venerdì 17 settembre 2010

La vita quotidiana di Cassandra


 Qualcuno, evidentemente, pensa che una vignetta così sia divertente (la scritta in basso dice "come mai nessuno ci prende sul serio?"). Nella vita, bisogna anche tener conto dell'esistenza degli imbecilli e regolarsi di conseguenza.



Alcune note di  Tim Ferriss che credo che si possano applicare a quello che molti di noi stanno facendo per cercare di difendere la scienza dall'ondata di imbecillità montante. Quella che segue non è una vera e propria traduzione, ma una mia libera interpretazione. In fondo, c'è il testo originale in inglese.


1. Non importa quanta gente non capisce quello che scrivi. Sono importanti quelli che lo capiscono.


2. Comunque vada, ci sarà sempre un 10% di imbecilli che prenderà quello che scrivi come un insulto personale e reagirà di conseguenza. Non sei tenuto a dare una risposta.


3. Solo i mediocri sono simpatici a tutti. Diceva Don Milani, "chi ha detto che un prete deve essere simpatico per essere un buon prete?"


4. Se sei veramente bravo a fare quello che fai, qualcuno se ne avrà a male. Questo è il segnale che stai facendo qualcosa bene.


5. Se vuoi migliorare, vai tranquillo che qualcuno ti considererà stupido o pazzo ed è bene che sia così. Anzi, fattene un punto di orgoglio.


6. Vivi bene e fregatene. Non dargli la soddisfazione di vederti arrabbiato.


7. Prenditela calma e continua così.


 Tim Ferriss: 7 Great Principles for Dealing with Haters:
1. It doesn’t matter how many people don’t get it. What matters is how many people do.

“It’s critical in social media, as in life, to have a clear objective and not to lose sight of that,” Ferriss says. He argues that if your objective is to do the greatest good for the greatest number of people or to change the world in some small way (be it through a product or service), you only need to pick your first 1,000 fans — and carefully. “As long as you’re accomplishing your objectives, that 1,000 will lead to a cascading effect,” Ferriss explains. “The 10 million that don’t get it don’t matter.”

2. 10% of people will find a way to take anything personally. Expect it.

“People are least productive in reactive mode,” Ferriss states, before explaining that if you are expecting resistance and attackers, you can choose your response in advance, as opposed to reacting inappropriately. This, Ferriss says, will only multiply the problem. “Online I see people committing ’social media suicide’ all the time by one of two ways. Firstly by responding to all criticism, meaning you’re never going to find time to complete important milestones of your own, and by responding to things that don’t warrant a response.” This, says Ferriss, lends more credibility by driving traffic.

3. “Trying to get everyone to like you is a sign of mediocrity.” (Colin Powell)

“If you treat everyone the same and respond to everyone by apologizing or agreeing, you’re not going to be recognizing the best performers, and you’re not going to be improving the worst performers,” Ferriss says. “That guarantees you’ll get more behavior you don’t want and less you do.” That doesn’t mean never respond, Ferriss goes on to say, but be “tactical and strategic” when you do.
4. “If you are really effective at what you do, 95% of the things said about you will be negative.” (Scott Boras)

“This principle goes hand-in-hand with number two,” Ferriss says. “I actually keep this quote in my wallet because it is a reminder that the best people in almost any field are almost always the people who get the most criticism.” The bigger your impact, explains Ferriss (whose book is a New York Times, WSJ and BusinessWeek bestseller), and the larger the ambition and scale of your project, the more negativity you’ll encounter. Ferriss jokes he has haters “in about 35 languages.”
5. “If you want to improve, be content to be thought foolish and stupid.” (Epictetus)

“Another way to phrase this is through a more recent quote from Elbert Hubbard,” Ferriss says. “‘To avoid criticism, do nothing, say nothing, and be nothing.” Ferriss, who holds a Guinness World Record for the most consecutive tango spins, says he has learned to enjoy criticism over the years. Ferriss, using Roman philosophy to expand on his point, says: “Cato, who Seneca believed to be the perfect stoic, practiced this by wearing darker robes than was customary and by wearing no tunic. He expected to be ridiculed and he was, he did this to train himself to only be ashamed of those things that are truly worth being ashamed of. To do anything remotely interesting you need to train yourself to be effective at dealing with, responding to, even enjoying criticism… In fact, I would take the quote a step further and encourage people to actively pursue being thought foolish and stupid.”
6. “Living well is the best revenge.” (George Herbert)

“The best way to counter-attack a hater is to make it blatantly obvious that their attack has had no impact on you,” Ferriss advises. “That, and [show] how much fun you’re having!” Ferriss goes on to say that the best revenge is letting haters continue to live with their own resentment and anger, which most of the time has nothing to do with you in particular. “If a vessel contains acid and you pour some on an object, it’s still the vessel that sustains the most damage,” Ferriss says. “Don’t get angry, don’t get even — focus on living well and that will eat at them more than anything you can do.”
7. Keep calm and carry on.

