venerdì 11 luglio 2014

I fiaschi della politica estera americana

Da “Club Orlov”. Traduzione di MR

di Dmitri Orlov

Jon Shireman
Gli Stati Uniti sono stati molto occupati in questo secolo a distruggere sé stessi come potenza mondiale. Questo all'inizio è stato lento – dopotutto, i grandi imperi non tendono a collassare in una notte – ma dopo un decennio di sforzi assidui il ritmo ha cominciato a prendere velocità. Come gran parte dei collassi, i fiaschi che gli Stati Uniti hanno creato hanno avuto un passo lento all'inizio, poi tutto in una volta.

Prendete la “guerra” del 2008 alla ex Georgia Sovietica. Il Pentagono ha passato anni a cercare di far diventare la Georgia anti-russa, un burattino dominato dagli Stati Uniti. Poi, durante i Giochi Olimpici di Seul, il presidente della Georgia istruito dagli Stati Uniti ha deciso di compiacere i propri padroni iniziando bombardamenti di artiglieria di civili in una enclave contesa della Georgia abitata da cittadini russi. In risposta, i russi si sono riversati in Georgia, l'hanno ripulita, hanno annesso il territorio conteso (più un altro) e se ne sono andati. I media occidentali hanno diligentemente edulcorato i crimini della guerra georgiana e fatto del loro meglio per dipingere la Russia come l'aggressore. Ma i loro maestri non erano contenti e il suo presidente istruito dagli Stati Uniti è stato lasciato a girare nel vento come un cadavere politico.

Un fiasco simile ha cominciato a dispiegarsi in Ucraina nella primavera del 2014. Capite, la politica estera e le istituzioni militari statunitensi sono piuttosto compulsive nel loro incessante sforzo di minare la Russia. L'1% dei possessori del governo statunitense hanno anche una vendetta personale nei confronti di Putin. Non possono perdonargli ciò che ha fatto agli oligarchi russi che hanno fatto così tanto per minare la Russia sotto Yeltsin: li ha privati di denti e artigli, bandendoli dalla politica e privandoli di influenza politica. Durante i Giochi Olimpici invernali di Sochi, il presidente democraticamente eletto dell'Ucraina è stato rovesciato in un colpo di stato sostenuto da un'operazione sotto falsa bandiera in cui dei cecchini mercenari hanno ucciso decine di civili e poliziotti. Al suo posto gli Stati Uniti hanno insediato una giunta scelta di persona che comprendeva qualche elemento neo nazista. Questo fiasco si sta ancora svolgendo; ci tornerò fra un

Un altro fiasco che sta ancora fermentando è il ritorno al potere dei Talebani in Afghanistan. E' probabile che questo sia il risultato finale della più lunga occupazione militare degli Stati Uniti di tutti i tempi, che costa due trilioni di dollari ed è risultata in alcune migliaia di morti e decine di migliaia di feriti. Gli Stati Uniti hanno commesso un errore grossolano in Afghanistan cercando Osama Bin Laden che, come risultato in seguito, viveva tranquillamente vicino ad una base dell'esercito in Pakistan. Ops... paese sbagliato! A proposito di Pakistan, come bonus, gli Stati uniti sono riusciti a destabilizzare questa nazione armata di testate nucleari, come ha mostrato il recente attacco all'aeroporto di Karachi. Due fiaschi al prezzo di uno!

I fiaschi di politica estera in Ucraina e Afghanistan non sono proprio allo stadio di “tutto in una volta”. Ma la settimana scorsa siamo stati invitati ad uno spettacolo raro: 2 trilioni di dollari dell'investimento statunitense nell'esperimento di costruzione della nazione irachena, compresi 4000 morti e 50.000 soldati americani feriti sono andati in fumo. Un gruppo chiamato ISIS, che è ben più radicale di Al Qaeda, è emerso dalla Siria ed è rapidamente e violentemente penetrato nell'Iraq settentrionale ed ora sta bussando alle porte di Baghdad. In risposta, i membri della polizia, istruita e armata dagli Stati Uniti, e i militari si sono tolti le uniformi, e sono fuggiti abbandonando le loro armi. Gli sfollati dell'Iraq settentrionale ora si contano a milioni. Il fiasco in Iraq lavora in sinergia con quello in Siria, dove un tentativo degli Stati Uniti che dura da tempo di cambiare il regime ha prodotto una guerra civile che ha permesso a ISIS di organizzarsi ed armarsi. Il risultato finale potrebbe risultare essere un califfato ferocemente anti americano che coprirebbe gran parte di quella che era conosciuta come Siria e l'Iraq, oltre a un Iraq meridionale dominato dall'Iran: grande successo!

