sabato 14 aprile 2012

Un po' di paglia in fondo al dirupo

Guest post di Dmitri Orlov
Traduzione a cura di Massimiliano Rupalti da Club Orlov




C'è un vecchio detto russo che dice: “Se avessi saputo dove sarei caduto, ci avrei messo sotto un po' di paglia” (“Знал бы, где упаду—соломки бы подостлал”). E' uno delle migliaia di detti che sono i depositari dell'antica saggezza popolare. Normalmente viene utilizzato per esprimere l'inutilità di tentare di anticipare l'inatteso. Qui, gli do un'accezione scherzosa, per sottolineare la follia del rifiuto di anticipare l'inevitabile.

Ho cominciato a pensare a queste righe quando sono stato invitato a parlare alla conferenza annuale di ASPO (Association for the Study of Peak Oil) che si è tenuta a Washington nell'ottobre dello scorso anno. Si profilava come qualcosa tipo un giro d'onore per il movimento del Picco del Petrolio, ora che il momento in cui il petrolio convenzionale globale aveva raggiunto il suo picco storico è veramente ben alle nostre spalle, mentre le più recenti risorse non convenzionali di combustibili liquidi si sono rivelate non abbastanza abbondanti e troppo costose sia per il portafogli che per l'ambiente. Vorrei usare questa opportunità per provare ancora a correggere quello che vedo come il maggior difetto della narrativa sul Picco del Petrolio: l'idea di un declino gentile e geologicamente gestito della produzione di petrolio, che sembra molto irrealistico, come ho detto nei dettagli nel mio articolo “Il Picco del Petrolio è Storia passata” più di un anno fa. Ma volevo anche guardare oltre a questo, abbozzare qualche piano che funzionasse, dopo che la produzione di petrolio si sarà tuffata da un dirupo, e cosa servirebbe per farli decollare.

E' cosa buona e giusta presentare argomenti verbali, ma le parole non valgono contro i numeri e le curve, quindi ho cominciato a guardarmi intorno in cerca di un modello che cogliesse l'essenza di ciò che avevo stabilito. Ho chiesto alla gente di contattarmi se volevano collaborare e sono stato molto felice di ricevere una email dal Prof. Ugo Bardi dell'Università di Firenze che mi chiedeva cosa avessi in mente. Ugo è un'autorità sul modello, tanto calunniato ma ora vendicato, de “I limiti dello Sviluppo”, avendone fornito un aggiornamento in un suo recente libro.




Ho risposto ad Ugo:

“Vorrei argomentare che, mentre il metodo usato per modellare il Picco del Petrolio usando una curva Gaussiana è ragionevole per quanto riguarda specifici giacimenti petroliferi, provincie e nazioni, non è ragionevole se guardiamo all'intero pianeta, perché, diversamente da provincie e nazioni che hanno un declino della produzione, il pianeta non può importare petrolio, mentre gli shock petroliferi causano il collasso delle economie industriali piuttosto del loro declino graduale lungo una curva geologica forzata. Nel mio articolo, ho fatto un lungo elenco di effetti come declino dell'EROEI, l'effetto dell'esportazione della terra, ecc., per avvalorare l'ipotesi di un declino rapido piuttosto che uno graduale”.


“Se prendiamo il nostro bel modello Gaussiano semplice del Picco del Petrolio e ci allontaniamo sufficientemente, questo sembrerà un impulso. L'ampiezza del picco e la larghezza non sono tanto  interessanti, ma sappiamo cos'è l'area sotto la curva: il massimo estraibile. Questa è la visione “Gola di Oduvai” del Picco del Petrolio. Tornando indietro, vediamo che la linea in salita è la linea di “crescita”, influenzata dalla crescita economica, miglioramento tecnologico, esplorazioni sempre più ampie e così via, e ci aspettiamo e vediamo la crescita economica. La linea in discesa, dall'altra parte, dominata dall'improvviso collasso delle economie industriali dovuta a tutti i fattori che ho elencato, ci si aspetterebbe che somigliasse ad un declino esponenziale, ma è così ripida che la potremmo paragonare ad una funzione a gradi. Questo è ciò che vediamo in genere quando un processo di crescita raggiunge il suo limite. La produzione della birra è un esempio famoso: la popolazione di lieviti e l'uso di zucchero aumentano esponenzialmente finché collassano”.

