Probabilmente conoscete già la storia dell'uomo che ha inventato il gioco degli scacchi. Si dice che abbia presentato il gioco al re e che abbia chiesto in cambio un chicco di riso sul primo scacco, due nel secondo, quattro nel terzo e così via per tutti i 64 scacchi. La storia dice che il re accettò lo scambio solo per rendersi conto solo in seguito che la quantità di riso che avrebbe dovuto consegnare era gigantesca, più grande della quantità esistente nel mondo intero.
La storia non dice cosa successe a quel punto, ma possiamo supporre che il re non fosse contento e che l'inventore del gioco ricevette un premio molto diverso da quello che aveva chiesto. Così, impariamo che la crescita è una trappola e che non è applicabile solo ai chicchi di riso su una scacchiera. E' sempre difficile capire le conseguenze della crescita esponenziale e chiunque può cadere nella trappola, persino intere civiltà. Oggi, stiamo ancora cercando di inseguire la mitica “crescita” che, secondo molti, risolverà magicamente tutti i problemi. Tuttavia, molti di noi hanno questa terribile sensazione che sarà tutto inutile e non solo. La sensazione è che la crescita economica ci stia portando dritti all'abisso.
Quindi, c'è un modo per liberarsi? Non sappiamo quale sarà il nostro destino, ma ci sono stati esempi di civiltà che hanno gestito un equilibrio a lungo termine. Una è quella del Giappone del periodo Edo, un'altra è la Toscana dopo il Rinascimento. C'è stato un momento fatidico nella storia della Toscana, in cui la gente capì che la soluzione a quei tempi terribili che stavano vivendo non era crescere ma adattarsi. Avvenne gradualmente, ma possiamo individuare il punto di svolta con la signoria del Gran Duca Ferdinando I, che mise la Toscana su una strada che, in una mia personale interpretazione, posso definire con la frase “piantiamo alberi, smantelliamo l'esercito e lavoriamo insieme”. Una strada che portò ad alcuni secoli di pace (o perlomeno senza grandi guerre) e ad una moderata prosperità.
Toscana. Sfuggire alla trappola della crescita
La Toscana è una regione del centro Italia incastonata fra le montagne e il Mar Mediterraneo. E' una terra di colline e pianure dolci; di campi di grano e di cipressi, di fattorie e città fortificate. E così dal tempo degli Etruschi, i primi abitanti dell'area e dai quali deriva l'antico nome di Tuscia.
Anche se piccola e relativamente isolata, la Toscana è giunta a svolgere un ruolo importante nella storia del mondo col Rinascimento; un'era di poeti, pittori, scultori, banchieri ed esploratori. Per un po', la città principale della Toscana, Firenze, è stata il centro del mondo occidentale, il luogo del potere finanziario, il centro del commercio, il posto dove artisti, letterati e professionisti volevano andare per imparare il mestiere.
Ma l'età dell'oro del Rinascimento non è durata a lungo. I suoi tempi di maggior splendore sono stati di un secolo, o forse due. Poi, col sedicesimo secolo, iniziò il declino. Peste, carestie, crisi economica e invasioni militari, portarono gradualmente la Toscana a diventare uno dei paesi più poveri d'Europa. Tuttavia, la popolazione non è mai crollata e qualcosa è sopravvissuto dell'antico spirito di libertà e di indipendenza intellettuale. Agli inizi del diciassettesimo secolo, la Toscana diventò un rifugio per gli Ebrei che fuggivano dalle persecuzioni in Spagna. La Toscana ha conservato le proprie università ed accademie e, nel 1786, fu il primo Stato europeo ad abolire ufficialmente la tortura e la pena di morte. Quindi, il collasso della Toscana non fu totale, è stato gestito. E' stato “dolce” e non così disastroso come avrebbe potuto essere. Come è stato ottenuto questo risultato? E' una lunga storia che merita di essere raccontata.
Crescita e collasso in Toscana
Riemergendo dei tempi terribili della Grande Peste, nel quattordicesimo secolo, l'agricoltura Toscana fu in grado di creare le risorse necessarie per far riprendere la crescita della popolazione e per imbarcarsi in quell'era di crescita economica e di grandi realizzazioni artistiche che chiamiamo “Rinascimento”. Ma nulla può crescere per sempre: una popolazione in crescita significava che sempre più terra era necessaria per sfamarla e questo si poteva realizzare solo tagliando le foreste. Ciò, a sua volta, aprì la strada all'erosione. E l'erosione distrugge il suolo fertile che sostiene l'agricoltura.
