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mercoledì 4 novembre 2020

Cina: fermare l'epidemia senza distruggere l'economia. Una lezione di governance per l'Occidente.

Questo articolo è stato pubblicato il 26 Ottobre 2020 su "Pillole di Ottimismo," dove ha raggiunto 198mila visualizzazioni a dimostrazione dell'interesse che c'è per il caso Cinese. In sostanza, la Cina ha fatto un lockdown limitato sia nel tempo che nello spazio: solo una provincia, NON tutta la Cina -- come se noi avessimo chiuso solo la provincia di Bergamo. Questo è bastato per domare l'epidemia: non possiamo nemmeno dire che è "sotto controllo" -- perché proprio non c'è più. E' da Marzo che in Cina non si verificano decessi attribuiti al COVID., ci sono soltanto occasionali focolai di importazione. L'economia ha ripreso a funzionare e i cinesi se ne vanno in giro senza mascherine e senza far troppo caso agli "assembramenti". Una bella lezione per noi Occidentali che stiamo disastrando l'economia senza nemmeno riuscire a contenere l'epidemia.

 

Cina: L'Epidemia è Sotto Controllo. Ma Come ci sono Riusciti?

 

Di Ugo Bardi, docente presso il Dipartimento di Chimica dell'Università di Firenze (1)

Articolo pubblicato il 26 Ottobre 2020 su "Pillole di Ottimismo"

💊💊💊 Dai dati che arrivano dalla Cina, sembra che le cose stiano andando decisamente bene con l'epidemia di COVID. In Cina, così come in tutta l'Asia orientale, la mortalità è stata molto più bassa che in Europa e non si riferiscono decessi ormai da Marzo. Ci sono ancora molte cose da chiarire sulla gestione cinese dell'epidemia, ma la Cina ci può insegnare che è possibile bloccare l'espansione del virus senza bisogno di fare danni all'economia. 💊💊💊

 

Vi ricordate di quando a Gennaio i Cinesi (o quelli che sembravano Cinesi) venivano insultati per la strada da gente che credeva che fossero degli appestati? Le cose sono cambiate un bel po’ e oggi sono i Cinesi a credere che siamo noi italiani gli appestati.

In Cina, non risultano decessi da COVID-19 da circa metà Marzo. In quanto a casi positivi, dopo quella data ci sono stati solo occasionali “focolai” di poche decine di casi, quasi tutti di importazione (2). L'economia cinese è ripartita e adesso funziona a pieno regime.

Da quello che si legge sui media internazionali e da quello che mi dicono i colleghi che vivono e lavorano in Cina, al momento il paese è completamente aperto. Tutte le attività commerciali e industriali sono in funzione. I negozi e i ristoranti sono aperti e non ci sono restrizioni ai viaggi interni. Portare mascherine è opzionale. Dalle foto che arrivano dalla Cina, vedi per esempio quella che vi passo qui, (del “China National Day” del 1 Ottobre), si vede che la gente non fa molto caso agli “assembramenti” di persone senza mascherine. 

Immagine da https://news.cgtn.com/news/2020-10-01/Wuhan-celebrates-China-s-National-Day-with-creative-flash-mob-UevQ24PQze/index.html

Va detto anche che non è che in Cina abbiano “abbassato la guardia.” Sicuramente stanno ancora attenti a molte cose e il governo interviene energicamente appena viene fuori qualche piccolo focolaio. Per esempio, le autorità della città di Qingdao hanno trovato recentemente un focolaio. Secondo quello che si è letto sui media internazionali (quindi da prendere, come si suol dire, "con le molle", per non dire di peggio) pare che sia correlato a una partita di merluzzo congelato di importazione sul quale qualcuno avrebbe osservato dei virus ancora interi. Vero oppure no, difficile dire, ma in ogni caso il governo locale si è impegnato a testare per il COVID tutti i 9 milioni di abitanti della città! (3). Ma, nel complesso, è chiaro che in Cina e altrove in Asia l’epidemia è sotto controllo senza bisogno di lockdown.

