Vi passo qui di seguito un testo scritto da un gruppo di ricercatrici italiane che è veramente una boccata di ossigeno nello tsunami di fesserie e di bugie che ci sta sommergendo. Non un testo facile, non un testo annacquato. Un esame approfondito della letteratura scientifica. Non è un testo di opinioni, è un testo di dati e di fatti. E che arriva alla conclusione che il rischio di un ritorno a scuola per i nostri bambini è minimo o inesistente, e che -- soprattutto -- è trascurabile rispetto ai danni psicologici che i bambini ricevono standosene isolati a casa.
La cosa più bella è il successo che questo testo ha avuto. Pubblicato sul sito Facebook "Pillole di Ottimismo" è stato condiviso oltre 2500 volte in 24 ore. E' un risultato eccellente considerato il marasma che è Facebook al momento attuale. Dei circa 500 commenti, praticamente tutti sono favorevoli, molti ringraziano per la spiegazione. Soprattutto, sono genitori e mamme preoccupate per i loro bambini costretti in una situazione innaturale di isolamento e segregazione.
Come sappiamo, l'informazione pubblica in Italia è dominata da sorgenti di informazione completamente inaffidabili e di solito impegnate nel raccontarci bugie. Ma quest storia ci fa vedere come c'è ancora spazio per raccontare le cose come stanno. C'è ancora gente in grado di recepire un messaggio anche complesso quando capiscono che gli autori (le autrici, in questo caso) hanno lavorato seriamente per fare un servizio di informazione pubblica. (UB)
Covid-19: cosa è successo ai bambini e ai ragazzi?
Da "Pillole di Ottimismo", 8 Luglio 2020
Alessandra Basso (TINT, Università di Helsinki), Valentina Flamini (Biologa molecolare) Eleonora Franchini (docente di scuola secondaria di secondo grado), Sara Gandini (IEO, SEMM)
“I bambini non sono i più colpiti da questa pandemia, ma rischiano di essere le sue più grandi vittime”. Così apre il report delle nazioni unite dedicato all’impatto del Covid-19 sui bambini (1).
Effetti della chiusura delle scuole
La chiusura delle scuole e il confinamento domestico hanno rappresentato un grosso sacrificio per le categorie più giovani che hanno subito un cambiamento repentino e prolungato della loro quotidianità. Bambini e ragazzi sono stati costretti a rinunciare alla scuola, luogo insostituibile non solo per il loro bisogno di apprendimento, ma anche di crescita sociale ed emotiva. Questa rinuncia ha generato una sofferenza che è stata comunicata in modi diversi, spesso con segnali di iperattività e irrequietezza, oppure, al contrario, con la comparsa di abulia, stanchezza, disturbi del sonno (2).
Numerosi studi hanno dimostrato che il confinamento domestico e la chiusura delle scuole hanno avuto conseguenze negative gravi e di lunga durata sulla salute fisica e psicologica dei bambini. Gli effetti sulla salute fisica sono legati soprattutto ad una alimentazione meno sana, una diminuita attività fisica e all’aumento dell’uso di dispositivi elettronici: televisione, cellulare e video-giochi (3).
Gli effetti sul benessere psicologico ed emotivo erano già stati ampiamente documentati durante le epidemie di SARS e Ebola, e sono stati confermati dalle indagini condotte nei mesi scorsi. Il confinamento domestico, infatti, ha causato un aumento del livello di stress che può avere effetti a lungo termine sul benessere di bambini e ragazzi e aumenta il rischio di sviluppo di malattie mentali nell’età adulta. Uno studio del 2013, per esempio, ha evidenziato un livello di stress-post traumatico quattro volte superiore nei bambini sottoposti a misure di confinamento domestico rispetto a quelli non sottoposti alla quarantena (4). Tra i sintomi più diffusi, ci sono l’insorgenza di nuove paure (come la paura di essere contagiati), l’ansia da separazione, segnali di regressione, disturbi del sonno, irritabilità e comportamento oppositivo.
Una recente indagine condotta dal Gaslini di Genova rileva problematiche comportamentali e sintomi di regressione nel 65% dei bambini minori 6 anni, e nel 71% di bambini e ragazzi compresi tra i 7 e i 18 anni (5). Sempre in Italia, lo studio osservazionale condotto da Pisano, Galimi e Cerniglia ha fatto emergere una prevalenza di comportamenti oppositivi (il 53% dei bambini mostra segni di irritabilità e intolleranza alle regole), e anche di comportamenti adattivi (il 49% è apparso capace di adattarsi alle regole del confinamento), ma ammonisce che questi indizi di resilienza possano in realtà nascondere un maggiore disagio psicologico (6). La chiusura delle scuole, inoltre, causa un ritardo nel conseguimento degli obiettivi scolastici e più in generale dello sviluppo socio-emotivo nell’età evolutiva. Un mese di vita pesa in modo molto differente nell’età dello sviluppo rispetto all’età adulta.
