lunedì 8 febbraio 2010

Il blog di Cassandra

Avrete notato un cambiamento nel titolo del blog che ora si chiama "la maledizione di Cassandra". Prima l'avevo chiamato semplicemente "Il blog di Ugo Bardi", ma era un tantino troppo generico.

Ho visto che i vari post che facevo stavano evolvendo sempre di più verso il problema della comunicazione e della lotta contro la pseudo-scienza, soprattutto in campo climatico. Così mi è parso il caso di chiamare in causa Cassandra, profetessa e mia personale eroina. Il titolo "la maledizione di Cassandra", fra le altre cose, è quello di un libro che sto preparando.

Credo che siamo arrivati a un punto di rottura nel rapporto fra scienza e società. I prossimi anni decideranno se gli scienziati faranno la fine di Cassandra; ovvero saranno demonizzati e marginalizzati (e forse fisicamente eliminati). In questo caso, è probabile che la nostra civiltà faccia la fine di Troia al tempo di Cassandra; però non potremo dire di non essercela cercata.

Al momento, l'onda della disinformazione sulla questione del cambiamento climatico sta travolgendo tutto e tutti. Contro la stupidità, anche gli Dei lottano invano e Cassandra se ne è accorta ai suoi tempi. Comunque, non tutto è perduto se sapremo reagire. La lotta è appena cominciata e, come diceva Churchill, non sarà per Agosto, e nemmeno per Settembre, tuttavia......

venerdì 5 febbraio 2010

Un'arma di distruzione di massa lanciata contro la scienza


Questa vignetta ci mostra gli elementi principali della propaganda diretta a negare il ruolo umano e l'esistenza stessa del riscaldamento globale. Vedete la falsificazione dei dati: la linea delle temperature che scende. Vedete anche la demonizzazione del messaggero: Al Gore mostrato con fattezze da nano deforme. Ma la bugia che le temperature stanno diminuendo non regge più. Allora, non resta che prendersela con le persone; è la nuova tattica dei negazionisti. L'attacco mediatico contro i climatologi si sta rapidamente trasformando in un'arma di distruzione di massa diretta contro tutta la scienza. 


James Hrynyshyn ha riassunto molto bene la situazione nel suo blog "The Island of Doubt" (vedi il testo, più sotto). Il 2009 è stato un anno che poteva rappresentare il "punto di non ritorno" della questione climatica; ovvero in cui sia il riscaldamento come il ruolo dell'uomo nello stesso sarebbero apparsi evidenti a tutti. Dopo che il 2008 era stato un anno di pausa, il 2009 è ritornato in linea con le tendenze degli ultimi decenni: è stato il secondo anno più caldo della storia da quando si fanno misure di temperatura. Tutte le scemenze sul "raffreddamento globale" che si sono sentite dire ultimamente ne sono state seppellite. Allo stesso modo, la conferenza di Copenhagen avrebbe potuto dare una forma ufficiale alle azioni necessarie per contrastare il riscaldamento globale.

Non c'è da stupirsi allora se il negazionismo climatico, messo all'angolo dalla realtà dei fatti, ha reagito con un contrattacco durissimo. E' stata una vera e propria "escalation", per usare un termine militare. Se, fino ad oggi, la polemica era stata soprattutto sui dati e sulle teorie, adesso si è spostata sulle persone. Così è nato il furto delle email dell'università di East Anglia che sono state distorte al punto da interpretarle come un'ammissione dei climatologi di aver ordito un complotto mondiale per lucrare su un riscaldamento inesistente. Ora, l'offensiva si sta sviluppando con una serie di attacchi personali ai climatologi di maggior spicco, come Michael Mann. Siamo arrivati al punto che gli scienziati vengono insultati per aver fatto e fare quello che è il loro mestiere: ovvero utilizzare risorse pubbliche per fare ricerca nel loro campo.