Ancora oggi, potete vedere quanto fosse grave il problema dell'erosione in quel tempo guardando la città di Pisa. Oggi è una città dell'entroterra ma, durante il Medio Evo, era un porto attivo e prospero. Si dice che, già nel quindicesimo secolo, il porto di Pisa avava problemi a causa dei sedimenti portati dall'Arno. Nel diciassettesimo secolo, l'interramento divenne così grave che il porto dovette essere abbandonato. I sedimenti che distrussero il porto di Pisa erano il suolo ricco che un tempo aveva sostenuto l'agricoltura toscana e, con essa, la popolazione toscana.
Col declino dell'agricoltura, il sistema economico Toscano cominciò a implodere; commercio e industria non potevano sopravvivere senza cibo. Le carestie divennero comuni. Gli orgogliosi cittadini di Firenze, la città che venne chiamata la “Nuova Atene”, cominciarono a soffrire la fame. Secondo un cronista, nel 1590, i fiorentini furono ridotti a mangiare un tipo di pane che “in altri tempi avrebbero dato ai cani e forse i cani lo avrebbero rifiutato”.
Le città toscane declinarono anche in termini di forza militare e le città un tempo libere della Toscana caddero una dopo l'altra sotto invasori stranieri. La repubblica di Firenze cadde sotto l'attacco dell'Esercito Imperiale Spagnolo nel 1535. La repubblica di Siena cadde per mano degli eserciti alleati di Spagna e dei Medici di Firenze nel 1555. Da quel momento, la Toscana divenne una provincia dell'Impero Spagnolo, pur mantenendo un certo grado di indipendenza.
Piantiamo alberi, smantelliamo l'esercito e lavoriamo insieme
Sin dall'inizio, i Gran Duchi che governarono Firenze e tutta la Toscana ponevano la loro attenzione verso l'interno, alla gestione del territorio toscano. Già nel 1559, ai tempi di Cosimo I della famiglia Medici, la Toscana aveva avviato una politica di protezione dell'agricoltura con leggi severe che proibivano il taglio degli alberi negli Appennini, persino con la pena di morte! Quella politica venne continuata dai governanti seguenti e il Gran Duca Ferdinando Primo fu probabilmente il punto di svolta nell'abbandono di tutti i sogni di crescita ed espansione.
Il monumento a Ferdinando Primo (1549-1609), Gran Duca di Toscana dal 1587 al 1609. E' stato forse il primo regnante toscano a riconoscere la fine dei tempi di crescita
Ferdinando regnò la Toscana dal 1587 fino alla sua morte, nel 1609. Egli amava dire che regnava non con la forza ma con la “sola dignità” ed il suo motto latino era: “maiestate tantum”. Fece molto per l'agricoltura, promulgando, fra le altre cose, leggi che riducevano il carico fiscale sui contadini. Andò anche più oltre parlando dei toscani come di “api operose” , intendendo che essi dovevano lavorare duramente tutti insieme. Ecco il simbolo delle api operose in una lastra di bronzo sul monumento di Ferdinando a Firenze.
Le “Api Operose", simbolo di Ferdinando Primo. Immagine del monumento in Piazza SS. Annunziata, Firenze.
Durante il regno di Ferdinando, rimase un qualche spirito bellicoso in Toscana e questo portò a schermaglie con l'Impero Turco. Ma, in generale, quest'era fu l'inizio di un periodo di attenta gestione del territorio, di riduzione delle spese militari, di ricerca di armonie e giustizia sociale. Potremmo definire questa politica come “piantiamo alberi, smantelliamo l'esercito e lavoriamo insieme”, anche se Ferdinando stesso non usò mai queste parole.
I Duchi che seguirono Ferdinando Primo proseguirono in questa politica. L'agricoltura rimase un cardine della politica di governo. Le leggi che proteggevano gli alberi furono mantenute ed estese e, nel 1753, il Gran Duca Pietro Leopoldo creò l'Accademia dei “Georgofili" con lo scopo specifico di promuovere l'agricoltura. L'accademia esiste ancora oggi ed il suo motto è “In favore della pubblica prosperità”.