Non si tratta solo delle opportunità di apprendimento andate perdute, ma anche del rischio di dimenticare quello che è stato acquisito fino a quel momento con il risultato di un regresso duraturo che difficilmente potrà essere recuperato. In passato, studi sulla chiusura estiva e sull’interruzione dei servizi scolastici causata da eventi metereologici hanno dimostrato effetti duraturi nell’apprendimento scolastico: ogni 10 giorni di chiusura straordinaria provocano una diminuzione del 5% del numero di studenti che raggiungono gli obiettivi di fine anno (7, 8).
Un recente articolo di Guido Neidhöfer, inoltre, mette in luce come la pandemia e le misure restrittive abbiano effetti differenziati sui bambini, colpendo più gravemente quelli provenienti da contesti svantaggiati, e di conseguenza possano inasprire le disuguaglianze sociali nel lungo periodo (9).
L’articolo rileva che la pandemia e le conseguenti misure restrittive possono ingrandire le disuguaglianze economiche e sociali agendo su più livelli. Da una parte, la riduzione del rendimento scolastico associata alla chiusura delle scuole incide sulle future competenze professionali e sui redditi una volta entrati nel mondo del lavoro. Negli Stati Uniti, il costo della chiusura delle scuole in termini di mancati rendimenti futuri è stato stimato al 12,7% del PIL. Gli studenti provenienti da contesti svantaggiati hanno minori opportunità educative oltre alla scuola e pertanto sono più esposti a questo effetto collaterale. Un secondo veicolo di inasprimento delle disuguaglianze sociali è legato agli effetti del lockdown sul lavoro dei genitori. I lavoratori meno qualificati, e ancora di più quelli del settore informale, sono i più vulnerabili alla riduzione dei salari e alla perdita del lavoro. Di conseguenza, le famiglie in fondo alla distribuzione reddituale affrontano una riduzione più accentuata delle risorse economiche e questo ha un impatto profondo sulle opportunità dei figli.
Un documento firmato da 9 reti di associazioni (circa duecento in tutto) che lavorano con bambini e ragazzi in Italia sottolinea le disuguaglianze nelle opportunità di crescita, di apprendimento e di sviluppo nel nostro paese: secondo dati Istat 2018/2019, il 12,3% dei ragazzi di 6-17 anni vive in case prive di pc o tablet; secondo dati Eurostat 2019, il 10,7% dei giovani di 15-19 anni non sono occupati e non sono in formazione. Il documento evidenzia inoltre che l’educazione è cruciale per ridurre le disuguaglianze: secondo l’ONU e un’ampia letteratura scientifica nazionale e internazionale, l’investimento in educazione, in particolare quella dei bambini in età 0-2, è quello maggiormente in grado di prevenire le ineguaglianze nel corso della vita.
Che ruolo hanno i bambini nella trasmissione del virus?
Stanti gli studi scientifici e le evidenze dagli altri paesi ad oggi disponibili sul ruolo dei bambini nella trasmissione del virus, l’apertura delle scuole non dovrebbe creare paure perché i dati sono rassicuranti: i bambini e i ragazzi si ammalano meno e hanno meno probabilità di trasmettere il virus alle persone con cui entrano in contatto. Mentre è noto che i bambini siano veicolo di infezione per malattie come l’influenza stagionale, gli studi finora condotti mostrano che ciò non sia vero nel caso del COVID-19 (10, 11, 12).
Una indagine condotta nella regione francese Crépy-en-Valois, a nord-est di Parigi, recentemente pubblicata, ha analizzato l’andamento dell’epidemia su un campione di 1.340 persone, di cui 510 bambini di sei diverse scuole elementari. Prima che le scuole chiudessero per le vacanze di febbraio e per il successivo lockdown, sono stati riportati solo tre casi di infezione riconducibile al Sars-Cov-2 nei bambini i quali, peraltro, hanno manifestato sintomi lievi della malattia (11). La bassa percentuale degli infettati tra il personale docente (7,1%) e non docente (3,6%), contrapposta all’alta percentuale degli infetti tra i genitori dei bambini (61,0%) ha portato alla conclusione che i bambini non siano stati il veicolo per la trasmissione del virus. I ricercatori ipotizzano che, al contrario, possano essere stati i genitori ad infettare i figli e non viceversa.
