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lunedì 12 gennaio 2015

Si incolpa la Russia e si mettono i contribuenti statunitensi alle corde, mentre il boom del fracking collassa

Da “Truthout”. Traduzione di MR

Di Ben Ptashnik 


Vladimir Putin all'incontro annuale del World Economic Forum di Davos nel 2009. (Foto: World Economic Forum)

Mentre il congresso rimuove le restrizioni sulla possibilità che i contribuenti salvino le banche “troppo grandi per fallire”, la destra incolpa gli ambientalisti e la Russia per la morte del boom del fracking. In realtà, i titoli spazzatura delle banche e i derivati hanno inondato Wall Street ed ora la bolla del fracking minaccia un'altra crisi finanziaria.

Il collasso dei prezzi del petrolio greggio dovuto all'eccesso di offerta stanno raggiungendo le proporzioni di uno tsunami, minacciando le banche di Wall Street, gli investitori e dozzine di paesi, principalmente Russia, Iran e Venezuela, dove le perdite di introiti hanno causato un grave degrado finanziario e le economie stanno per implodere. Mentre oggi gli americani si godono la benzina a 2 dollari a gallone, gli analisti di Wall Street prevedono che un collasso del mercato energetico imminente metterà in ginocchio le istituzioni finanziarie ancora una volta e i contribuenti sono candidati per un altro salvataggio obbligatorio. Al centro di questi movimenti tettonici nell'intero settore energetico c'è la recente espansione dell'industria della fratturazione idraulica (fracking), un ciclo di espansione che è iniziato sul serio quando il Congresso e l'amministrazione Bush hanno approvato la Legge sulla Politica Energetica del 2005, che ha esentato la nuova tecnologia della trivellazione orizzontale dalla Legge per l'Acqua Pulita, dalle Legge sull'Acqua Potabile Sicura e dalla Legge di Politica Ambientale Nazionale. Mettendo in produzione quantità considerevoli di nuove risorse di petrolio e gas dai depositi di scisto, il boom del fracking ha promesso l'indipendenza energetica degli Stati Uniti, ribaltando i paradigmi prevalenti a livello mondiale sull'energia rinnovabile e sulle aspettative relative al picco del petrolio. Gli ambientalisti hanno combattuto contro l'enorme infrastruttura dell'oleodotto di Keystone che consegnerebbe i combustibili fossili ai mercati esteri, temendo che estrarre quelle risorse minerebbe la lotta per frenare le emissioni di carbonio.

Il fracking ha anche minacciato il dominio della Russia e dell'arabia saudita come fornitori di combustibili fossili dell'Europa quando è divenuto evidente che gli Stati Uniti sarebbero presto diventati un esportatore netto. Negli Stati uniti, il fracking è stato pubblicizzato a Wall Street come un'opportunità per arricchirsi in fretta, attraendo enormi ingressi di capitale e creando una bolla di investimento. Bloomberg quest'anno ha riportato che il numero di obbligazioni emesse dalle società di petrolio e gas è cresciuto di un fattore di nove dal 2004. “In questo momento gli investitori si stanno ubriacando di Kool-Aid, ha detto a Bloomberg Tim Gramatovich, responsabile degli investimenti e fondatore della Peritus Asset Management LLC, in un articolo dell'aprile 2014. “Le persone smarriscono la propria disciplina. Smettono di fare i calcoli. Smettono di tenere la contabilità”, ha continuato. “Stanno solo vivendo il sogno ed è questo che sta accadendo col boom dello scisto”. Quando il gas da fracking si è affacciato per la prima volta sulla scena, sono state fatte dichiarazioni altisonanti sul fatto che gli Stati Uniti avevano 100 anni di fornitura di gas sotto forma di scisto, o 2.560 milioni di piedi cubici. E Wall Street ha cavalcato quella stima iniziale. Il solo lato negativo (oltre al disastro ambientale lasciato da questa industria tossica) era che, come la bolla dell'edilizia che dipendeva da un valore della case sempre in crescita per rimanere redditizia, i pozzi di gas di scisto dovevano distribuire fornire una produzione ed una redditività costante o crescente per ripagare il pesante debito in prestiti agevolati che grava sulle società di trivellazione: da 3 a 9 milioni di dollari per pozzo. I pozzi del fracking non richiedono solo la trivellazione, ma anche un'enorme iniezione di energia, acqua, sabbia e sostanze chimiche per fratturare le rocce che contengono i depositi di petrolio e gas.


lunedì 3 novembre 2014

La guerra dei gasdotti (ovvero: Renziologia applicata)




Riproduco qui di seguito parte di un interessante post di Aldo Giannuli che racconta della "guerra del gas" in corso e di come questa influenzi le decisioni  del governo italiano. Leggendo questo e altri commenti, non finisco mai di stupirmi di quanto il discorso del gas/petrolio sia così platealmente assente dal dibattito politico a tutti i livelli e di come, invece, sia fondamentale nella pratica. Insomma, siamo alla "Renziologia" come una volta si parlava di "Kremnlinologia". Ovvero, a frizionarsi vigorosamente i neuroni per cercare di capire cosa vogliono veramente dirci i nostri governanti nei loro vacui discorsi. Evidentemente, deve essere l'essenza della democrazia.