Il simbolo dell'Accademia dei Georgofili, istituita a Firenze nel 1753. La scritta dice “Prosperitati Publicae Augendae” (“In favore della pubblica prosperità”)
Ci volle tempo ma, alla fine, queste politiche ebbero i loro effetti nel ridurre la gravità del declino e nel riportare indietro dal collasso la Toscana. Dal diciottesimo secolo in poi, l'agricoltura potè riprendere a produrre. Le carestie non scomparvero, ma poterono essere contenute, mentre il commercio e l'industria ripartirono con una nuova rete fluviale e di strade.
Non tutto era perfetto in questo periodo. Un problema era che la Toscana non riuscì mai veramente a stabilizzare la popolazione, che cresceva lentamente da meno di mezzo milione nel quindicesimo secolo a più di un milione nel diciottesimo secolo. Di conseguenza, rimaneva un forte pressione per trovare nuove terre agricole. Così, le norme che proteggevano gli alberi vennero allentate più di una volta. Si dice che nel 1780 un gruppo di boscaioli si inginocchiò di fronte al Gran Duca Pietro Leopoldo, implorandolo per la fame. Ne conseguì un decreto che liberalizzava il taglio degli alberi. Ma le montagne vennero riforestate e le politiche di protezione dell'agricoltura mantenute.
I giorni nostri
Col diciannovesimo secolo, la Toscana è confluita nel nuovo Stato italiano e la rivoluzione industriale ha generato una nuova fase di rapida crescita della popolazione e di espansione economica. Col miglioramento della rete dei trasporti e lo sviluppo delle ferrovie, le carestie sono diventate cose del passato. L'ultima registrata in Toscana è stata nel 1899-1899. Le foreste hanno sofferto in questo periodo di espansione, ciononostante oggi la Toscana rimane una delle regioni d'Italia con più boschi, un'eredità della politica dell'antico granducato.
Ma i tempi sono cambiati e l'ultima ondata di fantasia costruttiva sembra voler trasformare le aree della Toscana un tempo fertili in aree che sembrano i sobborghi di Los Angeles. Con una popolazione di quattro volte più grande di quanto non fosse ai tempi delle carestie e col cambiamento climatico e la crisi petrolifera incombenti, la Toscana sta per affrontare tempi difficili. Ma abbiamo la tradizione di prenderci cura della terra che ci ha già aiutato in passato. Ci aiuterà anche nell'incerto futuro.
Può la Toscana essere vista come un modello di “collasso morbido” per altre aree del mondo? Forse. Quantomeno ci dà una ricetta che ha funzionato al tempo dei Gran Duchi: “piantiamo alberi, smantelliamo l'esercito e lavoriamo insieme”. Non è proprio quanto stiamo facendo ora, ma potremmo imparare.
Questa è una versione rivista di un post pubblicato nel 2006 nel blog “Transition Culture.” E' stato uno dei miei primi post in inglese e, qualche anno dopo, mi sembra appropriato riproporlo su Effetto Cassandra con alcune modifiche e correzioni. Sono grato a Susan Kucera per avermi indotto a tornare su questo soggetto e per avermi consigliato l'analogia con la storia “dei chicchi e della scacchiera”
Note:
Gran parte dei dati che riporto sull'agricoltura toscana in tempi antichi provengono dal libro “ALPI” di Matteo Biffi Tolomei, pubblicato per la prima volta agli inizi del 800 e ripubblicato nel 2004 con una postfazione di Fabio Clauser. (Libreria Editrice Fiorentina)
Dati sulla storia dell'esercito toscano al tempo dei Gran Duchi sono piuttosto difficili da trovare, ma una descrizione può essere trovata in "Corpi armati e ordine pubblico in Italia (XVI-XIX sec.": Seminario di studi, Castello Visconti di San Vito, Somma Lombardo, 10-11 novembre 2000 Livio Antonielli, Claudio Donati Rubbettino Editore, 2003. Per una storia della marina toscana, vedere l'articolo relativo su Wikipedia.
I dati sulla popolazione della Toscana dal Medio Evo ai giorni nostri si possono trovare nel saggio di Marco Breschi e Paolo Malanima, "Demografia e Economia in Toscana"
Un elenco delle carestie toscane fino al 1736 si può trovare su questo documento dell'Accademia dei Georgofili. Non ci sono molti dati disponibili sulla carestia del 1898-1899 che ha colpito tutta l'Italia e che è stata, probabilmente, l'ultima carestia registrata nel paese. Una descrizione può essere trovata in questo documento.
