domenica 7 agosto 2011

Il cuculo che non voleva cantare. Sostenibilità e cultura giapponese


Parecchi elementi della cultura giapponese ormai hanno fatto presa stabile in occidente. Uno è il Judo (la foto qui sopra raffigura Kano Jigoro, il fondatore del Judo moderno) ma ce ne sono molti ancora nelle arti figurative, in letteratura, in filosofia e in altri campi. In questo post discuto su cosa possiamo apprendere dalla cultura giapponese in termini di sostenibilità, con particolare riferimento al “periodo Edo” (più o meno dal 1600 d.C. a metà del 19° secolo). La società giapponese di quel periodo è uno dei pochi esempi storici che abbiamo di “economia di stato stazionario”. Come fecero i giapponesi a raggiungerlo? Qui suggerisco una spiegazione, basandomi sull’antico racconto giapponese del “cuculo che non voleva cantare”.

Questa è la versione di un discorso che ho tenuto al “Kosen Dojo” a Firenze il 26 marzo 2011. Non è una trascrizione letterale, piuttosto è un testo scritto a memoria in cui cerco di mantenere lo stile di una presentazione orale. Questo post è apparso in inglese su "Cassandra's Legacy" il 6 Aprile 2011. Traduzione in Italiano di Girolamo Dininno. 


Signore e signori, prima di tutto lasciatemi dire che nella mia carriera ho tenuto molte presentazioni su energia e sostenibilità, ma questa è la prima volta che mi capita di farlo seduto a gambe incrociate a terra su un tappeto giapponese, un tatami. Però, lasciatemi aggiungere che è un vero piacere farlo, ed è un piacere speciale farlo in un dojo, ai piedi del ritratto di Kano Jigoro, il fondatore del Judo moderno. Effettivamente sono stato anch’io un judoka, anche se devo dire che non pratico da un po’. Insomma questo posto mi ricorda moltissimo il Giappone, dove ho vissuto e sono stato molto bene, anni fa; e come sapete i recenti avvenimenti di Fukushima hanno sollevato il problema dell’energia e della sostenibilità in Giappone e nel mondo intero.

Il popolo giapponese ha subito più sofferenze di qualunque altro a causa della nostra cattiva gestione dell’energia atomica. Quella del bombardamento di Hiroshima e Nagasaki, nel 1945, è triste storia. Magari qualcuno di voi ha avuto la possibilità di visitare queste città – io le ho visitate entrambe, e vi posso dire che la memoria di quegli eventi non è qualcosa che si riesce a ignorare facilmente. Ovviamente, al confronto l’incidente nucleare di Fukushima è stato cosa da poco. Ma rimane che è difficile per noi – intendo noi umanità – gestire l’energia nucleare. Forse è semplicemente una cosa troppo grande e complessa.

Comunque, lasciamo perdere i pro e i contro dell’energia atomica; non è di questo che voglio discutere con voi oggi. Piuttosto, credo che possiate essere interessati a parlare un po’ della cultura giapponese. Il semplice fatto che siamo tutti seduti sul pavimento su un tatami giapponese vuol dire che la cultura del Giappone ha un’influenza su di noi, proprio come ha avuto influenza sulla cultura occidentale in molti campi – pensate solo ai manga! Perciò, quello che vorrei fare oggi è discutere di ciò che possiamo imparare dal Giappone in termini di sostenibilità.

Lasciatemi cominciare con qualche parola sulla storia del Giappone. Conoscete sicuramente il periodo “Heian” o “Imperiale”, iniziato tanto tempo fa: questo fu il periodo “classico” della storia giapponese. Il periodo Heian ha poi lasciato il campo a un’età di guerre civili: il sengoku jidai, l’epoca dei Samurai. Diversi film l’hanno dipinto come un’epoca romantica, ma sono sicuro che la gente che ci viveva non la trovava molto romantica; era un periodo di continue battaglie, e doveva essere parecchio dura per tutti. Ad ogni modo, questa fase storica finì quando Tokugawa Ieyasu emerse da vincitore delle guerre e divenne shogun, reggente di tutto il Giappone. Questo succedeva intorno all’anno 1600, e cominciò allora il periodo “Edo”, che fu molto più tranquillo. Il periodo Edo durò finché il Commodoro Perry non arrivò con le sue “navi nere” a metà del 19° secolo, il che diede inizio all’età moderna.

Ora, i due secoli e mezzo del periodo Edo sono molto interessanti dal punto di vista della sostenibilità. Non fu solo un periodo di pace; fu anche un’epoca di economia stabile e popolazione stabile. In effetti, non è del tutto vero, perché la popolazione del Giappone aumentò nella prima parte del periodo Edo; ma arrivata a 30 milioni restò quasi costante per circa due secoli. Non ho notizia di altre società nella storia che hanno vissuto un simile periodo di stabilità. Era un esempio di quel che oggi chiamiamo “economia di stato stazionario”.