Non solo l’epidemia sembra sparita in Cina, ma ha anche fatto pochissimi danni. Il totale delle vittime è circa 4600 su quasi un miliardo e mezzo di persone. Ovvero 3 decessi per milione contro i quasi 600 dell’Italia. Anche se consideriamo soltanto le regioni geografiche dove il virus ha colpito più duramente, troviamo che la provincia di Hubei ha avuto circa 20 volte meno decessi della Lombardia. (4)

Come è possibile una cosa del genere? Si legge spesso sui social e sui media che la Cina ci avrebbe imbrogliato e che starebbe continuando ad imbrogliarci. Si legge a volte che, dato che la Cina è una dittatura, se ne dovrebbe dedurre che tutto quello che ci dice il governo cinese non può essere che falso -- incluso il fatto che l'epidemia non c'è più. Può darsi che le cose stiano così?

Va detto che spesso i governi non si fanno troppi scrupoli a imbrogliare la gente. Abbiamo visto in un post precedente come almeno un paese europeo, la Bielorussia, potrebbe aver parzialmente falsificato i dati sull’epidemia (5). Per quanto riguarda la Cina, ci sono casi precedenti di dati falsificati. Per esempio, un’analisi dei dati sulla pesca che arrivavano dalla Cina negli anni 1990 ha indicato evidenti falsificazioni per nascondere l'esaurimento degli stock (6),(7)). Ma un’epidemia è una faccenda ben più grave e più estesa di un imbroglio in uno specifico settore commerciale. Sarebbe molto difficile anche per il governo cinese nasconderla se ce ne fosse una in corso.

Certo, tutto è possibile, ma se vogliamo credere che i cinesi ci raccontino balle sull'epidemia dobbiamo in qualche modo portare qualche evidenza in proposito. Rimanendo sull'esempio dei dati sulla pesca, una delle ragioni che ha portato a sospettare della validità dei dati cinesi erano le anomalie che si notavano confrontando con i dati di altre regioni simili. Possiamo trovare qualche anomalia del genere per la pandemia?

Sembra proprio di no: i dati cinesi sulla diffusione del COVID-19 sono confrontabili con i dati di altri paesi asiatici vicini che, in generale, hanno avuto mortalità minima o inesistente. Per esempio, Taiwan ha fatto anche meglio della Cina continentale con un totale di 7 decessi su 23 milioni di abitanti (meno di un decesso per milione). Altri paesi hanno fatto un po' peggio, ma sono comunque rimasti su livelli molto bassi di mortalità. Singapore riferisce 5 decessi per milione, Hong-Kong 13. Anche il vicino Giappone ha subito solo 13 decessi per milione. Poi, sia la Mongolia che Macao riferiscono addirittura zero decessi. Certo, uno potrebbe dire che la Mongolia non conta perché è un paese di cammellieri che vivono in tende in mezzo al deserto, ma ovviamente non è così. La capitale, Ulan Bator, è una metropoli con oltre un milione di abitanti. Macao, poi, è una città di 700.000 abitanti ad altissima densità di popolazione, forse la più alta al mondo. E l’epidemia è passata sia da Ulan Bator come da Macao senza lasciare nemmeno una vittima! È quanto meno poco credibile che tutti questi governi si siano messi d’accordo per nascondere al resto del mondo un’epidemia in corso.

Ma perché in Asia le cose vanno tanto meglio che da noi? Forse i cinesi hanno usato misure di contenimento particolarmente efficaci? Per certi versi, il lockdown cinese di quest'anno può essere stato più drastico di quello occidentale, ma non è durato più a lungo che da noi. Non è nemmeno possibile dire che sia stato più tempestivo se, come dicono gli stessi cinesi, il virus già circolava a dicembre. Il lockdown è stato istituito a Wuhan soltanto il 23 Gennaio e alcuni giorni dopo per tutta la provincia di Hubei.

A proposito del "distanziamento sociale," sappiamo tutti che in Asia si tende a evitare il contatto fisico fra le persone. Ma è anche vero che se vi è mai capitato di prendere la metro in una città orientale (per esempio a Tokyo (8)) vi sarete fatti un’idea molto specifica del significato dell’espressione “strizzati come le sardine”. Se non avete avuto questa esperienza, vi passo il link a un video impressionante della metropolitana di Beijin (9). Le metropoli orientali sono estremamente affollate e in certe condizioni è semplicemente impossibile evitare il contatto fisico.

Può darsi allora che il trucco sia stato nel "contact tracing"? In effetti, da quello che si legge si potrebbe pensare che i paesi asiatici siano stati più aggressivi di noi nel tracciamento e l'isolamento delle persone che sono state in contatto con persone colpite dal virus (10). Questa è una spiegazione interessante, ma non è che in Europa il tracciamento non sia stato fatto. Forse non lo abbiamo fatto abbastanza bene? E' possibile, ma non abbiamo confronti quantitativi che ci possano dire se questa è la spiegazione di tutta la faccenda.

