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mercoledì 10 dicembre 2014

Il collasso dei prezzi del petrolio: una lezione dalla storia

Da “Resource Crisis”. Traduzione di MR

Di Ugo Bardi



L'attuale collasso dei prezzi del petrolio trova qualche parallelo con un caso molto più vecchio: quello dell'olio di balena e delle “ossa di balena” nel 19° secolo, essendo entrambi beni che hanno sofferto dell'esaurimento e di un picco di produzione. Notate le oscillazioni molto forti che si verificano vicino al picco e che sembrano aumentare col tempo. Notate anche come i livelli del prezzo medio si sono stabilizzati ad un certo punto: c'è un limite a ciò che le persone sono disposte a pagare per ogni bene. Era vero per l'olio di balena, è vero per il petrolio greggio. Quindi, è probabile che i prezzi del petrolio continueranno ad aumentare per un po', ma poi si stabilizzeranno, perlomeno in media. Immagine da un post del 2008 di Ugo Bardi su "The Oil Drum"


Nel 2008 ho pubblicato un post  su “The Oil Drum” (riprodotto sotto) dove ho cercato di prevedere il comportamento dei prezzi del petrolio greggio sulla base di un confronto col caso storico dell'olio di balena. Nella prima metà del 19° secolo, l'olio di balena era un bene importante, usato principalmente come combustibile per le lampade ad olio. Era, teoricamente, una risorsa rinnovabile, ma le balene sono state uccise così rapidamente che non avevano abbastanza tempo per riprodursi e ricostituire il proprio numero. Così, l'olio di balena si è comportato come se fosse una risorsa non rinnovabile: si è esaurito. Come ho riportato nel post, la sua produzione ha mostrato una curva simmetrica a forma di campana ed un chiaro “picco di Hubbert”. Nel 2008, ci trovavamo quasi alla fine di una fase di rapida crescita dei prezzi del petrolio, una tendenza che – in quel momento – sembrava essere inarrestabile. Ma ho fatto notare che i prezzi non avrebbero potuto continuare a salire per sempre. Ho affermato che: 

“...i dati storici della caccia alle balene ci dicono che un aumento esponenziale dei prezzi non è la sola caratteristica del mercato post picco. La caratteristica principale è, piuttosto, la presenza di oscillazioni del prezzo molto forti. Possiamo attribuire queste oscillazioni ad una caratteristica generale dei sistemi dominati da retroazioni e ritardi temporali. I prezzi devono mediare fra offerta e domanda, ma tendono a correggere troppo da una parte o dall'altra. Il risultato è una successione di distruzione della domanda (prezzi alti) e di distruzione dell'offerta (prezzi bassi)”. 

Sembra che questo sia esattamente ciò che stiamo vedendo per il petrolio greggio: oscillazioni del prezzo molto forti. Pochi mesi dopo la pubblicazione del mio post, i prezzi del petrolio sono infatti collassati. Oggi, stiamo vedendo qualcosa di simile e tendiamo ad interpretare l'attuale ciclo al ribasso come il risultato di scelte strategiche o di cospirazioni, ma è in gran parte un'illusione (l'illusione del controllo). Piuttosto, sembra che il mercato non possa regolare la produzione come funzione del progressivo esaurimento senza questi cicli di distruzione della domanda e di distruzione dell'offerta che alla fine portano ad un declino della produzione. Confrontandolo col comportamento dei prezzi dell'olio di balena, vediamo che in futuro potremmo attenderci un'ulteriore oscillazione ed una tendenza complessiva alla crescita negli anni dopo il picco di produzione. Tuttavia, i prezzi alla fine si dovrebbero stabilizzare, perlomeno in media. 

In questo confronto, dobbiamo tenere conto che c'è una differenza fondamentale da tenere presente quando si compara il caso dell'olio di balena col petrolio greggio. Mentre l'olio di balena è stato gradualmente sostituito con una risorsa più economica e più abbondante (il kerosene), non c'è nessuna possibilità del genere in vista per il petrolio greggio. Alla fine, tuttavia, ciò che cambia è solo quanto le persone sono disposte a pagare una determinata cosa. Le persone compravano ancora l'olio di balena quando il cherosene era dominante sul mercato; erano disposte a pagare un prezzo moderatamente più alto per un prodotto che era percepito come di qualità superiore. Nel caso del petrolio greggio, le persone potrebbero essere disposte a pagare un sacco di soldi per ottenere un prodotto di cui hanno disperato bisogno. Eppure, c'è un limite anche alla disperazione: i prezzi non possono salire all'infinito. Dopo un certo punto, le persone devono semplicemente consumare di meno. Questo sembra essere ciò che sta accadendo proprio ora in molte regioni del mondo, per esempio, in Italia, il consumo di petrolio è diminuito del 35% negli ultimi 10 anni. Così, in futuro, i prezzi del petrolio potrebbero non aumentare quanto si potrebbe temere, ma potrebbero aumentare abbastanza da rendere il petrolio inaccessibile per molti di noi. 
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Ecco l'articolo che ho postato su “The Oil Drum” nel 2008 (ho corretto qualche refuso presente nella versione originale)

Petrolio greggio: quanto può salire? (La caccia alle balene del 19° secolo come modello per l'esaurimento del petrolio e la volatilità del prezzo)


La caccia alle balene del 19° secolo è oggi uno dei migliori esempi che abbiamo di un ciclo completo di sfruttamento di una risorsa naturale.


Le curve di produzione dell'olio di balena e delle ossa di balena negli Stati Uniti nel 19° secolo (dati da “Storia della pesca americana alla balena” di  A. Starbuck, 1878). Entrambe mostrano una curva a campana di Hubbert.


Qualche anno fa, sono apparso in TV per la prima volta nella mia vita. Il petrolio aveva appena superato i 38 dollari al barile ed ero stato invitato a parlare in un canale finanziario nazionale come presidente della neonata sezione italiana di ASPO. Quando ho detto che mi aspettavo che il petrolio sarebbe presto aumentato ben al di sopra dei 40 dollari, tutti nello studio televisivo mi hanno guardato come se avessi appena detto qualcosa di molto divertente. Tutti gli altri esperti presenti si sono affrettati a contraddirmi dicendo che 38 dollari al barile erano solo un picco, speculazione, e che i prezzi sarebbero ridiscesi presto alla “normalità”. Visto retrospettivamente, era una previsione facile che i prezzi del petrolio dovessero aumentare. Dovevi solo sapere qualcosa sulla teoria di Hubbert. Mentre scrivo queste osservazioni, i prezzi del petrolio stanno intorno ai 120 dollari al barile e potrebbero continuare a salire. Ma per quanto tempo? Il problema del modello di Hubbert è che è buono per prevedere la produzione, ma non ci dice niente sui prezzi. 

