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venerdì 16 gennaio 2015

Il picco del fosforo

Daizreal.eu”. Traduzione di MR (h/t Maurizio Tron)

Che ci crediate o no, il picco del fosforo è probabilmente la nostra emergenza globale più grande, ma difficilmente qualcuno ne parla.


Il problema

Il fosforo è uno degli elementi più importanti della vita. E' un componente principale di RNA, DNA ed ATP (la molecola prodotta dalla fotosintesi che porta l'energia alle altre cellule della pianta, che a sua volta ci fornisce l'energia). Dei nutrienti usati come mattoni della vita, gli elementi che seguono hanno tutti fasi gassose alle temperature e pressioni che si trovano sulla superficie della Terra e sono pertanto facilmente redistribuite attraverso l'aria:

  • Idrogeno
  • Ossigeno
  • Carbonio
  • Azoto
  • Zolfo

Tuttavia, gli elementi che seguono sono solidi o liquidi e non si spostano facilmente:

  • Fosforo
  • Sodio
  • Potassio
  • Calcio
  • ed altri 64

In un ecosistema naturale o in una piccola fattoria tradizionale, le piante prendono queste molecole dal suolo e dall'aria per svilupparsi. Gli animali mangiano le piante ed usano le stesse molecole per costruire i propri corpi. Quando le piante e gli animali muoiono, i microbi riportano le molecole al suolo. All'infinito. Dall'altra parte, con il nostro attuale sistema agricolo industriale, le piante fanno la loro parte e prendono le molecole che devono prendere, ma poi le mandiamo in un allevamento o in una città dove vengono consumate e si decompongono lontano da dove provengono.


Le molecole degli elementi facilmente trasportabili via aria vengono sostituiti in modo relativamente facile, ma le molecole di elementi solidi e liquidi non torneranno al campo dal quale provengono per molto, molto tempo.
Il fosforo è più sensibile degli altri a questo squilibrio perché è 10 volte più concentrato negli esseri viventi che nella crosta terrestre. Nessuno degli altri è più concentrato negli esseri viventi in questo modo. Il fosforo è stato messo originariamente nel suolo dalla disgregazione delle rocce di fosfati. Ciò è ancora in corso, ma quel processo ha impiegato milioni di anni per accumulare le riserve che abbiamo usato nell'ultimo secolo. Per sostituire il fosforo mancante, estraiamo rocce di fosfato, lo maciniamo e lo spargiamo sul suolo per le piante perché lo usino come DNA, pareti cellulari, ecc. Questa era sembrata un grande idea quando l'abbiamo pensata 170 anni fa. E' continuata a sembrare una buona idea fino a 40 anni fa, quando abbiamo cominciato a notare due grandi problemi con questo sistema:

Grande Problema 1

Il fosforo che non viene usato viene dilavato nei fiumi ed infine giunge nell'oceano. Il fitoplancton (alghe) dell'oceano è molto felice delle nuova abbondanza. Ingrassa e si riproduce in modo prolifico. Il problema arriva quando il plancton muore. Quando le alghe si decompongono, i batterie che ne sono responsabili usano troppo dell'ossigeno disciolto nell'acqua, uccidendo qualsiasi altra cosa nell'area.



Grande problema 2

Abbiamo già usato metà della roccia di fosfato disponibile. Secondo uno studio di Patrick Dery, il picco del fosforo si è verificato negli Stati Uniti nel 1988 e nel resto del mondo nel 1989. Altri pensano che ci troviamo ancora a 30 anni dal picco, ma non importa chi ha ragione. In entrambi i casi, a meno che non cambiamo ciò che stiamo facendo adesso, avremo esaurito la nostra disponibilità del mattone centrale della vita entro poche centinaia di anni da quando è stato scoperto e non sappiamo come farne dell'altro.

Usi attuali di roccia di fosfato estratta:

  • 90% fertilizzanti
  • 5% supplementi alimentari animali
  • 5% bibite, dentifricio, detergenti, ecc. 

