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mercoledì 26 aprile 2023

Il progresso tecnologico e la guerra. Cambia qualcosa?



Le guerre non sono mai esattamente prevedibili, ma seguono una statistica ben definita. Sono influenzate dal progresso tecnologico, ma la tendenza umana all’autodistruzione è cambiata molto poco negli ultimi 500 anni. Così, l’attuale guerra in Ucraina non era prevedibile, ma non è nemmeno inaspettata. Non sappiamo come potrà evolvere nel futuro, ma potrebbe diventare la prima guerra su larga scala completamente robotizzata. Questo, tuttavia, non cambierà alcune delle caratteristiche di fondo della guerra, ovvero la sua tendenza a diventare “guerra totale.”


In un articolo che ho pubblicato nel 2018 insieme ai colleghi Martelloni e Di Patti (1), abbiamo esaminato quantitativamente la distribuzione dei conflitti umani degli ultimi 500 anni. Il risultato è che i conflitti seguono una statistica ben definita. Non è possibile prevedere dove e quando un conflitto si svilupperà, ma possiamo dire che negli ultimi 500 anni la probabilità di una nuova guerra è rimasta approssimativamente costante se viene rapportata all’aumento della popolazione umana. I nostri risultati sono in accordo con altri studi statistici e smentiscono l’ottimismo di alcuni autori, come Steven Pinker nel suo libro “The Better Angels of Our Nature” (2011) che vedevano un cambiamento sistemico delle relazioni fra esseri umani. Quello che Pinker aveva interpretato come una tendenza a lungo termine era solo una fluttuazione statistica, come è evidente dal conflitto in Ucraina cominciato l’anno scorso (ma, in realtà, in corso almeno dal 2014). La guerra in Ucraina non era prevedibile, ma non è stato nemmeno un evento sorprendente.

Accertato che gli esseri umani non sono cambiati nella loro tendenza alla violenza collettiva, c’è un punto della nostra analisi del 2018 che vale la pena esaminare in relazione alla situazione attuale: il ruolo del progresso tecnologico. Su 500 anni, le armi usate in guerra sono cambiate da bombarde e picche a mitragliatrici e cannoni. Eppure, la frequenza e il numero di vittime delle guerre ha seguito sempre la stessa statistica. Possibile che il progresso abbia avuto così poco effetto? E cosa dire degli attuali sviluppi dell’elettronica, droni e robot da combattimento?

Avevo già esaminato questo soggetto in un capitolo intitolato “The Future of War and the Rise of Robots” per un libro intitolato “Global Forecast for the Next 40 years” (2012) (2). Prevedevo che i robot da combattimento (o “droni”) avrebbero avuto un ruolo sempre più importante nelle guerre e che questa era una cosa tutto sommato positiva in quanto avrebbe potuto ridurre la violenza sugli esseri umani. I droni avrebbero fatto da bersaglio e le perdite sarebbero state soltanto economiche, ma non umane.

Oggi, circa 10 anni dopo la pubblicazione del mio articolo, abbiamo di fronte a noi una guerra tutta nuova fra due potenze tecnologicamente molto avanzate. E’ ancora presto per vedere una guerra completamente robotizzata, ma certe tendenze cominciano ad apparire. Gli Aerei senza pilota (UAV – “unmanned aerial vehicles,” detti comunemente “droni”) sono uno strumento fondamentale per la ricognizione a tutti i livelli strategici. I “droni kamikaze,” da lanciare direttamente contro un bersaglio, sono anche abbastanza comuni. Invece, non risulta che, per il momento, vengano schierati veicoli autonomi su terra. In Ucraina, la guerra la fanno ancora un gran numero di poveri disgraziati che si schierano in trincee umide e fredde a prendersi cannonate sulla testa, come si faceva al tempo della prima guerra mondiale. Cosa sta succedendo?

Per cominciare, possiamo dire (parafrasando lo stra-parafrasato Carl Von Clausewitz) che una guerra è un’estensione dell’economia con altre merci. In una guerra moderna, i prodotti dell’industria vengono distribuiti al fronte, mentre la loro obsolescenza pianificata viene assicurata dai prodotti della concorrenza. Quando i due contendenti hanno forze e capacità tecnologiche simili, il risultato è una “guerra di logoramento” (“attrition war”) che finisce quando uno dei due sistemi produttivi va in bancarotta perché l'altro conquista il mercato al 100%. L’alternativa è la “guerra di manovra,” dove le forze in campo si fronteggiano in modo dinamico, cercando il colpo decisivo che risolva il conflitto indipendentemente dalla capacità economica dei contendenti. Può succedere che la guerra si espanda per diventare una “guerra totale.” In questo caso, la guerra coinvolge tutto il territorio degli stati impegnati con l’uso di armi di distruzione di massa.