C'è anche un altra possibile interpretazione che non ha a che vedere con quello che i governi hanno fatto o non fatto. Può darsi che i Cinesi siano stati esposti al virus per più tempo di noi occidentali e quindi si siano avvicinati prima all’ “immunità di gregge.” Probabilmente avete sentito parlare di Li Wenliang, il medico cinese che aveva notato per primo dei casi di polmonite anomala a dicembre e che poi è morto lui stesso per aver contratto l’infezione. Inizialmente, non fu creduto, ma oggi è considerato un eroe in Cina. Li aveva cominciato a lanciare l'allarme verso la fine di Dicembre del 2019, ma nulla ci vieta di pensare che il virus esistesse già da tempo in Cina, forse anche in forme leggermente diverse da quella che poi ha colpito l'Europa. Soltanto, le persone colpite venivano diagnosticate come normali casi di polmonite.

E' possibile che la popolazione cinese fosse stata stata esposta al virus già molto prima della dichiarazione dell’emergenza? C’è un dato che ci potrebbe dare una forte indicazione in proposito: la mortalità in eccesso. Se l’epidemia esisteva già a Novembre-Dicembre del 2019, o anche prima, dovremmo vedere una mortalità anomala rispetto alla media per quel periodo.

Ottima idea, ma con un problema: i dati sulla mortalità aggiuntiva in Cina non si trovano in nessun posto sul Web. Attenzione: questo non vuol dire che il governo cinese ci nasconda qualcosa. Quasi nessun governo al mondo diffonde questi dati in una forma facilmente accessibile per chi non conosce la lingua locale. L’Europa è un’eccezione con un database sull'eccesso di mortalità chiamato “Euromomo” gestito da un network che fa capo all’OMS, ma non c'è niente del genere per l'Asia Orientale. Quindi, per il momento l'idea di un inizio anticipato dell'epidemia rimane un'ipotesi.

Ci sono altri fattori che potremmo metterci a esaminare ma questo virus ci ha abituato al fatto che le previsioni e le interpretazioni si rivelino sempre sbagliate. Anche in un recente articolo su Nature (11), gli autori hanno detto francamente che "non siamo ancora in grado di fornire una spiegazione generalizzate per le differenze di mortalità quantitative osservate fra i vari paesi". Così, dobbiamo contentarci di dire che l'epidemia ha fatto danni molto meno gravi in Asia che da noi per qualche ragione che, al momento, non possiamo identificare con certezza.

Ma rimaniamo su quello che sappiamo, ovvero che al momento le cose in Cina vanno decisamente bene. Dal caso cinese possiamo perlomeno capire che non siamo di fronte a un nemico invincibile. E' possibile batterlo senza dover necessariamente distruggere l'economia con dei lockdown prolungati e generalizzati. In Cina, infatti, il lockdown "duro" ha interessato soltanto una provincia di 60 milioni di abitanti, grande come l'Italia, ma niente in confronto al miliardo e 400 milioni di abitanti di tutta la Cina. Certamente, da noi siamo in un momento molto difficile, ma non è impossibile superarlo e non c'è ragione di pensare che dovremo continuare a vivere nel terrore nei secoli a venire.

L'autore ringrazia Chandran Nair per i suoi commenti sulla situazione in Cina. 

 

1. https://ugobardihomepage.blogspot.com/2016/04/ugo-bardis-personal-home-page.html 

2. http://www.nhc.gov.cn/xcs/yqtb/202010/2fbce5a9836d4b09a89a0d85a2e05ac2.shtml

3. https://www.globaltimes.cn/content/1203836.shtml

4. https://www.facebook.com/permalink.php?story_fbid=176464484012617&id=111172767208456 

5. https://ugobardi.blogspot.com/2020/10/pandemia-e-possibile-che-qualcuno-ci.html

6. https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/11734851/

7. http://www.fao.org/3/Y3354M/Y3354M00.htm

8. https://www.youtube.com/watch?v=E7kor5nHtZQ

9. https://www.youtube.com/watch?v=9ulY7N3dZ9k

10. https://www.bloomberg.com/news/articles/2020-07-25/these-elite-contact-tracers-show-the-world-how-to-beat-covid-19

