giovedì 19 maggio 2011

Il "picco della salute" sui quotidiani nazionali

Patrizia Gentilini riprende il tema di un post apparso su "Cassandra" sul tema del "Picco della Salute." Il post originale lo trovate a questo link; qui di seguito l'articolo apparso in questi giorni


lunedì 16 maggio 2011

I filtri della nostra mente sono gestiti da internet



Vi passo questo talk su TED di Eli Parisier. E' in inglese, ma suggerisco di fare un piccolo sforzo per vederselo tutto. E' impressionante.

Lo sapevate che i risultati delle ricerche che fate su internet; Google, Facebook, Yahoo, tutto,  sono "filtrati", senza che voi ci possiate fare niente? Ovvero, il vostro servizio di ricerca vi fornisce i dati che ritiene che voi siete interessati a vedere. Che vi piaccia o no, vivete in una "bolla di informazione" decisa da altri (ma anche da voi stessi) che esclude un po' tutte le informazioni contrarie alla visione che avete del mondo. E' un processo che si auto-rinforza; più guardate certi siti e certi canali, più i motori di ricerca filtrano le vostre richieste in quel senso.

E' un classico ciclo di feedback positivo. Non è una cosa nuova: da sempre chi è di sinistra legge "L'Unità" o equivalenti e chi è di destra legge "Il Giornale" o equivalenti. Se ci pensate un attimo, è strano che uno paghi qualcosa per sentirsi raccontare balle di un tipo o di un altro. D'altra parte è così che funziona la mente umana: il risultato sono contrapposizioni tipo Peppone e Don Camillo - ingenue e forse anche divertenti. Ma è impressionante pensare quanto del dibattito politico sia basato su queste cose.

Internet oggi ha portato a una polarizzazione ben maggiore, come si vede ultimamente quando capita di scontrarsi con opinioni diverse. Quando si parla di cambiamento climatico, per esempio, ci si trova a parlare con persone che - letteralmente - sembrano arrivare da un altro pianeta; un pianeta che non si sta riscaldando affatto o che - se si riscalda - non ci farà altro che bene. Per non parlare poi della marea di complottisti, nubiristi, duemiladodicisti, sciachimisti, torri-gemelle-demolizionisti, allunaggi-inesistenzionisti,eccetera che infestano l'internet, tutti chiusi nella loro personale bolla informativa dove le loro convinzioni si autorinforzano in continuazione.

In parte, è un risultato inevitabile delle limitazioni della mente umana - di fronte alla marea immensa di informazione che c'è su internet, è inevitabile scegliere. E la scelta implica un processo di rinforzo che si auto-alimenta.

Come uscire da questa impasse? Non è facile, ma rendersi conto di quello che ci sta succedendo è già un passo avanti. Poi, applicare il metodo scientifico è l'unico modo di avere un "filtraggio" oggettivo che non dipende dalle nostre visioni ideologiche. Forse, nel futuro, potremo avere una maggior flessibilità nella gestione delle informazioni che ci arrivano da internet, e questo ci darà almeno la possibilità di far qualcosa per evitare queste forme di distorsione. Speriamo bene....

sabato 14 maggio 2011

Astrofili e Climofobi: come coinvolgere la gente nella scienza del clima



Da "Climascienza" arriva una notizia che corrisponde a una proposta che avevo fatto qualche tempo fa in un post intitolato "Astrofili e Climofobi", dove sostenevo che era necessario coinvolgere di più la gente sulla scienza del clima per evitare quella sensazione di essere "tagliati fuori" che poi alle volte si esprime con un contrarismo arrabbiato. In sostanza, sostenevo che abbiamo bisogno di "climofili", proprio come in astronomia esistono gli "astrofili"

Ora, sembra che La Royal Meteorological Society britannica abbia fatto esattamente quello che proponevo, con questa iniziativa chiamata "open air laboratories" come ci riporta "climascienza"

L'iniziativa è estremamente articolata e il sito Open Air Laboratories contiene molte attività e informazioni da esplorare. E' un tipo di cose che sembrano pensate più che altro per le scuole. Cosa direi molto valida: è importantissimo esporre i ragazzi a un approccio corretto verso la scienza del clima, prima che vengano esposti alle scemenze che girano sui media.