In tempi moderni, la guerra di logoramento ha preso spesso la forma della guerra di trincea. L’esempio classico è quello della prima guerra mondiale in Europa con le sue lunghissime trincee che formavano una linea del fronte in occidente che andava dal Mare del Nord all’Adriatico, solo interrotta dalla neutrale Svizzera. Era un tipo di guerra che sembrava essere sparito dopo il successo della “guerra-lampo” dei tedeschi nella seconda guerra mondiale e le rapide vittorie degli eserciti occidentali in campagne come quella in Iraq del 2003. Ma, in realtà, le trincee non sono mai scomparse del tutto. Anche durante la seconda guerra mondiale le abbiamo viste sul fronte di El-Alamein, in Africa del Nord. Le abbiamo viste poi nel caso dei terribili 8 anni di guerra fra Iran e Iraq, a partire dal 1980. Ora, le rivediamo in Ucraina, anche nella forma di fortificazioni urbane. Non abbiamo dati affidabili su cosa sta succedendo esattamente sul fronte ucraino ma, se inizialmente si vedevano elicotteri e carri armati in azione, adesso se ne vedono sempre meno nei filmati che arrivano. Dopo le prime fasi manovrate, il fronte si è stabilizzato. Una situazione che somiglia molto a quella della prima guerra mondiale.

Questo vuol dire che i droni non hanno cambiato niente? Non esattamente, ma è vero che mentre le tattiche e le strategie militari si adattano alle nuove tecnologie, alcuni fattori rimangono fondamentali. Ancora oggi, come al tempo della prima guerra mondiale (e, ancora prima, ai tempi del prussiano Von Moltke e della guerra del contro la Francia del 1870), l’artiglieria rimane il metodo più economico di far danni al nemico. Un drone kamikaze può avere una gittata molto maggiore di un proiettile di artiglieria ed essere guidato con precisione sul bersaglio, ma costa circa un fattore 10 più caro, perlomeno al momento attuale. Questi droni si usano soltanto per colpire bersagli ad alto valore, tipo i pezzi di artiglieria, carri armati, o infrastrutture importanti.

In parallelo, l’artiglieria si sta evolvendo insieme a quella dei droni. In primo luogo, i droni da ricognizione servono per identificare i bersagli e guidare il tiro dell’artiglieria. In secondo luogo, i proiettili di artiglieria hanno acquisito delle capacità tipiche dei droni. L’ultima generazione può essere controllata a distanza e ha la possibilità di cambiare direzione, planare per un certo periodo, e infine scendere in verticale sul bersaglio. Il risultato è stato un aumento della distruttività e della precisione dell’artiglieria. Una conseguenza è la capacità di indirizzare il tiro direttamente contro i pezzi di artiglieria del nemico. Questo ha costretto l’artiglieria a diventare mobile con una prevalenza di semoventi che usano il metodo detto “Fire and displace”, “sparare e allontanarsi.” In pratica, la precisione e la gittata del tiro hanno reso quasi impossibile concentrare una forza di attacco senza vedersela distrutta prima che possa entrare in azione. Guerra di logoramento, infatti.

Un soldato sulla linea del fronte non è un bersaglio di grande valore, ma è comunque bersagliato continuamente dall’artiglieria di precisione e dai vari droni, per non parlare dell’uso esteso delle mine antiuomo, oggi sempre più letali e più difficili da rilevare. Non abbiamo dati affidabili sul numero di vittime di un anno di guerra in Ucraina, ma non è azzardato parlare di alcune centinaia di migliaia di morti sommando le perdite delle due parti. Ci possiamo domandare a cosa sia servita la morte di questi poveracci che hanno avuto il solo ruolo di “carne da cannone” nel senso più brutale del termine. 