11. https://www.nature.com/articles/s41591-020-1112-0



sabato 31 agosto 2019

La Rete Sinaptica Mondiale



di Bruno Sebastiani


La potenza elaborativa del nostro cervello dipende dallo straordinario numero di neuroni che vi si sono sviluppati (circa 100 miliardi) e dall’ancor più strabiliante numero di sinapsi che li collegano l’un l’altro (circa 125 mila miliardi).
Da un articolo reperito in rete apprendo che le sinapsi sono così piccole (meno di un millesimo di millimetro di diametro) che gli esseri umani fino ad oggi non sono stati in grado di vedere la loro struttura e le loro funzioni e che alcuni ricercatori della Stanford University School of Medicine (California) hanno condotto uno studio in base al quale hanno scoperto che la complessità del cervello va al di là di quello che avevano immaginato (affermazione di Stephen Smith, professore di fisiologia molecolare e cellulare, autore principale dello studio).
Apprendo anche che «Una sinapsi, da sola, è più simile a un microprocessore, con la memoria di archiviazione ed elementi di elaborazione delle informazioni, rispetto a un altro interruttore on/off. Infatti, una sinapsi può contenere l'ordine di 1000 switch su scala molecolare. Un unico cervello umano ha più switch di tutti i computer e i router e le connessioni internet sul nostro pianeta.» (https://it.emcelettronica.com/cervello-come-microprocessore)
Tralascio di appurare se le affermazioni riportate corrispondono esattamente a realtà: appaiono sufficientemente verosimili e il mio scopo qui è solo di assumerle come punto di partenza di un ragionamento più ampio.
Intendo infatti concentrarmi su un fenomeno che in via analogica richiama a livello planetario la funzione svolta dalle connessioni inter-sinaptiche all’interno del nostro cervello.
Mi riferisco alla rete mondiale di fonia e dati (internet) e, più in particolare, ai dispositivi portatili di dimensioni ridotte che oramai ci seguono dappertutto.
Attraverso questi apparecchi siamo in grado di comunicare con ogni persona con cui entriamo in contatto esattamente come ogni neurone del nostro cervello dialoga con gli altri neuroni (mutatis mutandis).
Non solo. Attraverso questi apparecchi possiamo attingere ad ogni banca dati esistente sul pianeta (l’equivalente della nostra “memoria”), e in futuro il numero e l’ampiezza di questi “depositi di sapere” aumenteranno a dismisura.
Ma non sarà solo la mole dei dati a nostra disposizione ad accrescersi.
Massicci investimenti sono in programma (e già in parte in corso di impiego) per rendere più veloci ed efficienti i sistemi di comunicazione esistenti e per crearne di nuovi.
E questo è uno degli aspetti più preoccupanti della questione.
Citerò tre casi concreti.
1) I satelliti. SpaceX, l’azienda aerospaziale statunitense con sede a Hawthorne (California) costituita nel 2002 da Elon Musk, è stata autorizzata al collocamento in orbita bassa di migliaia di satelliti, nell'ambito di un progetto denominato “Starlink” che ha per obiettivo portare Internet ultraveloce anche nelle zone più isolate del pianeta. Ad oggi sono stati lanciati i primi 60 satelliti quale avanguardia dei 12.000 previsti a regime. Altre aziende di altri Paesi vorranno seguire l’esempio? Da notare che qui si parla solo di dispositivi satellitari per le comunicazioni, mentre esistono già sciagurati progetti per utilizzarne altri a scopi pubblicitari! In questo caso l’azienda è russa, ma con un nome americano StartRocket. Il sistema si chiama “space advertising” e si prefigge di proiettare in cielo di notte immensi cartelloni pubblicitari luminosi. C’è da augurarsi che qualcuno rinsavisca prima di autorizzare un simile oltraggio alla bellezza dell’Universo!
2) I cavi sottomarini. Per comprendere come il mondo sia collegato ad internet bisogna guardare nei fondali degli oceani: sott’acqua passano centinaia di cavi in fibra ottica che sostengono l’intera infrastruttura di connessione. La rete è stata realizzata negli ultimi decenni ad opera soprattutto di società private.
Microsoft e Facebook hanno completato nell’oceano Atlantico una dorsale in fibra ottica (denominata “Marea”) in grado di trasmettere sino a 160 terabit di dati al secondo. È un cavo lungo 6.500 chilometri collocato ad una profondità di oltre 5.000 metri sotto la superficie del mare.
