giovedì 3 marzo 2016

La geopolitica dei gasdotti: finale senza fine


Guest post di Tatiana Yugay,
Docente presso la Plekhanov Russian University of Economics / РЭУ Плехановa Mosca








 

Questa è la parte finale di una serie di post sui gasdotti russi. Vorrei ringraziare il mio caro amico, Ugo Bardi per l'opportunità di publicare i miei post nel suo famoso blog!


E' passato abbastanza tempo dall'uscita del mio post precendente sui gasdotti in Europa. Volevo scrivere sul nuovo progetto Turkish Stream che dovrebbe sostituire il South Stream ma la sua sorte era cosi' incerta.

Come ho scritto in precedenza, il primo dicembre 2014 la Russia ha dichiarato la rinuncia al progetto South Stream, perche l’UE aveva posto troppi ostacoli, principalmente tramite il terzo pacchetto energetico (TEP). Però, subito dopo, i presidenti Putin e Erdoğan hanno annunciato al vertice di Ankara della possibile costruzione di un gasdotto, che terminerebbe al confine greco-turco, garantendo l’accesso del gas russo al mercato europeo.

L’accordo per la grande opera firmato a dicembre tra Gazprom e la turca Botas Petroleum Pipeline Corporation, prevedeva appunto la costruzione di una condotta che doveva passare sempre sotto il Mar Nero, partendo dallo stesso punto del South Stream, ma con arrivo in Turchia invece che in Bulgaria. La capacità di questo tubo avrebbe dovuto trasportare 63 miliardi di metri cubi all’anno. Ma questa capacità era la stessa del cancellato South Stream.



Foto 1 PipeLines

Sembrerebbe che un'alleanza del gas tra Russia e Turchia seguisse naturalmente dalle dinamiche delle relazioni commerciali ed economiche. Secondo Nicolò Sartori, esperto nell'ambito della sicurezza energetica dell'Istituto degli Affari Internazionali di Roma, negli ultimi anni “la Turchia è diventata il secondo mercato di destinazione per il gas russo al di fuori dello spazio ex-sovietico, alle spalle della Germania e prima dell’Italia. Si tratta di un volume pari a quello di tutto il mercato dell’Europa centro-orientale e dei Balcani. Al contempo, la Turchia dipende in modo sostanziale da Mosca per i suoi approvvigionamenti energetici. I 27 miliardi di metri cubi annui, importati e forniti dalla Russia rappresentano il 56% dei consumi totali di gas di Ankara”.

Questo ambizioso progetto sarebbe vantaggioso per entrambe le parti. Da un lato, Gazprom sarebbe rafforzata nella sua posizione nel crescente mercato del gas turco. Inoltre, avrebbe permesso al colosso energetico Russo di raggiungere altri mercati (Italia, Balcani ed Europa centro-orientale). Del resto, la Turchia potrebbe realizzare il suo sogno geoeconomico di diventare un polo energetico per l'Europa perche la Russia voleva fornire il gas fin alla porta dell'Unione europea, al confine tra Turchia e Grecia per non cadere sotto la giurisdizione del Terzo pacchetto energetico. Erano in vista anche altri progetti comuni, favorevoli per la Turchia.

Come sostiene Nicolò Sartori, “La luna di miele energetica annunciata da Putin, avrebbe pertanto trasformato la Turchia nell’hub del gas russo, permettendo al contempo a Mosca la potenziale capacità di diversificare le sue esportazioni verso l’Ue, alla luce della crisi con Kiev”.

Tuttavia, dopo il clamoroso annuncio dell'intesa tra Russia e Turchia le cose hanno cominciato di insabbiarsi. Infine, dopo l’abbattimento del caccia-bombardiere Su-24 delle Forze aeree russe nei cieli della Siria é stato chiaro che anche il Turkish Stream non si farà più.

Dal punto di vista economico era assolutamente incomprendibile come la Turchia potesse mettere a rischio un progetto a lungo termine così vantaggioso per entrambe le parti. Anche le informazioni scioccanti che la Turchia rivende il petrolio siriano prodotto nel territorio controllato dal Daesh (ISIS), non hanno completamente spiegato perchè Erdogan abbia preferito i benefici immediati agli interessi a lungo termine. [I filmati e foto divulgati dal ministero della Difesa della Russia mostravano le lunge file di autocisterne con petrolio di contrabbando, proveniente dai territori controllati dal Daesh, che entravano effettivamente in Turchia].