..Oggi smantellare l'esercito? Con la percentuale infima di impatto che ha sul PIL ?..Capisco che l'esempio non fosse riferito ai tempi nostri, ma è posto in maniera subdola: oggi smantellare i servizi per alcune persone e piantare alberi e permacoltura; anche perchè per arrivare a rendite agricole paragonabili alle attuali, in certe zone del paese ipersfruttate e dai suoli iperimpoveriti vedi pianura padana, la permacoltura impiegherebbe vari decenni : quandi parliamo francamente: il problema è che siamo in troppi e che i servizi alla persona petrolitici sono tutt'altro che cosa buona e giusta, oltre sostenibile e duratura...Altro che esercito !
RispondiEliminasperiamo che il governo che verrà metta la legge del figlio unico così da riportare la popolazione toscana al 15° secolo in 50 anni, perchè terminato il petrolio quella sarà quella massima sostenibile. Un grazie ai nostri grandi governanti e capitalisti che hanno ridotto una gran parte del già limitato terreno agricolo toscano in spazzatura, cemento ed asfalto e stanno continuando. Se li lasciano fare ancora un decennio la mia amata Toscana da più bella regione del mondo che era, diventerà un cimitero inabitabile. Avete presente Detroit? Bene, anzi male, perchè quella sarà la Toscana da qui a 10 anni. Sapete cosa mi disse un impresario edile venuto da Siena nel 1960? Che la zona Prato Pistoia era un giardino, ma ora somiglia più ad un cesso con tutto l'asfalto ed il cemento che lui e gli altri impresari come lui avevano gettato. Almeno dimostrava di essere cosciente del disastro commesso, ma la maggior parte delle persone sente solo il ventre e vuole continuare nella strada della totale distruzione. E quella avranno se qualcuno non li obbligherà contro la loro volontà a fermarsi.
RispondiElimina"speriamo che il governo che verrà metta la legge del figlio unico"
RispondiEliminaSarei gia contento se se ne parlasse....
ti consiglio di andare a vivere in Cina. Non abbiamo bisogno di queste limitazioni di liberta' in Italia siamo già a 1,29 figli per donna ci siamo autolimitati.
EliminaLegge del figlio unico, a patto che sia una strategia globale ovviamente e si riducano all'osso i flussi immigratori. Ma, a parte la Cina, è realistico anche il solo pensare ad una volontà politica, se non nell'ambito di granitiche dittature, in tal senso? E ancora di più alla comprensione delle popolazioni?
RispondiEliminaAldilà di questa irrealistica ipotesi, ci penserà il limite delle risorse ad imporci l'aumento della mortalità infantile e il crollo dell'aspettativa di vita media, effetti diretti delle carestie alimentari globali, dell'inquinamento ambientale, del ritorno con forza di ceppi batterici resistenti agli antibiotici, degli stati sociali in disgregazione, delle sempre più numerose guerre per le ultime risorse, ecc.
Se la maggior parte della gente avesse solo il minimo sentore di tutte queste squisitezze che stanno per abbattersi sulle nostre teste, perdurando nella folle ricerca della crescita infinita (il BAU), forse scenderebbe bellicosamente per strada a pretendere dalla politica un cambiamento radicale del paradigma nel senso della decrescita. Ma così non sarà purtroppo.
Non c'è bisogno di imporlo direttamente : basta che lo stato (finchè c'è )garantisca i servizi alla persona solo al primo figlio con effetto retroattivo.
RispondiEliminadirei che dovresti provare a farti votare con una proposta del genere .....
EliminaQuando avremo elettricità 8 ore al giorno
EliminaFrancesco, questa è una proposta assolutamente corretta ed egalitaria: se ci sono poche risorse le si ripartisce equamente, prima il primo figlio per donna, poi se possibile il secondo e così via.
EliminaQuesto rafforza anche la correttezza di una riproduzione sostenibile con le risorse a disposizione che non scarichi su comunità e ambiente le proprie compulsioni riproduttive.
> direi che dovresti provare a farti votare con una proposta del genere .....
Questo è il grande paradosso.
Ugo Bardi pose già l'attenzione sull'assurdità delle scelte politiche .
Un approccio razionale, scientifico alla soluzione dei problemi spesso non verrebbe accettato dalla popolazione né dai politicanti che essa esprime.
