sabato 7 marzo 2015

Stasera, Luca Pardi in TV!



Da non perdere: Stasera Luca Pardi, presidente di ASPO-Italia, parla di petrolio e di fracking in TV.

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Stasera seconda puntata di SCALA MERCALLI su Rai3 ore 21:30 :
Carbone, gas, petrolio: sono gli idrocarburi che hanno permesso all'uomo la crescita degli ultimi duecento anni. Ma estrarre risorse naturali è sempre più difficile e costoso.
Inquinamento in Cina, esempio positivo della Danimarca, architettura eco-biocompatibile in Italia.

http://www.scalamercalli.rai.it/dl/portali/site/news/ContentItem-461075e5-4f21-455a-aae5-b05d17b1e4b2.html?refresh_ce
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Si possono vedere le puntate già trasmesse qui :

http://www.rai.tv/dl/RaiTV/programmi/page/Page-5b5f6bd2-5128-4d7f-9987-212ab3949511.html?set=ContentSet-e700c6bd-340d-4c48-b0b6-5bddaf753356&type=V

h/t Gianni Tiziano.

Lo Sviluppo dei Limiti

(post originariamente pubblicato su "Rimedio Evo")

Di Marco Sclarandis                                   


                                  
                                 
Questa immagine non proviene da una rivista di taglio e cucito. ma da un manipolo di giovani ricercatori che più di quarant'anni fa intuirono che per davvero stavamo avvicinandoci al tempo in cui ogni cosa sarebbe stata contata.

Ora ci siamo.

Si tratterebbe ormai solo più di credere alle evidenze che copiose arrivano da tutto il mondo tutti i giorni e da tempo, anche.

La formula-matrioska é quattro terzi pi greco erre tre*.

Se applicata al volume della Terra si ottiene: 1083 miliardi km cubi ed una superficie di 510 milioni di km quadrati.

Da questi due numeri ne discende una cascata scrosciante di conseguenze ineluttabili.
Ma una che le riassume tutte è "Non esiste alcuna economia in crescita illimitata in un luogo limitato".

E questo luogo è la Terra. 

E forse anche l'Universo, quello osservabile per lo meno.

Su ogni chilometro quadrato di Pianeta c'è più d'una dozzina di gente come noi, (tutta la gente è comunque gente, che lo si voglia o no).

Che, almeno nelle intenzioni, vorrebbe crearsi il personale Giardino dell'Eden a proprio gusto e somiglianza.

Più tutte altre creature che quanto a intenzioni non sono da meno di noi.

Sono tempi interessanti. Cinici, cinesi e cinematici.

Riusciremo a viverli con regale portamento?

* http://utenti.quipo.it/base5/geosolid/volsfera.htm

Marco Sclarandis

giovedì 5 marzo 2015

Il caso Willie Soon: perché è un'idea pessima non dichiarare i propri conflitti di interesse potenziali nella ricerca scientifica

Da “Resource Crisis”. Traduzione di MR

Di Ugo Bardi


Willie Soon, scienziato al Harvard-Smithsonian ha preso oltre 1 milione di dollari dalle società di combustibili fossili per finanziare i suoi studi e non ha dichiarato il suo conflitto di interesse negli articoli che ha pubblicato, dove ha negato il ruolo umano nel cambiamento climatico. 


Qualche anno fa, qualcuno si è accorto che ero proprietario di quote in una società che lavora sulle nuove tecnologie nell'eolico. Questo ha generato un attacco contro di me da parte di alcni sostenitori della fusione fredda.