C'è tutta una serie di modelli economici che cercano di prevedere i prezzi, ma il loro successo è molto limitato. Così, forse la risposta può essere trovata negli esempi storici. Se possiamo trovare una risorsa la cui produzione ha raggiunto il picco e declinato fino, a zero o quasi zero, in passato, allora i suoi prezzi storici potrebbero fornirci qualche idea di cosa attendersi oggi per il petrolio. Ci sono molte risorse che hanno raggiunto il picco e declinato a livello regionale; il petrolio greggio negli Stati Uniti ne è un buon esempio. Ma i prezzi del petrolio statunitense non dipendono solo dalla produzione interna, è condizionato dalle importazioni da altre regioni del mondo. Quindi ciò non è utile a comprendere le tendenze del prezzo a livello globale. Ciò che stiamo cercando è una risorsa globale che abbia raggiunto il picco in tutto il mondo o, perlomeno, in una regione economicamente isolata. Dopo aver molto cercato, il miglior esempio che ho potuto trovare non è quello di una risorsa minerale, ma di una biologica: la caccia alle balene del 19° secolo. Le balene sono, naturalmente, una risorsa rinnovabile, ma se vengono cacciate molto più rapidamente di quanto si possano riprodurre, si comportano come una risorsa non rinnovabile, proprio come il petrolio. Abbiamo dei buoni dati sulla caccia alle balene raccolti in libri come “Storia della pesca americana alla balena” di  Alexander Starbuck (1878). Ai tempi di Starbuck non c'era niente di simile ad un “mercato globale” per i prodotti delle balene. Ma la portata delle navi baleniere era mondiale e gli effetti dell'esaurimento delle balene erano percepiti allo stesso modo da tutti i mercati del mondo. Possiamo quindi prendere i prezzi riportati da Starbuck come direttamente condizionati dal comportamento della curva di produzione. Ecco quindi i risultati dei due prodotti della caccia alle balene, l'olio di balena e le “ossa di balena”. L'olio di balena veniva usato come combustibile per lampade, le ossa fungevano da sostegni per gli abiti femminili, alla moda nel 19° secolo. 


Produzione di olio di balena e prezzi (al netto dell'inflazione), secondo i dati di Starbuck.


Produzione di ossa di balena e prezzi relativi (al netto dell'inflazione) secondo i dati di Starbuck.

I risultati sono chiari: la caccia alle balena ha seguito una “curva a campana” in stile Hubbert, approssimata nel grafico con una gaussiana semplice. Le balene si sono comportate come una risorsa non rinnovabile e alcuni studi dicono che alla fine del ciclo di caccia del 19° secolo, negli oceani erano rimaste soltanto circa 50 femmine della principale specie cacciata: le balene franche. Ora, guardando i prezzi storici, vediamo un aumento nella vicinanza del picco di olio di balena e ossa di balena. Per l'olio vediamo un acuto dopo il picco, per le ossa la tendenza è più attenuata. In entrambi i casi, la crescita dolce è quasi esponenziale. Possiamo vedere questa tendenza esponenziale nei dati lisciati. 


Prezzi limati di olio ed ossa di balena (al netto dell'inflazione).

Sembra che ciò che stiamo vedendo ora per il petrolio greggio ripercorra i dati storici dell'olio e delle ossa di balena. Ci sono anche differenze: per esempio, i prezzi dell'olio di balena non sono aumentati tanto quanto quelli del petrolio greggio stanno facendo oggi. Per le ossa di balena, vediamo un aumento molto maggiore, più di un fattore di 10 dall'inizio alla fine del ciclo di caccia. Questo aumento è paragonabile a ciò che stiamo vedendo oggi per il petrolio greggio. C'è una spiegazione ragionevole per queste differenze. Per prima cosa, né l'olio né le ossa di balena erano così cruciali per la vita nel 19° secolo come lo è per noi il petrolio greggio oggi. Esistevano combustibili alternativi per le lampade: grasso animale o olio vegetale, un po' più costosi e considerati prodotti inferiori, ma utilizzabili. Poi, a partire dal 1870, il petrolio greggio ha cominciato ad essere comunemente disponibile come combustibile per lampade. Probabilmente ha avuto un effetto nel mantenere basso il prezzo dell'olio di balena. Per quanto riguarda le ossa di balena, invece, non esisteva veramente un sostituto eccetto l'acciaio, che probabilmente era molto più costoso durante il periodo che stiamo considerando. Ma i sostegni per gli abiti delle signore difficilmente erano una cosa senza la quale le persone non potevano vivere. In confronto, il petrolio greggio è un bene così fondamentale nel nostro mondo che non sorprende che i prezzi siano aumentati così vertiginosamente. Le linee aere, per esempio, non hanno scelta fra il collasso e l'acquisto di petrolio a qualsiasi prezzo. Per altre attività, le condizioni di scelta potrebbero non essere così nette, tuttavia non possiamo sopravvivere senza petrolio. Se l'aumento esponenziale dei prezzi del petrolio dovessero continuare inesorabilmente per qualche anno, potremmo di fatto assistere a un qualche tipo di distruzione della domanda. 

Ma i dati storici della caccia alle balene ci dicono che un aumento esponenziale dei prezzi non è la sola caratteristica del mercato post picco. La caratteristica principale è, piuttosto, la presenza di oscillazioni del prezzo molto forti. Possiamo attribuire queste oscillazioni ad una caratteristica generale dei sistemi dominati da retroazioni e ritardi temporali. I prezzi devono mediare fra offerta e domanda, ma tendono a correggere troppo da una parte o dall'altra. Il risultato è una successione di distruzione della domanda (prezzi alti) e di distruzione dell'offerta (prezzi bassi)”. Ciò che vediamo attualmente col petrolio greggio è che, molto probabilmente, uno di questi acuti del prezzo. Possiamo immaginare come, nella fase di collasso, tutti cominceranno ad gridare che la “crisi petrolifera” del primo decennio del 21° secolo fosse solo una truffa, proprio come si è detto della crisi degli anni 70. Poi, inizierà un nuovo acuto verso l'alto. 

Anche qui, la storia della caccia alle balene ci può insegnare qualcosa riguardo alla difficoltà che le persone hanno a capire l'esaurimento. Nel libro di Starbuck, non troviamo mai un accenno al fatto che le balene cominciavano a scarseggiare. Al contrario, il declino della caccia veniva attribuito a fattori come la “timidezza” delle balene e al declino del “carattere degli uomini coinvolti”. Starbuck sembra pensare che la crisi dell'industria delle balene dei suoi tempi potesse essere risolta con sussidi governativi. Alcune cose non cambiano mai. Alla fine, la storia della caccia alle balene ci dice che quello che sta succedendo ora col petrolio greggio non avrebbe dovuto prenderci di sorpresa. Il futuro non può mai essere esattamente previsto ma, perlomeno, può essere capito dalle lezioni del passato. Una di queste lezioni, tuttavia, sembra essere che non sembriamo mai in grado di imparare dal passato. 
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Ho riportato i risultati di questo studio sulla caccia alle balene per la prima volta alla conferenza di ASPO a Lisbona nel 2005. In seguito, ho pubblicato un saggio completo su “Prezzi dell'energia ed esaurimento delle risorse: lezione dal caso della caccia alle balene nel diciannovesimo secolo” di Ugo Bardi, Energy Sources parte b. Volume 2, Numero 3 luglio 2007, pagine 297 - 304. Lo potete trovare online qui.

Se volete giocare coi dati di Starbuck, qui trovate la serie completa.



venerdì 21 novembre 2014

La dieta dimagrante del Leviatano - 1.

di Jacopo Simonetta.

In un precedente post avevo confrontato la civiltà capitalista attuale ad un organismo coloniale di dimensioni planetarie che ho chiamato Leviatano.   Non si tratta di una semplice metafora.  
Innanzitutto l’idea che l’insieme dei singoli cittadini costituisca un “corpo sociale” unico che agisce come un meta-individuo è di Hobbes: uno dei padri fondatori del pensiero illuminista e dunque della nostra civiltà attuale.   In secondo luogo, Ilya Prigogine ci ha insegnato che, dal punto di vista termodinamico, tanto i singoli individui quanto le società nel loro complesso sono delle “strutture dissipative”.