E' l'attacco "ad hominen"; l'arma più potente dell'arsenale della propaganda. Se non puoi contestare i fatti, contesta la persona del tuo avversario. Già a Copenhagen, Cristopher Monckton, visconte di qualcosa e noto negazionista climatico, ha insultato i suoi opponenti definendoli "gioventù hitleriana". La "reductio ad Hitlerium" è la forma estrema di questo tipo di attacco. 


L'offensiva dei negazionisti climatici sta avendo un notevole successo nel disorientare il pubblico. Ma le armi più potenti sono anche quelle che sono più difficili da controllare. Scatenare questa campagna di odio si sta rivelando una vera arma di distruzione di massa che sta demolendo la fiducia del pubblico non solo nella scienza del clima, ma nella scienza e negli scienziati in generale. E' un danno immenso che la società tutta intera si sta auto-infliggendo. E questo proprio nel momento in cui avremmo bisogno di fiducia nella scienza per poter prendere le decisioni giuste di fronte alla grande crisi climatica e delle risorse.

Persino qualche scienziato di spicco, come Enrico Bellone in Italia,  non ha capito che l'attacco è diretto a tutta la scienza e non solo a quella del clima. Così, si diverte a sparare qualche sciocchezza alla moda solo per il gusto di un breve flash di popolarità. Non ha capito che la campana suona anche per lui.




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Why the denial camp is winning (and we're all losing) the climate wars



Posted on: February 4, 2010 10:44 AM, by James Hrynyshyn


It's not so much that the pseudoskeptics who dominate the climate change denial camp are particularly clever, but they have been rather fortunate, and the forces aligned on the side of science have turned out to be human after all. The result is the denial camp is winning, and those on the defensive have some thinking to do.

First, consider the timing of recent events.

As the year began, climatologists were able to launch what should have been a devastating counterattack to the nonsensical but appealing notion that global warming has been replacing by global cooling. The records show that the first decade of the century was the warmest on record. Not only that, but 2009 tied for the second warmest year on record. This despite the recent La Niña, the phase of the irregular ENSO cycle that temporarily cools the surface waters of the oceans and consequently the lower atmosphere, and an unusually long solar minimum, which has the same qualitative, though not quantitative, effect on the Sun's heating of the planet.

Then there was the nail in the coffin of the already moribund argument that the siting of U.S. weather stations lent a warming bias to temperature records. A new paper from the staff of the National Climatic Data Center in Asheville, N.C., concluded the net bias came in the form of a cooling trend. If anything, temperatures in the U.S. have been rising more than previously thought. (Although the real bias is tiny, the important point is the absence of a warming bias.)

Given those facts, even a middle-school student can see the thesis that any warming trend was natural and short-lived is just plain false. And indeed, after a spate late last year of "there's been no warming since 1998" stories, largely in the UK but also to a surprising extent in the US, that particular fiction is no longer a favorite of the anti-intellectual pundits. But that hasn't silenced them.

Instead, they've switched from attacking the science to attacking the scientists. The advent of the publication of hundreds of private emails among leading climatologists made this as easy as shooting fish in a barrel. We've all written things in haste that we'd love to retract, but that's just not possible in the wired world. And everyone makes mistakes. Automobile manufacturers sell cars with faulty accelerators and brakes because they're staffed by humans, just as IPCC authors cut corners and disregard protocol because they're human.

Here's IPCC author Phil Duffy, whose thoughts on the subject inspired mine:

Things happen, but let's react appropriately. Medical doctors make mistakes every day. (In fact, medical errors in the US alone kill hundreds of people daily--the equivalent of a jumbo-jet crash.) And no doubt many of these errors happen because established procedures are ignored, sometimes knowingly. Does this mean the entire edifice of western medicine is wrong, or prejudiced, or the product of a conspiracy, and should be rejected? Of course not. Furthermore, the medical profession as a whole is still held in high regard, as it should be.

No one worth listening to is calling for a massive inquiry into the science underpinning modern medicine, or the engineering foundations of the car industry. But pseudoskeptics argue that the IPCC is systematically fraudulent simply because a couple of statements among thousands of pages of heavily edited and re-editing (and re-re-edited) documents cite gray literature instead of the peer-reviewed literature that supplied the science in the first place.