Il motivo per cui la maggior parte delle civiltà non riescono a raggiungere uno stato stazionario è che è troppo facile sovrasfruttare l’ambiente. E’ qualcosa che non ha a che fare solo con i combustibili fossili: è tipico anche delle società agricole. Se tagliate troppi alberi, il suolo fertile viene lavato via dalla pioggia. E poi, senza terra fertile da coltivare, la gente muore di fame. Il risultato è il collasso – una caratteristica comune di gran parte delle civiltà del passato. Qualche anno fa, sull’argomento Jared Diamond ha scritto un libro, intitolato proprio “Collasso”.

C’è un punto interessante di Diamond a riguardo delle isole. In un’isola, dice Diamond, ci sono risorse limitate – molto più limitate che sul continente – e le opzioni a disposizione sono limitate di conseguenza. Quando sei a corto di risorse, mettiamo di terreno fertile, non puoi emigrare e non puoi attaccare i vicini per ottenere risorse da loro. Puoi solo adattarti, o perire. Diamond cita diversi casi di piccole isole nell’oceano Pacifico in cui l’adattamento era molto difficile ed i risultati sono stati drammatici, come nel caso dell’isola di Pasqua. In alcune isole davvero piccole, adattarsi è risultato talmente difficile che gli esseri umani sono semplicemente scomparsi. Sono morti tutti, e basta.

Il che ci porta al caso del Giappone: che è un’isola, naturalmente, anche se grande. Ma alcuni dei problemi che si avevano con le risorse dovevano essere gli stessi di tutte le isole. Il Giappone non possiede molto in termini di risorse naturali. Moltissima pioggia, per lo più, ma poco altro, e la pioggia può fare molti danni se le foreste non sono ben amministrate. E ovviamente in Giappone lo spazio è limitato, il che significa che c’è un limite alla popolazione; almeno finché essa dipende dalle risorse locali. Io credo che a un certo punto nel corso della storia i giapponesi abbiano raggiunto il limite massimo di quel che potevano fare con lo spazio a disposizione. Ovviamente ci volle del tempo: il ciclo è stato molto più lungo che su una piccola isola come l’isola di Pasqua. Ma potrebbe perfettamente essere che le guerre civili furono una conseguenza del fatto che la società avesse raggiunto un limite. Quando non c’è abbastanza per tutti, le persone tendono a combattere fra di loro, ma è ovvio che non sia questo il modo migliore per gestire la scarsità di risorse. Perciò, a un certo punto i giapponesi dovettero smettere di lottare, dovevano adattarsi o morire – e si adattarono alle risorse che avevano. Era l’inizio del periodo Edo.

Per arrivare a uno stato stazionario, i giapponesi dovevano gestire al meglio le risorse a disposizione, ed evitare di sprecarle. Una cosa che fecero fu liberarsi degli eserciti del periodo delle guerre. La guerra è semplicemente troppo costosa per una società a stato stazionario. Poi, fecero grossi sforzi per mantenere le foreste ed incrementarle. Potete leggere qualcosa a riguardo nel libro di Diamond. Il carbone di Kyushu forse aiutò un po’ a risparmiare gli alberi, ma il carbone da solo non sarebbe stato abbastanza – fu la gestione delle foreste a fare la differenza. Il governo amministrava i boschi a livello di singola pianta: un’impresa notevole. Infine, i giapponesi riuscirono a gestire la popolazione. Probabilmente fu questa la parte più difficile, in un tempo che non conosceva contraccettivi. Da quel che ho letto, ho capito che i poveri erano obbligati a praticare più che altro l’infanticidio, e questo doveva essere atroce per i giapponesi, come sarebbe per noi oggi. Ma le conseguenze del lasciar crescere la popolazione senza controllo sarebbero state terribili: per cui, erano costretti a farlo.

Noi tendiamo a vedere l’economia a stato stazionario come qualcosa di molto simile alla nostra società, solo un po’ più tranquilla. Ma il periodo Edo del Giappone era molto diverso. Di certo non era il paradiso in terra. Era una società estremamente regolata e gerarchica, in cui sarebbe stato difficile trovare – o anche solo immaginare – qualcosa come “la democrazia” o “i diritti umani”. Nonostante ciò, il periodo Edo fu una realizzazione notevole, una società molto raffinata e ricchissima di cultura. Una civiltà di artigiani, poeti, artisti e filosofi. Creò alcuni dei tesori d’arte che possiamo ammirare ancora oggi, dalle spade katana alla poesia di Basho.