The slogan “Keep Calm and Carry On” was originally produced by the British government during the Second World War as a propaganda message to comfort people in the face of Nazi invasion. Ferriss takes the message and applies it to today’s world. “Focus on impact, not approval. If you believe you can change the world, which I hope you do, do what you believe is right and expect resistance and expect attackers,” Ferriss concludes. “Keep calm and carry on!”

mercoledì 15 settembre 2010

Il pianeta di smeraldo



Quando si parla di evoluzione e di vita nel passato, ci vengono in mente le grandi rivoluzioni della vita animale sulla terra: l'esplosione multicellulare del Cambriano, la comparsa e la sparizione dei dinosauri, l'esplosione evolutiva dei mammiferi.

Ci viene meno spesso in mente che le piante hanno avuto una loro storia evolutiva altrettanto - e forse più - importante di quella degli animali. Questa storia ce la racconta David Beerling in questo splendido e affascinante libro dal titolo "Il Pianeta di Smeraldo".

Leggersi questo libro vuol dire immergersi in più di 400 milioni di anni di storia della Terra, da quando le prime piante con radici si sono diffuse sui continenti e di come la loro presenza ha cambiato il pianeta.

E' un fatto che di tutta questa storia affascinante non si può capire niente se non la si vede come parte del "sistema terra", dove il clima, la composizione dell'atmosfera, e la vita sono strettamente legate e interdipendenti fra di loro. Le piante hanno effetto sul clima e il clima ha effetto sulle piante. Il primo grande cambiamento climatico del Fanerozoico (il periodo delle forme di vita complesse) è stata l'era glaciale del Carbonifero, quando il grande sviluppo delle piante terrestri ha rimosso grandi quantità di CO2 dall'atmosfera. Meno CO2 vuol dire meno effetto serra e questo ha raffreddato fortemente il pianeta.

La storia delle piante è strettamente legata alla concentrazione di CO2 nell'atmosfera. Il CO2 è cibo per le piante, ma la sua concentrazione non può essere troppo alta, altrimenti il pianeta va arrosto. A questo, si aggiunge il fatto che l'irradiazione solare aumenta gradualmente con il tempo - lentamente - circa dell'1% ogni cento milioni di anni. Ma l'ecosistema terrestre deve fare i conti con questo aumento e se la temperatura non deve crescere troppo, bisogna che la concentrazione di CO2 scenda lentamente. E' questa l'"omeostasi planetaria" - Gaia, per intenderci.



 La concentrazione di CO2 durante il fanerozoico, il periodo delle forme di vita complesse. Il crollo delle concentrazioni a circa 350 milioni di anni fa corrisponde alla nascita delle piante con radici che hanno colonizzato i continenti e assorbito una grande quantità di CO2 dall'atmosfera. Il risultato è stato un raffreddamento della terra. Tuttavia, in media la temperatura si è mantenuta costante lungo tutto questo periodo: il calo del CO2 ha bilanciato l'aumento dell'irradiazione solare. (da Università di Columbia)
 

L'omeostasi planetaria avviene attraverso vari meccanismi geologici e biologici che fanno si che la concentrazione di CO2 sia regolata per mantenere la temperatura entro livelli accettabili per la vita terrestre. Il ciclo "lungo" del carbonio è il principale di questi meccanismi: avviene attraverso l'erosione dei silicati che - a sua volta - è fortemente influenzata dalla presenza di piante. La regolazione non è perfetta, anzi, implica forti oscillazioni; ere glaciali e periodi di surriscaldamento planetario. Ma, nel complesso ha mantenuto la temperatura terrestre entro limiti accettabili per tutto il periodo di esistenza della vita sulla terra.

Quindi, l'esistenza delle piante terrestri è un processo di adattamento a condizioni che continuano a cambiare gradualmente. In epoche remote, ci sono stati periodi di CO2 abbondante che hanno reso la terra molto calda. Al tempo dei dinosauri, gli alberi crescevano ben oltre i circoli polari, quando il mare Artico era caldo a sufficienza che ci avremmo potuto nuotare dentro.

Per noi è difficile immaginarci alberi capaci di resistere all'oscurità totale dell'inverno artico, eppure ne abbiamo ritrovato i fossili: sembra che fossero piante a foglia caduca, ben diverse dalle conifere che oggi associamo alle alte latitudini. Difficile anche immaginarsi queste foreste in inverno: buie, spoglie e silenziose per molti mesi di fila. Ci vivevano i "dinosauri polari" creature dai grandi occhi adattati al buio. Forse migravano in inverno, forse andavano in ibernazione.


