Da “Cassandra's Legacy”. Traduzione di MR
Di Ugo Bardi
Qualche tempo fa, mi sono ritrovato a spiegare ad un giornalista il perché mi oppongo all'estrazione di CO2 in Toscana. Ho detto una cosa tipo “non ha senso che la regione spenda soldi per ridurre le emissioni di CO2 e, allo stesso tempo, permetta a questa azienda di estrarre CO2 che, altrimenti, rimarrebbe sottoterra”. “Ma”, ha detto il giornalista, “ho intervistato quelli dell'azienda e dicono che il CO2 che estraggono non viene disperso in atmosfera – viene immagazzinato”. “E dove viene immagazzinato?” ho chiesto. “Lo vendono alle società che fanno bibite gasate”. Ho cercato di spiegargli che produrre Coca Cola o Pepsi non è il modo di combattere il cambiamento climatico, ma non credo che abbia capito.
Questo è un esempio tipico di quanto sia difficile fare passare alcuni messaggi nel dibattito pubblico. Fra i tanti modi possibili di mitigare il riscaldamento globale, il carbon capture and sequestration (Cattura e sequestro del carbonio), o stoccaggio – CCS – è il meno compreso, più complicato ed è quello che più probabilmente porterà a pseudo soluzioni. Non sorprende, visto che è una storia complessa che coinvolge chimica, geologia, ingegneria ed economia.
Circa un mese fa, è apparso un post di Julian Turner su “Power Technology” dal titolo piuttosto ambizioso di “Finalmente ottenuta la cattura del carbonio”. Il post è pieno di enfasi su una grande scoperta nel processo che purifica il CO2 in uscita da un impianto a carbone – un processo chiamato “lavaggio del CO2”. Il nuovo processo, viene detto, è migliore, meno costoso, più rapido, efficiente e “cambia le regole del gioco”. Sharma, amministratore delegato della società che ha sviluppato il processo, ha dichiarato:
Non ho dubbi che ci sia qualcosa di buono nel nuovo processo. Pulire il CO2 usando solventi è una tecnologia nota e può certamente essere migliorata. La tecnologia è buona nel fare esattamente questo: migliorare processi noti. Il problema è un altro: si tratta davvero di un processo “senza emissioni”? E la risposta è, sfortunatamente, “niente affatto”, perlomeno nella forma in cui viene presentata l'idea. Il problema, qui, è che tutta l'enfasi è sulla cattura del carbonio, ma non c'è nulla in queste affermazioni sul sequestro del carbonio. Infatti l'articolo discute di “cattura ed utilizzo del carbonio” (CCU) e non di “cattura e sequestro del carbonio” (CCS). Ora, è la CCS che deve mitigare il riscaldamento globale, la CCU NON lo fa.
Torniamo ai concetti fondamentali: se si vuol capire cosa sia la CCS, un buon punto di partenza è il rapporto speciale del IPCC sulla materia (un documento massiccio di 443 pagine). Più di dieci anni dopo la sua pubblicazione, la situazione non è cambiata granché, come confermato da un rapporto più recente. L'idea di fondo rimane la stessa: trasformare il CO2 in qualcosa che sia stabile e non inquinante. E quando diciamo “stabile”, intendiamo qualcosa che rimanga stabile nell'ordine delle migliaia di anni, almeno. E' questo che chiamiamo “sequestro” o “stoccaggio”.
Un compito difficile, se ce ne è mai stato uno, ma non impossibile e, come è spesso il caso, il problema non è la fattibilità, ma il costo. Il modo più sicuro di stoccare il CO2 per tempi molto lunghi è quello di imitare il processo naturale di “degradazione dei silicati” e trasformare il CO2 in carbonati stabili di calcio e magnesio, per esempio. E' quello che fa un ecosistema per regolare la temperatura del pianeta. Ma il processo naturale è estremamente lento; parliamo di tempi nell'ordine delle centinaia di migliaia di anni, non proprio ciò di cui abbiamo bisogno ora. Possiamo, naturalmente, accelerare il processo di degradazione, ma ci vuole un sacco di energia, principalmente per schiacciare e polverizzare i silicati. Un metodo meno costoso è lo “stoccaggio geologico”, cioè pompare CO2 dentro un bacino sotterraneo. E sperare che se ne starà lì per decine di migliaia di anni. Ma è l'obbiettivo principale della CCS, oggigiorno.
