lunedì 10 ottobre 2016

Il treno



Dietro i finestrini filava una bucolica campagna, verdeggiante e punteggiata di greggi.   In lontananza boschi e montagne; più vicino piccoli villaggi che si vedevano appena a causa della velocità del convoglio che filava liscio e silenzioso sulla sua monorotaia a levitazione magnetica.

“Biglietti, prego.”
“Come mai a voi fottutissimi robot danno una voce femminile?   Pensano di rendervi più simpatici?”
“Biglietti, prego.”
Giovanni tirò fuori di tasca la scheda e la inserì nell’apposita fenditura.
“Necessaria integrazione, prego leggere l’importo sul display e digitare il codice per conferma.”
“Ma che cazzo!   E’ la terza volta e non ho più soldi ok?”
“Necessaria integrazione, prego leggere l’importo sul display e digitare il codice per conferma.”
“Favvanculo!”
“Necessaria integrazione, prego leggere l’importo sul display e digitare il codice per conferma.”
“OK, ok, come si reclama qui?” Borbottò Giovanni studiando la superficie unticcia e ammaccata della macchina. “Ah ecco!” Schiacciò il bottone ed attese parecchi secondi.
“Necessaria integrazione, prego leggere l’importo sul display e digitare il codice per conferma.”
“Crepa, io da qui non mi muovo.   Vediamo che fai?”

Nessuna risposta, ma una sgradevole sensazione.   Giovanni ci mise un po’ a capire quel che stava succedendo, quindi balzò il piedi dandosi pacche sulle natiche surriscaldate.   La prima idea fu di prendere il marchingegno a martellate, ma non aveva martelli.   E non poteva scaraventarlo fuori dal finestrino sigillato.   Così si avviò verso la testa del treno, sperando che almeno uno dei membri dell’equipaggio fosse umano.   E non totalmente stupido.
Intanto tre giovinastri dallo sguardo ebete si erano precipitati sul suo posto vuoto, indifferenti al calore.   Oramai tant’era andare a cercare il capo-treno.
Sgomitando e borbottando, Giovanni si fece largo fra la gente accalcata nel corridoio centrale della vettura.    Lentamente raggiunse l’uscita del vagone, appena in tempo per evitare un tafferuglio scoppiato all’arrivo di un altro gruppo di gente dai vagoni posteriori.

“Non potete stare qui! – strillava un signore corpulento – non vedete che ressa?”
“Qui avete l’aria condizionata.   Da noi è rotta e non la riparano, si crepa!”   Rimbeccò quello che sembrava più sveglio tra i nuovi venuti.
“Merda!  - Borbottò, Giovanni, continuando a sgomitare. - Questo viaggio era cominciato bene, ma sta diventando uno schifo!”

Finalmente trovò uno scompartimento quasi vuoto:  c’era solo un tizio in uniforme, seduto su una sdrucita poltroncina, manipolando uno schermo traslucido.
“Mi scusi è lei il capo-treno?”
L’uomo rimase concentrato sull’oggetto, ma dopo alcuni secondi rispose.
“Non ci sono capi su questo treno, credevo che lo sapesse.”
“OK, ma mi scusi, per un reclamo a chi mi devo rivolgere?”
Passarono interminabili secondi, prima che l’uomo rispondesse, sempre senza allentare l’attenzione sullo schermo.   Sembrava che invece di ascoltare le parole di Giovanni, aspettasse di vederle scritte sul suo aggeggio.
“Carrozza X, più avanti”.
“Grazie.”
Per un attimo Giovanni vide sfrecciare davanti al finestrino i meandri di un fiume che avevano appena attraversato.    Solo un attimo, appena il tempo di capire che c’era un fiume.
“Mi scusi, a che velocità viaggia il treno?”   Chiese ancora.
“Velocità di sicurezza.”
“Capisco, ma quanti chilometri all’ora?”
“Questo lo deve chiedere ai piloti.”

Il ritardo nelle risposte rendeva la conversazione comunque noiosa e Giovanni andò a cercare la carrozza X.
La trovò, ma era vuota.   O meglio, c’erano solo dei robot.
“Buongiorno signore, in cosa posso esserle utile?”
“Vorrei sporgere reclamo.”
“Certamente signore.   Voglia per cortesia compilare …”
Seguendo le istruzioni delle voci sintetiche compilò una decina di moduli, inserendoli ognuno in una diversa ed apposita fenditura.
“Errore procedurale.  Reset.”
“Che vuol dire?”
“Buongiorno signore, in cosa posso esserle utile?”
“Vorrei sporgere reclamo.”
“Certamente signore.   Voglia per cortesia compilare …”

La voce si perse dietro di lui.   Giovanni aveva già raggiunto il vagone seguente, contrassegnato da una scritta in nero su fondo rosso: “CONTROLLO TECNICO”.
La porta forzava, ma riuscì ad aprirla.   Sulle prime rimase abbagliato dalla luce troppo intensa, poi mise a fuoco la vasta sala tubolare, le pareti interamente foderate di apparecchiature elettroniche che lampeggiavano e ronzavano senza sosta.   Seduti alle console degli umani in camice bianco digitavano tastiere e scrutavano schermi.   Ogni tanto qualcuno si alzava per verificare qualcosa ad un apparecchio, poi riprendeva il suo posto.   Nessuno si era neanche accorto che era entrato un passeggero.
“Scusate, sto cercando il capo-treno.”    Come folgorati, tutti i presenti si voltarono verso di lui.   Occhiaie profonde e visi terrei lo scrutarono per alcuni secondi.
“No,no, lei non può entrare qui, solo personale autorizzato.” Lo investì un pelato che gli andò incontro roteando le braccia come avesse visto chissà che.
“Si ma io sto cercando il capo-treno, forse lei mi può dire dove lo posso trovare?”
“Non ci sono capi su questo treno.”
“E voi cosa siete?”
“Controllo Tecnico, non sa leggere?”
“Siete voi che guidate?”
“No, noi verifichiamo i parametri di tutte le funzioni a le accordiamo alle condizioni esterne che si incontrano ed alla velocità.   Adesso per favore se ne vada, abbiamo da fare qui.   Molto.”
“Guardi principale!   Che dobbiamo fare qui?”
Il tizio agitato corse a smanettare uno dei tanti aggeggi, mentre a Giovanni si avvicinava una signora sulla sessantina, rotondetta e rugosa.   Lo osservava con attenzione attraverso gli occhiali fuori moda, ma almeno sorrideva.
La sala controllo non aveva finestre, ma Giovanni aveva ugualmente la sensazione che il treno stesse ancora accelerando.
“Mi scusi l’ardire, ma non si potrebbe rallentare?”
“E perché mai?  Faremmo ritardo.   E poi non si può.”
“Come non si può rallentare? -  Sibilò Giovanni, controllando un improvviso panico. – E perché?”
“Non si può perché questo treno ha una trazione a retroazione.”
“Cioè?”
“Cioè più energia disspa avanzando, più è efficiente nell’estrarre bassa entropia dall’ambiente, il che gli consente una maggiore dissipazione. – Osservò il vuoto nello sguardo del giovane. – Vuol dire che più accelera e più riceve carburante.   Se rallentasse anche di poco finirebbe col rermarsi e nessuno potrebbe più farlo ripartire.  E’ chiaro adesso?.
Giovanni annuì.
“E lei ci tiene ad arrivare presto a Futurland, no?   Come tutti del resto, no?”
“Si, si che ci tengo, ma non è pericoloso?”
La donna esitò.   “No, no.   Questo è il miglior treno che sia mai esistito.   Stia tranquillo, è tutto sotto controllo.“
“Cioè?”
“Guardi! questi apparecchi permettono il monitoraggio in tempo reale di ogni componente del treno, dell’equipaggio e dei passeggeri.”
“Fantastico, così se andiamo in pezzi lo possiamo sapere subito!”
La signora ridacchiò.  “Lei ha molta fantasia giovanotto, ma mi è simpatico.  Guardi, noi non siamo autorizzati a divulgare informazioni tecniche.   Se vuole può rivolgersi all’amministrazione.”  Soggiunse indicando un angusto corridoio che passava dietro gli scaffali carichi di computer. “Ora la prego di lasciarci lavorare.”

Non aveva terminato la frase che una violenta vibrazione scosse la vettura.
“Capo!  Capo!   E’ saltato il vagone di coda!”
Mentre tutti si precipitavano ai loro apparecchi più concitati che mai, Giovanni si intrufolò nel corridoio.

La paura stava prendendo il sopravvento perfino sull’incazzatura.   Scavalcò diversi cumuli di rottami che facevano un singolare contrasto con la sala iper-tecnologica di prima.   E finalmente raggiunse il vagone dell’amministrazione, ma la porta era sbarrata.

Bussò a più riprese senza altro risultato che sbucciarsi le nocche.   Prese la porta a calci ed a spallate, ma si fece solo male.   Era ben chiusa e di un materiale strano che assorbiva il colpo, per poi restituirlo più forte.    Ma

Giovanni non era tipo da demordere.   Osservò con attenzione la parete ai due lati della porta e vide che era costituita da leggere lamine metalliche malamente avvitate su dei supporti.   Ringraziò di aver mantenuto l’abitudine di avere sempre un temperino multi-lama in tasca.

Con un po’ di pazienza riuscì a svitare un pannello e ad infilarsi carponi nel pertugio.    Dall’altra parte c’era una vasta sala occupata da centinaia di sedie disposte ad emiciclo davanti ad un altro scranno.

L’unica luce proveniva da un tavolino posto al centro dell’emiciclo.   Intorno ad esso un folto gruppo di persone si agitavano e discutevano animatamente.   Il resto della sala era deserta e polverosa, come se fosse abbandonata da molto tempo.

“Non è possibile, questo è un treno.”    Pensò, e per sincerarsi di non avere le traveggole Giovanni  salì una scalinata e toccò i banchi di legno, coperti di mosche morte.   Deve essere un trucco di realtà virtuale, si disse, ma perché?

Silenziosamente si avvicinò alla luce.   Quelli intorno al tavolo un po’ ridevano ed un po’ piangevano, spesso litigavano e si insultavano, ma non si distraevano.   Doveva essere importante.

“Ahem!   Scusate, che posto è questo?   Siamo sempre sul treno?”   Ma nessuno gli rispose, come se non lo avessero neanche sentito.    Si avvicinò di più e ripeté la sua domanda a voce più alta, ma con identico risultato.

Allora si fece coraggio e si avvicinò al tavolino, voleva ben vedere cosa stessero facendo di tanto importante.    Rimase allibito.   Tutti quei distinti signori e quelle signore ben vestite stavano giocando a monopoli.

Giovanni provò ad attrarre la loro attenzione, ma invano.   Pensò allora di buttare all’aria il gioco, o perfino di pugnalare qualcuno col temperino, ma si disse che sarebbe stato inutile.   Se voleva sapere cosa governava il treno doveva trovare il pilota.

Un’altra vibrazione scosse il convoglio e per un attimo la grande sala divenne una nebbia di pixel impazziti, poi tutto tornò come prima.   I giocatori neanche si erano accorti di niente.