Renzi fra Gentiloni e la Camusso.

di Aldo Giannuli
Nel giro di una settimana il governo Renzi ha dovuto affrontare tre grane: la manifestazione della Cgil, il pestaggio degli operai di Terni ed il cambio della guardia alla Farnesina. Iniziamo dall’ultima cosa: che significato ha la nomina di Gentiloni? Per capire sino in fondo ci mancano dei passaggi: a quanto pare (ma vatti a fidare delle indiscrezioni giornalistiche!) Gentiloni non faceva parte della prima rosa di nomi offerta al Quirinale e che era composta da sole donne, di cui una sola di qualche autorevolezza internazionale (la Dassù). Non sappiamo per quali motivi Napolitano abbia respinto queste candidature, forse ritenendole troppo “leggere”, in una fase politica di crisi montante come questa presente. Se ne dedurrebbe che il nome di Gentiloni sia stato imposto dal Colle o che sia stato una sorta di compromesso fra i due presidenti. Ma non c’è ragione di pensare che Renzi possa proporre Gentiloni come candidato di “seconda scelta”: viene dalla Margherita, come gran parte dello staff renziano ed è dall’inizio nella cordata del fiorentino, inoltre ci sono ragioni specifiche per pensare che sia l’uomo più adatto ai bisogni di Renzi in questo momento. 

Dunque, non era nella rosa iniziale, solo in omaggio al principio della “parità di genere” nel governo? Renzi è abbastanza fatuo per andare dietro a queste fesserie, ma la cosa non convince del tutto. Di sicuro, se l’esigenza di Napolitano era quella di un nome di maggior peso, Gentiloni risponde a questa esigenza e gli orientamenti del nuovo ministro degli esteri non gli dispiacciono. Ma allora come mai non ci si è pensato subito? Ecco qui c’è un passaggio che ci manca. In compenso la logica politica dell’operazione è abbastanza trasparente e proviamo a spiegarla.

Dopo una breve scapigliatura giovanile, che lo portò a militare nel Movimento Studentesco e nel Pdup per il Comunismo, ed una più matura collaborazione con il Manifesto (dove era ritenuto esperto di mondo cattolico), Gentiloni è andato a sciacquare i suoi panni nel Potomac, diventando uomo assai sensibile alle ragioni a stelle e strisce. Ed ancor più sensibile è diventato, con il tempo alle ragioni di Israele: è interessante constatare come proprio alla vigilia della sua nomina, Gentiloni abbia avuto un caloroso incontro con i maggiori rappresentanti della comunità ebraica italiana.

Prima che saltino su i soliti dietrologi che vedono Israele dietro ogni complotto o i più fanatici sostenitori di Israele ad accusarmi di antisemitismo per aver insinuato chissà cosa, preciso: niente oscuri complotti, ma uno scenario politico che è sotto gli occhi di tutti e che ha una sua logica interna. Non è un mistero che da almeno 5 anni (epoca del “discorso del Cairo” di Obama), Washington e Telaviv vanno in direzioni via via divaricanti e l’intesa non è più quella di un tempo. Israele avrebbe voluto l’intervento in Iran che non c’è stato, Israele non ha visto affatto di buon occhio la primavera araba che gli Usa hanno, in parte, incoraggiato, Washington si è mostrata meno allineata del passato ad Israele sulla questione palestinese. Ma soprattutto, in tempi recenti, è la questione energetica a dividere i due vecchi sodali: gli Usa hanno l’obiettivo strategico di indebolire la Russia ed, in particolare, la sua influenza sull’Europa, determinata dal peso delle sue forniture di gas. A questo scopo, gli Usa hanno cercato in tutti i modi di impedire la nascita del gasdotto Southstream, prima con il progetto concorrenziale di Nabucco, dopo spingendo per l’inserimento del Quatar nella rete metanifera europea. Entrambe le questioni vedono al centro il nostro paese: Southstream avrebbe dovuto essere costruito dall’Eni (ora non sappiamo che fine farà il progetto), mentre la via più semplice per agganciare il Quatar alla rete europea è agganciarlo al gasdotto italo-libico-algerino; cosa tentata nel 2005 e bloccata dal governo Berlusconi, per evidenti preferenze moscovite. Cosa che i quatarioti si legarono al dito, rendendo all’Italia pan per focaccia in occasione della crisi libica. Va da sé che Israele veda il piano di inserimento del Quatar come il fumo negli occhi; ed è ovvio, dato che il Quatar finanzia i Fratelli Musulmani e accentuare la dipendenza dell’Europa dalle forniture di un paese arabo è in palese contrasto con i suoi interessi strategici. Per questo si è determinata una oggettiva convergenza fra Mosca e Telaviv.

La cosa era tornata per un attimo alla ribalta (all’inizio della crisi ucraina) in occasione del viaggio di Letta in Quatar per trattare sul loro ingresso in Alitalia. Poi la tempestiva crisi del governo Letta bloccò sul nascere la ripresa del disegno.

Dopo, con il governo Renzi (sul quale si sa avere molta influenza l’economista Yoram Gutgeld, già ufficiale superiore dell’esercito israeliano), sono venute le nomine Eni con la promozione di De Scalzi al posto che fu di Scaroni e, con essa, la conferma piena degli orientamenti filorussi dell’ente petrolifero di Stato. Insomma nel governo Renzi si è riprodotta in sedicesimo quella convergenza russo-israeliana di cui dicevamo. E gli americani non hanno affatto gradito, riservando al giullare fiorentino più di uno sgarbo. Poi, puntuale come Big Ben è arrivato lo scandalo Nigeria, che ha colpito De Scalzi, oltre che Scaroni. Renzi in un primo momento ha difeso a spada tratta De Scalzi, ma si è molto raffreddato quando questi, per salvarsi, ha buttato a mare Scaroni (“decideva tutto lui”). Ed il gelo è sceso in occasione della visita di Italia di Li Kequiang, quando, alla cerimonia della firma dei contratti d’affari conclusi, tutti hanno notato la clamorosa assenza di De Scalzi, unico a mancare fra i big delle imprese di Stato.