 Ciò significa che tanto i singoli uomini quanto le società nel loro insieme sono fondamentalmente degli aggregati di materia che si auto-organizza in modo da assorbire e dissipare la maggior quantità possibile di energia (F. Roddier Thermodynamique de l'évolution : Un essai de thermo-bio-sociologie 2012).  
Ciò che cambia è il grado di complessità fra l’individuo e la società, un grado che cresce più che linearmente con l’accrescimento della struttura stessa ed il crescere della complessità comporta l’apparire di quelle che si chiamano “proprietà emergenti”: proprietà che si trovano nel “tutto”, ma non nelle sue “parti”.    E la proprietà emergente delle società umana è quella cosa che chiamiamo “civiltà”.    In estrema sintesi, vi è dunque una correlazione molto forte fra quantità di energia dissipata, dimensioni e complessità delle società, complessità della civiltà che la società produce.   Fattori culturali e spirituali plasmano civiltà diversissime, ma il grado di complessità che queste raggiungono rimane comunque legato direttamente alla quantità di energia che questa è in grado di assorbire e dissipare.   Dunque, ogni singolo individuo umano ha una sua esistenza autonoma, ma la civiltà è il prodotto di un’interazione simbiotica fra tutti i membri della società che costituisce, a tutti gli effetti, una meta-struttura dotata di individualità e capace di reagire agli stimoli esterni in modo da perseguire i suoi scopi.

Una complicata argomentazione per dire una cosa semplice: Hobbes aveva visto giusto.

Dunque il Leviatano non è una metafora, bensì una realtà oggettiva e ciascuno di noi ne fa parte.   E come tutte le strutture viventi, nei secoli si è evoluto.   Vivendo nell’epoca in cui le monarchie assolute facevano la loro fugace comparsa nella storia europea, Hobbes aveva immaginato il suo meta-individuo con una testa pensante individuale: quella di un re-papa che detiene tutti i poteri.   La realtà attuale è molto diversa ed al posto della testa coronata si trova un gruppo di oligarchi che avendo gli “amici giusti nei posti giusti” controllano il grosso del flusso di energia che attraversa il corpo sociale.   Una struttura tipicamente coloniale e modulare che si ripete su scala diversa, ma in modo sorprendentemente simile, dal livello globale a quello di ogni piccolo comune.  

Per essere chiari: i rapporti che intercorrono fra i maggiori gruppi industriali e finanziari mondiali con i governi del “G20” generano delle dinamiche che ritroviamo su scala più piccola, ma strutturalmente uguale a livello di singoli stati, di regioni ecc.    Fino al piccolo comune il cui sindaco ha cura di mantenere rapporti costanti e privilegiati con coloro che detengono il grosso del potere economico in paese.

Probabilmente per questa sua struttura modulare, di fatto il Leviatano non sembra essere in grado di fare altro che seguire un istinto tanto antico quanto la materia stessa di cui è fatto: assorbire e dissipare più energia possibile.   E deve farlo subito, adesso; senza riguardo alcuno neppure per se stesso domani.   Una totale miopia che contrasta in modo stridente con l’ efficienza, la creatività e l’astuzia con cui persegue il suo scopo.   Una combinazione dagli esiti con ogni probabilità nefasti.
Come tutto ciò ha a che fare con la nostra vita quotidiana?    E’ semplice:   Come ogni struttura dissipativa, il Leviatano (cioè tutti noi insieme) ha bisogno di un flusso costante di “cibo” e di cosa si alimenta?   Di energia certo, ma non direttamente, bensì di energia trasformata in “RICCHEZZA”; un po’ come noi individualmente ci nutriamo di zuccheri, proteine, grassi, ecc., ma non direttamente così come sono, bensì dopo averli digeriti, assorbiti e trasformati tramite un’incredibilmente complesso sistema metabolico.  

In altre parole, la società globale assorbe energia sotto forma principalmente di idrocarburi fossili,minerali e di biomassa, la trasforma in ricchezza e come tale in parte la usa per il proprio metabolismo (cioè per far girare la mega-macchina economica globale), in parte la accumula sotto forma di patrimonio (proprietà e risparmi) o di informazione (arte, scienza, tecnologia, ecc.)
Per circa 300 anni il Leviatano ha potuto “mangiare” più di quanto dissipava sotto forma di metabolismo antropico, guerre, ecc.    Di conseguenza  è cresciuto in dimensioni e complessità: nato in Inghilterra ai primi del XVII° secolo (Ritengo che Bacone e Hobbes ne siano stati i padrini), nel giro di duecento anni ha occupato il mondo intero, annichilendo od assorbendo tutte le altre civiltà.   Ma conservava un fisico asciutto ed efficiente in forza del permanere di limiti sostanziali alla sua capacità di assorbire energia e degli alti consumi necessari per la sua crescita.

Poi ci sono stati i “fantastici 30”.   Trenta anni solamente, all'incirca fra il 1945 ed il 1975, in cui la “bonanza” petrolifera ha sovralimentato il Leviatano in misura senza precedenti.   In tutto il mondo vi è infatti stata una crescita demografica assolutamente spaventosa, ma in una parte relativamente piccola dell’umanità  si è inoltre verificato un accumulo molto consistente di “grasso”, perlopiù sotto forma di patrimonio.   In particolare, la leggendaria “middle class” occidentale è cresciuta in modo tale da diventare una sorta di “tessuto adiposo” del Leviatano.  

Non è stata l’unica parte del corpo sociale in cui si sia accumulata ricchezza, anzi!   La “upper class” ne ha accumulata ancor di più, ma la vera disfunzione metabolica è avvenuta più tardi, dagli anni ’80 in poi, aprendo una voragine senza precedenti storici fra soggetti sempre più ricchi e sempre più poveri.   Per essere chiari, né l’Europa feudale, né le nazioni industriali del XIX° secolo hanno mai raggiunto livelli di disparità economica neppure paragonabili a quelli attuali.    Per trovare situazioni analoghe bisognerebbe risalire al tardo Impero Romano od alla fasi finali dei ricorrenti imperi cinesi.

E la situazione continua a peggiorare in maniera progressivamente accelerata non solo in occidente, bensì in tutto il mondo.


Perché accade questo?   Se osserviamo come funziona una struttura dissipativa di tipo più semplice, ad esempio un singolo individuo umano, osserviamo che, aumentando l’input di energia, dapprima reagisce aumentando la propria massa muscolare e le proprie prestazioni fisiche; poi comincia ad ingrassare, ma non uniformemente in tutto il corpo: alcune parti accumulano più di altre.   Se dopo un poco cominciamo a ridurre le razioni, l’individuo dimagrisce, a cominciare dalle parti dove l’accumulo di grasso è stato maggiore  ed è meno importante sotto il profilo metabolico.   Ad esempio la “pancetta” viene riassorbita prima del grasso intramuscolare.   Se la dieta diventa carestia, una volta esaurite le riserve di grasso, il fisico comincia a riassorbire anche gli altri tessuti (muscoli, ecc.).   L’ultima parte ad essere alimentata è il cervello che, per rimanere funzionante, ha comunque bisogno di quantità consistenti di energia.   Se necessario, il resto del corpo viene sacrificato per mantenere in vita questo centro da cui, in buona parte, dipende il funzionamento di tutto il resto.   Eventualmente fino a morire.