“Mentre il petrolio è la fonte di energia “attivante”, che rende possibile esaurire tutte le altre risorse ad un tasso elevato, un graduale declino della disponibilità arresterebbe il processo di esaurimento di (quasi) tutte le altre risorse (la legna da ardere nelle aree rurali e poche altre sono le eccezioni). Quindi, più il collasso viene ritardato, meno rimarrà per ricominciare, rendendo ogni tentativo di prolungare l'era del petrolio vano. Questo è un tema ecologico: più grande è il superamento (overshoot), più la capacità di carico finale è ridotta. Per questo, investire in schemi e imprese “a prova di collasso” è dannoso”.

Un'alternativa è quella di accantonare risorse (forniture, strumenti ed attrezzature, progetti, pacchetti di conoscenze) che possano essere facilmente distribuiti in caso di collasso. L'intera chiave di volta degli schemi d'impresa può essere sviluppata e capitalizzata, nell'aspettativa di collasso. Ciò 1. accelererebbe il collasso attraverso il ritiro di risorse dall'economia pre collasso (un positivo netto) e 2. provvederebbe ad un rapido sviluppo di imprese post collasso praticabili, come l'agricoltura manuale e biologica, trasporti a vela ed altri trasporti non motorizzati e così via (anche questi un positivo netto). Visto che c'è già una distinta mancanza di buone modalità per investire i soldi (Tesoro americano dei “Subprime”? Lingotti d'oro? Terreni agricoli africani colpiti da siccità?) questo potrebbe essere presentato alla comunità degli investitori come un modo per circoscrivere il collasso”.

Ugo ha risposto:

“Hmmm.... vediamo se ho capito quello che intendi: dici che una curva Gaussiana non va bene, che la discesa “dall'altra parte” del picco dovrebbe essere molto più rapida della crescita. Dico bene?

"Se sì, è curioso che io stessi lavorando a questo concetto proprio oggi – e penso di avere decifrato il problema proprio un'ora fa!! Forse era già ovvio ad altre persone, ma non lo era per me. Forse non sono così intelligente, ma almeno ora sono contento. Quindi, posso dirti che hai ragione sulla base del mio modello di dinamica dei sistemi. La discesa E' molto più veloce dell'ascesa!!”

“Quando ho ricevuto il tuo messaggio stavo giusto cominciando a preparare un post per “Cassandra's Legacy” su questo argomento. Così, se puoi aspettare un paio di giorni, completerò il mio post e lo pubblicherò. Quindi gli potrai dare un'occhiata e potremo discutere la cosa più a fondo. E farò in modo di citare il tuo post, perché penso che abbia centrato il bersaglio”.

Poco dopo Ugo ha pubblicato il suo post Effetto Seneca. Il nome proviene dalla citazione seguente di Seneca:

"Sarebbe una consolazione per la nostra debolezza e per i nostribeni se tutto andasse in rovina con la stessa lentezza con cui si produce e, invece,l'incremento è graduale, la rovina precipitosa.”
Lucio Anneo Seneca, Lettera a Lucilius, n. 91 

Ho risposto:

“L'effetto Seneca é eccezionale ed ha un nome azzeccato. (L'inverno scorso ho riletto le lettere di Seneca a Lucilius mentre ero a letto con l'influenza e le ho trovate molto rilevanti). Penso che dovrei essere capace di lavorare su questo modello per includervi alcuni altri effetti”.

Nel post di Ugo c'erano i dettagli di due modelli molto semplici.

Il primo modello riproduce la curva di esaurimento canonica, che è simile ad una curva Gaussiana. E' basata solo su un paio di relazioni intuitivamente ovvie: in primo luogo, il tasso al quale la base della risorsa viene sfruttata è proporzionale sia alla dimensione della base della risorsa stessa, sia alla dimensione dell'economia che è solita sfruttarla; in secondo luogo, l'economia decade nel corso del tempo (deprezzamento, entropia, ecc.). Imposta le condizioni iniziali, fa partire il tempo ed esce fuori la curva attesa.  

Il secondo modello incorpora il concetto di inquinamento, o burocrazia, o sovraccarico: gli inevitabili costi esterni dello sfruttamento delle risorse. Circa un terzo del flusso viene dirottato nel secchio dell'inquinamento, il quale anche decade nel tempo. Il primo modello, risulta, deve riempire il secchio dell' “inquinamento” sfruttando alcune altre risorse, attraverso l'importazione. Ma siccome il Pianeta nel suo complesso non importa nulla, il primo modello non è rilevante per fare un modello del Picco del Petrolio globale e quindi dobbiamo usare un secondo modello al suo posto.

