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sabato 13 aprile 2019

Morte ecologica e indifferenza umana



Di Federico Tabellini

Scriveva Seneca che la morte, quella vera, è un processo vissuto giorno per giorno, e che per disgrazia gli uomini se ne occupano solo quando i suoi effetti giungono a compimento. Quando l’ultima proverbiale goccia fa traboccare il vaso e l’acqua bagna il pavimento, inzuppandoci le scarpe. Allora sì, notiamo il vaso e l’acqua. Fino ad allora però, e per meglio dire fino ad ora, sono state le piccole morti a dominare i nostri pensieri.

La differenza fra le piccole morti e la vera morte risiede in tre fattori: prossimità spaziale, prossimità temporale e rapidità d’esecuzione. Il vicino scandalizza più del lontano, l’oggi più del domani, l’evento più del processo. È la natura umana. Siamo programmati biologicamente per prestare più attenzione agli eventi contingenti, al dramma imminente, alla tragedia che possiamo toccare con mano. Piangiamo l’albero in fiamme in giardino mentre la foresta all’orizzonte è divorata lentamente dai parassiti.

Il sistema mediatico e la politica, anziché supplire a tale debolezza umana, ne amplificano gli effetti come gigantesche casse di risonanza. I media di massa si concentrano sugli eventi perché questi hanno un pubblico più ampio. Vendono di più. E allora ecco l’alluvione in prima pagina: ventiquattro feriti e tre morti. Facebook è in lutto. La sistematica accumulazione di plastica negli oceani che rischia di compromettere per sempre interi ecosistemi? Quindicesima pagina, dopo lo sport. E ancora: in prima serata speciale sul terremoto, sedici morti e centinaia di feriti. Alle due di notte, mentre dormiamo, va in onda un documentario sulla sesta estinzione di massa: niente meteoriti questa volta, solo scimmie rosa dall’inappagabile appetenza.

Ma mica è colpa nostra se la morte vera è lenta e banale, noiosa, senza dinamismo. Mica è colpa dei media se a guardarla in faccia non possiamo trattenere uno sbadiglio. C'è anche chi ci prova, a renderla più interessante. Il metodo più efficace è trasformarla in un evento: fotografarla in un istante drammatico, quando è più fotogenica, e presentarla come 'news'. Le istantanee più belle le abbiamo viste tutti: la Giornata Mondiale della Terra, l’ultimo infruttuoso vertice internazionale per contrastare il cambiamento climatico, Greta Thunberg. I più politicamente attivi fra noi si sono spinti oltre per invertire il declino: hanno condiviso la notizia su Facebook. Purtroppo i loro indomiti sforzi non hanno ancora cambiato il mondo.

E poi ci sono le moderne democrazie da palcoscenico[1], che funzionano pressoché allo stesso modo. Quel che conta, anche qui, è l’audience. I politici che avanzano soluzioni settoriali e di breve periodo a problemi contingenti – le piccole morti – vengono premiati alle urne. Quelli che propongono soluzioni sistemiche a contrasto del declino del sistema Terra – la vera morte – sono accolti da un silenzio scrosciante. La necessaria complessità di tali soluzioni, del resto, è difficile da spiegare a un elettorato concentrato sul qui e ora. Non si può condensare in un’intervista in tv, in un tweet o in un post su facebook. Non aiuta il fatto che tali soluzioni richiedano, per dare i propri frutti, tempi ben più lunghi di quelli di un singolo mandato elettorale. Proporre e implementare soluzioni di lungo periodo semplicemente non paga a livello politico.

Ma quelle soluzioni salverebbero miliardi di vite nei secoli a venire! E allora? Gli uomini e le donne del futuro non possono votare per i politici del presente. Quindi avanti con le trovate ad effetto, a prova di sbadiglio: preservare la biodiversità nelle aree montane? Inutile, al massimo ti guadagni il plauso di qualche associazione animalista. Piuttosto salva un cane da una zona alluvionata e twitta una foto con lui. Diventa anche tu un eroe nazionale.