Passando ad una struttura dissipativa infinitamente più complessa, come la civiltà capitalista globale, è ovvio che molte cose cambiano, ma i principi fisici fondamentali rimangono i medesimi ed in questa chiave diventa molto facile capire quello che sta succedendo.   Diminuendo la qualità, più che la quantità, dell’energia che il Leviatano può assorbire, il suo sistema fisiologico ha cominciato a digerire la ricchezza che aveva accumulato in passato, ma in maniera non uniforme.   Abbiamo detto all’inizio che il Leviatano attuale ha un sistema nervoso centrale costituito da una classe dirigente che detiene la maggior parte della ricchezza e del potere; un fenomeno questo che si ripete modularmente alle differenti scale di riferimento: pianeta, stati o meta-stati, regioni, comuni, ecc.   Un tipico caso di “invarianza in rapporto alla scala” che ci rassicura circa la natura fondamentalmente fisica del fenomeno.   Dunque la priorità assoluta del sistema è mantenere intatto l’afflusso di energia verso la vetta della piramide sociale, alle diverse scale.   Per fare questo, quando necessario, vengono quindi digeriti i livelli inferiori, ma non in misura uniforme, bensì in rapporto alla quantità di ricchezza che può esserne estratta ed in che forma, alla difficoltà di estrarla ed all’utilità che i diversi soggetti hanno nel mantenere in vita la struttura complessiva.

Rielaborando l’apologo di Menenio Agrippa, potremmo dire che operai e contadini corrispondono al tessuto muscolare;  possono quindi essere digeriti sotto forma di peggiori condizioni di lavoro e di licenziamenti, ma solo nella misura in cui questo non pregiudica l’assorbimento e la metabolizzazione dell’energia.   Al limite possono essere ridotti in schiavitù, ma non eliminati.   Altra categoria rilevante è quella rappresentata dagli specialisti nell’uso misurato della violenza: militari e polizia.   Qui sta succedendo qualcosa di interessante.   In gran parte del mondo i bilanci militari crescono di anno in anno, in alcuni casi in maniera spettacolare, segno evidente che le classi dirigenti attribuiscono a questo “organo”  una funzione importante sia per l’accaparramento di fonti di sostentamento per il sistema economico, sia per il controllo delle proprie classi lavoratrici.  

Viceversa,  in Europa i bilanci della difesa diminuiscono e sono oramai da tempo finalizzati più al sovvenzionamento dell’industria nazionale piuttosto che all’efficacia dello strumento.   Segno evidente della decisione strategica di rimettere questa funzione alla discrezione ed alla disponibilità degli USA: nipoti-pardoni del nostro continente.   Una strategia che se permette di dirigere su altri settori risorse importanti, ci pone collettivamente nella scomoda posizione di essere non solo un vaso di coccio in mezzo a vasi di ferro, ma anche un vaso pieno di grasso cui la crescente fame del ramo americano del Leviatano ha appena cominciato ad attingere.     Discorso analogo per i servizi di polizia deputati al controllo dell’ordine pubblico e simili incombenze, mentre non si lesinano finanziamenti a quei servizi il cui scopo è il reperimento di risorse per alimentare le parti più vitali del sistema; in particolare i principali gruppi finanziari e la macchina politico-amministrativa che controlla gli stati.

E questo ci riporta alla leggendaria classe media, vera trionfatrice nei decenni di “pasciona” ed oggi principale tessuto di riserva cui attingere.   Non è difficile capire perché:   a) se individualmente la ricchezza accumulata di solito non è molta, collettivamente lo è, specialmente in Europa ed in USA.   b) Il radicato individualismo, la divisione in una miriade di sotto-classi spesso ostili fra loro e la totale impreparazione ad affrontare situazioni di effettivo pericolo rendono questa categoria più facile di altre da digerire.   c) Il sistema può fare tranquillamente a meno della maggior parte di queste persone (professionisti, professori, piccoli commercianti, artigiani, ecc.).   Sono “spendibili”.
Si tratta, evidentemente, di una schematizzazione estrema.   Il sistema è in realtà molto complesso e, come abbiamo accennato, articolato in una miriade di sotto-sistemi tipo “scatole cinesi” all’interno dei quali si riproducono le stesse dinamiche fondamentali.   Ma se qualcuno ha l’impressione di essere finito in un meccanismo che ne drena inesorabilmente la qualità della vita ed il patrimonio non pensi di essere paranoico: è esattamente quello che sta succedendo.   Riduzione degli stipendi ed aumento di imposte od affini sono solo due degli strumenti messi in atto dalla fisiologia famelica del Leviatano.   Un altro importantissimo settore in pieno sviluppo è, ad esempio, il profluvio di regolamenti e leggi che, con pretesti che variano dalla sicurezza alla tutela dell’ambiente, sono in realtà  finalizzati ad obbligare la gente a comprare cose che non desiderano e di cui non hanno bisogno.

Un altro sistema particolarmente perverso è quello delle pensioni, un argomento che esemplifica in modo molto efficace come l’effetto dei “Ritorni decrescenti” possa pervertire il funzionamento delle strutture portanti del sistema economico e sociale.   Mediamente, chi lavora oggi deve versare circa il 50% dei propri introiti non già per assicurare la propria vecchiaia, bensì quella di chi lo ha preceduto e che, avendo guadagnato meglio di lui, oggi usufruisce di una pensione che il lavoratore attuale non avrà mai.   In pratica, un sistema concepito per assicurare una decente vecchiaia agli anziani in un periodo in cui i giovani erano nettamente più numerosi e mediamente più ricchi dei vecchi, si è trasformato in un sistema tramite il quale i pensionati stanno parassitando i giovani e gli adulti del loro stesso paese; della loro stessa famiglia.   Un paradosso ormai chiaro a tutti, ma che non sarà corretto perché i giovani sono politicamente meno importanti degli anziani e, dunque, più spendibili.
Si potrebbe riassumere tutto ciò con quattro immagini rappresentative delle diverse fasi nell'evoluzione del Leviatano:


XVII secolo, è l’immagine di copertina dell’omonimo trattato di Hobbes che ci mostra un organismo giovane e dinamico, in piena fase di sviluppo.

XIX – XX secolo, Il Leviatano è diventato una macchina da guerra invincibile, lanciato alla completa conquista del Pianeta, travolgendo non solo le altre civiltà, ma soprattutto appropriandosi di ogni possibile risorsa e devastando la struttura vitale degli ecosistemi terrestri e marini.

Fine del XX secolo, il Leviatano è ancora una macchina da guerra terribile, ma è decisamente obeso, malgrado alcune sue parti siano scheletriche.   Inoltre, comincia a subire seriamente le conseguenze delle conquiste precedenti sotto forma di inquinamento, diffusione di parassiti e patogeni resistenti, ecc.   La sua forza è ancora tremenda, ma la sua salute vacilla.