La foglia fossilizata di un "Glossopteris", un albero che viveva in Antartide 260 milioni di anni fa. Era un albero a foglia caduca, adattato a vivere con sei mesi di oscurità totale ogni anno. (da Discovery channel)

Gradualmente, in tempi geologici, l'aumento della radiazione solare ha portato a una riduzione della concentrazione di CO2 a livelli talmente bassi da mettere in difficoltà le piante a sfruttarla. Così, è nato un nuovo meccanismo di fotosintesi; adattato apposta a queste basse concentrazioni. Si distingue fra "piante C3" (che usano il vecchio meccanismo) e "piante C4" (che usano il nuovo). Non sappiamo esattamente quando si sia evoluto il meccanismo C4 ma molto probabilmente è una cosa recente in termini geologici, meno di 30 milioni di anni fa. (vedi nota in fondo)

E' una competizione sorda della quale ci siamo accorti solo di recente: gli alberi sono, tipicamente, piante C3, mentre le graminacee sono, tipicamente, piante C4. Un qualsiasi bosco che abbia radure e macchie alberate mostra questa competizione. Il C4 funziona meglio ad alte temperature, il C3 a temperature basse. E' per questo che se andate da nord a sud, trovate sempre meno alberi e sempre più erbe. Il fatto che la fotosintesi C4 sia così efficiente è quello che ha reso possibile la rivoluzione agricola degli ultimi 10.000 anni, che usa spesso graminacee (ma non tutte) a meccanismo C4. Ci stiamo rendendo conto ora di quali sono i meccanismi biologici che ci fanno vivere.

Tutto questo e molto di più si trova nella storia del nostro mondo: un intero ecosistema che cambia e continua a cambiare. E' una storia che è vitale non solo per la nostra conoscenza ma anche per la nostra sopravvivenza. I meccanismi che dominano la vita sulla terra sono delicati e andare a modificarli, come noi stiamo facendo bruciando i fossili, cementificando e deforestando, è pericolosissimo. L'ignoranza uccide, si sa.


Nota sul meccanismo C3-C4 della fotosintesi.

La faccenda è parecchio complicata e il nome C4 o C3 si riferisce al numero di atomi di carbonio della catena di una delle prime molecole che si formano. Il modo C4 riesce a concentrare il CO2 all'interno della cellula così da aumentare l'efficienza di conversione dell'enzima fondamentale; una molecola chiamata "Rubisco". Se non c'è abbastanza CO2, il rubisco si può impegnare a spaccare l'ossigeno invece del CO2 ed è energia solare persa inutilmente. D'altra parte, va detto che il modo C3 è più efficiente in termini di sfruttamento dell'energia solare se c'è CO2 in abbondanza.

A proposito di quali piante usano l'uno o l'altro meccanismo, secondo "The Emerald Planet" (p. 181)

"Ci sono oggi circa 7500 specie di piante riconosciute come C4 che occupano circa un quinto della superficie del pianeta e rappresentano il 30% della produttività del pianeta. Di gran lunga la maggioranza sono erbe sub-tropicali, sebbene alcune specie di falasco e di erbe abbiano anche quelle beneficiato dalla rivoluzione C4. Siccome il loro meccanismo biochimico opera nel modo più efficiente ad alte temperature e alte insolazioni, questo confina le piante C4 a climi subtropicali, dove dominano le praterie e le savane. Soltanto una specie arborea è nota per usare il meccanismo C4, il Chamaesyce forbesii che si trova alle Hawaii .. In aggiunta all'albero C. Forbesii le cose più vicine che abbiamo sono alcuni cespugli legnosi che con gli anni diventano simili ad alberi, tipicamente lo Haloxylon aphyllum che vive nei deserti caldi e sabbiosi dell'asia centrale

lunedì 13 settembre 2010

11 settembre: la demolizione controllata delle torri gemelle di New York



Dal programma "Destroyed in seconds" di Discovery Channel. Fa vedere come un incendio di carburante possa distruggere una struttura di cemento armato.


Arrivo con un paio di giorni di ritardo per il nono anniversario degli attacchi dell'11 Settembre. Però, vi propongo lo stesso questo post come una piccola riflessione su questo evento che è stato un esempio notevole di entità "mitopoietica" e che ha messo a dura prova la capacità di discernimento umana. Ovvero, nell'ultimo decennio l'attacco alle torri è stato un generatore quasi continuo di leggende di ogni sorta. Una molto pervicace è quella della cosiddetta "Demolizione Controllata" che vuole che le torri siano state abbattute da cariche esplosive e non dall'effetto dell'impatto degli aerei. (una versione di questa leggenda si trova qui).

Qualche settimana fa, avevo trovato su internet questo filmato che mostra il caso di un'autocisterna carica di combustibile che si è schiantata sotto un ponte autostradale. Dopo un po', il calore dell'incendio che ne è seguito ha indebolito le barre di acciaio del cemento armato e alla fine il ponte cede sotto il suo stesso peso. Questo filmato dovrebbe bastare ampiamente, se mai ce ne fosse stato bisogno, per demolire la teoria della "demolizione controllata" che si basa tutta sull'idea che il calore generato da un incendio di kerosene non dovrebbe essere sufficiente a far crollare una struttura supportata da barre di acciaio.

Bene, in questo filmato i sostenitori della teoria della demolizione controllata troveranno la prova sperimentale che un incendio può benissimo indebolire una struttura di acciaio portante al punto di farla crollare, senza bisogno di esplosivi. Ma, certamente, a molta gente non basterà la prova sperimentale per rinunciare al piacere di una bella leggenda.

sabato 11 settembre 2010

Vincere a furia di link


Questa striscia di "Dilbert" si può leggere come un condensato del tipico dibattito a proposito del riscaldamento globale che si vede quando qualcuno che non ha argomenti scientifici cerca di vincere sommergendo l'interlocutore a furia di link; più o meno a casaccio. Per essere più vicina alla verità, tuttavia, dovrebbe avere almeno una decina di vignette e i link inviati dovrebbero essere parecchie decine. Incidentalmente, la figura con i capelli scuri è un raro ritratto di Claudio Costa. 


