lunedì 25 febbraio 2013

Piantare alberi, sciogliere l'esercito e lavorare insieme: la via toscana per sfuggire alla trappola della crescita

Da “Cassandra's Legacy”. Traduzione di MR





Probabilmente conoscete già la storia dell'uomo che ha inventato il gioco degli scacchi. Si dice che abbia presentato il gioco al re e che abbia chiesto in cambio un chicco di riso sul primo scacco, due nel secondo, quattro nel terzo e così via per tutti i 64 scacchi. La storia dice che il re accettò lo scambio solo per rendersi conto solo in seguito che la quantità di riso che avrebbe dovuto consegnare era gigantesca, più grande della quantità esistente nel mondo intero. 

La storia non dice cosa successe a quel punto, ma possiamo supporre che il re non fosse contento e che l'inventore del gioco ricevette un premio molto diverso da quello che aveva chiesto. Così, impariamo che la crescita è una trappola e che non è applicabile solo ai chicchi di riso su una scacchiera. E' sempre difficile capire le conseguenze della crescita esponenziale e chiunque può cadere nella trappola, persino intere civiltà. Oggi, stiamo ancora cercando di inseguire la mitica “crescita” che, secondo molti, risolverà magicamente tutti i problemi. Tuttavia, molti di noi hanno questa terribile sensazione che sarà tutto inutile e non solo. La sensazione è che la crescita economica ci stia portando dritti all'abisso. 

Quindi, c'è un modo per liberarsi? Non sappiamo quale sarà il nostro destino, ma ci sono stati esempi di civiltà che hanno gestito un equilibrio a lungo termine. Una è quella del Giappone del periodo Edo, un'altra è la Toscana dopo il Rinascimento. C'è stato un momento fatidico nella storia della Toscana, in cui la gente capì che la soluzione a quei tempi terribili che stavano vivendo non era crescere ma adattarsi. Avvenne gradualmente, ma possiamo individuare il punto di svolta con la signoria del Gran Duca Ferdinando I, che mise la Toscana su una strada che, in una mia personale interpretazione, posso definire con la frase “piantiamo alberi, smantelliamo l'esercito e lavoriamo insieme”. Una strada che portò ad alcuni secoli di pace (o perlomeno senza grandi guerre) e ad una moderata prosperità.

Toscana. Sfuggire alla trappola della crescita



La Toscana è una regione del centro Italia incastonata fra le montagne e il Mar Mediterraneo. E' una terra di colline e pianure dolci; di campi di grano e di cipressi, di fattorie e città fortificate. E così dal tempo degli Etruschi, i primi abitanti dell'area e dai quali deriva l'antico nome di Tuscia.

Anche se piccola e relativamente isolata, la Toscana è giunta a svolgere un ruolo importante nella storia del mondo col Rinascimento; un'era di poeti, pittori, scultori, banchieri ed esploratori. Per un po', la città principale della Toscana, Firenze, è stata il centro del mondo occidentale, il luogo del potere finanziario, il centro del commercio, il posto dove artisti, letterati e professionisti volevano andare per imparare il mestiere.

Ma l'età dell'oro del Rinascimento non è durata a lungo. I suoi tempi di maggior splendore sono stati di un secolo, o forse due. Poi, col sedicesimo secolo, iniziò il declino. Peste, carestie, crisi economica e invasioni militari, portarono gradualmente la Toscana a diventare uno dei paesi più poveri d'Europa. Tuttavia, la popolazione non è mai crollata e qualcosa è sopravvissuto dell'antico spirito di libertà e di indipendenza intellettuale. Agli inizi del diciassettesimo secolo, la Toscana diventò un rifugio per gli Ebrei che fuggivano dalle persecuzioni in Spagna. La Toscana ha conservato le proprie università ed accademie e, nel 1786, fu il primo Stato europeo ad abolire ufficialmente la tortura e la pena di morte. Quindi, il collasso della Toscana non fu totale, è stato gestito. E' stato “dolce” e non così disastroso come avrebbe potuto essere. Come è stato ottenuto questo risultato? E' una lunga storia che merita di essere raccontata. 

Crescita e collasso in Toscana 

Riemergendo dei tempi terribili della Grande Peste, nel quattordicesimo secolo, l'agricoltura Toscana fu in grado di creare le risorse necessarie per far riprendere la crescita della popolazione e per imbarcarsi in quell'era di crescita economica e di grandi realizzazioni artistiche che chiamiamo “Rinascimento”. Ma nulla può crescere per sempre: una popolazione in crescita significava che sempre più terra era necessaria per sfamarla e questo si poteva realizzare solo tagliando le foreste. Ciò, a sua volta, aprì la strada all'erosione. E l'erosione distrugge il suolo fertile che sostiene l'agricoltura. 