Ho trovato il modello del dirupo di Seneca molto facile da riprodurre, prima usando un foglio di calcolo, poi scrivendo un breve programma su Python:


Ho mostrato i miei risultati ad Ugo e mi ha risposto: “Sì, sembra che funzioni”. Poi ho cominciato ad aggiungere elementi a questo modello, per vedere  cosa potrebbe servire per “riavviare” l'economia in un “sistema operativo” post combustibili fossili e post industriale. Sono partito da un assunto fortemente ideologico e molto ottimista: quando una massa critica di gente si rende conto che il Picco del Petrolio globale è avvenuto e che l'economia globale sta cominciando a collassare senza alcuna speranza di recupero, questa farà la cosa giusta, cioè prendere il 10% del rimanente prodotto industriale, dirottarlo e immagazzinarlo perché venga usato per “riavviare” in modo post industriale, una volta che il collasso avrà largamente fatto il suo corso. 

C'è un problema con questo piano: per un profano, il Picco del Petrolio globale è piuttosto difficile da individuare e porta ad uno stato di confusione e fibrillazione. Fino al collasso finale, sembra un plateau, in cui la produzione di petrolio si rifiuta di aumentare nonostante i prezzi siano storicamente alti.





Ma ignorare questo problema (bisogna idealizzare un po', per amor di chiarezza, quando si lavora con modelli concettuali), se cominciamo col mettere da parte un “Picco del Petrolio piccino” intorno a quando avviene il Picco del Petrolio e se distribuiamo tutto ciò che abbiamo accumulato quando l'economia dei combustibili fossili non ci può più sostenere, il quadro risulta essere questo:




Avvicinandoci, ci sono due inneschi: quando il “piccino” comincia ad accumulare (poco dopo il picco) e quando viene distribuito per costruire un'economia post collasso (quando l'economia dei combustibili fossili è ridotta al 50% del suo picco).


L'economia post collasso che ne risulta è molto più ridotta dell'economia dei combustibili fossili, ma ancora abbastanza grande per sostenere una porzione significativa della popolazione attuale, sebbene ad uno standard di vita molto più basso. Potrebbero non esserci riscaldamento o acqua calda nelle abitazioni, di sicuro niente vacanza ai tropici in inverno o frutta fuori stagione, niente trattamenti medici avanzati e così via. Ma sarebbe ancora meglio dell'alternativa, o, piuttosto, della mancanza totale di un'alternativa. 

Ho presentato questi grafici alla conferenza ASPO, dove sono stati accolti con un garbato silenzio. C'erano alcuni “investitori” alla conferenza, ma erano occupati a seguire una sessione dedicata a discutere le opportunità di investimento nell'economia dei combustibili fossili. Nessuno ha portato dei contro-argomenti, ma nessuno si è sentito in dovere di agire sulla base di quello che ho detto. Cosa pensate che sia? Perché questi individui ragionevolmente razionali che sono in grado di seguire un argomentazione e, incapaci di confutarla, non sono in grado di fare la transizione dal pensiero all'azione? Cosa li frena? Gli esseri umani sono chiaramente più intelligenti del lievito, ma che differenza c'è se sono incapaci di agire intelligentemente? Cercherò di affrontare questa domanda in un prossimo post.



13 commenti:

  1. Credo che il collasso in corso sia unico nel suo genere, rispetto ad altri avvenuti nel corso della storia umana.
    In passato non eravamo così numerosi, nè ci eravamo abituati ad impiegare tanta energia e risorse d'ogni genere, non disponevamo di conoscenze in così vasta quantità e qualità e nemmemo eravamo così fiduciosi che queste ci potevano salvare da ogni guaio.
    Il petrolio, proprio per la sua duplice natura di fonte energetica e materia prima ci ha resi follemente imprudenti.
    Ad aggravare la perdizione è stata inoltre la sua relativa abbondanza in luoghi abbastanza accessibili.
    Se l'Arabia e il Texas e la Pennsylvania fossero stati al posto dell’Antartide
    o dell’Himalaya, forse avremmo ancora la posta pneumatica e non internet,
    ma il riscaldamento globale e l’esaurimento dei minerali scarsi non ci preoccuperebbero troppo.
    E la popolazione mondiale sarebbe tenuta a freno dalle solite tristi compagnie di malattie, guerre e fame.
    L’intelligenza individuale non basta, soprattutto in un mondo affollato e tremendamente complesso come questo.
    E il coordinamento armonioso di miriadi di intelligenze è un fenomeno che nessuna intelligenza individuale può comprendere in pieno ed attuare con mezzi solamente razionali.
    Il prezzo dell’evoluzione è sempre una sorta di catastrofe.
    Possiamo ancora sceglierne alcune nell’emporio della Storia, ma è in atto una grande liquidazione, terminata la quale, si prende quello che resta.