Il duello degli ingegneri

I tuoi dati sono deboli
Fa la tua mossa

Ti sto mandando un link
Ti sto mandando tre link

Non ho tempo per questo
Ho vinto!

giovedì 9 settembre 2010

Le scuse del Telegraph a Rajendra Pachauri


Rajendra Pachauri (a destra nella foto) e Al Gore alla cerimonia di consegna del premio nobel per  la pace nel 2007.


Un bel po' di gente ha tradotto in Italiano le accuse fatte dal Telegraph contro Rajendra Pachauri, direttore dell'IPCC, e le ha diffuse in rete con grande gioia e poco discernimento. Ma nessuno si è preoccupato di tradurre in Italiano le scuse che il Telegraph ha fatto a Pachauri per quello che aveva scritto. Allora, lo faccio io.

Sono scuse a denti stretti, ma sono qualcosa. Personalmente, mi auguro che non finisca qui e che gli avvocati di Pachauri glie la facciano pagare a quelli del Telegraph come si meritano per le bugie che hanno detto.


Scuse al Dr. Pachauri (dal "Telegraph" del 21 Agosto 2010)

Il 20 Dicembre 2009 abbiamo pubblicato un articolo a proposito del Dr. Pachauri e dei suoi affari. Non era inteso come un suggerimento che il dr. Pachauri era corrotto o abusasse della sua posizione come capo dell'IPCC e accettiamo che KPMG ha trovato che il Dr. Pachauri non ha guadagnato "milioni di dollari" negli ultimi anni. Ci scusiamo con il Dr. Pachauri per qualunque imbarazzo causato


 
Ulteriori informazioni sul caso Telegraph le trovate nel mio post precedente e in questo articolo del Guardian


Testo originale dal telegraph:


Dr Pachauri - Apology
 

On 20 December 2009 we published an article about Dr Pachauri and his business interests. It was not intended to suggest that Dr Pachauri was corrupt or abusing his position as head of the IPCC and we accept KPMG found Dr Pachauri had not made "millions of dollars" in recent years. We apologise to Dr Pachauri for any embarrassment caused.

mercoledì 8 settembre 2010

Rajendra Pachauri: eroe della scienza del clima



Esistono ancora uomini onesti su questo pianeta: uno e Rajendra Pachauri, direttore dell'IPCC. 


Come direttore dell'IPCC, il pannello per la scienza del clima, Rajendra Pachauri si poteva certamente aspettare di essere bersaglio dei poteri forti che reggono questo pianeta. Forse non si aspettava, però, che l'offensiva contro di lui fosse così violenta e aggressiva. L'attacco a Pachauri ha, in effetti, preso esattamente l'aspetto delle demolizioni dei "nemici del popolo" che usavano una volta in Unione Sovietica.

A Dicembre dell'anno scorso, Il Daily Telegraph ha pubblicato un attacco violentissimo contro Pachauri a firma di Christopher Booker and Richard North. L'articolo è stato successivamente rimosso dal loro sito, ma si trova facilmente su internet, per esempio qui.  Merita di essere letto, perché è veramente una cosa infame. Senza uno straccio di prova, Booker e North qui accusano tranquillamente Pachauri di avere interessi privati nella questione del cambiamento climatico e di avere incassato di conseguenza "milioni di dollari" fra consulenze e tangenti varie ("One subject the talkative Dr Pachauri remains silent on, however, is how much money he is paid for all these important posts, which must run into millions of dollars.")

Pachauri ha prima chiesto una rettifica al Daily Telegraph, che gli è stata negata. Dopodiché si è rivolto a degli avvocati e a un istituto di "auditors" (una ditta chiamata KPMG). Questi ultimi sono andati a fare le pulci, come si suol dire, ai suoi conti in banca.

E' venuto fuori che Pachauri campa quasi soltanto dello stipendio che gli da l'istituto non profit TERI (Tata Energy and Resource Institute). Mi duole dire che lo stipendio annuale di Pachauri (45.000 sterline l'anno)  è più basso di quello di un professore universitario italiano di una certa anzianità.

In aggiunta, Pachauri ha incassato alcuni compensi per certe conferenze, royalties sui suoi libri e altre cosette, per un totale di poche migliaia di euro. Di un premio che ha ricevuto di 200.000 rupie e che si sarebbe potuto legittimamente tenere in tasca, non si è tenuto niente e ha devoluto tutto a TERI. E quanto prende di stipendio per essere direttore dell'IPCC? Zero tondo; esattamente "0".

Insomma, ne è venuto fuori che Pachauri è una persona di specchiata onestà che vive di uno stipendio abbastanza modesto. Altro che i "milioni di dollari" dell'accusa che gli avevano fatto. E il Telegraph è stato costretto, a denti stretti, a togliere dal suo sito le accuse infamanti fatte contro Pachauri e pubblicare una nota di scuse e di ritrattazione.

