Innovazione e dintorni
di Vincenzo Balzani
In un editoriale pubblicato sul Corriere
della Sera del 3 febbraio, intitolato “Troppe illusioni
sull’innovazione” Alberto Alesina e Francesco Giavazzi* hanno toccato un
tema che interessa i chimici, particolarmente quelli di noi che
sostengono la necessità di una transizione dai combustibili fossili alle
energie rinnovabili.
Nell’ambito di un discorso più vasto
sulla politica industriale, a loro parere frenata dagli interventi dello
Stato, Alesina e Giavazzi iniziano il loro articolo con questo
paragrafo: “Le scorciatoie sono pericolose: non solo in montagna,
anche nella politica economica. L’ansia di accorciare i tempi che
intercorrono fra il momento in cui una riforma è approvata e quando essa
si traduce in maggior crescita può far commettere gravi errori. Un
esempio: qualche anno fa, per favorire gli investimenti in energie
rinnovabili si decise di sussidiare l’installazione di pannelli solari.
Per far presto furono concessi incentivi che oggi, a pannelli
installati, si traducono in una rendita di circa 11 miliardi di euro
l’anno: li pagano tutte le famiglie nella bolletta elettrica e vanno a
poche migliaia di fortunati. Non solo si è creata un’enorme rendita che
durerà per almeno un ventennio: si è favorita una tecnologia che a
distanza di pochi anni è già vecchia. Oggi l’energia solare si può
catturare semplicemente usando una pittura sul tetto, con costi e
impatto ambientale molto minori. Ma i nostri pannelli rimarranno lì per
vent’anni e nessuno si è chiesto quanto costerà e che effetti ambientali
produrrà la loro eliminazione.”
Chi ha un po’ di conoscenza
dell’argomento, nota subito che alcune affermazioni riportate sono
semplicemente non vere. Basta ad esempio consultare due documenti
ufficiali del GSE:
Gli incentivi effettivamente pagati nel
2011 ammontano a poco più di 3 miliardi di euro, con un costo indicativo
annuo di 5.5 miliardi (considerando cioè gli impianti installati entro
la fine del 2011). Le “poche migliaia di fortunati” che secondo
l’articolo si ripartirebbero questa enorme somma sono in realtà un
numero molto maggiore poiché gli impianti installati alla fine del 2011
erano 330.196, dei quali 261.410 già convenzionati. In realtà, poi, non
si tratta di “fortunati”. A parte i pochi che ci hanno speculato sopra a
causa di leggi sbagliate, coloro che hanno installato pannelli
fotovoltaici sui tetti delle loro case sono cittadini consapevoli che
hanno capito l’importanza del problema energetico-climatico e quindi
hanno fatto un investimento intelligente di qualche migliaia di euro a
8-10 anni.
La tecnologia fotovoltaica attuale non
può definirsi vecchia. E’ una tecnologia entrata nella sua piena
maturità perché mette assieme diverse caratteristiche ottimali:
efficienza alta (15-20%), costi bassi, lunga durata (molto più dei
vent’anni che lo stesso articolo del Corriere riconosce: “almeno un ventennio”) e minime spese di manutenzione. Per di più, fornisce anche una buona occasione per sostituire le coperture in amianto.
Non è affatto vero, poi, che “… nessuno si è chiesto quanto costerà e che effetti ambientali produrrà la loro [dei pannelli] eliminazione”.
La risposta a questa domanda si trova sul secondo dei siti sopra
citati: “Lo smaltimento a fine vita non pone particolari problemi. Un
modulo fotovoltaico è, infatti, riciclabile per più del 90%. Silicio,
vetro e alluminio vengono riutilizzati come materie prime secondarie
riducendo il fabbisogno energetico necessario per i materiali vergini.
Il Decreto del 5 maggio 2011 (Quarto Conto Energia) prevede che dal 30
giugno 2012 tutti i proprietari di impianti fotovoltaici aderiscano ad
un consorzio che assicuri il recupero dei moduli a fine vita”.
Non è vero neppure che “Oggi l’energia solare si può catturare semplicemente usando una pittura sul tetto, con costi e impatto ambientale molto minori”.
Chi segue la letteratura scientifica
sull’argomento e ha scambi di opinioni con i colleghi di altri paesi sa
che l’idea di un fotovoltaica è molto attraente, ma
altrettanto difficile da realizzare. Su internet, come al solito, si
trova di tutto, anche sull’argomento PV paint. Il sito
assicurava 5 anni fa che “Solar Paint on
Steel Could Generate Renewable Energy Soon” e sosteneva che questa
tecnologia sarà particolarmente utile in Gran Bretagna: “Because the
photovoltaic paint has none of the material limitations of conventional
silicon-based solar cell, it could, at least in theory, provide
terawatts of clean solar electricity at a low cost in the coming
decades. These new solar cells also have the advantage of being able to
absorb across the visible spectrum. That makes them more efficient at
capturing low radiation light than conventional solar cells, and so well
suited to the British climate with its many cloudy days”.