    Ieri in miliardi di giacigli
    sognavano altrettante anime inquiete
    sentendosi una volta effimere falene
    e l'altra balene giganti e inermi
    nel mezzo anche insignificanti bruchi
    e fuchi anonimi d'alveari immensi
    l'incubo da cui destarsi invece
    fu d'essere solo fuochi fatui
    al posto di artifici pirotecnici
    oggi da svegli quegli stessi
    animi indaffarati persi tra congegni
    bramano estasi con socchiusi occhi
    sto imparando dalle mie palpebre
    a non temere tenebre e fulgore
    domani con il crepuscolo
    mi sporgerò sul gorgo
    tremendo nel suo ruggito
    da domatore mi tufferò nel sonno.

    Un saluto, Marco Sclarandis

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  2. Talvolta è difficile distinguere una analisi verosimile da una profezia che intende auto-avverarsi.

    Se l'"effetto seneca" è un effetto concreto, in qualche modo inevitabile poichè sorretto da un modello dinamico molto "robusto", dubito fortemente che la pur grande intelligenza collettiva del genere umano possa apportare dei correttivi nel senso di "accantonamento di risorse" per i periodi bui.

    Da sempre, l'umanità si è preoccupata dell'efficienza con cui gestire le risorse "a disposizione", e mai (o praticamente mai) a strategie volte a far durare a lungo le risorse stesse.

    Significa che faremo la fine del batterio nella capsula di petri ?

    Certamente no, anche perchè seppure il mondo sia finito, ciascuno di noi è abbastanza intelligente da costruirsi la sua "personale" capsula di petri, lo facciamo sceglendo un atteggiamento stanziale, vivendo nella propria casa, con l'orto in terrazzo, i pannelli solari, gli approvigionamenti idrici, tutto il complesso sistema infrastrutturale che gradualmente sta diventando per forza di cose sempre più decentralizzato e distribuito.

    Globalmente, in piena media dei polli di trilussa, assisteremo probabilmente a un effetto seneca globale, al quale è possibile sopravvivere, ma solo per coloro che avranno il coraggio e le risorse per "prepararsi", così come recita l'omonimo libro di Luca Mercalli.

    Curioso che tanto il capitalismo è stato capace di provocare incommensurabili diseguaglianze, fra chi ha accesso alle risorse e chi no, tanto il futuro collasso potrà creare altrettante se non peggiori disuguaglianze, fra chi è in grado di "prepararsi" a vivere con molto meno e chi no. L'umanità nel suo complesso sembra vincere i principi della termodinamica, con la sua tenacia, insistendo a voler diminuire la propria entropia, proprio garantendo la disuguaglianza, altrimenti dovremmo tutti tendere a una omogeneità di pura sussistenza, che è contraria alla nostra natura. Chi vivrà vedrà...

    Paolo Marani
    MIZ Cesena

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  3. Orlov è un grande ottimista: poco dopo il picco l'umanità farà come le formichine immagazzinando risorse per far ripartire il mondo. L'onestà intellettuale è un bene prezioso, ma basta guardarsi intorno per vedere quanta ce n'è. Esseri umani, si fa per dire, accecati dall'egoismo, pronti a qualsiasi sopruso per ottenere quello che vogliono e domani al primo calo del plateau subito pronti a cambiare strada. Sì, ad imboccare quella della violenza per immagazzinare per sè e basta. Forse a casa sua, in Russia, accetteranno un nuovo regime, che indirizzerà la nazione, ma qui vige lo spirito del Far West coi pellerossa, magari diventati pellebianca, da sopprimere per espropiarli dei loro ricchi territori, magari una gallina o un piccolo orto. Mi rendo conto che la dittatura è mancanza di libertà, ma la democrazia è ormai degradata a mancanza di verità, che secondo me è peggio. Sillogismo aristotelico, così facciamo funzionare quei pochi neuroni che ci rimangono: senza verità non può esserci la libertà e la democrazia, senza libertà non può esserci la democrazia, ergo che la democrazia può coesistere solo con la verità. Ciò porta a concludere che non siamo in democrazia ed in effetti siamo in oligarchia. Spero che questa farsa consumistica finisca prima possibile e quando finirà sarà sempre troppo tardi, ma conoscendo le persone dai loro discorsi e dalle loro azioni, penso che finirà male per la maggior parte di noi, tranne quei pochi che si troveranno a vivere in zone rurali autosufficenti, come accenna anche Orlov, ma senza le comodità che hanno ora anche loro e più ne hanno peggio andranno.