Giovanni cominciava a sentire l’amaro in bocca.   Che cazzo stava succedendo? Si affrettò ad uscire dalla sala attraverso un massiccio portone di quercia scolpita, oltre il quale c’era un vasto corridoio.   Sul pavimento una guida rossa semi-distrutta e coperta da un dito di polvere.   Calcinacci caduti dalle pareti abbellite da grandi specchi rococò, ma offuscati dalle ragnatele.   Scaglionati fra gli specchi c’èrano dei candelabri a parete, ma solo poche e consunte candele davano ancora abbastanza luce da permettere di avanzare, sia pure con cautela.
In fondo al corridoio un altro portone, roso dai tarli e dalla ruggine.    Giovanni lo schiuse facendo attenzione a non farselo cadere addosso e salì le scale di marmo che aveva davanti.   Emerse in una piccola stanza dalle pareti tappezzate di libri.   Conosceva ed amava l’odore dei libri antichi, ma qui era ammorbato da quello della polvere e della muffa.

Si guardò intorno smarrito.   In fondo alla sala c’era una finestra panoramica da cui si potevano vedere il muso del treno ed il binario dinnanzi, inghiottito a velocità folle dalla corsa del treno.

Una morsa di terrore gli gelò le ossa.   Il binario non attraversava una placida campagna, ma una sterminata città in rovina.   Ruderi e macerie, a tratti rischiarate dagli incendi.   Un sole morente si intravedeva appena dietro la coltre di fumo e di polvere che offuscava il cielo.   E lontano, ma un lontano che diventava di attimo in attimo più vicino, un’immensa montagna, nuda, compatta ed indifferente come il Fato.    Proprio sulla rotta del treno.

“Calma!   Ci sarà un tunnel.”   Ma qualcosa gli disse che no.   Che non c’era nessun tunnel per attraversare quella montagna.

Lo prese il panico: doveva fermare quella corsa infernale.   Dove diavolo era il pilota?    Si precipitò avanti. Davanti alla finastra c’era un complicato quadro comandi, costellato di spie rosse, tutte lampeggianti.   E riverso sulla consolle uno scheletro roso dai topi ed annerito dal tempo.    Sulle ossa pendevano ancora i brandelli di un elegante abito in stile Ancièn Régime.   La mano dello scheletro stringeva il pomo d’argento di un bastone da passeggio che emergeva al centro della consolle, come una cloche.

Giovanni l’afferrò e la tirò a se, ma il legno troppo vecchio e tarlato si sbriciolò sotto la sua presa ed il treno accelerò ancora.

“To my friend Adam Smith, with all my regard.”    La dedica si leggeva benissimo sull’argento brunito.

giovedì 6 ottobre 2016

Come ridurre i consumi energetici e come cambiare la società attuale.




Molte persone, sensibili ai consumi energetici e alle fosche prospettive future (se non cambia la situazione), si chiedono:

Cosa bisogna fare per ridurre i consumi energetici?

Alcuni suggeriscono che: le singole persone possono fare molto per ridurre il loro impatto energetico, e quindi applicano una o più delle seguenti azioni:

1) Meno carburanti: Usano meno l’auto e vanno a lavoro o con i mezzi pubblici o con la bicicletta;

2) Meno dispersioni: Coibentano la loro casa (cappotto) in modo da ridurre le dispersione di calore;

3) Meno beni: Evitano di comprare beni superflui (che useranno poco o niente, come: 40 paia di scarpe o vestiti, 3 automobili, …);

4) Elettrodomestici efficienti: comprando quelli che consumano meno (classe A) e spegnendo gli apparecchi elettrici quando non sono in uso (invece di lasciarli in stand by);

5) Riuso: Riutilizzano i vestiti dei figli più grandi ai figli più piccoli;

6) Biologico: Utilizzano alimenti biologici coltivati senza l’uso di pesticidi o altro (derivati dal petrolio);

7) Riciclo: questo avviene a livello comunale riciclando i rifiuti.

Per vedere quali azioni sono più incisive nel risparmio energetico, sono stati misurati i consumi TOTALI delle varie famiglie che applicano uno o più di questi metodi; il risultato finale è stato che:

NON C’E’ NESSUNA RIDUZIONE DEI CONSUMI ENERGETICI TOTALI!


Fig. A – Dopo tante azioni, nessuna riduzione dei consumi energetici!

Le prime spiegazioni date per questi risultati, evidenziavano un uso maggiore di un bene/servizio in coincidenza della riduzione degli altri. E anche quando lo si evidenziava a una data famiglia, finiva che si poteva ridurre l’uso di quel bene usato in eccesso, ma automaticamente ne spuntava un altro (nuovo, o consumato maggiormente rispetto al passato).

Ancora oggi, i cittadini sensibili alle problematiche energetiche, chiedono dei metodi per ridurre il loro impatto energetico, ma le risposte non sono state all'altezza delle aspettative, con risultati quasi nulli o solo apparentemente buoni.

Cercherò di chiarire alcuni aspetti rispondendo alle domande più comuni poste.

DOMANDE E RISPOSTE

Domanda.1)
Da cosa dipendono i nostri consumi energetici?

Risposta.1)
A questa domanda si è spesso risposto in modo intuitivo, dicendo che dipendono dalla quantità di combustibili fossili che utilizziamo (carburanti, cherosene da riscaldamento) e dal consumo di energia elettrica.
E difatti, le persone hanno pensato subito a ridurre il consumo di carburanti (usando meno la macchina o prendendone una più efficiente), o a ridurre il consumo di energia elettrica (spegnendo anche gli apparecchi in stand-by, e qualsiasi lucina che vedono accesa).
Il risultato globale è stato che:
non c’è stata nessuna riduzione dei consumi energetici totali!

In realtà i consumi energetici dipendono solo dal nostro reddito dedicato ai consumi (indipendentemente dal fatto che i soldi siano guadagnati o presi in prestito) adeguato al potere d’acquisto del Paese di riferimento.


Fig. B – Reddito da consumi

Ecco perché ridurre i consumi in un dato settore non riduce i consumi totali, in quanto, i soldi risparmiati in un settore, vengono spesi in altri settori.

Secondo la teoria economica neoclassica, le famiglie consumano tutto il loro reddito; oppure considerare la Curva di Engel (economia) che rappresenta la quantità di consumi dei beni al variare del reddito (maggiore è il reddito, maggiori sono i consumi in valore assoluto).

Nella realtà, quando il reddito dedicato agli alimenti è una percentuale piccola del proprio reddito; i consumi si spostano (in percentuale) sempre più in altri settori (viaggi, beni di lusso) e una percentuale crescente viene tesorizzata (non viene spesa, o viene investita in titoli finanziari come obbligazioni, azioni).

Il reddito investito in titoli finanziari non incide nei consumi energetici, anche se può aumentare la ricchezza “apparente” della famiglia; in quanto, finché non verrà utilizzato, è come se non ci fosse; è solo un numero nei computer delle banche, e potrebbe anche succedere che una crisi finanziaria azzeri realmente tali capitali investiti (in Italia è successo con alcune banche, in cui i risparmiatori si sono visti quasi azzerare i loro soldi investiti in obbligazioni della banca).
Ecco perché lo Stato, quando vuole aumentare i consumi, interviene direttamente spendendo per la realizzazione di opere pubbliche; soldi sia presi dalle tasse che dai Titoli di Stato.
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D.2) Se i consumi dipendono dal reddito, allora la crisi economica del 2007/8 avrà inciso sui consumi energetici dell’Europa, mentre non in quelli della Cina?


Fig. C – Consumi energetici di Europa e Cina (*1)
(38% efficienza di conversione dell'energia primaria in energia elettrica)

R.2) Infatti tra il 2006 e il 2009 (prima e dopo la crisi economica del 2007/8) i consumi in Europa si sono ridotti di 140,1 Mtep, mentre salivano in Cina di 351 Mtep.
La riduzione del consumo di combustibili fossili (-142,9 Mtep) non è dovuta alla produzione delle fonti rinnovabili, che ancora erano poco sviluppate (+18,8 Mtep), tanto che, anche l’energia elettrica prodotta è si è ridotta (-32,5 Mtep).

Se consideriamo il periodo dal 2006 al 2014, vediamo che:

- I combustibili fossili si sono ridotti (-288,4 Mtep);
- l'energia prodotta dalle fonti rinnovabili è stata di solo (+72,2 Mtep).

Quindi non è stata la produzione delle fonti rinnovabili a ridurre i consumi di combustibili fossili, riduzione che è stata 4 volte maggiore.

Il PIL Europeo è ricominciato a crescere, dopo la crisi economica, ma i consumi sono continuati a scendere, questo perché molti beni prodotti dall'industria pesate (vedi acciaio in primis) sono importati dalla Cina. Questo fa si che l’Europa abbia l’illusione di riuscire a ridurre i propri consumi energetici, mentre in realtà vengono conteggiata alla Cina, che ha avuto un aumento dei consumi di oltre il 50%, perché è diventata la fabbrica del mondo.


Fig. D – Produzione di acciaio in Cina

Nei consumi dell’Europa si dovrebbe tener conto dell’energia incorporata nei beni e servizi che utilizziamo.
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D.3) Allora a parità di reddito, se l'energia si riduce di prezzo, se ne consuma di più?

R.3) Si.

Può capitare che l'aumento dei consumi rimane nello stesso settore:
- si riduce il costo dei carburanti, allora i soldi risparmiati mi permetto di fare qualche viaggetto in più in macchina, magari il fine settimana;
oppure possono spostarsi in altri settori:
- i soldi risparmiati in energia elettrica, li utilizzo per allungare di qualche giorno le ferie estive.

Alcuni effetti sono diretti e immediati (possibilità di acquistare più beni usando lo stesso reddito); altri invece sono indiretti.

I bassi prezzi del petrolio possono stimolare l'economia dei Paesi consumatori, i quali aumenteranno il loro PIL e quindi il reddito pro-capite delle famiglie che lo potranno dedicare ai consumi; però, nel frattempo si riducono le entrate dei Paesi produttori, nei quali il PIL si riduce e di conseguenza anche i consumi.

Nel lungo periodo ci sarà un adeguamento (riduzione) dei redditi dei lavoratori che lavorano nel comparto dei combustibili fossili, oppure ci saranno dei licenziamenti (in media i redditi si ridurranno).
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D.4) I consumi delle famiglie dipendono dal numero di figli?

Fig. E – Famiglia con figli

R.4) No, se il reddito dedicato ai consumi rimane lo stesso (è il caso in cui sia tutto il reddito disponibile).

I consumi non dipendono dal numero dei figli della famiglia, ma dal reddito totale che la suddetta dedica ai consumi.

Se la famiglia utilizza tutto il proprio reddito (medio/basso) per i consumi: avere o non avere figli non fa differenza (nel presente).

Se invece il reddito della famiglia è medio/alto, in caso di presenza di figli, una percentuale maggiore verrà dedicata ai consumi, mentre si ridurrà quella tesorizzata.

I figli sono poi dei potenziali consumatori che, se c'è abbastanza energia disponibile e hanno possibilità di avere un reddito (lavoro), aumenteranno in futuro i loro consumi. Questo ha fatto si che i consumi energetici mondiali continuassero a crescere nel tempo; ciò non sarà possibile ancora a lungo.

Sarebbe meglio evitare che la popolazione cresca ancora per non esaurire velocemente le risorse energetiche rimaste.
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D.5) Se installo i pannelli fotovoltaici, riduco i consumi di combustibili fossili?


Fig. F1 – Produzione energia da rinnovabili

R.5) Dipende, ma in genere No!Si potrebbero fare tantissimi ragionamenti sugli impianti scollegati dalla rete (che non utilizzano totalmente l’energia prodotta), ma noi prendiamo il caso migliore in cui abbiamo un impianto e tutta l’energia prodotta la immettiamo in rete.

