giovedì 19 novembre 2015

Siria, cambiamento climatico e l'orrore di Parigi

Da “Resource Insight”. Traduzione di MR

Di Kurt Cobb

Mentre il mondo piange coloro che sono morti a Parigi la scorsa settimana con una follia omicida per la quale lo Stato Islamico di Iraq e Siria (ISIS) ha già rivendicato la responsabilità, giornalisti e commentatori hanno discusso le motivazioni che stanno dietro agli attacchi. Non sono certo se qualcuno finora abbia considerato se si possa disegnare una linea che va dalla grave siccità in Siria a queste uccisioni di massa. La mia personale risposta è che se c'è una linea – e credo che ci sia – questa deve avere preso molte curve e deviazioni prima di arrivare a Parigi. Anche così, potrebbe avere senso, per coloro che tra poco si raccoglieranno in questa città in lutto per negoziare un nuovo trattato climatico, capire ogni connessione del genere. Perché sullo sfondo di questi eventi, c'è una Siria assetata di acqua, quasi sicuramente a causa del cambiamento climatico. Uno studio pubblicato all'inizio dell'anno suggeriva che il primo collegamento nella catena causale che ha portato all'attuale conflitto in Siria è stata una grave siccità durata dal 2006 al 2009, una siccità che ha fornito una delle prove più forti fino a questo momento del collegamento fra cambiamento climatico e siccità sempre più estreme. Come ha scritto il The New York Times nel marzo scorso:

Alcuni scienziati sociali, politici ed altri hanno precedentemente suggerito che la siccità ha giocato un ruolo nei disordini in Siria e i ricercatori si sono occupati anche di questo, dicendo che la siccità “ha avuto un effetto catalizzatore”. Hanno citato studi che hanno mostrato che l'aridità estrema, insieme ad altri fattori, comprese politiche agricole e di uso dell'acqua sbagliate da parte del governo siriano, hanno causato la perdita dei raccolti che hanno portato alla migrazione di 1,5 milioni di persone dalle aree rurali a quelle urbane. Questo si andato ad aggiungere agli stress sociali che alla fine sono sfociati nella rivolta contro il presidente Bashar al-Assad nel marzxo del 2011.
Così, il cambiamento climatico non è una spiegazione sufficiente per il conflitto siriano né per gli orribili e brutali attacchi sui civili francesi. Di fatto, l'ISIS aveva minacciato la Francia molto prima che l'esercito francese entrasse nel conflitto alla fine di settembre. Ciononostante, il cambiamento climatico sembra essere il primo collegamento in una lunga catena di eventi che coinvolgono una miriade di gruppi e paesi che alla fine ha portato agli attacchi a Parigi, attacchi che si crede siano una rappresaglia contro gli attacchi aerei francesi contro l'ISIS. Non è tanto che il cambiamento climatico fa diventare violente le persone, quanto che inasprisce le loro tendenze violente. La mancanza d'acqua e la perdita dei raccolti possono rendere le persone molto, molto arrabbiate – arrabbiate e suscettibili con coloro che promettono vendetta contro coloro che vengono percepiti come i perpetratori dei loro problemi. Ma non si può combattere il cambiamento climatico con le pistole. Così, quando escono fuori le pistole, queste vengono puntate contro le persone per motivi che pochi fanno risalire al cambiamento climatico. Rimostranze latenti, vecchie e nuove, possono trovare espressione, pare, nel conflitto armato, quando il calore del riscaldamento globale viene alzato così tanto.

