Di Jacopo Simonetta
In un mio precedente
post ho sostenuto che Godzilla non esiste, una notizia che spero non abbia traumatizzato i suoi molti fans. Oggi vorrei invece cimentarmi con un altro soggetto di ben più illustre stirpe, ma parimenti ritenuto oggi un mero frutto di una perversa fantasia. In effetti, dopo millenni di onorata carriera, questo personaggio chiave della cultura europea (e non solo) è stato malamente licenziato e bollato con la più infamante delle etichette: “superstizione medioevale”. Un marchio d’infamia da cui neppure qualche esplicito richiamo da parte del pontefice lo ha potuto riscattare. Senza pretendere di riuscire laddove il papa ha fallito, vorrei qui proporre alcune considerazioni in merito alla natura ed alla funzione di quello che un tempo era indicato come “il Nemico”.
Innanzitutto, premetto che come fonte primaria non utilizzerò alcuno dei numerosi sapienti che in passato si sono cimentati sull'argomento, bensì il complesso della favolistica popolare, raccolta e pubblicata perlopiù nella seconda metà del XIX secolo, ma di origine molto più antica. Trattandosi di dare la caccia ad uno o più archetipi, ho ritenuto che questa fonte fosse più promettente di quella rappresentata da autori di riconosciuto valore, ma legati alla Chiesa o, per contrasto, in aperta polemica con essa. Una situazione che produce necessariamente uno stravolgimento del materiale di base che viene utilizzato, spesso molto sapientemente, a fini didattici o polemici.
Esistono infinite varianti e sono molte le vicende in cui il Nemico può giocare un ruolo importante, talvolta persino positivo. Qui mi occuperò solamente di una casistica particolare, ma molto vasta: quella in cui il Diavolo si pone al servizio di qualcuno, o perlomeno si offre di farlo. In questo genere di favole, il Diavolo si manifesta in due ben diversi contesti: Attacca tramite tentazioni i più santi fra gli uomini; oppure offre aiuto a persone del tutto comuni.
Il primo caso ha un precedente nella tentazione di Cristo ed è presente nella favolistica popolare perlopiù come derivazione dall'enorme corpus delle vite dei santi di cui è un ottimo compendio la
Leggenda Aurea. In questo contesto, il demonio appare al santo (od allo stesso Salvatore) per distoglierlo dalla sua ascesi e contaminarne l’anima con una qualche forma di avidità (per il sesso, per il cibo, per il potere, ecc.). Essendo la persona un santo, egli comprende però l’inganno e percepisce immediatamente la natura orripilante del Diavolo e l’intrinseca malvagità della sua offerta.
Il secondo caso, per me molto più interessante, è assai più
frequente nella letteratura orale popolare per il semplice motivo che si
riferisce a persone comuni, simili a chi narra ed a chi ascolta; persone dedite
ai fatti propri e non alla purezza dell’ascesi. Quindi molto più vulnerabili alla
tentazione. In questi casi, normalmente, sono le persone che evocano il
diavolo, sia pure indirettamente, tramite un atto di avidità o di disperazione.
Può trattarsi di un desiderio illecito oppure
di una grave infrazione; in ogni caso, si noti bene, si tratta di una
manifestazione di avidità per qualcosa cui il protagonista non ha diritto. Qualcosa che si trova oltre un limite che
non dovrebbe essere valicato.
Una variante a questa casistica è la persona che, sopraffatta dalle calamità o
dalla miseria, dispera dell’aiuto e della giustizia divina; insomma il
contrario di Giobbe che un tempo tutti conoscevano perfettamente. Anche in questo caso, comunque, abbiamo a che
fare con il rifiuto dei limiti che gli eventi pongono alla nostra vita. Una volta espresso questo tipo di sentimento con sufficiente
forza di volontà, il Diavolo appare, spesso sotto le vesti di un signore affabile
e ben vestito, ma riconoscibile per una qualche anomalia fisica (zampe di
cavallo o simili) e/o per la puzza di zolfo.
Costui propone al protagonista un affare: la soluzione al suo problema
od il soddisfacimento de suo desiderio in cambio dell’anima (non
necessariamente quella del protagonista, può anche essere quella di qualcun
altro).
Se, eventualmente dopo un certo
mercanteggiamento, il protagonista accetta, il demonio ottempera
pignolescamente al contratto: soddisfa i desideri e risolve i problemi
dell’umano (quasi sempre un maschio, attenzione al dettaglio). In molti casi il protagonista scopre un
grande tesoro e diventa ricco, oppure sposa la figlia del “re” (dove re, in
genere, indica semplicemente una persona molto importante). Ma la casistica è ampia ed in molti casi
l’aiuto del demonio è necessario per riuscire in un’impresa come la costruzione
di un ponte o perfino di una cattedrale.
