Uno dei “cancristi della
prima ora”, il mio amico Antonio Zaffaroni, mi scrive: “Ciao Bruno, a
corollario della tua eccezionale opera pongo l'estinzione della specie umana
come unica e moralmente doverosa cura al cancro che ha quasi ucciso la
biosfera. A questa conseguente e a mio avviso logica conclusione vi arrivai
prima che ci conoscessimo. C'è un motivo particolare per il quale non tratti
mai di estinzionismo? Con molta stima, Antonio”
Non potendo riassumere la
risposta a questo importante quesito in un breve messaggio di “whatsapp”, ho
promesso ad Antonio che avrei dedicato alla questione uno specifico intervento,
ed è ciò che mi accingo a fare.
Iniziamo col dire che non
è proprio vero che non ho mai trattato l’argomento.
Nel mio ultimo libro, “L’impero
del cancro del pianeta”, nella appendice dedicata ai precursori del
Cancrismo, vi è un paragrafo intitolato “Natalismo e antinatalismo”,
dove, in estrema sintesi, definisco l’antinatalismo un “atto contro natura”, come
effettivamente è.
Nel primo libro (“Il
cancro del pianeta”) vi è il capitolo “Le improponibili soluzioni al
problema della sovrappopolazione” con una curiosa tabella in cui si mostra
come in meno di mille anni ci si estinguerebbe se solo ogni coppia generasse un
solo figlio.
In un caso e nell’altro
definisco le soluzioni difficilmente praticabili e del tutto innaturali,
implicanti cioè situazioni lesive delle condizioni di vita a cui saremmo stati
destinati se fossimo rimasti cellule sane del pianeta.
La politica del figlio unico
condurrebbe a una società di vecchi, decadente per definizione. Inoltre
verrebbe realizzata non già per restituire alle altre specie ciò che è stato
loro tolto, bensì per consentire all’essere umano di continuare a sfruttare le
risorse scemanti.
Ma non è questo il punto
che interessa ad Antonio. Egli è più drastico, parla di estinzionismo tout
court. Sa bene che finché rimarrà anche un solo uomo con il suo cervello
ipersviluppato sulla terra, costui cercherà di continuare a sfruttare le altre
specie.
Come non ricordare a questo
proposito i bei versi di Giorgio Caproni, che terminano così: “Come / potrebbe
tornare a essere bella, / scomparso l’uomo, la terra.” (in “Versicoli
quasi ecologici”).
Sulla stessa lunghezza d’onda
si trova il “Movimento per l'estinzione umana volontaria” (in inglese VHEMT).
Il ragionamento sottinteso
da tutti coloro che predicano l’estinzionismo (in verità assai pochi) si può
riassumere nei seguenti punti:
·
sul
pianeta Terra, per una serie di combinazioni del tutto fortuita, è nata la vita
·
pur
nel continuo cambiamento, la natura ha sempre provveduto a mantenere l’equilibrio
tra le varie specie viventi
·
a
causa di un’alterazione, anch’essa fortuita, nel DNA di un determinato primate,
è nato il mondo artificiale, che ha eroso spazi al mondo naturale in quantità via
via crescente
·
l’unico
modo per restituire al mondo naturale la sua integrità è eliminare la causa del
mondo artificiale, e cioè l’uomo.
Non si può negare che il
filo di questo ragionamento si dipani in modo inappuntabile.
Tuttavia c’è da tener
conto di un particolare non del tutto trascurabile, e cioè che i soggetti della
auspicata estinzione siamo noi, io, tu, i miei figli, i tuoi figli e così via!
Come pensare di trovare
consenso intorno a una teoria che auspica l’annientamento tuo, dei tuoi figli e
dei tuoi nipoti?
E senza consenso come
potrebbe avvenire l’autoestinzione della specie?
Gli “estinzionisti” sono rigorosi
all’estremo, ma proprio a causa di questo loro estremismo non potranno mai
contare sul consenso della maggioranza della popolazione, anzi sono inesorabilmente
destinati a rimanere infima minoranza.
Il Cancrismo invece si
propone di fornire una ideologia coerente alla gran massa di giovani che si è
mobilitata di recente in tutto il mondo a difesa dell’ambiente.
Questi ragazzi non
vogliono estinguersi, vogliono che la loro generazione possa vivere su questo
pianeta e che possibilmente lo possano fare anche altre generazioni. Perché ciò
accada occorre modificare stili di vita e di consumi, rinunciare agli sprechi e
a tante altre cose inutili che ci hanno condotto sull’orlo del baratro.
In una parola dobbiamo “decrescere”.
Sotto questo profilo il Cancrismo è allineato con i movimenti di Serge Latouche
e di Maurizio Pallante.
Stiamo parlando delle cure
palliative da somministrare all’ammalato terminale di cancro? Con ogni
probabilità sì, ma comunque ben vengano.
La cosa importante è che
ci sia la spinta a decrescere, e perché ciò accada la motivazione deve essere
forte, molto forte, più forte dell’egoismo di specie che ci contraddistingue.
Occorre, in breve, ribaltare
l’intera considerazione che Homo sapiens ha della sua intelligenza,
dimostrandogli che anziché essere una scintilla divina o una mirabile opera
della natura essa è stata un tragico errore del processo evolutivo della vita,
una via “svantaggiosa” imboccata casualmente da madre natura.
Così iniziava il mio primo
articolo di presentazione della teoria (“Il
cancro del pianeta: una teoria inquietante per scuoterci dal fatalismo
progressista che ci attanaglia”) e questa è ancora la via da seguire:
dimostrare, dati alla mano, che la situazione è sempre più tragica (e questo lo
fanno in molti, compresi il Papa, tanti Capi di Stato e tanti scienziati), che
ha potuto verificarsi in conseguenza delle accresciute capacità elaborative del
cervello umano (e questo lo fanno in pochi) e che quindi questo accrescimento è
da considerare negativamente (e questo non lo fa nessuno).
Se molti, moltissimi, capissero
questa triste realtà, sarebbe relativamente semplice tirare un po’ i freni di
questa macchina che sta andando a folle velocità verso il dirupo.
Tirare i freni significa prendere
tempo. Anche se la macchina non può fare inversione di marcia, andare più
lentamente può dare alla biosfera un po’ di respiro e può consentire a tutti
gli esseri viventi di prolungare un poco la loro permanenza su questo pianeta.
In breve dovremmo fare
nostro il motto di Alexander Langer: “Lentius, profundius, suavius”
("più lento, più profondo, più dolce"), in contrapposizione a quello
olimpico “Citius, altius, fortius” ("più veloce, più alto, più
forte") che ben rappresenta lo spirito tipico del progressismo economico e
materiale del cancro del pianeta.