Insomma, mi pare che tutto confermi che sia in atto una nuova puntata della guerra segreta dei gasdotti e che essa passi per il governo italiano.

Di qui la necessità di un ministro degli esteri molto ben accreditato sia presso Washington che presso Telaviv per trovare una mediazione in un conflitto che potenzialmente può travolgere il governo.

E meglio ancora se questo mediatore disponga di buone entrature in Vaticano e sia amico di un personaggio come Stefano Silvestri (altro ex estremista passato al campo a stelle e strisce) che può contare a sua volta su amici a Mosca ed a Washington. Come mai un nome così perfetto non è stato la prima scelta? Forse perché occorreva coprirlo con altre candidature di parata, per non bruciarlo nel partito, dove c’erano altri candidati pure renziani? O per distrarre l’attenzione dal vero senso dell’operazione? Chissà, dovremmo avere più informazioni.



Aldo Giannuli

lunedì 13 ottobre 2014

Scatenare l'arma del petrolio contro la Russia: come distruggere un grande impero

DaResource Crisis”. Traduzione di MR

La Pitonessa dell'oracolo di Delfi  disse al Re Creso che se avesse attaccato la Persia “un grande Impero verrà distrutto”. Creso ha fatto esattamente questo, ma il grande impero che è caduto non è stato quello Persiano, ma il suo. 
di Ugo Bardi


Ricordate la vecchia Unione Sovietica? Denominata “L'impero del male” da Ronald Reagan nel 1983, è scomparsa in uno sbuffo di fumo nel 1991, schiacciata da una montagna di debiti. Le origini del collasso finanziario dell'Unione Sovietica sono piuttosto ben conosciute: erano collegate alla diminuzione dei prezzi del petrolio che, nel 1985, sono scesi dall'equivalente di più di 100 dollari (di oggi) a barile del 1980 a circa 30 dollari (di oggi) e sono rimasti bassi per più di un decennio. L'Unione Sovietica si affidava alle esportazioni di petrolio per la sua economia e, in aggiunta, era appesantita da enormi spese militari. Semplicemente non poteva prendere una goccia di più di un fattore tre dei suoi proventi petroliferi.

Esiste una leggenda persistente secondo la quale la caduta dell'Unione Sovietica era stata progettata da un accordo segreto fra le Potenze Occidentali e il governo saudita che si sono accordati per aprire i rubinetti dei loro giacimenti petroliferi per abbassare i prezzi del petrolio. Questa è, in effetti, nient'altro che una leggenda. Non solo non abbiamo prove che un tale accordo segreto sia mai esistito, ma non è neanche vero che i sauditi abbiano giocato il ruolo attribuito loro. Negli anni 80, l'Arabia Saudita, in realtà, ha fortemente cercato di evitare il crollo dei prezzi del petrolio riducendo (piuttosto che aumentando) la sua produzione di petrolio. Senza molto successo. (Immagine a destra da Wikipedia).


E' vero, tuttavia, che dopo la prima grande crisi petrolifera degli anni 70, la produzione mondiale
di petrolio ha ripreso a crescere intorno al 1985. Le ragioni di questa ripresa non possono essere attribuite al lavoro di un gruppo di cospiratori seduti in una stanza fumosa. Piuttosto, è stata il risultato di diversi giacimenti petroliferi che iniziavano la loro fase di produzione, principalmente in Alaska e nel Mare del Nord. E' stata questa l'origine della diminuzione dei prezzi e, indirettamente, della caduta dell'Unione Sovietica. (Immagine a sinistra daWikipedia).


Oggi, la produzione di petrolio russa si è ripresa dal crollo dei tempi sovietici e l'economia russa dipende fortemente dalle esportazioni di petrolio, proprio come è stato per la vecchia URRS. Data la situazione politica con la crisi ucraina, ci sono speculazioni secondo le quali l'Occidente stia cercando di far cadere la Russia ripetendo lo stesso trucco che è sembrato avere successo nel far cadere il vecchio “Impero del male”. Infatti, stiamo vedendo che i prezzi del petrolio stanno scendendo al di sotto dei 90 dollari al barile dopo anni di stabilità intorno ai 100 dollari. E' una fluttuazione o una tendenza? Difficile a dirsi, ma viene interpretata come lo scatenamento dell'”arma del petrolio” contro la Russia da parte dell'Arabia Saudita.

Tuttavia. Il mondo di oggi non è il mondo degli anni 80. Un problema è che l'Arabia Saudita ha mostrato diverse volte di essere in grado di abbassare la produzione, ma mai di aumentarla significativamente più in alto degli attuali livelli. Si potrebbe anche discutere sul fatto che saranno in grado di mantenerli in futuro. Quindi, non c'è niente oggi che potrebbe giocare il ruolo che i giacimenti dell'Alaska e del Mare del Nord hanno giocato negli anni 80. E' stato detto molte volte che ci servirebbe “una nuova Arabia Saudita” (o più di una) per compensare il declino dei giacimenti petroliferi mondiali, ma non l'abbiamo mai trovata.

