Una panoramica di Giuseppe Cima della
situazione della fusione nucleare. L’argomento è complesso, ma Cima identifica
il punto cruciale: anche ipotizzando che
la fusione nucleare dovesse funzionare come ci si aspetta, sarebbe più costosa
delle tecnologie rinnovabili attualmente disponibili. Considerate anche che
ci vorrà almeno mezzo secolo prima che possiamo avere reattori a fusioni in
grado di produrre energia commercialmente disponibile (forse). Quanto saranno
migliori e più a buon mercato le rinnovabili per allora? Considerando che la
fusione non è una tecnologia “pulita”, come a volte si dice, né ora né in
futuro. Quindi, perché spendiamo ancora soldi e risorse per questa tecnologia?
Un esempio ulteriore della fede cieca umana nella tecnologia e nei suoi
miracoli (U.B.)
ITER TOKAMAK. Guardando
attentamente, in fondo a destra, in un cerchietto rosso, c’è un uomo con un
giacchetto giallo. La probabile dimensione del confinamento magnetico del
reattore a fusione è enorme ed è il cuore della maggior parte dei problemi.
Il mio punto di vista sulla fusione
nucleare, in poche parole
Di Giuseppe Cima
Oggigiorno, poche imprese investirebbero
in centrali nucleari convenzionali. Negli Stati uniti, anche sussidi del 100%
non riescono ad attrarre investimenti privati per una centrale nucleare a
fissione, la forma classica di energia nucleare. Per cui le prospettive per una
ripresa del nucleare non sono rosee.
Ma c’è un’altra forma di energia nucleare, la fusione termonucleare, quella che
alimenta le stelle. La fusione, il fenomeno dei nuclei leggeri che si
attaccano, è una reazione nucleare distinta dalla fissione, dove gli atomi
pesanti, come l’uranio, si spezzano. La ricerca sull’energia di fusione è stata
perseguita sin dagli anni della Seconda Guerra Mondiale in laboratori nazionali
e in università in tutto il mondo. Nonostante gli sforzi, però, finora questa
non ha fornito un’indicazione chiara del fatto che sia fattibile. Quali sono le
attuali prospettive di questa forma di energia?
Tecnologie di fusione
Ci sono due modi di bruciare combustibile per la fusione nucleare calda: farlo
reagire molto rapidamente prima che il gas che brucia voli via, che è come
funziona la bomba H, o usare un campo magnetico per isolare il plasma dalla
pareti del reattore. Il metodo della bomba può essere replicato in una serie di
micro esplosioni in laboratorio, ma la frequenza deve essere sufficientemente alta
da produrre una corrente elettrica rilevante e questo pone enormi problemi
ancora irrisolti. Un gigantesco esperimento di fusione negli Stati uniti, il National
Ignition Facility, ha dimostrato quanto sia difficile e costoso produrre una
micro esplosione una volta al giorno. Immaginate di farlo centinaia di volte al
secondo per anni. Anche con un budget fornito dai militari per lo sviluppo di
armi, la fusione a laser è lontanissima dal puntare ad un reattore commerciale
credibile.
Pertanto, dall’inizio della ricerca sull’energia di fusione, gran parte degli
sforzi sono stati dedicati al confinamento magnetico del plasma caldo a stato
stazionario. Dopo 70 anni di tentativi, quasi tutti nel campo si sono
concentrati su un progetto che viene chiamato TOKAMAK, un’invenzione russa. I
test fatti finora indicano che la dimensione minima del nucleo di un potenziale
reattore sarà grande, della dimensione di un grande edificio. ITER è un tokamak attualmente in costruzione in Francia per dimostrare la fattibilità della
fusione, è di questa dimensione ma, a parte la dimensione, è così costoso che
la sua costruzione sta richiedendo il contributo finanziario di tutta le
nazioni sviluppate della terra.
Il nucleo del reattore a forma di ciambella ITER ha 30 metri di diametro e 20
metri di altezza. Si tratta di un dispositivo estremamente complesso, molto più
sofisticato di una centrale nucleare a fissione di potenza equivalente e circa
10 volte il suo volume. Il suo nucleo pesa più di 30.000 tonnellate, solo la
base di ITEr utilizza 200.000 metri cubi di cemento.