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  4. ...Il commento numero 2 di Paolo Marani sembra essere incentrato sulle categorie uguaglianza/diseguglianza fra uomini, qundo invece a mio avviso giustamente al commento 1 si evidenzia come mai la storia umana ha difronte un tale dirupo verso la perdita di complessità delle nostre società : per rispondere al commento 2, seguendo peraltro la sua traccia alquanto disturbata e disturbante secondo quanto detto al commento 2, se non sbaglio IVAN Illich evidenziò per primo che le disuguaglianze aumentano parassodalmente nei periodi di abbondanza e diminuiscono durante le crisi di risorse...Quindi una eventuale Olduvai equalizzerà il 98 % degli abitanti del pianeta...Tornando al post, si fa l'ipotesi ottimistica di accantonare il 10 % delle risorse oggi dipsonibili :( Anzi sarebbe più corretto dire ieri ;) vorrei ricordare che la Cina è stato l'unico paese nell storia dell'uomo a riuscire ad imporre la politica del figlio unico; cerco cioè di arrivare al punto ipotizzando che regimi militari autoritari con solide basi scientifiche potrebbero imporre di accantonare il 30, il 40 o il 50 % delle risorse disponibili nei prossimi 4/5 lustri ( oltre potrebbe esserci poco da prendere dai combustibili fossili): in questo scenario si potrebbe accellerare ulteriormente la pendenza del PIL mondiale fatto di consumi non necessari alla sopravvivenza individuale, ( non necessari alla mera sopravvivenza individuale almeno nei paesi occidentali.....),e servizi alla persona energivori, a vantaggio del fieno in cascina per il nuovo inizio...Da questo punto di vista concordo che più tiriamo in avanti ad esempio il modello socialdemocratico Europeo o di altri paesi ad avanzato PIL individuale attuale ma overi di risorse peggio ( e meno ) saremo tra 30 o 40 anni...NOn vedo altre alternative a modelli fortemente autoritari si spera almeno il più possibile unti da conoscenze scientifiche adeguate...Detto questo in parallelo al fallimento di sostenibilità materiale del presente modello economico che definerei più che capitalista cristiano- consumista, per chi avrà tempo e voglia si aprirà una riflessione sui fallimenti ancor più gravi dei nostri apparati statali incapaci di una minima programmazione del futuro anche a breve termine e della facile morale da supermercato...La dichiarazione universale dei diritti dll'uomo potrà allora esser letta come un atto di ubris verso il pianeta e/o in anticipo di 500 anni...

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  5. E' difficile entrare nella testa degli altri, ma credo che gli investitori presenti alla conferenza ASPO non credevano molto a quanto detto e sono rimasti molto molto scettici; oppure, più semplicemente, non hanno la benchè minima idea di cosa fare se non continuare nel loro BAU.
    Sono d'accordo con mago;al diminuire delle risorse si sarà una corsa all'accaparramento di quello che rimarrà. Se le conseguenze del collasso economico consistano nel vivere con meno, senza riscaldamento, acqua calda e sanità avanzata e viaggi ai tropici, mi starebbe bene! Quello che temo saranno disordini sociali e criminalità generalizzata per tozzi di pane rinsecchiti.

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  6. In un mondo dove la sommatoria dei desideri di tutti è inferiore al limite di risorse disponibili, temo che il miglior investimento possibile non sia tanto in pannelli solari, ma in muri di cinta e armi per difenderli. Alla necessità di accaparrare scorte, pur interessante sul piano teorico, non ci crede nessuno, poichè grande è haimè la differenza fra ciò che si dovrebbe fare e ciò che è realisticamente possibile o probabile che verrà fatto. La mia unica consolazione è la fiducia nello spirito di adattamento, capace di sbloccare risorse (umane) oggi inimmaginabili, dalle quali forse ripartire con una società più giusta. Godiamoci il picco dal nostro punto di osservazione privilegiato, siamo fortunati, viviamo in un momento storico davvero singolare e unico.