Purtroppo, la geopolitica ha le sue proprie ragioni che non sempre coincidono con le considerazioni di opportunità economica. Come ha raccontato Eugenio Di Rienzo, storico, professore ordinario dell'Università di Sapienza, a Sputnik-Italia, “la Turchia é ritornata ad avere il vecchio sogno di Impero Ottomano. Cioè di riconquistare se non territorialmente ma almeno come l'egemonia tutti i territori che appartenevano all'Impero Ottomano. La filosofia politica di Erdogan è diretta al ritorno ad un controllo del Medio Oriente territorialmente avvalendosi di una parte della Siria e una parte dell'Iraq e facendo fuori una possibilità di un Kurdistan indipendente. E così la Turchia vuole diventare nel Medio Oriente la grande potenza sunnita per poi naturalmente entrare in rotta di collisione con l'Iran sciita. Purtroppo questo sogno folle di ritornare a questo impero — sembra un sogno di Grande Dittatore del film di Chaplin — trova la complicità con gli Stati Uniti”.

Tutto sommato, la Turchia sta usando Daesh come la sua arma e i raid aerei russi hanno scongiurato l’avverarsi di questo incubo geopolitico.

Subito doppo il tragico avvenimento, Nicolò Sartori ha scritto “Quanto accaduto potrebbe avere un forte impatto anche sull’architettura energetica regionale, basata su un crescente ruolo della Turchia come hub del gas, anche in virtù della partnership strategica promossa dal Cremlino nel tentativo di uscire dall’impasse con l’Unione europea per via della questione ucraina».

Dopo l'abbattimento dell'aereo, la Russia ha annunciato delle sanzioni economiche pesanti contro la Turchia. Nondimeno, il 2 dicembre 2015, il ministro dello Sviluppo economico russo Alexey Ulyukayev affermava che il decreto governativo riguardante misure economiche speciali contro la Turchia non si applica per ora ai grandi progetti di investimento come il Turkish Stream.

Andrew Korybko, commentatore politico presso l'agenzia Sputnik, presenta nel suo post “Washington’s “Destabilization Agenda”: A Hybrid War to Break the Balkans?” una ipotesi interessante e nello stesso tempo verosimile. Lui ricorda tutta la catena degli avvenimenti che precedevano l'abbattimento del caccia-bombardiere russo. Prima era la cancellazione del South Stream. E poi dopo l'accordo tra Russia e Turchia sul Turkish Stream avevano ebbero luogo i tentativi di rivolta quasi “Color Revolution” inspirati dagli Usa in Macedonia nel maggio 2015. Anche i disordini in Grecia dopo il referendum sull'austerita' erano provocati allo scopo di spostare Tsipras per sostituire il Balkan Stream con il progetto Eastring patrocinato dagli Usa. Il Balkan Stream doveva essere collegato al Turkish Stream per portare il gas russo al Sud Europa.

Nondimeno, i Balcani si sono mostrati resistenti alle trame americane. Al parere di Korybko, l'abbattimento del Su-24 fu provocato dagli Usa per lanciare l'effetto domino che in fin dei conti ha causato la rovina della cooperazione energetica tra Russia e Turchia.

Tuttavia, Korybko arriva ad una conclusione piuttosto ottimista sul fatto che il progetto Turkish Stream non'è definitivamente annullato, ma è accantonato temporaneamente. Ma quali sarebbero le condizioni della ripresa del progetto? Secondo l'analista, uno scenario più probabile sarebbe che le masse popolari o i rappresentanti militari sconvolti potranno rovesciare il regime di Erdogan.

Korybko prevede che la Cina avrà un ruolo importante nel dare un nuovo respiro al Balkan Stream perché il Balkan Stream sarà un componente decisivo nella infrastruttura del Balkan Silk Road combinata da Cina. “Il Partenariato strategico russo-cinese è destinato a rivoluzionare il continente europeo con un infuso di influenza multipolare lungo il corridoio balcanico, che avrebbe dovuto supportare il Balkan Stream e Via della Seta dei Balcani” (Per approfondire leggi: Washington’s “Destabilization Agenda”: A Hybrid War to Break the Balkans?).