Ecco l'articolo di Climascienza. Cliccate sul link "openairlaboratories" per ulteriori informazioni

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Gb: AAA cercasi climatologi "profani" per raccolta dati 

Scritto da Franca Bonifazi -

Tutti possono diventare esperti di climatologia e aiutare gli esperti nelle loro osservazioni. Ne e' convinta la Royal Meteorological Society britannica, che ha lanciato una campagna per coinvolgere i semplici cittadini nella raccolta dei dati. L'iniziativa si chiama Open Air Laboratories, e si basa su tre compiti, come riferisce il Guardian. Una delle richieste e' l'osservazione delle scie di condensazione degli aerei, che si ritiene possano influire sul clima, e che possono essere osservate solo dall'occhio umano. Chiunque ne veda qualcuna puo' registrarle e inviarle al sito della campagna. Dedicato ai piu' giovani e' invece il compito di misurare con uno specchio e un compasso la direzione delle nuvole, e con dei giochi fatti con delle bolle di sapone quella del vento a livello del suolo, un dato utile per capire come la costruzione degli edifici influisce sulle correnti d'aria. Un terzo compito, infine, prevede che i partecipanti diano un'indicazione sulle sensazioni di caldo o freddo percepite, per capire come il cambiamento delle temperature viene registrato dalla popolazione.
''Quello che chiediamo alle persone e' di uscire all'aperto e osservare e misurare il clima - spiega Geoff Jenkins del Met Office - i risultati saranno utilissimi per testare i sistemi che usiamo per le previsioni meteo e per verificare i cambiamenti climatici''.

lunedì 9 maggio 2011

ASPO-9: il fantasma del cambiamento climatico



L'associazione per lo studio del picco del petrolio, ASPO, ha ormai più di 10 anni di storia, essendo stata concepita da Colin Campbell per la prima volta a una conferenza in Germania nel 2000. In questi anni, ASPO è cresciuta a partire da un piccolo gruppo di geologi petroliferi, diventando una notevole di persone altamente qualificate in vari campi della scienza. Ora, la IX conferenza ASPO in Brussels è terminata. Organizzata da ASPO-Belgio e ASPO-Olanda, ha presentato oratori di alto livelli, presentazioni interessanti e un'udienza interessata e attiva.


Tuttavia, un fantasma aleggiava sulla conferenza: quello del cambiamento climatico.

Non che non se ne sia discusso. Gli organizzatori hanno fatto un buon lavoro nel dare visibilità nel programma a una presentazione di Jean-Pascal van Ypersele, vice-presidente dell'IPCC. Nella prima sessione della conferenza, Van Ypersele ha dato una buona presentazione di quello che sappiamo oggi sul cambiamento climatico. Ma la visione dell'IPCC, apparentemente, non è la stessa di quella di ASPO e il contrasto è venuto fuori durante la discussione. Kjell Aleklett, presidente di ASPO, ha accusato Van Ypersele e l'IPCC di seguire un approccio"business as usual." Avendo trascurato il picco del petrolio (e di tutti i combustibili) negli scenari, Aleklett ha sostenuto che l'IPCC sta presentando degli scenari non realistici e eccessivamente pessimistici.

Aleklett non aveva torto a sollevare il problema e ha il merito di essere stato uno dei primi a far notare la contraddizione. Tuttavia, il problema è molto più profondo di quanto non se ne potrebbe dedurre da una visione semplicistica che vede il picco del petrolio come la salvezza dal riscaldamento globale, come Aleklett sembra volerci dire in alcune delle sue dichiarazioni. Può darsi benissimo che molti degli scenari dell'IPCC siano scorretti in questo senso, ma è anche vero che l'IPCC produce correttamente un "ventaglio" di scenari che considerano molteplici possibilità.  Basarsi su certe proiezioni specifiche sul "picco dei combustibili" per negare of sottovalutare gli avvertimenti dell'IPCC è un gioco pericoloso. Secondo gli studi su questo argomenti (vedi questo mio articolo) anche prendendo in considerazione una visione "stile ASPO" della disponibilità futura di combustinbili, arriviamo comunque pericolosamente vicini alla soglia del "cambiamento climatico irreversibile". I modelli non possono determinare con certezza dove si trova questa soglia, ma potrebbe essere molto più vicina di quanto pensiamo, anche tenendo conto del picco del petrolio. In effetti, la IPCC potrebbe benissimo essere troppo cauta nelle sue stime degli effetti dei feedback positivi che risulterebbero, per esempio, dal rilascio di metano dal permafrost. .