Nel frattempo, il tentativo degli Stati Uniti di gestire per fasi l'Ucraina è andato così bene che praticamente c'è un black out completo dei media occidentali su quello che sta accadendo lassù. Non è così in Russia: nonostante i giornalisti russi accreditati vengano vessati e rapiti da persone filo-governative, i media russi sono pieni di dettagli sulle marce neofasciste ucraine, sulle squadre della morte e sulle atrocità. Proprio la scorsa notte gli ucraini hanno bombardato un reparto maternità, uccidendo un'ostetrica. Questo rende i russi molto, molto arrabbiati – non tanto con gli ucraini, intendiamoci, nemmeno con le truppe ucraine che si stanno, come avrete immaginato, togliendo le divise e stanno abbandonando le loro armi ad ogni occasione che hanno. No, i russi sono arrabbiati con gli americani, i pupari che stanno dietro a questo casino.

I russi sembrano anche capire molto bene che sono stati provocati con l'idea di trascinare la Russia in un conflitto armato. Ecco una specie di elenco di provocazioni americane contro la Russia (un grande grazie a Saker per averlo messo insieme):


  • Riconoscimento di un regime illegale che è andato al potere con la violenza
  • Sostegno a un regime neonazista al confine con la Russia
  • Massiccia propaganda anti russa nei media occidentali (posseduti da oligarchi)
  • Rapimento di giornalisti russi pienamente accreditati
  • Copertura dei massacri di civili a Odessa e Mariupol
  • Uso illegale di bombe a grappolo proibite e di munizioni al fosforo bianco sui civili
  • Bombardamenti di artiglieria di intere città 
  • Attacco all'ambasciata russa di Kiev
  • Blocco della risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell'ONU che condannava l'attacco all'ambasciata russa di Kiev
  • Attentati con auto bombe a pubblici ufficiali nell'Ucraina orientale
  • Tentativi (falliti) di imporre sanzioni alla Russia
  • Importazione segreta in Ucraina di aerei ed elicotteri da parte di paesi della NATO da usare contro i civili
  • Uso segreto di diverse centinaia di mercenari occidentali da parte di Academi (ex Blackwater)
  • Massacri di soldati feriti negli ospedali
  • Violazioni sistematiche di tutti gli accordi raggiunti con la partecipazione della Russia
  • Bombardamento di chiese ed ospedali (questo è iniziato ad accadere nelle ultime 24 ore)
  • Rifiuto di fornire corridoi di fuga ai civili intrappolati


Queste sono solo alcune delle cose che è improbabile che sentirete parlare se vivete in occidente. Ciò di cui sentirete probabilmente parlare invece è che Putin ha invaso la Crimea. Non lo ha fatto; le truppe russe sono sempre state in Crimea, sulla base di un trattato internazionale di lunga data e i livelli delle truppe russe non hanno mai superato quelli concordati. E' anche probabile che sentirete che Putin ha annesso la Crime con la forza. Non lo ha fatto; la gente della Crimea ha votato in modo schiacciante per annullare la decisione sovietica di annetterla all'Ucraina e si è riunita alla Russia di loro spontanea volontà. Ma la Crimea ora è parte della Russia, pacifica e prosperosa, e accoglie i rifugiati russi che stanno fluendo attraverso il confine ucraino, e il nuovo mantra ripetuto senza sosta dai media occidentali è che le forze ucraine (i buoni) stanno combattendo i “separatisti filorussi” (i cattivi) che stanno provocando il caos nell'est del paese. Per prima cosa, non sono filorussi – sono russi, in nulla diversi da quelli al di là del confine in Russia. Secondo, non sono “separatisti” - vogliono riunirsi alla Russia, disconoscendo la decisione dell'era sovietica di annettere la loro parte di Russia all'Ucraina.