E niente, così muore il mondo, sapete? Non freddato in una guerra, ma un pezzettino alla volta, lontano dai riflettori. Mentre noi scimmie rosa saltiamo da un evento all’altro, come zanzare attorno a un albero di natale. Imprigionati nel contingente. Assorbiti dai nostri piccoli problemi, oppure in fuga dallo stress, a cercare un rifugio nell’intrattenimento e nei consumi. Le scarpe belle asciutte. Per qualche anno ancora.

[1] Il concetto di 'democrazia da palcoscenico' e i suoi profondi effetti sulle agende politiche degli stati sono esplorati nel mio libro 'Il Secolo Decisivo: storia futura di un'utopia possibile'.


domenica 24 febbraio 2019

Fischiettando sulla via del declino

 
Di Federico Tabellini
 

Nel 2018 è uscito un nuovo episodio di Star Wars, il principe Harry si è sposato, la Francia ha vinto i mondiali di calcio. Tutti lo sanno, tutti ne parlano. Sono senza dubbio le notizie più importanti dell’anno. 
L’IPCC ha rilasciato il suo Special Report on Global Warming, annunciando che ‘cambiamenti rapidi, profondi e senza precedenti in tutti gli aspetti della società’ sono necessari per assicurare che l’aumento della temperatura globale non superi i 1,5 gradi Celsius. Alcuni amici mi hanno riferito di averlo sentito in TV, fra l'ultimo singolo di Katy Perry e il nuovo maglione del ministro dell’interno. Non ricordano bene. La solita solfa del clima, dicono.

Comunque il matrimonio del principe Harry nella cappella di St. George in Inghilterra è stato seguito in diretta da 1,9 miliardi di persone! La mia vicina di casa ne parla ancora oggi. 

Le chiedo se è a conoscenza delle tre specie di uccelli che si sono estinte nel 2018. Mi guarda stranita. Le dispiace. “Com’è potuto succedere?”, chiede. Le ricordo che da tempo le estinzioni di specie animali procedono a una velocità migliaia di volte superiore alla norma. Non mi crede. Il giorno dopo torna a parlarmi del principe Harry. Pare sia in crisi con la sua nuova sposa. Terribile, dico. Puoi dirlo forte, risponde.

Il nuovo leader brasiliano ha deciso che la foresta amazzonica è un buon posto per tagliare legna e creare piantagioni. Gli indigeni si fottano. La crisi climatica è un’invenzione della sinistra. "Eh, gli americani...", mi sussurra il giornalaio sorridendo, alzando per un istante lo sguardo dalla Gazzetta.

I campionati mondiali di calcio in Russia sono stati seguiti da circa 3,5 miliardi di persone! Le urla eccitate si sono sentite sin da casa mia, ogni sera, per settimane. Non c’era giornale che non vi dedicasse pagine e pagine. Nelle strade festeggiamenti, e facce buie per chi ha visto la propria squadra sconfitta. (Qui a Barcellona non tengono tutti alla stessa: si chiama globalizzazione). A notte fonda le strade si svuotavano, ma non del tutto. Rimanevano a terra le lattine di birra e le bottigliette di plastica.

Stiamo vivendo la crisi più grande della storia umana. Ne siamo noi la causa. Abbiamo intrapreso una strada forse senza ritorno verso il suicidio ecologico. E la percorriamo allegramente, fischiettando una canzone. Non vediamo il declino attorno a noi perché abbiamo lo sguardo fisso sullo smartphone. Gerry Scotty non ne parla, quindi non esiste. Il declino, del resto, non è un evento ma un processo, e i processi non fanno notizia. Distruggi la foresta amazzonica un albero alla volta, e forse un trafiletto spunterà su qualche rivista. Distruggila in un giorno, e il mondo s'indigna. Almeno, è chiaro, fino all’uscita del nuovo Star Wars.


Ah, e vi ricordate l’annuncio dell’IPCC di cui vi parlavo? Nel mio libro ‘Il Secolo Decisivo’ ho provato a immaginare un itinerario possibile per giungere a un equilibrio fra sistema socio-economico ed ecosistemi. Ha richiesto anni di ricerca e molti mesi di lavoro non pagato per la stesura. Finora ha venduto un centinaio di copie. L’ultimo libro di Fabrizio Corona è in testa alle classifiche.