Insomma, i giapponesi ce la fecero a creare una società estremamente raffinata che riuscì a esistere in uno stato stabile per più di due secoli. Non credo che nella storia ci siano molti casi paragonabili. Perché il Giappone ebbe successo dove molte altre civiltà nella storia avevano fallito? Be’, penso che il fatto di essere un’isola fosse un enorme vantaggio. Questo proteggeva da gran parte delle ambizioni dei popoli confinanti, e anche dalla tentazione che potevano avere gli stessi giapponesi di invadere i loro vicini. E se non hai una terribile paura di essere invaso (e non hai intenzioni di invadere nessuno), allora non hai motivo di mantenere un grosso esercito, né di far crescere la popolazione. Puoi concentrarti sulla sostenibilità e sulla gestione di quel che hai a disposizione. Poi, naturalmente, quando il Commodoro Perry e le sue navi nere arrivarono, il Giappone non fu più un’isola, nel senso che smise di essere isolato dal resto del mondo. Così la crescita ripartì. Ma, finché il Giappone restò isolato, l’economia rimase in uno stato stazionario e, come ho detto, questa era una conquista straordinaria.

Però non credo che il fatto di essere un’isola spieghi tutto del periodo Edo. Io penso che esso non sarebbe stato possibile senza un certo grado di saggezza. O forse un termine più corretto in questo caso è “sapienza”.

La saggezza o la sapienza non sono cose che si possano quantificare o attribuire a persone specifiche. Ma io ritengo che il Giappone, nella sua interezza, aveva raggiunto un certo livello di – diciamo così – “illuminazione”. Comprendetemi: mi riferisco al periodo Edo. So bene che oggi il Giappone è pieno di posti orribili come la maggior parte dei luoghi del mondo occidentale: inquinato, sovraffollato e pieno di costruzioni bruttissime. Però nel periodo Edo si era sviluppato un modo di guardare il mondo che ancora ammiriamo oggi, e che è secondo me ben rappresentato dalla poesia giapponese: un prodigio di luminosità, di percezione dei dettagli, di amore per le piccole e delicate cose del mondo càduco. Ma non è solo la poesia: pensate al Judo secondo il maestro Kano. E’ un modo di vivere: una filosofia, una maniera di acquisire saggezza. Il Judo è un’idea moderna, ovviamente, ma ha le sue origini nel periodo Edo. Per quello che posso capire, l’approccio giapponese di quell’epoca era quanto di più lontano può esserci dall’atteggiamento orrendo che abbiamo noi oggi, quello del golem chiamato homo economicus che pensa seriamente che un albero non abbia valore a meno che non sia abbattuto. Se è questo il modo con cui guardiamo il mondo, allora meritiamo di collassare e scomparire. La saggezza probabilmente non è una risorsa non rinnovabile, ma sembra che siamo comunque riusciti a restarne senza.

Vorrei raccontarvi una storia proveniente dalla saggezza giapponese; ha a che fare con l’epoca delle guerre civili ma fu sicuramente inventata durante il più tranquillo periodo Edo. Probabilmente conoscete i nomi dei principali condottieri dell’ultima fase delle guerre civili in Giappone: Oda Nobunaga, Toyotomi Hideyoshi e Tokugawa Ieyasu. Alla fine, fu Ieyasu a diventare shogun e guida dell’intero paese. Sul come ci riuscì, c’è questa storiella che esiste in forma di senryu, una poesia breve. Racconta che un giorno Nobunaga, Hideyoshi e Ieyasu si incontrarono e videro un cuculo che non cantava. Nobunaga disse: “Se non canta, lo uccido”. Hideyoshi disse: “No, io lo convincerò a cantare”. E Ieyasu disse: “Io aspetterò, finché non canterà”.

Penso che questo racconto sia un’ottima rappresentazione di come la gente del periodo Edo razionalizzava gli eventi che portarono alla loro età. Ci dice che la strategia vincente non è la violenza, e nemmeno la furbizia: bensì è l’adattamento. I giapponesi avevano capito che non potevano forzare o persuadere la loro isola a comportarsi come essi desideravano, proprio come non si può forzare o convincere un cuculo a cantare. Dovevano adattarsi, e lo fecero. Questa, io credo, è saggezza.

Ora, una caratteristica della saggezza è che si può applicare a diverse situazioni, diversi luoghi, diversi tempi. Vediamo un po’ come possiamo interpretare il racconto nella nostra epoca. Abbiamo enormi problemi ovviamente: non abbiamo abbastanza petrolio, non abbiamo abbastanza risorse minerali, né abbastanza acqua, né atmosfera per assorbire i residui della combustione. Come reagiamo allora? Be’, un po’ come Nobunaga. Siamo propensi a usare la violenza, non solo in termini di “guerre per il petrolio”. Cerchiamo di forzare il pianeta a produrre quel che desideriamo. In un certo senso, è come dire all’uccello “canta, o ti ammazzo”. Insomma, è il “drill, baby drill!”, è la volontà di fare di tutto e con qualunque mezzo per produrre i combustibili liquidi di cui siamo convinti di avere assoluto bisogno, anche se così distruggeremo la terra e l’atmosfera. Vogliamo costruire centrali atomiche, incuranti dei rischi connessi, e fare un mucchio di altre cose per forzare il pianeta a produrre ciò di cui crediamo avere la necessità.

