: ogni giorno la popolazione umana sul pianeta si espande di più di 200.000 unità. Questo equivale a una città di medie dimensioni, completa delle infrastrutture per acqua, cibo, energia, trasporti, comunicazioni e sanità. Per provvedere all'alimentazione di questa città, ci vogliono - ammesso che le perdite di processo e stoccaggio siano ridotte al minimo, 1 milione di kilocalorie al giorno - qualcosa come 80.000 metri quadri di recinto per bestiame, un allevamento di polli della dimensione del duomo di San Pietro e una grande flotta di pescherecci giapponesi che fanno fuori i delfini con le loro reti mentre esplorano, in cerca di tonno, le risorse oceaniche in diminuzione. E il giorno successivo si deve trovare un posto dove metterne un'altra, mentre si deve ancora sfamare la prima. Non ci sono cosi' tante persone vive adesso di quante ce ne siano mai state, ma ci andiamo vicino. Questa è una delle caratteristiche di una curva esponenziale, Gli scacchi continuano a raddoppiare. La popolazione umana della Terra oggi eguaglia la somma di ogni raddoppio di popolazione degli ultimi 200.000 anni.

Immaginate che i negoziatori delle Nazioni Unite si accordino per il pagamento di un'accisa sui bambini – o una “birth tax” (tassa sulla nascita) se volete. Supponete una prospettiva in cui una coppia di genitori possa comprare, per un piccolo ma apprezzabile costo un'indulgenza che permetta loro di avere un figlio in più rispetto al numero assegnato.

Le regole di scambio potrebbero richiedere che i privilegi vengano acquisiti a spese di una aspirante madre, in una qualche parte più disperata e povera del mondo, che voleva vendere la sua quota giusto per il prezzo contrattuale, meno le commissioni del mediatore. La transazione potrebbe essere registrata in un ipotetico Scambio di Nascite di Chicago, diciamo. Esso dovrebbe essere ulteriormente assicurato, a scopo di verifica, dalla rimozione chirurgica delle ovaie fertili della donatrice. Così, la coppia benedetta guadagnerebbe un altro figlio raccogliendo alcuni “frutti a portata di mano”, portando via un po' di pressione demografica dai paesi poveri e assumendosela in un paese ricco, più capace di provvedere. Se possiamo essere d'accordo che lo “spazio di parcheggio terrestre” sulla Terra – la terra disponibile per abitante – è già stato superato (un'assunzione onesta, dati i tassi di esaurimento insostenibili di gran parte delle risorse naturali), dovremo stabilire razioni annuali di nascite al di sotto dell'equilibrio per spingere una graduale contrazione della popolazione. 

Diciamo che vogliamo diminuire la popolazione globale di 200.000 unità al giorno. Ci vorrebbero 70 anni solo per tornare a dove ci trovavamo a metà del ventesimo secolo. Misurando le risorse disponibili – prevalentemente un declino nella disponibilità dell'energia di alta qualità che indirizziamo al soddisfacimento delle domande di cibo ed acqua – potremmo non avere 70 anni. Potremmo aver bisogno di raddoppiare verso il basso e decrescere, diciamo, di 400.000 unità al giorno. Non è necessario calcolare tutti i numeri qui e sarebbe problematico , ma possiamo solo convenire che una quota globale potrebbe essere fissata a “X figli per ogni vita di una donna fertile” e ciò formerebbe la base per il prezzo quotidiano nei contratti negoziati nello Scambio di Nascite di Chicago. Siamo molto lontani da un trattato simile. 

E poi, immaginate solo quanto si potrebbe prezzare nel Senato americano, per non dir nulla del parlamento indiano. L'alternativa, naturalmente, è semplicemente lasciare che la natura applichi le proprie quote, cosa che normalmente fa negando il cibo. Dati gli altri nostri negoziati falliti – la Convenzione Quadro sul Cambiamento Climatico – quel risultato è in cantiere. Se picco del petrolio, OGM o l'economia globale al collasso non uccidono il nostro stile industriale di agricoltura, lo faranno tempeste killer e siccità.

Bambini senzatetto di NYC (prima dell'uragano Sandy) 



Lavorando dal punto di vista del cambiamento dalle pratiche agricole inefficienti, energivore e distruttive per il suolo ai metodi alternativi, biologici e permaculturali che usano lavoro umano a risparmio energetico e costruendo densità di nutrienti sia nei suoli sia nelle colture, non possiamo andare lontano. Gli studi suggeriscono che passare al biologico potrebbe aumentare la disponibilità di cibo globale di una piccola percentuale, al massimo. I Permacultori e gli eco agricoltori potrebbero riprogettare molti grandi campi di grano in rotazione con foreste alimentari (food forests). Potrebbero rimpiazzare le pratiche di allevamento di bovini in cattività con animali allo stato brado che vivono in modo sostenibile entro i limiti di quelle rotazioni. Questo potrebbe sostenere ampie popolazioni, ma non popolazioni in crescita e probabilmente non 7 miliardi, probabilmente neanche metà. L'agricoltura sostenibile non comporterà l'ingegneria genetica. Quel modo di spingere fondi da governi, donatori ed azionisti per finanziare grandi laboratori pieni di studenti laureandi in biotecnologia è un meme gonfiato – dateci un taglio. Nessun organismo modificato geneticamente ha mai dimostrato una superiorità rispetto all'organismo naturale che ha sostituito o risolto alcun problema per il quale è stato progettato senza crearne altri più seri come effetto collaterale. Punto. E' una frode.

E' così anche nell'economia classica, che ci dice che la domanda crea l'offerta, basta aspettare. Così è anche per la pretesa per cui in qualche modo la tecnologia può essere il sostituto dell'energia a basso prezzo. O che i mercati siano arbitri neutrali che separeranno sempre il grano dalla pula. Date un taglio a tutte queste assurdità. No, la scelta difficile è fra le vasectomie e i funerali. Prima ci rendiamo conto di questo, meglio è. 

Non sarebbe bello se i bambini di strada di parco Zuchotti, plaza del Sol o Doha avessero tutti i loro canali seminali chiusi e le ovaie asportate? Cosa succederebbe se prendessero quel fatto come un'orgogliosa dimostrazione di libertà personale e di cittadinanza planetaria? Cosa servirebbe? Delle celebrità? Supponiamo che Chris Hedges, Julia Roberts, Julian Assange, Evo Morales, Naomi Klein, Shakira e Brad Pitt uscissero da cliniche di sterilizzazione esibendo piccoli nastri blu. Blu per il gioiello di pianeta che ci sostiene, entro i limiti. 







mercoledì 27 febbraio 2013

Cambiamento climatico: anche la terra sotto i nostri piedi...

Da “Transition Culture”. Traduzione di MR



Oggi abbiamo un guest post di Chris Bird, autore di “Local Sustainable Homes

Siamo tristemente abituati all'impatto del cambiamento climatico nel meteo e nei livelli del mare, ma cosa ne sappiamo della terra sotto ai nostri piedi? Che ne sappiamo delle parti dure che costituiscono la crosta del pianeta e che gli scienziati chiamano litosfera? Siamo certi che non saranno colpite dal riscaldamento globale? In realtà lo saranno e forse già lo sono. E' probabile che il riscaldamento globale causi un aumento dell'attività sismica come terremoti ed eruzioni vulcaniche, frane, tsunami ed altre cose che non sono buone per le persone. Così, come può accadere questo e dove sono le prove? 