Purtroppo, come si sa, le bugie fanno il giro del mondo nel tempo che la verità ci mette ad allacciarsi le scarpe. Gli attacchi contro Pachauri non si placano e Richard North ha scritto un altro violento articolo contro di lui dove ribadisce le sue (infondate) accuse e considera una colpa il fatto che Pachauri si è rivolto a degli avvocati per ottenere la ritrattazione dal Daily Telegraph. E' un'inversione dei ruoli fra aggredito e aggressore che ricorda moltissimo, a questo punto, la "polizia del pensiero" di Orwell.

In Italia, tantissimi hanno maltrattato Pachauri sull'onda del primo articolo del Telegraph, ma non mi risulta che per ora nessuno abbia tradotto la ritrattazione o abbia chiesto scusa per le infami accuse contro di lui ripetute in Italiano. Anzi, anche dopo la ritrattazione, c'è chi si è messo all'anima di tradurre le ulteriori accuse del Telegraph;  felici come bambini allo spettacolo di veder continuare il linciaggio mediatico di una brava persona.


Pachauri non è uno specialista di clima, ma è piuttosto un economista di formazione che si è costruito una carriera come esperto in sostenibilità ambientale. Docente a varie università in India e negli Stati Uniti, membro di comitati di enti governativi e privati, presidente di istituti di ricerca e compagnie private. Ha ricevuto molteplici premi internazionali per la sua attività, incluso il premio Nobel come direttore dell'IPCC. E' autore di un gran numero di articoli e di 21 libri, incluso anche un romanzo che ha pubblicato recentemente. E' un vero uomo del rinascimento. La sua biografia la trovate, per esempio, qui. 


Ulteriori informazioni sul caso Telegraph le trovate in questo articolo del Guardian.

domenica 5 settembre 2010

Intervista a Michael Mann


Michael Mann, qui mostrato con uno dei suoi campioni da cui ha ricavato i dati climatologici del passato millennio. Uno dei climatologi più noti al mondo, ha gentilmente concesso un'intervista in esclusiva per "Cassandra." 

Michael Mann è noto in gran parte per il suo lavoro nel campo della paleoclimatologia. Questo lavoro lo ha portato alla scoperta del cosiddetto "hockey stick", o "mazza da hockey", una ricostruzione delle temperature su un arco di circa 1000 anni che mostra una netta discontinuità nell'ultimo secolo, circa, con le temperature in rapida salita in modo mai riscontrato fino ad oggi.

La "mazza da hockey" è stata una parte importante dei rapporti dell'IPCC e la sua importanza per la comprensione della situazione climatica ha reso Mann e il suo lavoro oggetto di attacchi di ogni genere. I tentativi di screditare il suo lavoro sono falliti quando molti ricercatori indipendenti hanno ritrovato risultati molto simili. Anche l'ultima revisione dei dati disponibili ha sostanzialmente confermato questi risultati. Ciononostante, Michael Mann è stato oggetto di una campagna di denigrazione senza precedenti, basata anche sul furto di dati noto come "Climategate;" una cosa che ricorda la caccia alle streghe del Medio Evo.  Michael Mann è stato oggetto di scherno sui canali nazionali americani e anche minacciato più volte di morte dai soliti fanatici.

Ciononostante, Michael Mann continua il suo lavoro con grandissimo coraggio e non si da per vinto. In effetti, via via che il tempo passa, i suoi risultati vengono confermati, come pure la sua integrità personale e come ricercatore.

Ringrazio Michael per il tempo che ha dedicato al modesto blog "Cassandra" ed ecco qui l'intervista
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INTERVISTA A MICHAEL MANN

Dal blog "Effetto Cassandra" 05 Settembre 2010

di Ugo Bardi


1. Prima di tutto, Michael, ci può dire qualcosa sulla sua carriera scientifica? Come è successo che ha cominciato a studiare il clima del passato e gli anelli degli alberi. 

E' stata una strada lunga e tortuosa. Ho cominciato con la fisica; avevo passato tutti gli esami e stavo per cominciare un Ph.D. in ricerca in fisica teorica. Ma il mio cuore era altrove. Volevo lavorare su qualcosa che avesse applicazioni più dirette nel mondo reale. Ho visto che c'erano altre facoltà all'università dove stavo studiando (Università di Yale) che lavoravano in applicazioni della fisica nelle scienze geologiche. In particolare, c'era un professore (Barry Saltzman) che lavorava sul problema di modellizzare il clima terrestre. Questomi sembrava affascinante. Sono andato a parlargli è lui è stato daccordo a prendermi come studente per l'estate. Questo funzionò bene e alla fine sono andato a fare il mio Ph.D. con lui, nel dipartimento di geologia e geofisica. Il mio Ph.D. si è svolto studiando la variabilità naturale del sistema climatico (ovvero le oscillazioni a lungo termine del clima) utilizzando modelli teorici del clima e analisi delle osservazioni disponibili. Il record storico non era abbastanza lungo da permettere di studiare oscillazioni su scala dei secoli. Questo è quello che mi ha portato in origine a studiare i dati "proxy", come gli anelli degli alberi, i coralli, le carote di ghiaccio, eccetera. Queste cose potevano fornire una prospettiva più a lungo termine, anche se incerta, dell'evoluzione del clima terrestre nei secoli. Ironicamente, il mio primo ingresso nei dati climatici proxy non aveva niente a che vedere con il cambiamento climatico di per se.