La prima cosa da capire è che c’è differenza tra il costo dell’energia primaria per produrre il PV, e il prezzo di vendita dell’energia elettrica prodotta, che invece è determinato dal mercato alla borsa elettrica, tramite l’equilibrio tra domanda e offerta.

Consideriamo un impianto PV con un EROEI=5.
Possono succedere i seguenti casi:

5.1) Una unità di energia elettrica prodotta, viene venduta allo stesso prezzo di una unità fossile. Questa vendita determina un extra reddito che viene utilizzato per i consumi di beni/servizi, i quali aumentano i consumi di combustibili fossili (in quanto l’energia PV è già stata tutta venduta).


Fig. F2 – Vendita a 1 e consumi extra fossili

I consumi dei fossili salgono vertiginosamente! Chiaramente, potrebbe succedere che una parte del reddito (solo una parte), invece di essere speso in consumi, venga tesorizzato; ma comunque i consumi di fossili salirebbero di meno, ma sarebbero lo stesso in aumento.

5.2) Una unità di energia elettrica prodotta, viene venduta a 1/5 di quella fossile. Questa vendita permette di recuperare le spese effettuate senza generare extra reddito.


Fig. F3 – Vendita a 1/5 e consumi fossili costanti

Esempio:

Una persona mi diceva che, grazie all'uso dei PV, era riuscito ad avere un netto risparmio economico nella bolletta elettrica e si sentiva a posto con la coscienza, perché così aveva ridotto i consumi di combustibili fossili. Poi mi evidenziava come, con i soldi risparmiati/guadagnati aveva fatto una seconda buona azione, quella di mandare sua figlia a studiare in Germania, così si arricchiva pure culturalmente.


Fig. F4 – Consumo di combustibili fossili spostato nei trasporti aerei

Rimase però sconvolto e preferì non continuare la discussione, quando gli evidenziai come: i combustibili fossili che aveva evitato di bruciare nella produzione di energia elettrica, invece venivano consumati da sua figlia per andare e tornare in aereo dalla Germania! Della serie, aveva solo spostato i consumi di combustibili fossili, da un settore (elettrico) a un altro (trasporti aerei).


5.3) L’energia elettrica viene regalata (è così abbondante che il suo prezzo arriva a zero), e si ha la perdita totale del capitale investito.


Fig. F5 – Vendita a zero (regalata) e leggera riduzione dei consumi fossili

Quindi anche nel caso in cui, l'energia rinnovabile produce 100, che sarebbe sufficiente a soddisfare i bisogni energetici, in realtà i consumi dei combustibili fossili si riducono solo del 20%.
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D.6) Allora qual è il metodo migliore e più semplice di ridurre i consumi energetici?

Fig. G - Povertà

R.6) Semplice… diventare poveri!
I poveri non hanno bisogno di ridurre gli sprechi, il loro basso reddito fa già comprare loro solo il necessario.
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D.7) Perché ridurre i consumi energetici, se questo si può ottenere solo diventando poveri?


Fig. H - Shopping

R.7) In realtà, il problema di ridurre i consumi deriva solo dal fatto che, quelli attualmente maggiormente usati (i combustibili fossili) sono esauribili e inquinano l'ambiente.

In presenza di fonti quasi inesauribili o rinnovabili, il problema si sposta solo nel produrre abbastanza energia da poter soddisfare la domanda.
Il problem è che le fonti rinnovabili attuali non riescono a sostenere una società iper-consumistica come quella attuale. (*2)
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D.8) L’aumento d’efficienza dei beni utilizzati, riduce i consumi totali di energia?

R.8) No, ma ha un effetto positivo sul tenore di vita della famiglia, in quanto permette di usufruire di più beni/servizi a parità di reddito.


Fig. I - Lampadina Led (basso consumo)

Una famiglia con un reddito medio-basso potrà permettersi un tenore di vita medio (invece che basso), se i beni che utilizza sono efficienti (costano poco, o consumano poco). E' sicuramente qualcosa di positivo, però non riduce i consumi totali che dipendono solo dal reddito dedicato ai consumi.
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D.9) Se NON volessi scegliere la soluzione della povertà, cos’altro si può fare per ridurre i consumi?


Fig. L - Automazione

R.9) Non c’è bisogno di fare niente, perché la strada è già tracciata e ci porterà a una riduzione mondiale dei redditi delle famiglie e quindi dei lori rispettivi consumi.

- Le industrie di 4° generazione ridurranno gli operai nelle fabbriche;
- l’automazione/informatizzazione dei servizi (bancari, assicurativi, …) sta già riducendo gli impiegati.
- l’agricoltura è già da molto tempo che ha perso gli occupati ed eventuali nuovi occupati in tale settore, non saranno competitivi rispetto alle produzioni agricole industrializzate e automatizzate.

La disoccupazione sarà di massa e strutturale.
In passato tale disoccupazione è stata assorbita da altri settori; travasando gli occupati dal settore agricolo a quello industriale; e da quello industriale al terziario.
Il problema è che non c'è più un altro settore che possa assorbire i disoccupati dei settori precedenti.
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D.10) Gli economisti ci dicono che non ci sono problemi di energia e che sarebbe meglio fare tanti figli in modo che sia possibile pagare le pensioni del futuro (con l’aumento delle entrate fiscali e quindi del PIL). E' giusto?


Fig. M - Pensionati

R.10) C’è già un eccesso di occupati. Una maggiore richiesta di beni verrà ampiamente soddisfatta dall’automazione di 4° generazione. Tale aumento di popolazione non farebbe altro che aumentare i disoccupati in circolazione e aggravare ulteriormente la situazione previdenziale (le persone disoccupate non aumentano il PIL e i consumi). Questo, era un metodo adatto per il secolo passato, in cui l’automazione era limitata e la nascita di nuovi settori assorbiva i disoccupati dell’industria.
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D.11) Quali sono i tempi a disposizione per poter gestire l'innovazione delle industrie di 4a generazione?

R.11) Massimo in 15 anni la rivoluzione avrà occupato ogni settore lavorativo.
Faccio un esempio di ciò che è accaduto negli ultimi 15 anni:

Fig. N – Innovazione tecnologica degli ultimi 15 anni (*3)

A fine 2001, il computer più potente al mondo era ASCI WHITE (vedere le caratteristiche nell’immagine), a 15 anni di distanza, la stessa potenza è disponibile in una scheda (TITAN X) che sta in una mano.
(11 Tflops = 11.000 Miliardi di operazioni matematiche al secondo (in virgola mobile)).

Oggi è possibile creare robot che hanno capacità motorie complesse che prima erano esclusive dell’uomo.I primi beneficiari di tutte le innovazioni attese (pile ad alta capacità, nuove fonti di energia elettrica), saranno proprio loro, i robot!
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D.12) Cosa faranno le persone per mantenersi economicamente?

R.12) Se non si interviene nella modifica del sistema capitalistico la nostra società è destinata a collassare.
In mancanza del reddito delle famiglie, la domanda di beni e servizi crollerà, ed anche le industrie di 4a generazione dovranno chiudere per mancanza di clienti.

Una soluzione potrebbe essere quella di cercare di ottenere un reddito di cittadinanza, ma questo rischia di NON essere sostenibile se le multinazionali continueranno ad evadere le tasse, spostando la loro sede legale nei paradisi fiscali. (Si sta cercando di risolvere questo problema a livello Europeo, mettendo una tassa Europea; è necessaria se non si vuole ridurre la popolazione alla fame).
Tale reddito di cittadinanza (basso), però garantirà un livello basso del tenore di vita, ma anche bassi consumi (siete stati accontentati).

I pochi posti che resteranno saranno quelli per le persone iper-specializzate.


Fig. O – Ricercatore

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D.13) Non possiamo produrre più energia da fonti non fossili in modo da garantire un buon tenore di vita alle persone e nel frattempo rispettare: il clima e l’ambiente?

R.13) Si, certo che si può; ma usare una fonte energetica più economica dei combustibili fossili, non farà altro che spingere ancor più verso l’automazione.


Fig. P - Robot

Robot e computer richiedono energia elettrica per funzionare e più è abbondante ed economica e più sono convenienti da usare.
Quindi è necessario risolvere il problema del lavoro/reddito per le persone.
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D.14) Quindi la nostra società può crollare: sia per mancanza di energia che per abbondante energia economica? Sembra non esserci una soluzione!

Fig. Q - Spaventati

R.14) Il problema è complesso.

a) La necessità di voler ridurre i consumi energetici nasce dal fatto che non abbiamo fonti alternative ai combustibili fossili che possano sostenere questa società.

b) Nel caso in cui queste fonti ci fossero, (innovazioni in quelle attuali: tipo solare ed eolico; oppure invenzione/scoperta di nuove fonti energetiche) l'energia prodotta accelererà ulteriormente l'innovazione tecnologica e l'automazione spinta ai massimi livelli, con la considerazione che: ci saranno miliardi di persone che non avranno un lavoro che renda abbastanza per il loro mantenimento.

Se non si interviene:

- la differenza tra ricchi e poveri si amplierà ulteriormente;
- la disoccupazione diventerà strutturale e di massa;
- la disponibilità delle risorse non sarà garantita nel lungo periodo.

Sono problemi vecchi e nuovi che si stanno per manifestare in modo molto più incisivo che in passato e in tempi molto più brevi del previsto.

Se si risolve il problema di come produrre l'energia, anche il reddito di cittadinanza sarà fattibile con la giusta volontà politica. Il problema di come produrre l'energia è il primo e più importante, ma questo richiede anche dei cambiamenti sociali (reddito di cittadinanza); innovazione tecnologica, scientifica, equilibri geopolitici ecc.
Sono problemi che vanno affrontati a livello mondiale; i singoli Paesi possono fare poco (le multinazionali di 4a generazione sarebbero troppo forti).
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D.15) Chi dovrebbe gestire questi cambiamenti?


Fig. R – Sede ONU

R.15) L'ONU (Organizzazione delle Nazioni Unite), essendo composto da tutte le nazioni del mondo, dovrebbe avere un potere reale a livello mondiale.
Il problema è che: essendo i Paesi sovrani al loro interno, possono non accogliere le direttive dell'ONU; questo avviene specialmente perché ci sono Paesi potenti e privilegiati che vogliono mantenere i loro privilegi a discapito degli altri.

A livello di senso di giustizia, sembra un sopruso dei potenti rispetto ai deboli; caratteristica che sembra essere di tutto il genere umano e non solo di una parte, in quanto: se i Paesi deboli (o persone deboli) diventano forti, tendono ad avere il medesimo comportamento sugli altri.

In realtà, guardandolo dal punto di vista energetico o delle risorse, questo diventa un modo per ottimizzarle.

Nessuno pensa che sia giusto che TUTTI abbiano una Ferrari, solo perché i ricchi ce l'hanno.


Fig. S – Ferrari

Sono privilegi che i ricchi pagano a caro prezzo e che così facendo, finanziano la Ricerca che poi permetterà al resto della popolazione di avere prodotti migliori a bassi prezzi e collaudati pure.

Esempio:
 
Un'auto elettrica (la Tesla) è stata coinvolta in un incidente mortale, perché il suo sistema di guida non ha compreso bene lo stato dei veicoli intorno (un autocarro con una gru) ed ha causato l'incidente (è andata a sbattere sul braccio sporgente della gru); ciò sarà improbabile quando essa sarà disponibile per il grande pubblico, in quanto sarà già stata molto più collaudata.

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D.16) Un’alternativa alla soluzione ONU (del vogliamoci tutti bene)?

R.16) Da qualche anno le banche centrali hanno incominciato a stampare denaro (in realtà lo creano nella memoria dei computer) in quantità enormi, che in altri periodi della storia avrebbero portato l’inflazione a cifre esorbitanti.