Un altro studio condotto tra aprile e maggio a Parigi, la regione più colpita dall’epidemia in Francia, su 605 bambini e ragazzi di età compresa fra gli zero e i 15 anni conferma i risultati dell’indagine preliminare appena descritta: i bambini sembrano essere meno suscettibili alla malattia e sono probabilmente anche poco contagiosi (10). I ricercatori hanno combinato i risultati di tamponi e test sierologici con lo scopo di valutare la diffusione del virus tra i più giovani. Si è visto che fratelli e sorelle all’interno di famiglie con almeno un membro affetto non risultavano più facilmente positivi al tampone né all’esame sierologico e questo conferma che il contagio dei bambini avvenga attraverso i genitori.
Anche un recente studio condotto da Andrea Crisanti a Vò Euganeo, che uscirà a breve su Nature, conferma che i bambini non si ammalano anche in presenza di una forte esposizione: dei 234 bambini sotto i 10 anni presi in considerazione, nessuno è risultato positivo al virus, nemmeno i 13 che hanno vissuto a contatto con positivi in grado di trasmettere l’infezione (13).
Le scuole hanno ricominciato la didattica in presenza in diversi stati europei. In Germania la spinta alla riapertura è seguita ai risultati di uno studio preliminare di quattro università tedesche (Heidelberg, Friburgo, Tubinga e Ulm) su 2.500 bambini di età compresa fra uno e dieci anni e i loro genitori. Dai test effettuati è emerso che nel periodo preso in esame, tra aprile e maggio, un bambino e un genitore si sono ammalati, mentre 64 sono risultati positivi al test sugli anticorpi, dunque avevano contratto il virus senza accorgersene. Meno di un terzo dei contagiati erano bambini. Nella maggioranza di casi di genitori contagiati, poi, non si osservava l’infezione nei figli, confermando che i bambini sono meno suscettibili al virus Sars-Cov-2 (14).
In Olanda alla riapertura delle scuole, avvenuta gradualmente fra l’11 maggio e l’8 giugno, senza misure di distanziamento sociale stringenti, non è conseguita l’insorgenza di focolai e i test condotti sul personale scolastico dal 6 maggio in poi non ha mostrato un aumento dei casi in percentuale positivi al Sars-Cov-2 (12). L’esperienza olandese conferma, ancora una volta, l’impatto minimo della riapertura delle scuole sull’evoluzione della pandemia.
Conclusioni
Alla luce delle recenti evidenze scientifiche rispetto ai rischi di contagio da parte dei bambini e ragazzi, possiamo concludere che la riapertura delle scuole non sembra influire in maniera determinante sull’andamento della pandemia da Sars-Cov-2 mentre la chiusura rischia di minare la salute psico-fisica, l’apprendimento scolastico e la socialità delle future generazioni, soprattutto per i bambini e ragazzi provenienti da contesti più difficili. Resta aperta la riflessione sulle “modalità di apertura” che auspichiamo tengano conto dei dati scientifici prodotti, oltre che delle esperienze già in atto nei paesi citati, e mirino a ristabilire in bambini e ragazzi la serenità e spontaneità nell’incontro con l’altro.
Referenze
(1) UN Policy Brief: The Impact of COVID-19 on children, 15 April 2020
(2) Pellai, Alberto (2020) Il distanziamento fisico e i bisogni evolutivi del bambino.
(3) Pietrobelli A, Pecoraro L, Ferruzzi A, et al. Effects of COVID-19 Lockdown on Lifestyle Behaviors in Children with Obesity Living in Verona, Italy: A Longitudinal Study [published online ahead of print, 2020 Apr 30]. Obesity (Silver Spring). 2020;10.1002/oby.22861. doi:10.1002/oby.22861
(4) Sprang G, Silman M. Posttraumatic stress disorder in parents and youth after health-related disasters. Disaster Med Public Health Prep. 2013;7(1):105-110. doi:10.1017/dmp.2013.22
(5) Uccella, Sara, Fabrizio De Carli, Lino Nobili et al. Impatto Psicologico e Comportamentale sui Bambini delle Famiglie in Italia. Gaslini, Università degli Studi di Genova.