La risposta semplice è che il riscaldamento globale riduce il peso del ghiaccio sulla terra ed aumenta il peso dell'acqua sul letto del mare. Quando è finita l'ultima Era Glaciale, 20.000 anni fa, circa 52 milioni di chilometri cubici d'acqua furono redistribuiti sul pianeta. Trovatevi una calcolatrice e passate qualche minuto a calcolarlo in tonnellate e non sarete sorpresi di imparare che questo peso colossale ha un effetto sul movimento delle placche tettoniche e sul comportamento del magma sotto i vulcani. I geologi hanno scoperto le prove che ciò ha causato grandi terremoti ad alte latitudini precedentemente coperte dal ghiaccio ed uno spettacolare aumento dell'attività vulcanica. 

Un recente saggio di Marion Jegen sulla rivista Geology ha osservato milioni di anni di storia del clima come mostrati dalla geologia del Centro e Sud America. Periodi di fusione glaciale erano seguiti aumenti di 5-10 volte nell'attività vulcanica. Tuttavia, sembra essere la velocità piuttosto che la quantità totale della fusione che prevede quanto intensivamente aumentino le eruzioni e noi siamo impegnati a causare un riscaldamento globale molto rapido!

Ci sono molte più ricerche pubblicate su questo campo e il collegamento fra il cambiamento climatico e gli eventi geologici potenzialmente pericolosi del passato è stato appurato piuttosto bene fra tutti coloro che non credono che il mondo sia stato fatto in sette giorni. Ma il livello del mare è aumentato di 130 metri dopo l'ultima era glaciale e noi attualmente ci troviamo già in un periodo caldo, quindi, quanto cambiamento in più possiamo aspettarci? Cosa succede adesso? Anche le previsioni più terribili suggeriscono un aumento di soli 2 metri per la fine di questo secolo ed è certo che questo non precipiterà le risposte geologiche? 

Mi spiace, ancora cattive notizie. Sembra che la crosta terrestre sia squisitamente sensibile al cambiamento. Per esempio, il fenomeno de El Niño nel Pacifico causa piccole variazioni nei livelli del mare che sembrano innescare un aumento dell'attività sismica nel Est del Pacifico. Inoltre, gli ultimi 300 anni mostrano una correlazione stagionale fra l'attività vulcanica ed una gamma di condizioni ambientali. La Terra non ha la pelle spessa come la nostra!



Come abbiamo visto nel giorno di Santo Stefano nel 2004 ed in Giappone nel 2011, gli eventi sismici sotto il mare possono provocare tsunami devastanti. Ho appena visto alcuni filmati su youtube per ricordarmi quanto fossero scioccanti quelle immagini e il pensiero che i futuri tsunami potrebbero essere provocati dall'uomo è orrendo. 




Gli tsunami potrebbero anche essere causati dal collasso di pendici sottomarine in conseguenza delle destabilizzazione dei depositi di idrati di gas nei sedimenti marini. Gli idrati di gas (idrati di metano o clatrati) sono solidi simili al ghiaccio costituiti da acqua e da gas come il metano, un gas serra potente. Quando le temperature del mare aumentano, questi solidi possono dissociarsi provocando il rilascio di metano e il possibile collasso delle pendici sottomarine. Possiamo solo sperare che le pressioni in aumento all'aumentare del livello del mare controbilanceranno l'effetto delle temperature in aumento per evitare questo potenziale doppio colpo di uno tsunami e del rilascio di metano. 

Non tutti i pericoli geologici associati al cambiamento climatico derivano dai cambiamenti nascosti nella crosta terrestre. Il cambiamento climatico è già associato con condizioni meteo più estreme e questo può avere conseguenze geologiche disastrose. Nel 1999 le forti piogge hanno portato al collasso di una pendice montagnosa nel nord del Venezuela. Sono morte 30.000 persone. Ci sono numerosi altri esempi più vicino a casa. Nelle Alpi europee, per esempio, alluvioni che hanno portato a movimenti di terra hanno ucciso 37 persone. Pochi anni dopo, nel 2002, il collasso di parte di una montagna sul ghiacciaio Kolka, in Russia, ha causato una valanga che ha viaggiato per 24 chilometri ed ha raggiunto velocità di circa 300 km/h. Sono morte 100 persone. La combinazione della fusione dei ghiacciai e di piogge estreme è probabile che renderà tali eventi più comuni.



I laghi di alta montagna trattenuti da dighe di roccia naturale di detriti glaciali pongono un altro pericolo. Mentre i ghiacciai fondono, questi laghi aumentano di misura e minacciano di spazzare via le dighe naturali che li contengono. Ci sono già stati esempi di tali collassi in Himalaya, col Nepal che è particolarmente a rischio. Il lago Tsho Rolpa è cresciuto di 6 volte dagli anni 50 ed è alimentato da ghiacciai che attualmente si ritirano di circa 100 metri l'anno. Un collasso improvviso qui sommergerebbe 10.000 persone. 

Gli eventi geologici collegati al clima hanno anche impatti meno diretti sull'attività umana, Lo spessore del ghiaccio ridotto sui vulcani in Islanda potrebbe portare (sta portando?) ad un aumento di attività. Il pennacchio di cenere dell'eruzione del vulcano Eyjafjallajokull in Islanda, nel 2010, ha causato una grande interruzione del traffico aereo in Europa e l'ulteriore fusione della calotta glaciale del Vatnajokull potrebbe rendere tali eventi più comuni. Potremmo aspettarci interruzioni del traffico aereo, ma ci sono altre conseguenze possibili. Un'eruzione in Islanda di sei mesi, nel 1783, ha diffuso una foschia tossica solforosa su gran parte dell'Europa con un bilancio di morti significativo.



Non c'è un quadro chiaro e certo su come il cambiamento climatico impatterà sulla terra non così solida che abbiamo sotto i piedi. In alcune aree la fusione glaciale potrebbe ridurre l'attività vulcanica e i livelli del mare in aumento potrebbero stabilizzare piuttosto che destabilizzare gli idrati di gas. Ma scherziamo col mondo a nostro rischio e pericolo e, proprio come abbiamo appena visto con l'atmosfera, il riscaldamento globale poterà probabilmente più pericolo geologico che non benefici. Abbiamo anche più ragioni di limitare il cambiamento climatico e di prepararci per un futuro incerto. 

Chris Bird

Questo articolo è basato su prove presentate da 33 scienziati su 'Forzante Climatica di Pericoli Geologici', edito da Bill Maguire e Mark Maslin. Wiley-Blackwell 2013.





lunedì 25 febbraio 2013

Piantare alberi, sciogliere l'esercito e lavorare insieme: la via toscana per sfuggire alla trappola della crescita

Da “Cassandra's Legacy”. Traduzione di MR





Probabilmente conoscete già la storia dell'uomo che ha inventato il gioco degli scacchi. Si dice che abbia presentato il gioco al re e che abbia chiesto in cambio un chicco di riso sul primo scacco, due nel secondo, quattro nel terzo e così via per tutti i 64 scacchi. La storia dice che il re accettò lo scambio solo per rendersi conto solo in seguito che la quantità di riso che avrebbe dovuto consegnare era gigantesca, più grande della quantità esistente nel mondo intero. 