XXI secolo.   Ridotto alla fame dalla decadenza quali-quantitativa delle risorse e dall’ipertrofia del suo enorme corpo, divora i suoi stessi componenti per sopravvivere.   Ma differenza di Kronos con i suoi figli, non li rigenera e dunque è destinato ad esaurirli in modo non dissimile da come sta esaurendo tutte le altre risorse.    Un fatto questo che a priori condanna il Leviatano ad una morte lenta ed atroce, ma non l’umanità con lui.   La sua esistenza cesserà man mano che la struttura socio-ecomonico che ne assembla le varie parti ed i singoli individui verrà meno.    Alla fine di questo processo certamente il numero di umani sarà molto inferiore all’attuale, ma comunque consistente: ci potrebbero essere i presupposti per costruire nuove civiltà.   In che modo la fame del Leviatano morente può pregiudicare questa possibilità?    Ce ne occuperemo nel prossimo post.



giovedì 2 ottobre 2014

Caos

DaThe Oil Crash”. Traduzione di MR



Di Antonio Turiel

Cari lettori,

ho un certo piacere a leggere i post che settimanalmente pubblica John Michael Greer nel suo blog “The Archdruid Report”. Ogni post è una piccola gioia letteraria piena di un'enorme capacità di approfondimento in aspetti fra i più diversi, conditi sempre con una certa dose di ironia (necessaria quando si tratta di temi tanto pesanti come il relazionare e rendere comprensibile la fine della società industriale, cosa cui si dedica l'Arcidruido nel suo blog, fra le altre cose). Uno dei suoi ultimi post contiene una piccola perla che mi piacerebbe raccontare. Mi è piaciuta particolarmente perché tocca in pieno i temi di ricerca sui quali ho lavorato durante la mia vita.

John Michael Greer descrive un esperimento facilmente ripetibile nella propria vasca da bagno a casa. Per prima cosa si riempie la vasca da bagno d'acqua. Poi si immerge la mano un po' e si comincia a muoverla avanti e indietro. Si osserverà un movimento lento ed abbastanza organizzato dell'acqua, praticamente senza onde. Progressivamente si deve accelerare il movimento della mano finché si comincia ad osservare un cambiamento importante del movimento dell'acqua: la formazione di gruppi di onde che si propagano velocemente oltre la mano e rimbalzano su tutte le pareti della vasca da bagno, interferendo costruttivamente in alcuni punti (e provocando una maggior elevazione del livello dell'acqua in quel punto) e in modo distruttivo in altri (causando una momentanea calma in quei punti). Ma la storia non finisce qui: si deve continuare ad accelerare il movimento della mano e il movimento dell'acqua, oscillatorio e complesso ma ancora con un certo ordine, cambierà una seconda volta: si romperanno i fronti delle onde e si genereranno mulinelli sulla scia della mano che ora avanza velocemente da un lato all'altro, mulinelli che si andranno unendo per generare strutture caotiche di dimensione maggiore finché tutta la vasca da bagno non si muoverà in modo anarchico e destrutturato, con aumenti improvvisi e diminuzioni del livello che determinano forme capricciose che cambiano rapidamente senza che si possa prevedere come verrà condizionato un punto particolare in un particolare momento.

Quanto descritto dall'Arcidruido è la transizione del movimento di un fluido da un movimento laminare (ordinato) ad uno turbolento, nella misura in cui la potenza con la quale si forza il sistema va aumentando. Naturalmente ciò ha in seguito attirato la mia attenzione, visto che la mia carriera accademica e più della metà della mia produzione scientifica riguarda l'analisi della turbolenza, in particolare nei fluidi oceanici. Tuttavia, John Michael Greer va oltre e dice che nei sistemi dinamici composti di molte parti normalmente si osserva lo stesso comportamento: che nella misura in cui si aumenta la forzatura, il sistema smette di comportarsi in modo ordinato e comincia ad oscillare, e questa oscillazione annuncia che il sistema sta giungendo al suo limite: se si continua la forzatura il sistema torna a cambiare ed entra in una fase caotica.

Davvero non posso fare altro che togliermi il cappello (che non ho) di fronte all'erudizione dell'Arcidruido, visto che ciò che spiega è proprio quello che succede normalmente quando si produce ciò che i fisici chiamano “transizioni di fase”. Effettivamente la causa dei fenomeni osservati sono i cosiddetti comportamenti emergenti che si manifestano quando un sistema ha una moltitudine di componenti. Il ramo della fisica che si occupa di studiare tali sistemi è la Fisica Statistica, che è proprio il campo da dove provengo. Quindi il suo post si è davvero sintonizzato con le mie conoscenze ed i miei interessi. Ma al di là di questa sintonia, John Michael Greer evoca certe idee interessanti, sull'evoluzione dei sistemi complessi sottoposti a queste transizioni, che mi piacerebbe sviluppare in questo post e con la prospettiva delle varie crisi che abbiamo proprio adesso sul tappeto.

In Fisica, un sistema è un congiunto di parti elementari, la struttura delle quali è considerata irrilevante per il problema studiato. Queste parti del sistema sono sottoposte ad alcune interazioni concrete e ben definite fra loro, generalmente molto semplici. Per esempio, il pianeta Terra è un sistema (o fa parte di un sistema, se consideriamo il Sistema Solare) e le interazioni fra le sue parti elementari (per gli scopi di questa discussione, gli atomi) non possono essere più semplici: sono le quattro interazioni fondamentali della Natura (nucleare forte, nucleare debole, elettromagnetica e gravitazionale), anche se per descrivere la maggioranza dei processi che hanno luogo sulla Terra ne bastano due, quella elettromagnetica e quella gravitazionale. In entrambi i casi si tratta di forze centrali (ogni particella è il centro della propria interazione che essa causa nelle altre) che decadono al quadrato della distanza dalla particella (pertanto, la forza esercitata dalla nostra particella su una particella che si trova al doppio di distanza di un'altra data è quattro volte inferiore). L'interazione elettromagnetica può essere tanto attrattiva quanto repulsiva, mentre quella gravitazionale è solo attrattiva. E nonostante la terribile semplicità con cui descriviamo queste interazioni (le poche frasi precedenti), la Terra è un sistema complessissimo, con comportamenti tremendamente elaborati che descriviamo con equazioni astruse. Come è possibile che un sistema formato da tanti elementi fondamentali, gli atomi, che interagiscono in modo così semplice, possa dare luogo a comportamenti tanto diversi e tanto complessi, dalle cascate del Niagara alle venature di una foglia di un albero?

Succede che quando un sistema è formato da una grandissima quantità di elementi comincia a mostrare “comportamenti emergenti”. La somma di molte individualità semplici finisce per manifestarsi come una collettività complessa. Non solo questa collettività interagisce in molti modi elaborati e diversi, ma in più il suo modo di funzionare si può alterare completamente. Viene chiamato “stato del sistema” o semplicemente “stato” una situazione dello stesso che si caratterizza con certe variabili che definiscono il comportamento collettivo: la temperatura – che in realtà è una misura dell'energia cinetica media delle particelle, la pressione, il volume, la durezza, la densità, la viscosità, ecc...

Quando un sistema si trova in un determinato stato le variabili che lo caratterizzano si muovono all'interno di una determinata gamma di valori. Per esempio, il volume di un solido varia pochissimo, in funzione della temperatura, mentre un liquido ha una viscosità relativamente bassa – per un solido è infinita, per definizione. In questo caso diciamo che il sistema si trova in una certa fase. Ma in certe condizioni, se forziamo il sistema dall'esterno (per esempio, prendiamo un solido e ne aumentiamo la temperatura) possiamo finire per indurre ciò che viene chiamato “un cambiamento di fase”, cioè, un cambiamento radicale delle variabili che definiscono lo stato (nell'esempio del solido detto precedentemente, la viscosità passerebbe dall'essere indefinita ad aver un valore  relativamente basso). Una volta che ha cambiato di fase, il sistema passa ad un comportamento del tutto diverso da quello precedente (per esempio, un solido rimane stabile su un tavolo, mentre un liquido si sparge in tutte le direzioni e un gas si diffonde nell'aria e si mescola agli altri gas).