Il cambiamento climatico e il picco del petrolio non sono entità separate: una è lo specchio dell'altra. Sono due "forcing" importanti che hanno effetti sull'ecosistema e sono destinati a interagire l'uno con l'altro in modi difficili da prevedere. Potrebbe darsi che il picco del petrolio rallenterà le emisisioni di CO2 e, allo stesso tempo, il riscaldamento globale avrà effetti negativi sull'economia, riducendo ulteriormente le emissioni. Questi due effetti combinati ridurrebbero la minaccia del cambiamento climatico irreversibile. Ma la loro interazione potrebe essere più complessa e condurre a effetti opposti. Per esempio, Euan Mearns ha correttamente notato nella sua presentazione alla conferenza che persino l'efficienza energetica, una strategia apparentemente benigna per risolvere il problema del picco del petrolio, potrebbe in effetti peggiorare la situazione liberando risorse che potrebbero essere utilizzate per bruciare ulteriori quantità di combustibili fossili. E, ovviamente, il sistema economico potrebbe rivolgersi a combustibili sporchi e inefficienti per compensare il declino della produzione petrolifera. 
Il problema è apparso con grande chiarezza con la presentazione di Darren Bezdek, coautore con Robert Hirsch di uno studio sulla mitigazione del picco del petrolio. Nel mondo di Bezdek e Hirsch, il cambiamento climatico non esiste e non c'è altra soluzione alla minaccia del picco che aumentare la produzione di combustibili liquidi con metodi come la trasformazione del carbone, del gas, o dell'estrazione dalle sabbie bituminose. E' un buon esempio di "pensiero linear, (opposto al concetto di "pensiero sistemico, o dinamico") che vede un problema e la sua soluzione come isolati, senza preoccuparsi del sistema nella sua intereza. In questo caso, passare ai combustibli sporchi, come suggerit da Bezdek, vorrebbe dire un aumento importante delle emissioni di gas serra con effetti imprevedibili (ma quasi certamente orribili) sul sistema climatico. Sperabilmente, uno scenario del genere non sarà mai messo in pratica, ma il solo fatto che venga proposto è preoccupante. L'udienza di ASPO-9 è parsa preoccupata su questo punto. La presentazione di Bezdek è stata fortemente criticata nel dibattito e i commenti più negativi hanno ricevuto applausi a scena aperta.

In fin dei conti, è proprio l'approccio "picco del petrolio" che può essere accusato di prendere un atteggiamento "business as susual" Dopotutto, se è vero che gli scenari dell'IPCC non prendono in considerazione il picco, è anche vero che la maggioranza degli scenari focalizzati sul picco non prendono in considerazione il cambiamento climatico. In effetti, nella maggioranza delle presentazioni sul picco che si sono sentite a ASPO-9, la questione climatica non è stata menzionata.

C'è qualcosa di sbagliato con ASPO se questo problema è rimasto un fantasma, visto occasionalmente, ma nascosto la maggior parte del tempo? Probabilmente no; è soltanto una difficoltà oggettiva quella di fronteggiare l'enorme problema dell'influenza umana sull'ecosistema. Tutti tendiamo a specializzarci in qualche cosa; è il normale destino di un professionista. Ma, quando è il momento di capire il comportamenteo di un sistema dove molteplici effetti interagiscono fra loro in una cascata di feedback, è difficile rendersi conto dei limiti della nostra visione. Quindi, è normale che gli specialisti nel picco del petrolio non riescano a includere il cambiamento climatico nella loro visione, così come i climatologi tendono spesso a trascurare il ruolo del picco nei loro scenari.

Alla fine della conferenza, i problemi che abbiamo di fronte sono stati ben riassunti da Philippe Lambert, rappresentante dei verdi al parlamento europeo, che ha elencato una serie di gravi problemi che ci troviamo davanti. Non solo il picco del petrolio e il cambiamento climatic, ma anche la disponibilità di acqua. la sovrappopolazione e la perdita di biodiversità (e non ha menzionato la minaccia delle armi nucleari). Nessuno di questi problemi può essere risolto se lo vediamo come isolato - concentrarsi su un singolo problema può peggiorare la situazione con gli altri; come quando si propone di sostituire il petrolio con combustibili sporchi e a forti emissioni di gas serra.