Eppure, ci sono buone ragioni per pensare che potremmo assistere ad una diminuzione dei prezzi del petrolio nel prossimo futuro. Un fattore è il crollo di diverse grandi economie mondiali (vedi l'Italia). Questo potrebbe portare ad un crollo della domanda di petrolio e, di conseguenza, a prezzi più bassi (una cosa simile è avvenuta con la crisi finanziaria del 2008). Un altro fattore potrebbe essere la rapida crescita della produzione di petrolio non convenzionale (in gran parte sotto forma di “petrolio di scisto”) rappresentata dagli Stati Uniti. Questo petrolio non viene esportato in grandi quantità, ma ha ridotto la domanda statunitense di petrolio nel mercato mondiale. Mettendo insieme questi due fattori, potremmo facilmente assistere ad una diminuzione considerevole dei prezzi del petrolio nel prossimo futuro, anche se difficilmente duratura. Così, sarebbe questa l'”Arma del petrolio” che metterà in ginocchio la Russia? Forse, ma, come con tutte le armi, ci sono effetti collaterali da considerare.

Come abbiamo detto, il petrolio non convenzionale sta giocando un ruolo importante nel mantenimento della produzione mondiale. Il problema è che il petrolio non convenzionale è spesso una risorsa costosa. Inoltre, nel caso del petrolio di scisto, il tasso di declino dei pozzi è molto rapido: l'arco di vita di un pozzo è solo di pochi anni. Così, l'industria dello scisto necessita di un continuo afflusso di investimenti per continuare a produrre ed è molto sensibile ai prezzi del petrolio. La sua recente ascesa è stata il risultato dei prezzi alti; i prezzi bassi potrebbero causarne la morte. Al contrario, i giacimenti di petrolio convenzionale hanno un arco di vita di decenni e sono relativamente immuni dalle variazioni a breve termine dei prezzi. Se guardiamo la situazione in questi termini, potremmo legittimamente chiederci contro chi è puntata l'arma petrolifera. L'industria non convenzionale statunitense potrebbe esserne la prima vittima.

La storia, come sappiamo tutti, non si ripete mai, ma fa rima. Il re Creso, ai suoi tempi, ha creduto all'oracolo di Delfi quando gli ha detto che avrebbe potuto far crollare un grande impero se avesse attaccato la Persia. Non si è reso conto che stava per distruggere il suo stesso impero. Per noi potrebbe esserci in serbo qualcosa di simile nei prossimi anni: una diminuzione dei prezzi del petrolio potrebbe far cadere un grande impero. Quale, tuttavia, è tutto da vedere.




venerdì 11 luglio 2014

I fiaschi della politica estera americana

Da “Club Orlov”. Traduzione di MR

di Dmitri Orlov

Jon Shireman
Gli Stati Uniti sono stati molto occupati in questo secolo a distruggere sé stessi come potenza mondiale. Questo all'inizio è stato lento – dopotutto, i grandi imperi non tendono a collassare in una notte – ma dopo un decennio di sforzi assidui il ritmo ha cominciato a prendere velocità. Come gran parte dei collassi, i fiaschi che gli Stati Uniti hanno creato hanno avuto un passo lento all'inizio, poi tutto in una volta.

Prendete la “guerra” del 2008 alla ex Georgia Sovietica. Il Pentagono ha passato anni a cercare di far diventare la Georgia anti-russa, un burattino dominato dagli Stati Uniti. Poi, durante i Giochi Olimpici di Seul, il presidente della Georgia istruito dagli Stati Uniti ha deciso di compiacere i propri padroni iniziando bombardamenti di artiglieria di civili in una enclave contesa della Georgia abitata da cittadini russi. In risposta, i russi si sono riversati in Georgia, l'hanno ripulita, hanno annesso il territorio conteso (più un altro) e se ne sono andati. I media occidentali hanno diligentemente edulcorato i crimini della guerra georgiana e fatto del loro meglio per dipingere la Russia come l'aggressore. Ma i loro maestri non erano contenti e il suo presidente istruito dagli Stati Uniti è stato lasciato a girare nel vento come un cadavere politico.

Un fiasco simile ha cominciato a dispiegarsi in Ucraina nella primavera del 2014. Capite, la politica estera e le istituzioni militari statunitensi sono piuttosto compulsive nel loro incessante sforzo di minare la Russia. L'1% dei possessori del governo statunitense hanno anche una vendetta personale nei confronti di Putin. Non possono perdonargli ciò che ha fatto agli oligarchi russi che hanno fatto così tanto per minare la Russia sotto Yeltsin: li ha privati di denti e artigli, bandendoli dalla politica e privandoli di influenza politica. Durante i Giochi Olimpici invernali di Sochi, il presidente democraticamente eletto dell'Ucraina è stato rovesciato in un colpo di stato sostenuto da un'operazione sotto falsa bandiera in cui dei cecchini mercenari hanno ucciso decine di civili e poliziotti. Al suo posto gli Stati Uniti hanno insediato una giunta scelta di persona che comprendeva qualche elemento neo nazista. Questo fiasco si sta ancora svolgendo; ci tornerò fra un

Un altro fiasco che sta ancora fermentando è il ritorno al potere dei Talebani in Afghanistan. E' probabile che questo sia il risultato finale della più lunga occupazione militare degli Stati Uniti di tutti i tempi, che costa due trilioni di dollari ed è risultata in alcune migliaia di morti e decine di migliaia di feriti. Gli Stati Uniti hanno commesso un errore grossolano in Afghanistan cercando Osama Bin Laden che, come risultato in seguito, viveva tranquillamente vicino ad una base dell'esercito in Pakistan. Ops... paese sbagliato! A proposito di Pakistan, come bonus, gli Stati uniti sono riusciti a destabilizzare questa nazione armata di testate nucleari, come ha mostrato il recente attacco all'aeroporto di Karachi. Due fiaschi al prezzo di uno!