Ancora oggi, potete vedere quanto fosse grave il problema dell'erosione in quel tempo guardando la città di Pisa. Oggi è una città dell'entroterra ma, durante il Medio Evo, era un porto attivo e prospero. Si dice che, già nel quindicesimo secolo, il porto di Pisa avava problemi a causa dei sedimenti portati dall'Arno. Nel diciassettesimo secolo, l'interramento divenne così grave che il porto dovette essere abbandonato. I sedimenti che distrussero il porto di Pisa erano il suolo ricco che un tempo aveva sostenuto l'agricoltura toscana e, con essa, la popolazione toscana.

Col declino dell'agricoltura, il sistema economico Toscano cominciò a implodere; commercio e industria non potevano sopravvivere senza cibo. Le carestie divennero comuni. Gli orgogliosi cittadini di Firenze, la città che venne chiamata la “Nuova Atene”, cominciarono a soffrire la fame. Secondo un cronista, nel 1590, i fiorentini furono ridotti a mangiare un tipo di pane che “in altri tempi avrebbero dato ai cani e forse i cani lo avrebbero rifiutato”. 

Le città toscane declinarono anche in termini di forza militare e le città un tempo libere della Toscana caddero una dopo l'altra sotto invasori stranieri. La repubblica di Firenze cadde sotto l'attacco dell'Esercito Imperiale Spagnolo nel 1535. La repubblica di Siena cadde per mano degli eserciti alleati di Spagna  e dei Medici di Firenze nel 1555. Da quel momento, la Toscana divenne una provincia dell'Impero Spagnolo, pur mantenendo un certo grado di indipendenza. 

Piantiamo alberi, smantelliamo l'esercito e lavoriamo insieme

Sin dall'inizio, i Gran Duchi che governarono Firenze e tutta la Toscana ponevano la loro attenzione verso l'interno, alla gestione del territorio toscano. Già nel 1559, ai tempi di Cosimo I della famiglia Medici, la Toscana aveva avviato una politica di protezione dell'agricoltura con leggi severe che proibivano il taglio degli alberi negli Appennini, persino con la pena di morte! Quella politica venne continuata dai governanti seguenti e il Gran Duca Ferdinando Primo fu probabilmente il punto di svolta nell'abbandono di tutti i sogni di crescita ed espansione. 

Il monumento a Ferdinando Primo (1549-1609), Gran Duca di Toscana dal 1587 al 1609. E' stato forse il primo regnante toscano a riconoscere la fine dei tempi di crescita


Ferdinando regnò la Toscana dal 1587 fino alla sua morte, nel 1609. Egli amava dire che regnava non con la forza ma con la “sola dignità” ed il suo motto latino era: “maiestate tantum”. Fece molto per l'agricoltura, promulgando, fra le altre cose, leggi che riducevano il carico fiscale sui contadini. Andò anche più oltre parlando dei toscani come di “api operose” , intendendo che essi dovevano lavorare duramente tutti insieme. Ecco il simbolo delle api operose in una lastra di bronzo sul monumento di Ferdinando a Firenze. 

Le “Api Operose", simbolo di Ferdinando Primo. Immagine  del monumento in Piazza SS. Annunziata, Firenze.


Durante il regno di Ferdinando, rimase un qualche spirito bellicoso in Toscana e questo portò a schermaglie con l'Impero Turco. Ma, in generale, quest'era fu l'inizio di un periodo di attenta gestione del territorio, di riduzione delle spese militari, di ricerca di armonie e giustizia sociale. Potremmo definire questa politica come “piantiamo alberi, smantelliamo l'esercito e lavoriamo insieme”, anche se Ferdinando stesso non usò mai queste parole.  

I Duchi che seguirono Ferdinando Primo proseguirono in questa politica. L'agricoltura rimase un cardine della politica di governo. Le leggi che proteggevano gli alberi furono mantenute ed estese e, nel 1753, il Gran Duca Pietro Leopoldo creò l'Accademia dei  “Georgofili" con lo scopo specifico di promuovere l'agricoltura. L'accademia esiste ancora oggi ed il suo motto è “In favore della pubblica prosperità”.

Il simbolo dell'Accademia dei Georgofili, istituita a Firenze nel 1753. La scritta dice “Prosperitati Publicae Augendae” (“In favore della pubblica prosperità”)


Il governo della Toscana ridusse anche progressivamente le spese militari. La marina cessò praticamente di esistere nei primi anni del diciottesimo secolo e l'esercito creato dalla famiglia Medici fu progressivamente ridotto in forza finché non fu formalmente smantellato nel 1753 dal Gran Duca Francesco Stefano. Nuovi tipi di esercito venivano creati in quei tempi ma, fondamentalmente, la Toscana non si poteva permettere la guerra. Spesso, i suoi confini dovettero essere aperti agli invasori e questo causava meno danni che combatterli. La Toscana subì un buon numero di invasioni ma, in generale, queste guerre non portarono mai grande distruzione. Dopo la caduta di Siena, nel 1555, la Toscana non vide più una propria città assediata o bombardata fino al 1944, quasi quattro secoli dopo.