La cosa realmente interessante è ciò che accade quando ci avviciniamo a questo punto critico (si chiama così) nel quale un sistema cambia di fase, prima che passi da un comportamento all'altro (prima che l'acqua bolle, prima che l'aggiunta di un nuovo granello di sabbia provochi una valanga, prima che la depressione tropicale si trasformi in uragano...). Vicino al punto critico alcuni dei parametri del sistema scatta e diventa instabile. Piccole perturbazioni nel sistema inducono variazioni grandi o oscillatorie nei parametri colpiti. Il sistema fluttua e diventa caotico. Esattamente come dice John Michael Greer, l'apparizione di tali fluttuazioni annuncia l'arrivo del punto critico e nella misura in cui ci avviciniamo al punto in cui il nostro sistema smetterà di essere com'è e cambierà radicalmente, l'ampiezza di queste fluttuazioni si va facendo terribilmente più grande.

Analogamente a molti sistemi naturali strutturati, come per esempio gli ecosistemi, la nostra società è a sua volta un sistema complesso, integrato da una moltitudine di piccole parti con una moltitudine di interazioni ed anche in essa si osservano comportamenti emergenti del sistema che vanno molto al di là dei comportamenti della somma delle sue parti. Pertanto è un terreno propizio per applicare i principi della Fisica Statistica e di fatto è da molti anni che delle branche della stessa studiano parti del sistema sociale umano (per esempio, la econofisica o la teoria delle reti).

La nostra società è in crisi da alcuni anni. Nonostante i canti della sirena del governo spagnolo non si sta verificando una ripresa in questo paese e se si guardano gli indicatori mondiali si conclude che nemmeno nel mondo c'è. Al contrario, l'ampiezza della crisi sembra stia crescendo: lavoro più precario, risparmi che diminuiscono, crisi finanziaria che non finisce, crisi istituzionale che sta arrivando a estremi insopportabili... Stiamo entrando in una situazione di oscillazioni sempre più grandi che anticipano una transizione di fase, un cambiamento repentino del nostro mondo e della nostra società? Guardiamo il nostro ambiente un po' nel dettaglio.

Gli ecosistemi del pianeta sono gravemente minacciati. Nei circoli accademici si parla di Sesta Estinzione, in questo caso non innescata da alcun meteorite o dall'irruzione delle alghe, ma dall'azione dell'uomo. Abbiamo già commentato riguardo agli indicatori molteplici di questi cambiamenti radicali. Se non si opera un cambiamento di rotta, le specie animali e vegetali che domineranno questo pianeta durante i prossimi millenni saranno altre, molto diverse da quelle attuali. Che gli ecosistemi siano gravemente alterati lo evidenziano le continue ondate di anomalie: un anno le acque si riempiono di meduse come non  si era mai visto, un altro si producono proliferazioni di alghe un tempo sporadiche, si trovano insetti molto più al nord del loro habitat naturale, ecc, ecc. Insomma, fluttuazioni che ci annunciano un prossimo cambiamento di fase, dell'arrivo di nuovi ecosistemi.

Un altro esempio di sistema che sta subendo grandi oscillazioni (che è quello a cui alludeva John Michael Greer nel suo post) è il sistema climatico della Terra. Quelli fra noi che vivono nel terzo settentrionale della Spagna stanno vivendo un'estate strana, con cambiamenti bruschi di temperatura e precipitazioni, proprio come dicevo nel post “Un anno senza estate”, ma le anomalie coprono tutto il pianeta: la siccità nell'ovest degli Stati Uniti sta giungendo a dimensioni di catastrofe nazionale, gli incendi flagellano periodicamente la steppa russa, le temperature registrate in molti punti del Circolo polare Artico battono i record e il pianeta, preso nel suo insieme, registra i mesi più caldi da quando ci sono i rilevamenti. Non è solo l'estate. Tenendo conto di come sono stati gli ultimi autunni (più caldi e secchi del normale, dove vivo io) e gli inverni (la parola “ciclogenesi esplosiva” porta sicuramente brutti ricordi agli abitanti della parte atlantica del continente europeo) non è irragionevole pensare che forse i cambiamenti osservati sono quelle oscillazioni la cui crescente ampiezza anticipa un cambiamento di fase del clima relativamente vicino. Quale sarà il nuovo clima nessuno lo sa, anche se l'impatto del nuovo regime dei venti e delle piogge avrà implicazioni determinanti sulla vita delle persone  in un momento in cui dovranno dipendere di più dai frutti della terra per sostenersi, al decrescere della disponibilità di energia in generale.

Che dire del petrolio e delle altre risorse non rinnovabili? Si può considerare che si stiano producendo fluttuazioni crescenti nella sua disponibilità, presagio del cambiamento secolare? Una semplice occhiata alle notizie degli ultimi mesi ci mostra che, dopo anni – non molti – di relativa calma (con ancora molti conflitti, ma con poca presenza mediatica) si sta producendo una certa esplosione di guerre e conflitti in paesi che erano tranquilli da decenni. Il denominatore comune di questi conflitti? Non si può dire in modo netto che ce ne sia solo uno, ma alla base di tutte queste guerre e rivolte (Egitto, Siria, Iraq, Ucraina, Nigeria, Libia, Sudan) c'è una forte componente di controllo delle risorse di gas e/o petrolio (e, pertanto, la diminuzione degli introiti della loro esportazione o l'aumento delle spese della loro esportazione), stanno tirando la corda e provocando sempre più conflitti interni che un giorno sì e uno no arrivano sulla stampa. E' il caso dell'Argentina e del suo recente default parziale,


del Brasile e dei suoi movimenti di protesta contro i tagli,







e di tanti altri paesi nei quali la manna del petrolio ha smesso di scorrere come in precedenza. Se la maggioranza dei paesi produttori di petrolio ha problemi seri, cosa sta succedendo nei paesi che non producevano petrolio e dovevano importarlo? Ovviamente che stanno soffrendo Soffrono tutti. Soffrono perché manca il petrolio per alimentarli. Le esportazioni di petrolio greggio nel mondo sono stagnanti, presagendo il declino: 



Persino gli Stati Uniti soffrono per mancanza di petrolio, con grande sorpresa dei molti disinformati. Anche se il consumo totale di petrolio (greggio più condensato) negli Stati Uniti è aumentato negli ultimi anni, il consumo di petrolio pro capite scende dal 2005, l'anno in cui siamo giunti al picco del petrolio greggio convenzionale, come spiega in un articolo recente e fortemente raccomandato Gail Tverberg:



E come spiega Gail Tverberg, non solo diminuisce il consumo di petrolio negli Stati uniti, diminuisce anche il consumo pro capite di energia (totale, non solo di petrolio), cosa che nella storia degli Stati uniti non era mai successa. Il fatto è che la bolla del fracking è solo questo: una bolla. La realtà è che la produzione di tutti i liquidi del petrolio (il petrolio greggio più tutti i succedanei, servano o meno, che vengono aggiunti alla contabilità per dissimulare il fatto che la produzione di greggio sta già diminuendo) da qualche anno è insufficiente a coprire la domanda (notate nel grafico il piccolo salto che c'è fra la linea nera che rappresenta il consumo e la curva ombreggiata verde che rappresenta la produzione) Come viene riconosciuto nell'annuario della BP da dove sono stati presi tutti questi dati, si sta mettendo mano alla riserve dell'industria per coprire la domanda con un'offerta che è già insufficiente. 