La storia non dice cosa successe a quel punto, ma possiamo supporre che il re non fosse contento e che l'inventore del gioco ricevette un premio molto diverso da quello che aveva chiesto. Così, impariamo che la crescita è una trappola e che non è applicabile solo ai chicchi di riso su una scacchiera. E' sempre difficile capire le conseguenze della crescita esponenziale e chiunque può cadere nella trappola, persino intere civiltà. Oggi, stiamo ancora cercando di inseguire la mitica “crescita” che, secondo molti, risolverà magicamente tutti i problemi. Tuttavia, molti di noi hanno questa terribile sensazione che sarà tutto inutile e non solo. La sensazione è che la crescita economica ci stia portando dritti all'abisso. 

Quindi, c'è un modo per liberarsi? Non sappiamo quale sarà il nostro destino, ma ci sono stati esempi di civiltà che hanno gestito un equilibrio a lungo termine. Una è quella del Giappone del periodo Edo, un'altra è la Toscana dopo il Rinascimento. C'è stato un momento fatidico nella storia della Toscana, in cui la gente capì che la soluzione a quei tempi terribili che stavano vivendo non era crescere ma adattarsi. Avvenne gradualmente, ma possiamo individuare il punto di svolta con la signoria del Gran Duca Ferdinando I, che mise la Toscana su una strada che, in una mia personale interpretazione, posso definire con la frase “piantiamo alberi, smantelliamo l'esercito e lavoriamo insieme”. Una strada che portò ad alcuni secoli di pace (o perlomeno senza grandi guerre) e ad una moderata prosperità.

Toscana. Sfuggire alla trappola della crescita



La Toscana è una regione del centro Italia incastonata fra le montagne e il Mar Mediterraneo. E' una terra di colline e pianure dolci; di campi di grano e di cipressi, di fattorie e città fortificate. E così dal tempo degli Etruschi, i primi abitanti dell'area e dai quali deriva l'antico nome di Tuscia.

Anche se piccola e relativamente isolata, la Toscana è giunta a svolgere un ruolo importante nella storia del mondo col Rinascimento; un'era di poeti, pittori, scultori, banchieri ed esploratori. Per un po', la città principale della Toscana, Firenze, è stata il centro del mondo occidentale, il luogo del potere finanziario, il centro del commercio, il posto dove artisti, letterati e professionisti volevano andare per imparare il mestiere.

Ma l'età dell'oro del Rinascimento non è durata a lungo. I suoi tempi di maggior splendore sono stati di un secolo, o forse due. Poi, col sedicesimo secolo, iniziò il declino. Peste, carestie, crisi economica e invasioni militari, portarono gradualmente la Toscana a diventare uno dei paesi più poveri d'Europa. Tuttavia, la popolazione non è mai crollata e qualcosa è sopravvissuto dell'antico spirito di libertà e di indipendenza intellettuale. Agli inizi del diciassettesimo secolo, la Toscana diventò un rifugio per gli Ebrei che fuggivano dalle persecuzioni in Spagna. La Toscana ha conservato le proprie università ed accademie e, nel 1786, fu il primo Stato europeo ad abolire ufficialmente la tortura e la pena di morte. Quindi, il collasso della Toscana non fu totale, è stato gestito. E' stato “dolce” e non così disastroso come avrebbe potuto essere. Come è stato ottenuto questo risultato? E' una lunga storia che merita di essere raccontata. 

Crescita e collasso in Toscana 

Riemergendo dei tempi terribili della Grande Peste, nel quattordicesimo secolo, l'agricoltura Toscana fu in grado di creare le risorse necessarie per far riprendere la crescita della popolazione e per imbarcarsi in quell'era di crescita economica e di grandi realizzazioni artistiche che chiamiamo “Rinascimento”. Ma nulla può crescere per sempre: una popolazione in crescita significava che sempre più terra era necessaria per sfamarla e questo si poteva realizzare solo tagliando le foreste. Ciò, a sua volta, aprì la strada all'erosione. E l'erosione distrugge il suolo fertile che sostiene l'agricoltura. 

Ancora oggi, potete vedere quanto fosse grave il problema dell'erosione in quel tempo guardando la città di Pisa. Oggi è una città dell'entroterra ma, durante il Medio Evo, era un porto attivo e prospero. Si dice che, già nel quindicesimo secolo, il porto di Pisa avava problemi a causa dei sedimenti portati dall'Arno. Nel diciassettesimo secolo, l'interramento divenne così grave che il porto dovette essere abbandonato. I sedimenti che distrussero il porto di Pisa erano il suolo ricco che un tempo aveva sostenuto l'agricoltura toscana e, con essa, la popolazione toscana.

Col declino dell'agricoltura, il sistema economico Toscano cominciò a implodere; commercio e industria non potevano sopravvivere senza cibo. Le carestie divennero comuni. Gli orgogliosi cittadini di Firenze, la città che venne chiamata la “Nuova Atene”, cominciarono a soffrire la fame. Secondo un cronista, nel 1590, i fiorentini furono ridotti a mangiare un tipo di pane che “in altri tempi avrebbero dato ai cani e forse i cani lo avrebbero rifiutato”. 

Le città toscane declinarono anche in termini di forza militare e le città un tempo libere della Toscana caddero una dopo l'altra sotto invasori stranieri. La repubblica di Firenze cadde sotto l'attacco dell'Esercito Imperiale Spagnolo nel 1535. La repubblica di Siena cadde per mano degli eserciti alleati di Spagna  e dei Medici di Firenze nel 1555. Da quel momento, la Toscana divenne una provincia dell'Impero Spagnolo, pur mantenendo un certo grado di indipendenza. 

Piantiamo alberi, smantelliamo l'esercito e lavoriamo insieme

Sin dall'inizio, i Gran Duchi che governarono Firenze e tutta la Toscana ponevano la loro attenzione verso l'interno, alla gestione del territorio toscano. Già nel 1559, ai tempi di Cosimo I della famiglia Medici, la Toscana aveva avviato una politica di protezione dell'agricoltura con leggi severe che proibivano il taglio degli alberi negli Appennini, persino con la pena di morte! Quella politica venne continuata dai governanti seguenti e il Gran Duca Ferdinando Primo fu probabilmente il punto di svolta nell'abbandono di tutti i sogni di crescita ed espansione. 

Il monumento a Ferdinando Primo (1549-1609), Gran Duca di Toscana dal 1587 al 1609. E' stato forse il primo regnante toscano a riconoscere la fine dei tempi di crescita


Ferdinando regnò la Toscana dal 1587 fino alla sua morte, nel 1609. Egli amava dire che regnava non con la forza ma con la “sola dignità” ed il suo motto latino era: “maiestate tantum”. Fece molto per l'agricoltura, promulgando, fra le altre cose, leggi che riducevano il carico fiscale sui contadini. Andò anche più oltre parlando dei toscani come di “api operose” , intendendo che essi dovevano lavorare duramente tutti insieme. Ecco il simbolo delle api operose in una lastra di bronzo sul monumento di Ferdinando a Firenze. 

Le “Api Operose", simbolo di Ferdinando Primo. Immagine  del monumento in Piazza SS. Annunziata, Firenze.


Durante il regno di Ferdinando, rimase un qualche spirito bellicoso in Toscana e questo portò a schermaglie con l'Impero Turco. Ma, in generale, quest'era fu l'inizio di un periodo di attenta gestione del territorio, di riduzione delle spese militari, di ricerca di armonie e giustizia sociale. Potremmo definire questa politica come “piantiamo alberi, smantelliamo l'esercito e lavoriamo insieme”, anche se Ferdinando stesso non usò mai queste parole.  