Fig. T – Banche centrali

Siccome il contesto è diverso (c'è carenza di domanda di consumi perché le persone stanno perdendo il lavoro o sono più incerte del loro futuro), e anche perché questo denaro non viene iniettato nell'economia reale, ma solo in quella finanziaria, in questo caso l’inflazione non si sta manifestando.

In una società ultra automatizzata, in cui poche multinazionali producono tutto quello che serve (impiegando il lavoro di una piccola percentuale persone ultra specializzate) e non pagano tasse (paradisi fiscali); risulta impossibile per gli Stati poter dare un reddito di cittadinanza (mancando il lavoro, come si mantengono?).

Possibili soluzioni:
1) tassare opportunamente le Multinazionali;

2) nazionalizzare le multinazionali (facendole acquisire dalle banche centrali e quest’ultime ridiventare dello Stato). Chiaramente, essendo poche le multinazionali e vista la loro dimensione, solo le banche centrali più importanti potrebbero fare una cosa del genere (BCE, FED, ...). Questo porta alla conclusione, almeno con la BCE, che l'Europa diventi un unico Stato con un'unica Banca centrale ed un'unica moneta.

3) Creare nuovi settori dove spostare i lavoratori (manutenzione robot); o lavori dove le macchine sarebbero inefficienti.

Forse, quello che sta avvenendo in questi anni, per opera delle banche centrali, è proprio quella modifica al sistema capitalistico che è necessaria, onde evitare che la stragrande maggioranza della popolazione rimanga disoccupata e che si arrivi alle rivoluzioni.

Soluzioni ce ne possono essere più di una, bisogna vedere quale di queste è più adatta.
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D.17) Se la produzione tornasse a livello statale, quest'ultimo non potrebbe aumentarla in modo da garantire benessere a tutta la popolazione?

R.17) Essendo il capitale che si può investire limitato (le risorse sono finite), anche automatizzando il 100% della produzione, questa non potrà andare oltre un certo limite.

Fig. U1 – Produzione di stato stazionario (*5)

Aumentando il capitale investito (automazione), la produzione aumenta fino al limite in cui, l'ammortamento/manutenzione (deprezzamento) degli impianti equivale al capitale investito annualmente.
Sfortunatamente, il capitale energetico che possiamo investire seguirà una curva a campana (aumenterà ancora un pò, per poi incominciare a scendere), questo significa che la produzione, anche se automatizzata, scenderà (se non si utilizzano fonti alternative).


Fig. U2 – Disponibilità dei combustibili fossili

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D.18) Come possiamo evitare che la produzione diminuisca troppo?

R.18) Ogni innovazione tecnologica permette alla curva di produzione di poter salire di una certa quantità (*6). Se l'innovazione è continua, essa permette di:
- ottenere di più (produzione) a consumi costanti (energia);
- mantenere la produzione a consumi decrescenti di energia.

Fig. V – Equivalenza tra beni

Quello che è più importante, non è la quantità di beni, ma la quantità di servizi integrati.

Ogni tanto l'innovazione fa passi da gigante portando enormi benefici alle persone, questo è accaduto con:
- i computer, i cellulari, Internet, ...
- la dematerializzazione (portare tutto il possibile in digitale: beni e servizi) è chiaramente un metodo per ottimizzare le risorse;
- la medicina (genetica) si spera faccia grandi passi in avanti; per esempio: il trattamento dei malati di diabete, ha costi enormi in tutto il mondo.

Questo ci fa capire perché: la continua innovazione tecnologica è per noi una necessità.
Sfortunatamente, non in tutti i settori il progresso tecnologico procede velocemente; in alcuni i benefici sono limitati (l'energia per fondere una tonnellata di ferro sarà sempre quella).

Quindi, la produzione di energia non deve scendere oltre un certo livello, perché se no, anche con l'innovazione (che richiede investimenti in Ricerca), non si riuscirebbe a garantire alle persone neanche il minimo necessario.
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Considerazioni finali

Come abbiamo visto, per risolvere i problemi complessi, spesso, le soluzioni migliori non sono quelle più semplici e intuitive, oppure quelle mosse dalle buone intenzioni.
(La strada per l'inferno è lastricata di buone intenzioni)

Si dovranno prendere delle decisioni che, in base al punto di vista da cui le si guarda, potrebbero non essere considerate giuste (acquisti delle banche centrali), ma che poi potrebbero portare a quei cambiamenti necessari per fare in modo che non crolli tutta la società civile.
La politica dovrà giocare un ruolo importante: dovrà gestire l'economia.
Lo Stato dovrà essere in grado di garantire un sufficiente accesso ai beni prodotti dalle multinazionali (che potrebbero essere a partecipazione Statale, visto gli acquisti delle banche centrali); oppure facendo pagare: le tasse, le licenze o vincolando i prezzi (*4). Chiaramente parliamo di grandi Stati o federazioni di Stati.

Il ritorno alle monete nazionali e alla svalutazione, potevano andare bene per il secolo passato (in cui c'erano le risorse energetiche per poter aumentare la produzione), ma non andranno più bene per il futuro, in cui:
- le differenze economiche tendono ad aumentare (scomparsa ceto medio);
- l'automazione porterà alla disoccupazione strutturale di massa;
- le risorse tendono ad esaurirsi.


Sarebbe opportuno capire qual'è l'obbiettivo che si vuole raggiungere:
- E' più importante l'interesse dei pochi straricchi?
- qual'è il valore della vita delle persone?
- qual'è la strada che il genere umano dovrebbe percorrere?


Fig. Z – Seconda stella a destra, questo è il cammino, e poi dritto fino al...

Il mercato, anche nella situazione ideale di perfetta concorrenza, siccome promuove l'interesse individuale, non porta al massimo benessere sociale (che è dato dalla differenza tra i guadagni sociali e quelli privati (*7)).

Regolando opportunamente il mercato (a livello internazionale), magari si ritornerà alle famiglie di una volta, in cui c'era solo un genitore che lavorava fuori, mentre l'altro si occupava della casa e del figlio/i.
Sarebbe anche una vita più vivibile.

Se la politica tornerà ad avere un ruolo centrale e se l'economia verrà regolata a livello internazionale, una parte delle risorse umane liberate dall'automazione, potrebbero essere impiegate:
- per ottimizzare il rendimento delle fonti energetiche rinnovabili;
- per inventare nuove fonti di energia.

Avendo l'energia e le persone disponibili, magari si potrebbero impiegare molte più persone nella Ricerca, per: aumentare le nostre conoscenze sull'ambiente e su tutto il resto dell'Universo.

By Alessandro Pulvirenti
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Note:
(*1): Fonte dati energetici: bp (http://www.bp.com/en/global/corporate/energy-economics/statistical-review-of-world-energy.html)

(*2): Ce la facciamo a sostituire i fossili con le rinnovabili prima che sia troppo tardi? (http://ugobardi.blogspot.it/2015/09/ce-la-facciamo-sostituire-i-fossil-con.html)

(*3): Lista semestrale dei supercomputer più veloci al mondo (https://www.top500.org/lists)

(*4): Microeconomia - McGrawHill - Bominick (pag. 183: Regolamentazione del monopolio)

(*5): Macroeconomia - Pearson - Sloman - 8a edizione (pag. 285: Produzione di stato stazionario)

(*6): Macroeconomia - Pearson - Sloman - 8a edizione (pag. 290: Crescita economica in presenza di progresso tecnologico)

(*7): Microeconomia - McGrawHill - Bominick (pag. 258: Economia del benessere)

martedì 4 ottobre 2016

La Giornata sull'Economia Circolare all'Università di Firenze. L'intervento del Rettore

Di Luigi Dei - Rettore dell'Università di Firenze

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Il mio intervento al corso di formazione “Economia Circolare – La Gestione Sostenibile dei Rifiuti”, oggi in Aula Magna del Rettorato.

Buongiorno a tutte e tutti, ho voluto ritagliare cinque minuti nella mia agenda super-piena di oggi per recare un saluto a questo corso di formazione che rientra nei temi di Unifi-sostenibile, gruppo di colleghe e colleghi che ringrazio per il lavoro che svolgono sotto la guida del mio Delegato Ugo Bardi.

L’uomo da sempre, nel suo progresso, ha guardato alla natura come ad un “magazzino” infinito fatto di tante stanze chiuse a chiave da aprire grazie alla creatività e alla curiosità. E trovando via via le chiavi appropriate ha scoperto la pietra focaia, la legna che innescata da scintille produce energia radiante e calore se opportunamente alimentata da aria, l’olio che brucia e c’illumina, i metalli, le leghe, le pietre tal quali oppure trattate col calore a formare calce e poi mura, fin quando poi ha scoperto le stanze-miniere della pietra nera che dà molta più energia della legna, per poi approdare con la chiave più complicata ad aprire il ripostiglio più impensabile, quello che sta molto sotto la pelle del pianeta o addirittura sotto la pelle coperta da centinaia di metri di acqua salata. Insomma il nero liquido vischioso che ci dà calore, energia e tante, tantissime molecole senza le quali questa stanza diventerebbe spoglia e non utilizzabile e noi stessi all’istante pressoché nudi!!

Questo ultimo ripostiglio non è infinito – lo sappiamo – e poi qualche problemino, pur con le dovute cautele ad evitare un’assurda demonizzazione, che si chiama inquinamento, danni all’ambiente e incremento esponenziale dei rifiuti lo possiede. Allora abbiamo bisogno di una vera e propria rivoluzione dei materiali che cominci a marciare fin da subito e la scommessa è proprio quella di trovare altre chiavi per aprire altre stanze del magazzino natura, magari spostando l’attenzione un po’ lontano da noi, verso il sole o il vento, oppure sotto i nostri piedi – la crosta terrestre su cui passeggiamo durante il nostro breve viaggio di ricercatori scientifici. O infine riflettendo che ormai la natura si sta iper-popolando anche dei nostri rifiuti, perché a furia di aprire ripostigli e predare la natura abbiamo costruito tante belle cose le quali, però, come tutto, deperiscono lasciandoci montagne di rifiuti, che diventano in qualche modo “natura” anch’essi, sebbene molto sui generis.

Le cose di cui parlerete mi pare recepiscano questa istanze di trovare altri comparti della natura che ci possano dare una mano a risolvere i problemi di oggi e magari anche quelli di domani. Insomma abbiamo un’immensa casa con due stanze importanti e un fantastico balcone. La prima stanza è un ripostiglio in cui sono custodite materie di inestimabile valore, la seconda è una sorta di resede in cui accumuliamo le cose che non servono più. Per secoli e millenni il primo ripostiglio è rimasto pressoché intonso e la resede quasi vuota. Ora il ripostiglio si sta svuotando rapidamente e la resede è un coacervo di materiali dei più variegati esito di percorsi trasformativi abbastanza complicati. Il ripostiglio è la crosta terrestre, la resede è la discarica dei rifiuti. Con le cose del primo ripostiglio abbiamo arredato meravigliosamente bene tutte le stanze della nostra immensa casa, ma ora la resede è insufficiente per tutto ciò che non c’interessa più. Forse dobbiamo interrogarci su come eseguire una pausa in questo forsennato depredare il ripostiglio e rendere tracimante la resede, per salvaguardare il resto della casa, perché lì viviamo!