(6) Pisano, Luca, Domenico Galimi e Luca Cerniglia (2020) A qualitative report on exploratory data on the possible emotional/behavioral correlates of Covid-19 lockdown in 4-10 years children in Italy.
(7) Marcotte, Unscheduled School Closings and Student Performance
(8) Cooper, H., Nye, B., Charlton, K., Lindsay, J., & Greathouse, S. (1996). The Effects of Summer Vacation on Achievement Test Scores: A Narrative and Meta-Analytic Review. Review of Educational Research, 66(3), 227–268. https://doi.org/10.3102/00346543066003227
(9) Long run consequences of the COVID-19 pandemic on social inequality
Portrait of Guido Neidhöfer di Guido Neidhöfer
https://www.latinamerica.undp.org/…/consecuencias-de-la-pan…
(10) Assessment of spread of SARS-CoV-2 by RT-PCR and concomitant serology in children
in a region heavily affected by COVID-19 pandemic.
Robert Cohen, Camille Jung,, Naim Ouldali, Aurélie Sellam, Christophe
Batard, Fabienne Cahn-Sellem, Annie Elbez, Alain Wollner, Olivier Romain,
François Corrard, Said Aberrane, Nathalie Soismier, Rita Creidy, Mounira Smati
Lafarge, Odile Launay, Stéphane Béchet, Emmanuelle Varon, Corinne Levy
(11) SARS-CoV-2 infection in primary schools in northern France: A retrospective cohort study in an area of high transmission, 23 juin 2020.
Arnaud Fontanet, MD, DrPH, Rebecca Grant, Laura Tondeur, MSc, Yoann Madec, PhD, Ludivine Grzelak, Isabelle Cailleau, MSc, Marie-Noëlle Ungeheuer, MD, PhD, Charlotte Renaudat, MD, Sandrine Fernandes Pellerin, PhD, Lucie Kuhmel, MD, Isabelle Staropoli, François Anna, Pierre Charneau, Caroline Demeret, Timothée Bruel, PhD, Olivier Schwartz, PhD, Bruno Hoen, MD, PhD
(12) Children and COVID-19, National Institute for Public Health and Environment
https://www.rivm.nl/…/novel-coronavi…/children-and-covid-19…
(13) https://www.adnkronos.com/…/coronavirus-crisanti-bambini-fi…
(14) Prevalence of COVID-19 in children in Baden-Württemberg Preliminary study report Klaus-Michael Debatin et al.
https://www.klinikum.uni-heidelberg.de/…/Prevalence_of_COVI…
Certo, l'analisi è sicuramente condivisibile, non credo infatti serva molta letteratura per rendersi conto di come la didattica a distanza possa certamente comportare tutta una serie di problemi, anche importanti, per ragazzi, famiglie e professori. Esattamente come non serve molta letteratura per capire come l'implementazione del lockdown avrà delle grosse ripercussioni sul piano economico. Pertanto, non credo siano questi i punti che meritino approfondimento. Il problema importante è invece, secondo me, un altro, ed è quello, come sempre, della valutazione del rischio, assoluto e relativo, che dovrà essere fatta il più correttamente possibile e che sarà poi il vero motivo per cui si potrà rispondere alla fatidica domanda: "ne è valsa (ne vale) la pena?". Ecco, da questo punto di vista mi pare di capire che anche l'analisi operata in questo articolo sia purtroppo piuttosto carente. Il fatto che i bambini siano stati meno interessati dal virus (dato osservativo) potrebbe infatti avere varie spiegazioni, come per esempio quella di essere stati più protetti proprio dalla chiusura tempestiva delle scuole e da un successivo maggior isolamento precauzionale rispetto agli adulti. In realtà, si stanno effettivamente studiando anche le possibili cause legate alla fisiologia infantile (non menzionate in questo articolo), pare infatti che i bambini esprimano di meno proprio uno dei recettori più importanti del virus nella loro mucosa nasale. E' anche vero però, che c'è evidenza di come in alcune zone d'Italia più colpite dal virus ci sia stata una crescita esponenziale di malattia di Kawasaki proprio nei bambini, che potrebbe allora essere in qualche modo collegata al virus. Quindi, quello che voglio dire è che occorre sempre molta prudenza, purtroppo, lo so che a volte è difficile da comprendere, ma guardate a cosa sta succedendo per esempio negli USA e chiedetevi allora se in Italia, tutto sommato, stiamo facendo le cose per benino oppure no.