I Duchi che seguirono Ferdinando Primo proseguirono in questa politica. L'agricoltura rimase un cardine della politica di governo. Le leggi che proteggevano gli alberi furono mantenute ed estese e, nel 1753, il Gran Duca Pietro Leopoldo creò l'Accademia dei  “Georgofili" con lo scopo specifico di promuovere l'agricoltura. L'accademia esiste ancora oggi ed il suo motto è “In favore della pubblica prosperità”.

Il simbolo dell'Accademia dei Georgofili, istituita a Firenze nel 1753. La scritta dice “Prosperitati Publicae Augendae” (“In favore della pubblica prosperità”)


Il governo della Toscana ridusse anche progressivamente le spese militari. La marina cessò praticamente di esistere nei primi anni del diciottesimo secolo e l'esercito creato dalla famiglia Medici fu progressivamente ridotto in forza finché non fu formalmente smantellato nel 1753 dal Gran Duca Francesco Stefano. Nuovi tipi di esercito venivano creati in quei tempi ma, fondamentalmente, la Toscana non si poteva permettere la guerra. Spesso, i suoi confini dovettero essere aperti agli invasori e questo causava meno danni che combatterli. La Toscana subì un buon numero di invasioni ma, in generale, queste guerre non portarono mai grande distruzione. Dopo la caduta di Siena, nel 1555, la Toscana non vide più una propria città assediata o bombardata fino al 1944, quasi quattro secoli dopo.

Ci volle tempo ma, alla fine, queste politiche ebbero i loro effetti nel ridurre la gravità del declino e nel riportare indietro dal collasso la Toscana. Dal diciottesimo secolo in poi, l'agricoltura potè riprendere a produrre. Le carestie non scomparvero, ma poterono essere contenute, mentre il commercio e l'industria ripartirono con una nuova rete fluviale e di strade. 

Non tutto era perfetto in questo periodo. Un problema era che la Toscana non riuscì mai veramente a stabilizzare la popolazione, che cresceva lentamente da meno di mezzo milione nel quindicesimo secolo a più di un milione nel diciottesimo secolo. Di conseguenza, rimaneva un forte pressione per trovare nuove terre agricole. Così, le norme che proteggevano gli alberi vennero allentate più di una volta. Si dice che nel 1780 un gruppo di boscaioli si inginocchiò di fronte al Gran Duca Pietro Leopoldo, implorandolo per la fame. Ne conseguì un decreto che liberalizzava il taglio degli alberi. Ma le montagne vennero riforestate e le politiche di protezione dell'agricoltura mantenute.

I giorni nostri

Col diciannovesimo secolo, la Toscana è confluita nel nuovo Stato italiano e la rivoluzione industriale ha generato una nuova fase di rapida crescita della popolazione e di espansione economica. Col miglioramento della rete dei trasporti e lo sviluppo delle ferrovie, le carestie sono diventate cose del passato. L'ultima registrata in Toscana è stata nel 1899-1899. Le foreste hanno sofferto in questo periodo di espansione, ciononostante oggi la Toscana rimane una delle regioni d'Italia con più boschi, un'eredità della politica dell'antico granducato. 

Ma i tempi sono cambiati e l'ultima ondata di fantasia costruttiva sembra voler trasformare le aree della Toscana un tempo fertili in aree che sembrano i sobborghi di Los Angeles. Con una popolazione di quattro volte più grande di quanto non fosse ai tempi delle carestie e col cambiamento climatico e la crisi petrolifera incombenti, la Toscana sta per affrontare tempi difficili. Ma abbiamo la tradizione di prenderci cura della terra che ci ha già aiutato in passato. Ci aiuterà anche nell'incerto futuro. 

Può la Toscana essere vista come un modello di “collasso morbido” per altre aree del mondo? Forse. Quantomeno ci dà una ricetta che ha funzionato al tempo dei Gran Duchi: “piantiamo alberi, smantelliamo l'esercito e lavoriamo insieme”. Non è proprio quanto stiamo facendo ora, ma potremmo imparare. 

Questa è una versione rivista di un post pubblicato nel 2006 nel blog “Transition Culture.”  E' stato uno dei miei primi post in inglese e, qualche anno dopo, mi sembra appropriato riproporlo su Effetto Cassandra con alcune modifiche e correzioni. Sono grato a Susan Kucera per avermi indotto a tornare su questo soggetto e per avermi consigliato l'analogia con la storia “dei chicchi e della scacchiera”

Note:

Gran parte dei dati che riporto sull'agricoltura toscana in tempi antichi provengono dal libro “ALPI” di Matteo Biffi Tolomei, pubblicato per la prima volta agli inizi del 800 e ripubblicato nel 2004 con una postfazione di Fabio Clauser. (Libreria Editrice Fiorentina)

Dati sulla storia dell'esercito toscano al tempo dei Gran Duchi sono piuttosto difficili da trovare, ma una descrizione può essere trovata in "Corpi armati e ordine pubblico in Italia (XVI-XIX sec.": Seminario di studi, Castello Visconti di San Vito, Somma Lombardo, 10-11 novembre 2000 Livio Antonielli, Claudio Donati Rubbettino Editore, 2003. Per una storia della marina toscana, vedere l'articolo relativo su Wikipedia.

I dati sulla popolazione della Toscana  dal Medio Evo ai giorni nostri si possono trovare nel saggio di Marco Breschi e Paolo Malanima, "Demografia e Economia in Toscana"

Un elenco delle carestie toscane fino al 1736 si può trovare su questo documento dell'Accademia dei Georgofili. Non ci sono molti dati disponibili sulla carestia del 1898-1899 che ha colpito tutta l'Italia e che è stata, probabilmente, l'ultima carestia registrata nel paese. Una descrizione può essere trovata in questo documento.







giovedì 21 febbraio 2013

“Estinzione di massa catastrofica”: probabile se le temperature salgono di 6 gradi nel prossimo secolo


Gli scienziati: gli esseri umani e gli animali dovranno adattarsi per sopravvivere.

Di Beth Brogan
Da “Common Dreams” Traduzione di MR

Un'estinzione di massa “catastrofica” è probabile entro i prossimi 100 anni se la temperatura della Terra aumenta di circa 6°C e il biossido di carbonio si accumula nell'atmosfera, questo prevedono gli scienziati che hanno studiato l'ultimo evento in cui le temperature sono aumentate rapidamente, e così tanto, 55 milioni di anni fa.


Gli scienziati prevedono che un aumento delle temperature di 6°C nel prossimo secolo avrà come conseguenza una “catastrofica” estinzione di massa e richiede che gli esseri umani e gli animali si adattino per sopravvivere (Foto: Redorbit.com)


Gli animali dovranno ridurre la loro dimensione per sopravvivere e adattarsi per esistere con un cibo meno nutriente, secondo il Bighorn Basin Coring Project, attualmente condotto da scienziati americani, britannici, tedeschi e olandesi, i quali stanno studiando l'ultimo evento nel quale la temperatura del pianeta è aumentata così rapidamente di 6°C, come riporta Climate News Network. Il Dott. Phillip dell'Università di Birminham nel Regno Unito, fra i leader dello studio, ha detto che il periodo di riscaldamento precedente “ha portato ad estinzioni catastrofiche della vita negli oceani profondi, in parte a causa dell'aumento dell'acidificazione e in parte a causa della mancanza di ossigeno”. “Ciò che preoccupa gli scienziati è che l'attuale periodo di riscaldamento richiederà soli 200 anni, se l'Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC) ha ragione”, riporta per Climate News Network l'Editore Congiunto Paul Brown. “Ciò non da a molte specie vissute a lungo, per esempio gli alberi, il tempo di evolvere e migrare. La conseguenza sarà l'estinzione di massa e per i sopravvissuti, esseri umani, animali ed insetti, ci sarà una corsa ad accaparrarsi una quantità di cibo in diminuzione e meno nutriente”. Alla domanda del Climate News Network su quale effetto avrebbe un aumento di 6°C attualmente sul pianeta, se non viene intrapresa un'azione sufficiente per frenare le emissioni , Jardine ha detto:

“Per me questo mostra soltanto quanto siano realmente pervasivi gli impatti dell'alterazione dell'equilibrio del carbonio. Anche se il cambiamento climatico futuro non fosse un argomento sufficientemente convincente da ridurre le emissioni di carbonio, l'aumento delle concentrazioni di CO2 in atmosfera ha una possibilità molto reale di ridurre la vitalità delle nostre disponibilità di cibo, compromettendo la base della catena alimentare per noi stessi e per gli animali che alleviamo e mangiamo. Se riconosciamo la presenza di temperature in aumento, allora abbiamo un fattore in più per il quale ci potremmo aspettare diminuiscano ulteriormente la dimensione degli animali che alleviamo e quindi la quantità di cibo che possiamo ottenere da loro. Direi che l'impatto di tutto questo su una popolazione umana grande ed in crescita potrebbe essere catastrofico, specialmente nel mondo in via di sviluppo e se vengono anche tenuti in conto i cambiamenti di altre risorse, per esempio l'acqua”.






martedì 19 febbraio 2013

Il Canto del Gallo

Da “The Oil Crash”. Traduzione di MR





Guest Post di Antonio Turiel

- In fin dei conti - dico - se la Francia ha invaso il Mali è per l'uranio, lo sai, no?
- Certo che si. Lo sanno tutti

Cadeva la notte, fredda, piovosa e scura, sopra Bordeaux. Mi ritrovai a guardare il mio amico, e una volta capo. Lui guardava per terra, poi proseguì con voce tranquilla

- La Francia ha 89 centrali nucleari, 59 di loro sono commerciali. L'83% dell'elettricità è di origine nucleare. Non possiamo fare a meno dell'uranio.

Non ho detto niente e abbiamo continuato a camminare. Sono vissuto per diversi anni in Francia e ho capito allora come interpretare questa curiosa dimostrazione di cinismo e pragmatismo con il quale i Francesi alla base accettano certe forme di azioni barbariche che il loro governo commette in nome de “La France” .

                                                                           * * * * *

Da alcune settimane la Francia è in guerra. Diverse migliaia di soldati e decine di mezzi blindati sono stati inviati rapidamente al fronte di battaglia in Mali. Obbiettivo: evitare l'avanzata del fronte islamico che si è ribellato nel nord del paese dopo la caduta di Gheddafi in Libia e il suo timore è che il paese si trasformi in un nidi della Jihad che minacci il mondo occidentale. O questa almeno è, grosso modo, la spiegazione ufficilale.

Gheddafi si è mantenuto al potere grazie ad unità mercenarie formate a partire dalle tribù Tuareg del deserto e, alla caduta del dittatore libico, questi mercenari, con addestramento e attrezzatura militare, si sono rifugiati dai propri cugino della sponda del Mali. In Mali e in Niger da molti anni, periodicamente, si sono ribellati gruppi armati che rivendicavano migliori condizioni di vita per i Tuareg; questa volta, tuttavia, le loro capacità militari erano sensibilmente maggiori. In poco più di un anno, i Tuareg hanno preso il controllo di due terzi del paese, senza che l'esercito del Mali, debole e corrotto, potesse fare granché per fermarli: Che il problema abbia il carattere di guerra civile lo evidenzia anche che non poche unità dell'esercito del Mali siano passate dall'altra parte e mostra anche che il governo del Mali non ha l'appoggio incondizionato della sua popolazione. Di fatto, prima che la Francia cominciasse i bombardamenti l'11 gennaio entrambe le fazioni avevano concordato un cessate il fuoco e stavano negoziando un accordo di pace. Tuttavia, la Francia ha preteso di presentare il conflitto interno come una battaglia per la democrazia è contro l'integralismo islamico ed ha organizzato una coalizione di paesi africani come forza di difesa per non apparire come la vecchia colonialista che interferisce con gli affari della sua ex colonia. Ha persino ottenuto una risoluzione dell'ONU per giustificare l'intervento. L'appoggio dei suoi alleati, tuttavia, è stato tiepido. Più di qualche parola di appoggio degli Stati Uniti e alcuni aerei da carico dei suoi alleati europei, la Francia si ritrova da sola a lottare in Mali, mentre le forze della coalizione africana non arrivano. Il fatto è che la Francia ha cominciato a dispiegare le proprie truppe senza aspettare nessuno, ritrovandosi di fronte alla possibilità che il governo del Mali cadesse che i gruppi Tuareg andassero al potere.

Cosa spinge in questo modo la Francia in Mali? Non è né il petrolio né il gas, materie prime delle quali la quantità potenzialmente sfruttabile nel paese non sono significative e che si possono ottenere più facilmente in altri luoghi. Non sono nemmeno i metalli preziosi dei quali il paese è ricco. No. Ciò che spinge la Francia ad agire in questo momento è l'uranio, in una doppia prospettiva, a breve e a lungo termine. A lungo termine, lo sfruttamento delle miniere di uranio del Mali sarà fondamentale per saziare la fame gallica del materiale sopra il quale fa perno tutto il suo modello industriale e del quale vanno spesso orgogliosi, visto che considerano l'energia nucleare autoctona (nonostante che il combustibile di base, l'uranio, si prenda fuori dal paese). Le quantità di uranio sono significative ma non grandiose (si pensa che a Falea ci siano 5.000 tonnellate di uranio naturale, l'equivalente di 10 ricariche – una ogni 18 mesi – di una centrale nucleare di 1 GW) e che addirittura non sia finita la fase di esplorazione. Tuttavia, queste miniere future saranno imprescindibili un domani. A breve termine, tuttavia, la cosa per cui il Mali è cruciale è per il trasporto dell'uranio del Niger – da non confondersi con la Nigeria. Questo sì è fondamentale per l'industria francese: un terzo dell'uranio che consuma la vecchia metropoli proviene dal territorio del Niger. E le risorse di uranio del Niger sì che sono importanti, fra le maggiori al mondo:


La Francia ha subito molti contrattempi in Niger che, come il Mali, è una sua vecchia colonia. Neglia anni, i governi del Niger sono stati docili ed hanno permesso lo sfruttamento del proprio uranio a basso prezzo e senza che si dovesse assumere i danni ambientali – la maggioranza delle miniere è a cielo aperto – che questo generava, degradando le condizioni di vita del popolo del Niger, che è stato sottomesso “manu militari” quando è stato necessario. Ciò ha generato rivolte frequenti, scioperi e difficoltà crescenti per lo sfruttamento delle miniere a causa delle persecuzioni armate da parte dei gruppi separatisti vicino alla frontiera col Mali. Di fatto, alcuni esperti opinano che dietro alla precipitazione dell'azione francese ci sia la necessità di rafforzare la sicurezza delle miniere e i fatti lo confermano direttamente.