I fiaschi di politica estera in Ucraina e Afghanistan non sono proprio allo stadio di “tutto in una volta”. Ma la settimana scorsa siamo stati invitati ad uno spettacolo raro: 2 trilioni di dollari dell'investimento statunitense nell'esperimento di costruzione della nazione irachena, compresi 4000 morti e 50.000 soldati americani feriti sono andati in fumo. Un gruppo chiamato ISIS, che è ben più radicale di Al Qaeda, è emerso dalla Siria ed è rapidamente e violentemente penetrato nell'Iraq settentrionale ed ora sta bussando alle porte di Baghdad. In risposta, i membri della polizia, istruita e armata dagli Stati Uniti, e i militari si sono tolti le uniformi, e sono fuggiti abbandonando le loro armi. Gli sfollati dell'Iraq settentrionale ora si contano a milioni. Il fiasco in Iraq lavora in sinergia con quello in Siria, dove un tentativo degli Stati Uniti che dura da tempo di cambiare il regime ha prodotto una guerra civile che ha permesso a ISIS di organizzarsi ed armarsi. Il risultato finale potrebbe risultare essere un califfato ferocemente anti americano che coprirebbe gran parte di quella che era conosciuta come Siria e l'Iraq, oltre a un Iraq meridionale dominato dall'Iran: grande successo!

Nel frattempo, il tentativo degli Stati Uniti di gestire per fasi l'Ucraina è andato così bene che praticamente c'è un black out completo dei media occidentali su quello che sta accadendo lassù. Non è così in Russia: nonostante i giornalisti russi accreditati vengano vessati e rapiti da persone filo-governative, i media russi sono pieni di dettagli sulle marce neofasciste ucraine, sulle squadre della morte e sulle atrocità. Proprio la scorsa notte gli ucraini hanno bombardato un reparto maternità, uccidendo un'ostetrica. Questo rende i russi molto, molto arrabbiati – non tanto con gli ucraini, intendiamoci, nemmeno con le truppe ucraine che si stanno, come avrete immaginato, togliendo le divise e stanno abbandonando le loro armi ad ogni occasione che hanno. No, i russi sono arrabbiati con gli americani, i pupari che stanno dietro a questo casino.

I russi sembrano anche capire molto bene che sono stati provocati con l'idea di trascinare la Russia in un conflitto armato. Ecco una specie di elenco di provocazioni americane contro la Russia (un grande grazie a Saker per averlo messo insieme):


  • Riconoscimento di un regime illegale che è andato al potere con la violenza
  • Sostegno a un regime neonazista al confine con la Russia
  • Massiccia propaganda anti russa nei media occidentali (posseduti da oligarchi)
  • Rapimento di giornalisti russi pienamente accreditati
  • Copertura dei massacri di civili a Odessa e Mariupol
  • Uso illegale di bombe a grappolo proibite e di munizioni al fosforo bianco sui civili
  • Bombardamenti di artiglieria di intere città 
  • Attacco all'ambasciata russa di Kiev
  • Blocco della risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell'ONU che condannava l'attacco all'ambasciata russa di Kiev
  • Attentati con auto bombe a pubblici ufficiali nell'Ucraina orientale
  • Tentativi (falliti) di imporre sanzioni alla Russia
  • Importazione segreta in Ucraina di aerei ed elicotteri da parte di paesi della NATO da usare contro i civili
  • Uso segreto di diverse centinaia di mercenari occidentali da parte di Academi (ex Blackwater)
  • Massacri di soldati feriti negli ospedali
  • Violazioni sistematiche di tutti gli accordi raggiunti con la partecipazione della Russia
  • Bombardamento di chiese ed ospedali (questo è iniziato ad accadere nelle ultime 24 ore)
  • Rifiuto di fornire corridoi di fuga ai civili intrappolati


Queste sono solo alcune delle cose che è improbabile che sentirete parlare se vivete in occidente. Ciò di cui sentirete probabilmente parlare invece è che Putin ha invaso la Crimea. Non lo ha fatto; le truppe russe sono sempre state in Crimea, sulla base di un trattato internazionale di lunga data e i livelli delle truppe russe non hanno mai superato quelli concordati. E' anche probabile che sentirete che Putin ha annesso la Crime con la forza. Non lo ha fatto; la gente della Crimea ha votato in modo schiacciante per annullare la decisione sovietica di annetterla all'Ucraina e si è riunita alla Russia di loro spontanea volontà. Ma la Crimea ora è parte della Russia, pacifica e prosperosa, e accoglie i rifugiati russi che stanno fluendo attraverso il confine ucraino, e il nuovo mantra ripetuto senza sosta dai media occidentali è che le forze ucraine (i buoni) stanno combattendo i “separatisti filorussi” (i cattivi) che stanno provocando il caos nell'est del paese. Per prima cosa, non sono filorussi – sono russi, in nulla diversi da quelli al di là del confine in Russia. Secondo, non sono “separatisti” - vogliono riunirsi alla Russia, disconoscendo la decisione dell'era sovietica di annettere la loro parte di Russia all'Ucraina.

Quindi cosa stanno facendo questi valorosi difensori della sovranità ucraina e dell'integrità territoriale? I separatisti filo-ucraini sono più o meno in grado di occupare un aeroporto e una collina vicino a Slaviansk e Kramatorsk. Hanno preso Krasny Liman e commesso un massacro nel locale ospedale. E apparentemente hanno circa un migliaio di di soldati sparsi intorno all'aeroporto di Lugansk. Hanno mandato un IL-76 (il più grande aereo da trasporto del mondo) a salvarli e a rifornirli, ma è stato abbattuto. Non per mancanza di tentativi. Gli ucraini hanno dato inizio al loro regno di terrore ispirato dal nazismo con mazze da baseball, poi sono passati ai coltelli, poi alle pistole, alle armi d'assalto, mitragliatrici, mortai, artiglieria, lanciamissili, elicotteri d'attacco, aerei d'attacco, munizioni a grappolo ed ora persino fosforo bianco.