Il sito http://news.softpedia.com/news/Cheap-Solar-Paint-to-Replace-Traditional-PV-242316.shtmlnel 2011 parlava di “Cheap solar paint to
replace traditional PV” e specifica che “Clients would only have to
apply the coat of paint on the outside of their homes and witness how it
captures sunlight and converts it into clean green energy that could
power all the gadgets inside the house.” Insomma, la soluzione della
crisi energetica è ormai solo ad un pennello di distanza.
Il sito di National Geographic
riporta che “A hydrogen-powered car
painted with the film could potentially convert enough energy into
electricity to continually recharge the car’s battery” senza che si
capisca che relazione c’è fra la ricarica della batteria e l’idrogeno
che fa andare la macchina. Dice anche che “… one day “solar farms”
consisting of the plastic material could be rolled across deserts to
generate enough clean energy to supply the entire planet’s power needs”.
L’attesa
della miracolosa nasce da alcune ricerche di base di un
mio vecchio amico, Prashant Kamat, che all’università di Notre Dame
(Indiana) studia semiconduttori nano cristallini. Kamat ha pubblicato un
articolo con un titolo molto attraente: Sun-Believable Solar Paint. A
Transformative One-Step Approach for Designing Nanocrystalline Solar
Cells. (Matthew P. Genovese, Ian V. Lightcap, Prashant V. Kamat, ACS
Nano, 2011) dove parla delle sue ricerche come di “initial effort to
prepare solar paint”. L’efficienza per ora è 1% e nulla si sa sulla
stabilità dei componenti e sulla possibilità di passare dalla scala di
esperimento di laboratorio ad applicazioni reali. Kamat ha anche
brevettato i suoi risultati (USP Appln 2009114273 NANOMATERIAL SCAFFOLDS
FOR ELECTRON TRANSPORT), ma si sa che negli USA brevettano subito
tutto: mai dire mai. E anche lui, naturalmente, deve un po’ sgomitare,
come fanno molti altri per ottenere fondi.
Infine, sul sito
c’è un’intervista del 2008 che parlava di
un brevetto presentato nel 2006 da un architetto italiano e due suoi
collaboratori, poi ceduto ad una ditta austriaca che avrebbe dovuto
commercializzare rapidamente la vernice fotovoltaica, denominata Photon inside. Che, non contenendo silicio, “potrà costare la metà dei pannelli… un po’ di più di una buona vernice”. Saremmo curiosi di sapere se la commercializzazione è avvenuta e se è stata usata su qualche edificio.
Nel loro articolo Alesina e Giavazzi
parlano di scorciatoie pericolose. Potremmo parafrasare la loro
affermazione, riportata all’inizio di questo commento, dicendo: Le
scorciatoie sono pericolose: non solo in montagna, anche nella corsa ad
applicare le innovazioni. L’ansia di accorciare i tempi fra i risultati
di una ricerca e la sua applicazione per sostituire sistemi che
funzionano ottimamente con altri di cui non si conosce ancora
l’efficienza e l’affidabilità può far commettere gravi errori.
Rinunciare all’uso dei pannelli
fotovoltaici attuali in attesa delle miracolose
significherebbe bloccare l’uso della energia solare in favore di chi,
come il ministro Passera, ha predisposto una Strategia Energetica
Nazionale basata in gran parte sulla estrazione delle nostre modeste
riserve residue di petrolio e sulla creazione in Italia di un hub
europeo del gas (vedi miei commenti a SEN)
In conclusione, non mi sembra fosse il
caso di screditare, come hanno fatto Alesina e Giavazzi, lo sviluppo del
fotovoltaico che è una delle più grandi innovazioni in Italia negli
ultimi decenni. Basti ricordare che il fotovoltaico installato nel solo
2011 fornisce una quantità di energia pari a quella che avrebbe fornito
una centrale nucleare da 1600 MW. Una centrale vera e non ipotetica, che
ha già creato migliaia di posti lavoro, ha alimentato le entrate
fiscali dello Stato in anni di magra, ha ridotto la nostra importazione
di energia primaria dall’estero, non ha imposto oneri di smaltimento
alle future generazioni. Un’infrastruttura energetica sicura e diffusa
su tutto il territorio nazionale, che aiuterà l’Italia ad onorare gli
impegni europei 20-20-20 al 2020, limitando il danno economico che ci
autoinfliggeremo, perché comunque non raggiungeremo gli obiettivi
previsti. Perché le politiche di promozione delle rinnovabili e
dell’efficienza sono state troppo tiepide, e non troppo generose.