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  7. 2 sono le risposte:
    1 - (investire in infrastruttura per) costruire treni e tram
    2 - comprare forni a pirolisi (calore) e elettrolizzatori (idrogeno ed elettricità con fuel cell).
    Meno di questi e più Medio-Evo sarà.
    Saluti
    Giancarlo

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  8. La scarsità di risorse è illusoria. Tutto dipende dalla logica di fondo, tanto scontata da sfuggire: operiamo in un’economia di scambio incentrata sul denaro. La necessità di operare scambi è insita nel concetto di scarsità (di energia, risorse, conoscenza, tempo…). In assenza di scarsità non c’è bisogno di scambio. Il denaro s’è imposto solo per la sua efficienza nel gestire la scarsità, peccato che quella scarsità oggi non sia più un'impossibilità pratica, ma solo una deprecabile conseguenza organizzativa. Il denaro, nel corso dei millenni, ha cristallizzato e plasmato le strutture di potere, i desideri e l’immaginario collettivo. Oggi dobbiamo distruggere in continuazione utilità reale per mantenere elevate le transazioni monetarie. Tramite il debito e la competizione, il denaro spinge tutti verso questa follia. L’economia che ne deriva, non a caso, è un’economia dell’usa-e-getta, dell’obsolescenza programmata, dello sfruttamento e dello spreco. Gli sprechi sono molto maggiori di quel che generalmente si immagina. Molto più che inefficienze tecniche, sono necessità esistenziali per chi le propone. La lavorazione meccanica dei campi agricoli, ad esempio, non è necessaria, così come l’impiego di prodotti di sintesi quali fertilizzanti, diserbanti, ecc… La coltivazione monoculturale estensiva è una pazzia che comporta rese assurdamente basse rispetto ai mezzi impiegati, ma è funzionale a far girare soldi. Analogamente l’edilizia e l’urbanistica attuali sono follie energetiche ed ecologiche, piegate alle necessità del consumismo, anziché a quella dei consumatori. Nessuna grande scelta, infatti, è dettata da motivazioni esclusivamente tecniche o da ciò che la gente comunemente desidera. Le grandi scelte sono sempre monetaristiche: il sistema premia sempre la peggior soluzione tecnica purché sia monetariamente sostenibile, ossia quella che spreca più risorse possibili senza far virare la domanda verso soluzioni alternative a più alta efficienza. L’inefficienza fa girare più soldi e tutti vogliono più soldi. Viviamo di soldi, senza, come ben sanno i poveri, si fa la fame. Gli uomini non sono stupidi, ma non sono neppure molto diversi dai lieviti: loro sono vittime della propria natura che li spinge a consumare tutti gli zuccheri a disposizione e noi, in modo analogo, lo siamo della società che ci siamo costruiti e di cui siamo tutti schiavi. Per eliminare il collasso in atto dovremmo eliminare i soldi, nonché le catena di potere e la cultura plurimillenaria connesse. Senza necessità di denaro per sopravvivere, l’efficienza lavorativa esploderebbe e gli sprechi (funzionali solo ed esclusivamente al debito, o se preferite al PIL) collasserebbero. Le diseguaglianze sociali, la criminalità (organizzata e non), la corruzione e la speculazione presuppongono un forte bisogno di denaro. Anche le guerre, venendo meno la possibilità di lucrarci sopra, probabilmente svanirebbero o quasi. Calerebbe persino la disparità tra uomini e donne (causata dalla disparità di salari) ed assisteremmo a un crollo delle nascite senza precedenti. Interi fenomeni dannosi come l’industria bellica, l’induzione di futili desideri, le speculazioni finanziarie e quelle legate a monopoli ed agli oligopoli, perderebbero la loro ragion d’essere. Gli sprechi eliminabili sono così elevati da essere incalcolabili. Non avendo bisogno di guadagnare soldi per vivere, non ci sarebbe bisogno di indurre qualcuno a comprare qualcosa costi-quel-che-costi. Senza soldi, non ci sarebbe bisogno di far sentire qualcuno inadeguato o di spaventarlo o di sfruttarne qualsiasi altra debolezza per ricavarne profitto. Soprattutto si libererebbe la conoscenza dal vincolo dei diritti d’autore, dei brevetti e dei segreti industriali. Senza soldi non solo usciremmo dai guai, ma (paradossalmente) ne usciremmo molto ricchi! Anche senza petrolio. Una sola domanda: qualcuno ha idea di come si potrebbe fare ad abbandonare i soldi prima che la scarsità illusoria divenga reale?