2. A un certo punto, le deve essere apparso chiaro che la discussione sulla validità dei dati paleoclimatici non era più scientifica ma era diventata politica. Ci può dire quando e come ha scoperto che la disputa era andata ben al di là di un dibattito scientifico?

Beh, dopo che la nostra ricostruzione delle temperature (la cosiddetta "mazza da hockey") era finita in bella evidenza nel sommario per i decisori del rapporto IPCC del 2001, avevamo subito sospettato che saremmo stati oggetto di attacchi da parte dei negazionisti climatici. E loro non ci hanno deluso. La loro strategia è sempre stata quella di attaccare il messaggero, screditare la scienza e gli scienziati e imbrogliare il pubblico. L'abbiamo visto per decenni. E' lo stesso libro di regole che hanno usato per esempio l'industria del tabacco, l'industria chimica e l'industria farmaceutica, tutti quanti l'hanno usato per cercare di screditare la scienza che dimostra gli effetti potenzialmente dannosi dell'uso dei loro prodotti. L'industria dei combustibili fossili, tuttavia, ha portato questa idea a dei livelli ben superiori. Abbiamo letteralmente l'industria più potente che sia mai esistita sulla terra che usa parecchie delle sue risorse per screditare la scienza e confondere il pubblico a proposito degli effetti negativi della combustione dei fossili. La storia non sarà gentile nei riguardi di questi individui pagati dall'industria che hanno cercato intenzionalmente di confondere il pubblico a proposito della realtà del cambiamento climatico causato dall'uomo.


3. Con la grande confusione creata dalla "mazza da hockey" e da "Climategate" credo che non poca gente si sia convinta - in molti casi credo in buona fede - che lei è un mentitore, un criminale o peggio. Come influisce tutto questo sulla sua vita quotidiana? Per esempio, come lo prendono i suoi studenti?

Beh, mi piace pensare che le persone in buona fede non penserebbero una cosa del genere, quando anche un'esame sommario dei fatti dimostra il contrari. Ma credo che c'è stata una tale campagna di denigrazione, concertata e ben finianziata contro la scienza del clima e gli scienziati, da parte di gruppi industriali e l'estrema destra, che anche persone ragionevoli possono finire per essere piutosto confuse sui fatti. Questa, naturalmente, è l'intenzione della campagna di disinformazione pagata dall'industria. Fortunatamente, ho avuto molto appoggio dai miei studenti, dai miei colleghi all'università, e da scienziati in tutto il mondo che si rendono conto di che cos'è esattamente la campagna di denigrazione lanciata contro di me e contro altri scienziati del clima. Ovviamente, ci sono alcuni individui male informati là fuori che si sono impegnati in attività alquanto antipatiche, come mandarmi note e email di odio. Sfortunatamente, oggi è un fatto della vita che se sei uno scienziato del clima ben noto sarai soggetto a queste tattiche.

4. Credo che noi - intesi come scienziati - dobbiamo aver fatto degli errori seri nella nostra strategia di comunicazione se i negazionisti hanno avuto tanto successo nell'attaccare la scienza del clima. Naturalmente, una delle ragioni è che loro sono guidati da professionisti nel campo delle pubbliche relazioni, molto bravi a questo tipo di campagne. Tuttavia, io credo che la comunità scientifica ha trascurato la comunicazione. Sarebbe daccordo con me su questo punto? E che cosa pensa che dovremmo fare nel futuro per migliorare la nostra strategia di comunicazioni e evitare di rivedere un'altra volta qualcosa tipo il Climategate?

Beh, sono daccordo che la comunità scientifica in certi momenti è stata lenta a capire che esisteva questa campagna di denigrazione ben finanziata e concertata contro di noi, e lenta a fare qualcosa per rispondere. Sull'onda della campagna costruita del "climategate" e gli attacchi contro l'IPCC, molti dei miei colleghi si sono adesso risvegliati e hanno capito che cosa hanno di fronte. Allora, forse c'è qualcosa di buono in questa storia. Io credo che nel futuro vedremo  ben maggiori risorse dedicate a raggiungere il pubblico e a comunicare; incluso ina strategia di risposta rapida contro gli sforzi concertati per denigrare la nostra scienza e gli scienziati.


5. Spesso gli scienziati tendono a cercare l'anonimità. Sembrano credere "i fatti dovrebbero parlare da soli". Invece, i negazionisti si pongono come figure pubbliche. Non sono necessariamente persone simpatiche, ma sanno che il messaggio e il messaggero non possono essere separati e questa tattica ha avuto successo. Personalmente, io credo che questa sia una delle (poche) cose che dovremmo imparare da loro. Lei è daccordo? Crede che sia necessario che tutti quanti lavoriamo per una maggior visibilità personale?