Is it controversial among those study such things that 40% of the Amazon is susceptible to drought? No. Is it controversial that Himalayan glaciers are receding? No. Only the way in which that science was presented and attributed was found faulty. To thrown out anthropogenic global warming because of such missteps is the climatological analog of dismissing an entire faculty of medicine because someone correctly diagnosed a patient because of a story they read in New Scientist instead of the medical journal article on which the story was based. Bad judgment? Yes. Fatal error? No.

Yet, that's not the impression we get from reading the likes of George Will, or James Delingpole or Ian Plimer or Anthony Watts or any of the other questionable sources that find their way into Climate Debate Daily's right-hand column. They would have you believe that climatologists are universally dishonest and/or stupid, more so than those of any other profession or trade. And after suffering years of insults to their intelligence and integrity, a few climatologists occasionally lose their cool in private correspondence, thus supplying the denial-mongers the fodder for this latest offensive in their war on reason and science.

There has been much gnashing of teeth among those who study the communication of science over the climate community's poor "messaging." But honest evaluation is there is no way scientists could have anticipated the challenges they face. The world has never before demanded so much of its scientists.They could not have been expected to self-censor their emails because there's never been a comparable revelation of once-private correspondence among scientists. With 20-20 hindsight, the errors are evident. But that's always the case with 20-20 hindsight, isn't it.

So where does that leave those who care about getting the science message out to the public?

I have only one suggestion at this time, though hopefully more will become evident in the near future. The mainstream media has got to stop giving time and space to those who have no expertise in the field. Journalists who consider themselves in the business of supplying something akin to the truth have got to stand up to editors who insist on upon false equivalency or stop calling themselves journalists. News outlet administrators who pretend to respect their readers, viewers and listeners should read the riot act to anyone who blogs or otherwise works under their banner and insist they start respecting science if they want to continue in that capacity.

This isn't about censorship. Thanks to the Internet, everyone can find a way to spread their point of view. It's about applying the same standards to coverage of climate change that "respectable" media apply to fields like sports, business and other fields. Sports bloggers and journalists for major news organizations couldn't get away with making up baseball statistics for long. They'd be laughed out of the office. Business reporters can't supply false stock market numbers because that would be a violation of very essence of what they're supposed to be doing. And yet climate science is somehow different. If you work for the Daily Mail or Telegraph in the UK, or Fox News (or the Washington Post's op-ed section) in the U.S., you can say or print anything you want about climatology, without regard for the facts. That should not be tolerated.

It's not much, but it's a start.

lunedì 1 febbraio 2010

La vendetta di Quetzupbotls




Un'antica leggenda Maya racconta dell'origine del loro calendario


Il possente Dio Quetzupobotls disse ai suoi sudditi: il calendario sarà per 5125 anni e non di più


Che cosa avverrà quando il calendario finisce? Chiese il popolo.


In quel tempo, una possente civilizzazione dominerà il mondo. Voleranno in uccelli di metallo giganti e mangeranno formaggio da magici contenitori.


Ma molti saranno pigri di mente e ingenui di spirito e crederanno che il calendario segni la fine del tempo.


Ascolteranno storie e guarderanno magiche visioni a proposito della fine del nostro calendario e pagheranno moneta da loro stessi duramente guadagnata per queste storie.


La fine del calendario verrà, ma il mondo non sarà finito. Gli imbecilli urleranno e agiteranno i pugni al cielo, ma non avranno indietro i loro soldi.


Perché? Perchè faresti questo a questa gente? Domandarono i sudditi di Quetzupbotls


Hey, è per fare due risate, no? Fu la risposta. 


Non dice proprio così


Alcuni dei glifi sono aperti a diverse interpretazioni

sabato 30 gennaio 2010

Paolo Granzotto colpito nel vivo



Devo aver colpito davvero nel segno con i miei commenti (uno e due) ai recenti articoli di Paolo Granzotto sul riscaldamento globale. Non solo Granzotto si è sentito in dovere di rispondermi sulla sua colonna, ma anche, oggi, di dedicarmi un'altra paginata.

