Da “Robertscribbler”. Traduzione di MR (via Sam Carana)
C'è molto carbonio immagazzinato nel permafrost dell'Artico che fonde. Secondo le nostre migliori stime, intorno ai 1.300 miliardi di tonnellate (vedete Cambiamento climatico e retroazione del permafrost). E' più del doppio della quantità di carbonio già emesso dai combustibili fossili globalmente dagli anni 80 del 1800. E la triste ironia è che il continuo bruciare combustibili fossili rischia di superare un punto di svolta oltre il quale una rapida destabilizzazione e rilascio di quel carbonio diventa irreversibile.
In questione c'è il fatto che gran parte di questo carbonio è stato immagazzinato durante il periodo degli ultimi 2 milioni di anni di ere glaciali ed interglaciali. A causa della combustione di combustibili fossili da parte degli esseri umani, ora stiamo entrando in un periodo in cui l'Artico sta diventando più caldo che in qualsiasi altro periodo perlomeno negli ultimi 110.000 anni. E con i livelli di CO2 atmosferico che ora raggiungono e superano le concentrazioni viste per l'ultima volta durante il Pliocene di 2-3 milioni di anni fa, ampie andane di riserve di carbonio potrebbero essere in pericolo di rapido scioglimento. Tale scioglimento rilascerebbe ancora più CO2 e metano, che intrappolano calore in atmosfera. E' qualcosa di cui preoccuparsi anche se non siete uno di quelli, come Sam Carana, che sono preoccupati di un potenziale e catastrofico rilascio di metano. E non ci vuole uno scienziato del clima per dirvi che abbiamo già visto diversi ed inquietanti aumenti delle emissioni di metano dai laghi di thermokarst, dalle stesse regioni del permafrost, attraverso i meccanismi di distruzione del permafrost degli incendi dell'Artico, dal letto della tundra sommersa nella Piattaforma Siberiana Orientale e dalle nuove bizzarre formazioni che ora chiamiamo sfiatatoi di metano.
Uno scienziato di Woods Hole fa appello per una ricerca sui punti di svolta
Con così tanto carbonio immagazzinato nel permafrost, ogni livello di riscaldamento che comincia a sbloccare volumi significativi della sua significativa riserva può dare come risultato il superamento di un punto di non ritorno climatico. Scatenando retroazioni di amplificazione che non si arrestano finché gran parte o tutto il carbonio viene rilasciato e noi veniamo proiettati in nuovi stati climatici molto più caldi. Dato il fatto che stiamo già iniziando ad entrare nella gamma di temperature dell'Eemiano – un periodo in cui il mondo era caldo come adesso o di più, ma l'Artico è rimasto ragionevolmente più freddo – è più che ragionevole ipotizzare che un tale pericolo sia già su di noi. Oggi, un emerito scienziato di Woods Hole che va sotto il nome di dottor Max Holmes ha definito tale minaccia "reale ed imminente", dichiarando:
Il dottor Holmes è stato sostenuto da altri scienziati di Woods Hole nel lancio di questo appello per più ricerca in quello che ora considerano una minaccia crescente ed imminente (vedete il comunicato stampa completo qui). Il “punto di svolta” generalmente accettato per il rilascio di riserve dal permafrost tende ad essere intorno ai 2°C. Il problema è che abbiamo già emesso sufficiente CO2, metano ed altri gas serra da riscaldare la Terra di 2-4°C sul lungo termine e di circa 1,4-1,9°C in questo secolo. Quindi sembra che abbiamo già un grande slancio verso il punto di svolta dello scioglimento del permafrost e relativo rilascio di carbonio. Il dottor Holmes ed i suoi colleghi di Woods Hole fanno appello per uno sforzo concentrato per fissare quel punto di svolta. Per farci un'idea migliore di quanto siamo realmente vicini e per fornire un senso di urgenza per evitare ciò che potrebbe essere meglio descritto come un terribile segno di guai.
C'è molto carbonio immagazzinato nel permafrost dell'Artico che fonde. Secondo le nostre migliori stime, intorno ai 1.300 miliardi di tonnellate (vedete Cambiamento climatico e retroazione del permafrost). E' più del doppio della quantità di carbonio già emesso dai combustibili fossili globalmente dagli anni 80 del 1800. E la triste ironia è che il continuo bruciare combustibili fossili rischia di superare un punto di svolta oltre il quale una rapida destabilizzazione e rilascio di quel carbonio diventa irreversibile.