E se uscissimo un po’ sul balcone, che abbiamo trascurato dandogli scarsa importanza? Lì c’è vento, sole, luce e sulle piante che lo ornano tanto verde clorofilla. Magari meditando e studiando troviamo le soluzioni proprio in terrazza. Grazie.

sabato 1 ottobre 2016

Alzheimer come risultato di processi di combustione? Come al solito, sappiamo cosa non dovremmo fare, e continuiamo a farlo




Particelle di magnetite nel cervello umano. Dal recente articolo di Barbara Maher et al. Non si sa esattamente che effetto facciano alla salute del cervello umano, ma sicuramente non fanno bene


Particelle di ossido di ferro come una delle cause dell'epidemia di Alzheimer? Questo recente articolo su PNAS suggerisce che sia così, dai risultati di un'esplorazione del cervello umano che ha rilevato la presenza di particelle di ossido di ferro (magnetite) in molti campioni. Sono di grandezza dell'ordine del decimo di micron, talmente piccole che, evidentemente, passano attraverso la barriera ematoencefalica dopo che uno le ha respirate.

Gli autori usano la classica prudenza dei testi scientifici. Spiegano che la magnetite è un materiale chimicamente attivo e che la sua presenza nel cervello umano potrebbe essere una causa di Alzheimer, man non c'è la certezza che lo sia.

Questa è una classica difficoltà con tutti gli studi che ci sono stati sulla questione delle "nanoparticelle". Chiaramente le si trovano in varie zone del corpo umano; ma è anche vero che provare la correlazione fra nanoparticelle e patologie è sempre difficile; a volte impossibile. E non è nemmeno il caso di dare la colpa a queste particelle per tutti i vari guai che ci affliggono.

D'altra parte, è anche vero che non si può aspettare che una bomba esploda prima di mettersi a disinnescarla. Sappiamo che queste particelle metalliche si formano principalmente il risultato di processi di combustione: motori, macchinari, processi, veicoli, ecc. Anche gli inceneritori danno probabilmente un contributo anche se non sono la causa principale del problema.

Insomma, la nostra mania di bruciare cose ci fa danni. E, come sempre, sappiamo cosa non dovremmo fare, e continuiamo a farlo

http://www.pnas.org/content/113/39/10797.full 

(se ne volete una copia, scrivetemi a ugo.bardi(cosinostrambo)unifi.it)


mercoledì 28 settembre 2016

Cinque miliardi di anni di approvvigionamento energetico: la “stereosfera” e la rivoluzione fotovoltaica in arrivo

Da “Cassandra's legacy”. Traduzione di MR

di Ugo Bardi


Sembra che oggigiorno sia popolare pensare che l'energia fotovoltaica sia solo una “estensione” dell'energia fossile e che questa svanirà non appena finiremo i combustibili fossili. Ma il fotovoltaico è molto di più di un'estensione dell'energia fossile, è una grande rivoluzione metabolica dell'ecosistema, potenzialmente in grado di creare una “stereosfera” analoga alla “biosfera” che potrebbe durare quanto l'intero ciclo di vita che rimane all'ecosistema terrestre e probabilmente molto di più. Ecco alcune mie riflessioni, non intese come l'ultima parola sul tema, ma parte di una studio che sto portando avanti. Potete trovare di più su un tema simile in un mio articolo su Economia biofisica e qualità delle risorse  (Biophysical Economics and Resource Quality – BERQ).   


“La vita non è altro che un elettrone che cerca un luogo in cui riposarsi” è una frase attribuita a Albert Szent-Györgyi. Ed è vero: la base della vita organica per come la conosciamo è il risultato del flusso di energia generato dalla fotosintesi. La luce solare porta un elettrone ad uno stato energetico più alto nella molecola di clorofilla. Poi, l'elettrone eccitato giunge a riposare quando una molecola di CO2 reagisce con l'idrogeno strappato da una molecola di H2O per formare le molecole organiche che sono alla base degli organismi. Questa energia supporta la sostituzione delle molecole degradate di clorofilla e dei cloroplasti che le contengono, con molecole nuove. Il ciclo viene chiamato “metabolismo” ed è in corso da miliardi di anni sulla superficie della Terra. Continuerà ad andare avanti finché ci sarà luce solare per alimentarlo e i nutrienti necessari che possono essere estratti dall'ambiente.

Ma, se la vita significa usare la luce per eccitare un elettrone ad uno stato energetico più alto, ne segue che la clorofilla non è la sola entità che lo può fare. Nella figura all'inizio di questo post, vedete l'equivalente a stato solido di una molecola di clorofilla: una cella fotovoltaica a base di silicio. Questa porta un elettrone ad uno stato energetico più alto, poi questo elettrone trova riposo dopo aver dissipato il suo potenziale tramite reazioni chimiche o processi fisici. Ciò comporta l'uso di potenziali generati per costruire nuove celle fotovoltaiche e le strutture relative per sostituire quelle degradate. Analogamente al metabolismo biologico, possiamo chiamare questo processo “metabolismo a stato solido”. Quindi, le similitudini fra la catena metabolica basata sul carbonio e quella basata sul silicio sono molte. Così tante che potremmo coniare il termine “stereosfera" (dal termine greco che significa “solido”) come l'equivalente a stato solido della biosfera. Sia la biosfera sia la stereosfera usano la luce solare come il potenziale energetico per conservare il ciclo metabolico e costruiscono strutture metaboliche usando i nutrienti presi dall'ambiente della superficie terrestre.

I nutriente principale della biosfera è il CO2, preso dall'atmosfera, mentre la stereosfera consuma SiO2, prendendola dalla geosfera. Entrambe le catene metaboliche usano molti altri nutrienti: la stereosfera può ridurre gli ossidi di metalli come alluminio, ferro e titanio ed usarli come elementi strutturali o funzionali nella loro forma metallica, mentre la biosfera usa principalmente polimeri di carbonio per questo scopo. La biosfera immagazzina informazioni principalmente in molecole specializzate a base di carbonio chiamate acidi desossiribonucleici (DNA). La stereosfera le immagazzina principalmente in componenti a base di silicio chiamati “transistor”. Gli attuatori meccanici vengono chiamati “muscoli” nella biosfera, e sono basati sui filamenti di proteine che si contraggono in conseguenza del cambiamento dei potenziali chimici. Gli elementi meccanici equivalenti della stereosfera vengono chiamati “motori” e sono basati sugli effetti di campi magnetici sugli elementi metallici. Per ogni elemento di uno di questi sistemi è possibile trovare un equivalente funzionale dell'altro, anche se la loro composizione e i loro meccanismi di funzionamento sono di solito completamente diversi.

Una grande differenza fra i due sistemi è che la biosfera è basata su cellule microscopiche che si auto riproducono. La stereosfera, invece, non ha cellule riconoscibili e l'unità più piccola che si auto riproduce è una cosa che potrebbe essere definita “fabbrica di impianti solari che si auto riproduce”. Una fabbrica che può costruire non solo impianti solari, ma anche nuove fabbriche di impianti solari. Ovviamente, un'entità del genere comprende diversi sottosistemi per estrazione, trasporto, lavorazione, assemblaggio, ecc. e deve essere molto grande. Oggi, tutti questi elementi sono incorporati nel sistema chiamato “sistema industriale,” definibile anche come "tecnosfera"). Questo sistema è alimentato, attualmente, principalmente da combustibili fossili ma, in futuro, verrà trasformato in qualcosa di alimentato completamente dalla dissipazione dei potenziali dell'energia solare. Questo si può fare finché il flusso di energia generata dal sistema è maggiore o uguale all'energia necessaria ad alimentare il ciclo metabolico. Questo requisito sembra essere ampiamente soddisfatto dalle attuali tecnologie fotovoltaiche (ed altre tecnologie rinnovabili).

Una questione cruciale di tutti i processi metabolici è se l'approvvigionamento di nutrienti (cioè i minerali) può essere mantenuto per lungo tempo. Riguardo alla biosfera, evidentemente, è così: i cicli geologici che riformano i nutrienti necessari sono parte del concetto di “Gaia”, il sistema omeostatico che ha mantenuto viva la biosfera per quasi quattro miliardi di anni. Riguardo alla stereosfera, gran parte dei nutrienti necessari sono abbondanti nella crosta terrestre (silicio ed alluminio sono quelli principali) e facilmente recuperabili e riciclabili se è disponibile energia sufficiente. Naturalmente, la stereosfera avrà bisogno anche di metalli che sono rari nella crosta terrestre, ma lo stesso requisito non ha impedito alla biosfera di persistere per miliardi di anni. La geosfera può riciclare gli elementi chimici tramite processi naturali, ammesso che questi non vengano consumati a tassi eccessivamente rapidi. Questo è ovviamente un problema complesso e non possiamo escludere che il costo del recupero di alcuni elementi rari si rivelerà essere un ostacolo fondamentale alla diffusione della stereosfera. Allo stesso tempo, tuttavia, non ci sono prove che questo non sarà possibile.

Quindi, la stereosfera si può espandere sulla superficie terrestre e diventare un ciclo metabolico grande e duraturo? In linea di principio, sì, ma dovremmo tenere conto di un grande ostacolo che potrebbe impedire che si verifichi questa evoluzione. Si tratta del “Effetto Allée”, ben noto per la biosfera e che, per analogia, dovrebbe essere valido anche per la stereosfera. L'idea dell'effetto Allee è che esiste una dimensione minima di una popolazione biologica che le permette di essere stabile. Troppo pochi individui potrebbero non avere risorse sufficienti e interazioni reciproche da resistere alle perturbazioni ed evitare l'estinzione. Nel caso della stereosfera, l'effetto Allée significa che c'è una dimensione minima della fabbrica che auto riproduce gli impianti solari che le permetterà di auto sostenersi e di durare a lungo. Abbiamo raggiunto il “punto di svolta" che porta a questa condizione? Attualmente è impossibile dirlo, ma non possiamo escludere che sia stato raggiunto o che sarà raggiunto prima che l'esaurimento dei combustibili fossili porterà al collasso dell'attuale sistema industriale.

La questione successiva è se una stereosfera che si auto sostiene possa coesistere con la biosfera organica. Secondo la legge di Gause, ben nota in biologia, due diverse specie non possono coesistere nella stessa nicchia ecologica. Di solito una delle due deve estinguersi o essere marginalizzata. I sistemi a stato solido e fotosintetici sono in competizione fra loro per la luce solare, quindi se l'efficienza della trasduzione dei sistemi a stato solido dovesse rivelarsi più alta di quella dei sistemi fotosintetici, si potrebbe espandere a scapito della biosfera. Ma non è una cosa ovvia. Le celle FV oggi sembrano essere più efficienti delle piante fotosintetiche in termini della percentuale di energia solare trasformata, ma dobbiamo considerare tutto il ciclo vitale dei sistemi e, attualmente, una valutazione affidabile è difficile. Dovremmo tenere conto, comunque, che le creature a stato solido non hanno bisogni di acqua liquida e di ossigeno, non sono limitate dai nutrienti locali e possono esistere in una gamma molto più ampia di temperature rispetto a quelle biologiche. Ciò significa che la stereosfera può espandersi ad aree proibite alla biosfera: deserti aridi, cime di montagne, deserti polari ed altro. Le creature basate sul silicio sono anche scarsamente condizionate dalle radiazioni ionizzanti, quindi possono sopravvivere nello spazio senza problemi. Queste considerazioni suggeriscono che la stereosfera potrebbe occupare aree e volumi dove non si troverebbe in diretta competizione con la biosfera.