L'attacco era basato su una sorta di sillogismo aristotelico che andava così: tesi, Ugo Bardi ha criticato la fusione fredda: antitesi: Ugo Bardi ha investito nell'energia eolica; sintesi: Ugo Bardi critica la fusione fredda solo perché vuole i soldi che può guadagnare con l'eolico. Sì, il livello del dibattito può arrivare così in basso! (*)

Naturalmente, queste accuse erano totalmente assurde ma, per un po', l'attacco ha acquisito una certa trazione nel web ed ha generato un'ondata di insulti e diffamazioni contro di me (alcuni dettagli qui). Questo successo iniziale era basato sull'affermazione che avevo nascosto qualcosa di oscuro e vergognoso che poteva essere svelato solo dopo una difficile investigazione. Sfortunatamente per coloro che avevano dato inizio all'attacco, il mio coinvolgimento con quella società non era un segreto e scoprirlo non necessitava di alcuna investigazione. L'avevo dichiarato pubblicamente almeno tre anni prima! Ho solo dovuto evidenziare le mia precedente dichiarazione per vedere sgonfiarsi e scomparire tutto il trambusto.

Questa storia mostra quanto sia importante dichiarare tutti i propri conflitti di interesse potenziali, a prescindere da quanto possano essere remoti ed improbabili. Naturalmente, dato l'attuale livello del dibattito, qualsiasi cosa tu faccia sarai sempre frainteso ma, se lo fai apertamente, sei molto meno vulnerabile. E' una lezione che il dottor Willie Soon si è perso. Nello scandalo conosciuto come “Willie Soon-gate", lui non ha dichiarato che i suoi saggi scientifici, in cui negava l'influenza umana sul clima, erano stati finanziati dalla lobby dei combustibili fossili. E qui c'è un conflitto di interesse chiaro e diretto. Mi spiace signor Soon, ma questo non solo è imperdonabile, ma proprio stupido: pensava davvero che nessuno lo avrebbe notato? Ora, non ha difesa contro gli attacchi che sta ricevendo.

Alla fine, finché i conflitti di interesse vengono apertamente dichiarati, penso che la loro importanza non dovrebbe venire esagerata. Dovremmo giudicare una tesi scientifica nel merito, non sulla base di chi l'ha finanziata. In questo senso, forse sapete che il primo studio del “I Limiti della Crescita” (1972) è stato finanziato dalla Volkswagen. Non hanno mai tentato di influenzare o modificare i risultati dello studio, anche se suppongo che non fossero contenti di aver pagato per un lavoro che è arrivato alla conclusione che la loro attività principale fosse condannata a lungo termine!

Ho già dichiarato i miei investimenti in società che lavorano per la sostenibilità. L'ho fatto qui. Ora, lasciate che lo faccia di nuovo, aggiungendo solo alcune note sulle fonti dei miei finanziamenti di ricerca.
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Dichiarazione: investimenti e fondi di ricerca in sostenibilità di Ugo Bardi

Per prima cosa, notate che sono un dipendente del governo che vive del proprio salario, quindi non posso creare grandi società o finanziare grandi campagne pubblicitarie. Ciononostante, sono riuscito a risparmiare qualche soldo nella mia carriera, così ho pensato di poterne investire una parte in attività che credo siano buone per la specie umana e – forse – con questo fare qualche soldino. Se mi chiedete se ha funzionato, be', posso citare la vecchia storia che ci sono tre modi per rovinarsi: il più rapido è scommettere, il più piacevole è con le donne e il più sicuro è con l'alta tecnologia. Ma non sono nemmeno completamente deluso. Credo che alcune di queste società risulteranno vincenti alla lunga. Ecco l'elenco completo:

Alterenergy s.r.l. (Energia fotovoltaica)
Retenergie (Energia rinnovabile)
Wind Operations Worldwide (nuove tecnologie eoliche)
Zefiro s.r.l. (Robotica e remote sensing, con qualche interesse nelle rinnovabili e nella gestione dei rifiuti).

Inoltre, ho un impianto fotovoltaico da 2,6 kW sul tetto di casa. Ho anche delle royalty su alcuni libri che ho pubblicato ma, finora, penso che avrei fatto più soldi intrecciando canestri e vendendoli. 