Quindi cosa stanno facendo questi valorosi difensori della sovranità ucraina e dell'integrità territoriale? I separatisti filo-ucraini sono più o meno in grado di occupare un aeroporto e una collina vicino a Slaviansk e Kramatorsk. Hanno preso Krasny Liman e commesso un massacro nel locale ospedale. E apparentemente hanno circa un migliaio di di soldati sparsi intorno all'aeroporto di Lugansk. Hanno mandato un IL-76 (il più grande aereo da trasporto del mondo) a salvarli e a rifornirli, ma è stato abbattuto. Non per mancanza di tentativi. Gli ucraini hanno dato inizio al loro regno di terrore ispirato dal nazismo con mazze da baseball, poi sono passati ai coltelli, poi alle pistole, alle armi d'assalto, mitragliatrici, mortai, artiglieria, lanciamissili, elicotteri d'attacco, aerei d'attacco, munizioni a grappolo ed ora persino fosforo bianco.

Nel frattempo, centinaia di soldati ucraini sono passati dall'altra parte – con le loro armi, compresi i loro comandi e carri armati. Un numero enorme dei loro coscritti sono stati uccisi. Alcune delle loro unità rimaste sono circondate e ci sono segni di un tentativo disperato di sfondare le loro linee, anche se alcuni di loro sono già passati dall'altra parte.

Come per le forze di autodifesa russe, sembrano stare sempre meglio. Hanno una buona rete di difesa aerea in funzione e presto potrebbero essere in una posizione per imporre la no-fly zone. Sono molto ben armati, in gran parte con armi prese agli ucraini. L'iniziale rivolo di volontari è diventato un flusso costante e comprende un sacco di volontari che fluiscono attraverso il permeabile confine russo (ricordate, ci sono russi su entrambi i lati del confine). Hanno anche qualche nuovo giocattolo di lusso che è sicuramente venuto dalla Russia, come guerra elettronica e sistemi avanzati di difesa aerea. E con tutto questo stanno cominciando ad impegnarsi in operazioni offensive contro i militari ucraini.

Tanto perché l'Ucraina sia una storia di successo. Ma lasciamo stare l'Ucraina, perché tutto questo è gestito da Washington, e Washington se ne frega dell'Ucraina – gli interessa solo di creare problemi alla Russia. Finora, nemmeno qui c'è un gran successo da riferire. Le sanzioni hanno spinto i russi a svendere i loro loro possedimenti in dollari e a rimpatriare i loro soldi dalla banche statunitensi. Il tentativo di liberare l'economia russa dal sistema del dollaro ha acquisito velocità e la Gazprom ha annunciato che non venderà più il suo gas naturale in dollari. La borsa russa è andata molto meglio da quando sono state imposte le sanzioni. La percentuale di approvazione dei russi per Putin è oltre l'80% (mentre Obama è al suo minimo storico). L'ovvio doppio standard e il gioco sporco di UE e Stati Uniti ha allontanato la popolazione russa dall'Europa facendola rivolgere verso oriente, dando un impulso al progetto di integrazione euroasiatico. (Cosa significa questo per gli stati uniti? Be' gli Stati Uniti non sono l'Eurasia, no? Hanno un sacco di basi militari in Eurasia, ma se volete sapere quanto siano utili, guardate sopra). Finora, il tentativo di usare l'Ucraina per creare problemi alla Russia si è ritorto contro alla grande: la Russia ha scelto la parte migliore della (ex) Ucraina – la Crimea – ed ora ha l'impulso politico per liberare sé stessa dall'influenza statunitense ed occidentale. La necessità di reinsediare il flusso di rifugiati russi dall'Ucraina dà ai funzionari russi qualcosa da fare. Sì, le notizie delle atrocità degli ucraini e delle squadre della morte tendono a radicalizzare la popolazione russa, ma poi le notizie dei volontari russi che si organizzano e collezionano o vittorie rende questo un problema minore.

E quindi, il tempo è assolutamente dalla parte della Russia.I militari russi non hanno bisogno di rispondere alle provocazioni americane invadendo l'Ucraina: le forze di autodifesa volontarie si prendono cura di sé stesse piuttosto bene. Nel frattempo, l'Ucraina rimane un non-stato disintegrato e in bancarotta. La Russia esternalizzava una buona parte della produzione industriale in Ucraina orientale, ma ora non più, mentre l'Ucraina occidentale (la parte dove alcune persone parlano realmente ucraino) è principalmente agricola e con tutte le distruzioni dei mesi recenti, il raccolto di cereali di quest'anno si profila essere un disastro.