Copertura globale del permafrost come è stata registrata dalla World Meteorological Organization. In generale si pensa che una soglia di riscaldamento globale di 2°C sia il punto in cui una parte sufficiente del permafrost artico si destabilizzerà in modo catastrofico, diventando una retroazione di amplificazione del riscaldamento globale che quindi fonde gran parte o tutto il resto. La soglia di 2°C è stata scelta perché è il limite minimo del Pliocene – un periodo in cui è iniziata la formazione di questa riserva di permafrost. Tuttavia, potrebbero esserci dei rischi che una parte sufficiente della riserva possa diventare instabile a livelli più bassi di riscaldamento – superando quel punto di svolta prima di quanto ci si attende. Fonte dell'immagine: WMO.
In questione c'è il fatto che gran parte di questo carbonio è stato immagazzinato durante il periodo degli ultimi 2 milioni di anni di ere glaciali ed interglaciali. A causa della combustione di combustibili fossili da parte degli esseri umani, ora stiamo entrando in un periodo in cui l'Artico sta diventando più caldo che in qualsiasi altro periodo perlomeno negli ultimi 110.000 anni. E con i livelli di CO2 atmosferico che ora raggiungono e superano le concentrazioni viste per l'ultima volta durante il Pliocene di 2-3 milioni di anni fa, ampie andane di riserve di carbonio potrebbero essere in pericolo di rapido scioglimento. Tale scioglimento rilascerebbe ancora più CO2 e metano, che intrappolano calore in atmosfera. E' qualcosa di cui preoccuparsi anche se non siete uno di quelli, come Sam Carana, che sono preoccupati di un potenziale e catastrofico rilascio di metano. E non ci vuole uno scienziato del clima per dirvi che abbiamo già visto diversi ed inquietanti aumenti delle emissioni di metano dai laghi di thermokarst, dalle stesse regioni del permafrost, attraverso i meccanismi di distruzione del permafrost degli incendi dell'Artico, dal letto della tundra sommersa nella Piattaforma Siberiana Orientale e dalle nuove bizzarre formazioni che ora chiamiamo sfiatatoi di metano.
I grandi incendi siberiani come questo scoppiato il primo di agosto del 2014 sono indicativi del fatto che le riserve di carbonio del permafrost artico si stanno avvicinando ad un punto di svolta critico? Gli scienziati di punta pensano che dobbiamo scoprirlo il più rapidamente possibile. Fonte dell'immagine: LANCE-MODIS.
Uno scienziato di Woods Hole fa appello per una ricerca sui punti di svolta
Con così tanto carbonio immagazzinato nel permafrost, ogni livello di riscaldamento che comincia a sbloccare volumi significativi della sua significativa riserva può dare come risultato il superamento di un punto di non ritorno climatico. Scatenando retroazioni di amplificazione che non si arrestano finché gran parte o tutto il carbonio viene rilasciato e noi veniamo proiettati in nuovi stati climatici molto più caldi. Dato il fatto che stiamo già iniziando ad entrare nella gamma di temperature dell'Eemiano – un periodo in cui il mondo era caldo come adesso o di più, ma l'Artico è rimasto ragionevolmente più freddo – è più che ragionevole ipotizzare che un tale pericolo sia già su di noi. Oggi, un emerito scienziato di Woods Hole che va sotto il nome di dottor Max Holmes ha definito tale minaccia "reale ed imminente", dichiarando:
“Il rilascio di gas serra che risulta dallo scioglimento del permafrost dell'Artico potrebbe avere conseguenze catastrofiche globalmente. Gli Stati Uniti devono guidare uno sforzo su larga scala per trovare il punto di svolta – a quale livello di riscaldamento il ciclo di riscaldamento e lo scioglimento del permafrost diventeranno impossibili da fermare. La minaccia reale ed imminente posta dallo scioglimento del permafrost dev'essere comunicata chiaramente ed ampiamente all'opinione pubblica ed alla comunità politica”.
Il dottor Holmes è stato sostenuto da altri scienziati di Woods Hole nel lancio di questo appello per più ricerca in quello che ora considerano una minaccia crescente ed imminente (vedete il comunicato stampa completo qui). Il “punto di svolta” generalmente accettato per il rilascio di riserve dal permafrost tende ad essere intorno ai 2°C. Il problema è che abbiamo già emesso sufficiente CO2, metano ed altri gas serra da riscaldare la Terra di 2-4°C sul lungo termine e di circa 1,4-1,9°C in questo secolo. Quindi sembra che abbiamo già un grande slancio verso il punto di svolta dello scioglimento del permafrost e relativo rilascio di carbonio. Il dottor Holmes ed i suoi colleghi di Woods Hole fanno appello per uno sforzo concentrato per fissare quel punto di svolta. Per farci un'idea migliore di quanto siamo realmente vicini e per fornire un senso di urgenza per evitare ciò che potrebbe essere meglio descritto come un terribile segno di guai.