Intanto, nel mondo dei gasdotti non è tutto completamente oscuro. Mentre nel corridoio meridionale tutti i lavori sono sospesi, è emerso di nuovo il progetto Nord Stream-2 in nord Europa. Come indica Nicolò Sartori, “l’azione turca porti non solo al definitivo congelamento di Turkish Stream - a vantaggio della Germania che vedrebbe la strada spianata per il suo Nord Stream-2 - ma anche un chiaro ridimensionamento del ruolo della Turchia nelle strategie del Cremlino”.

Il progetto Nord Stream-2 prevede la realizzazione di due rami di gasdotti con una capacità totale di 55 miliardi di metri cubi di gas ogni anno che porterà energia dalle coste della Russia fino a quelle tedesche attraverso il Mar Baltico. Il patto sociale tra gli investitori del progetto della joint venture “New European Pipeline AG”, che si occuperà della costruzione del gasdotto, è stato firmato il 4 settembre scorso.



Foto 2 nord-stream-

Si può immaginare che nell'attuale situazione internazionale, la realizzazione di un nuovo progetto di gasdotto debba incontrare una strenua resistenza da parte delle forze europee e di oltreoceano. Non è sorprendente che contro Nord Stream-2 sono schierati gli stessi personaggi che cercavano di impedire la costruzione di Nord Stream nel 2006 - con Slovacchia e la Polonia capofila e sostenuti dalla Repubblica ceca, Ungheria, Romania, Estonia, Lettonia, Lituania e Grecia. Il gruppo di paesi dell'Europa orientale ha inviato la lettera alla Commissione europea chiedendo di bloccare il Nord Stream-2. Sostengono che la costruzione del gasdotto va contro le politiche di diversificazione e di sicurezza energetica dell'UE. Secondo la petizione, il gasdotto Nord Stream-2 permetterà alla Germania di dominare il mercato europeo del gas.

Comunque, il Presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker ha detto che il progetto non dovrebbe essere considerato come una questione politica, ma come una questione commerciale.

In questo contesto, l'esperto tedesco Alexander Rahr presunta, “Dobbiamo dire francamente che c'è una guerra in Europa: la guerra energetica. Sette paesi, tra i quali la Polonia, hanno inviato una lettera alla Commissione europea con una la richiesta di non permettere questa costruzione. È un attacco alla Germania, le cui attività sono coinvolte nella costruzione del gasdotto, che considerano economicamente molto importante”.

Le autorità russe e tedesche sono adamanti sul fatto che il progetto ha significato puramente commerciale, non politico. Secondo presidente Putin, “Il progetto ha l'obiettivo di garantire il fabbisogno energetico, prima di tutto, al Nord Europa considerando anche i cali di produzione nel Regno Unito e in Norvegia e contemporaneamente l'incremento della domanda di energia in questa parte d'Europa. Non c'è assolutamente l'intenzione di privare qualcuno delle opportunità di transito”, per questo “chiedo di mettere da parte qualsiasi speculazione politica”.

“Il progetto di gasdotto Nord Stream-2 è in assoluto un progetto economico, commerciale, è sicuramente vantaggioso per la Germania e tutta l'Europa, è utile per la Russia” ha detto il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov nella conferenza stampa sui risultati della politica estera della Russia nel 2015. Lavrov dice “se saremo pragmatici, penseremo ai nostri propri interessi nazionali, che non violano gli obblighi internazionali, il risultato sarà sempre positivo e raggiungibile”.

La cancelliera tedesca, Angela Merkel presume che il progetto di raddoppio del gasdotto Nord Stream “è una proposta di business economico”; bisogna “garantire un quadro legale” e non escludere l'Ucraina come Paese di transito. Il vice-cancelliere Sigmar Gabriel ha osservato che il progetto potrebbe essere economicamente vantaggioso non solo per la Germania, ma anche per la Francia e gli altri Stati membri dell'UE, ma per la sua attuazione è necessario che ci siano le “condizioni politiche”. Quest'ultima clausola è ovviamente al fine di dimostrare che la Germania è preoccupata per la sicurezza energetica dell'Unione europea, in particolare dall'Europa dell'Est.