Detto questo, il modo per valutare la fattibilità e l'opportunità dell'intero concetto di CCS è di esaminare il ciclo di vita di tutto il processo; vedere quanta energia richiede (il suo ritorno energetico sull'investimento, EROEI) e quindi confrontarlo coi dati di processi alternativi – per esempio investire le stesse risorse in energia rinnovabili piuttosto che in CCS (e l'energia rinnovabile potrebbe già essere meno costosa dell'elettricità prodotta col carbone). Ma sembra che questa analisi comparativa non sia stata fatta, finora, nonostante le diverse analisi dei costi delle CCS. Una cosa che possiamo desumere dal rapporto del 2005 (a pagina 338) è che, anche senza lavaggio, l'energia necessaria per l'intero processo potrebbe essere non lontana da valori che potrebbero renderlo un esercizio simile allo scavare buche per poi riempirle di nuovo, come pare abbia detto John Maynard Keynes. La situazione è migliore se consideriamo lo stoccaggio geologico, ma anche in questo caso il lavaggio è solo una frazione del costo totale.
A questo punto, potete capire cosa c'è di sbagliato nel definire il nuovo processo di lavaggio un “fatto rivoluzionario”. Non lo è. E' un processo che migliora una delle fasi della catena che porta allo stoccaggio del carbonio, ma che potrebbe avere poco valore per la CCS, a meno che uesta non sia valutata all'interno dell'intero ciclo di vita del processo.
Poi, in tutto l'articolo di Turner non c'è menzione alla CCS/stoccaggio. Parlano soltanto di cattura ed utilizzo del carbonio (CCU) e dicono che il CO2 verrà venduto ad un'altra azienda che lo trasformerà in carbonato di sodio (Na2CO3). Questo composto potrebbe quindi venire usato per fare il vetro, l'urea e scopi simili. Ma quasi tutti questi processi alla fine dei conti riporteranno il CO2 catturato nell'atmosfera!. Nessuno stoccaggio, nessuna mitigazione del riscaldamento globale. Potrebbero altrettanto bene vendere il CO2 all'industria delle bevande gassate. Non è questa la grande scoperta di cui abbiamo bisogno.
Così, che senso ha fare tutto questo baccano su “energia pulita”, “elettricità pulita” ed energia “senza emissioni”, quando il nuovo processo non mira a niente di quel genere? Non sorprende, fa tutto parte del dibattito “privo di fatti” in corso.
Per concludere, lasciatemi osservare che questo nuovo processo di lavaggio potrebbe essere solo uno di quei modi di “tirare le leve dalla parte sbagliata”, secondo la definizione di Jay Forrester. Cioè, potrebbe essere controproduttivo per gli stessi scopi per i quali è stato sviluppato. Il problema è che il CO2 puro è un prodotto industriale che ha un certo valore di mercato, come sanno molto bene le persone che lo estraggono dal sottosuolo in Toscana. Finora, il costo del lavaggio ha impedito che lo scarto delle centrali alimentate a combustibili fossili avesse un valore di mercato, ma un nuovo processo efficiente potrebbe rendere fattibile la sua trasformazione in un prodotto vendibile. Ciò renderebbe gli le centrali a carbone più redditizie ed incoraggerebbe le persone ad investire nella costruzione di altre centrali e questo non genererebbe riduzioni di emissioni di CO2! Sarebbe anche peggio se l'industria del carbone dovesse vendere ai governi il loro processo di lavaggio per sfuggire alle tasse sul carbonio. Vedete? Ancora una volta, il ruolo delle conseguenze impreviste si manifesta.