Sono completamente daccordo. Credo che dobbiamo umanizzare la figura dello scienziato con il pubblico. Troppo spesso, gli scienziati sono visti come creature fredde, remote antisociali. C'è sempre qualche pecora nera in tutti i gruppi. Ma nella grande maggioranza dei casi, nulla potrebbe essere più lontano dalla realtà. La campagna professionale di negazionismo ha reclutato e addestrato un quadro di individui carismatici che, anche se dei completi ciarlatani, sono bravi a presentarsi pubblicamente come persone affabili e sono anche molto bravi nella retorica. Gli scienziati sono spesso surclassati da questa gente nei dibattiti e in altri forum pubblici, anche se hanno dalla loro parte la realtà oggettiva e la verita. Questo problema è oggi ben chiaro e ci sono svariati gruppi di persone che cercano di rimediare. Quindi, mi aspetto dei seri sforzi per risolvere questo problema nei prossimi mesi.

6. La paleoclimatologia è una scienza affascinante - peccato che è stata così offuscata dalle stupide controversie sulla "mazza da hockey". A parte questo, tuttavia, la paleoclimatologia va a affrontare un punto fondamentale: la relazione fra gli esseri umani e il loro ambiente. Così, il cambiamento climatico ha effetto sull'uomo, ma anche gli esseri umani cambiano il clima. Abbiamo tanti esempi dove il collasso di una civiltà è stato legato al cambiamento climatico, dai Maya all'impero romano, ma non siamo ancora in grado di stabilire una reazione di causa ed effecto in queste cose. Secondo Ruddiman, gli esseri umani hanno causato cambiamenti climatici fin dall'inizio dell'agricoltura, ma è anche possibile che ci siano stati dei fattori esterni in gioco, come per esempio piccoli cambiamenti nell'irradiazione solare. Ovviamente, questo è un campo ancora nella sua infanzia, ma lei è alla frontiera di questi studi e potrebbe dirci - forse - la sua opinione: esiste una relazione fra attività umana e cambiamento climatico nel passato? E' il cambiamento climatico che causa il collasso delle civiltà, oppure sono le civiltà che creano il cambiamento climatico che le distrugge?


Splendida domanda e mi piacerebbe avere tutte le risposte. Credo che Jared Diamond ha forse affrontato meglio di tutti gli altri alcune delle grandi domande qui nel suo libro "Collasso". Ci sono molti esempi che troviamo nel passato dove gli esseri umani hanno avuto l'abilità di sfruttare e degradare il loro ambiente fino al punto dell'insostenibilità. La distruzione dell'Isola di Pasqua causata dalla deforestazione incontrollata è una delle storie istruttive per l'umanita su questo punto. Bill Ruddiman ha argomentato in modo concincente che l'attività umana (per esempio la coltivazione del riso e la deforestazione) potrebbero aver cominciato a influenzare la concentrazione di gas serra al punto di avere un effetto sul clima già migliaia di anni fa. Questa opinione rimane piuttosto controversa. Quello che non è controverso è che solo entro il secolo passato siamo stati in grado di cambiare il clima in modo spettacolare e su una scala di tempo molto breve. Il rischio principale è proprio la velocità con la quale gli esseri umani stanno influenzando il clima. Gli esseri umani e gli ecosistemi si possono adattare a un cambiamento climatico lento. Non c'è nessun analogo che conosciamo nel passato in cui il clima globale è stato alterato così rapidamente come lo stiamo cambiando oggi. Cosi, navighiamo in acque sconosciute, impegnati in un esperimento fuori controllo e con l'ambiente potenzialmente a rischio.
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Original version

Interview to Michael Mann - by Ugo Bardi 05 Sep 2010 - the Cassandra Blog

1. First of all, can you tell us something of your scientific career? How did you arrive to study tree rings and paleoclimate?
 

It was a long and circuitous route. I started out as a physicist and had passed my exams and was ready to go on and do Ph.D. research in theoretical physics. But my heart was elsewhere. I wanted to work on something that had more obvious world-world implications. I saw that there were other faculty at the university I was studying at (Yale University) who worked on applications of physics to the geosciences. In particular, there was a professor (Barry Saltzman) who was working on the problem of modeling Earth's climate. that sounded fascinating to me. I went and talked with him, and he agreed to take my on as a student for the summer. That worked out well, and I ended up doing my Ph.D. with him, in the department of geology & geophysics. My Ph.D. involved studying the natural variability of the climate system (i.e. the natural long-term oscillations of the climate) using theoretical climate models and analysis of available observations. The historical record wasn't long enough to study possible century-scale oscillations. That's what originally led me to turn to climate proxy data, such as tree-rings, corals, ice cores, etc. they could provide a longer-term, if more uncertain, perspective on the evolution of Earth's climate over the centuries. Ironically, my original foray into climate proxy data had nothing to do with climate change per se!


2. At some point, you must have realized that the discussion about the validity of the paleoclimate studies had turned from a scientific one to a political one. Can you tell us how and when you discovered that the dispute had stepped outside the limits of the scientific debate?