Circa le fonti dei mie fondi di ricerca, la maggior parte sono fondi pubblici dedicati alla scienza dei materiali, solo indirettamente alle energie rinnovabili ed alla sostenibilità. Solo una volta ho ottenuto un finanziamento da una società coinvolta nella produzione dei celle fotovoltaiche (First Solar). Tutte le rilevanti fonti di finanziamento sono dichiarate nei saggi che pubblico. 
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(*)  Riguardo agli attacchi dei media che descrivo nel testo principale, posso solo aggiungere che non erano diretti solo contro di me, ma avevano un altro obbiettivo, la signora Sylvie Coyaud, giornalista del quotidiano italiano “La Repubblica”, che aveva a sua volta criticato la fusione fredda ed i suoi praticanti. L'attacco contro di lei, tuttavia, è stato molto più sgradevole e diversi idioti anonimi l'hanno insultata in termini che sfioravano le molestie sessuali. Inoltre, è stata accusata di essere stata ispirata da me in tutto quello che aveva scritto sulla fusione fredda, con la chiara implicazione che una donna non possa capire nulla di queste materie complicate. Come si suol dire, “non c'è limite al peggio!”.

mercoledì 4 marzo 2015

Blackout a ripetizione (ancora) minacciano la produzione mineraria sudafricana

Da “Mining.com”. Traduzione di MR (h/t Maurizio Tron)

Di Andrew Topf


I problemi del fornitore elettrico del Sud Africa, Eskom, stanno impedendo alle grandi società minerarie che dipendo da una fornitura costante di elettricità di portare avanti le loro operazioni, ha avvertito un gruppo di utenti energetici. L'Energy Intensive Users Group del Sud Africa ha detto che le aziende minerarie rischiano di mancare i loro obbiettivi di produzione a causa di una serie di collassi delle centrali elettriche che le società trovano difficili da risolvere. Eskom, che fornisce il 95% dell'elettricità della nazione, è stata costretta a razionare l'elettricità per quattro giorni di fila e per la settima volta quest'anno.

martedì 3 marzo 2015

La profezia di Keynes: il Bengodi che non arrivò mai

Di Jacopo Simonetta.


In una conferenza del 1928 (pubblicata nel 1930)   John Maynard Keynes si lasciò andare ad una “profezia”: Quali saranno le possibilità economiche dei nostri pronipoti?    Poiché quei pronipoti siamo noi e Keynes è stato certamente uno dei maggiori economisti, penso che sia interessante rileggere quelle pagine.

In sintesi, il nostro sostiene che dall'antichità fino al 1.700 circa ci fu solo un’alternanza di periodi migliori e peggiori, ma non un sostanziale progresso a causa della mancanza di importanti miglioramenti tecnologici e dell’incapacità ad accumulare capitale.

Per l’accumulo di capitale Keynes aveva un’idea precisa: cominciò con l’aumento dei prezzi e dei profitti che seguirono la massiccia importazione di oro ed argento dal Nuovo Mondo durante il XVI secolo.

In particolare per l’Inghilterra, Keynes indica l’inizio dei tempi moderni con il 1580.   Data in cui Drake consegnò alla Regina Elisabetta un carico di oro (rubato agli spagnoli che lo avevano saccheggiato in Perù), tale da permettere alla sovrana di saldare il debito ed finanziare le prime compagnie coloniali.   Dapprima la Compagnia del Levante, seguita dalla Compagnia delle Indie orientali.    Complessivamente, Elisabetta investì circa 40.000 sterline che, con un tasso medio di interesse del 3,5 % all'anno, portarono ai 4 miliardi di sterline che era l’ammontare degli investimenti esteri inglesi nel 1930.    In pratica, ogni sterlina portata da Drake, aveva fruttato 100.000 sterline in 250 anni.   Miracoli dell’accumulo degli interessi composti.

