In un precedente post ho ipotizzato che la civiltà occidentale abbia sbagliato strada da qualche parte fra Spinoza ed Archimede Pitagorico. Ma forse anche prima.
Cartesio (1596 – 1650) e Campanella (1568 – 1639) furono contemporanei ed entrambi furono importanti ai loro tempi, Ma il loro destino in vita ed in morte fu quanto di più diverso si possa immaginare. Si prestano quindi bene ad essere presi come simboli di due diversi modi di pensare, entrambi caratteristici dell’Europa, all'alba dell’evo moderno.
Ovviamente, non tenterò qui una sintesi del loro pensiero per mancanza sia di competenza che di spazio, ma vorrei suggerire alcune riflessioni del tutto personali, sempre alla ricerca di quel divorzio fra scienza, filosofia e teologia che caratterizza la nostra civiltà; caso unico nella storia.
Quanto è importante René Descartes? Basti pensare al “piano cartesiano”: uno degli strumenti di base tanto per la ricerca, quanto per la didattica scientifica. Ad oggi, il metodo e gli strumenti logici cartesiani strutturano il nostro modo di pensare; nel bene e nel male.
Cartesio pone alla base della sua riflessione il dubbio: cosa mi garantisce che gli oggetti, le persone, il mondo intero esistano? Cercando un punto d’appoggio, lo trova nel celeberrimo: “Cogito ergo sum”. Generalmente viene tradotto con. “Penso, quindi sono”, ma una traduzione più pignola sarebbe “Io penso, dunque io sono”.
Beninteso, non fu nel XVII secolo che furono inventati l’egoismo e l’individualismo! E neppure si può sapere se Cartesio avesse o giustificasse tali difetti. Tuttavia, questo grande filosofo mise a sistema una mentalità (in inglese si direbbe un “feeling”) del suo tempo, ponendo al centro del suo sistema il singolo individuo. Una faccenda che a noi pare scontata perché siamo nati e cresciuti in questo modo di pensare, ma che all'epoca fu autenticamente rivoluzionaria. Fu infatti in quel periodo che questi antichi vizi cominciarono la carriera che li porterà gradualmente ed inesorabilmente a diventare il fondamento delle società contemporanee, per il tramite di Adam Smith, circa un secolo e mezzo dopo.
L’epoca in cui visse Cartesio fu infatti un tornante decisivo nella storia del mondo. Fu quella l’epoca in cui quasi un secolo di guerre e persecuzioni religiose culminavano con la guerra dei Trent’anni. Bisognerà attendere Adolf Hitler per vivere un orrore analogo e non stupisce dunque il declino delle scuole di pensiero che avevano portato a tanto. Nel frattempo, il sistematico saccheggio delle Americhe aveva portato in Europa un flusso di capitale immenso; coloro che erano stati più capaci ad appropriarsene e più avveduti nell'investirlo cominciavano a vederne i frutti, con una crescita economica e demografica senza precedenti. Era nato il capitalismo moderno, non più basato sulla città, la dinastia o sulla ghilda come il mercantilismo tardo medioevale, bensì sulle capacità e la fortuna del singolo imprenditore. Non per nulla, in quelli gli anni nacquero la borsa e le bolle speculative, guarda caso proprio in Olanda, patria d’adozione di Descartes.
La società si andava insomma strutturando intorno all'individuo, anziché ad un gruppo comunque definito, oppure alla cristianità nel suo complesso. Un processo molto graduale, ma che da allora si è sviluppato di pari passo con il progredire della tecnica e con il crescere dell’economia, caratterizzando il mondo moderno. In altre parole, Cartesio diede il battesimo filosofico a quell'individualismo moderno che il turbo-capitalismo contemporaneo ha portato alle sue estreme conseguenze.
Un secondo punto del pensiero cartesiano che ha avuto conseguenze enormi e nefaste fu la Teoria meccanicistica della vita. Anche in questo caso, il nostro non fu certo il primo ad essere affascinato dagli automi. La possibilità di costruire macchine capaci di simulare i movimenti di animali o uomini risale a quando furono perfezionati gli orologi meccanici, nel XV secolo. Da allora, in molti hanno fantasticato di poter costruire degli automi (oggi li chiamiamo robot) capaci di simulare perfettamente la vita. Un sogno tuttora ben vivo, ma il filosofo francese andò molto al di la di questo e formulò l’ipotesi (che per lui era una certezza assoluta) che gli animali altro non fossero che macchine. Semplicemente molto più sofisticate di quelle che, al momento, venivano realizzate dagli artigiani.
La cosa non era priva di conseguenze. Dal momento che gli animali erano macchine, erano necessariamente privi di sentimenti, così come della capacità stessa di provare dolore. Come intese dimostrare un estimatore del filosofo, uccidendo pubblicamente a calci la propria cagna incinta.
Non risulta che Cartesio abbia personalmente mai fatto cose simili, ma indubbiamente ha fornito un alibi a coloro che amano sfogare le proprie frustrazioni tramite la crudeltà sugli animali. Inoltre, da allora e fino al XIX secolo inoltrato, il fatto che vari popoli non fossero considerati del tutto umani servì a giustificarne scientificamente lo sterminio o la schiavitù. Oggi consideriamo questo un’aberrazione, ma l’idea che ciò che non è umano non sia senziente rimane diffusa. È infatti una regola legalmente accettata che si possano utilizzare esseri viventi come se fossero oggetti e sono pochissimi a capire che differenza vi sia fra un albero ed un palo telegrafico. Un’occhiata alle piazze ed ai viali di qualunque città confermerà questa affermazione.