Da "powertechnology.com", Un articolo di Julian Turner. Non è sbagliato, ma è possibile che non possiamo discutere più di niente senza trasformarlo in un “fatto rivoluzionario”, una “grande scoperta” e tutto il resto? Un po' meno clamore in questi rapporti aiuterebbe molto.
Di Ugo Bardi
Qualche tempo fa, mi sono ritrovato a spiegare ad un giornalista il perché mi oppongo all'estrazione di CO2 in Toscana. Ho detto una cosa tipo “non ha senso che la regione spenda soldi per ridurre le emissioni di CO2 e, allo stesso tempo, permetta a questa azienda di estrarre CO2 che, altrimenti, rimarrebbe sottoterra”. “Ma”, ha detto il giornalista, “ho intervistato quelli dell'azienda e dicono che il CO2 che estraggono non viene disperso in atmosfera – viene immagazzinato”. “E dove viene immagazzinato?” ho chiesto. “Lo vendono alle società che fanno bibite gasate”. Ho cercato di spiegargli che produrre Coca Cola o Pepsi non è il modo di combattere il cambiamento climatico, ma non credo che abbia capito.
Questo è un esempio tipico di quanto sia difficile fare passare alcuni messaggi nel dibattito pubblico. Fra i tanti modi possibili di mitigare il riscaldamento globale, il carbon capture and sequestration (Cattura e sequestro del carbonio), o stoccaggio – CCS – è il meno compreso, più complicato ed è quello che più probabilmente porterà a pseudo soluzioni. Non sorprende, visto che è una storia complessa che coinvolge chimica, geologia, ingegneria ed economia.
Circa un mese fa, è apparso un post di Julian Turner su “Power Technology” dal titolo piuttosto ambizioso di “Finalmente ottenuta la cattura del carbonio”. Il post è pieno di enfasi su una grande scoperta nel processo che purifica il CO2 in uscita da un impianto a carbone – un processo chiamato “lavaggio del CO2”. Il nuovo processo, viene detto, è migliore, meno costoso, più rapido, efficiente e “cambia le regole del gioco”. Sharma, amministratore delegato della società che ha sviluppato il processo, ha dichiarato:
“Il TACL sarà in grado di catturare il CO2 dalle emissioni delle loro caldaie e quindi riusarlo”, conferma Sharma. “per l'utente finale, l'elettricità prodotta catturando il biossido di carbonio sarà elettricità pulita a il vapore prodotto sarà energia pulita. Per questa ragione, possiamo dire che è 'senza emissioni'”.
Non ho dubbi che ci sia qualcosa di buono nel nuovo processo. Pulire il CO2 usando solventi è una tecnologia nota e può certamente essere migliorata. La tecnologia è buona nel fare esattamente questo: migliorare processi noti. Il problema è un altro: si tratta davvero di un processo “senza emissioni”? E la risposta è, sfortunatamente, “niente affatto”, perlomeno nella forma in cui viene presentata l'idea. Il problema, qui, è che tutta l'enfasi è sulla cattura del carbonio, ma non c'è nulla in queste affermazioni sul sequestro del carbonio. Infatti l'articolo discute di “cattura ed utilizzo del carbonio” (CCU) e non di “cattura e sequestro del carbonio” (CCS). Ora, è la CCS che deve mitigare il riscaldamento globale, la CCU NON lo fa.
Torniamo ai concetti fondamentali: se si vuol capire cosa sia la CCS, un buon punto di partenza è il rapporto speciale del IPCC sulla materia (un documento massiccio di 443 pagine). Più di dieci anni dopo la sua pubblicazione, la situazione non è cambiata granché, come confermato da un rapporto più recente. L'idea di fondo rimane la stessa: trasformare il CO2 in qualcosa che sia stabile e non inquinante. E quando diciamo “stabile”, intendiamo qualcosa che rimanga stabile nell'ordine delle migliaia di anni, almeno. E' questo che chiamiamo “sequestro” o “stoccaggio”.