Circa un secolo più tardi, cominciò la grande èra del progresso tecnologico, con un numero incalcolabile di grandi invenzioni e lo sviluppo di ogni tipo di macchine.   E’ notevole il fatto che Keynes dichiara di non sapere perché il progresso tecnologico non fosse cominciato prima, malgrado tutte le tecnologie di base fossero già note da secoli.

Comunque, il risultato fu un enorme incremento della popolazione mondiale e dunque dei consumi.   Contemporaneamente, in Europa ed negli Stati Uniti il tenore di vita quadruplicava ed il capitale centuplicava.    Punto importante, Keynes si aspettava che, a quel punto, la popolazione globale tendesse a stabilizzarsi, mentre sia il miglioramento tecnologico che l’accumulo di capitale sarebbero proseguiti a crescere esponenin maniera esponenziale.

Questo straordinario progresso, prevedeva il nostro, avrebbe creato un serio problema di disoccupazione, ma si sarebbe trattato di una fase temporanea, legata alla velocità del processo.   Nel giro di un secolo da allora (dunque adesso) il tenore di vita nei paesi avanzati sarebbe stato fra le 4 e le 8 volte superiore.    Od anche più.

Quali gli effetti di questo straordinario benessere economico?  

Keynes classifica i bisogni umani un due grandi categorie:   i bisogni assoluti (quelli che sentiamo indipendentemente dagli altri) ed i bisogni relativi (quelli che soddisfano il nostro desiderio di essere superiori agli altri).   Mentre i secondi sono potenzialmente insaziabili, i primi non lo sono e si può presumere che, superato un certo grado di benessere, la gente preferisca dedicarsi ad attività non economiche.

Dunque, giunti ai giorni nostri, l’economia avrebbe cessato di rappresentare una preoccupazione per l’umanità, ma attenzione!   Solo a condizione che nel frattempo non si fossero verificate né grosse guerre, né grossi incrementi di popolazione.

Fin qui la parte più strettamente economica di questa “profezia” che, come generalmente accade con questo genere di previsioni, si presenta come un mosaico di aspetti centrati ed altri completamente sbagliati.    Bisogna dire che, a pensarci bene, qualche grossa guerra nel frattempo c’è stata.   E che la popolazione umana sia triplicata spiega sicuramente molti dei nostri attuali problemi.    Quello che mi ha colpito, piuttosto, è che non vi sia nessun cenno alla disponibilità di risorse (energetiche e non), come alla possibilità di un loro scadimento qualitativo o quantitativo.   Non vi è cenno al fatto che la possibilità di ricombinare un insieme di tecnologie medioevali per creare un sistema industriale sia stata data dall'invenzione più prometeica della storia: la macchina a vapore.   Mancando questo, è comprensibile che manchi anche il minimo cenno alla possibilità che l’alterazione degli ecosistemi possa portare a controindicazioni gravi, financo catastrofiche.   Così come al fatto che un’economia ed una tecnologia in crescita costante richiedono livelli crescenti di complessità che, oltre certi limiti, cominciano a loro volta e diventare limitanti.

In sintesi, colpisce la totale assenza di ogni riferimento alla legge dei “ritorni decrescenti” che, peraltro, il nostro conosceva benissimo.

La seconda parte della conferenza si concentra sulle conseguenze sociali di questo straordinario benessere.

In particolare, Keynes paventa il rischio che il venir meno in pochi decenni di preoccupazioni e necessità pratiche tanto profondamente radicate, possa provocare dei “crolli nervosi” in molte persone.   Analogamente a quanto, secondo lui, stava già allora accadendo alle donne della buona borghesia; infelici perché la ricchezza le aveva già allora private di divertimenti quali pulire, lavare, cucinare, accudire i figli.

Senza nulla togliere al piacere di accudire una casa ed una famiglia, non so quante signore dell’epoca avrebbero sottoscritto questa dichiarazione.    Ho perciò riletto più volte questo passaggio, cercandovi una traccia di “British humour” che non ho trovato.