La principale preoccupazione a Parigi ora è per la sicurezza delle migliaia di scienziati, politici, persone in affari, giornalisti e capi mondiali che arriveranno in città per la United Nations Framework Convention on Climate Change fra il 30 novembre e l'11 dicembre. Entrerà nella mente dei partecipanti che i selvaggi attacchi di Parigi sono in qualche modo collegati al cambiamento climatico? La più ampia opinione pubblica mondiale vedrà il collegamento? Noi umani abbiamo una naturale tendenza a combattere per le cose che vogliamo e di cui abbiamo bisogno, come acqua, cibo e risorse energetiche. Il cambiamento climatico renderà la nostra capacità di ottenere tutto questo o più difficile (cibo ed acqua) o più problematica (gas serra da risorse energetiche da combustibili fossili). Un maggiore conflitto su questi fondamentali collegati al cambiamento climatico non possono essere lontani. E ciò significa che i colloqui sul clima in arrivo a Parigi non saranno solo sul clima. Saranno anche sul conflitto e la pace. Senza un progresso sostanziale sul cambiamento climatico è probabile che vedremo sempre più conflitti che cominciano con la privazione portata dal cambiamento climatico, che si trasformano rapidamente in guerra con dimensioni ideologiche, etniche e religiose che inghiottiranno intere regioni. Molti lettori forse conoscono il vecchio adagio sulla relazione fra pace e giustizia: “Se vuoi la pace, lavora per la giustizia”. A questo oggi dobbiamo aggiungere una nuova variazione: “Se vuoi la pace, devi lavorare per politiche e pratiche che affrontino seriamente il cambiamento climatico”. Che i negoziatori di Parigi possano trovare il coraggio di fare proprio questo.



giovedì 12 novembre 2015

I dieci anni che hanno cambiato tutto ed hanno impedito ogni cambiamento

Da “Resource Crisis”. Traduzione di MR

Di Ugo Bardi


Manca un mese dalla COP-21, a Parigi, che dovrebbe cambiare tutto – e che probabilmente non cambierà niente di rilevante. Ma il cambiamento avviene, anche se in modi che spesso ci sorprendono e che potrebbe non farci piacere di vedere. Il decennio scorso è stato un periodo di enormi cambiamenti ed anche un decennio di giganteschi sforzi mirati ad evitare il cambiamento a tutti i costi. E' una delle molte contraddizioni del nostro mondo. Lasciate quindi che vi racconti la storia di questi anni difficili.


- L'accelerazione del cambiamento climatico. Nel 2005, il cambiamento climatico sembrava essere ancora un'animale relativamente domabile. Gli scenari presentati dal IPCC (a quel tempo aggiornati al 2001) mostravano aumenti della temperatura graduali e i problemi sembravano essere lontani decenni – se non secoli. Ma il 2005 è stato anche l'anno in cui è diventato chiaro che limitare il riscaldamento a non più di 2°C era molto più difficile di quanto si pensasse in precedenza. Allo stesso tempo, il concetto che il cambiamento climatico è un processo non lineare ha iniziato a penetrare nel dibattito e il pericolo di un “cambiamento climatico fuori controllo” e stato sempre più compreso. Gli eventi del decennio hanno mostrato la rapida progressione del cambiamento climatico. Uragani (Katrina nel 2005, Sandy nel 2012 e molti altri), la fusione delle calotte glaciali, la fusione del permafrost, che rilascia il suo carico mortale di metano immagazzinato, enormi incendi forestali, stati interi che si prosciugano, la perdita di biodiversità, l'acidificazione degli oceani e molto altro. E' stato scoperto che le temperature alte condizionano gli esseri umani di più di quanto si credesse e, come colpo di grazia, che gli effetti negativi sul comportamento umano dell'aumento della concentrazione di CO2 sono molto più importanti di quanto si credesse. Stiamo scoprendo con orrore che stiamo trasformando il nostro pianeta in una camera a gas e non sappiamo come fermarci.