La soluzione

Per fortuna, la soluzione è facile. Lo abbiamo fatto per i nostri primi 100.000 anni e siamo le uniche creature che attualmente non lo fanno. La risposta è mangiare, defecare e morire nello stesso posto. Ciò non significa che dobbiamo fare tutti i contadini, ma significa che dobbiamo ridiventare local-ivori e smettere di fare gli schizzinosi rispetto al fatto che siamo animali che fanno parte della rete della vita. Piantate cibo nel vostro giardino. Comprate il cibo che non coltivate da contadini del posto. Insistete sulla carne allevata al pascolo. Compostate ogni materiale organico che potete trovare. Defecate in un secchio. Quando è tempo di morire, fatevi seppellire nella terra senza involucri, di modo che un albero possa formarsi dalle vostre molecole.




venerdì 1 agosto 2014

Cavalcare lo tsunami italiano

DaResource Crisis”. Traduzione di MR


L'Italia è stata colpita da uno tsunami economico causato in gran parte dagli alti costi dei beni minerali che sta distruggendo il suo sistema industriale e sta sprofondando il paese in una crisi sempre più profonda. Sfortunatamente, il governo italiano sembra ancora fermo al paradigma obsoleto di “far ripartire la crescita” a prescindere a quali costi e che questo significa peggiorare il problema anziché risolverlo. Altri stanno cercando di risolvere il problema trasformando l'Italia in un grande parco di divertimenti per i turisti stranieri, ovviamente una soluzione non a lungo termine. Tuttavia, alcune aziende italiane stanno cercando di combattere il collasso essendo più efficienti, più innovative e più creative. Stanno, in un certo senso, cavalcando lo tsunami.

Una di queste aziende è la “Loccioni”, azienda italiana che si occupa di gestione energetica ed altre iniziative ad alta tecnologia. Di recente ha organizzato un incontro internazionale cui ho avuto l'occasione di partecipare. E' stata un'occasione rara di vedere un piccola azienda italiana in grado di tenere un atteggiamento così innovativo. Qui Tatiana Yugay dell'Università di Mosca fa un resoconto dell'evento.
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Dal blog di Tatiana Yugay “santatatiana

Uno spirito innovativo in uno splendido ambiente medievale 

Il 10 ed 11 luglio, il mio amico virtuale Ugo Bardi mi ha invitata a partecipare ad un'interessante evento intitolati “2Km di Futuro: Smart Community and Social Immagination”. Il nome stesso sembrava piuttosto intrigante, inoltre ero intrigata dal fatto di non riuscire a trovare la località Angeli di Rosora nemmeno in un atlante stradale molto dettagliato dell'Italia. Per fortuna, alla vigilia del Forum, gli organizzatori mi hanno mandato un link ad una app creata appositamente per l'evento. E' stata davvero d'aiuto visto che conteneva tutte le informazioni necessarie sull'evento, compreso il programma e la navigazione. Ho scoperto che la strada di circa 200 km era molto semplice e ci sarebbero volute circa 2 ore per arrivarci dalla mia città di Montesilvano in Abruzzo. Infatti, l'evento ha avuto luogo nella vicina regione delle Marche. Mentre guidavo nell'entroterra nella pittoresca autostrada Ancona-Roma, mi chiedevo che tipo di sorpresa mi potevo aspettare in mezzo al nulla. Amo la tranquilla bellezza delle Marche, con le sue verdi colline sormontate da antichi borghi medievali. Tuttavia, non riuscivo ad immaginare che uno di quei borghi fosse in grado di ospitare un incontro internazionale di quel livello.



Ciononostante, tutti i miei dubbi sono stati fugati nel momento in cui sono arrivata a destinazione, cioè, al Gruppo Loccioni. Su entrambe le sponde di un piccolo fiume e proprio sull'autostrada Ancona-Roma, erano situati due edifici con un moderno aspetto industriale. Il cortile e l'atrio erano pieni di vocianti gruppi di partecipanti.