La dimensione è l’inconveniente più ovvio della fusione: la grande dimensione
rende impossibile produrre in massa questi reattori. Questo fattore dà un
vantaggio considerevole alla competizione a favore di generatori
comparativamente piccoli: le turbine a gas da 50-100 MW, pale eoliche
efficienti di pochi MW, pannelli solati FV di meno di un kW. Questi generatori
possono essere trasportati da camion e la velocità del loro sviluppo
industriale è stata inversamente proporzionale alla potenza di un singolo modulo.
Il costo dell’elettricità del fotovoltaico e dell’eolico ha origine
principalmente dal costo del capitale investito nel generatore e nella sua
attrezzatura ausiliaria, proprio come succede per la fusione deuterio-deuterio
in cui il combustibile è quasi gratis. Le centrali a gas naturale bruciano
combustibile economico ed hanno il costo del generatore più basso di tutti, ma
sono degli inquinatori di CO2, oggigiorno un grave inconveniente.
Dobbiamo specificare che il combustibile per la fusione è quasi gratis solo nel
caso della fusione deuterio-deuterio. L’idea attuale, invece, è quella di usare
la reazione più semplice del deuterio col trizio, essendo il secondo un altro
isotopo dell’idrogeno. Si tratta di un isotopo molto raro che può essere prodotto
nello stesso TOKAMAK che lo brucia, ma non in quantità sufficiente da mantenere
attive queste reazioni. Questo è un altro problema dei reattori di tipo ITER,
per il momento nascosto sotto al tappeto.
A causa della sua grande dimensione e complessità, è molto difficile immaginare
che un reattore a fusione TOKAMAK possa essere meno costoso di un reattore a
fissione convenzionale e le stime odierne dettagliate pongono il costo del kWh
a più di 12 centesimi (di dollaro), solo per il costo del capitale e prima di
conoscere tutti i dettagli di un reattore funzionante.
Invece, l’elettricità commercializzata da FV ed eolico non incentivati è
attualmente venduta a prezzi fra i 2 e i 7 centesimi, a seconda del
posizionamento, e c’è spazio per ulteriori risparmi. Queste fonti sono
intermittenti, la fusione non lo è, ma per una produzione elettrica dominata
dalle rinnovabili, il costo aggiuntivo dello stoccaggio dell’energia
comporterebbe una frazione del costo della produzione di energia. Si tratta di
una considerazione puramente economica: le rinnovabili sono già meno costose
della fusione.
C’è un secondo inconveniente molo rilevante collegato alle grandi dimensione
del reattore a fusione: il suo tempo di sviluppo. ITER sperimenterà con vero
combustibile di fusione non prima del 2035 e porterà avanti realisticamente gli
esperimenti per i 10 anni seguenti. Ciò comporta che questa fase sperimentale,
non un prototipo dato che ITER sarà incapace di produrre energia, sarà durata
circa 50 anni.
Per incidere nella produzione mondiale di elettricità si dovrebbero
implementare migliaia di reattori della dimensione di 1 GW. Quanto tempo di
fase di sperimentazione si dovrebbe considerare per raggiungere l’obbiettivo da
quando ITER avrà risposto all’inziale giro di domande? Forse 100 anni, cioè un
paio di fasi sperimentali.
Per riassumere, Oltre alla pletora di problemi di progettazione irrisolti,
persino sconosciuti, di natura tecnica, la fusione magnetica pone problemi
collegati alle enormi dimensioni del nucleo del reattore TOKAMAK: un grande
costo del kWh e un tempo di sviluppo molto lungo. Per coloro che sono sensibili
alla “pulizia” della fusione devo anche accennare che ITER alla fine del suo
ciclo di vita presenterà un conto di circa 30.000 tonnellate di rifiuti fortemente
radioattivi senza aver prodotto un singolo kWh. La fusione magnetica non è
pulita: i prodotti delle reazioni potrebbero essere poco
radioattivi, ma il macchinario no.
Perché il reattore dev’essere grande
Perché un reattore magnetico a fusione dev’essere grande, fisicamente molto
ampio? E’ stato dimostrato che il combustibile termonucleare brucia nella bomba
H, ma può anche bruciare in modo non esplosivo; pensate al sole. Perché
qualsiasi combustibile bruci in stato stazionario, l’energia rilasciata nel
volume della materia che brucia è uguale all’energia che ne esce, il calore
prodotto equivale al calore perso, l’equazione del bilancio energetico. Il
tasso al quale l’energia viene prodotta cresce in proporzione alla densità del
combustibile, il numero dei nuclei atomici per unità di volume. La densità di
potenza del reattore aumenta con la densità della particelle che reagiscono.