Durante la sua visita a Mosca il 29 gennaio 2016, il primo ministro finlandese Juha Sipila ha affermato che la Finlandia considera il progetto Nord Stream-2 da un punto di vista pragmatico, non politico. “Questo è un progetto commerciale per la Finlandia, e noi siamo pragmatici verso di essa.”

La posizione dell'Italia sul Nord Stream-2 è abbastanza ambigua. La questione del gasdotto Nord Stream-2 è stata sollevata durante il vertice Ue dal presidente del governo Matteo Renzi. A suo parere, è strano che un anno dopo la chiusura del South Stream che ha danneggiato la Bulgaria e alcune società italiane, la questione del Nord Stream-2 è sia stata adottata “in assoluto silenzio.” “L'Italia e la Bulgaria non capiscono perché il South Stream non è possibile realizzare per la UE, mentre il North Stream-2, che porta in Germania, è possibile”.

Gianni Petrosillo, giornalista ed esperto presso conflittiestrategie.it, scrive in maniera fin troppo ironica, “Renzi sembra l’unico a non capire un tubo. Cioè a non comprendere l’importanza delle rotte strategiche dei gasdotti, delle possibili alleanze internazionali veicolate dagli approvvigionamenti degli idrocarburi e degli scambi nel settore energetico che producono vantaggi al sistema politico ed economico di un Paese. La sua dichiarazione riportata qualche giorno fa dal Messaggero lascia letteralmente di stucco: “Siamo in una fase di riflessione, la questione richiede molto tempo per arrivare a eventuale maturazione. Soprattutto non si può perdere la faccia per due tubi…”. Petrosillo presume, “Evidenziati questi scenari, l’offerta russo-tedesca dovrebbe essere colta al volo dalla nostra classe dirigente, così come la possibilità di riaprire il discorso sul South Stream. Insomma, meglio “perdere la faccia per due tubi” (con chi poi?) che finire intubati per deperimento e per false credenze ambientalistiche che potrebbero portarci ad una completa rovina.”

La ministro dello Sviluppo economico Federica Guidi, ha notato che “l'Italia importa dalla Russia, il principale fornitore del nostro Paese, tra il 45 e il 50% della domanda annuale di gas nazionale e questo spostamento di flussi richiederebbe anche nuovi investimenti sulla rete interna europea e sulla connessioni tra gli Stati membri necessari anche per mantenere le attuali forniture europee all'Ucraina e analoghi problemi sorgerebbero anche per alimentare i Paesi dell'area balcanica, nei casi in cui la rotta ucraina dovesse essere abbandonata”.

Uno dei voci piu' influenti dell'Italia - Romano Prodi, l'ex presidente del Consiglio italiano ed l’ex presidente della Commissione europea, ha scritto l'articolo sul Nord Stream-2 su Il Messaggero. Da un lato, Prodi tratta con la comprensione la decisione russa di bypassare l'Ucraina. Egli scrive, “Esistono naturalmente ragioni fondate perché la Russia cerchi di evitare il passaggio ucraino: infinite sono state infatti le controversie sui prezzi e sui diritti di passaggio. Io stesso, come Presidente della Commissione Europea, mi sono recato più volte a Kiev per cercare di porre fine al vero e proprio furto di gas che veniva messo in atto, ovviamente con il tacito permesso e forse con l’attiva cooperazione delle autorità, facendo buchi nel grande tubo e spillando il gas come si fa con il vino da una botte.”

D'altra parte, Prodi propone un piano che, purtroppo, è quasi impossibile da realizzare in questa fase di confronto tra l'Unione europea e la Russia a causa dell'Ucraina. “La soluzione è quella che da tempo propongo, cioè un’impresa comune per la gestione dei gasdotti che attraversano l’Ucraina. Un’impresa posseduta per un terzo dalla Russia, un terzo dal governo ucraino e un terzo da soggetti europei, in modo che russi ed europei si sentano garantiti nei loro interessi e gli ucraini siano correttamente controllati.”