Alle difficoltà di sfruttare l'uranio del Niger, da qualche anno si è aggiunta una competizione sul campo con la Cina, che ha ottenuto alcune concessioni minerarie in Niger e che espande rapidamente le sue operazioni in quel paese. Incapace competere con un paese tanto potente, la compagnia francese Areva ha optato per cercare collaborazione in alcuni progetti minerari, anche nel tentativo di abbassare i costi. Questo perché la risorsa di cui ha tanto disperatamente bisogno la Francia è sempre più scarsa, cara e pericolosa da sfruttare e in più adesso la deve condividere.

Tutta questa penuria dei nostri cugini d'oltralpe sta in un contesto generale su scala mondiale per nulla lusinghiero: l'uranio sta diventando raro e scarso. Al momento, si sta verificando una relativa stagnazione della sua estrazione: secondo i dati della Associazione Nucleare Mondiale il 2012 è il secondo anni di seguito durante il quale l'estrazione mondiale di uranio è diminuita (54.660 tonnellate nel 2010, 54.610 nel 2011 e 5.221 nel 2012). Anche se tali oscillazioni nella produzione sono frequenti nei dati storici ed il disastro di Fukushima ha diminuito lievemente la domanda di uranio, continua ad esserci una differenza considerevole fra l'uranio estratto e quello consumato, il quale è stato finora coperto riusando l'uranio delle testate nucleari russe smantellate, secondo il programma Megatons to Megawatts. Sfortunatamente, il programma scade proprio quest'anno, il 2013, e non verrà rinnovato, quindi ci si aspetta un deficit di uranio e si preconizza uno scenario di problemi di fornitura piuttosto serio; forse l'arrivo precipitoso del temuto picco dell'uranio. Ed è in questo mercato sempre più teso dell'uranio che la Francia si sta giocando la sua raison d'être.

Questa guerra della Francia è un'altra delle guerre per le risorse, simile ad altre precedenti e ad altre che la seguiranno. La sola cosa che la differenzia e sicuramente a quelle che seguiranno è il grado di disperazione dell'aggressore. La Francia industriale che è risorta con forza nel ventesimo secolo, ora agonizza. Il suo stato finanziario non è così buono come si pensa e probabilmente sarà preda degli stessi avvoltoi che non hanno smesso di osservare la Spagna, anche se adesso si finge il contrario. La Francia si gioca una parte importante della sopravvivenza del suo modello industriale nell'assicurarsi la fornitura di uranio del Niger e del Mali. Se ora fallisse, il vacillante tessuto economico e industriale francese non potrà permettersi un'altra guerra. Questa guerra è il canto dell'orgoglioso gallo francese. Forse l'ultimo.

Saluti, AMT

giovedì 14 febbraio 2013

Possiamo fidarci di come i media ufficiali riportano le notizie sui problemi ambientali?


Guest Post di Max Iacono
Da “Cassandra's Legacy”. Traduzione di MR


Fra le varie lezioni che abbiamo imparato nel 2012 c'è anche se possiamo o no credere se realmente i cosiddetti “media mainstream” dicono la verità sui problemi ambientali. O bisogna credere che dicano il contrario ed in modi vari e diversi da rilevare?

L'ulteriore “lezione da imparare” è infatti il soggetto di un intero ed eccellente – pubblicato di recente – libro dal titolo “Project Censored 2013”, che descrive molto bene molti dei problemi importanti che i media mainstream hanno in gran parte (o per intero) censurato, o sui quali ci hanno completamente fuorviato, negli ultimi anni.

Il libro è disponibile su Amazon sia in versione Kindle sia in cartaceo. Recentemente l'ho comprato e l'ho letto. Ho pensato che la prefazione del Dr. Nafeez Mosssadeq Ahmed fosse particolarmente chiara, convincente e che riassumesse bene la situazione attuale rispetto alla censura dei media mainstream verso gli “argomenti scomodi”, in particolare quelli che interessano e preoccupano i lettori di Effetto Cassandra e che hanno a che fare con l'ambiente ed i suoi vari aspetti. Ed anche con la “scomoda verità” estrema di Al Gore, che sta diventando sempre più scomoda oggi per qualcuno, ma molto più comoda ai milioni, o persino ai miliardi, di persone che pensano che debba essere fatto urgentemente qualcosa per il cambiamento climatico. Alcuni hanno detto che il rapporto delle persone da un lato rispetto a quelle dall'altro è di 1 a 99 (o 99 a 1), ma lascerò questo aspetto quantitativo specifico da parte per il momento.

Il libro – e questo post particolare che cerca di dare un'idea dell'argomento del libro – offre anche un'ulteriore prospettiva, o amichevole avvertimento, per tutti noi riguardo gli ubiqui “media mainstream” - ed è anche una specie di seguito al mio precedente post su Effetto Cassandra dal titolo "Limiti dello Sviluppo": una storia alternativa.

In quel post ho provato ad argomentare che il vecchio libro Limiti dello Sviluppo (pubblicato per la prima volta nel 1972) avrebbe potuto essere accolto meglio – o almeno ricevuto un po' meno male e meno “demonizzato” - se avesse tenuto conto nel suo Modello del Mondo (o almeno se avesse fatto questo separatamente in modo qualitativo) non solo le variabili che ha considerato e modellato – cioè una serie di variabili economiche, industriali, di risorse, di inquinamento e demografiche tutte in interazione all'interno del modello di dinamica dei sistemi – ma avesse anche selezionato variabili quali cultura, identità, politica, scienza politica, economia politica, istituzioni della società ed ideologia.

Credo che questo secondo gruppo di variabili fossero quelle che hanno causato la “demonizzazione” del libro, una volta che il suo messaggio centrale, il fatto che sussistono limiti alla crescita e che la “crescita economica perpetua” non è possibile su un pianeta finito, emergeva chiaramente contro di esse nel cosiddetto mondo (sociale) reale. Vale a dire contro “il mondo reale” di affari, politica, economia, religione e di varie discipline accademiche e professioni e contro i loro molti rappresentanti e sostenitori. E ciò anche perché per molti di coloro che sono attivi in quelle discipline e professioni, apparentemente il “mondo reale della fisica, della chimica e della biologia” (e ecologia) purtroppo è considerato come '”piuttosto irreale”, secondario o perlomeno non particolarmente degno di seria considerazione politica o di massima priorità. E, naturalmente, un attore molto importante in quel contesto sociale allargato – ed uno che influenza e condiziona anche significativamente tutto il resto – sono i cosiddetti media mainstream (o corporativi) in tutte le loro forme. Vale a dire, i giornali, le riviste, i canali televisivi, le radio ecc. ecc. maintream, generalmente di proprietà di multinazionali, compresi alcuni media su Internet.

I media mainstream hanno “informato”, o informato male, o “disinformato e fuorviato” il pubblico rispetto al libro Limiti dello Sviluppo? E, ancora più significativo in questo momento specifico, stanno informando o disinformando attualmente rispetto alla gamma di problemi, argomenti e questioni ambientali serie in corso? E in particolare rispetto a cambiamento climatico, picco del petrolio, limiti della crescita ed altri argomenti e problemi ambientali particolarmente importanti come il metano artico, l'acidificazione degli oceani, la fusione del ghiaccio di Artico e Antartico, le riserve di pesce in diminuzione o in declino, la perdita di habitat e biodiversità, la deforestazione in corso, l'avanzamento della deforestazione e diversi altri. Il lettore può decidere su questo, ma vorrei offrirvi la seguente considerazione:

Per prima cosa, sotto segue un elenco dei 15 capitoli del libro Censored 2013 che fornisce un'idea di quali argomenti abbiano trattato coloro che hanno scritto il libro – ci sono stati diversi autori che hanno contribuito con diversi capitoli – pensano che i media mainstream abbiano censurato o sui quali ci abbiano mentito (al grande pubblico). E, inoltre, molto spesso in modi furbi e ingannevoli che sono molto difficili da rilevare, prendere in esame e smontare. E, per coloro che potrebbero essere interessati ad esaminare alcuni dei modi specifici e delle tecniche attraverso le quali i media mainstream (in questo esempio specifico il canale Fox News, ma non sono assolutamente gli unici) ci mentono e cercano di ingannarci, si può leggere il seguente articolo, molto buono, che riassume le loro 14 tecniche principali “14 tecniche di propaganda che la Fox "News" usa per fare il lavaggio del cervello agli americani”.