Le caratteristiche della stereosfera le permettono anche la capacità di sopravvivere alle catastrofi che potrebbero danneggiare profondamente la biosfera e che alla fine ne causeranno l'estinzione. Per esempio, la stereosfera potrebbe sopravvivere ad un cambiamento climatico improvviso (anche se non ad una “Catastrofe di Venere” del tipo di cui parla James Hansen). Sul lungo termine, in ogni caso, la biosfera terrestre è destinata ad essere sterilizzata dall'aumento dell'intensità della radiazione solare in tempi di più o meno un miliardo di anni. La stereosfera non verrebbe colpita da questo effetto e potrebbe continuare ad esistere per i cinque miliardi di anni in cui il sole rimarrà nella sequenza principale. Probabilmente, potrebbe persistere molto più a lungo, anche dopo le complesse trasformazioni che porterebbero il sole a diventare una nana bianca. Una nana bianca potrebbe in realtà alimentare sistemi FV forse per un trilione di anni!

Una serie di mie considerazioni più dettagliate su un tema collegato si possono trovare in questo articolo su “Biophysical Economics and Resource Quality”, BERQ. 


Note:

1. Qui non parlo del fatto che la possibile emersione della stereosfera  sia una cosa buona o cattiva dal punto di vista della specie umana. Potrebbe darci miliardi di anni di prosperità o portarci ad una rapida estinzione. Tuttavia sembra improbabile che gli esseri umani sceglieranno se vogliono averla o no sulla base di argomentazioni razionali mentre hanno ancora il potere di decidere qualcosa su questa materia. 

2. Il concetto di sistema metabolico terrestre chiamato stereosfera non è equivalente e probabilmente nemmeno simile, all'idea di “singolarità tecnologica” che suppone un aumento molto rapido di intelligenza artificiale. La “fabbrica di impianti solari che si auto riproduce” non dev'essere più intelligente di un batterio, deve solo immagazzinare un progetto di sé stessa e le istruzioni sulla replicazione. L'intelligenza non è necessariamente utile alla sopravvivenza, come potrebbero scoprire gli esseri umani con loro dispiacere nel prossimo futuro. 

3. Circa la possibilità di una sfera di Dyson alimentata dal FV intorno ad una nana bianca, vedete questo articolo di Ibrahim Semiz e Salim O˘gur.

4. L'idea di “vita basata sul silicio” è stata resa celebre per la prima volta da Stanley Weinbaum, che ha proposto la sua “Il mostro della piramide” nel suo racconto breve "Un'odissea marziana”, pubblicato nel 1933. Il mostro sgraziato di Weinbaum non potrebbe esistere nell'universo reale, ciononostante è stata un'intuizione notevole.




venerdì 23 settembre 2016

LA CASCOLA DEL CAPITALE



La cascola è un fenomeno ben conosciuto dai contadini: si dice così quando gli alberi lasciano cadere i frutti ancora acerbi o addirittura i fiori.   Questo avviene quando all'inizio della fioritura le condizioni sono ideali: clima mite, acqua abbondante, terreno fertile, pochi parassiti, ecc.   Poi, in un momento qualunque prima della maturazione, tutta o buona parte della produzione cade a terra, precipitando il proprietario in depressione.    A maggior ragione perché, di solito, questo avviene proprio negli anni in cui tutto lasciava sperare un eccellente raccolto.

Di volta in volta la causa diretta è diversa.   Può trattarsi di un improvviso colpo di freddo o di caldo, dell’arrivo di un parassita, di una siccità (come questo anno) e molto altro ancora.   Ma dietro tutto ciò vi è sempre lo stesso identico fenomeno termodinamico: un flusso di energia insufficiente a mantenere tutti i tessuti prodotti dalla pianta.

Quando le condizioni sono favorevoli, le piante sfruttano infatti l’occasione per crescere il più possibile e, se è stagione di fioriture, per mettere in cantiere una gran massa di frutti.   Ma se le condizioni peggiorano prima della maturazione, la pianta si trova a non poter portare avanti una tale massa di tessuti in crescita.

Seccare i piccioli per lasciare cadere le frutta è quindi l’unica strategia che le consente di sopravvivere.   E se le condizioni continuano a peggiorare, lo stesso avviene con le foglie.   In altre parole, la pianta riduce il proprio capitale per riportarlo in equilibrio con il flusso di energia disponibile.

Più in generale, un qualunque sistema complesso posto in difficoltà comincia a sacrificare la propria periferia per salvaguardare il cuore del sistema.   Nel caso degli alberi, la ceppaia dal colletto in giù.   Quando muore anche quella è davvero finita.   Ma fenomeni riconducibili alla medesima dinamica si ritrovano anche negli animali, che ingrassano e dimagriscono.   Durante le carestie possono abortire e, in certi casi, addirittura mangiare i propri cuccioli. Lo stesso accade a livello di popolazioni, che solitamente crescono ai limiti del possibile nei momenti favorevoli, per poi diminuire in modo più o meno drammatico quando le condizioni si fanno avverse.

Tutti questi non sono che casi particolari di un unico fenomeno che possiamo definire “eccesso di capitale” sotto forma di individui, tessuti, semi, eccetera.   In termini sistemici, si tratta di uno sbilanciamento tra flussi e riserve.   Non può durare e si bilancia aumentando i flussi, riducendo le riserve o una combinazione dei due.   Ma una simile condizione di disequilibrio non può durare, inevitabilmente accadrà qualcosa che riporta il sistema in pari.

Qualcosa di strettamente analogo accade alle società umane nel loro complesso. Quando le condizioni sono favorevoli, le società accumulano capitale.   Non necessariamente sotto forma di denaro.   Anzi, questo accumulo prende soprattutto la forma di persone, costruzioni, opere d’arte e dell’ingegno, ricerche scientifiche, e qualunque altra cosa possa essere accumulata sotto forma di materia e/o informazione.

Ma man mano che il capitale cresce, crescono le quantità di energia che devono essere devolute al suo mantenimento perché qualunque cosa ha bisogno di manutenzione e la manutenzione si fa comunque dissipando energia.   Così, quando le condizioni si fanno meno favorevoli, la società si trova a non potersi più permettere di mantenere tutto quello che con grande soddisfazione aveva accumulato.

A livello individuale, quanta gente acquista la casa più bella e più grande che può, per poi doverla rivendere o lasciare andare in malora se le sue entrate diminuiscono e le spese aumentano?  

Qualcosa di strettamente analogo succede a livello collettivo con l’accumulo di infrastrutture ed oggetti, ma anche con l’accumulo di informazione sotto tutte le forma possibili.   E non dimentichiamo che il “capitale umano” è anch'esso parte integrante del capitale di una società.   In fondo, il denaro è di gran lunga la meno importante fra tutte le forme di capitale.

Oggi si parla molto e molto a proposito della riduzione della disponibilità di energia netta.   Una riduzione che secondo alcuni è già in corso e secondo altri avverrà più o meno a breve.   Solo i più sfrenati ottimisti si immaginano un futuro con flussi di energia netta costanti o addirittura in aumento. Possibile?   Penso di no, ma se anche fosse non cambierebbe molto perché, in questo caso, aumenteremmo il nostro capitale fino a raggiungere comunque un punto di crisi.
In ogni caso, l’altra faccia della diminuzione del flusso di energia netta è l’eccesso di capitale in tutte le sue forme.   Troppa gente, troppi oggetti, troppe infrastrutture, forse perfino troppe conoscenze.   Troppo di tutto.
La pasciona petrolifera ci ha consentito di accumulare in un secolo più di quanto avessimo fatto nell'intera nostra storia, da quando Homo sapiens esiste.   Che il picco dell’energia sia ora o fra 10 anni, che lo sviluppo del fotovoltaico galoppi o meno, qualunque cosa faremo, non potremo permetterci di mantenere tutto questo.   E questo significa fare delle scelte difficili.   Spesso dolorose, ma necessarie.

Le piante scelgono e lasciano cadere i frutti, ma conservano almeno parte delle foglie, i rami e le radici principali.    Gli animali digeriscono prima il loro grassi e solo dopo il tessuto muscolare.   Se necessario, uccidono i cuccioli (che morirebbero comunque), non gli adulti (che potranno fare altri cuccioli).
Anche noi, a livello collettivo, stiamo facendo esattamente questo.   Senza dirlo, ma stiamo scegliendo cosa abbandonare e cosa mantenere.   Guardatevi intorno e guardate i bilanci.   Ci sono tagli un po’ dappertutto, ma non nella medesima percentuale.

Ci sono settori che sono in via di rapido e totale smantellamento; altri sottoposti a cure dimagranti più o meno dure, mentre su alcuni settori convergono i fondi così liberati.   La scelta non ha niente di casuale, riflette semplicemente la scala delle priorità dei decisori.   Una scala che, al di là delle lamentele, la maggior parte delle persone sostanzialmente condividono.  

A esempio, fra sovvenzionare le aree protette oppure la sanità, fra sostenere i musei o le attività economiche praticamente nessuno ha dei dubbi.   Altri casi sono più controversi, ma comunque il fenomeno riguarda anche gli averi e la vita delle persone.

In questa fase, il cuore finanziario del sistema globale sta lasciando cadere le classi lavoratrici e medie per mantenersi in vita e, si spera,  generare nuova frutta quando le condizioni torneranno a migliorare.   Una promessa cui, bene o male, la maggior parte di noi continua sotto sotto a voler credere.   Ed è proprio questo che tiene la nostra società inchiodata sul binario morto dove si trova.

Nella scelta obbligata fra cosa conservare e cosa sacrificare continuiamo a scegliere ciò che pensiamo ci possa servire per restare ancora un poco sul ramo, anziché cosa potrà servire ai semi caduti per germinare e dare in futuro nuovi alberi.



martedì 20 settembre 2016

Alcune riflessioni sul crepuscolo dell'era del petrolio – parte terza

Da “Cassandra's Legacy”. Traduzione di MR
Guest post di Louis Arnoux

Parte prima.

Parte seconda

Parte terza - Trovarsi leggermente oltre il bordo del dirupo


La “Sindrome della Fatina dei Denti” che ho discusso nella seconda parte è, dal mio punto di vista, la ragione fondamentale per cui coloro che si attaccano al BAU afferreranno qualsiasi pezzo di informazione che potesse in qualche modo e superficialmente sostenere la loro ideologia e li piegarono perché si adattassero al loro punto di vista, generando nel processo molta confusione.

Probabilmente è anche giusto dire che i sostenitori delle varie versioni della “transizione energetica” non sono immuni da questo tipo di sindrome quando ignorano i problemi esplorati nelle parti prima e seconda. E' possibile andare oltre ad una tale confusione?

La necessità di allontanarsi dell'ideologia


L'impatto della “sindrome della Fatina dei Denti” è molto più sentita nei media principali e fra i politici – col risultato finale che molte persone comuni (e molti esperti) finiscono per diventare molto confusi su cosa pensare e fare in materia energetica.   In particolare, spesso incontriamo articoli che sostengono, anche in modo sensazionalistico, diverse tecnologie di transizione energetica; oppure che le rifiutano sottolineando ciò che presentano come caratteristiche problematiche senza nessuna profondità di analisi.

Per esempio, in una discussione recente fra esperti energetici è stato sottolineato un articolo del 2013 del Daily Mail come caso emblematico. [1] Il Regno Unito sta infatti installando diversi generatori diesel costosi e sovvenzionati da usare come sostituti nei momenti di basse forniture energetiche da parte dei generatori eolici.  Questo articolo presentava questa politica come molto problematica ma non metteva le cose in prospettiva riguardo a quello che tali problemi ci dicono sulle sfide di una qualsiasi “transizione energetica”.