Granzotto ha accusato il colpo di essere stato paragonato agli oppositori di Galileo Galilei; quelli che si rifiutavano di mettere l'occhio al telescopio per verificare che Giove aveva dei satelliti e la Luna dei crateri. A questo punto, a non gli restano altro che gli insulti: l'ultima risposta di chi non ha più argomenti.

Fra le altre cose, nella sua risposta, Granzotto non menziona minimamente l'immagine dei ghiacciai svizzeri dimezzati che avevo pubblicato nel mio post a a conferma dell'esistenza del riscaldamento globale. Allora, secondo lui, sono dati taroccati dall'IPCC anche quelli?

E' non è solo un problema dei ghiacciai svizzeri - i ghiacciai in tutto il mondo si stanno ritirando con tendenze molto simili. Non è un fenomeno locale come potete vedere da questi dati per i ghiacciai dell'Himalaya:


Eh si, proprio l'Himalaya, di cui si è fatta tanta polemica strumentale in questi giorni. Forse l'IPCC ha esagerato quando ha detto che i ghiacci si scioglierano completamente nel 2035, ma non c'è dubbio che i ghiacci si stanno sciogliendo. Non avete bisogno di dati sulle temperature: lo vedete con i vostri occhi nella foto. E se il ritiro dei ghiacci non è causato dal riscaldamento globale, da cosa? Con buona pace dei negazionisti, la terra si sta scaldando per davvero.

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Da Il Giornale del 30 Gennaio 2010



Caro Paolo, ti avverto che Bardi è tornato alla carica e sul suo bloghetto ti manda a dire: «Ahimé, nella sua risposta, il povero Granzotto non riesce a far di meglio che aggrapparsi alla leggenda del giorno. Secondo lui, gli “unici dati” sono “quelli del famigerato IPCC” (curiosamente scritto “Ipcc”). Eh, no: queste sono proprio panzane. L’IPCC - famigerato o no che sia - non ha dati propri. Si limita a riportare i dati raccolti da migliaia di ricercatori indipendenti e centri di ricerca che non sono, certamente “al suo servizio”. L’IPCC (scritto in maiuscolo) non ha la possibilità di influire sul lavoro di queste migliaia di ricercatori; non più di quanto il “tal Ugo Bardi” abbia la possibilità di influire su quello che si pubblica, per esempio, su Il Giornale». Secondo te ci è o ci fa?




Che sagoma quel Bardi (Ugo Bardi, presidente, niente meno, che dell’«Associazione per lo studio del picco del petrolio»). Con piagnucolosa scontrosità mi rimprovera anche la grafia degli acrostici. Dice che Ipcc - Intergovernmental Panel on Climate Change - debba scriversi in tutte maiuscole, IPCC. Ma lui, Fiat, Eni - acrostici di Fabbrica Italiana Automobili Torino e Ente Nazionale Idrocarburi - come li scrive? Boh. In ogni modo, i lettori che si fossero persi la puntata precedente sappiano che Bardi è di quelli che intignano, che non vogliono rinunciare all’idea di veder la Terra arrosto. Alla bella notizia che i dati «scientifici» portati a conferma (ovviamente «scientifica») del surriscaldamento globale erano tutti taroccati - l’ormai noto «climagate» - risponde che fa niente perché ci sarebbero da qualche parte altri dati «veri», «seri», che documenterebbero in modo inequivocabile il vertiginoso aumento delle temperature (come d’altronde ciascuno può constatare da sé in questi giorni di canicola invernale).