RispondiEliminaNon si comprende su quali basi il Vomiero ancori le sue affermazioni. Gli studi minimamente seri e, diciamo così, indipendenti, che iniziano ad uscire sono in larga misura concordi nel dipingere uno scenario secondo il quale la malattia in questione sia, nei suoi effetti, grossolanamente paragonabile ad una influenza. Che, giova ricordarlo, è mortale per soggetti vecchi e malati. Negli stati uniti poi, pare che il numero di morti per unità di popolazione sia inferiore a quello italiano. Sempre ovviamente considerando informazioni de relato, visto che non ho accesso alle strutture mediche di quel paese. Ancora da un punto di vista empirico, legato alla percezione di comune cittadino, nè in primavera, nè ora si ha, ringraziando Iddio, cognizione della presenza di una situazione anomala per quanto riguarda la c.d. salute pubblica. Malati non se ne vedono. I morti sui manifesti sono tutti ultra 80enni e molti ultra90enni. Chi abbia esperienza, anche minima, di coltivazione o allevamento, ovvero di semplice osservazione del mondo naturale, sa che in presenza di malattie o infestazioni a carattere diffusivo la stragrande maggioranza della popolazione colpita, se non la sua totalità ne viene colpita e le contromisure efficaci sono estremamente poche e altrettanto dannose.
EliminaTuttavia è inutile insistere sull'oggettivita delle cose. La "pandemia" è chiarissimamente un espediente politico, e forse militare, per combattere una guerra di cui non si comprendono gli schieramenti, ma che certamente vede le popolazioni mondiali come vittime. Il locdaun caro al Vomiero come ad altri ha avuto effetti superiori a qualsiasi altra azione di guerra nota nella storia, con costi inesistenti. E purtroppo siamo appena alle prime scaramucce.
Negli anni '80 c'era il terrore di un conflitto nucleare. Oggi esso appare, incredibilmente e terribilmente, come un male minore.
Guido
Sul fatto che rinchiudere i bambini in casa per qualche mese non sia salutare direi che non possono esserci dubbi,quantificare il danno però è fondamentalmente un esercizio di statistica vagamente controproducente, definire le coorti omogenee sarebbe di suo infernale: istruzione, abitazione, situazione parentale nel tempo di lookdown, disponibilità di svago e spazi aperti disponibili dovrebbero essere fattori da pesare seriamente per evitare "medie del pollo" che porterebbero a risultati falsati.
EliminaSulla questione sollevata sul virus invece la questione è spinosa, in prima battuta direi che la risposta base è "ne è valsa la pena ma", in origine le cause di morte erano oscure e la diffusione paventata come un incendio in un pagliaio, mancava un metodo di cura certo e il sistema sanitario sembrava sul punto di collassare.
Vale la pena pagare l'assicurazione auto? La spesa probabilmente sarà, nell'arco di una vita, una perdita secca..... Il problema ovviamente è che un auto POTREBBE causare un danno talmente elevato da azzerare la vita economica del guidatore lasciando ancora molto da risarcire. Stesso discorso vale per molta della sicurezza preventiva, impianti antincendio, sistemi d'allarme, addestramento del personale e simili sono in perdita, anche solo il BLSD (manovra di rianimazione con defibrillatore automatico) è una spesa folle!
Stesso discorso si potrebbe fare sull'ecologia di base, impedire lo scarico di rifiuti a caso, trattare le acque, mantenere i letti dei fiumi e così via sono inutili danni all'economia?
La scelta del governo italiano è in linea con quella degli altri,le rare eccezioni sono paesi con una cultura sociale abissalmente diversa da quella comune, Giappone, Corea, Svezia, paesi dove l'ordine regna e dove i governi hanno dimostrato nella pratica un'efficacia incredibile e i cittadini, di riflesso, seguono senza indugi le indicazioni. Il nostro governo ha agito bene? Sì in teoria ma con tale goffaggine da annullare la buona scelta, percettivamente ha trasformato il tutto in uno show dimostrando al contempo pressapochismo nelle azioni, la pessima attuazione non può però definire sbagliato l'approccio! Una partita di farmaci difettosi può uccidere centinaia di persone, abbandonare il farmaco dove si è dimostrato efficace è però una follia logica, percettivamente il farmaco uccide, realmente il difetto di produzione uccide, alla lunga abolire il farmaco nasconde il difetto che magari comparirà altrove.
Io mi baso, oltre che sui lavori scientifici, anche sul ragionamento logico-inferenziale di chi ha la fortuna di avere qualche competenza in materia, Guido, rendendomi perfettamente conto che non è affatto facile fare altrettanto per chi invece non conosce purtroppo i principi base di microbiologia-virologia, fisiologia, igiene e profilassi ed epidemiologia, vista la disastrosa opera di informazione e divulgazione che si fa nel nostro Paese.
