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lunedì 7 settembre 2020

Perché no all'estinzionismo


Nuovo mondo, dopo l'estinzione umana, di Cristina de Biasio

Uno dei “cancristi della prima ora”, il mio amico Antonio Zaffaroni, mi scrive: “Ciao Bruno, a corollario della tua eccezionale opera pongo l'estinzione della specie umana come unica e moralmente doverosa cura al cancro che ha quasi ucciso la biosfera. A questa conseguente e a mio avviso logica conclusione vi arrivai prima che ci conoscessimo. C'è un motivo particolare per il quale non tratti mai di estinzionismo? Con molta stima, Antonio
Non potendo riassumere la risposta a questo importante quesito in un breve messaggio di “whatsapp”, ho promesso ad Antonio che avrei dedicato alla questione uno specifico intervento, ed è ciò che mi accingo a fare.
Iniziamo col dire che non è proprio vero che non ho mai trattato l’argomento.
Nel mio ultimo libro, “L’impero del cancro del pianeta”, nella appendice dedicata ai precursori del Cancrismo, vi è un paragrafo intitolato “Natalismo e antinatalismo”, dove, in estrema sintesi, definisco l’antinatalismo un “atto contro natura”, come effettivamente è.
Nel primo libro (“Il cancro del pianeta”) vi è il capitolo “Le improponibili soluzioni al problema della sovrappopolazione” con una curiosa tabella in cui si mostra come in meno di mille anni ci si estinguerebbe se solo ogni coppia generasse un solo figlio.
In un caso e nell’altro definisco le soluzioni difficilmente praticabili e del tutto innaturali, implicanti cioè situazioni lesive delle condizioni di vita a cui saremmo stati destinati se fossimo rimasti cellule sane del pianeta.
La politica del figlio unico condurrebbe a una società di vecchi, decadente per definizione. Inoltre verrebbe realizzata non già per restituire alle altre specie ciò che è stato loro tolto, bensì per consentire all’essere umano di continuare a sfruttare le risorse scemanti.
Ma non è questo il punto che interessa ad Antonio. Egli è più drastico, parla di estinzionismo tout court. Sa bene che finché rimarrà anche un solo uomo con il suo cervello ipersviluppato sulla terra, costui cercherà di continuare a sfruttare le altre specie.
Come non ricordare a questo proposito i bei versi di Giorgio Caproni, che terminano così: “Come / potrebbe tornare a essere bella, / scomparso l’uomo, la terra.” (in “Versicoli quasi ecologici”).
Sulla stessa lunghezza d’onda si trova il “Movimento per l'estinzione umana volontaria” (in inglese VHEMT).
Il ragionamento sottinteso da tutti coloro che predicano l’estinzionismo (in verità assai pochi) si può riassumere nei seguenti punti:
·        sul pianeta Terra, per una serie di combinazioni del tutto fortuita, è nata la vita
·        pur nel continuo cambiamento, la natura ha sempre provveduto a mantenere l’equilibrio tra le varie specie viventi
·        a causa di un’alterazione, anch’essa fortuita, nel DNA di un determinato primate, è nato il mondo artificiale, che ha eroso spazi al mondo naturale in quantità via via crescente
·        l’unico modo per restituire al mondo naturale la sua integrità è eliminare la causa del mondo artificiale, e cioè l’uomo.
Non si può negare che il filo di questo ragionamento si dipani in modo inappuntabile.
Tuttavia c’è da tener conto di un particolare non del tutto trascurabile, e cioè che i soggetti della auspicata estinzione siamo noi, io, tu, i miei figli, i tuoi figli e così via!
Come pensare di trovare consenso intorno a una teoria che auspica l’annientamento tuo, dei tuoi figli e dei tuoi nipoti?
E senza consenso come potrebbe avvenire l’autoestinzione della specie?
Gli “estinzionisti” sono rigorosi all’estremo, ma proprio a causa di questo loro estremismo non potranno mai contare sul consenso della maggioranza della popolazione, anzi sono inesorabilmente destinati a rimanere infima minoranza.
Il Cancrismo invece si propone di fornire una ideologia coerente alla gran massa di giovani che si è mobilitata di recente in tutto il mondo a difesa dell’ambiente.
Questi ragazzi non vogliono estinguersi, vogliono che la loro generazione possa vivere su questo pianeta e che possibilmente lo possano fare anche altre generazioni. Perché ciò accada occorre modificare stili di vita e di consumi, rinunciare agli sprechi e a tante altre cose inutili che ci hanno condotto sull’orlo del baratro.
In una parola dobbiamo “decrescere”. Sotto questo profilo il Cancrismo è allineato con i movimenti di Serge Latouche e di Maurizio Pallante.
Stiamo parlando delle cure palliative da somministrare all’ammalato terminale di cancro? Con ogni probabilità sì, ma comunque ben vengano.
La cosa importante è che ci sia la spinta a decrescere, e perché ciò accada la motivazione deve essere forte, molto forte, più forte dell’egoismo di specie che ci contraddistingue.
Occorre, in breve, ribaltare l’intera considerazione che Homo sapiens ha della sua intelligenza, dimostrandogli che anziché essere una scintilla divina o una mirabile opera della natura essa è stata un tragico errore del processo evolutivo della vita, una via “svantaggiosa” imboccata casualmente da madre natura.
Così iniziava il mio primo articolo di presentazione della teoria (“Il cancro del pianeta: una teoria inquietante per scuoterci dal fatalismo progressista che ci attanaglia”) e questa è ancora la via da seguire: dimostrare, dati alla mano, che la situazione è sempre più tragica (e questo lo fanno in molti, compresi il Papa, tanti Capi di Stato e tanti scienziati), che ha potuto verificarsi in conseguenza delle accresciute capacità elaborative del cervello umano (e questo lo fanno in pochi) e che quindi questo accrescimento è da considerare negativamente (e questo non lo fa nessuno).
Se molti, moltissimi, capissero questa triste realtà, sarebbe relativamente semplice tirare un po’ i freni di questa macchina che sta andando a folle velocità verso il dirupo.
Tirare i freni significa prendere tempo. Anche se la macchina non può fare inversione di marcia, andare più lentamente può dare alla biosfera un po’ di respiro e può consentire a tutti gli esseri viventi di prolungare un poco la loro permanenza su questo pianeta.
In breve dovremmo fare nostro il motto di Alexander Langer: “Lentius, profundius, suavius” ("più lento, più profondo, più dolce"), in contrapposizione a quello olimpico “Citius, altius, fortius” ("più veloce, più alto, più forte") che ben rappresenta lo spirito tipico del progressismo economico e materiale del cancro del pianeta.