Avevo attentamente studiato un programma preliminare in anticipo e sono stata molto sorpresa che quasi tutti i relatori annunciati fossero realmente arrivati. La mia lunga esperienza di partecipazione a conferenza mi suggeriva che i VIP non vengono mai e, al massimo, mandano dei loro rappresentanti. Per fortuna, il Forum 2Km è stata un'eccezione alla regola. Abbiamo avuto il piacere di ascoltare ed osservare le presentazioni di Piero Cipollone, Direttore Esecutivo della Banca Mondiale; di Vincent Kitio, un Consigliere Energetico di Habitat dell'ONU; di Vittorio Prodi, membro del Parlamento Europeo; di Carlo Papa, Funzionario Capo per l'Innovazione di Enel Green Power; Young Chul Park, Vice-Presidente di Samsung Electronics e di altri. Inoltre, erano presenti circa 200 partecipanti provenienti da università e imprese italiane e straniere. Enrico Loccioni, capo e fondatore del Gruppo Loccioni, ha aperto il Forum. Sono stata colpita dal fatto che la parola d'ordine principale del suo breve discorso sia stata “bellezza”. La bellezza di creare una comunità intelligente, preservare la bellezza dell'ambiente naturale ed architettonico, l'arte di seminare bellezza e così via. 



La prima sessione, “Smart Community”, è stata moderata da Massimo Russo, direttore di Wired Italia. Il professor Ugo Bardi, che rappresentava il Club di Roma, ha aperto la sessione. Il titolo del suo recente libro “Extracted. How the Quest for Mineral Wealth Is Plundering the Planet” (Chelsea Green Publishing, Vermont, 2014) parla da solo. Il pathos principale del suo discorso è stato diretto contro l'uso predatorio delle risorse non rinnovabili che causa danni all'ecosistema planetario e il rallentamento della crescita economica. Seguo il blog di Ugo Bardi e apprezzo sempre la sua conoscenza enciclopedica e la sua brillante improvvisazione, tuttavia non sono così pessimista. Forse perché vivo in Russia ed insegno economia. Infatti è difficile essere catastrofisti in un paese così ricco di ogni tipo di risorsa rara.


Il relatore successivo, Ken Webster della Ellen MacArthur Foundation, ha presentato una visione ottimistica di un'economia circolare che sfida la valutazione e l'esaurimento delle risorse rare. Secondo Webster, i concetti principali dell'economia circolare sono ricircolazione e “accesso alle risorse” al contrario della “proprietà”.


Un altro concetto rivale è stato presentato il secondo giorno Enzo Rullani, professore presso il TEDis, Università Internazionale di Venezia e Direttore del Laboratorio del CFMT di Milano. Come esperto dell'economia della conoscenza, egli ha presunto che il paradigma delle risorse rare e sempre più costose fosse molto adatto al capitalismo industriale ma nella società dell'informazione la risorsa principale è appunto l'informazione che è abbondante ed è diventata sempre meno cara. Non vi farò un racconto di tutte le presentazioni visto che sono state ben al di là del mio campo di competenza. Ma vorrei presentarne un'altra. Thomas Herzog, un architetto tedesco che ha lavorato alla progettazione degli edifici della Loccioni e dell'area circostante, ha descritto il progetto generale passo dopo passo. Di fatto ha realizzato il concetto di bellezza di Enrico Loccioni.


Foto: Thomas Herzog

Il piano generale doveva tenere conto non solo del diretto scopo produttivo degli edifici, ma anche della percezione estetica. Come ho già scritto, il sito è circondato da affascinanti città colliniari medievali. Secondo Herzog, le persone che vivono in questi paesi guardano giù nella valle dove si trovano gli edifici Loccioni, quindi questi ha sempre tenuto a mente la loro vista dall'alto. 



Mentre camminavo sul ponte, mi sono fermata a fare una foto ed ho ricordato le parole di Herzog. Potete vedere nelle foto che il moderno edificio industriale si adatta perfettamente nel suo ambiente.  


Dopo la sessione c'è stato un breve giro intorno all'azienda. Per prima cosa, possiamo osservare il concetto principale del Gruppo Loccioni – una micro rete – in azione.