Nel frattempo, centinaia di soldati ucraini sono passati dall'altra parte – con le loro armi, compresi i loro comandi e carri armati. Un numero enorme dei loro coscritti sono stati uccisi. Alcune delle loro unità rimaste sono circondate e ci sono segni di un tentativo disperato di sfondare le loro linee, anche se alcuni di loro sono già passati dall'altra parte.

Come per le forze di autodifesa russe, sembrano stare sempre meglio. Hanno una buona rete di difesa aerea in funzione e presto potrebbero essere in una posizione per imporre la no-fly zone. Sono molto ben armati, in gran parte con armi prese agli ucraini. L'iniziale rivolo di volontari è diventato un flusso costante e comprende un sacco di volontari che fluiscono attraverso il permeabile confine russo (ricordate, ci sono russi su entrambi i lati del confine). Hanno anche qualche nuovo giocattolo di lusso che è sicuramente venuto dalla Russia, come guerra elettronica e sistemi avanzati di difesa aerea. E con tutto questo stanno cominciando ad impegnarsi in operazioni offensive contro i militari ucraini.

Tanto perché l'Ucraina sia una storia di successo. Ma lasciamo stare l'Ucraina, perché tutto questo è gestito da Washington, e Washington se ne frega dell'Ucraina – gli interessa solo di creare problemi alla Russia. Finora, nemmeno qui c'è un gran successo da riferire. Le sanzioni hanno spinto i russi a svendere i loro loro possedimenti in dollari e a rimpatriare i loro soldi dalla banche statunitensi. Il tentativo di liberare l'economia russa dal sistema del dollaro ha acquisito velocità e la Gazprom ha annunciato che non venderà più il suo gas naturale in dollari. La borsa russa è andata molto meglio da quando sono state imposte le sanzioni. La percentuale di approvazione dei russi per Putin è oltre l'80% (mentre Obama è al suo minimo storico). L'ovvio doppio standard e il gioco sporco di UE e Stati Uniti ha allontanato la popolazione russa dall'Europa facendola rivolgere verso oriente, dando un impulso al progetto di integrazione euroasiatico. (Cosa significa questo per gli stati uniti? Be' gli Stati Uniti non sono l'Eurasia, no? Hanno un sacco di basi militari in Eurasia, ma se volete sapere quanto siano utili, guardate sopra). Finora, il tentativo di usare l'Ucraina per creare problemi alla Russia si è ritorto contro alla grande: la Russia ha scelto la parte migliore della (ex) Ucraina – la Crimea – ed ora ha l'impulso politico per liberare sé stessa dall'influenza statunitense ed occidentale. La necessità di reinsediare il flusso di rifugiati russi dall'Ucraina dà ai funzionari russi qualcosa da fare. Sì, le notizie delle atrocità degli ucraini e delle squadre della morte tendono a radicalizzare la popolazione russa, ma poi le notizie dei volontari russi che si organizzano e collezionano o vittorie rende questo un problema minore.

E quindi, il tempo è assolutamente dalla parte della Russia.I militari russi non hanno bisogno di rispondere alle provocazioni americane invadendo l'Ucraina: le forze di autodifesa volontarie si prendono cura di sé stesse piuttosto bene. Nel frattempo, l'Ucraina rimane un non-stato disintegrato e in bancarotta. La Russia esternalizzava una buona parte della produzione industriale in Ucraina orientale, ma ora non più, mentre l'Ucraina occidentale (la parte dove alcune persone parlano realmente ucraino) è principalmente agricola e con tutte le distruzioni dei mesi recenti, il raccolto di cereali di quest'anno si profila essere un disastro.

Aggiungete questo all'imbroglio sul gas naturale. L'Europa prende un terzo del suo gas naturale dalla Russia e metà di questo passa per l'Ucraina. Qualche tempo fa, gli americani sono venuti fuori con un piano davvero delirante di rilevare la fornitura di gas naturale all'Europa, estromettendo la Russia. Il punto chiave è che il gas che serve non esiste. Gli Stati uniti sono un importatore netto di gas naturale e la sua produzione di gas convenzionale è in declino terminale. Ciò che prima permetteva agli Stati Uniti di fare dichiarazioni esagerate sulla propria produzione futura di gas naturale era l'idea che il loro gas di scisto sarebbe stato sufficientemente abbondante da soppiantare la Gazprom. Ma poi le riserve di gas di scisto negli stati uniti sono state ridimensionate del 96%. Fine della storia. Ma nel frattempo, i funzionari statunitensi hanno spinto per rendere più difficile alla Russia rifornire l'Europa. La Russia ha lavorato con diligenza su una nuova rete di gasdotti, chiamata South Stream, che aggira l'Ucraina, ma i funzionari americani hanno costretto la Bulgaria a fermare la costruzione del suo segmento perché l'azienda che lo realizzava è russa ed è stata unilateralmente sanzionata da Washington. Hanno anche istruito i loro fantocci ucraini a rifiutare di raggiungere un accordo con Gazprom. Gazprom ha chiesto all'Ucraina di saldare il suo debito per il gas che ha già bruciato (una richiesta non irragionevole) e di cominciare a fare i pagamenti in anticipo. Ha anche offerto all'Ucraina lo stesso prezzo del gas pagato dagli altri clienti europei. Gli ucraini hanno rifiutato, quindi stamattina è stato chiuso il rubinetto. Il gas che transita in ucraina verso occidente fluisce ancora, ma a a questo ritmo è questione di mesi prima che gli europei dovranno cominciare a sacrificarne un po' solo per tnere accese le luci a Kiev. Ricordate, l'Ucraina ha alcuni reattori nucleari tipo Chernobyl ancora ttivi e richiedono una rete elettrica funzionante per evitare la fusione se vengono chiuse – cosa che potrebbero benissimo fare se c'è una guerra in corso.