EliminaUna cosa molto buffa che ho notato in questo periodo riguarda proprio la citazione dei "lavori scientifici", virgoletto perchè in molti casi di citazione i lavori pubblicati sono carenti non nella forma, ineccepibile, ma nei presupposti: basi dati ridotte all'osso e poco strutturate soggette a bias di ogni forma, campioni così poco significativi e coorti così mal definite da farmi bocciare ad un esame di statistica sanitaria! Ovviamente la questione è relativa al poco tempo disponibile per raccogliere i dati, 3 mesi per raccogliere, catalogare, integrare e analizzare i dati epidemiologici è impossibile anche con uno sforzo titanico. Considera che in epidemiologia entrano fattori ambientali, sociali, economici e storici, non a caso uno dei costi più elevati in questo campo è la formazione della base dati.
EliminaUn altro elemento divertente è stato veder citati gli articoli, ognuno ha pescato il pesce che voleva a prescindere dalla data di pubblicazione, articoli di Gennaio ripubblicati a Giugno per contestare lavori di Maggio..... La timeline è importante per comprendere, internet purtroppo però è piena di echi e se aggiungiamo una certa forma di bulimia accademica (la necessità di pubblicare il più possibile per conservare il posto) otteniamo il caos. Non sono un matematico ma li ammiro, loro hanno costruito un castello perfetto basandosi sull'autocoerenza, a voler ben vedere è addirittura costruito sull'aria ma è stabile e possente. Il loro costrutto è talmente saldo che tutti ci si appoggiano spesso costruendo però senza la capacità di questi maestri architetti, edifici simili nell'aspetto ma spesso bacati da falle nei punti d'appoggio.
la voglia di ricominciare a correre come dei dannati è tanta, ma non si tengono conto delle conseguenze. Cogli aerei quasi tutti a terra le temperature (e siamo quasi al clou del periodo caldissimo estivo, dal 25 luglio al 5 agosto) sono più basse, specialmente di giorno, di diversi gradi rispetto agli anni passati, ma quasi tutti diranno che non ci sono equazioni che lo dimostrino. Zichichi docet. Pare poi che stia arrivando la nigna da fine agosto, con un probabile autunno d'altri tempi. Comunque la strada del collasso si preannucia molto, molto lunga. Seneca è vissuto agli albori dell'impero e già vedeva i segni del declino, che in effetti è cominciato 2 secoli dopo, colla prima sconfitta delle legioni romane in Pannonia nel 251 d.c. Quindi è normale che le persone vogliano continuare a correre. A pensare non si guadagna nulla e si perde tempo, che deve essere utilizzato in modo proficuo, distruggendo un altro pezzetto di ambiente naturale. Stamani in centro alle 0500 c'erano 21°, in campagna 17°. Basta un miserabile termometro istantaneo da pochi centesimi, tanta curiosità e nessuna voglia di costruirci sopra il calcolo integrale per convincersene. Anche i supercalcolatori prendono fischi per fiaschi, basta errare minimamente nell'inserimento dei dati iniziali.
RispondiEliminaIl problema della scuola italiana non sono gli allievi: sono gli insegnanti. Due lustri di (demenziali) blocchi turnover ci consegnano la pianta organica più anziana del pianeta. Da pessima idea a disastro epico in meno di tre mesi.
RispondiEliminaPossiamo mandare in aula bambini e ragazzi di 8 o 13 anni senza troppi patemi, è cosa nota; ma come possiamo mandare in aula insegnanti di 65 anni d'età? Chi si prende la responsabilità di farlo? Se questi anziani trattenuti in servizio si ammalano in massa, chi paga i danni? Chi risponde del penale?
La recente epidemia ha evidenziato le debolezze pregresse del sistema scolastico. Il problema più grosso che abbiamo ora a scuola non è il coronavirus: è la dirigenza pubblica incapace che ha vandalizzato l'istituzione scolastica per anni, sostenuta da alcuni tra i politici più impresentabili della Storia. Non c'è vaccino o lockdown che possa rimediare a questo problema.
Vedrai che dopo il primo insegnante morto si ritornerà a fare la didattica a distanza. Del resto era già previsto che venisse attuata a pieno regime nel 2020/21 E magari sarà pure un pretesto mer mettere in cantiere il 5G.
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