Quindi, siamo di fronte a enormi problemi e spesso non abbiamo l'atteggiamento giusto per capire quali sono le soluzione. Vedremo cosa succederà nei prossimi anni, ma le probabilità che prendiamo la strada giusta verso la sostenibilità non sembra molto alta. Ricordiamoci comunque che si può vivere senza petrolio; i nostri antenati sono vissuti così per migliaia ddi anni. Ma i nostri antenati non sono mai vissuti in un mondo due gradi più caldo di quello attuale. E, sicuramente, non potremmo sopravvivere in un mondo che è più caldo di 6 gradi rispetto all'attuale. Forse il picco del petrolio ci salverà da questi scenari estremi, ma non lo possiamo sapere con certezza.

sabato 30 aprile 2011

Franco Battaglia preso in trappola




Dalla puntata di "Annozero" del 29 Aprile 2011, un montaggio di Dario Tamburrano ("Quinziocincinnato") che mette in evidenza le contraddizioni in cui è caduto Franco Battaglia a proposito di Chernobyl.

La puntata dell 11 Aprile 2011 di "Annozero" ha tutta l'aria di essere stata pensata fin dall'inizio come una trappola tesa a Franco Battaglia. E lui c'è cascato in pieno.

Già l'impressione di Battaglia come personaggio in TV non è per niente buona. Lui se la cava bene con la stampa, dove è molto aggressivo e si gioca bene le sue carte, sia pure entro i suoi limiti. Ma in tempo reale, in TV, Battaglia appare tutta un'altra cosa: è a disagio, appare troppo aggressivo; addirittura petulante. Non trova mai il tono giusto per essere convincente. L'impressione che da è pessima, indipendentemente dalle tesi che sostiene. Ma è proprio sui contenuti che si fa intrappolare da Bonelli che lo coglie in fallo in pieno; dati alla mano. Colpito e affondato, verrebbe da dire. Se poi avessero lasciato campo a Di Pietro con la sua domanda sul curriculum, lo avrebbe fatto a pezzi.

Su questa vicenda, c'è molto imparare. Per prima cosa, vediamo i limiti del personaggio Battaglia, che non riesce mai ad approfondire veramente i temi che tratta con tanta apparente sicurezza. Sulla questione di Chernobyl, non aveva tutti i torti a dire che il primo rapporto UNSCEAR delle nazioni unite parlava di soltanto una cinquantina di morti accertati. Ma la questione di Chernobyl è ben più complessa di così. I danni sono stati immensi - comunque li si voglia analizzare. Bastava andarsi a guardare wikipedia per evitare di lanciarsi a dire che il disastro è stato "una colossale mistificazione mediatica". Insomma, Battaglia è caduto vittima della sua tendenza a ipersemplificare le questioni che tratta. Ha fatto lo stesso errore che fa quando si lancia a criticare l'energia rinnovabile e la scienza del clima sulla base di affermazioni altrettanto infondate di quelle che ha usato per negare la catastrofe di Chernobyl.

Poi, c'è da imparare anche come è facile farsi intrappolare in TV o in qualunque dibattito. Possono essere trappole tese apposta, oppure il risultato dell'andamento del dibattito ma, in ogni caso, il risultato può essere disastroso e l'ho visto succedere molte volte. Ma se uno si informa bene e sa di cosa parla, non farà mai veramente brutta figura. Questo, evidentemente, non è stato il caso di Franco Battaglia ad Annozero.

domenica 24 aprile 2011

Pensieri di Cassandra sul nucleare

Una riflessione pasquale sulla situazione dell'energia nucleare e dei rischi di guerra atomica. La profetessa non è molto ottimista sulla situazione - speriamo che (per una volta) abbia torto.


Al momento in cui scrivo, a oltre un mese di distanza dall'incidente nucleare di Fukushima, non ci sono vittime accertate causate direttamente dai reattori danneggiati. I danni nelle zone circostanti, per quanto spaventosi, sono piccola cosa rispetto a quelli causati dallo tsunami. Eppure, siamo ancora a parlare dei reattori di Fukushima mentre non parliamo quasi più dello tsunami.

C'è una ragione - ed è una buona ragione.

La ragione è che la questione nucleare è su un altro livello. Con gli tsunami, gli uragani, i terremoti e tutto il resto, ci abbiamo convissuto per millenni - e anche di più. E' la Terra che si scuote; noi ci aggrappiamo dove possiamo, ma sappiamo che passerà. Il nucleare è una cosa diversa; è un ordine di grandezza in più di catastrofe; forse molti ordini di grandezza. E' qualcosa di sconosciuto che non era mai esistito su questo pianeta (eccetto un caso molto particolare, miliardi di anni fa).