Dunque, prosegue l’insigne economista, sarebbe stato necessario ancora per molto tempo mantenere un minimo di orario lavorativo.   Suggeriva che, probabilmente, 3 ore al giorno sarebbero state sufficienti ad evitare complicazioni eccessive.

Ma annunciava anche cambiamenti ben più importanti.   Una volta che l’accumulo di denaro fosse stato tale da perdere la sua importanza sociale, l’umanità avrebbe finalmente potuto sbarazzarsi dell’ipocrisia con cui si esaltano come virtù i vizi peggiori.

“Saremo liberi di tornare ad apprezzare i principi religiosi e le virtù tradizionali.   Di tornare a considerare che l’avarizia è un vizio, che l’usura è un crimine, che l’amore per i soldi è detestabile.  Potremmo tornare a valorizzare gli scopi più dei mezzi e preferire il buono ed il bello all'utile.   Ad apprezzare le deliziose persone che sanno metter gioia nella vita propria ed altri.”
 “Ma attenzione.   – Ammonisce. -  Tutto questo non ancora.   Per ancora cento anni dobbiamo pretendere da noi stessi e dagli altri che il giusto sia sbagliato e viceversa perché l’errore è utile e il giusto non lo è.   Bisogna che avarizia ed usura continuino ad essere i nostri dei ancora per un poco, perché solo loro possono condurci fuori dal tunnel  del bisogno, alla luce del benessere.”

Secondo l’autore, la velocità di avvicinamento a questo bengodi sarebbe stata governata da quattro cose: “La capacità di controllo della popolazione, la determinazione nell'evitare guerre e rivolte, la volontà di dare alla scienza una direzione propriamente scientifica, il margine di accumulo al netto dei consumi.”

“In conclusione, la strenua brama di coloro che fanno soldi ci potrà condurre tutti in un’epoca di abbondanza, ma saranno coloro che saranno riusciti a sopravvivere coltivando l’arte di vivere senza vendersi che potranno veramente godersi questa abbondanza.”

Singolare punto di vista.   Chissà cosa direbbe Keynes se oggi potesse vedere come se la stanno cavando i pronipoti di cui vagheggiava?   Sarebbe ancora così sicuro che l'insaziabile avidità può avere il potere taumaturgico di condurre l'umanità in una sorta di paradiso terrestre?   Non sta piuttosto accadendo il contrario?

Il Paese di Bengodi è, ch'io sappia, una favola medioevale che i nostri antenati si raccontavano per ingannare le lunghe serate trascorse a pancia vuota.    Nessuno ha mai creduto che potesse esistere davvero, fino ai giorni nostri in cui un'umanità dotata di mezzi e conoscenze prima inimmaginabili si sta rapidamente suicidando.    Perché?    In fin dei conti, per non rassegnarsi al fatto che il paese di Bengodi non esiste e non può esistere.    Una verità che i nostri analfabeti predecessori capivano benissimo.


lunedì 2 marzo 2015

Picco del petrolio, picco del cibo, picco di tutto

Da “CyprusMail”. Traduzione di MR (h/t Maurizio Tron)



E' cominciato tutto col picco del petrolio, il punto in cui il tasso massimo di estrazione viene raggiunto, dopo di che la produzione comincia a declinare.