In Nuova Zelanda, dove ho vissuto quasi metà della mia vita prima del ritorno alla mia cara Provenza (modalità De reditu suo, per far l'occhiolino ad un post precedente di Ugo ), circa il 73% dell'elettricità è ritenuta rinnovabile (con il 60% di idroelettrico, il 10% di geotermico, il 3% di eolico e circa lo 0,1% di FV); l'equilibrio viene generato da gas e carbone.

C'è una politica per raggiungere il 90% di rinnovabili per il 2025. Ora, con quel mix abbiamo avuto per molti anni una cosa simile a quella che il Regno Unito sta costruendo, con un numero di generatori sostitutivi di emergenza distribuiti senza che questo fosse un gran problema.

Le principali differenze che vedo col Regno Unito sono che (1) in NZ ci sono solo 5 milioni di persone che vivono in un'area che è circa la metà di quella della Francia (quindi il problema principale è una questione di produzione rinnovabile pro capite) e (2) il sistema è in gran parte idroelettrico, quindi incorpora una grande quantità di immagazzinamento di energia, chi i “vivaci” kiwi hanno imparato a gestire molto bene. Ne segue che qualche generatore diesel o a gas lì non è un gran problema. Al contrario, il Regno unito dal mio punto di vista ha di fronte un grosso problema a diventare “verde”.

L'esempio sopra illustra la necessità di districarci dall'ideologia e guardare accuratamente nelle specifiche dei sistemi quando consideriamo materie come il potenziale delle varie tecnologie come turbine eoliche, FV, veicoli elettrici e così via, così come i fattori di capacità ed i livelli di EROI nel contesto del diventare 100% rinnovabili.   Troppo spesso, problemi vitali continuano ad essere evitati sia dal partito BAU che da quello non BAU, ma ignorarli spesso porta a “soluzioni” erronee e persino pericolose. Così, come conclusione di questa serie in tre parti focalizzata sul “Indagare l'appropriatezza della domanda”, ecco alcuni problemi fondamentali che vedo davanti a noi (l'elenco non è esaustivo):

“Apocalypse now”


Perlomeno dai primi anni 70 e dal lavoro dei Meadows, abbiamo saputo che il mondo industriale globalizzato (MIG) è su una rotta di autodistruzione, cioè BAU (Business as usual). Ora sappiamo che viviamo nella parte finale del processo, la fine dell'era del petrolio, che sta facendo precipitare quello che ho chiamato il Re Drago del “fallimento petrolifero”, in stile Seneca, cioè dopo una lenta e relativamente dolce ascesa (cioè “crescita economica”) siamo all'inizio di una caduta improvvisa da un dirupo termodinamico.

Il problema principale è il cambiamento dell'intero sistema. Ciò significa che la chiave è pensare in termini di sistemi complessivi in cui la termodinamica dei sistemi complessi operano molto lontani dell'equilibrio.

In termini di epistemologia e di metodi, ciò richiede quello che in antropologia viene chiamato “circolo ermeneutico”: spostarsi ripetutamente dai particolari, i dettagli, al sistema complessivo, migliorando la nostra comprensione dell'intero e da questo tornare poi ai particolari, migliorare la nostra comprensione degli stessi, tornare a considerare l'intero e così via.

La sostituzione dell'intero sistema, cioè diventare 100% rinnovabili, richiede un enorme attuazione energetica, una specie di “accumulo primitivo” (una strizzatina d'occhio a Marx) che attualmente, col paradigma prevalente e l'insieme di tecnologie, non è fattibile. “Avendo in mente la “mano energetica” (Figura 5), da dove potrebbe venire questa energia necessaria in un contesto di netto declino dell'energia netta del petrolio, di effetto Regina Rossa, e, riguardo alle rinnovabili, di effetto Regina Rossa inversa/cannibalizzazione?

Come altro esempio dell'importanza del pensiero di sistema complessivo, Axel Kleidon ha sollevato la questione della fattibilità dell'eolico su scala molto ampia in contrapposizione al solare diretto. [2]

Considerare soltanto le prestazioni e il costo di questa o quella tecnologia energetica alternativa non sarà sufficiente. Senza affrontare le complessità della sostituzione dell'intero sistema, la situazione in cui ci troviamo è una specie di “Apocalypse now”. La sfida principale che vedo è quindi come passare in sicurezza, con una perdita di vita minima, (ci sarà una perdita di vita sostanziale, ciò è diventato inevitabile), dal BAU fossile (e quindi conseguentemente dal nucleare) alla sostenibilità al 100%, che essenzialmente significa, in una forma o nell'altra, una società basata sul solare diretto.

Attualmente abbiamo 17TW di potenza installata a livello globale (in gran parte fossili è un po' di nucleare), cioè, circa 2,3 kW a testa, ma con circa 4 miliardi di persone che bene che vada sono fortemente stressati energeticamente, molti che non hanno per niente accesso all'elettricità e solo ad un trasporto limitato, in un contesto di un'efficienza dei sistemi energetici globali nell'ordine del 12%. [3] per affrontare il Re Drago del fallimento petrolifero e la tempesta perfetta che sta montando, considero che dobbiamo passare a per tutta la popolazione (ipotizzando che si stabilizzi a circa 8 miliardi di persone anziché gli attesi 11 miliardi), più circa 10TW aggiuntivi per affrontare il cambiamento climatico ed altri problemi ecologici legati all'energia, quindi circa 50TW, 100% basato sul solare diretto, per tutto lo spettro di usi energetici, compresi i trasporti, preferibilmente in 20 anni. Dalla posizione in cui siamo adesso, leggermente oltre il bordo del dirupo termodinamico, questo è quanto ho capito essere necessario.

In altre parole, diventare “verdi” e sopravvivergli (cioè evitare l'effetto di Regina Rossa inversa) significa aumentare la nostra “mano energetica” da 17TW a 50TW (come ordine di grandezza approssimativo), con passaggi di efficienza dal 12% ad oltre l'80%.

Per elaborare ulteriormente questo, lo sottolineo ancora, attualmente i 17TW non sono nemmeno sufficienti per approvvigionare tutta la popolazione globale di 7,3 miliardi di persone di un margine ampio. Diventare “verdi” con l'attuale mix di “rinnovabili” e col paradigma collegato significherebbe dedicare una quantità sostanziale di quei 17TW al “accumulo primitivo” del sistema “verde”.

Dovrebbe essere chiaro che con questa situazione qualcosa va mollato, cioè, alcuni di noi diventerebbero ancor più stressati energeticamente e morirebbe o, come hanno fatto cinesi ed indiani, per qualche tempo useremmo molte di più delle risorse fossili rimanenti, ma  questo accelererebbe il riscaldamento globale e molte altre “schifezze”. Alternativamente potremmo affrontare il cambiamento di paradigma in modo da prendere le distanze dall'EROI globale al di sotto di 10:1 e dall'efficienza energetica globale del 12%. Questa è la solita situazione “non si può avere la botte piena a le moglie ubriaca” scritta a grandi lettere.

Messa in un altro modo, quando si guarda la sostituzione completa sistema sociale si deve guardare a tutto quello che serve per far funzionare il sistema, comprese le persone e le loro richieste energetiche – questa è di base una questione di definizioni di limite di sistema legato alla definizione del problema nel senso datogli da David Bhom).

Possiamo illustrare questo considerando i Regno dell'Arabia Saudita (RAS). Come esperimento mentale, rimuoviamo il petrolio (i media hanno detto che il principe della corona del RAS ha visto delle scritte su dei muri che parlavano della fine prossima dell'abbondanza del petrolio). Ciò porta la popolazione del RAS dai circa 27 milioni a circa 2 milioni, cioè attualmente servono 25 milioni di persone per mantenere il flusso di petrolio a circa 10 milioni di barili al giorno (compresi numerosi domestici filippini, medici, avvocati e così via). Più circa tre volte la popolazione d'oltremare per fornire ciò di cui i 25 milioni hanno bisogno per mantenere il flusso di petrolio...

Complessivamente stimo in modo molto approssimativo che circa 1,5g di persone, direttamente collegate alle attività di produzione, trasformazione, distribuzione e trasporto di petrolio richiedevano che il petrolio fosse al di sopra dei 100 dollari al barile per il loro sostentamento (compresi i domestici filippini). Li chiamo “il popolo del petrolio”. [4] Gran parte di loro attualmente sono infelici e si arrabattano, la loro “domanda” di beni e servizi è diminuita considerevolmente dal 2014. Quindi tutto sommato, la sostituzione di tutto il sistema (in modalità “fallo o muori”) richiede di considerare intere reti di catene di produzione dall'estrazione dei depositi minerari, fino alla produzione di metalli, cemento, ecc. per fare le macchine, per usarle per produrre le cose di cui abbiamo necessità per essere 100% sostenibili, così come le necessità energetiche non solo “Quelli del petrolio”, ma dell'intero compendio  di “Quelli dell'energia” coinvolti, sia quelli “fossile” sia quelli “verdi”, mentre nel frattempo dobbiamo mantenere in funzione i sistemi energetici esistenti basati sui fossili il più possibile. Approssimativamente “quelli dell'energia” sono probabilmente nell'ordine dei 3 miliardi di persone (e non è facile convertire una percentuale di “quelli dei fossili” a “quelli verdi”, comprese le loro stesse necessità energetiche – anche questo ha un costo energetico significativo). Ed è qui che entra la Figura 2, con l'interazione di Regina Rossa e Regina Rossa Inversa.

Figura 2
 

Dal mio punto di vista, a livello di sistema complessivo abbiamo un grande problema. Dato il limite della finestra temporale molto stretta, non possiamo permetterci di capire male in termini di come uscirne – non abbiamo neanche tempo a sufficienza per impegnarvisi.

Quadro temporale rimanente

Di fatto, sotto l'influenza della Fatina dei Denti (vedete la seconda parte) e di una sempre più asmatica  Regina Rossa, non abbiamo più 35 anni (diciamo fino al 2050).   Abbiamo al massimo 10 anni, non per dibattere ed agonizzare, ma per fare veramente, coi prossimi 3 anni che sono cruciali. La termodinamica di tutto questo, riassunta nella prima parte, è solida come una roccia.

Questo quadro temporale, unito alla sfida della Pearl Harbor petrolifera e i limiti della Regina Rossa inversa, secondo me significa che nessuno dei “fare” attuali, in senso rinnovabile, può starci dentro. Infatti gran parte di questi fare sta peggiorando le cose – mi riferisco qui alle attuali interazioni fra tentativi di diventare verdi che stanno ampiamente all'interno del paradigma prevalente ed i tentativi BAU duri a morire di mantenere in funzione i fossili, come forse esemplificato  nelle attuali politiche del Regno Unito discusse in precedenza.

Collegamenti deboli


Malgrado il suo potere apparente, il MIG di fatto è estremamente fragile. Incarna diversi collegamenti molto deboli nelle sue reti. Ho sottolineato il problema del petrolio, un problema che definisce il quadro temporale complessivo per affrontare la “Apocalypse now”.

In aggiunta a questo ed al cambiamento climatico, ci sono altre sfide che sono state proposte in modi diversi da una gamma di ricercatori negli ultimi anni, come disponibilità di acqua potabile, grande degrado del suolo, inquinanti, degrado della vita negli oceani (circa il 99% della vita è acquatica), minacce agli alimenti fondamentali (ad esempio ruggine dello stelo, epidemie del grano, ozono troposferico, ecc.), perdita di biodiversità e sesta estinzione di massa, fino al lavoro di Joseph Tainter a proposito dei collegamenti fra flussi di energia, potenza (in TW), complessità, superamento e collasso. [5]

Questi collegamenti deboli attualmente si stanno spezzando o stanno per spezzarsi e le rotture formano una valanga che si auto alimenta (VAA) o “Tempesta perfetta”.   Hanno tutti lo stesso quadro temporale di circa 10 anni come ordine di grandezza per agire.   Richiedono tutti un  bella “botta” energetica come prerequisito per gestirli (la “botta” è un'unità flessibile ed elastica di qualcosa di sostanziale che di solito non si possiede).