Se gli animali non sono senzienti, a maggior ragione non lo sono infatti le piante e niente può quindi giustificare un qualsivoglia limite all'azione dominatrice dell’Uomo sulla Natura. Su questo punto Cartesio è esplicito: la conoscenza coincide con la saggezza ed è tale solo se fornisce agli uomini i mezzi per sempre meglio sfruttare e dominare il mondo “bruto”. A ciò gli uomini sono destinati ed autorizzati dal fatto che, unici esseri al mondo, sono sia intelligenti che senzienti. Capaci, cioè, sia di pensiero, sia di sentimento per il fatto di possedere un’anima immortale. Anima che egli pensava incardinata al corpo tramite la ghiandola pineale.
E Dio in
Agli antipodi di Cartesio troviamo il suo contemporaneo Tommaso Campanella. Molto meno dotato di lui per il pensiero astratto e la matematica, ma assai più accorto osservatore dei fenomeni naturali, sia pur con tutti i limiti del suo tempo.
Oggi il monaco di Stilo non figura nel pantheon dei padri della modernità, bensì fra i personaggi pittoreschi e marginali della storia. Battagliero e politicamente coinvolto, pagò con molti anni di carcere e torture la sua militanza e riuscì ad evitare il rogo per un soffio.
Letti con gli occhi cartesiani di cui ci ha forniti la scuola, i suoi scritti sembrano oggi delle fantasiose e prolisse divagazioni. Una stravaganza, retaggio dell’oscuro medioevo, con la sua fede nella magia, ben più che nella matematica.
Ma la magia di cui ci si occupava allora non aveva niente a che vedere con Harry Potter. Nessuno pensava infatti di poter sovvertire le forze della Natura. Al contrario, i maghi si ponevano il problema di capire quali fossero le più intime leggi naturali per potersene servire. La sperimentazione, la deduzione, ma soprattutto l’osservazione dei fenomeni naturali erano gli strumenti di una tale ricerca. E lo scopo ultimo era scoprire quale fosse il “principio primo” da cui derivavano tutti gli altri. Esattamente quella “legge del tutto” alla cui ricerca oggigiorno si affannano gli scienziati migliori.
Secondo Campanella, il principio fondamentale che anima l’universo è che tutte le cose hanno sensibilità e tendono alla propria conservazione. Esattamente al contrario di Cartesio, Campanella riconosce quindi agli animali non solo una sensibilità analoga a quella umana, ma anche un’intelligenza dello stesso tipo, sia pure molto più debole. Le piante non hanno capacità mentali e non possono muoversi, ma secondo il nostro monaco hanno ugualmente la capacità di percepire stimoli dal mondo esterno e di reagire ad essi in modo da garantire la propria sopravvivenza e la propria riproduzione. Oggigiorno, eserciti di botanici e biochimici gli stanno dando quotidianamente ragione.
Ma per Campanella perfino gli oggetti inanimati e gli elementi minerali hanno una qualche forma di “sensibilità” ed un “comportamento” caratteristici. Con ciò non intendeva, ovviamente, attribuire alle pietre capacità sensoriali ed intellettive di tipo umano, bensì un’innata tendenza a spostarsi nella posizione più bassa e stabile possibile, compatibilmente con le condizioni esterne. Ci penserà un altro mago ed alchimista importante, Isaac Newton, a spiegare il perché di questo comportamento, appena una generazione più tardi. Ma l’importanza dell’osservazione campanelliana è che assolutamente niente in natura avviene per caso e che ogni singolo atomo di materia tende a fare qualcosa, nonappena ve ne è la possibilità.
Oggi parliamo di orbitali e di pesi atomici, di temperature e pressioni, di entalpia ed entropia, ma ciò non fa che confermare che ogni elemento ed ogni aggregato di materia ha effettivamente la tendenza a comportarsi in un determinato modo. E’ infatti manipolando le condizioni ambientali che si controllano le cose: dai reagenti in una provetta, fino alle folle in una piazza. Non dubito che Campanella avrebbe considerato “Mein Kampf” un eccellente manuale di magia pratica. Magia demoniaca, per la precisione (distingueva tre tipi di magia: divina, naturale e demoniaca).
Insomma, Cartesio basò la sua speculazione sull'introspezione, la logica e l’individuo, mentre Campanella si basò sull'osservazione della Natura. Il primo considerò la propria mente l’unica realtà accertata. Il secondo considerava la propria mente un povero strumento per tentare di capire la Creazione: una realtà infinitamente complessa, ma armonica ed unitaria nel rispondere ad un unico sistema di leggi divine.
Nel corso dei 100 anni seguenti la loro morte, l’Europa scelse progressivamente l’approccio del primo e fu un successo senza precedenti. Anche la conoscenza della natura che oggi abbiamo, e che non ha precedenti nella storia, deve molto al “Discorso sul metodo”, malgrado il suo autore fosse un pessimo naturalista.
Fu, infatti, in buona parte grazie a questa scelta l’Europa ha costruito quella civiltà industriale e tecnologica che ha indubbiamente creato le più grandi meraviglie della storia. Ma anche le più grandi tragedie: dalla sovrappopolazione allo sconquasso climatico.
“Dopo una vita consacrata alla scienza, la più razionale possibile, posso dirvi che la materia non esiste. Tutta la materia esiste in virtù di una forza che fa vibrare le particelle e tiene insieme il minuscolo sistema solare di un atomo. E’ come uno spirito, intelligente e cosciente. Questo spirito è la ragione di ogni materia.” Max Plank