Ci volle tempo ma, alla fine, queste politiche ebbero i loro effetti nel ridurre la gravità del declino e nel riportare indietro dal collasso la Toscana. Dal diciottesimo secolo in poi, l'agricoltura potè riprendere a produrre. Le carestie non scomparvero, ma poterono essere contenute, mentre il commercio e l'industria ripartirono con una nuova rete fluviale e di strade. 

Non tutto era perfetto in questo periodo. Un problema era che la Toscana non riuscì mai veramente a stabilizzare la popolazione, che cresceva lentamente da meno di mezzo milione nel quindicesimo secolo a più di un milione nel diciottesimo secolo. Di conseguenza, rimaneva un forte pressione per trovare nuove terre agricole. Così, le norme che proteggevano gli alberi vennero allentate più di una volta. Si dice che nel 1780 un gruppo di boscaioli si inginocchiò di fronte al Gran Duca Pietro Leopoldo, implorandolo per la fame. Ne conseguì un decreto che liberalizzava il taglio degli alberi. Ma le montagne vennero riforestate e le politiche di protezione dell'agricoltura mantenute.

I giorni nostri

Col diciannovesimo secolo, la Toscana è confluita nel nuovo Stato italiano e la rivoluzione industriale ha generato una nuova fase di rapida crescita della popolazione e di espansione economica. Col miglioramento della rete dei trasporti e lo sviluppo delle ferrovie, le carestie sono diventate cose del passato. L'ultima registrata in Toscana è stata nel 1899-1899. Le foreste hanno sofferto in questo periodo di espansione, ciononostante oggi la Toscana rimane una delle regioni d'Italia con più boschi, un'eredità della politica dell'antico granducato. 

Ma i tempi sono cambiati e l'ultima ondata di fantasia costruttiva sembra voler trasformare le aree della Toscana un tempo fertili in aree che sembrano i sobborghi di Los Angeles. Con una popolazione di quattro volte più grande di quanto non fosse ai tempi delle carestie e col cambiamento climatico e la crisi petrolifera incombenti, la Toscana sta per affrontare tempi difficili. Ma abbiamo la tradizione di prenderci cura della terra che ci ha già aiutato in passato. Ci aiuterà anche nell'incerto futuro. 

Può la Toscana essere vista come un modello di “collasso morbido” per altre aree del mondo? Forse. Quantomeno ci dà una ricetta che ha funzionato al tempo dei Gran Duchi: “piantiamo alberi, smantelliamo l'esercito e lavoriamo insieme”. Non è proprio quanto stiamo facendo ora, ma potremmo imparare. 

Questa è una versione rivista di un post pubblicato nel 2006 nel blog “Transition Culture.”  E' stato uno dei miei primi post in inglese e, qualche anno dopo, mi sembra appropriato riproporlo su Effetto Cassandra con alcune modifiche e correzioni. Sono grato a Susan Kucera per avermi indotto a tornare su questo soggetto e per avermi consigliato l'analogia con la storia “dei chicchi e della scacchiera”

Note:

Gran parte dei dati che riporto sull'agricoltura toscana in tempi antichi provengono dal libro “ALPI” di Matteo Biffi Tolomei, pubblicato per la prima volta agli inizi del 800 e ripubblicato nel 2004 con una postfazione di Fabio Clauser. (Libreria Editrice Fiorentina)

Dati sulla storia dell'esercito toscano al tempo dei Gran Duchi sono piuttosto difficili da trovare, ma una descrizione può essere trovata in "Corpi armati e ordine pubblico in Italia (XVI-XIX sec.": Seminario di studi, Castello Visconti di San Vito, Somma Lombardo, 10-11 novembre 2000 Livio Antonielli, Claudio Donati Rubbettino Editore, 2003. Per una storia della marina toscana, vedere l'articolo relativo su Wikipedia.

I dati sulla popolazione della Toscana  dal Medio Evo ai giorni nostri si possono trovare nel saggio di Marco Breschi e Paolo Malanima, "Demografia e Economia in Toscana"

Un elenco delle carestie toscane fino al 1736 si può trovare su questo documento dell'Accademia dei Georgofili. Non ci sono molti dati disponibili sulla carestia del 1898-1899 che ha colpito tutta l'Italia e che è stata, probabilmente, l'ultima carestia registrata nel paese. Una descrizione può essere trovata in questo documento.