Aggiungete questo all'imbroglio sul gas naturale. L'Europa prende un terzo del suo gas naturale dalla Russia e metà di questo passa per l'Ucraina. Qualche tempo fa, gli americani sono venuti fuori con un piano davvero delirante di rilevare la fornitura di gas naturale all'Europa, estromettendo la Russia. Il punto chiave è che il gas che serve non esiste. Gli Stati uniti sono un importatore netto di gas naturale e la sua produzione di gas convenzionale è in declino terminale. Ciò che prima permetteva agli Stati Uniti di fare dichiarazioni esagerate sulla propria produzione futura di gas naturale era l'idea che il loro gas di scisto sarebbe stato sufficientemente abbondante da soppiantare la Gazprom. Ma poi le riserve di gas di scisto negli stati uniti sono state ridimensionate del 96%. Fine della storia. Ma nel frattempo, i funzionari statunitensi hanno spinto per rendere più difficile alla Russia rifornire l'Europa. La Russia ha lavorato con diligenza su una nuova rete di gasdotti, chiamata South Stream, che aggira l'Ucraina, ma i funzionari americani hanno costretto la Bulgaria a fermare la costruzione del suo segmento perché l'azienda che lo realizzava è russa ed è stata unilateralmente sanzionata da Washington. Hanno anche istruito i loro fantocci ucraini a rifiutare di raggiungere un accordo con Gazprom. Gazprom ha chiesto all'Ucraina di saldare il suo debito per il gas che ha già bruciato (una richiesta non irragionevole) e di cominciare a fare i pagamenti in anticipo. Ha anche offerto all'Ucraina lo stesso prezzo del gas pagato dagli altri clienti europei. Gli ucraini hanno rifiutato, quindi stamattina è stato chiuso il rubinetto. Il gas che transita in ucraina verso occidente fluisce ancora, ma a a questo ritmo è questione di mesi prima che gli europei dovranno cominciare a sacrificarne un po' solo per tnere accese le luci a Kiev. Ricordate, l'Ucraina ha alcuni reattori nucleari tipo Chernobyl ancora ttivi e richiedono una rete elettrica funzionante per evitare la fusione se vengono chiuse – cosa che potrebbero benissimo fare se c'è una guerra in corso.

Come sappiamo tutti, è difficile fare previsioni (specie se riguardano il futuro), ma sembra abbastanza certo mettere già l'Ucraina fra gli altri fischi della politica estera americana. In questo momento è un fiasco che si muove lentamente, ma possiamo aspettarci che prenda velocità. Possiamo anche aspettarci che diventi più grande: arriva il prossimo inverno, se Kiev è buia, gran parte dell'Europa rabbrividisce al freddo e i reattori nucleari ucraini sono sul punto di fondere, gli europei potrebbero cominciare a pensare che forse gli americani non sono loro amici per niente, che far parte della NATO è una cattiva idea e che i cortigiani dell'America a Brussels dovrebbero essere presi a calci insieme all'UE e all'Euro. E questo renderebbe la primavera del 2015 molto interessante.

mercoledì 9 luglio 2014

Cronaca di un pianeta gravemente malato

DaThe Oil Crash”. Traduzione di MR



Di Antonio Turiel

Cari lettori,

cosa succederebbe se per un momento lasciassimo il nostro tran-tran quitidiano e gettassimo uno sguardo alla salute ecosistemica del nostro pianeta, del nostro habitat? Tutti sono consapevoli del fatto che ci sono molti problemi, ma probabilmente non tutti hanno un'idea chiara di quanti possano essere e della loro gravità, non dico tanto per le altre specie quanto per la nostra. Sono talmente tanti questi problemi, e tanto gravi, che dovrebbero occupare le prime pagine dei giornali, anziché rimanere relegati (e anche questo solo di tanto in tanto) in quelle di Scienza e Società. Forse pensate che non siano così gravi, che su questi temi si esageri. Con una certa conoscenza di alcuni dei problemi odierni chiave dell'Umanità, alcuni minuti di pazienza, un browser e selezionando solo le fonti più ragionevoli, di fronte a noi si disegna un panorama sicuramente desolante...

Il danno alla Grande Barriera Corallina è irreversibile se non si intraprendono azioni radicali.


Le stelle marine si sciolgono in una materia gelatinosa e nessuno sa il perché.



La grande moria di ostriche e smerli sulla costa nordoccidentale degli Stati Uniti – Milioni di frutti di mare muoiono – Non si era mai vista una cosa simile – In luglio la mortalità arriverà al 95%. 