Come sappiamo tutti, è difficile fare previsioni (specie se riguardano il futuro), ma sembra abbastanza certo mettere già l'Ucraina fra gli altri fischi della politica estera americana. In questo momento è un fiasco che si muove lentamente, ma possiamo aspettarci che prenda velocità. Possiamo anche aspettarci che diventi più grande: arriva il prossimo inverno, se Kiev è buia, gran parte dell'Europa rabbrividisce al freddo e i reattori nucleari ucraini sono sul punto di fondere, gli europei potrebbero cominciare a pensare che forse gli americani non sono loro amici per niente, che far parte della NATO è una cattiva idea e che i cortigiani dell'America a Brussels dovrebbero essere presi a calci insieme all'UE e all'Euro. E questo renderebbe la primavera del 2015 molto interessante.

mercoledì 4 giugno 2014

Europa: dove troveremo il gas che ci serve?

DaThe Oil Crash”.  27 Maggio 2014
Traduzione di MR

Da notare, fra le altre cose, come in questo post Antonio Turiel nota come anche il governo spagnolo stia utilizzando trucchi statistici per far credere che il PIL sia in aumento o che cresca più rapidamente, come ho discusso in un mio post  per quanto riguarda l'Italia (U.B.)


Di Antonio Turiel

Cari lettori,

l'Unione Europea  si trova ad un crocevia storico. Alle recenti elezioni del Parlamento Europeo, la maggioranza dei partiti al Governo o con possibilità di esserci hanno subito una considerevole battuta d'arresto da parte degli elettori, mentre opzioni più radicali si stanno facendo strada. La sbandierata ripresa economica sta lì a dimostrare che non si trattava di altro che di un miraggio e specialmente in Spagna, dove un'opportuna adulterazione delle statistiche ha permesso di far credere che il PIL stesse recuperando con vigore mentre in realtà il consumo interno crolla, la produzione industriale non sta risalendo e il bilancio commerciale peggiora mese dopo mese (le esportazioni non sono più il tanto applaudito “motore economico della Spagna”, visto che chiaramente dagli inizi dell'anno le importazioni le superano in valore economico). Ma molto oltre le frontiere dell'Europa alcuni racconti eventi recenti strangoleranno ancora di più la capacità economica del Vecchio Continente nei prossimi anni e decenni con conseguenze politiche e sociali che non si ha ancora il coraggio di discutere.

La prima di queste notizie è il recente annuncio della firma di un accordo storico fra la compagnia russa Gazprom (protetta dal governo russo) e la compagnia cinese CNCP (controllata dal governo di quel paese) secondo il quale la Gazprom si impegna a fornire 38 miliardi di metri cubi (in unità americane sarebbero 1,3 trilioni di piedi cubici) di gas naturale all'anno a CNPC a partire dal 2018 per 30 anni. L'Unione Europea ha importato nel 2012 ha importato 14 trilioni di piedi cubici di gas naturale, dei quali circa un terzo (34%) provenienti dalla Russia, cioè 4,76 trilioni di piedi cubici, per cui l'accordo russo-cinese rappresenta circa il 27% della fornitura annuale di gas russo all'Europa. E' chiaro che per l'Unione Europea è emerso un concorrente importante per il gas naturale russo. Per mettere le cose in una migliore prospettiva, guardate il seguente grafico di produzione di gas naturale russo, preso come sempre dal sito web Flussi di Energia ed elaborato con dati dell'annuario del 2012 della BP:


La Russia ha prodotto meno di 60 miliardi di piedi cubici di gas naturale al giorno, cioé, circa 21 trilioni di piedi cubici di gas naturale all'anno. La fornitura annuale corrente all'Unione Europea e quella prevista alla Cina rappresentano rispettivamente il 22% e il 6% della produzione annuale di gas della Russia, il che rende chiara l'importanza di queste transazioni e della mutua dipendenza economica fra Russia ed Unione Europea, nella quale la prima si trova in condizioni migliori per diminuire che non la seconda, soprattutto ora che il problema in Ucraina le ha allontanate. Ciò che preoccupa veramente nell'accordo fra russi e cinesi è la sua lunga durata, soprattutto se si tiene conto del fatto che la Russia sembra prossima a raggiungere il proprio picco interno del gas. Non è facile trovare previsioni sulla futura produzione di gas in Russia; l'unica stima più o meno affidabile che ho trovato è quella del rapporto dettagliato del 2013 dell'Energy Watch Group; da lì ho estratto questo grafico con la previsione di produzione di gas naturale in Russia.