Un compito difficile, se ce ne è mai stato uno, ma non impossibile e, come è spesso il caso, il problema non è la fattibilità, ma il costo. Il modo più sicuro di stoccare il CO2 per tempi molto lunghi è quello di imitare il processo naturale di “degradazione dei silicati” e trasformare il CO2 in carbonati stabili di calcio e magnesio, per esempio. E' quello che fa un ecosistema per regolare la temperatura del pianeta. Ma il processo naturale è estremamente lento; parliamo di tempi nell'ordine delle centinaia di migliaia di anni, non proprio ciò di cui abbiamo bisogno ora. Possiamo, naturalmente, accelerare il processo di degradazione, ma ci vuole un sacco di energia, principalmente per schiacciare e polverizzare i silicati. Un metodo meno costoso è lo “stoccaggio geologico”, cioè pompare CO2 dentro un bacino sotterraneo. E sperare che se ne starà lì per decine di migliaia di anni. Ma è l'obbiettivo principale della CCS, oggigiorno.
Detto questo, il modo per valutare la fattibilità e l'opportunità dell'intero concetto di CCS è di esaminare il ciclo di vita di tutto il processo; vedere quanta energia richiede (il suo ritorno energetico sull'investimento, EROEI) e quindi confrontarlo coi dati di processi alternativi – per esempio investire le stesse risorse in energia rinnovabili piuttosto che in CCS (e l'energia rinnovabile potrebbe già essere meno costosa dell'elettricità prodotta col carbone). Ma sembra che questa analisi comparativa non sia stata fatta, finora, nonostante le diverse analisi dei costi delle CCS. Una cosa che possiamo desumere dal rapporto del 2005 (a pagina 338) è che, anche senza lavaggio, l'energia necessaria per l'intero processo potrebbe essere non lontana da valori che potrebbero renderlo un esercizio simile allo scavare buche per poi riempirle di nuovo, come pare abbia detto John Maynard Keynes. La situazione è migliore se consideriamo lo stoccaggio geologico, ma anche in questo caso il lavaggio è solo una frazione del costo totale.
A questo punto, potete capire cosa c'è di sbagliato nel definire il nuovo processo di lavaggio un “fatto rivoluzionario”. Non lo è. E' un processo che migliora una delle fasi della catena che porta allo stoccaggio del carbonio, ma che potrebbe avere poco valore per la CCS, a meno che uesta non sia valutata all'interno dell'intero ciclo di vita del processo.
Poi, in tutto l'articolo di Turner non c'è menzione alla CCS/stoccaggio. Parlano soltanto di cattura ed utilizzo del carbonio (CCU) e dicono che il CO2 verrà venduto ad un'altra azienda che lo trasformerà in carbonato di sodio (Na2CO3). Questo composto potrebbe quindi venire usato per fare il vetro, l'urea e scopi simili. Ma quasi tutti questi processi alla fine dei conti riporteranno il CO2 catturato nell'atmosfera!. Nessuno stoccaggio, nessuna mitigazione del riscaldamento globale. Potrebbero altrettanto bene vendere il CO2 all'industria delle bevande gassate. Non è questa la grande scoperta di cui abbiamo bisogno.
Così, che senso ha fare tutto questo baccano su “energia pulita”, “elettricità pulita” ed energia “senza emissioni”, quando il nuovo processo non mira a niente di quel genere? Non sorprende, fa tutto parte del dibattito “privo di fatti” in corso.
Per concludere, lasciatemi osservare che questo nuovo processo di lavaggio potrebbe essere solo uno di quei modi di “tirare le leve dalla parte sbagliata”, secondo la definizione di Jay Forrester. Cioè, potrebbe essere controproduttivo per gli stessi scopi per i quali è stato sviluppato. Il problema è che il CO2 puro è un prodotto industriale che ha un certo valore di mercato, come sanno molto bene le persone che lo estraggono dal sottosuolo in Toscana. Finora, il costo del lavaggio ha impedito che lo scarto delle centrali alimentate a combustibili fossili avesse un valore di mercato, ma un nuovo processo efficiente potrebbe rendere fattibile la sua trasformazione in un prodotto vendibile. Ciò renderebbe gli le centrali a carbone più redditizie ed incoraggerebbe le persone ad investire nella costruzione di altre centrali e questo non genererebbe riduzioni di emissioni di CO2! Sarebbe anche peggio se l'industria del carbone dovesse vendere ai governi il loro processo di lavaggio per sfuggire alle tasse sul carbonio. Vedete? Ancora una volta, il ruolo delle conseguenze impreviste si manifesta.