- L'insorgere del negazionismo. Nel 2005, Il negazionismo della scienza del clima sembrava essere in declino, da seppellire nella pattumiera della storia a causa dell'accumulo di conoscenza scientifica sul clima. Non sarebbe stato così. La campagna contro la scienza ha aumentato il ritmo, usando la gamma completa di tecniche di propaganda a disposizione. Nel 2008, abbiamo visto il cosiddetto scandalo del “climategate”, probabilmente la campagna di PR negativa di maggior successo mai montata. Nel 2011, il meme della “pausa” è stato diffuso dal Daily Mail ed è stato un altro attacco propagandistico di notevole  successo. Poi, i singolo scienziati del clima sono stati molestati, demonizzati, investigati e persino minacciati fisicamente, mentre l'opinione pubblica è stata l'obbiettivo di un bombardamento di informazioni contraddittorie atte a creare incertezza e dubbio. La campagna ha avuto successo, specialmente negli Stati Uniti. Durante la campagna presidenziale del 2012, abbiamo visto entrambi i candidati evitare il problema del cambiamento climatico come se fosse avvelenato. E, nel 2015, vediamo qualcosa di mai visto prima: nessuno dei candidati repubblicani alle presidenziali ammette che il cambiamento climatico sia causato dalle attività umane. E questo è un problema. Il negazionismo rimane un fardello pesante nel cercare di fare qualcosa di pratico per fermare il cambiamento climatico.

- Il picco che non c'è stato. Nel 1998, Colin Campbell e Jean Laherrere hanno riesaminato le idee di Marion King Hubbert che, negli anni 50, aveva introdotto il concetto di “picco” di produzione del petrolio greggio. I loro calcoli indicavano che il picco mondiale – che hanno denominato “picco del petrolio” - sarebbe avvenuto nel 2004-2005. E' stata una previsione ragionevolmente buona in termini di petrolio “convenzionale”, che sembra aver raggiunto il picco fra il 2005 e il 2008. Ma Campbell e Laherrere non avevano considerato il ruolo del petrolio “non convenzionale”, combustibili liquidi come il petrolio di scisto (o tight oil). Usando queste nuove fonti, la produzione di “tutti i liquidi” ha continuato ad aumentare e ciò ha reso il concetto di picco del petrolio popolare più o meno quanto lo era Saddam Hussein  nel decennio precedente. Il tentativo dell'industria petrolifera di produrre da risorse difficili ha portato a diverse conseguenze negative per l'ecosistema (ricordate Macondo nel 2010?), ma quello principale è che le emissioni di CO2 non sono declinate in conseguenza dell'esaurimento, come ci si sarebbe potuto aspettare.

- Lo svanire del verde. Negli anni 90, la sostenibilità era ancora un'idea di moda e i partiti Verdi avevano una rappresentanza considerevole in molti parlamenti europei. Col tempo, tuttavia, il peso politico del movimento ambientalista è stato eroso costantemente. Il destino dei partiti Verdi segue da vicino quello di tutte le idee sulla sostenibilità ambientale, che non sono più parte dell'arsenale degli slogan dei politici vincenti. Persino l'Unione Europea, un tempo bastione della ragione e della consapevolezza ambientale, ha perduto il proprio focus, in particolare con la folle speranza di importare gas naturale dagli Stati Uniti. La maggior parte delle persone sembra essere così impegnata con le proprie preoccupazioni economiche quotidiane da non avere tempo o inclinazione per preoccuparsi di un'entità astratta chiamata “Ambiente”, che sembra essere un lusso costoso che al momento non possiamo permetterci. Sembra che il concetto di “crescita” abbia spazzato via l'Ambiente ovunque, in quanto alla cosa cui teniamo di più.

- Il collasso finanziario. Le cause profonde della grande crisi finanziaria del 2008 non sono mai state comprese realmente e sono state ridotte alla contingenza di cattive pratiche in campo finanziario. Tuttavia, non si è trattato solo di una crisi finanziaria, ha portato la macchina economica mondiale reale quasi all'arresto totale. La crisi è stata superata stampando più soldi e l'economia ha ricominciato a funzionare, ma non si è mai ripresa completamente. E nessuno sa se un altro collasso finanziario sia dietro l'angolo e cosa si possa fare se arriverà. Il collasso finanziario ha mostrato la fragilità dell'intero sistema ed ha fissato l'attenzione della maggior parte delle persone sui fattori finanziari/monetari, portandole spesso a dimenticare che c'è anche il mondo reale, la fuori, e che “l'economia” non sono solo transazioni finanziarie, ma significa anche fornitura di risorse materiali perché la società sopravviva.