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  9. Paolo Marani, Mago ed io abbiamo tutti la stessa idea - purtroppo!

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  10. La transizione da un'economia basata sui soldi ed il petrolio ad una senza soldi e senza petrolio, potrebbe essere mutuata dalle banche del tempo. Sostituendo lo scambio basato sulla moneta con lo scambio basato sulle ore-lavoro (un'ora lavoro fornita da diritto ad un'ora di lavoro ricevuta) si eliminano un sacco di distorsioni legate all’accumulo di ricchezza e alle posizioni dominanti che da ciò scaturiscono. Queste distorsioni sono l’origine del sistema che spinge verso gli sprechi. Oltretutto pagare le tasse in ore-lavoro impedirebbe fisicamente l'evasione fiscale e costringerebbe tutti ad un attivismo sociale senza precedenti nella storia. Le scelte economiche basate sulle ore-lavoro tenderebbero naturalmente a premiare i lavoratori e le tecniche di lavoro più efficienti. Tale economia favorirebbe inoltre una cultura meno specialistica e quindi più consapevole. Una cultura scientifica di base e un orientamento di tipo permaculturale sarebbero un corollario perfetto per questo tipo d’approccio. L'impossibilità di accumulare posizioni privilegiate e la conseguente contrazione economica in termini di PIL permetterebbe di ridurre enormemente gli sprechi e favorirebbe soluzioni basate sulla qualità tecnica delle singole soluzioni anziché sulla loro attrattività finanziaria. Le tecnologie Internet favorirebbero enormemente anche eventuali scambi d’uso anziché di proprietà, favorendo un’ulteriore riduzione dei consumi e rendendo difficile la diffusione l’obsolescenza tecnologica programmata. Allo stesso modo si eviterebbe di sperperare gran parte delle risorse economiche in attività di pura speculazione, concentrando tutto sull’economia reale, il che è propedeutico ad una transizione tecnica (da tecnologie e tecniche ad alta dissipazione energetica a quelle energeticamente ed ecologicamente sostenibili). L’introduzione di un’unità di scambio basata sul tempo, inoltre, sarebbe un cambiamento culturalmente più graduale rispetto alla completa eliminazione del denaro. Infine, la cosa più importante: concentrare tutte le attenzioni e le risorse sull’economia reale spingerebbe a focalizzarsi sui problemi tecnici senza farsi sviare da quelli economici/finanziari, impedendo contemporaneamente la bolla del debito e consentendo di raggiungere più facilmente quel accantonamento del 10 % delle risorse oggi disponibili di cui si parlava. Può apparire una soluzione utopistica ed estrema, ma le banche del tempo già esistono, si tratterebbe “solo” di estendere e sistematizzare il discorso in termini di regolamentazioni e contabilizzazione. Potendo accumulare ricchezza reale solo tramite il lavoro e non la rendita finanziaria, si sarebbe incentivati ad acquisti e stili di consumo più ponderati. Bisognerebbe dire addio a lussi quali la frutta trasportata dall’altra parte del mondo e cose del genere, ma sarebbe veramente un male? Certo non si può pensare di uscire da questa secca con una blanda riforma del sistema. Il sistema non è aggiustabile con interventi di limatura per il semplice motivo che il sistema è la causa del suo stesso collasso. Servono quindi strade arditamente nuove da percorrere, poiché la solita vecchia strada conduce sempre ed inevitabilmente al burrone e che importanza volete che abbia se ci si arriverà saltellando oppure strascicando i piedi?

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  11. I due corni del problema: troppi uomini sulla terra, e agganciati ad un modello economico folle.

    Bisognera' approcciare l'uno e l'altro, ma purtroppo non c'e' piu' tempo per evitare il collasso.

    Forse dovremmo rinominare la Terra e chiamarla Pasqua.

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  12. siete troppo ansiosi di carattere...prendetevi una tisana...

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