Poi, però, il Bardi scrive che l’Icpp, deputato dall’Onu, non dal Circolo dei climatologi della domenica, a far luce sui cambiamenti climatici «riporta i dati raccolti da migliaia di ricercatori indipendenti e centri di ricerca che non sono certamente al suo servizio». Vero, verissimo. Sta però di fatto che elaborando quella montagna di dati sull’andamento medio delle temperature, i mammasantissima dell’Ipcc, (Michael Mann, per fare un nome a caso) si resero conto con raccapriccio che dal 1998 esso risultava stazionario con un lieve accenno alla diminuzione. In pratica, l’annunciato riscaldamento globale non era confermato dalle scrupolose misurazioni effettuate da migliaia, dicesi migliaia di tecnici, esperti, accademici, luminari, ricercatori, cultori della materia e scienziati d’ogni nazionalità (meno quei tre o quattro amici del Bardi). E allora che cosa fecero, i mammasantissima dell’Icpp (uno per tutti: il professor Michael Mann)? Con un trucchetto - il «trucchetto di Mann», appunto - diedero una sistematina ai grafici così che risultasse che il pianeta si stava riscaldando vieppiù e che dunque era fatale che presto sarebbe andato arrosto. Non è dunque l’Icpp, come sostiene il Bardi in versione Pangloss, a influire «sul lavoro di queste migliaia di ricercatori indipendenti e centri di ricerca». Sveglia, Bardi! Erano le migliaia di ricercatori indipendenti e centri di ricerca che influivano sull’Iccp fino a quando l’Iccp medesima, visto che il lavoro di migliaia eccetera eccetera non si conformava ai suoi desiderata, decise di truccare le carte. Le quali, se non truccate, avrebbero rivelato che la temperatura media non si sta alzando, che i ghiacciai dell’Himalaya non si stanno squagliando e qui dove sono, in Italia, mica in Siberia, nevica che Dio la manda.

mercoledì 27 gennaio 2010

Il giorno della memoria: Shoah e Porrajmos



Kevin e Rusat del campo Rom di Sesto Fiorentino, impegnati al computer. Stanno imparando a navigare in Internet.


Nel giorno della memoria, ricordiamo la Shoah e tutte le altre stragi di popoli del passato. Ricordiamo anche il "Porrajmos" ("il divorare") detto anche "Kali Tras" ("il terrore nero"); la strage dei popoli Rom e Sinti nei campi di concentramento in Europa al tempo del Nazismo. Le stime vanno dai 200.000 al milione e mezzo di persone sterminate nei campi di concentramento.


Oggi, i Rom e i Sinti non hanno trovato ancora una loro collocazione nella società Europea e, purtroppo, certe cose che abbiamo sentito di recente ci ricordano il tempo del Porrajmos. Ma i tempi stanno cambiando. Come vedete nella foto; i giovani Rom non sono più nomadi, ma ragazzi che vanno a scuola e usano il computer. Si può sperare che le cose cambino per il meglio.



martedì 26 gennaio 2010

Cosa succede al collasso?

Interessarsi di collasso economico può avere un aspetto morboso ma, d'altra parte, ci sono delle cose che non si possono ignorare. I collassi economici ci sono e negli ultimi decenni ce ne sono stati tanti; anche di paesi che sembravano politicamente ed economicamente ben solidi.



Vi passo un pezzetto del "Washington Post" del 2002 (traduzione mia) che ci da un'idea di quello che può succedere. Questo è il caso dell'Argentina - un collasso di qualche anno fa ma che sarebbe bene non dimenticare.




Disperazione in Argentina, una volta un paese orgoglioso

Dopo il collasso economico, la profonda povertà rende la dignità una vittima.


By Anthony Faiola
Washington Post Foreign Service
Tuesday, August 6, 2002; Page A01



ROSARIO, Argentina -- La notizia si è diffusa rapidamente attraverso i grandi slum urbani che circondano Rosario. C'è cibo sull'autostrada - ancora vivo.

Un camion di bestiame si era rovesciato vicino alla città rugginosa, lasciando cadere 22 capi di vacche di razza Angus sull'autostrada spazzata dal vento. Alcune erano morte. La maggioranza ferite. Alcune stavano bene.

Una folla si è mossa da Las Flores, una città di baracche di metallo e cumuli di immmondizia che trasuda di rifugiati dal collasso finanziario di quella che era una volta la nazione più ricca di tutta l'America Latina. In pochi minuti, 600 persone affamate sono arrivate sulla scena con machete e coltelli. Improvvisamente, secondo quanto raccontano i presenti in quel giorno di Marzo, si è udito un grido.