 - L'aumento dei conflitti. Il confronto militare e e il conflitto violento sono in aumento. Abbiamo visto carri armati manovrare nel cuore stesso dell'Europa ed una immensa fascia di terra in un confronto militare quasi continuo, dal Nord Africa al Medio Oriente, fino ad arrivare all'Afghanistan. Intere nazioni si stanno sbriciolando sotto i bombardamenti aerei massicci e del conflitto civile, producendo la fuga di centinaia di migliaia di profughi. E' come un fuoco che si è acceso tempo fa e ora sta crescendo, inghiottendo un paese dopo l'altro. E nessuno può dire dove si fermerà il fuoco, se si fermerà. La sola cosa che possiamo dire è che il conflitto distruttivo tende ad esplodere in quegli stati in cui l'economia è stata in gran parte sostenuta dai proventi dell'esportazione dei combustibili fossili e dove l'esaurimento ha portato alla perdita totale o parziale di questi proventi. E' stato il caso, per esempio, di Egitto, Yemen e Siria. La lotta può essere anche collegata al cambiamento climatico ed alla conseguente siccità, come nel caso della Siria. Non possiamo dire con certezza se tutto questo sia il precursore di cose in arrivo in altri luoghi, ma potrebbe tranquillamente essere così.

- Ed altro... Quanto sopra non è un elenco esauriente di tutte le cose che sono successe nel decennio passato. Si potrebbe aggiungere l'erosione della democrazia e della libertà personale in Occidente, il declino o persino il collasso di diverse economie nazionali, la deglobalizzazione in corso, l'aumento della competizione per risorse minerali rare e limitate e molto altro. Ma tutti questi eventi hanno un'origine comune. In tutti i casi, le persone e le istituzioni hanno reagito raddoppiando lo sforzo per trovare più risorse, a tutti i costi, sia dal punto di vista finanziario che ambientale. Ed hanno anche aumentato il loro sforzo per negare l'esistenza e il pericolo del cambiamento climatico. Poi, la maggior parte delle persone hanno cercato di risolvere le proprie difficoltà economiche immediate lavorando duramente ed ignorando le ragioni profonde dei loro guai. Ed eccoci qua: dopo un decennio di sforzo per ignorare e limitare i cambiamenti, siamo di fronte a cambiamenti inevitabili e drastici. E non sappiamo esattamente come adattarci a questi cambiamenti. E' un momento difficile quello che abbiamo di fronte.

D'altra parte, c'è stata almeno una tendenza positiva durante gli ultimi dieci anni.

- La rivoluzione rinnovabile. Le tecnologie solare ed eolica sono migliorate in modo eccezionale sia in termini di costi sia in termini di efficienza. Non ci sono stati miracoli tecnologici, soltanto miglioramenti costanti. Il risultato è che, in dieci anni, le rinnovabili come il fotovoltaico basato sul silicio e le centrali eoliche sono passate dall'essere dei giocattoli per ambientalisti a tecnologie serie che possono produrre energia a costi competitivi con quelli dei combustibili fossili. L'energia rinnovabile è la più grande speranza che abbiamo per un adattamento non distruttivo agli inevitabili cambiamenti che ci aspettano. Non sarà facile, ma è possibile; dobbiamo lavoraci sodo.



martedì 10 novembre 2015

L'estinzione dei dinosauri: non un asteroide ma il cambiamento climatico

La scienza, si sa, avanza per ipotesi e per verifiche. Le ipotesi che non reggono alla prova dei fatti vengono brutalmente eliminate, senza troppi riguardi, non importa quanto siano spettacolari o attraenti. Qualcosa del genere sta succedendo con l'idea che l'estinzione dei dinosauri fu causata dall'impatto di un asteroide. Un'ipotesi indubbiamente spettacolare, che ha dato origine a svariati film e che si è abbastanza radicata nel pensiero comune. Tuttavia, i dati stanno rivelando che l'ipotesi era - se non completamente falsa - perlomeno parziale. E' vero che c'è stato un impatto asteroidale importante; ma questo non è stata la causa dell'estinzione dei dinosauri che, invece, si sono estinti a causa delle emissioni di CO2 generate da una gigantesca eruzione vulcanica. Eh, si, i dinosauri sono stati vittima del riscaldamento globale, proprio come potrebbe capitare a noi se continuiamo così. Questa storia ce la spiega in dettaglio Aldo Piombino nel suo nuovo libro, appena uscito (U.B.)