Alcuni degli argomenti e delle sezioni del libro in “Project Censored 2013” hanno a che fare con alcuni dei problemi principali trattati su Effetto Cassandra – cioè cambiamento climatico, picco del petrolio e limiti alla crescita – ed alcuni hanno invece a che fare con altri problemi relativi a politica, democrazia e politica interna ed estera degli Stati Uniti, che vengono spesso ugualmente censurati o sui quali si mente. E se si legge il libro si potrebbe anche considerare piuttosto adatto un possibile titolo alternativo per il libro, che mi è venuto in mente (solo come “scherzo”9 e cioè: “Progetto Smontato, Negato, Distorto, Ritardato, Cancellato e Ingannato circa i Media Mainstream” (Project Dissembled, Denied, Distorted, Delayed, Deleted, Deflected and Deceived), o forse più succintamente e umoristicamente semplice “Mainstream Media Project-7D”. In ogni caso, ecco l'elenco dei capitoli del libro:

1. “Le 25 principali storie e notizie censurate del 2011-2012. Raggruppamenti:
i) Lo stato di polizia e le libertà civili
ii) Dal “salvataggio dei banchieri” al “disordine benedetto”: notizie che possiamo usare per creare
    un'economia per il 99% delle persone
iii) Ambiente e salute
iv) Costi umani della guerra e della violenza
v) Donne e generi, razze ed etnie

2. Déjà vu: cos'è accaduto alle storie precedentemente censurate?

3. L'ozio americano: notizie da cibo spazzatura, abusi nelle notizie e la voce del muto libero

4. Democrazia dei media in azione

5. Ritorsioni della proprietà: una tassonomia dei concetti legati alla censura

6. L'1% globale della classe dominante smascherata

7. La guerra dell'informazione: come il governo sta cercando la  Total Information Awareness e ciò che questo lascia presagire per la libertà e la democrazia

8. Guerra batteriologica: come recuperare il dibattito sull'educazione dalla corruzione corporativa

9. Kent State: è stato qualcosa che ha a che fare coi diritti civili o con l'assassinio di studenti che protestavano? 

10. La tensione creativa del futuro emergente: affrontare le 7 sfide dell'umanità

11. Discorso su Guantanamo e la fabbricazione del consenso

12. Inquadrare Al-Awlaki: come gli ufficiali del governo e dei media corporativi  hanno legittimato un'uccisione mirata

13. Un'America moralmente disimpegnata: sacrificare rifugiati iracheni alla paura del terrorismo e dell'immigrazione

14. Sulla strada di Fukushima: la storia non raccontata dietro al complesso nucleare-mediatico-industriale del Giappone

15. Un'occupazione della verità: l'amministrazione indiana del Kashmir

Come conclusione, ho aggiunto sotto una citazione che contiene diversi esempi specifici riguardo a come i media mainstream hanno recentemente trattato il picco del petrolio e il cambiamento climatico, che include ciò che il Dr. Nafeez Mosaddeq Ahmed dice su ognuno di essi nella sua eccellente prefazione al libro. 

In un momento in cui il mondo affronta punti di non ritorno con l'escalation di crisi multiple, la pubblicazione di questo volume è di significato epocale. 

Mentre scrivo, un campione delle ultime notizie dei media “mainstream” illustra la natura senza precedenti della nostra attuale difficile situazione come civiltà. Il meteo bizzarro ed estremo della prima estate statunitense ha spinto un eminente scienziato del clima a dichiarare arditamente che stiamo “sicuramente vedendo in azione il cambiamento climatico”, sotto forma di finestra su un futuro in peggioramento. Disastrose ondate di calore da record, incendi e tempeste anomale sono un assaggio delle cose che arriveranno - “Questo è solo l'inizio” ha detto un meteorologo. 

Simultaneamente, il Fondo Monetario Internazionale ha tagliato le sue previsioni di crescita per l'Economia americana, avvertendo che la crisi in corso nell'Eurozona, insieme col debole mercato immobiliare, rischia di innescare una recessione dal 2013, mentre il tasso di disoccupazione si trasforma in “disoccupazione maggiormente strutturale”. 

Mentre il modello defunto del capitalismo da casinò semina il terrore in casa, fa la stessa cosa all'estero. I prezzi globali del cibo sono raddoppiati fra il 2006 e il 2008 e, nonostante alcune fluttuazioni, rimangono largamente su livelli da record. Una delle cause chiave è stata la speculazione dei derivati – 13 trilioni di dollari sono stati investiti in materie prime alimentari nel 2006, poi tirati via nel 2008 e poi di nuovo reinvestiti nel 2011. I prezzi del cibo alle stelle hanno generato una crisi alimentare senza precedenti per il mondo povero in tutto il mondo in via di sviluppo. 

Ma un altro motore della crisi alimentare è il cambiamento climatico, che ha già portato le colture al fallimento nelle principali regioni-paniere per gli alimenti. Questo potrà solo peggiorare col modello “business as usual”, che ci potrebbe portare ad un minimo di 4°C di aumento [delle temperature] per metà secolo. Anche un aumento di 2°C ci potrebbe portare ad un minimo di 4°C di aumento [delle temperature] per metà secolo. Anche un aumento di 2°C porterebbe a drammatiche perdite nelle colture e all'impennata del prezzo della carne; a 4°C, le colture di riso potrebbero essere ridotte del 30%, portando a carenze globali di cibo e alla fame.  

In mezzo a questa frenesia montante di tempeste perfette, tuttavia, durante lo scorso anno i media si cono concentrati su una apparente luce alla fine del tunnel: il petrolio non convenzionale e il gas. “Il petrolio ha raggiunto il picco?” Dice un titolo del Wall Street Journal. Oltreoceano, la BBC si è chiesta: “Scarsità: è morta l'idea del 'picco del petrolio'?” Anche gli ambientalisti sono saltati sul carrozzone. Andrew C. Revkin sul New York Times ha dato “uno sguardo nuovo al lungo addio del petrolio”, mentre George Monbiot ha scritto su Guardian che “Ci eravamo sbagliati sul petrolio. Ce n'è abbastanza da friggerci tutti”.