In parte, questa carneficina si sarebbe potuta evitare usando robot per rimpiazzare i soldati umani. Ci sono notizie, in effetti, che alcuni modelli di robot da combattimento stanno arrivando al fronte da entrambe le parti. Ma sono ancora modelli sperimentali e, al momento, costa ancora molto meno convincere dei poveracci ad arruolarsi mediante una campagna propagandistica, o semplicemente forzarli a marciare verso il fronte. Per cui l’inutile strage (per citare lo stra-citato Papa Benedetto XV) è destinata a continuare ancora.

Ma è anche probabile che in un futuro non lontano i robot da combattimento finiranno per sostituire in gran parte la carne da cannone umana lungo la linea del fronte. In quel caso, la guerra di logoramento potrebbe diventare una versione più grande e più sofisticata dell’operazione di uno sfasciacarrozze di periferia. Qualcosa di simile allo show televisivo “Robot Wars” che sta andando di moda ormai da almeno vent’anni in Gran Bretagna. Sicuramente i robot militari professionali saranno più distruttivi dei goffi aggeggi dello show televisivo, ma in ogni caso è sempre soltanto ferraglia che va a pezzi. Così, una cosa positiva che possiamo aspettarci dai droni è che, essendo più accurati di altre armi, siano in grado di ridurre quelli che chiamiamo oggi “effetti collaterali,” ovvero la strage di poveracci che con la guerra hanno poco o niente a che fare. Questo era il punto che facevo nel mio testo del 2012 (2). Questa previsione non si è ancora realizzata, ma sembra che si vada in quella direzione. Perlomeno, in Ucraina, i danni ai civili sono stati limitati, almeno fino ad ora.

Tuttavia, non sempre i danni ai civili sono effetti collaterali. Alle volte, e forse spesso, i civili sono proprio il bersaglio designato. In effetti, dal tempo di Caino e Abele, uccidere un essere umano è sempre stato relativamente facile, senza richiedere tecnologie sofisticate. Anche uno sterminio di massa richiede più che altro propaganda e si può fare con armi improvvisate, come si è visto in Ruanda nel 1994. In principio, colpire deliberatamente i civili è un crimine di guerra. Tuttavia, quello che ha teorizzato forse per primo questo tipo di guerra criminale in tempi moderni, Giulio Douhet (1869-1930), si è meritato una piazza importante col suo nome a Roma, è un busto in bronzo all’Accademia di Guerra Aerea di Firenze. Quindi, la tecnologia rimane un fattore importante, ma non il solo a determinare l’andamento di una guerra. Le decisioni umane rimangono guidate da fattori propagandistici, culturali, ed economici, e questi sono poco influenzati da cambiamenti tecnologici.

Per quanto riguarda la guerra in corso in Ucraina, nel peggiore dei casi andrà fuori controllo, diventerà una guerra totale, e a questo punto ci sono molti modi per fare dei danni immensi, incluso l’utilizzo di armi nucleari. Nel migliore, rimarrà localizzata a livello di guerra di logoramento e finirà con l’esaurimento economico e sociale dei contendenti, come è successo per la guerra Iran-Iraq. In questo caso, l’intervento dei robot militari potrebbe ridurre i danni agli esseri umani. Come sempre, tuttavia, quando il futuro prende la decisione di diventare il presente, gli devi dare ragione per forza.


(1) https://arxiv.org/abs/1812.08071

(2) “Global Forecast for the Next 40 years” – Jorgen Randers editor, Chelsea Green, 2012


L’autore

Ugo Bardi, membro del Club di Roma, è autore di molteplici libri dove esamina le tendenze del futuro in termini sistemici e tecnologici. Fra i più recenti, “Before Collapse” (Springer 2019) e “Limits and Beyond” (Exapt Press, 2022) come pure “La Linea d’Ombra della Memoria”, (Chance 2018), dedicato ad un analisisi della propaganda durante la prima Guerra Mondiale. E’ anche autore di molteplici articoli di soggetto storico sul suo blog “The Seneca Effect” (www.senecaeffect.com)




giovedì 27 agosto 2015

Come ridurre le dimensioni dell'economia senza distruggerla: un piano in dieci punti

Da15/15/15”. Traduzione di MR (via Antonio Turiel)