È USCITO IL MIO LIBRO: Il meteorite ed il vulcano: come si estinsero i dinosauri (Edizioni Altravista, € 23)

Di Aldo Piombino - dal blog "Scienze e Dintorni"

Chi mi segue lo sa: io ho sempre detto che il meteorite caduto nello Yucatan non c'entra nulla con l'estinzione dei dinosauri, che invece si spiega bene con le eruzioni dei basalti del Deccan. Ho studiato parecchio la questione e alla fine ho deciso di scrivere un libro sull'argomento, cercando di presentare un testo originale che dica qualcosa di sconosciuto al grande pubblico – nel quale la corrispondenza fra l'impatto del meteorite e l'estinzione dei dinosauri è cosa certa – e cercare di diffondere un po' quello che è il sentore attuale della Scienza sull'argomento. Il meteorite ed il vulcano: come si estinsero i dinosauri (Edizioni Altravista, € 23) è dunque nelle mie intenzioni un saggio divulgativo alla portata – spero – di tutti, che parla di come sono scomparsi questi animali.

Non c'è dubbio che i dinosauri siano fra gli animali più noti al pubblico, più noti persino di tanti animali attuali. Come non c'è dubbio che la loro estinzione alla fine dell'Era Mesozoica sia uno dei più conosciuti e popolari accadimenti del passato geologico. Ma perché non possiamo più addebitare l'estinzione dei grandi rettili al meteorite caduto nell'odierno Yucatan? Quale dunque è la causa di questo drammatico evento?
Ne parlo in un saggio, facendo il punto della situazione sulle ricerche a proposito della loro scomparsa, che oggi certificano la stretta relazione fra l'estinzione dei dinosauri e le devastanti eruzioni dei Trappi del Deccan, nell'odierna India (1 milione di km cubi, un quantitativo tale da seppellire con 3 km di lave tutta l'Italia, isole comprese. Ovviamente respingo l'impatto del meteorite come fattore scatenante.

Per il libro, oltre a tutto quello che ho citato in bibliografia e all'esperienza di 35 anni di Geologia(e di cui parecchio ho scritto su Sceinzeedintorni), molto mi sono serviti gli atti di Volcanism, Impacts, and Mass Extinctions: Causes and Effectsla conferenza internazionale che riunì nel 2013 i principali esperti del settore al Natural History Museum di Londra, proprio quel museo fermamente voluto e ottenuto da Richard Owen, lo scienziato che coniò nel 1842 il termine Dinosauri, pubblicati in un volume apposito, il 505, delle Special Publications della Geological Society of America.

Ho voluto scrivere il libro con un totale rigore scientifico ma nel contempo ho voluto renderlo chiaro e piacevole. Posso con una certa presunzione – condita da irriverenza! – dire che l'ispirazione del tono spesso un po' divertito l'ho presa da certe pagine di Richard Dawkins....

Nella prima parte introduco a beneficio dei non geologi alcuni concetti fondamentali in modo da rendere accessibile a tutti la trattazione: il tempo geologico, le estinzioni di massa e le grandi province magmatiche (meglio note come Large Igneous Provinces e che d'ora in poi posso indicare con l'acronimo LIP), mostruose e saltuarie eruzioni vulcaniche che producono centinaia se non milioni di km cubi di magmi in poche decine di migliaia di anni; poi con una breve excursus sulla storia dei vertebrati, colloco nel tempo e al loro interno i dinosauri, evidenziandone avi, parenti più o meno prossimi e discendenti viventi (gli uccelli) e faccio una sintesi sulle vittime e i superstiti della strage (per alcuni gruppi il K/T non ha praticamente significato nulla).