Poi c’è un diverso atteggiamento in apparenza più civile: è l’efficienza. Esso dice che, se riusciamo a convincere la gente ad usare le risorse in maniera più efficiente, possiamo continuare ad avere tutto quello cui siamo abituati ed in più salvare il pianeta. Le lampade a risparmio energetico e le auto di dimensioni più piccole di certo appaiono molto meglio, come idea, del “drill, baby, drill”; ma in fondo il concetto non è tanto diverso, nel senso che non vogliamo cambiare rispetto a ciò che pensiamo sia per noi indispensabile. Il modello di vita americano resta apparentemente non negoziabile: solo il modo di ottenerlo potrebbe forse esserlo. Questa strategia potrebbe addirittura funzionare – almeno per un po’. Ma riusciremo davvero a trovare delle soluzioni tecnologiche per avere, tutti, tutto quello cui siamo abituati? Il recente disastro di Fukushima dovrebbe averci insegnato che non siamo così furbi come possiamo pensare.

Non siamo ancora giunti al punto in cui scopriremo che la strategia vincente non è forzare né persuadere la Terra a dare più di quanto possa. La strategia vincente consiste nell’adattamento. Abbiamo la necessità di ritarare i nostri bisogni in base a quanto il pianeta può offrire. E’ quello che i giapponesi fecero sulla loro isola; e in fondo tutti noi viviamo su un’isola, un’isola gigante, sferica e blu che vaga nell’oscurità dello spazio. Sta a noi gestire i doni che riceviamo dalla Terra e creare qualcosa di bello come la civiltà Edo in Giappone; certamente con metodi migliori e più dolci per il controllo della popolazione.

Se l’esempio storico del Giappone conta qualcosa, forse siamo nella giusta direzione, e l’età delle guerre civili planetarie potrà finire prima o poi. Allora, se riusciamo ad aspettare abbastanza, un giorno anche noi potremo sentire il cuculo cantare.



Ringraziamenti: grazie a Jacopo Visani e Niccolò Giannetti per l’organizzazione dell’incontro al Kosen Dojo dove ho tenuto questo discorso.

mercoledì 3 agosto 2011

Milleristi e glacialisti

Immagine da Roy Spencer


Racconta Leon Festinger nel suo libro "Quando la profezia fallisce" di come un certo William Miller, un agricoltore del New England, si era convinto da certi suoi studi biblici che la fine del mondo sarebbe arrivata nel 1843. A partire dal 1831, si era guadagnato un buon numero di seguaci, detti "Milleriti" o "Milleristi".

Via via che ci si avvicinava alla data fatidica, la previsione di Miller si faceva più dettagliata. Inizialmente, parlò del 21 Marzo 1843, poi del 23 Aprile 1843. Quando non successe niente né a Marzo né ad Aprile, sposto la data di un anno, al 21 Marzo del 1844. Poi, dopo che anche allora non era successo nulla, introdusse una nuova correzione, spostando la data ulteriormente in avanti.

Ad ogni fine del mondo mancata, curiosamente, i milleristi non si perdevano d'animo. Anzi si facevano sempre più attivi e vocali nel propagandare le profezie del loro leader spirituale che, sicuramente, si sarebbero avverate come previsto, salvo alcune piccole correzioni.

Alla data del 22 Ottobre 1844, ultima profezia di Miller, la fine del mondo rifiutò di nuovo di verificarsi. Pare che i milleristi abbiano cercato di convincersi che la fine era solo da rimandare a nuova data ma il loro capo, stavolta, si rifiutò di fare altre profezie. Presi in giro da tutti quanti, finirono per sbandarsi e sparire dalla circolazione. Dal 1845 in poi, non se ne sentì più parlare.

Una bella storia questa, che ci dice che c'è speranza che anche i più duri di cranio riescano a lungo andare a rendersi conto che esiste la realtà e non solo le fesserie che si raccontano. Ora, a proposito dell'era glaciale imminente, i relativi profeti glacialisti sono stati più furbi di Miller nel non fornire date precise. Tuttavia, ogni volta che arrivano nuovi dati, i glacialisti vengono sbugiardati. Gli ultimi dati disponibili indicano una perdita record dei volumi di ghiaccio artici (*) e il Luglio del 2011 segna un nuovo balzo in avanti delle temperature atmosferiche (vedi sopra).