E' tutto bruciato


Figura 6 – Carbonio tutto bruciato

 

Una ricerca recente mostra che la sensitività alle forzanti climatiche è stata sottostimata in modo sostanziale, il che significa che dobbiamo aspettarci molto più riscaldamento sul più lungo termine di quanto propagandato finora. [6] Ciò inasprisce ulteriormente ciò che già sapevamo, cioè che non esiste alcun “bilancio del carbonio” di fossili che il MIG possa ancora bruciare e nessun modo per restare al di sotto dell'obbiettivo fortemente politico e fuorviante dei 2°C della COP21 (Figura 6). [7]

I 350 ppm di CO2 equivalente sostenuti da Hansen et al. è una stima sicura – un confine superato nei tardi anni 80, circa 28 anni fa. Quindi la realtà è che non possiamo in realtà evitare di togliere il CO2 dall'atmosfera, in qualche modo, se vogliamo evitare di cercare di sopravvivere in poche aree infestate di zanzare del profondo nord e sud, mentre circa l'80% del pianeta diventa non abitabile sul lungo termine. La Cattura Diretta dall'Aria di CO2 (CDA) è a sua volta una cosa che richiede una bella “botta” di energia, quindi i 10TW aggiuntivi che considero sono necessari per toglierci dai guai.

Errore cognitivo


Figura 7 – Errore cognitivo dell'EROI


La saga della “Brexit” forse è l'ultima dimostrazione su larga scala di una lunga serie di errori cognitivi. Vale a dire, l'errore da parte delle élite che prendono le decisioni nel fare uso di conoscenza, esperienza e competenza per affrontare con efficacia le sfide all'interno del quadro temporale necessario per farlo.

L'errore cognitivo probabilmente è più evidente, ma rimane in gran parte non visto, riguardo all'energia, il Re Drago del fallimento petrolifero e le questioni di ritorno energetico sull'investimento (EROI o EROEI).  Ciò che possiamo osservare è un errore triplo del BAU, ma anche delle alternative “verdi” più attuali (Figura 7): (1) la traiettoria di sviluppo del BAU dal 1950 è errata; (2) c'è stato un errore nel non tenere conto di oltre 40 anni di avvertimenti e (3) c'è stato un errore nello sviluppare alternative praticabili.

Tuttavia, anche se sono critico verso aspetti delle recenti valutazioni della fattibilità di diventare 100% rinnovabili, [8] penso che rimanga fattibile con le conoscenze attuali.  Ad esempio, non serve alcun “miracolo”, per arrivare nell'ordine dei 50TW 100% solari che ho sottolineato in precedenza, ma penso anche che un collasso dal lato del dirupo di Seneca non sia più evitabile.   In altre parole, considero che sia ancora possibile in parte recuperare la situazione mentre il MIG collassa, nella misura in cui un numero sufficiente di persone si rende conto che non si può cambiare paradigma dal lato in discesa della curva di Seneca, così come si potrebbe fare dal lato in salita, cosa che attualmente le nostre élite, in modalità errore cognitivo del tutto conclamata, non capiscono.

Per illustrare ulteriormente questo argomento e sottolineare perché ritengo che siano necessari EROI di produzione ben al di sopra di 30 per farci uscire dai guai, guardate la Figura 8.

Figura 8 – La necessità di EROI molto alti


Questo è ricavato da tentativi analoghi di Jessica Lambert et al., forse per sottolineare ciò che comporta scivolare giù dal burrone termodinamico.
Charles Hall ha mostrato che un EROI di produzione di 10:1 corrisponde ad un EROI per l'utente finale di 3,3:1 ed è a il minimo indispensabile perché una società industriale funzioni. [9]  In termini sociologici, per un 10:1 pensate alla Corea del Nord.

Come mostrato nella Figura 7, attualmente non conosco alcuna alternativa, che sia basata sui fossili non convenzionali, nucleare o tecnologie “verdi” con EROI di produzione al di sopra di 20:2 (cioè equivalenti all'EROI di bocca di pozzo del petrolio), gran parte rimangono al di sotto di 10:1. Penso sia fattibile tornare al di sopra di 30:1, in modo 100% sostenibile, ma non seguendo le modalità prevalenti dello sviluppo tecnologico, dell'organizzazione sociale e del modo di prendere le decisioni.

Le domande difficili


Così l'errore cognitivo prevalente ci riporta alla “indagine sull'appropriatezza della domanda” di Bohm.   A conclusione di un articolo del 2011, Joseph Tainter ha sollevato quattro domande che, dal mio punto di vista, affrontano esattamente tale richiesta (Figura 9). [10] Ad oggi quelle quattro domande rimangono senza risposta sia da parte dei sostenitori del BAU sia da parte dei sostenitori del diventare 100% rinnovabili.

Ci troviamo in una situazione senza precedenti. Come sottolineato da Tainter, nessuna civiltà precedente è mai riuscita a sopravvivere al tipo di situazione in cui ci troviamo. Tuttavia, le persone che vivevano in quelle civiltà erano prevalentemente rurali ed avevano una rete di salvataggio nel fatto che la loro fonte energetica era per il 100% solare, fotosintesi per il cibo, le fibre e il legname – potevano sempre continuare ad andare avanti, anche se questo poteva avvenire in condizioni dure. Noi non abbiamo più questa rete di sicurezza, tutto i nostri sistemi alimentari dipendono completamente da quella rete energetica proveniente dal petrolio che sta per scendere a terra e i nostri sistemi di fornitura alimentare non possono funzionare senza di essa.

Figura 9 – Quattro domande



La Figura 10 riassume come, secondo me, le quattro domande di Tainter, le sue analisi e le mie si uniscono per definire la situazione unica in cui ci troviamo. Se vogliamo evitare di scivolare in fondo al dirupo termodinamico dobbiamo passare ad una nuova “fonte energetica”.

A questo proposito, affrontare la tempesta perfetta di tipo VAA mentre si porta avanti un un passaggio del genere esclude la “contrazione” della nostra base energetica (come vorrebbero molti “verdi”) e necessita l'abbandono dell'attuale paradigma di uso dell'energia molto dispendioso – quindi il passaggio da 17TW fossili a 50TW basati al 100% sulle rinnovabili e con oltre e con oltre l'80% di usi utili dell'energia come ho sostenuto prima, in un quadro temporale di 20-30 anni.

Figura 10 – Pronti a saltare in una nuova fonte energetica?



La Figura 10 sottolinea che l'umanità è passata attraverso diversi passaggi del genere negli ultimi 6 milioni di anni circa. Ogni passaggio ha comportato:

(1) un nexus di innovazioni rivoluzionarie che comprendono la termodinamica e tecniche relative,
(2) innovazione sociale (alla “istituzione immaginaria della società” di Cornelius Castoriadis) e
(3) innovazioni che riguardano la psiche umana, cioè come pensiamo, e decidiamo ed agiamo.

Il nostro dilemma, mentre abbiamo già iniziato a scivolare lungo il dirupo termodinamico dei combustibili fossili, richiede analogamente un tale nexus se vogliamo riuscire in un nuovo “passaggio di fonte energetica”.   Concentrarsi soltanto sulla termodinamica e sulla tecnologia non basterà. Il tipo di cambiamento di paradigma al quale continuo a far riferimento integra tecnologia, innovazioni sociali ed innovazioni che riguardano la psiche umana sui modi di evitare l'errore cognitivo.

Ciò è chiedere molto, tuttavia è necessario affrontare le domande di Tainter.

Questa sfida è una misura dell'enorme pressione della selezione in cui l'umanità è riuscita a mettersi. Attualmente, vedo molte cose che succedono in modo creativo in tutti questi tre domini intimamente collegati. Avremo successo nel fare il salto oltre il dirupo?


[1] Dellingpole, James, 2013, “Il segreto sporco della follia del potere Britannico: generatori a gasolio inquinanti costruiti in segreto da società straniere per intervenire quando non c'è vento per le pale eoliche – ed altri eco scandali folli ma veri”, su The Daily Mail, 13 luglio.

[2] Come ulteriore esempio, Axel Kleidon ha mostrato che estrarre energia dal vento (così come dalle onde e dalle correnti oceaniche) in qualsiasi grande scala avrebbe l'effetto di ridurre la “energia libera” utilizzabile dall'umanità (libera in senso termodinamico, a causa degli alti livelli di entropia che queste tecnologie generano e al contrario della raccolta diretta dell'energia solare attraverso la fotosintesi, il fotovoltaico e il solare termico, che invece aumentano l'energia libera disponibile per l'umanità) – vedete Kleidon, Axel, 2012, In che modo il sistema terrestre genera e conserva lo squilibrio termodinamico e cosa significa questo per il futuro del pianeta?, Max Planck Institute for Biogeochemistry, pubblicato su Philosophical Transaction of the Royal Society A,  370, doi: 10.1098/rsta.2011.0316.

[3] E.g. Murray e King, Nature, 2012.

[4] Questa etichetta è un ammiccamento alla “Gente di mare” che è rimasta coinvolta nella fine improvvisa dell'Età del bronzo circa 3.200 anni fa, in quella stessa parte del mondo che è attualmente amaramente invischiata in combattimenti atroci e nel terrorismo, cioè MENA.

[5] Tainter, Joseph, 1988, Il collasso delle società complesses, Cambridge University Press; Tainter, Joseph A., 1996, “Complessità, risoluzione dei problemi e società sostenibili” su Scendere alla terra. Applicazioni pratiche di economia ecologica, Island Press e Tainter, Joseph A. e Crumley, Carole, “Clima, complessità  risoluzione dei problemi nell'Impero Romano” (p. 63), su Costanza, Robert, Graumlich, Lisa J., and Steffen, Will, curatori, 2007, Sostenibilità o collasso, una storia integrata e un futuro per i popoli della terra, The MIT Press, Cambridge, Massachusetts e Londra, Regno Unito, in cooperazione con la Dahlem University Press.

[6] Vedete per esempio Armour, Kyle, 2016, “Sensitività climatica in aumento”,  www.nature.com/natureclimatechange, 27 giugno.

[7] Per una buona panoramica vedete Spratt, David, 2016, Climate Reality Check, marzo.

[8] Per esempio, Jacobson, Mark M. e Delucchi, Mark A., 2009, “Un percorso di sostenibilità per il 2030”, su Scientific American, novembre.

[9] Hall, Charles A. S. e Klitgaard, Kent A., 2012, Energia e ricchezza delle nazioni, Springer; Hall, Charles A. S., Balogh, Stephen, e Murphy, David J. R., 2009, “Qual è l'EROI minimo che deve avere una società sostenibile?” su Energies, 2, 25-47; doi:10.3390/en20100025. Vedete anche Murphy, David J., 2014, “Le implicazioni del declino dell'EROEI della produzione petrolifera” su Philosophical Transaction of the Royal Society A, 372: 20130126,http://dx.doi.org/10.1098/rsta.2013.0126.

[10] Joseph Tainter, 2011, “Energia, complessità e sostenibilità: una prospettiva storica”, Innovazione ambientale e transizioni sociali, Elsevier