Quasi nessuno, come scritto qui sopra, è consapevole delle catastrofiche conseguenze della crescita esponeziale, anche 1_e_poco_più ^ x.
Scusate ma ci sono dei dati che supportano le vostre ipotesi? Avete sottomano uno studio di previsione dell'impatto di una diminuzione del petrolio sulle economie dei paesi sviluppati? Conoscete i fattori di rischio delle carestie alimentari globali, e i fattori che le possono controbilanciare? Messe così in fila e senza alcun riferimento alla letteratura scientifica, possono sembrare, ad un non addetto ai lavori, affermazioni campate per aria. Non penso che sia così, penso che le riflessioni di mago, paolo e UnuomoIncammino siano frutto di un lungo approfondimento intellettuale.
RispondiEliminaPerò mi permetto di aggiungere quello che so sulla questione della crescita demografica. Attualmente, come ha detto giustamente Climber15, la questione non è un problema dei paesi sviluppati come l'Italia, che hanno dei tassi di crescita minimi, né dei paesi sottosviluppati in cui ad un'alta natalità corrisponde una altrettanto alta mortalità a causa dell'assenza di servizi sanitari. Diventa un problema in quelle popolazioni, come l'Etiopia, la Repubblica Democratica del Congo, lo Yemen o l'Iraq, che si trovano in una situazione intermedia tra i due estremi sopra descritti, ossia che presentano alta natalità ma bassa mortalità in conseguenza di una sanità efficiente. E' su queste ultime che si deve agire per stabilizzare la popolazione.
Faccio presente inoltre, sfociando in un argomento di cui so molto poco purtroppo, che una legge del figlio unico in un paese sviluppato comporta, qualche generazione dopo, che la vita dell'intera popolazione è supportata dal lavoro di una sua metà, una prospettiva non esattamente plumbea per qualsiasi economia.
Spero di aver fornito degli spunti per una rinnovata riflessione, purtroppo soluzioni immediate a problemi di questo tipo non esistono, e bisogna rifuggire la tentazione di prendere per buone le proposte degli esperti della domenica
> Non penso che sia così, penso che le riflessioni di mago, paolo e UnuomoIncammino siano frutto di un lungo approfondimento intellettuale.
RispondiEliminaIn tutta franchezza, poi torniamo su un confronto sui contenuti: ma tu che cazzo ne sai!?
Sarebbe come se senza conoscerti io ti dessi subito del tranquillista del lunedì o del benaltrista del giovedì. Mantenere a bada le proprie supposizioni, che nella crapa di ciascuno ci possono anche stare, scaricarle senza fondamento non è granché, no!? Oltre al controllo degli sfinteri c'è pure quello della propria psicologia.
> la questione non è un problema dei paesi sviluppati come l'Italia,
I paesi consumisti (sviluppati!? mah) sono quasi tutti sovrapopolati (considerati i consumi assoluti ovvero medi pro capite) e con impronte ecologiche molto pesanti. Essi devono prendere (depredare) risorse altrove per il loro tenore di vita. Considerando la biocapacità italiana, ai consumi attuali noi non potremmo avere più di 15/20M di homo qui.
Poi se vuoi possiamo fare un po' di conti più precisi, è sufficiente andare a recuperare fati dal Global Footprint Network ad esempio qui per l'Italia (peraltro i metodi di calcolo ideati Wackernagel e Rees sono decisamente prudenziali, le condizioni di degrado della biosfera ovvero l'impronta ecologica è decisamente peggiore).
Quindi il problema è di tutti i paesi che hanno impronta ecologica superiore alla biocapacità. Perché l'Italia dovrebbe esserne esclusa? Perché per l'Italia non è un problema? Cosa succederebbe se a partire da domani sabato due marzo per una qualche ragione non potessimo più importare anche solo metà delle risorse che importiamo, ad esempio anche solo per qualche settimana? Potresti spiegarlo?
Poi detto come va detto, il problema si pone drammaticamente anche nei paesi del secondo e terzo mondo che come noi anelano al consumismo e che hanno tassi di crescita demografica terribili.
E' chiaro che per tornare alla sostenibilità dalla drammaticamente insostenibile situazione attuale il calo rischia più il passa il tempo di passare da rientro dolce a collasso cruento.