Allora, ai Milleristi ci sono volute quattro profezie sbagliate per capire come stavano le cose. Quante ce ne vorranno ai glacialisti?







* E non tirate fuori la storia dell'estensione dei ghiacci antartici: in questo caso poggio e buca non fa pari.

domenica 31 luglio 2011

Il cervello è un'appendice della pancia



Per chi è curioso a proposito della storia dell' "Energy Catalyzer" di Rossi-Focardi, la macchina meravigliosa che produce energia dalla fusione nucleare, ecco il terzo rapporto di Steven Krivit sull'argomento.


http://newenergytimes.com/v2/news/2011/37/NET370.shtml
 
Non è che ci sia dentro molto di nuovo rispetto a quello che si era detto, ma è interessante come riassunto di tutta la storia. Fa vedere quanto è impressionante il dilettantismo e l'approssimazione con cui questi si sono lanciati a raccontare di aver rivoluzionato la fisica. Dati persi, misure mal fatte, risultati che cambiano ogni mese, rapporti promessi e mai diffusi, rifiuto di dare dettagli, insulti a chi chiede delucidazioni, eccetera.

Ancora più impressionante è leggere sui commenti dei vari blog che parlano di questo argomento (per esempio, su giornalettismo) come gli stessi complottisti, quelli che vanno a cercare il pelo nell'uovo nelle misure fatte dai climatologi, invece si bevono in una sorsata le dichiarazioni fatte dai proponenti dell'E-Cat

E' proprio vero che il cervello è un'appendice della pancia - serve solo a giustificare quello che uno vorrebbe che fosse vero.

venerdì 29 luglio 2011

Disastro artico

I grafici che seguono sono dal Polar Research Center dell'Università di Washington. Non credo che ci sia bisogno di commenti. 



giovedì 28 luglio 2011

L'E-Cat perde vapore


L' “Energy Catalyser” (E-Cat) è un dispositivo che è stato annunciato da due Scienziati italiani come capace di risolvere i problemi energetici del mondo per mezzo della fusione nucleare. Sfortunatamente, ci sono seri dubbi su queste affermazioni. Nella figura sopra (da una relazione di Peter Ekstrom ) è visibile uno dei problemi dell' E-Cat:il buffetto di vapore prodotto dal dispositivo è troppo piccolo per indicare che produce veramente energia. (Questo post è stato pubblicato su "The Oil Drum" il 27 Luglio 2011)

Andrea Rossi e Sergio Focardi hanno recentemente annunciato di aver sviluppato un dispositivo (l' “energy catalyzer” o “E-Cat”) capace di produrre energia utile dalla reazione di fusione a bassa temperatura. Se fosse funzionante come riportato, l' E-Cat sarebbe una vera rivoluzione, non solo per la scienza, ma anche per la vita quotidiana. Avremmo un dispositivo semplice, capace di produrre una grande quantità di energia a basso costo senza generare inquinamento significativo e potremmo dire addio alla crisi energetica ed al riscaldamento globale allo stesso tempo. 

In un mio precedente post su"The Oil Drum" ho esaminato l'E-Cat lasciando aperta la possibilità che fosse un reale dispositivo a fusione. Qui, riesamino la questione sulla base di nuovi dati. Alla luce di ciò sembra molto inverosimile che l'E-Cat possa funzionare come viene sostenuto.

L'idea dell'E-Cat pone le sue radici sul precedente lavoro di Martin Fleischmann e Stanley Pons che, nel 1996, sostenevano di essere riusciti a fondere dei nuclei di deuterio insieme (“fusione fredda”) e ad ottenere un'abbondante fonte di energia. Tuttavia, le affermazioni di Fleishmann e Pons erano basate su misurazioni sperimentali imperfette che si rivelarono non avere nulla a che fare con la fusione fredda nella loro impostazione. Ciò non ha scoraggiato altri scienziati dal ricercare fenomeni simili; una ricerca che continua a tutt'oggi. Rossi e Focardi hanno riportato di essere stati in grado, nel processo, di fondere nuclei di nickel con nuclei di idrogeno a basse temperature, generando nuclei di rame ed energia utile. Secondo le loro affermazioni, la reazione dev'essere attivata fornendo un po' di energia alla cella di reazione, ma il calore che ne risulta prodotto potrebbe essere 30 volte maggiore o anche di più.