Poi abbiamo guardato un giovane operatore che addestrava una mano robotizzata a scrivere sulla tastiera di un computer.



Nel cortile, un rappresentante della Nissan stava mostrando automobili ibride Nissan. Nel frattempo di piccoli robot stavano tagliando il prato. 


Dopo il primo incontro, abbiamo passato una serata splendida nell'atmosfera genuinamente medievale dell'Abbazia di Sant'Elena. 


L'aperitivo che consisteva in specialità marchigiane è stato offerto nell'ambientazione di un  severo monastero.



I piatti principali sono stati serviti in un porticato elegantemente decorato.


Dopo la cena, siamo stati invitati nella ex chiesa che ora funge da sala concerti con un'eccellente acustica. Il Gruppo Loccioni aveva preparato una splendida sorpresa per noi. Un famoso compositore e pianista italiano, Giovanni Allevi, ha suonato le sue brillanti composizioni al piano. E' molto giovane ed ha un aspetto moderno con spessi capelli ricci e neri e veste sempre in jeans e maglietta nera. Parlando francamente, non sono entusiasta della musica pianistica moderna, ma Allevi è un genio che vive nella musica, il suo “amore segreto”. 



L'accordo finale è stato fatto al picnic sotto una vecchia quercia. Le fattorie locali e i produttori di vini hanno presentato cibi tipici marchigiani molto saporiti.



venerdì 21 marzo 2014

La bolla scientifica e tecnologica


Da “The Oil Crash”. Traduzione di MR


di Antonio Turiel


Cari lettori,

qualche mese fa Tasio Urra mi ha inviato questo saggio. In questo periodo lo ha pubblicato su Attac e ripubblicato su Rebelión, oltre all'apparizione su altri media. Tasio mi ha chiesto di ripubblicarlo anche qui per migliorarne la diffusione e per la sua rilevanza in questo contesto. Di sicuro non vi lascerà indifferenti.

Saluti.
AMT

La bolla scientifica e tecnologica: mercificazione, controllo della conoscenza e opportunismo...

Di Jokin_Zabal@

Jokin_Zabal@ è l'alter ego di José Anastasio Urra Urbieta, docente ordinario di gestione aziendale all'Università di Valencia, membro di ATTAC País Valencià, delegato sindacale del CGT e autore del libro “Le bugie della crisi... Un aneddoto del cyberspazio?, di Jokin_Zabal@” (http://www.attacpv.org/public/www/web3/images/file/LasMentirasDeLaCrisis.pdf).

Colpisce il fatto di verificare la generalizzazione delle istituzioni mondiali e delle persone che intonano il mantra della crescita economica, senza tuttavia considerare le restrizioni fisiche di tale crescita in una biosfera finita e limitata, come soluzione a tutti i mali socioeconomici del nostro tempo, dagli imprenditori, ai governi, ai politici, a tutti gli elettori di tutte le tendenze politiche in tutti i territori, passando per il principali sindacati maggioritari. Né risulta meno stupefacente il numero crescente di istituzioni e persone che, di fronte ai problemi socioeconomici ed ecologici che stiamo attraversando, confida quasi ciecamente, in vere e proprie manifestazioni di fede, nella scienza, nel sapere e nella tecnologia come motori di questa crescita e pietre filosofali di fronte a tutte le avversità e le sfide.

Tuttavia, se consideriamo le grandi sfide che abbiamo di fronte, il cambiamento climatico antropogenico, il sovraccarico degli ecosistemi e la crisi energetica e, allo stesso tempo, allo stato attuale della scienza, del sapere e della tecnologia, siamo fregati. Doppiamente fregati.