"Ammazzate le vacche!" ha urlato qualcuno. "Prendete quello che potete!"

Si sono tirati indietro gli impiegati della ditta del trasporto bestiame che cercavano di recuperare il salvabile. E il macello ha avuto inizio. L'odore del sengue, di morte e di carne fresca ha riempito l'autostrada. Le vacche si lamentavano mentre venivano fatte a pezzi senza criterio da gruppi di uomini, donne e bambini. C'erano lotte per pezzi di carne sanguinanti.

"Mi sono guardato in giro e ho visto gente che si portava via zampe di mucca, teste e organi. Non potevo credere ai miei occhi," dice Alberto Banrel, 43 anni, che ha lavorato nell'edilizia fino al Gennaio scorso, quando si è scoperchiata la voragine economica dopo che l'Argentina ha sofferto la peggiore crisi di debito estero nella storia del mondo e una pesante svalutazione della moneta.

"Eppure ero li', col mio coltello insanguinato e un pezzo di carne,", dice Banrel. "Mi sono sentito come se fossimo diventati un branco di animali selvaggi..... come i pirana che si vedono su Discovery Channel. La nostra situazione ci ha fatto diventare così."
 

domenica 24 gennaio 2010

Paolo Granzotto continua a rifiutarsi di mettere l'occhio al telescopio




In un post precedente, avevo criticato Paolo Granzotto paragonando il suo atteggiamento riguardo al riscaldamento globale a quello degli oppositori di Galileo Galilei. Ai quei tempi, c'era chi si rifiutava di guardare dentro il telescopio e negava le scoperte di Galileo soltanto sulla base dei loro arzigogoli filosofici.  Allo stesso modo, Granzotto si rifiuta di prendere in considerazione i dati e nega il cambiamento climatico sulla base dei propri arzigogoli mentali.

Devo aver colpito nel segno, perché Granzotto si sente ora in dovere di rispondere (vedi sotto) a "un tal Ugo Bardi, presidente, niente meno, che dell'associazione per lo studio del picco del petrolio"

Ahimé, nella sua risposta, il povero Granzotto non riesce a far di meglio che aggrapparsi alla leggenda del giorno. Secondo lui, gli "unici dati" sono "quelli del famigerato IPCC" (curiosamente scritto "Ipcc"). Eh, no: queste sono proprio panzane. L'IPCC - famigerato o no che sia - non ha dati propri. Si limita a riportare i dati raccolti da migliaia di ricercatori indipendenti e centri di ricerca che non sono, certamente "al suo servizio". L'IPCC (scritto in maiuscolo) non ha la possibilità di influire sul lavoro di queste migliaia di ricercatori; non più di quanto il "tal Ugo Bardi" abbia la possibilità di influire su quello che si pubblica, per esempio, su "Il Giornale."

Insomma, Granzotto continua a basarsi sull'ideologia, rifiutandosi  di guardare dentro il telescopio climatico. Ma, alla fine, la scienza di Galileo l'ha avuta vinta e lo stesso succederà per la scienza del clima.

Devo dire però anche qualcosa a favore di Granzotto che, perlomeno, non rifiuta il confronto. In questo tipo di dibattiti, la strategia fondamentale è quella di far sparire l'avversario nell'invisibilità mediatica; ignorandolo. Questo, Granzotto poteva farlo facilmente sfruttando il potere mediatico del "Giornale" che è infinitamente superiore a quello del blog del "tal Ugo Bardi". Granzotto, se non brilla per competenza, peraltro dimostra un certo coraggio. Onore al merito!

Non c'è dubbio, in effetti, che ci vuole un gran coraggio a sostenere che il mondo non si scalda di fronte all'evidenza. Per esempio, questo francobollo che illustra il ritiro dei ghiacciai; emesso dalle poste svizzere  (e non dall' "Ipcc"!)