La prime reazioni alle dichiarazioni di Rossi e Focardi sono state caute (per esempio le mie e quelle di Kjell Aleklett) o anche di appoggio diretto (Hanno Essen e Sven Kullander). In ogni caso, queste reazioni iniziali erano basate sostanzialmente sulle dichiarazioni degli inventori dell'E-Cat. Nel mondo scientifico, c'è una credenza condivisa per cui quando un collega ti dice qualcosa che lei/lui ha fatto, non si presume subito che sia sbagliato, un inganno o un imbroglio studiato per far soldi. Comunque, quando la misurazione è importante, quando risulta cruciale per lo sviluppo di una nuova teoria o per smentirne una vecchia, allora dev'essere mostrato in dettaglio che sia stata correttamente eseguita a che possa essere indipendentemente ripetuta. Ovviamente, gli inventori non sono obbligati a mostrare esattamente come la loro invenzione funzioni, ma è nel loro interesse mostrare che funzioni.

Esaminiamo, quindi, la situazione dell'E-cat come si presenta in questo momento. Nessuna prova diretta di una reazione nucleare all'interno del dispositivo è stata riportata, per esempio, l'emissione di raggi gamma. La sola prova disponibile è indiretta e proviene dalla grande quantità di calore in eccesso che si afferma venga prodotto dal reattore. In quanto unica base dell'affermazione del fatto che avvenga una reazione nucleare, il calore in eccesso (se c'è) prodotto dal reattore avrebbe dovuto essere misurato con estrema cura a con le necessarie precauzioni per assicurarsi che sia significativo. Sfortunatamente sembra che non sia andata così. L'impostazione sperimentale per le misurazioni del calore sembra inadeguata e dilettantesca; i risultati sono poco chiari e la ripetibilità non è stata dimostrata. Sembra legittimo pensare che l'affermazione di “fusione fredda” di Rossi e Focardi poggi su prove scarse o anche su nessuna.

Una misurazione calorimetrica attendibile del calore prodotto dall'E-Cat potrebbe essere eseguita effettuando cicli di acqua di raffreddamento all'interno di un serbatoio isolato e misurando le temperature dell'acqua. Conoscendo la quantità di acqua, sarebbe possibile ottenere una prima stima del calore prodotto. Questo, di per sé, potrebbe non essere sufficiente. La misura del calore potrebbe essere validata rimpiazzando l'E-Cat con un resistore e quindi misurando la potenza necessaria per scaldare l'acqua alla stessa temperatura raggiunta con l'E-Cat in azione. Ma il test cruciale sarebbe uno a “in bianco” in cui verrebbe mostrato che c'è una differenza significativa fra il calore generato da un E-Cat in funzione ed un dispositivo dove il “catalizzatore” sia assente.

E' chiaro, tuttavia, che gli inventori dell'E-Cat non hanno fatto nulla del genere. Non hanno chiuso il ciclo di raffreddamento, hanno lasciato sfogare il vapore e stimato la quantità di calore creato presumendo che tutta l'acqua che passa per l'E-Cat venga vaporizzata. Questo è ovviamente un'impostazione molto povera che garantisce grandi errori semplicemente perché non c'è modo di essere sicuri che tutta l'acqua venga vaporizzata. Inoltre, è chiaro da questo film che questo è il modo in cui sono state interpretate le misurazioni.

Anche un'impostazione sperimentale povera può dirci qualcosa se usiamo delle precauzioni elementari. Semplicemente usando 2 E-cat, uno attivo e l'altro senza il catalizzatore, potrebbe essere possibile vedere una differenza, se esiste un eccedenza di calore. Ma Rossi ha rifiutato di affrontare la questione di un test a vuoto. Potrebbe valere la pena di menzionare, a questo punto, che la caduta della “fusione fredda” del 1996 annunciata da Fleischmann e Pons cominciò quando non poterono dimostrare di aver eseguito un test a vuoto nei loro esperimenti.

Complessivamente, Peter Ekstrom fa delle considerazioni convincenti quando mostra che l'E-Cat non produce alcun eccesso di calore. Come risposta Rossi non ha trovato niente di meglio di dare del “clown” a Ekstrom. Questa risposta è stata successivamente cancellata dal blog di Rossi, ma si può ancora trovare in rete, per esempio qui. Questo è solo un esempio dell'attitudine generale del Sig. Rossi riguardo a chi lo critica. Steven Krivit ha descritto correttamente diversi dei punti deboli delle dichiarazioni di Rossi e Focardi. Quindi, possiamo aggiungere che le misurazioni fatte in Svezia hanno mostrato che il presunto rame creato dalla trasmutazione nucleare nell'E-Cat ha la stessa composizione isotopica del rame naturale. Questo è semplicemente impossibile.

Naturalmente, tutto ciò non prova che l'E-Cat non possa funzionare come descritto, ma l'onere della prova resta agli inventori ed è chiaro che essi sono assai lontani dall'essere capaci di mostrare che il loro dispositivo è una macchina che produce energia basata sulla fusione nucleare. Sembra che la storia dell'E-Cat stia dirigendo rapidamente verso il reame della 'scienza patologica'. Grandi annunci di rivoluzioni scientifiche supportati da piccole o nessuna prova, ricette ambiziose su come salvare il mondo per mezzo di qualche macchinario miracoloso, oscure esternazioni mascherate come teorizzazioni scientifiche, insulti ad hominem ai non credenti, ecc. E' uno schema ben conosciuto. Da ora in avanti, potremmo aspettarci di vedere un'onda di teoria della cospirazione in relazione all'E-Cat. Alla fine, passerà anche questo.