Richiamo l’attenzione su questa tipologia di intervento demoniaco che
ritengo particolarmente illuminante.
Non è infatti che ci sia qualcosa di intrinsecamente malvagio nel voler
costruire un ponte o magari una chiesa; l’atto di avidità che evoca il demonio,
in questi casi, è la volontà di realizzare un’opera che la gente ritiene
impossibile. In ultima analisi, il
protagonista vuole superare i limiti imposti dalla natura e dal costume
per fare qualcosa di utile, ma eccessivo.
E non già per la maggior gloria del Signore, bensì per la maggior gloria
di sé medesimo.
Una volta compiuta l’opera, il Diavolo esige il suo
credito. Il destino del protagonista è dunque la dannazione eterna, a meno che non riesca ad ingannare il Nemico con un trucco, di solito con l'aiuto di un sant'uomo chiamato al soccorso. Altre volte il
protagonista si salva pentendosi delle sue colpe e, se il suo pentimento è sincero,
l’opera crolla o scompare assieme al suo infernale artefice.
Altre volte il diavolo assicura invece un’intera vita di
sfacciata fortuna al protagonista il quale però, dopo un primo momento di
euforia, si accorge che dietro una splendida apparenza la sua vita si sta
trasformando in un inferno senza speranza.
I parenti e gli amici lo abbandonano, oppure muoiono, oppure cominciano
a sfruttarlo, anziché amarlo. Le sue
proprietà aumentano, ma non danno benessere; il suo denaro attira ladri e
tagliagole. In sintesi, la sua fortuna
diffonde paura, invidia e disgrazia fra chi viene in contatto con lui e tutto
ciò che fa ottiene risultati opposti a quelli voluti. Il finale è simile: la dannazione; a meno che il protagonista (o più spesso sua
moglie) non trovi un trucco per ingannare il demonio. Talvolta anche un sincero pentimento
può salvarlo dalla dannazione eterna, ma tutto ciò che ha realizzato nella sua vita
si dissolve in una fumata maleodorante.
Dunque, sfrondando i dettagli che differenziano ogni singolo
racconto, tento di riassumere i punti che caratterizzano il diavolo e la sua
opera nella maggioranza delle favole:
- Vive abitualmente sotto
terra ed ha un’estrema affinità con il fuoco.
- Viene evocato tramite un
atto di volontà motivato da un sentimento di avidità, superbia o ribellione
contro i limiti imposti all'uomo dalll’ordine divino del mondo.
- Quando si manifesta per la
prima volta, ha un aspetto elegante e signorile, ma un cattivo odore.
- Consente di realizzare
opere ed imprese straordinarie, anche di pubblica utilità e perfino opere
di bene.
- Serve fedelmente le
proprie vittime esaltandone nel contempo l’ambizione e la superbia.
- Superata una soglia
variabile da caso a caso, da servo diventa padrone e coloro che si
servivano di lui si trovano prigionieri in un mondo di dolore senza
speranza. Dietro l’aspetto
accattivante si rivela un mostro orribile.
- Il suo passaggio lascia
l’aria fuligginosa e maleodorante.
- La dannazione è il destino
normale di chi evoca il Diavolo, ma esiste la possibilità di sfuggirgli a
condizione di rendersi conto in tempo della trappola ed ingannarlo; oppure
pentirsi ed accettare le conseguenze dell’errore commesso.
- Generalmente, la salvezza comporta
la perdita dei vantaggi ricevuti ed una dura penitenza.
Esiste qualcosa nella realtà fisica comunemente riconosciuta
che abbia queste caratteristiche? Qualcosa
che ha assicurato a molti di noi una vita di sfacciato benessere e di costante
superamento dei limiti? Nel contempo
riempiendoci di orgoglio al punto di ritenere oggi un nostro diritto il
continuare a disporre di tali privilegi, costi quel che costi? Qualcosa, insomma, che servendoci fedelmente
ci ha condotto sulle soglie della dannazione?
Io credo di si e tutti noi sappiamo di cosa si tratta.
Dunque, il diavolo è una fantasia medioevale, una metafora
psicologica od una realtà fisica?
Oppure tutto questo ed altro ancora contemporaneamente?
La potenza del mito è che sempre ha numerose e contemporanee
chiavi di lettura possibili; sta a noi capire quali siano quelle che, di volta
in volta, ci possono aiutare ad intuire pericoli mortali e, forse,
sfuggirvi. Nelle favole sono i santi
eremiti e le donne che possono, talvolta, sconfiggere il Nemico.