La seconda parte, quella più – diciamo così – romanzata è dedicata alla storia delle ricerche sull'estinzione dei dinosauri, e si presta bene ad esserlo già dall'inizio... Le prime scoperte, la certezza già nella prima metà del XIX secolo che la Terra fosse stata dominata in tempi lontani dai rettili, le prime idee sulla loro scomparsa nel dibattito fra catastrofismo e gradualismo (e tra evoluzionismo e antievoluzionismo), le estinzioni di massa rifiutate dalla Scienza perché non “in linea” con il gradualismo evolutivo darwiniano... le idee degli anni '30, quando veniva addebitata ad un forte ed improvviso riscaldamento, come dimostra il celebre lungometraggio della Disney Fantasia, in cui gli ultimi dinosauri combattono una dura battaglia per l'esistenza in un mondo caldo e arido, fino alle prime ipotesi su cause extraterrestri come meteoriti o supernove.

Anche il seguito però non è male: i primi indizi su forti oscillazioni climatiche raccolti con le perforazioni dei fondi oceanici e i due convegni canadesi in cui veniva proprio dato l'accento a queste variazioni climatiche di cui però ancora non si capiva l'origine, fino a quando a Gubbio non nacque nel 1980 l'idea dell'impatto, con un cratere di età e dimensioni eccezionalmente in linea con le aspettative scoperto 10 anni dopo (anzi, riscoperto... perché c'era chi lo conosceva di già ma non sapeva che altri lo stessero cercando...).

La questione sembrava ormai risolta (e questa è l'opinione comune ancora oggi, specialmente al di fuori delle Scienze della Terra), ma molti ricercatori continuavano a non essere d'accordo, individuando come colpevoli gli effetti dei fenomeni vulcanici estremi in corso all'epoca in India. Paradossalmente, proprio la scoperta del cratere è servita per dire che l'impatto non c'entrava niente...

Nella terza parte descrivo la Terra nel Maastrichtiano superiore: una fase veramente difficile fra estinzioni continue, oscillazioni della temperatura, variazioni del livello marino che trasformavano mari poco profondi in pianure costiere e viceversa, acidità delle acque, anossie globali degli oceani, incendi boschivi. Ci mancava giusto la caduta di un meteorite....

Poi passo ad un confronto fra le ipotesi.
L'Iridio a Gubbio nel lavoro degli Alvarez del 1980
Come si vede l'anomalia inizia gradualmente  e non all'improvviso
L'esame dei sedimenti porta delle conclusioni che contrastano con la visione degli impattisti: ad esempio al K/T faceva più caldo e non più freddo di prima, l'ipotesi delle emissioni di CO2 dalla fratturazione dei calcari nella zone dell'impatto appare molto debole rispetto all'idea di una provenienza  dai Trappi del Deccan e ho dedicato diverse pagine a spiegare il perché anche l'Iridio derivi dai magmi indiani e non dal meteorite (e nel lavoro del 1980 gli Alvarez e soci hanno fatto finta di non vedere che il suo aumento è iniziato ben prima di quando il meteorite sarebbe caduto...).

Come anche, parlando della sedimentologia, è contestabile un evento di estinzione improvviso nei microfossili quando invece si tratta di una serie di estinzioni protratte nel tempo che però in molte zone non si evidenziano per un motivo molto semplice: la fase a basso livello marino che ha preceduto il riscaldamento (e la trasgressione marina) delle ultimissime decine di migliaia di anni del Maastrichtiano ha provocato delle lacune nella sedimentazione, che se non riconosciute portano appunto a pensare ad una estinzione improvvisa. Un altro elemento che ci fa capire come le condizioni ambientali stavano peggiorando è il succedersi sempre più fitto delle biozone prima e dopo il K/T.

Ma la cosa più clamorosa uscita dalla conferenza di Londra è che i dinosauri più recenti datati con sicurezza sono oltre 400.000 anni più vecchi del K/T e che dai reperti fossili non è possibile stabilire se i dinosauri si siano estinti improvvisamente o gradualmente. Quante pagine sprecate inutilmente in questa polemica....