Tradotto da Massimiliano Rupalti

martedì 26 luglio 2011

New Ice Age: un'altra figuraccia



Scusate per questo ulteriore post sui glacialisti di NIA (New Ice Age). Giuro che è l'ultimo, poi ricominciamo a occuparci di cose serie. Ma questa ultima cosa che hanno pubblicato è veramente troppo bella per non commentarla. Fa impressione come questi qui riescano a darsi la zappa sui piedi da soli in questo modo.


Guardate questo post su "New Ice Age" dedicato alla mia modesta persona. Ne vale la pena! Allora, vi riassumo la storia:

Su uno dei miei post su Cassandra, arriva un commento di un anonimo che mi chiede la mia opinione su quello che lui chiama "drastica riduzione recente del buco dell'ozono" e delle sue conseguenze sul clima. Mi sono accorto subito che c'era qualcosa di strano nella sua richiesta, più che altro per il tono di lode sperticata, tipo "grande professore", "luminare" eccetera. Insomma, questo qui cercava chiaramente di incastrarmi. Sono stato tentato di mandarlo a quel paese, ma alla fine ho deciso che non era il caso. Poteva essere, dopotutto, anche una persona che veramente voleva sapere qualcosa sull'ozono. Insomma, lui traccheggia un po' con una serie di domande; io gli rispondo senza dargli troppo spago. Alla fine gli dico gentilmente che il buco dell'ozono non è il mio campo e che i commenti di "Cassandra" non sono il posto giusto per discuterne.

Capitolo chiuso, pensavo. E invece no. Su NIA appare un incredibile post dove "Riccardo" dichiara di essere entrato "sotto mentite spoglie" nel blog Cassandra e di essere stato lui l'anonimo bugiardo che mi faceva le domande. Vale veramente la pena di leggere il suo post: guardatelo com'è tutto ringalluzzito che dice, "sono stato sul blog del grande professore e lui ha ammesso di non saper nulla di ozono. Ne so più io di lui!!". Sembra un bambino di 12 anni tutto gasato che racconta ai suoi amici che ha rubato la marmellata e la mamma non se ne è accorta.

Ora, vale la pena far notare a "Riccardo" che:

1. Non sa nemmeno leggere l'inglese. Gli autori che cita non dicono affatto quello che dice lui. (*)
2. Non ha capito nulla di come funziona la scienza se crede che quando uno scienziato dichiara onestamente di non essere esperto in un certo campo, questo vuol dire che è un incompetente. 
3. E' un falso e un  bugiardo per sua stessa ammissione (e se ne vanta anche!!)

Insomma, credo che questa sia un'ulteriore illustrazione della storiella Zen che dice che quando uno è arrivato in fondo alla buca, deve continuare a scavare. Come ci si possa ridurre in queste condizioni, francamente mi sfugge; peccato, perché alcuni dei membri di NIA sono persone intelligenti che avrebbero anche dei numeri se accettassero di confrontarsi seriamente con gli scienziati. Ma si rovinano con l'atteggiamento infantile di alcuni di loro.

A loro parziale discolpa, va detto che il post di Riccardo è stato criticato da altri membri di NIA nei commenti, con il suggerimento di rimuoverlo dal sito. Ma ormai la figuraccia l'hanno fatta.





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*Ah... a proposito del buco dell'ozono, il fatto di dichiarare che un certo soggetto non è il proprio campo, non vuol dire che uno non debba essere in grado di interpretare correttamente i dati disponibili. Allora,  "Riccardo" sosteneva che "ilbuco dell'ozono si è drasticamente ridotto negli ultimi anni". Nel suo articolo su NIA cita a sostegno della sua affermazione un lavoro di "Ken Carslae" (in realtà  Ken Carslaw). Ma se andiamo a cercare l'articolo di Carlslaw, troviamo scritto (grassetto mio), "However, recovery of Antarctic ozone depletion in the next two decades will likely cause a fall in wind speeds, a decrease in cloud drop concentration and a correspondingly weaker cloud feedback." Appunto, Riccardo non sa leggere l'inglese. D'altra parte, basta andare su wikipedia per accorcersi che da tutti i dati disponibili è chiaro che lo strato di ozono si sta molto lentamente riducendo, ma ci vorranno cinquant'anni prima che ritorni a com'era una volta. Altro che "drastica riduzione negli ultimi anni"!!!

lunedì 25 luglio 2011

Breivik, il mostro di Oslo, è anche un negazionista climatico

Scusate se insisto con la tragedia di Oslo, ma è una cosa che mi ha abbastanza scosso. Sono ancora più scosso, oggi, a scoprire che Anders Breivik, il mostro di Oslo, è anche un negazionista climatico che usa tutto l'armamentario del negazionismo andante, dal climategate a Christopher Monckton. E pensare che avevo sempre creduto che questa gente fosse, più o meno, innocua.