Gli analisti italiani capiscono benissimo che accanita opposizione al progetto Nord Stream-2 non ha il carattere principalmente economico, ma sopratutto politico. Elena Veronelli scrive nel Fatto quotidiano, “Si fa più agguerrita e ingarbugliata la partita sul gas russo che sta spaccando il Vecchio Continente. Berlino va a braccetto con Mosca ma al tempo stesso chiede all’Europa di mantenere la linea dura e prolungare le sanzioni contro il Cremlino. Roma accusa di doppiogiochismo e incoerenza la cancelliera tedesca Angela Merkel e blocca di fatto il rinnovo delle sanzioni. Il ‘casus belli’ è il raddoppio del Nord Stream”.

Mentre i progetti South Stream e Turkish Stream sono decisamente sospesi a tempo indefinito se non abbandonati per sempre, l'Italia può entrare nel gioco del Nord Stream-2 attraverso il gruppo Eni. Gli business esperti italiani sostengono che “il gasdotto Nord Stream-2 rappresenterebbe un ottimo progetto potenziale per Saipem che ha già realizzato i gasdotti del Nord Stream per un valore complessivo di oltre 1 miliardo di euro e potenzialmente con margini di guadagno ampiamente a doppia cifra”, commentano gli analisti di Equita. Anche per gli analisti di Icbpi qualsiasi coinvolgimento di Saipem nel progetto Nord Stream-2 sarebbe “molto positivo per il gruppo italiano, che ha visto svanire il contratto South Stream da 2,4 miliardi di euro nel corso del 2015, contratto che avrebbe dovuto essere sostituito da uno di dimensioni simili per il progetto Turkish Stream, anche questo abbandonato”.

Dietro la discordia europea è possibile distinguere anche la mano degli Usa. Come ritiene Andrea Indini, “contro Berlino... si sono recentemente schierati anche gli Stati Uniti. Che, come fa notare l'Huffington Post, puntano al Vecchio Continente per esportare il gas naturale.”

E' chiaro che l'arbitro supremo della battaglia tra i giganti e i nani dell'Europa è sempre la Commissione Europea con il suo temibile Terzo pacchetto energia. Secondo Sergey Pravosudov, l'esperto russo, “Il Nord Stream-1 al suo tempo rientrava nelle norme del terzo pacchetto energetico. E adesso la posizione di Gasprom è la stessa che per quel progetto é disponibile alla costruzione di due ulteriori linee. Ma molti altri europei lo considerano come un progetto del tutto nuovo e a Gazprom gli serve ottenere tutti i permessi che per ora ritardano la sua realizzazione”.

Danila Bochkarev, Senior Fellow presso il East West Institute (Bruxelles), scrive, “La situazione è ulteriormente complicata dalle rivendicazioni, che sostengono che la legge energetica dell'UE potrebbe essere applicata anche al fondo marino del Baltico. Se questa opzione diventerà la realtà, il Nord Stream-2 sarà costretto a mantenere il 50% della sua capacità riservata ai fornitori non-Gazprom sia in sottomarino offshore e condotte a terra”.

Ciò nonostante, egli presume che esiste “un elegante soluzione a questo problema... che richiede meno tempo e i sforzi, rispetto ai tentativi di ottenere una deroga alle norme energetiche esistenti dell'UE”. Siccome la Russia “ha già liberalizzato le sue esportazioni di GNL e nessuno puo' impedire a Mosca di prenotare il 50% del gasdotto Nord Stream-2 per le forniture non-Gazprom”. L'esperto sostiene che tale decisione sarà vantaggiosa per tutte le parti interessate: 1) il progetto sarà pienamente compatibile con il diritto comunitario; 2) Gazprom avrà la sua quota garantita di forniture di gas (minimo 27,5 miliardi di metri cubi) e potrebbe anche condividere le spese di costruzione del gasdotto con i fornitori di gas indipendenti russi; 3) la partecipazione dei fornitori non Gazprom permetterà di esportare più gas russo verso l'Europa e di conseguenza aumentare i ricavi del governo.

Così, come un infinito serial tv quello dei gasdotti russi in Europa ha la possibilità di concludersi con un Happy end. Il Nord Stream-2 puo' essere pienamente conforme alle norme del terzo pacchetto energetico e anche la parte importante del South\Turkish Stream puo' incarnarsi nel Balkan Silk Road.



I post precedenti

La geopolitica dei gasdotti

La geopolitica dei gasdotti: Nord Stream