Nella quarta parte traccio la storia delle estinzioni di massa e dei fenomeni ad esse legati, dimostrando successivamente la stretta associazione temporale fra esse e la messa in posto di alcune Large Igneous Provinces (la più antica sicuramente accertata è quella del Cambrianoinferiore in Australia, con l'estinzione di fine Toyoniano e la provincia magmatica di Kalkarindji).Mentre l'unico impatto avvenuto più o meno in corrispondenza di una estinzione è quello dello Yucatan.

Quindi correlo l'estinzione di fine Cretaceo con le altre estinzione di massa, facendo notare che anche in questo caso c'è di mezzo una LIP.

Però non può finire qui... nella Scienza non basta che due eventi siano correlati temporalmente per attribuirne al primo la causa dell'altro. Ma il legame è talmente stretto che verrebbe quasi da chiedersi l'opposto e cioè: perché alcune LIP NON hanno provocato delle estinzioni significative?

A quel punto passo in rassegna alcune possibilità per capire come mai alcune LIP sono state dei killer spietati e altre no. Alla fine è facile concludere che una LIP diventa un enorme problema con le sue emissioni di CO2, composti dello zolfo e metalli pesanti alterano pesantemente e a livello globale il chimismo di oceani e atmosfera e il clima. E per spiegare come mai ho tirato fuori l'esempio del “gottino”, il quartino di vino: se prendi un gottino di vino a pranzo e a cena alla fine del mese avrai bevuto 15 litri di vino senza problemi (a parte intolleranze specifiche!), mentre se ne bevi 2 litri in una sera il giorno dopo tanto bene non starai. Allo stesso modo una LIP è un killer quando, come è stato dimostrato, le eruzioni si concentrano in un periodo di poche decine di migliaia di anni in cui vengono messi in posto decine di migliaia di km3 di magmi e liberato un immenso quantitativo di volatili che, al contrario delle emissioni vulcaniche ordinarie, il “sistema – Terra” non riesce ad assorbire

Come pallido esempio di cosa potrebbe essere successo alla fine del Cretaceo ho presentato i problemi arrecati in tutta Europa dall'eruzione del Laki in Islanda nel 1783.

Alla fine spiego perché per la sua semplicità narrativa e per il ruolo ingombrante svolto nella vicenda dal premio Nobel per la fisica Luis Alvarez l'ormai smentita dai dati ipotesi del meteorite abbia avuto e continui ad avere un grande successo. Con un appunto finale: il ruolo delle emissioni di CO2nell'estinzione dei dinosauri e nelle altre estinzioni di massa dovrebbe essere un monito anche per l'umanità attuale.

Una annotazione finale a questo post: dopo la stampa del libro sono apparsi diversi articoli in cui coloro che avevano sempre sostenuto il meteorite come causa dell'estinzione e che i trappi del Deccan non c'entravano nulla, ora sostengono che la violenza di queste eruzioni è stata un effetto della caduta. Cioè che il proiettile è costituito dalle eruzioni ma che il grilletto lo ha tirato, cadendo, il meteorite. Resta il problema che l'unico impatto in corrispondenza con una estinzione di massa è quello dello Yucatan... e le altre estinzioni?


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lunedì 9 novembre 2015

Il Club di Roma; quasi mezzo secolo dopo

Da “Resource Crisis”. Traduzione di MR

Di Ugo Bardi



Il Club di Roma ha tenuto la sua assemblea generale a Winterthur, in Svizzera, il 16-17 ottobre 2015. Nell'immagine, potete vedere Ugo Bardi (al centro) insieme ai co-presidenti del Club, Anders Wijkman (a destra nella foto) ed Ernst Von Weizsacker (a sinistra).


Quasi mezzo secolo fa, nel 1968, Aurelio Peccei riuniva per la prima volta il gruppo che in seguito sarebbe diventato famoso come il “Club di Roma”. L'obbiettivo del gruppo non era quello per cui il Club è diventato famoso, “I Limiti dello Sviluppo”. A quel tempo, il concetto di limiti era vago e scarsamente compreso e l'interesse dei membri era, piuttosto, verso una distribuzione equa delle risorse della Terra. Ciò che ha spinto Aurelio Peccei era il tentativo di combattere la fame, la povertà e l'ingiustizia.