La grande moria della vita marina lungo la costa orientale degli Stati Uniti, Radiazioni di Fukushima... o altro?




Le zone morte dell'oceano (zone povere di ossigeno dove non c'è vita) hanno incrementato la loro area di 10 volte durante l'ultimo secolo.



Il Mediterraneo si riscalda e si acidifica ad un ritmo senza precedenti.



Il cambiamento climatico e la quantità decrescente di pesci permettono di prevedere un livello di cattura stagnante.


L'inquinamento rende ermafroditi alcuni pesci nel Mediterraneo.


Il ghiaccio marino artico è inquinato da microplastiche.


Le microplastiche minacciano la salute degli ecosistemi e degli esseri umani nel Nordest dell'Ohio.


Come le microplastiche domestiche comuni minacciano la fertilità.


Le meduse stanno invadendo il mare e potrebbe essere troppo tardi per fermarle.


L'estensione massima annuale del ghiaccio artico è la quinta minore da quando si hanno rilevamenti.



L'esercito americano prevede un Artico senza ghiaccio nel 2016.


Segni evidenti nel Pacifico dell'avvicinarsi di un El Niño travolgente.


Allarme per un'estate più calda in conseguenza del fenomeno de 'El Niño'.


Stati Uniti, fra freddo estremo e siccità.


La Corrente a Getto Polare (Jet Stream) sta cambiando direzione? Un flusso di aria più ondulato potrebbe portarci inverni più lunghi e rigidi.



OMS: L'inquinamento atmosferico è il responsabile di un morto su otto su scala globale.


I livelli "sicuri" di inquinamento atmosferico possono ugualmente essere nocivi.



I biocombustibili possono aumentare l'inquinamento da ozono più della benzina, secondo uno studio.



Le morti per inquinamento aumentano del 10% a Dehli dal 1991.


I tubi di scarico delle macchine confondono le api fino ad ucciderle.


 L'inquinamento proveniente dall'Asia fa diventare più forti le tormente del Pacifico.


Una Scuola Medica del Cile avverte dell'alta presenza di metalli pesanti ad Antofagasta.


Il mercurio nel pesce ha portato l'inquinamento degli alimenti nel 2013.


Riso al cadmio: inquinamento da metalli pesanti delle coltivazioni di riso in Cina.



Preoccupa l'inquinamento da mercurio in Perù.


L'inquinamento da arsenico delle acque sotterranee potrebbe essere uno dei casi peggiori di avvelenamento di massa della storia dell'Umanità.


Il primo rapporto mondiale del OMS sulla resistenza agli antibiotici rende manifesta una grave minaccia per la salute pubblica in tutto il mondo.


La metà dei petti di pollo esaminati sono risultati positivi ad un superbatterio in un test negli Stati Uniti.


 La Banca Mondiale suona l'allarme per i prezzi crescenti degli alimenti.


Il grano aumenta di prezzo a causa del conflitto in Ucraina e della siccità negli Stati Uniti.


Gli Stati Uniti subiscono una grave crisi idrica a causa dell'estrazione di gas e petrolio.


Come le super erbe maligne Frankenstein hanno invaso 60 milioni di acri negli Stati uniti... e non si possono eliminare.


Parassiti divoratori di coltivazioni assediano i contadini sudafricani.


Un parassita misterioso minaccia le coltivazioni del Texas per un valore di migliaia di milioni di dollari.


I parassiti delle coltivazioni si stanno diffondendo a causa del cambiamento climatico.


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E non ho nemmeno cercato di essere esaustivo, ma già per i temi semplicemente enunciati in questo post servirebbero ore ed ore di discussione. Tutte queste notizie sono esclusivamente degli ultimi 12 mesi , ma anche così l'elenco e terribilmente lungo. Tuttavia, nessuno parla di questi temi, tutto si muove con una falsa apparenza di normalità, di effimera tranquillità, di fragile sicurezza... Mentre si parla di banalità, si distoglie la concentrazione dalla gravità della situazione globale, con l'obbiettivo di continuare con l'unico scopo socialmente accettabile: la crescita economica, la ripresa ad oltranza. Crescita economica che già sappiamo non essere possibile, ma nel cui nome stiamo minando sempre di più gli unici attivi reali e indispensabili alla nostra sopravvivenza come specie.