Sempre Facebook ha in programma la posa di un altro cavo destinato a circumnavigare l’intero continente africano. Nome del progetto: Simba.
Google entro il 2020 poserà “Dunant” tra Francia e USA. Il volume di traffico che Google muove ogni giorno è straordinario, il 25% del totale mondiale, ma la capacità della rete non è infinita. Per questo motivo la società di Mountain View intende ampliare le sue infrastrutture di rete collegando con cavi sottomarini proprietari diverse aree del globo, come il Cile con Los Angeles, gli Stati Uniti con la Danimarca e Hong Kong con l'isola di Guam.
Anche la cinese Huawei Marine Networks, azienda nata nel 2008, sta investendo ingenti risorse per realizzare nuovi cavi sottomarini.
3) La rete 5G. Se le infrastrutture sin qui citate (satelliti e cavi sottomarini) sono destinati a sostenere il traffico dati di maggiori dimensioni, l’incombente rete 5G avrà il compito di portare l’informatica “veloce” in ogni casa e di far dialogare tra loro in tempo reale tutti i dispositivi dotati di una scheda elettronica di comunicazione.
Il 5G permetterà infatti di usare la rete mobile per tutta una serie di servizi che finora sono stati appannaggio di altri mezzi. In futuro dovrebbe soppiantare le attuali connessioni in fibra dando vita all’era degli apparati sempre connessi, senza necessità di passare continuamente da Wi-Fi a rete mobile.
Ma quali i rischi? Secondo l’appello internazionale Stop al 5G sulla Terra e nello spazio (firmato al 31 agosto 2019 da 126.962 persone e organizzazioni di 203 nazioni) «Il 5G aumenterà in modo massiccio l'esposizione alle radiazioni a radiofrequenza (RF) sulle reti 2G, 3G e 4G per le telecomunicazioni già installate».
Che influenza potrà avere un simile bombardamento di onde radio a frequenze assai elevate su piante e animali, esseri umani compresi?
Inoltre. Le alte frequenze garantiscono l’aumento della velocità, ma rendono la propagazione del segnale più difficile, perché maggiormente sensibili agli ostacoli fisici. Quanti alberi andranno abbattuti per far transitare liberamente le onde del 5G in città e in campagna? Quanti più ripetitori di segnale ci vorranno per una copertura capillare del segnale?
Obiettivo è modificare la rete da fisica a virtuale, definita da software, composta da slices definiti da algoritmi: il network slicing è la capacità di creare dinamicamente “fette” di rete per rispondere ai requisiti delle diverse applicazioni ed è una delle tecnologie chiave del 5G.
Cosa si aspetta l’essere umano da questa “rete sinaptica mondiale” che sta costruendo? Vi sono senz’altro importanti aspetti economici e commerciali che spingono a realizzare questa nuova tecnologia, ma di questi non ci occupiamo perché attengono al lato “venale” dell’uomo.
Vi è invece a mio avviso un aspetto molto, ma molto, più inquietante, sbandierato dai fautori del 5G come assai positivo: essi sostengono, a ragione, che la nuova rete consentirà livelli di interconnessione finora mai raggiunti. Ma, posto che l’uomo pur in assenza di tali livelli è riuscito a devastare ampiamente la biosfera, fin dove si spingerà questa opera distruttiva con l’avvento di una rete di collegamento tanto più efficiente?
La massima ambizione prometeica (o diabolica?) dell’uomo è di accrescere a dismisura il suo potere sulla Terra. Per realizzarla occorre una dose supplementare di intelligenza sia individuale che collettiva. Relativamente alla prima si veda il mio precedente articolo: “Verso cervelli più potenti e con più memoria”. La rete sinaptica mondiale di cui abbiamo parlato risponde al secondo tipo di intelligenza da implementare, quella collettiva.
Vi è poi la concretizzazione dell’intelligenza artificiale quale ulteriore sistema di assoggettamento e dominio della biosfera. Di questa parlerò in altro articolo.
Resta il fatto che tutti questi progetti convergono verso quella attività umana di aggressione alle cellule sane del pianeta che ricorda assai da vicino l’attività svolta dalle cellule cancerogene ai danni delle altre cellule dell’organismo ospitante.