Well, after our temperature reconstruction (the so-called "Hockey Stick") was featured in the very prominent IPCC summary for policy makers in 2001, we suspected we would be subject to attack by climate change deniers. And they haven't disappointed. Their strategy has always been to attack the messenger, discredit the science and scientists, and fool the public. We've seen this for decades. Its the same playbook that for example the tobacco industry, the chemical industry, and the pharmaceutical industry have all used to try to discredit science demonstrating potential adverse effects from the use of their product. The fossil fuel industry has taken it to a whole other level however. We literally have the most powerful industry that ever existed on earth using much of their resources to smear the science and confuse the public about the adverse effects to our world of fossil fuel burning. History will look back most unkindly on industry-funded individuals and groups  who sought to intentionally mislead the public about the reality and threat of human-caused climate change.


3. With the great noise about the "hockey stick" and about "Climategate", many people became convinced - in many cases, I think, in good faith - that you are a liar, a criminal and worse. How does that affect your everyday life? For instance, how about your students?

Well, I like to think that individuals engaged in good faith would think no such thing, as even a cursory examination of the facts demonstrates otherwise. But I do think that there has been such a concerted, well-funded smear campaign against climate science and climate scientists by  industry front groups and the far right, that even some reasonable people may be rather confused now about the facts. That of course is the intent of the industry-funded disinformation campaign. Fortunately, I have had much support from my students and colleagues at the University, and scientists around the world, who recognize the smear campaign against me and other climate scientists, for what it is. Of course, there are some ill-informed individuals out there who have engaged in some rather nasty activities, including hateful note and emails, and the like. Unfortunately, its now a fact of life if you're a prominent climate change researcher that you will be subject to these tactics.


4. I think that we - as scientists - must have made some serious mistakes in our communication strategy if deniers have been so successful in attacking climate science. Of course, one of the reasons is that they are led by professional PR people, very good at this kind of campaigns. Yet, I think that the scientific community has neglected communication - would you agree with me on this point? And what do you think we should do in the future to improve our strategy of communication and avoid seeing again such things as Climategate?

Well, I do agree that the scientific community at times has been slow to recognize the concerted, well-funded smear campaign against us and to do something to fight back. In the wake of the manufactured 'climategate' campaign and the attacks against the IPCC, many of my colleagues have now awakened to what we're up against. So perhaps that is the silver lining in all of this. I think in the future you will see far more resources devoted to outreach and communication, including a rapid response strategy to concerted efforts to smear our science and scientists.


5. Scientists often tend to seek public anonymity. They seem to believe that "facts should speak for themselves". Instead, deniers promote themselves as public figures. They may not be nice people, but they know that the message and the messenger cannot be separated and this tactic has been successful. Personally, I believe that this is one of the (very few) things we should learn from them. Do you agree with me? Do you think we should all acquire a better personal visibility?

I do agree. I think we need to humanize the image of the scientist to the public. Too often, scientists are viewed as cold, disconnected, antisocial beings. There are always a few bad apples. But n the vast majority of cases, nothing could be further from the truth. The professional climate change denial campaign has recruited and trained a cadre of charismatic individuals who, though thorough charlatans, are versed in presenting a public face of affability and are quite skilled rhetorically. Scientists are often out-matched when going up against them in debates and other public forums, even though we have objective reality and truthfulness on our side. This problem is now well recognized, and there are many individuals and groups that are trying to deal with it. So I expect much serious efforts to address this problem in the months ahead.


6. Paleoclimatology is a fascinating subject, too bad that it has been so clouded by silly controversies about the "hockey stick". Apart from that; paleoclimatology goes to explore a fundamental point: the relation of human beings with their environment. So, climate change affects humans but also humans change climate. We have plenty of examples in which the collapse of a civilization has been linked to climate change; from the Maya to the Romans, but we still are not able to establish a relation of cause and effect. According to Ruddiman, humans have been affecting climate from the starting of agriculture, but it is also possible that external factors have been at play as well, for instance small changes in the solar output. Of course, this is a field that is still in its infancy, but you are at the forefront of these studies and you could tell us - perhaps - your opinion: do we find a relation between human activity and climate change in the past? Are civilizations brought down by climate change, or do civilizations create the change that destroys them?

Great questions, and I wish I had all of the answers. I think Jared Diamond has perhaps addressed best some of the larger questions here in his book "Collapse". There are many examples we can look to in the past where human's had the ability to exploit and degrade their environment to the point of unsustainability. The destruction of Easter Island through uncontrolled deforestation is one of the great cautionary tales to humanity in this regard. Bill Ruddiman has made a compelling argument that human activity (e.g. rice cultivation and deforestation) might have begun to influence the concentrations of greenhouse gases to the point of having some climate impact several thousand years back. The claim remains rather controversial. What is not controversial is that only within the past century to we have the means at our disposal to change global climate in a dramatic fashion over such a short timescale. It is really the rate at which humans are influencing the climate which poses the greatest threat. Humans and natural ecosystems can adapt to slow change in climate. There is no analog we know of in the past where global climate has been altered as rapidly as we are changing it today. So we are in unchartered waters, engaged in an uncontrolled experiment with the future of civilization and the environment potentially hanging in the balance.