Secondo me il CCS é una sciocchezza come idea, che complica solo le cose.
RispondiEliminaEsiste, collaudato e funzionante, un eccellente metdo per stoccare co2: si chiama ALBERO. Non sto parlando di piantare qualche albero.....sto pensando a raddoppiare gli alberi sul pianeta in dieci anni, e direi che avremmo guadagnato parecchie decadi !
"sto pensando a raddoppiare gli alberi"
EliminaBasta che sia "not in my backyard"!
Nelle nostre citta' e villettopoli nulla crea piu' fastidio e rischio economico degli alberi, sono preferibili il prato inglese o il cemento e l'asfalto: gli alberi costano spropositi di potatura, e procurano al proprietario rischi economici enormi nel caso cadano su qualcosa di valore (se ne cade uno su una ferrari il rimborso del danno puo' significare una intera vita ai ferri, e lo stesso se ne cade uno su cavi elettrici o "dati" che sono ormai dappertutto, per il rimborso a volte milionario che chiedono le compagnie per "mancati guadagni" - sono lontani gli anni in cui l'enel e la telecom mandavano subito una squadra a riparare gratis e con tante scuse per il disturbo). Per non parlare del se ci scappa, eccezionalmente, il morto. In galera! E in caso di alberi su suoli agricoli, la loro ombra diminuisce la resa dei raccolti!
La realta' e' questa, se prima non si combatte questa cultura della monetizzazione ad oltranza di tutto, ogni discorso in proposito e' velleitario. E di questa cultura della monetizzazione ad oltranza e' responsabile anche la teoria delle esternalita', tanto cara a molti tecno-ecologisti, una vera zappa sui piedi.
L'ecologia viene davvero applicata solo quando fa aumentare i profitti economici, gli sprechi e i consumi, cioe' solo quando diventa un business, e il CCS ne e' l'ennesima conferma. Oggi tutto e' business, e il fatto che la maggior parte delle matricole universitarie si iscriva ad economia, sognando di diventare anch'esse futuri guru dell'economia della rete o della TV, sul futuro proietta ombre sinistre.
Piantare alberi non credo possa abbattere la CO2.
EliminaCertamente questi la assorbono nel corso della loro crescita, ma poi la biomassa a sua volta si decompone di nuovo a CO2 o peggio a metano.
Il guaio andava prevenuto quando ancora si poteva, ovvero evitare di estrarre dal sottosuolo tutto quel carbonio (carbone + ifdrocarburi)e trasformarlo in CO2. Ma ormai la frittata è fatta.
http://www.focus.it/ambiente/ecologia/il-suolo-sequestra-meno-co2-del-previsto
Elimina"Attraverso la fotosintesi, le piante assorbono anidride carbonica dall'atmosfera. Quando gli alberi e le foglie muoiono, diventano parte del suolo, che sequestra quella CO2 impedendole di tornare in atmosfera.
Questo processo contribuisce a intrappolare parte delle emissioni dannose. Ma secondo uno studio dell'Università della California, Irvine, pubblicato su Science, ne avremmo sovrastimato la portata, e non di poco."
Difficile capire la correlazione tra co2 e riscaldamento globale. Sono questioni molto complesse, sulle quali, tuttavia, il comune buon senso suggerisce di applicare il principio di precauzione.
Angelo.
@Unknown28 maggio 2017 11:07
EliminaHai ragione.
Inoltre, bisogna fermare la deforestazione.
E lasciar crescere gli alberi secolari, non sostituirli con alberelli giovani.