Le cose sconosciute fanno paura; giustamente, e quel poco che sappiamo della faccenda è abbastanza per fare ancora più paura. In circa 50 anni di storia dell'energia nucleare civile ci sono stati incidenti causati dall'umana imperizia ma - forse per miracolo - nessuno causato direttamente dall'umana malvagità. Ma questo non ci deve far dimenticare che abbiamo ancora decine di migliaia di bombe nucleari immagazzinate negli arsenali dei vari paesi. Queste sono state costruite apposta per sterminare esseri umani. E qui, forse è veramente un miracolo che, dopo le due bombe di Hiroshima e Nagasaki nel 1945, non sono mai state utilizzate di nuovo. Eppure, le potenze nucleari hanno tenuto, quasi letteralmente, il "dito sul grlletto" per almeno 60 anni - e alla guerra ci siamo andati vicinissimi in molte occasioni. Un miracolo, appunto, ma le bombe sono ancora li' e siamo ancora a sperare che il miracolo continui. Curiosamente, oggi si parla meno della possibilità di un conflitto nucleare di quanto se ne parlasse qualche decennio fa, al tempo della "guerra fredda". Eppure, oggi le armi nucleari sono molto più diffuse di quanto non lo fossero allora; sparpagliate fra stati e staterelli che ne hanno accumulate decine o centinaia. 

A dimostrazione del fatto che l'umana follia non conosce limiti, negli anni 1950 si parlava di "guerra nucleare limitata" o addirittura di "vincere una guerra nucleare". Era follia allora, lo è ancora di più oggi; quando possiamo stimare gli effetti di una guerra nucleare sull'atmosfera terrestre. Lo sviluppo dei modelli climatici ci ha permesso di validare e raffinare il concetto di "inverno nucleare", che era stato proposto negli anni 1980.

I risultati sono, letteralmente, agghiaccianti. Basterebbe la detonazione di poche centinaia di bombe atomiche per causare un raffreddamento planetario di alcuni gradi centigradi. Questo distruggerebbe i raccolti di cereali perlomeno per qualche anno - e quanti milioni di vittime? Milioni? Quali milioni? Qui si parla di miliardi di vittime. E la possibilità di generare un disastro del genere ce l'hanno anche stati con arsenali nucleari relativamente piccoli: il Pakistan, per esempio, che sembra abbia un centinaio di bombe atomiche a disposizione..

La nostra vita è nelle mani di chi comanda in Pakistan? Sembrerebbe proprio di si. E non solo nelle loro mani. E' nelle mani di tutti quei leader che hanno il dito sul bottone e dei quali basta che uno abbia una crisi di follia. E si sa che i leader sono spesso persone mentalmente instabili e soggette a crisi di follia.

Tutto quello che ha a che fare con l'energia nucleare è, in qualche modo, legato a questa follia che ci ha preso nell'ultimo mezzo secolo. Incidenti come quello di Fukushima ci ricordano questo legame. Un legame che qualcuno ha chiamato "patto faustiano" ma, perlomeno, Faust aveva dato la sua anima per qualcosa di importante. Noi per che cosa abbiamo accettato il rischio della nostra stessa sopravvivenza? Per una massa di ordigni mostruosi e inutili e per meno del 15% dell'energia elettrica che produciamo. Lo slogan "Nucleare? No grazie" forse contiene più saggezza di quanto i suoi stessi ideatori non avessero immaginato.

Ma così è l'umana specie e speriamo che - per una volta - Cassandra abbia torto. Buona Pasqua a tutti.

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Un libro recente che dimostra come i pericoli di una guerra nucleare non si siano affatto ridotti con la fine della guerra freda è "How the end Begins" di Ron Rosenbaum, (Cambridge 2011). Sul libro di Rosenbaum, vedi anche il mio post su "Cassandra's Legacy"


A proposito dell'inverno nucleare, si può vedere l'articolo relativo su wikipedia


giovedì 21 aprile 2011

Dal Big Bang all'Apocalisse



Per un attimo di stacco dalle cose troppo serie, un video molto divertente - segnalato da "La Boite Verte."  Non che sia un trattato di paleoclimatologia, certo, ma, in fondo, qualcosa di vero in questa ricostruzione c'è.................