L'essenza di questo messaggio uniforme è che i nuovi metodi di perforazione – come la fratturazione idraulica, il fracking, fra gli altri – hanno permesso all'industria dei combustibili fossili di sfruttare riserve non messe in produzione precedentemente di sabbie bituminose, petrolio di scisti e di gas di scisti, portandoli sul mercato a prezzi più convenienti di quanto finora immaginabile e trasformando effettivamente gli Stati Uniti da importatori a esportatori di petrolio.
Non dovrebbe risultare essere una grande sorpresa ai lettori di Project Censored che, ancora una volta, le notizie dei media corporativi hanno offuscato i fatti. Gli ultimi dati della Energy Information Administration (EIA) confermano che il supposto massiccio incremento della produzione di petrolio non convenzionale catapultato per lanciare il mondo in un futuro glorioso di abbondanza di petrolio – capace di sostenere i miracoli della crescita economica capitalistica ad infinitum – ha avuto un impatto trascurabile sulla produzione mondiale di petrolio. Viceversa, nonostante gli Stati Uniti producano una “offerta totale di petrolio” di 10 milioni di barili al giorno – 2,1 in più rispetto al 2005 – la produzione mondiale di greggio rimane in gran parte il plateau appena ondulato che è stato da quando ha smesso di crescere intorno a quello stesso anno. Come riportato dal corrispondente per i mercati petroliferi Gregor Macdonald, che ha lavorato in precedenza col Financial Times e la Harvard Business Review, fra le altre pubblicazioni:

“Dal 2005, nonostante una fase di transizione dei prezzi, la produzione globale di petrolio è rimasta intrappolata al di sotto del tetto dei 75 Mb/g (milioni di barili al giorno). La nuova produzione dai nuovi giacimenti e dalle nuove scoperte arriva, ma non a un tasso sufficiente per compensare i giacimenti in declino. In generale, il declino generale è stato stimato ad un minimo del 4% all'anno e di almeno il 6% all'anno. Dato che le nuove risorse di petrolio vengono sviluppate e entrano a tassi molto minori, il declino in corso presenta una sfida formidabile all'impresa di incrementare l'offerta per la quale non vedo la serie di fattori in una combinazione tale da portare la produzione globale di petrolio greggio più in alto del 2012 il prossimo anno, o da lì in avanti. 

Questo fatto assodato non è ancora stato riportato da nessun notiziario sui media o quello che sia, da nessuna parte nel mondo. Infatti, Macdonald indica che i dati della Revisione Statistica della BP mostrano che il petrolio dell'apogeo e realmente in declino. Nel 1973, il petrolio, come percentuale dell'uso di energia, ha raggiunto il picco intorno al 48,5%. 40 anni dopo, “il petrolio è ancora lì come fonte di energia primaria mondiale, con un ruolo molto ridotto come offerta di solo il 33,5% di tutto il consumo mondiale di energia. 

La disparità in quanto riportato è istruttiva. Nel giugno del 2012, la concentrazione dei media corporativi sul boom del petrolio non convenzionale ruotava intorno ad uno studio in particolare, quello del dirigente petrolifero Leonardo Maugeri – ex vicepresidente esecutivo della compagnia italiana ENI. Il rapporto non era peer-reviewed ma in quanto pubblicato al Centro Belfer per la Scienza e gli Affari Internazionali dell'Università di Harvard dal Geopolitics of Energy Project, “che è sostenuto in parte da una sovvenzione generale da parte della (stessa) compagnia petrolifera (l'ENI)”, ha concesso il WSJ. Difficilmente una prospettiva imparziale, quindi. 
Nel frattempo, una serie di rapporti peer-reviewed da parte di scienziati indipendenti pubblicati in riviste molto rispettabili da gennaio a giugno 2012 – Science, Nature e Energy – sono state oscurate dalle notizie riportate dai media corporativi. Su Energy, Gail Tverberg ha documentato che dal 2005 “l'offerta mondiale di petrolio non è aumentata”, che questa è stata “la causa principale della recessione del 2008-2009” e che “l'atteso impatto della ridotta offerta di petrolio” significherà “che la crisi finanziaria alla fine peggiorerà”. Una analisi ancora più schiacciante è stata pubblicata su Nature da  James Murray e Sir David King, il secondo ex capo dei consiglieri scientifici del governo britannico. L'analisi di Murray e King ha scoperto che nonostante l'aumento riportato nelle riserve di petrolio, la produzione di sabbie bituminose ed il gas da fracking, l'esaurimento dei giacimenti esistenti nel mondo sta ancora correndo dal 4,5 al 6,7% all'anno e la produzione ai pozzi di gas di scisto potrebbe crollare dal 60 al 90% nel primo anno di operazioni.

Un'inchiesta del New York Times del 2011 è quella curiosamente dimenticata nell'ondata di rapporti sulle opportunità aperte dal fracking che ha scoperto che “potrebbe non essere facile e a buon mercato estrarre il gas dalle formazioni di scisto in profondità, come sostengono le compagnie, secondo centinaia di e-mail delle industrie e documenti interni ed un'analisi dei dati da centinaia di pozzi”. Le e-mail hanno scoperto dirigenti industriali, avvocati, geologi di stato e analisti di mercato verbalizzare “scetticismo circa le previsioni rosee” e chiedendosi se “le compagnie stessero intenzionalmente, ed anche illegalmente, sovrastimando la produttività dei loro pozzi e la dimensione delle loro riserve”. Un anno dopo, sembra, tali rivelazioni erano destinati semplicemente ai loro vuoti di memoria.

Seguendo la sezione aperta sopra, la prefazione al libro continua per descrivere ulteriori esempi ed anche il ruolo che ha il libro in quanto “Project Censored 2013” può giocare nei media mainstream. Il che è qualcosa che spesso fa al posto di presentare fatti reali e storie credibili e le loro rispettive storie più plausibili e più sensibili, generalmente descrittive, o esplicative o narrazioni prescrittive, che potrebbero aiutare a tenere insieme ed integrare (ad esempio “collegare i puntini”) riguardo le importanti prove e fatti e da qui anche sostenere ed essere in grado di fornire un aiuto significativo a coloro che sono preoccupati e stanno cercando di fare qualcosa riguardo ai problemi... attraverso le proprie varie battaglie in corso. E dico “in corso” perché i problemi chiave (già elencanti sopra) NON stanno certamente per andarsene nel 2013. Quindi faremmo bene a stare pronti anche per il lungo trascinarsi ed avremo bisogno di tutto l'aiuto intellettuale e di altro tipo che possiamo avere. Ed avere accesso ad un'informazione accurata, affidabile e valida è naturalmente la quintessenza, proprio come è la quintessenza per la democrazia in sé perché funzioni bene. 

Ma non sono un “teorico della cospirazione” e inoltre niente è in bianco e nero. I “media mainstream” ed i loro infiniti scrittori e protagonisti, sono tutti ugualmente cattivi e fuorvianti o omettono sempre storie importanti? E sono sempre cattivi e bugiardi tutto il tempo ed in ogni occasione? E tutto ciò che riportano i “media non- mainstream” è sempre reale, veritiero e corretto? E anche se “le eccezioni confermano spesso la regola”, rimangono sempre, e in ogni caso, un elemento chiave della responsabilità personale provare a scoprire ciò che è realmente vero o falso e cosa è onesto o no e quale narrazioni e trame hanno più senso e quali no. Così è probabilmente utile anche provare a consultare fonti multiple, anche se forse solo una fra tutte più tardi mostrerà di aver contenuto i fatti ed essere stata corretta. Bisogna anche ricordare, naturalmente, che una bugia o un inganno ripetuti 50 volte sono ancora bugie. Ma penso che possa essere di grande “ex ante” “aiuto euristico”, quando si naviga nel territorio dell'informazione, sapere almeno in linea generale quali sono gli amici – e se sono solo amici del “bel tempo” e NON anche amici del “bel clima” - o se invece sono i bugiardi a servizio di sé stessi ed ai promulgatori di esercizi assortiti in inganno, per esempio la gente del tipo “la presa in giro comincia qui”.