Senza nemmeno entrare nella valutazione delle restrizioni che il cambiamento climatico antropogenico o il sovraccarico degli ecosistemi stanno già introducendo nel nostro pianeta, e che aumenteranno soltanto nei prossimi decenni, la IEA come è risaputo, o dovrebbe esserlo, ha esplicitamente riconosciuto per la prima volta nel suo rapporto World Energy Outlook de 2010 che il “picco” mondiale del petrolio, o il momento a partire dal quale il petrolio comincia irreversibilmente a declinare, è avvenuto nel 2006. Nel World Energy Outlook de 2013, la IEA afferma già che, in assenza di ulteriori investimenti [sic], nel 2035 dovremo “arrangiarci” con una produzione di petrolio di uno scarso 18% della disponibilità attuale, che tocca i 75 Mb/g. Considerare il cambiamento climatico che abbiamo già provocato, la pressione ecologicamente insopportabile del nostro modello di sviluppo economico sugli ecosistemi e il “picco” del petrolio, come stiamo facendo, presuppone di accettare il fatto che siamo fregati, visto che con tali restrizioni e scarse possibilità di sostituzione energetica molte cose devono cambiare un pochissimo tempo perché nel giro di pochi anni possiamo organizzarci socio-economicamente senza cadere in un collasso di civiltà, peraltro già iniziato, insormontabile.

Ma se di fronte alla realtà di tale scenario consideriamo in più lo stato attuale della scienza, del sapere e della tecnologia, siamo fregati due volte. Lo siamo già perché la scienza, il sapere e la tecnologia, che sono gli strumenti sui quali potrebbe, e dovrebbe, fare leva il formidabile cambiamento senza precedenti che abbiamo di fronte, attualmente sono controllati politicamente, mercificati e presi da un opportunismo grave, si prostituiscono al Business As Usual, o al “più della stessa cosa che ci ha portato sin qui” e che ha generato una bolla scientifica e tecnologica simile alla bolla economica e finanziaria che già conosciamo, che in un futuro non lontano molto probabilmente può solo scoppiare.

Le recenti dichiarazioni del professor Andre Geim dell'Università di Manchester – vincitore del Nobel per la Fisica nel 2010 per la sua scoperta del grafene, materiale tanto di moda – vanno in questa direzione, quando ci avverte che “Temiamo, temiamo molto, la crisi tecnologica” in cui ci siamo cacciati negli ultimi decenni. In occasione della celebrazione del Forum Economico Mondiale del 2012 di Davos, Geim descrive come la crescente mercificazione della conoscenza scientifica e la ricerca del profitto rapido a detrimento della ricerca scientifica pura, o di base, durante gli ultimi decenni ci abbiano portato ad una riduzione allarmante, e con implicazioni gravi, del tasso mondiale di scoperte scientifiche.

Sfortunatamente, sono brutte notizie ma non nuove. Nel 2005, in uno degli studi di maggior portata sull'evoluzione mondiale della tecnologia, sorprendentemente poco divulgato, pubblicato in una delle principali riviste accademiche mondiali sulla tecnologia e gli affari,  uno scienziato indipendente, Jonathan Huebner, Fisico per l'esattezza, ha dimostrato con un alto grado di certezza, come riflette la figura allegata a queste frasi, che l'innovazione tecnologica radicale, quella che ha un grande impatto socioeconomico capace di produrre pietre miliari nello sviluppo e nel progresso dell'umanità, ha raggiunto il suo “picco” nel 1873 [sic], anno dal quale il tasso mondiale di di innovazione radicale non ha mai smesso di declinare. Evidentemente, questi risultati non sono per niente piaciuti in determinati circoli vicini all'industria e i risultati di Huebner hanno subito il tentativo di messa in discussione dal momento della pubblicazione, anche se con poco successo. Se fossero veri e coerenti, come sembra, l'esperienza e l'intuizione di Andre Geim arriverebbe soltanto a ratificare una tendenza abbastanza più pesante di soli “pochi decenni”.


Se lo scenario descritto da tali ricerche e casistica non fosse sufficientemente grigio, un numero crescente di scienziati e intellettuali si avvicinano, sempre di più, a questa prospettiva della nostra realtà, andando anche più il là facendo un'ipotesi più opprimente: non si tratta solo del fatto che il tasso di scoperta scientifica sia diminuito, e che sia pertanto minore, ma che la quantità assoluta di progresso scientifico nel suo insieme può essere inferiore nella misura in cui trascendiamo nel tempo. E' l'ipotesi che fondamentalmente mantengono e argomentano il medico e professore di psichiatria evolutiva all'Università di Newcastle, Bruce Charlton o l'analista di sistemi cibernetici e programmatore di software Anthony Burgoyne, fra gli altri, oltre ad offrirci innumerevoli chiavi e tracce su come siamo arrivati a questa situazione.