C'è uno scollamento drammatico tra la cultura formatasi in decine di migliaia di anni di evoluzione in condizioni aspre (con ampia mortalità regolatrice) che ha mantenuto oggi compreso in molti paesi elevato il numero di figli per donna in gran parte dei paesi e le condizioni attuali (del petrolitico / antropocene) in cui accesso ad energia, disponibilità di cibo e acqua, allungamento dei tempi di vita, medicamenti hanno eliminato le cause equilibratrici e portato alla crescita esponenziale della popolazione.
Sarà possibile rientrare alla portanza antropica del pianeta in modo dolce?
Sì sarebbe assolutamente semplice, per alcune generazioni non più di un figlio per donna.
Ma anche in questo caso ci sarebbero problemi per questo sistema che si basa sulla crescita esponenziale. Come un obeso che rischia l'infarto e deve diminuire velocemente di peso per salvarsi la pellaccia; ecco, la dieta non sarà affatto gradevole o priva di effetti collaterali. Solo che i problemi di essa sono minori (non assenti!) rispetto ai problemi di non affrontarla lasciando proseguire la crescita.
Sì, il fatto che non esistano soluzioni a breve e neppure a medio termine è uno degli aspetti peggiori della questione. Paul Chefurka ha usato l'emblematica allegoria dell'elefante in una stanza.
Un elefante in una stanza è un problema qualsiasi cosa faccia, non faccia, qualsiasi cosa noi si faccia o non si faccia.
Guarda, mi sa che ci siamo proprio capiti male. Il mio commento riguardo a certi pseudo-esperti che si riscoprono ambientalisti dell'ultima ora non era riferito a nessuno in maniera diretta, ma in generale ad un atteggiamento, che scopro spesso e volentieri nel web e che sono sicuro anche tu avrai più volte riscontrato, di superficialità verso la questione. Faccio un esempio: qualcuno legge un articolo di Repubblica su una possibile crisi alimentare futura, e da quel giorno ha la CERTEZZA che nel 2050 non ci sarà più da mangiare per nessuno, pioveranno rospi e cavallette e ammazzeranno i primogeniti di ogni famiglia. Io studio Scienze Agrarie e mi sto appassionando da qualche mese alla questione, leggo libri, mi scarico paper e cerco nel web divulgazioni scientifiche serie, e non ho ancora trovato da nessuna parte niente che mi assicuri, con un certo livello di probabilità, lo scatenarsi di un carestia globale in un futuro più o meno prossimo. Sarei uno sciocco a gridare al disastro senza dati scientifici a supporto della mia tesi, non trovi? Per cui non sentirti punto sul vivo
RispondiEliminaPer il resto, sono abbastanza informato sull'argomento degli spazi bio-produttivi pro-capite, però introducendomi questo stai cambiando il tema della discussione. Se noi stiamo parlando di crescita demografica e della necessità di stabilizzare la popolazione mondiale, ribadisco con forza che non sarebbe saggio applicare delle leggi per la riduzione del nucleo famigliare in un paese che, tolti gli stranieri, presenta una crescita demografica sostanzialmente pari a zero e un tasso di natalità tra i più bassi al mondo, mentre occorre intervenire su quei paesi con nuclei famigliari numerosi e con una crescita demografica spinta attorno al 3% annuo.
Se invece andiamo a parlare di consumi, sono perfettamente d'accordo conte che nei paesi sviluppati questi siano eccessivi, e che andrebbe sviluppata una normativa per la loro riduzione, anche con una certa urgenza. Ciò che mi allontana dal tuo pensiero sono sostanzialmente le soluzioni che proponi a specifici problemi: se c'è un problema di sovra-consumo nel mondo da parte di una porzione da abitanti, la soluzione più razionale è razionalizzare i consumi (per esempio con una imposta sulla carne), se c'è un problema di crescita demografica insostenibile, la soluzione più razionale è di stabilizzare la popolazione mondiale agendo su quei paesi dove il tasso di crescita è più alto.
Per questo motivo non mi trovo d'accordo con la tua affermazione: "..è una proposta assolutamente corretta ed egalitaria: se ci sono poche risorse le si ripartisce equamente, prima il primo figlio per donna, poi se possibile il secondo e così via."
Spero di essere stato più chiaro.
La frase era
RispondiElimina> Non penso che sia così, penso che le riflessioni di mago, paolo e UnuomoIncammino siano frutto di un lungo approfondimento intellettuale.