Possono essere peggiorate queste cattive notizie? Ebbene sì. Se escludiamo gli Stati Uniti, la produzione di tutti i liquidi assimilati al petrolio del mondo sta già diminuendo.



E tenendo conto che è in vista il picco del petrolio da fracking degli Stati Uniti, risulta evidente che in un anno o due il declino della produzione di tutti i liquidi (non solo del petrolio greggio) non si potrà più dissimulare. 



Ci troviamo quindi in una situazione in cui la disponibilità di petrolio diminuisce già per tutti, ma i più potenti soffrono meno perché possono accaparrarsi una parte maggiore della torta e alcuni paesi, come la Cina, stanno ancora riuscendo ad aumentare il proprio consumo, logicamente a spese di altri. Fino a qualche anno fa questi “altri” paesi ci sembravano molto lontani. Ma adesso che la torta sta iniziando a diminuire con una certa rapidità, all'improvviso assistiamo allo spettacolo di vedere paesi occidentali, ovviamente i meno potenti, che si vedono costretti a diminuire il proprio consumo in modo precipitoso e di conseguenza ad immergersi in crisi economiche sempre più profonde. Paesi dove il consumo di petrolio è diminuito di più del 20% negli ultimi anni perché le loro economie non riescono ad assorbire gli alti costi di questa materia prima, perché inoltre le loro economie sono fra le più dipendenti dal petrolio. E' il caso della Grecia, 


dell'Italia,



del Portogallo,



e, naturalmente, della Spagna.



Lo sappiamo già: soffiano venti di cambiamento e se guardate ogni giorno le notizie vi sarete resi conto che sono sempre di più gli uragani. Questa instabilità, questa crescente conflittualità, queste guerre più o meno dichiarate, questa escalation dialettica fra le grandi potenze... sono per l'ambito delle risorse, di nuovo, grandi fluttuazioni del nostro stato attuale e pertanto anticipano un brusco cambaimento di stato, che in questo caso può essere solo catastrofico (immaginatevi cosa comporterebbe, per esempio, una guerra commerciale o più convenzionale con la Russia, o il collasso dell'Arabia Saudita). 

In linea coi problemi geopolitici che andranno emergendo per la crescente scarsità del combustibile che alimenta l'economia mondiale, ma con fattori che le sono propri, viviamo gli ultimi mesi prima del prossimo crollo in borsa. Le economie di tutto il mondo subiranno una grande contrazione, simile a quella vissuta nel 2008, a un certo punto fra la fine di quest'anno e l'inizio del prossimo. Vari fattori degli ultimi mesi (le crescenti rivolte, i cattivi indicatori economici delle economie europee, la tensione in aumento con la Russia, il rallentamento dell'economia cinese...) sono le fluttuazioni che precedono un grande cambiamento di fase, quello che darà più di che parlare giunti a quel momento, quello che nessuno collega con tutti gli altri, quello che eclisserà tutti gli altri fino al punto in cui non si vedranno più. 

Durante i prossimi dodici mesi si produrranno molti eventi che metteranno in crisi la stabilità di molti paesi. Oltre dei referendum per l'indipendenza in Scozia e in Catalogna, il tracollo delle aspettative politiche elettorali dei grandi partiti presagiva il tracollo degli Stati nazionali in Europa, un processo che può accelerare si invade ancora una volta l'Iraq o si fa la guerra più o meno dichiarata alla Russia. Nuove oscillazioni crescenti che presagivano un cambiamento repentino verso un nuovo scenario radicalmente diverso. 

Se nell'esperimento della vasca da bagno smettete di muovere la mano (se smettete di sottoporre il liquido alla forzatura), l'acqua tornerà a calmarsi e riuscirà a tornare di nuovo ad uno stato di equilibrio. In alcuni casi il nuovo equilibrio sarà simile a quello precedente. Ma, in generale, questo equilibrio non può essere uguale a quello precedente e può arrivare ad essere molto diverso. Questo fenomeno è conosciuto come isteresi. Un caso tipico di isteresi all'interno dei sistemi che oggi commentiamo è quello delle catene trofiche: se alteriamo brutalmente un ecosistema (per esempio, cacciando o pescando in maniera massiccia alcune specie) quando lo lasceremo in pace non tornerà ad essere com'era prima: nuove specie avranno occupato le nicchie ecologiche di quelle che c'erano in precedenza, impedendo il loro ritorno e forse impedendo anche il consolidamento di una catena trofica sostenibile e stabile. 

Il nostro sistema climatico oscilla, anche gli ecosistemi ed i prezzi delle risorse aumentano l'agitazione ed anche i paesi sono sempre più strapazzati. Queste oscillazioni ci anticipano che stiamo giungendo ai limiti. E' preferibile non forzarli ulteriormente, non solo per il caos che ne risulterà (con la sua inevitabile dose di distruzione), ma perché quando alla fine tutto si calma, eliminata la perturbazione che per la storia sarà stata un respiro, le cose non torneranno ad essere come prima. Ed è poco probabile che siano migliori. 

Saluti.
AMT

domenica 28 settembre 2014

IL DIAVOLO, ESISTE?

Di Jacopo Simonetta

In un mio precedente post ho sostenuto che Godzilla non esiste, una notizia che spero non abbia traumatizzato i suoi molti fans.   Oggi vorrei invece cimentarmi con un altro soggetto di ben più illustre stirpe, ma parimenti ritenuto oggi un mero frutto di una perversa fantasia.   In effetti, dopo millenni di onorata carriera, questo personaggio chiave della cultura europea (e non solo) è stato malamente licenziato e bollato con la più infamante delle etichette: “superstizione medioevale”.   Un marchio d’infamia da cui neppure qualche esplicito richiamo da parte del pontefice lo ha potuto riscattare. Senza pretendere di riuscire laddove il papa ha fallito, vorrei qui proporre alcune considerazioni in merito alla natura ed alla funzione di quello che un tempo era indicato come “il Nemico”.

Innanzitutto, premetto che come fonte primaria non utilizzerò alcuno dei numerosi sapienti che in passato si sono cimentati sull'argomento, bensì il complesso della favolistica popolare, raccolta e pubblicata perlopiù nella seconda metà del XIX secolo, ma di origine molto più antica.  Trattandosi di dare la caccia ad uno o più archetipi, ho ritenuto che questa fonte fosse più promettente di quella rappresentata da autori di riconosciuto valore, ma legati alla Chiesa o, per contrasto, in aperta polemica con essa.   Una situazione che produce necessariamente uno stravolgimento del materiale di base che viene utilizzato, spesso molto sapientemente, a fini didattici o polemici.