Come si vede, il fatto di mantenere un plateau produttivo per i prossimi 15 anni dipende dal fatto che si sviluppino una serie di giacimenti già identificati (Kruzenshten, Shtokmanskoye, Tambey, Yamal e Mare di Barents); oltre non c'è nulla, per il momento, e sarà difficile che ci sarà qualcos'altro, tenendo conto che la Russia ha già cominciato a mettere in moto i suoi giacimenti in Siberia, i più lontani, da quasi 10 anni. I tassi annuali di declino della produzione di gas naturale dei diversi giacimenti, come si vede, sono molto alti, con una diminuzione tipica del 50% in soli 10 anni. Inoltre, come mostra la caduta del 2009 (un anno dopo il picco del prezzo del petrolio), la produzione è molto sensibile all'investimento ed ai prezzi molto alti. Quindi non sarebbe strano che intorno al 2035, con l'accordo russo-cinese ancora a metà della propria vita, la produzione di gas russo fosse la metà di adesso e verso la fine della sua scadenza giungesse ad essere solo un quarto della produzione attuale. Anche contando su una stagnazione del consumo europeo in questi tre decenni, in quel momento la Russia dovrebbe decidere se esportare tutto il suo gas alla UE o piuttosto fornirlo in quantità parzialmente ridotte e fornire il proprio vicino del sud. Con una recessione in corso e senza poter competere col gigante asiatico, è più che probabile che l'Europa abbia tutte le possibilità di perdere in questa situazione.

Potrebbe sembrare che i problemi che avrà l'Europa con la fornitura di gas si potrebbero risolvere affidandosi di più ad altri fornitori anche vicini geograficamente, in questo caso i paesi del Golfo Persico, che sono ricchi di gas e petrolio (in Spagna si alimenta l'errore della fornitura inesauribile dall'Algeria, mentre questo paese ha già chiaramente superato il proprio picco interno di gas e petrolio). A chi pensa questo risulterà pertanto sconcertante una notizia apparsa la scorsa settimana, secondo la quale nel Golfo Persico comincia a scarseggiare il gas. Il fatto è che il gas naturale, che è stato disprezzato per anni in una zona con tanta abbondanza di petrolio, ora comincia ed essere molto ricercato perché risulta più redditizio per la produzione di elettricità e, sebbene se la notizia non lo dica, per lasciare più petrolio disponibile per l'esportazione, ora che la produzione di petrolio dell'OPEC è giunta ad un plateau dal qual non si salirà di nuovo. Ma risulta che per produrre gas naturale si deve fare un investimento in infrastrutture di stoccaggio e trasporto molto elevato, la qual cosa non è sempre facile da ammortizzare tenendo conto dei bassi prezzi del gas in confronto a quelli del petrolio (in parte perché il gas è meno versatile, più difficile da maneggiare e stoccare, più pericoloso, ecc.). In aggiunta, come riporta l'articolo, le grandi riserve di gas del Golfo Persico risultano avere un maggior contenuto di zolfo e pertanto esigono un trattamento maggiore per poter essere utilizzato. Tutto ciò si può riassumere in un modo semplice: questo gas ha un EROEI inferiore a quanto atteso, il che si traduce nel fatto che le presunte grandiose riserve di gas naturale della zona non sono, in senso netto, tanto grandiose come si presumeva (una cosa che agli economisti fa orrore comprendere). La conseguenza finale e reale di questa situazione è che il Golfo Persico, anziché essere un produttore netto di gas naturale, si sta dirigendo con passo deciso ad essere un importatore netto, per cui anziché alleviare i problemi dell'Europa, ne incrementa l'insicurezza.

E se l'Europa volesse guardare oltre Atlantico, le cose non vannomolto meglio. Non darò qui i dettagli delle ragioni per le quali è completamente assurdo pensare che gli Stati Uniti potranno esportare un giorno gas naturale in Europa; lo ha già fatto Gail Tverberg per me. Ma il fatto è che innanzitutto gli Stati Uniti avranno bisogno di aumentare le loro esportazioni di gas naturale nei prossimi anni, lasciando da parte il naufragio della bolla del fracking in atto, risulta che la EIA (che dipende dal Dipartimento per l'Energia degli Stati Uniti) stia falsificando i dati di produzione di gas naturale negli Stati Uniti, come viene spiegato in questo articolo, riassunto in questo grafico:


La fascia rossa rappresenta tutta la sovrastima di produzione di gas naturale. La cosa ironica è che la curva gialla si ottiene con i dati di produzione di ogni compagnia individualmente... che la stessa EIA rende pubblici! Come vedete, la EIA sta contribuendo a creare una falsa apparenza di abbondanza, ma l'inganno non si potrà mantenere per troppo tempo. Così non solo gli Stati Uniti non forniranno altro gas all'Europa, ma diventeranno degli ulteriori concorrenti per la preziosa risorsa.

Il gas naturale, eterna promessa di combustibile con minori emissioni di CO2, non è la soluzione a nessun problema, perché la sua disponibilità si trova già seriamente compromessa e lo sarà sempre di più negli anni a venire; non possiamo eludere il picco del gas, così come non possiamo eludere il picco del petrolio. Una politica energetica nazionale sensata dovrebbe tener conto di questo fattore, così come del tramonto del petrolio e del vicino picco dell'uranio, per preparare un vero piano di contingenza di fronte ad una transizione (non solo energetica, ma sistemica) che non può più attendere.

Saluti.
AMT

P. S.: La quarta notizia rilevante della settimana non ha a che fare col gas, ma col cosiddetto shale oil (il petrolio leggero che si estrae da rocce porose usando la tecnica del fracking). Risulta che recentemente il servizio geologico minerario degli Stati Uniti ha ribassato la sua stima delle riserve nella formazione di Monterey, California... di nientemeno che il 96%! Avete letto bene: le riserve inizialmente stimate in 15,5 miliardi di barili ora si dice che siano solo 600 milioni di barili. La cosa grave è che si stimava che la formazione di Monterey rappresentasse il 63% dello shale oil degli Stati Uniti, per cui le riserve nordamericane di shale oil oggi sono di un 60% inferiori a quello che erano la scorsa settimana... e questo finché non rivalutino il resto dei giacimenti. Il sogno ridicolo dell'indipendenza energetica degli Stati Uniti a tratti svanisce.