Di Gwynne Dyer

Il picco del petrolio è stato l'anno scorso. Ora possiamo preoccuparci del picco di tutto: picco del cibo, picco del suolo, picco dei fertilizzanti, persino del picco della api. Cominciamo dal piccolo. Dipendiamo dalle api per impollinare le piante che costituiscono circa un terzo della disponibilità mondiale di cibo, ma dal 2006 gli sciami di api negli Stati Uniti sono morti ad un tasso senza precedenti. Più di recente lo stesso “disordine da collasso degli sciami” è apparso in Cina, Egitto e Giappone. Molti sospettano che la causa principale sia un tipo di pesticidi largamente usati chiamati neonicotinoidi, ma le prove non sono ancora conclusive. Rimane il fatto che un terzo della popolazione americana di api è scomparsa nell'ultimo decennio. Se le perdite si dovessero diffondere ed aggravare, potremmo avere di fronte gravi carenze di cibo.

domenica 1 marzo 2015

Scala Mercalli: i "Limiti" in prima serata




Così, la prima puntata di "Scala Mercalli" è andata in su Rai 3, ieri sera. Credo che sia stata la prima volta che si parlava di nuovo in prima serata di "Limiti alla Crescita" (o anche, come è rimasto in uso in Italia, di "Limiti dello Sviluppo"), forse dai primi anni 1970, quando uscì il rapporto del MIT con quel titolo.

Per il momento, ho avuto solo commenti favorevoli e posso testimoniare direttamente della qualità del team che lavora dietro Mercalli: un gruppo di persone molto professionali, competenti, e motivate. Basta vedere la qualità dei filmati dal Cile e dal Perù, per vedere che siamo su un livello eccellente. Per non parlare di Luca Mercalli stesso, che si è sobbarcato un lavoro massacrante ma che sta dimostrando una professionalità eccezionale. 

D'altra parte, bisogna anche tener conto dei limiti del mezzo televisivo, che è poco adatto a passare messaggi che non siano semplificati ai minimi termini. Ci sarà, sicuramente, chi criticherà la trasmissione; parleranno dei "soliti ambientalisti", di "radical chic", e mi immagino cosa non sarà detto sui "Limiti dello Sviluppo" dalla truppa di quelli che sono rimasti indietro con in testa ancora le critiche degli anni 1980. Non si sono accorti di quanto la visione dell'argomento sia cambiata negli ultimi anni, con nuovi dati che hanno vendicato la visione degli autori del libro del 1972.

Più che critiche dirette, tuttavia, la tattica generalizzata in queste cose è semplicemente di ignorare e/o oscurare i messaggi che non fa comodo diffondere. Vi posso raccontare in proposito che l'ultima volta che mi è capitato di apparire in TV su una rete nazionale è stato nel 2011, al tempo del dibattito sul ritorno al nucleare. Quelli che mi avevano invitato avevano fatto un piccolo errore di valutazione. Avevano letto da qualche parte che io studiavo l'esaurimento del petrolio. Dal che, si erano immaginati che "se questo qui parla di fine del petrolio, allora sarà di sicuro favorevole all'uranio." In trasmissione, era tutto un coro in diretta a favore delle nuove centrali italiane. Quando mi hanno fatto parlare in collegamento da Firenze, ho cominciato a raccontare del "picco dell'uranio." A quel punto, mi hanno immediatamente tolto il collegamento e non me lo hanno più ridato per tutta la trasmissione. E non mi hanno mai più invitato. Niente di male, solo viene voglia di citare le parole attribuite a Groucho Marx "Non vorrei mai far parte di un club che accetta gente come me fra i suoi membri"

Tutti facciamo quello che possiamo per passare il messaggio fondamentale che venne lanciato per la prima volta in forma quantitativa nello studio del 1972 dei "Limiti dello Sviluppo". Il messaggio è che l'origine della difficile situazione in cui ci troviamo è il graduale esaurimento delle risorse naturali. Se ce ne rendiamo conto, possiamo prendere dei provvedimenti: usare le risorse con parsimonia, non sprecare quelle che sono preziose e rare, riusare e riciclare quello che possiamo. Se insistiamo, invece, a gridare che l'unica soluzione a tutti i problemi è "far ripartire la crescita" allora non andremo da nessuna parte. Non è un messaggio facile da passare nel clima del dibattito attuale, ma continuiamo. Senza aspettarci miracoli, ma continuiamo.