Gianni Tiziano
pur di far soldi le inventerebbero di sotto terra! Mi ha meravigliato stamani la lettura degli Atti degli apostoli: dopo aver assistito alla resurrezione di Gesù, ancora gli domandavano se era quello il momento che Lui avrebbe istituito il regno di Israele! Nemmeno assistere al miracolo per eccellenza, era riuscito a far cambiare la mentalità materialistica e egoistica dei discepoli, figuriamoci il pericolo del GW per gli affaristi. Intanto a Mauna Loa la CO2 è fissa oltre 410 ppm.
RispondiEliminaSolito post ottimo di Rupalti; per quanto riguardo lo stoccaggio di co2 posso solo aggiungere che fino a qualche decennio fa si credeva che esistessero pratiche forestali sostenibili, cioè equivalenti per cattura co2 e rilascio di ossigeno alla foresta vergine (parlo comunque delle foreste temperate); recentemente è emerso che la migliore sequestatrice di co2 e produttrice di massa legnosa è comunque la foresta vergine e nessuna forma di silvicoltura garantisce capacità di stoccaggio della co2 in massa legnosa comparabile...(in pratica non dovremmo tagliare alcuna foresta se vogliamo capacità massima di fotosintesi: la natura già ci pensa da sola!)
RispondiEliminache né dite di un bel polimero che spezi il legame carbonio ossigeno e sia più efficiente delle foglie buone per la cacciata dal paradiso?-:-)
RispondiEliminaSi prega di considerare il sistema di conversione degli abbondanti scarti vegetali in carbonella vegetale (detta anche biochar), che può incorporare in modo stabile per secoli il carbonio nel suolo. Il processo è descritto nel sito dell'associazione italiana biochar www.ichar.org Saluti
RispondiEliminaBiochar è anche raccomandato da Sam Carana, ed il gruppo in facebook in lingua inglese è questo :
Eliminahttps://www.facebook.com/groups/biochar/
Gianni Tiziano
A Mosca 11 morti e 20 feriti da grandine grossa come arance. Anche mln di euro di danni, ma quello va bene così girano soldi. Alla fine il GW è un guadagno, come la CCS. Comunque non c'è da meravigliarsi. Penso che il cervello della più che stragrande maggioranza misuri il mondo solo in termini di soldi, godimento o potere, tanto che a dirglielo rimangono basiti, costernati, sorpresi, mancando loro ogni comprensione ulteriore.
RispondiEliminaIn effetti oggi qualsivoglia idea/proposta/innovazione tende ad essere presentata come qlcs. di "rivoluzionario", ben al di là della sua effettiva consistenza teorico-pratica: ciò probab.te dipende dal fatto che anche tra idee/proposte/innovazioni esiste una sorta di "struggle for life", ossia di accesa competizione per guadagnare interesse, consenso e (in prospettiva) finanziamenti, e (come al solito in questi casi) la quantità nuoce alla qualità! Quanto poi al ruolo delle conseguenze impreviste, cfr. il vecchio Vico (teoria della 'eterogenesi dei fini')...
RispondiEliminaInnanzitutto il giornalista, a mio avviso, oltre a documentarsi molto poco, fa un errore di base: mettere sullo stesso piano il docente di chimica-fisica (che ha interesse a far conoscere la realtà della chimica-fisica in questo caso la cattura e sequestro del carbonio CCS, affinché il CO2 “rimanga stabile nell'ordine delle migliaia di anni, almeno.”). con ciò che sostengono da parte dell’azienda, interessata a fare profitto.
RispondiEliminaInfatti il giornalista dice “ho intervistato quelli dell'azienda e dicono che il CO2 che estraggono non viene disperso in atmosfera – viene immagazzinato” nelle bibite gasate!
Sono due aspetti diversi: in questo caso quella del docente è un’affermazione basata su conoscenze scientifiche e tecniche valutabili e criticabili sotto questi ultimi due aspetti.
Inoltre manca pure il senso critico del giornalista perché una bibita gasata deve essere richiusa ermeticamente, una volta aperta, per minimizzare anche le perdite di gas.
S.M.