I soggetti pseudoesperti (in parte è vero perché io so di ignorare molte cose e vengo qui da Ugo a leggere cose sensate e ad apprenderle) della presunta superficialità quindi erano "mago, paolo e UnuomoIncammino". Questo per attenersi ai fatti.
Comunque, se volessi essere goliardicamente provocatorio, di ecologia, sostenibilità e decrescita mi interesso da alcuni lustri. Sei un po' un pivellastro, eh, con il tuo interesse "di qualche mese alla questione" eh!?
Domanda secca (premesso che la demografia è un problema ANCHE negli altri paesi porterà all'assalto migratorio della scialuppa fino a farla affondare):
Se l'Italia ha ORA, oggi, capisci, ora, 13:45 di venerdì 1 marzo 2013, questa impronta ecologica che eccede circa di 3.5 volte la biocapacità, perché mai dovremmo iniziare prima dagli altri paesi?
Ma se tu il venerdì sera ti trovi che in dispensa hai due fette di pane vecchio, tre foglie di basilico sulla pianta del balcone e ca 40g di cacio pecorino e in tutto il fine settimana non potrai uscire di casa, i negozi saranno chiusi, ci sarà la tormenta terribile di grandine ghiaccio e fulmini e saette, non potrai importare quelle risorse altrimenti dette cibo, ti preoccupi della dispensa del vicino?
Vedo che non hai risposto alla domanda molto semplice che rifaccio.
Cosa succederebbe se a partire da domani sabato due marzo per una qualche ragione non potessimo più importare anche solo metà delle risorse che importiamo, ad esempio per quattro settimane oppure sei settimane? Potresti spiegarlo?
Infine: se volessimo metterlo sul piano della morale
> la soluzione più razionale è razionalizzare i consumi (per esempio con una imposta sulla carne),
Scusa, allora se io sono un ricco cleptocrate (per dirla alla Diamond) posso pagare e mi faccio due bisteccone fiorentine alla settimana e i tagliolini all'astice e tu che sei un poraccio pezzente che non puoi pagare la tassa continui a mangiarti un quarto di porzione di cicoria e ceci tutti i dì?
Sebbene il ritorno al medioevo sia uno degli scenari più probabili (a volte chiamato "della fortezza") io vorrei immaginare un mondo decente e migliore anche nelle soluzioni. Un mondo iniquo "io un pollo e tu nulla di media mezzo a testa" è un mondo decente?
Il problema della insostenibilità è così grave che deve essere attaccato da molteplici lati.
Se non va bene la distribuzione delle risorse "prima il figlio di ogni donna, poi il secondo" quale sarebbe una strategia alternativa, Efrem?
Tu come gestiresti uno scenario fortemente critico di carestia? con quali strategie/politica?
Ovviamente parliamo di scenari critici, nei quali le risorse sono scarse.
Puoi fare un esempio?
Potrei rispondere a tutte queste domande e proseguire con te questo strano dibattito, ma mi sento poco motivato sinceramente, perché
RispondiElimina1- io ti sto parlando di un argomento A e tu mi stai rispondendo con un argomento B, la discussione sta diventando abbastanza infruttuosa e assurda
2- Nel tentativo di proseguire un dibattito in maniera corretta e rispettosa, mi sono preso del pivello e la mia bocca è stata paragonata allo sfintere, dopo che hai frainteso una mia frase, trovandoci un significato provocatorio e sarcastico che non era nelle mie intenzioni, e dopo che ho tentato di spiegare il fraintendimento.
Per cui la chiudo qui vecchio mio, con tutta la stima verso i tuoi principi, che condivido, meno per la tua vantata esperienza in sostenibilità e decrescita, correnti di pensiero basate più sull'ideologia che su studi scientifici (il mio interesse era riferito alla questione della crisi alimentare, senza tirare in ballo pseudo-economisti come Latouche ma passando per agronomi e climatologi ricercatori)
Il Movimento per la Decrescita Felice: sono stato a Venezia lo scorso settembre, mi sono divertito come un pazzo, ho conosciuto persone fantastiche, con ideali e una partecipazione ammirevoli...ma purtroppo inclini a ragionare per preconcetti, a parlare di cose che non conoscono, incapaci di affrontare una discussione arricchente (e questa, per evitare ulteriori fraintendimenti, è una provocazione).
Un saluto