Secondo Charlton, la chiave si trova, di nuovo, in una mercificazione della conoscenza scientifica che ha incentivato un “professionalizzazione” della scienza e del lavoro scientifico e generato un opportunismo collettivo che ha portato a convertire in “cartamoneta” la pubblicazione di articoli irrilevanti sulle riviste accademiche, confondendo collettivamente la vera crescita della conoscenza e progresso scientifico con una mera espansione di “chiacchiere e cose senza valore” [sic].

Questa stessa cosa è quello che alcuni di noi stanno presenziando, osservando e denunciando nel nostro contesto nazionale, sopportando da vicino, a volte, l'opportunismo e l'arroganza di molti il cui unico fine sembra farsi una posizione di carriera universitaria e/o politica e di una grande maggioranza che aspira semplicemente a conservare o migliorare il proprio status quo. Mentre si riduce il finanziamento all'università e ai centri di ricerca pubblici, come il CSIC, fiore all'occhiello della nostra ricerca, si gratificano le università private, che hanno una capacità di ricerca praticamente nulla e approfittano dei tagli per concedere un ruolo ancora più determinate in tutta l'attività universitaria alla valutazione dell'attività di ricerca del personale universitario, che in Spagna viene fatto da anni medianti i cosiddetti sessenni (complementi salariali che sono nati per retribuire la produttività della ricerca e che hanno finito per diventare in misura della sua “qualità”, requisito di promozione e sviluppo di carriera) ed i procedimenti di accreditamento che porta a termine l'ANECA (Agenzia Nazionale di Valutazione della Qualità e dell'Accreditamento)  e le agenzie di valutazione autonome.

In parole povere, sono completamente a favore che si valuti l'attività di insegnamento e quella di ricerca degli universitari e degli scienziati, funzionari o meno, ma non che detta valutazione si converta in un elemento di controllo politico oscuro e discrezionale che incentivi e legittimi il “si salvi chi può” e che castighi chiunque la cui motivazione sia prima di tutto il mero piacere della scoperta scientifica e il progresso della scienza, oltre il valore economico immediato o la “convenienza” dei risultati della ricerca.

Oltre a contribuire ad una enorme bolla dalle conseguenza prevedibili, tale controllo politico, mercificazione e perversione della scienza e del progresso scientifico produce dei paradossi significativi. Come osserva il professor Juan Torres, la ricercatrice Saskia Sassen, che ha ricevuto di recente il Premio Principe delle Asturie di Scienza Sociale, una delle scienziate più importanti della nostra epoca, non ha ottenuto nessun sessennio, nessun accreditamento, di fronte ai criteri delle nostre agenzie di valutazione, che antepongono sempre lo stesso criterio, le pubblicazioni JCR (Journal Citation Reports) negli ultimi 5 anni. La Sassen non ne ha nessuna, ma ha pubblicato libri e saggi, frutto di progetti di ricerca veri e referenze fondamentali per accademici compromessi ed ha pubblicato numerosi articoli su media di grande diffusione, ma ha resistito alla pratica di il suo curriculum con articoli standardizzati senza interesse né lettori al di là dei circoli di amici che si citano reciprocamente e cattedratici con insaziabili ansie di farsi una posizione a qualsiasi prezzo.

Ma, quando la bolla scientifica scoppierà, cosa resterà dopo l'esplosione? Come afferma il professor Charlton, magari solo la vecchia scienza, quella di un'era nella quale la maggioranza degli scienziati erano almeno onesti nel cercare di scoprire la verità sul mondo naturale. Nel migliore dei casi potremmo subire un regresso scientifico di vari decenni più che di qualche anno, ma probabilmente è molto peggio di così...