Saluti.
AMT

martedì 8 luglio 2014

La transizione energetica sostenibile: Giorgio Nebbia sulla circolazione natura-merci-natura


 
A commento del recente post di Sgouris Sgouridis sulla necessita di una "transizione finanziaria" per affrontare la transizione energetica, ecco un post di Giorgio Nebbia che risale a qualche anno fa, ma che è ancora attualissimo.




La circolazione natura-merci-natura:
Alla ricerca di nuove scale di valori


Ambiente Costruito, 2, (2), 4-11 (aprile-giugno 1998)

di Giorgio Nebbia



La tecnosfera --- l'insieme di abitazioni, fabbriche, città, affollate di oggetti fabbricati dagli esseri umani --- è un organismo vivente che “funziona”, come qualsiasi altro essere vivente, grazie ad un flusso di materia e di energia: la materia è rappresentata da “cose” ottenute dalla biosfera --– dall’aria, dalle acque, dal suolo, dal mondo vivente vegetale e animale --- per lo più gratis, e da molte altre cose provenienti dalla tecnosfera, dall’universo degli oggetti fabbricati dagli esseri umani per trasformazione dei beni tratti dalla natura: vegetali, animali, fonti di energia, pietre, acqua, minerali, eccetera.

Chiamerò, per intenderci, “merci” gli oggetti “fabbricati” nella tecnosfera: a rigore, come vedremo, dovremo fare i conti anche con “beni” scambiati, senza pagare niente, fra gli umani e le loro attività e il mondo circostante della natura: l’ossigeno “acquistato” gratis dall’aria, necessario per la respirazione umana e per le combustioni; l’anidride carbonica “venduta” gratis all’atmosfera come risultante della respirazione, delle combustioni, della scomposizione delle pietre, eccetera.

Non è possibile avere idee chiare sul funzionamento della tecnosfera e su quanto attraversa un territorio se non si fa qualche passo avanti nella comprensione di questi complessi scambi e “commerci” di materiali e di energia, nei quali il denaro può entrare o no.

Cominciamo con l’osservare che i processi di produzione e di “consumo” delle merci presentano alcune interessanti analogie con i processi viventi: entrambi traggono dalla natura risorse (aria, acqua, minerali, prodotti vegetali e animali) e le trasformano in cose utili. Nel processo di trasformazione e nel processo di “uso” delle “cose”, i materiali usati e i loro sottoprodotti ritornano nell’ambiente naturale circostante sotto forma di gas, liquidi e solidi, nella stessa quantità in peso in cui sono entrati nel processo.

Per questo motivo d’ora innanzi non userò più il termine “consumo” delle cose fabbricate, delle merci, perché in realtà ciascun “consumatore” non consuma niente, ma si limita ad usare, per un tempo più o meno lungo, le merci stesse. Anche i processi dell’economia, come quelli della vita, sono perciò caratterizzati da una circolazione natura-merci-natura, o N-M-N (se vogliamo ricorrere ad una analogia con la simbologia marxiana); a differenza, però, di quanto avviene nei processi vitali, nei quali tutte le scorie rientrano in ciclo, che operano con cicli “chiusi”, alla fine del ciclo delle merci prodotte dalle attività umane, la natura risulta impoverita di alcune delle sue risorse e la qualità di alcune delle sue risorse risulta peggiorata per l’immissione delle scorie e dei rifiuti.

Fino a quando, nei processi “economici” di produzione e uso delle merci, l’estrazione delle risorse naturali e la restituzione delle scorie sono state abbastanza lente nel tempo e diluite nello spazio, la natura ha avuto il tempo di rimettersi in equilibrio; nelle società industriali moderne, invece, l’estrazione delle risorse dalla natura, la massa delle scorie prodotte e l’immissione delle scorie nei corpi naturali riceventi sono molto veloci e concentrate nello spazio. E’ questa una delle cause dei guasti ambientali che si manifestano come peggioramento della qualità dell’aria e delle acque o come impoverimento delle riserve di risorse naturali, della fertilità del suolo, della stabilità delle valli, e che appaiono evidenti quando si sono già verificati.