Vi passo qualche pezzetto dal "manifesto" di Breivik
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Excerpts From Breivik's "Manifesto"

http://www.2shared.com/file/M-s-2fBD/2083-AEuropeanDeclarationofInd.html


2.72 Green is the new Red - Stop Enviro-Communism!

You might know them as environmentalists, enviro-communists, ecoMarxists, neo-Communists or eco-fanatics. They all claim they want to save the world from global warming but their true agenda is to contribute to create a world government lead by the UN or in other ways increase the transfer of resources (redistribute resources) from the developed Western world to the third world. They hope to accomplish this through the distribution of misinformation (propaganda) which they hope will lead to increased taxation of already excessively taxed Europeans and US citizens. The neo-communist agenda uses politicised science to propagate the global warming scam in order to implement their true agenda; global Marxism. Marxism’s ultimate goal is to redistribute wealth from successful nations to failed nations, instead of actually trying to fix these broken nations. Politicised science is being used by the cultural Marxist hegemony to manipulate the unsuspecting masses. They are using our trust and faith in science to spread lies and hysteria that will allow Marxists to implement socialist “solutions” to a problem that never actually existed.

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That's exactly what is happening with the Anthropogenic Global Warming scam; too many people are too demoralised to assess true information about Socialism, Communism, and climate change to allow its use for other agendas on the hands of the useful idiots “the leftists” as former KGB agent Yuri Bezmenov calls them. Enviro-communism is a new twisted idea of redistribution of wealth through “environmental” policies and the Copenhagen Climate Change Conference 2009 is the perfect manifestation of it. Environmental Justice is the new Social Justice; Climate Debt is the new Redistribution of Wealth, Anthropogenic Global Warming scam is the Communism.

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Please see Lord Christopher Monckton's speech:
http://www.youtube.com/watch?v=PMe5dOgbu40&feature=player_embedded

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Barak Obama received the Nobel Peace prize for exactly the same reason Al Gore did. The prize is given by Thorbjørn Jagland, Chair of the Nobel Committee who was also the Vice President of Socialist International. One can think they are pushing a global agenda of Enviro-Communism or Eco-Marxism that will force Europe and the US to cater for the global Eco-Marxist agenda. Their end goal is to “punish” European countries (US included) for capitalism and success. The Marxist agenda of the Climate Change Conference 2009 was to discuss the totalitarian idea of World Government, transfer of wealth from Western countries to 3rd world countries under what they call “Climate debt”, because allegedly western countries have been burning CO2 and 3rd world countries haven’t!

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Climategate incident – exposing the eco-Marxist scam

On Thursday 19th November 2009 news began to circulate that hacked documents and communications from the University of East Anglia’s Hadley Climate Research Unit (aka CRU) had been published to the internet. The information revealed how top scientists conspired to falsify data in the face of declining global temperatures in order to prop up the premise that man-made factors are driving climate change. The documents and emails illustrated how prominent climatologists, affiliated with the UN’s International Panel on Climate Change, embarked on a venomous and coordinated campaign to ostracise climate skeptics and use their influence to keep dissenting reports from appearing in peer-reviewed journals, as well as using cronyism to avoid compliance with Freedom of Information Act requests. Here follows a compendium of articles and videos on what was quickly dubbed as “ClimateGate”. The full story: [3]

Sources:
1. http://www.foxnews.com/projects/pdf/113009_IISDreport.pdf
2. http://www.europa-eu-un.org/articles/en/article_8975_en.htm
3. http://www.prisonplanet.com/climate-bombshell-hacker-leaks-thousands-of-emails-showing-conspiracy-to-hide-the-realdata-on-manmade-climate-change.html
4. http://www.prisonplanet.com/climategate-the-final-nail-in-the-coffin-of-anthropogenic-global-warming.html
5. http://www.prisonplanet.com/hacked-e-mails-climate-scientists-discuss-hiding-decline-in-temperatures.html
6. http://www.prisonplanet.com/mike%E2%80%99s-nature-trick.html
7. http://www.prisonplanet.com/mcintyre-the-deleted-data-from-the-%e2%80%9chide-the-decline%e2%80%9d-trick.html
8. http://www.prisonplanet.com/hide-the-decline-climategate.html
9. http://www.prisonplanet.com/bishop-hill%E2%80%99s-compendium-of-cru-email-issues.html