Il plasma in un reattore è un gas di
costituenti atomici quasi in equilibrio termico, il suo contenuto di energia
cinetica è caratterizzata da una pressione. Se il plasma del TOKAMAK deve
essere contenuto in un campo magnetico, la pressione del campo prodotto dai
magneti superconduttori esterni sulla posizione del plasma al momento è
limitata a meno di 200 atmosfere dalla forza meccanica dei magneti. Sono
prevedibili miglioramenti del fronte dei magneti, e sarebbero d’aiuto, ma i
materiali magnetici sono essi stessi soggetti alle leggi della natura dei
solidi: questi miglioramenti saranno marginali.
Come in un normale gas, la pressione del plasma è proporzionale alla
temperatura e alla densità delle particelle. La temperatura di fusione
dev’essere nella gamma delle centinaia di milioni di gradi Celsius, quindi, a
causa del limite della pressione magnetica, la densità delle particelle risulta
essere molto bassa, un milione di volte meno della densità molecolare dell’aria
che respiriamo. Il risultato è una densità a bassa potenza.
Dall’altra parte dell’equazione dell’equilibrio di potenza del reattore,
l’energia persa dal plasma è dettata dai movimenti turbolenti del plasma stesso
e della dimensione del dispositivo. E stato sperimentalmente dimostrato che la
turbolenza è presente ad un livello significativo in tutti i plasma di
interesse termonucleare confinati magneticamente, proprio come l’acqua in un
canale.
L’analogia è vicina a quella del flusso d’acqua in un canale. Questo flusso
è limitato da una irriducibile coda di turbolenza, con una dipendenza
trascurabile dai dettagli costruttivi del canale. E’ la stessa cosa per il
confinamento dell’energia nel plasma termonucleare, è dominato da
inevitabili movimenti turbolenti del fluido. Ma esiste sempre un nucleo in
reazione abbastanza grande da raggiungere la parità di energia perché il suo volume
(produzione di energia) rispetto alla superficie (perdite) aumenta con la sua
dimensione, una considerazione meramente geometrica. Il sole, anche senza un
campo magnetico, è certamente grande abbastanza per il pareggio.
Sono queste le ragioni per cui il reattore TOKAMAK dev’essere molto grande. La
dimensione necessaria per mantenere l’alta temperatura del nucleo perché il
plasma fonda. E’ questo il fattore principale che rende la fusione nucleare
costosa e molto difficile.
Il concetto di fondo
Per come stanno le cose, le tecnologie rinnovabili di oggi sono
considerevolmente meno costose di un potenziale reattore a fusione – anche
ipotizzando che funzionasse come ci si aspetta. Il mio lavoro nella fusione ha
coinciso con la deregolamentazione di Reagan del settore elettrico quando
qualcosa di simile è accaduto fra centrali a gas e a carbone. Lo sviluppo di
grandi motori a reazione per l’aviazione ha reso possibile generatori elettrici
efficienti, poco costosi e prodotti in serie che si sono dimostrati impossibili
da battere e gli investitori in centrali a carbone hanno fallito per permettere
all’industria americana di approfittare della tecnologia più nuova e meno
costosa. Allora era troppo presto per la rivoluzione dell’eolico e del FV, ma
ora sono qui per rendere la fusione nucleare obsoleta prima che si dimostri che
funziona.
L’autore
Giuseppe Cimaè stato impiegato in diversi impianti da parte di laboratori di
fusione e università in Europa e negli Stati Uniti per gran parte della sua
carriera: Euratom Culham nel Regno Unito, ENEA di Frascati e CNR di Milano, the
Fusion Research Center dell’Università del Texas ad Austin. Ha pubblicato circa
50 articoli peer-review in questo campo, in gran parte sulle onde EM per la
diagnostica del plasma e il riscaldamento, le configurazioni magnetiche, la
misurazione delle turbolenze. Dopo aver perso fiducia in un approccio
decostruzionista alla fusione, ha dato vita ad un’industria di automazione
industriale in Texas. Attualmente è in pensione a Venezia, dove lotta per la
proteggere l’ambiente, conservare l’energia ed insegnare tecnologia e scienza.