Esistono infinite varianti e sono molte le vicende in cui il Nemico può giocare un ruolo importante, talvolta persino positivo.   Qui mi occuperò solamente di una casistica particolare, ma molto vasta: quella in cui il Diavolo si pone al servizio di qualcuno, o perlomeno si offre di farlo. In questo genere di favole, il Diavolo si manifesta in due ben diversi contesti: Attacca tramite tentazioni i più santi fra gli uomini; oppure offre aiuto a persone del tutto comuni.
    
Il primo caso ha un precedente nella tentazione di Cristo ed è presente nella favolistica popolare perlopiù come derivazione dall'enorme corpus delle vite dei santi di cui è un ottimo compendio la Leggenda Aurea.   In questo contesto, il demonio appare al santo (od allo stesso Salvatore) per distoglierlo dalla sua ascesi e contaminarne l’anima con una qualche forma di avidità (per il sesso, per il cibo, per il potere, ecc.).   Essendo la persona un santo, egli comprende però l’inganno e percepisce immediatamente la natura orripilante del Diavolo e l’intrinseca malvagità della sua offerta.

Il secondo caso, per me molto più interessante, è assai più frequente nella letteratura orale popolare per il semplice motivo che si riferisce a persone comuni, simili a chi narra ed a chi ascolta; persone dedite ai fatti propri e non alla purezza dell’ascesi.   Quindi molto più vulnerabili alla tentazione. In questi casi, normalmente, sono le persone che evocano il diavolo, sia pure indirettamente, tramite un atto di avidità o di disperazione.   Può trattarsi di un desiderio illecito oppure di una grave infrazione; in ogni caso, si noti bene, si tratta di una manifestazione di avidità per qualcosa cui il protagonista non ha diritto.   Qualcosa che si trova oltre un limite che non dovrebbe essere valicato.

Una variante a questa casistica è la persona che, sopraffatta dalle calamità o dalla miseria, dispera dell’aiuto e della giustizia divina; insomma il contrario di Giobbe che un tempo tutti conoscevano perfettamente.   Anche in questo caso, comunque, abbiamo a che fare con il rifiuto dei limiti che gli eventi pongono alla nostra vita. Una volta espresso questo tipo di sentimento con sufficiente forza di volontà, il Diavolo appare, spesso sotto le vesti di un signore affabile e ben vestito, ma riconoscibile per una qualche anomalia fisica (zampe di cavallo o simili) e/o per la puzza di zolfo.   Costui propone al protagonista un affare: la soluzione al suo problema od il soddisfacimento de suo desiderio in cambio dell’anima (non necessariamente quella del protagonista, può anche essere quella di qualcun altro). 

Se, eventualmente dopo un certo mercanteggiamento, il protagonista accetta, il demonio ottempera pignolescamente al contratto: soddisfa i desideri e risolve i problemi dell’umano (quasi sempre un maschio, attenzione al dettaglio).   In molti casi il protagonista scopre un grande tesoro e diventa ricco, oppure sposa la figlia del “re” (dove re, in genere, indica semplicemente una persona molto importante).  Ma la casistica è ampia ed in molti casi l’aiuto del demonio è necessario per riuscire in un’impresa come la costruzione di un ponte o perfino di una cattedrale.   Richiamo l’attenzione su questa tipologia di intervento demoniaco che ritengo particolarmente illuminante.   Non è infatti che ci sia qualcosa di intrinsecamente malvagio nel voler costruire un ponte o magari una chiesa; l’atto di avidità che evoca il demonio, in questi casi, è la volontà di realizzare un’opera che la gente ritiene impossibile.   In ultima analisi, il protagonista vuole  superare i limiti imposti dalla natura e dal costume per fare qualcosa di utile, ma eccessivo.   E non già per la maggior gloria del Signore, bensì per la maggior gloria di sé medesimo.

Una volta compiuta l’opera, il Diavolo esige il suo credito.   Il destino del protagonista è dunque la dannazione eterna, a meno che non riesca ad ingannare il Nemico con un trucco, di solito con l'aiuto di un  sant'uomo chiamato al soccorso.   Altre volte il protagonista si salva pentendosi delle sue colpe e, se il suo pentimento è sincero, l’opera crolla o scompare assieme al suo infernale artefice.  

Altre volte il diavolo assicura invece un’intera vita di sfacciata fortuna al protagonista il quale però, dopo un primo momento di euforia, si accorge che dietro una splendida apparenza la sua vita si sta trasformando in un inferno senza speranza.   I parenti e gli amici lo abbandonano, oppure muoiono, oppure cominciano a sfruttarlo, anziché amarlo.   Le sue proprietà aumentano, ma non danno benessere; il suo denaro attira ladri e tagliagole.   In sintesi, la sua fortuna diffonde paura, invidia e disgrazia fra chi viene in contatto con lui e tutto ciò che fa ottiene risultati opposti a quelli voluti.    Il finale è simile:   la dannazione; a meno che il protagonista (o più spesso sua moglie) non trovi un trucco per ingannare il demonio.   Talvolta anche un sincero pentimento può salvarlo dalla dannazione eterna, ma tutto ciò che ha realizzato nella sua vita si dissolve in una fumata maleodorante.

Dunque, sfrondando i dettagli che differenziano ogni singolo racconto, tento di riassumere i punti che caratterizzano il diavolo e la sua opera nella maggioranza delle favole:
  • Vive abitualmente sotto terra ed ha un’estrema affinità con il fuoco.  
  • Viene evocato tramite un atto di volontà motivato da un sentimento di avidità, superbia o ribellione contro i limiti imposti all'uomo dalll’ordine divino del mondo.
  • Quando si manifesta per la prima volta, ha un aspetto elegante e signorile, ma un cattivo odore.
  • Consente di realizzare opere ed imprese straordinarie, anche di pubblica utilità e perfino opere di bene.
  • Serve fedelmente le proprie vittime esaltandone nel contempo l’ambizione e la superbia.
  • Superata una soglia variabile da caso a caso, da servo diventa padrone e coloro che si servivano di lui si trovano prigionieri in un mondo di dolore senza speranza.   Dietro l’aspetto accattivante si rivela un mostro orribile.
  • Il suo passaggio lascia l’aria fuligginosa e maleodorante.
  • La dannazione è il destino normale di chi evoca il Diavolo, ma esiste la possibilità di sfuggirgli a condizione di rendersi conto in tempo della trappola ed ingannarlo; oppure pentirsi ed accettare le conseguenze dell’errore commesso.   
  • Generalmente, la salvezza comporta la perdita dei vantaggi ricevuti ed una dura penitenza. 
Esiste qualcosa nella realtà fisica comunemente riconosciuta che abbia queste caratteristiche?   Qualcosa che ha assicurato a molti di noi una vita di sfacciato benessere e di costante superamento dei limiti?   Nel contempo riempiendoci di orgoglio al punto di ritenere oggi un nostro diritto il continuare a disporre di tali privilegi, costi quel che costi?   Qualcosa, insomma, che servendoci fedelmente ci ha condotto sulle soglie della dannazione?   Io credo di si e tutti noi sappiamo di cosa si tratta.

Dunque, il diavolo è una fantasia medioevale, una metafora psicologica od una realtà fisica?   Oppure tutto questo ed altro ancora contemporaneamente?
La potenza del mito è che sempre ha numerose e contemporanee chiavi di lettura possibili; sta a noi capire quali siano quelle che, di volta in volta, ci possono aiutare ad intuire pericoli mortali e, forse, sfuggirvi.    Nelle favole sono i santi eremiti e le donne che possono, talvolta, sconfiggere il Nemico.