(Ringrazio Leonardo Libero per la segnalazione dell'articolo di Granzotto e per l'immagine del francobollo delle poste svizzere)
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Ecco l'articolo di Granzotto pubblicato su Il Giornale di sabato 23 gennaio 2010


Il global warming sta cuocendo nuove «bufale»

di Paolo Granzotto
Caro Granzotto, un amico mi ha riportato questa battuta: «tranquilli, del riscaldamento globale si tornerà a parlare in luglio». Ma è poi una battuta?
e-mail

Da come si stanno mettendo le cose è probabile che sì, resterà una buona battuta di spirito. Non credo infatti che al disgelo gli sciamani del global warming rialzeranno la cresta e, approfittando del solleone, la rimenino col surriscaldamento climatico. Essi temono d’esser presi a pernacchie, come capita già da adesso (gli Usa sono sempre all’avanguardia) al loro idolo Al Gore, incessantemente sbertucciato da stampa e tivvù di un’America sepolta sotto una coltre di neve, attanagliata da temperature polari. La verità è, caro Mascielli, che «è sempre più sottile il ghiaccio su cui camminano i climatologi», come scriveva la brava Elena Dusi sulla Repubblica (quotidiano che ha sposato, ma forse converrebbe dire che sposò, la visione apocalittica del pianeta che sta finendo arrosto). Ghiaccio che finirà presto per cedere, sprofondando negli abissi del ridicolo il global warming, i suoi sostenitori e i fanatici adepti della religione ambientalista, degli adoratori di Gea, la Terra Madre. Prima lo scandalo del climagate, la più grande truffa scientifica dai tempi di Cagliostro, con le famose e-mail che i climatologi si scambiavano per concordare aggiustamenti, ritocchi e tarocchi ai rilevamenti delle temperature medie, alzandole di qualche grado per conformarle alla favola del riscaldamento globale. Poi la storia dei ghiacciai dell’Himalaya che secondo il Rapporto dell’Ipcc, il comitato dell’Onu che si occupa dei cambiamenti climatici, si sarebbero sciolti del tutto entro il 2030. Una balla grande come una casa che tuttavia fruttò all’Ipcc il Nobel e fece piangere di dolore e di rabbia Al Gore, smentita dallo stesso capo del comitato, il miliardario indiano Rajendra Pachauri.


Eppure, le tremende mazzate alla credibilità della sala comando del riscaldamento globale sembra non turbino le coscienze dei più cocciuti fra coloro che quella bufala abbracciarono con fideistico entusiasmo. Essi seguitano a ripetere la stessa litania e cioè che stando ai dati raccolti «il riscaldamento del clima è inequivocabile e sta avvenendo a ritmi molto sostenuti» (il virgolettato è di Giampiero Maracchi, professore di climatologia all’Università di Firenze). Chi, rabbrividendo dal freddo, rifiuta di crederci viene poi liquidato come «negazionista», cioè individuo indegno, colpevole di mortale peccato civile. Come fa, a esempio e chiamandomi in causa, un tal Ugo Bardi, presidente, niente meno, che della «Associazione per lo studio del picco del petrolio». Anche il Bardi è di quelli che insistono nell’affermare che «i dati veri, documentabili, pubblicati su riviste internazionali» parlano chiaro confermando che fa caldo, sempre più caldo. Ma quali sarebbero questi dati «veri»? Gli unici a far testo, gli unici a far aggio sono quelli del famigerato Icpp che ha al suo servizio migliaia - dicesi migliaia - di scienziati e di «esperti» i quali si dedicano solo ed esclusivamente a controllare l’andamento climatico. Ed è sulla base dei dati e dei rapporti dell’Ipcc, non di altri, che fu lanciato l’allarme, decretata l’emergenza per il surriscaldamento del pianeta, formulato il Protocollo di Kyoto e concordata la road map della recente conferenza di Copenaghen. Bene, quei dati sono risultati falsi. Quei rapporti (dove si leggeva che in base a rilevamenti scien-ti-fi-ci i ghiacciai dell’Himalaya avevano gli anni contati) sono risultati inattendibili se non proprio fraudolenti. E chi sostiene il contrario è un negazionista, ecco che cos’è.


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