Di Richard Heinberg

L'economia umana attualmente è troppo grande per essere sostenibile. Lo sappiamo perché il Global Footprint Network, che metodicamente monitorizza i dati, ci informa che l'umanità attualmente sta usando risorse equivalenti ad una Terra e mezzo. Possiamo usare temporaneamente le risorse più rapidamente di quanto la Terra le rigeneri unicamente prendendole in prestito alla produttività futura del pianeta, lasciando di meno per i nostri discendenti. Ma non possiamo farlo molto a lungo. In un modo o nell'altro, l'economia (e qui stiamo parlando principalmente delle economie dei paesi industrializzati) deve ridursi fino a combaciare con ciò che la Terra può provvedere a lungo termine. Dire “in un modo o nell'altro” implica che questo processo può avvenire tanto in forma volontaria come involontaria. Vale a dire, se non restringiamo l'economia deliberatamente, si contrarrà da sola una volta raggiunti i limiti non negoziabili.


domenica 26 ottobre 2014

Capitale globale per sconfiggere gli interessi privati che fermano l'azione climatica


DaIndiegogo”. Traduzione di MR 

Di Jeremy Leggett

Sono un imprenditore sociale che ha sempre lottato per l'azione sul cambiamento climatico per 25 anni.

Il nostro tempo è scaduto. Dobbiamo accelerare. La mia idea inizia con la pubblicazione di una dichiarazione su un quotidiano internazionale, firmata da più di un centinaio dei vincitori di premi ambientali internazionali, dicendo perché crediamo che la comunità globale non può più ritardare un'azione significativa sul riscaldamento globale e facendo appello a fondazioni e filantropi di buttare almeno una parte delle loro dotazioni nella lotta, finché c'è ancora tempo.

Se qualcuno di loro risponde, ciò fornirebbe la prima delle due nuove riserve di capitale per finanziare l'azione climatica. Se le aziende e gli investitori vedono le fondazioni e i filantropi andare in questa direzione, potrebbero unirsi anche loro.

Dato che gran parte delle emissioni di gas serra provengono dall'uso di combustibili fossili, gran parte di questi soldi freschi andrebbero per costruire nuovi progetti energetici ed aziende pulite e per dare impulso a quelle esistenti. La chiave della seconda parte dell'idea è che i beneficiari del nuovo capitale riceverebbero quei soldi soltanto se donano il 5% dei propri profitti alla stessa missione: combattere il riscaldamento globale. Ciò fornisce la seconda nuova riserva di capitale.

Se il progetto ha successo, il premio sarà enorme e duraturo. Se l'energia pulita riesce a rimpiazzare i combustibili fossili nella misura in cui sarà necessario per vincere la guerra contro il riscaldamento globale nei prossimi anni, alcune aziende di energia pulita cresceranno come le stelle dell'era di Internet ed altri nuovi tipi di aziende verranno improntate, molte di loro basate sulla proprietà di comunità. Così come combattono il riscaldamento globale, i profitti di tutte queste entità promuoveranno lo sviluppo nei paesi poveri, alla grande.

So che questa idea può funzionare, in linea di principio. Io l'ho fatto, in piccolo, con l'azienda di energia solare che ho approntato a causa delle mie preoccupazioni riguardo al riscaldamento globale ed altri aspetti della dipendenza da combustibili fossili: Solarcentury. Diamo il 5% dei nostri profitti annuali ad una organizzazione di beneficenza che abbiamo creato, SolarAid, che ha a sua volta creato un marchio al dettaglio, SunnyMoney, che è diventato il più grande rivenditore di illuminazione solare in Africa in soli pochi anni, mettendo fuori combattimento l'uso di petrolio per l'illuminazione. Mentre cresciamo, SunnyMoney riciclerà il 100% dei nostri profitti per la missione.

Per avviare la campagna, devo raccogliere 30.000 sterline entro il prossimo mese. Gran parte di queste pagheranno la pubblicazione della dichiarazione. Quello che rimane andrà per una campagna pubblicitaria per favorire i firmatari della dichiarazione – molti degli ambientalisti più rispettati e dalla più lunga esperienza nel mondo – a dare un seguito alla dichiarazione. (E sì, sono già stati d'accordo nel firmarla!)

Perché Solarcentury non può pagare queste 30.000 sterline? Perché possiedo solo il 9% dell'azienda. Perché non può pagare SolarAid? E' un'idea del tutto nuova. Non la lanciamo ai nostri finanziatori già esistenti.

Se avete qualche domanda, terrò un Domanda/Risposta sul mio sito Web:
http://www.jeremyleggett.net/about/campaign/

La mia e-mail è jeremy.leggett@solarcentury.com

Per favore, aiutateci se potete.