Alla vera base di questi guasti sta il fatto che gli esseri umani nelle loro attività economiche sono incapaci di valutare correttamente i fenomeni dell’estrazione di materia dalla natura e di contaminazione della natura. L’efficienza di un processo che produce e usa merci viene descritto soltanto con indicatori monetari nei quali il concetto di scarsità e di qualità delle risorse naturali non appare, se non per quella parte che tocca il “proprietario” di alcune delle risorse stesse: il proprietario delle miniere, o del campo coltivato, o delle sorgenti di acqua, che vede ridotte le sue possibilità di guadagno con l’esaurimento o la contaminazione della sua proprietà.

Quando, come nella stragrande maggioranza dei casi, le risorse naturali non hanno un proprietario, cono cioè dei beni collettivi --- a chi appartiene l’aria, o il mare, o l’acqua del fiume, o la flora e la fauna non vendibile ? --- le loro modificazioni sono difficilmente prevedibili perché non sono misurabili con l’unità “denaro” e nessuno ha avuto finora interesse a misurarla con qualche altro strumento o indicatore diverso da quelli tradizionali del “mercato”. Da qui la necessità di cercare qualche altro indicatore dei flussi della materia e dell’energia che sono coinvolti nei processi di produzione e di uso delle merci: la ricerca, in altre parole, di una contabilità fisica, o “naturale” dei processi di trasformazione della natura che ci permetta di identificare qualche nuova unità di misura del “valore” diversa dal denaro.

L’idea non è nuova. Le prime contabilità degli scambi fra agricoltura, industria e consumi, a cominciare dalla celebre “tavola” di F. Quesnay, redatta nel 1758, sono state pensate in termini fisici. Il problema è trattato da Marx nella sua analisi della circolazione della ricchezza e l’economista Marshall, nei suoi “Principi” del 1890, scrisse che “la Mecca degli economisti” sarebbe stata l’economia biologica.

E i primi pianificatori sovietici, negli anni venti, hanno cercato, per liberarsi delle scorie del capitalismo precedente, di liberarsi anche dei limiti imposti dal suo principale indicatore, il denaro, e hanno tentato di redigere una contabilità nazionale in unità fisiche. Purtroppo, ai fini di una contabilità economica nazionale, è difficile sommare il peso delle patate con quello della lana o del tondino di ferro, tanto è vero che le prime tavole intersettoriali dell’economia sovietica hanno dovuto descrivere anch’esse gli scambi di merci in unità monetarie.

Sarebbe stato necessario aspettare i tempi attuali per vedere rinascere una nuova domanda di analisi dei flussi di materiali associati alle attività economiche, l’analisi del “metabolismo” delle fabbriche e dei processi di produzione e di consumo. Finalmente viene riconosciuto che non è possibile valutare i flussi di gas responsabili dell’effetto serra, o di rifiuti, e applicare corrette imposte, se non si conoscono esattamente le quantità fisiche dei materiali coinvolti nei processi economici, nella circolazione che ho prima chiamato natura-merci-natura.


L’energia e la materia contano più dei soldi



In questo campo, a differenza di quanto avviene con i prezzi monetari, abbiamo alcuni punti di riferimento solidi: per definizione la materia e l’energia che entrano in ciascun processo di produzione e di uso delle merci si ritrovano, alla fine, nella stessa quantità, anche se modificata; una parte di tale materia ed energia è sotto forma di merce vendibile in cambio di denaro, mentre una parte – anzi la maggior parte – è sotto forma di sostanze chimiche e di energia che finiscono come “scorie”, che vengono ”rifiutate” e immesse “da qualche parte” nella biosfera.

A titolo di esempio pensiamo alla benzina bruciata in un’automobile: La merce è la benzina e noi la paghiamo e il servizio reso è lo spostamento di una persona a bordo per un certo numero di kilometri. Possiamo perciò dire che il servizio costa tante lire per persona-kilometro.

Questo valore monetario non ci dice niente sulla storia naturale della benzina, prima che sia entrata nel motore, né ci dice niente sui gas che sin liberano nell’atmosfera durante la combustione, ne’ dell’amianto o della polvere di gomma che vengono immessi nell’aria durante il moto del veicolo per il kilometro considerato.

La contabilità fisica mostra che un kilogrammo di benzina brucia soltanto se interagisce con l’ossigeno contenuto in circa 20 kg di aria; il “servizio”, cioè lo spostamento dei veicolo, è accompagnato dall’immissione nell’ambiente degli stessi 21 kg di materiali immessi in ciclo. Le sostanze che escono dal tubo di scappamento, pur avendo la stessa massa della materia iniziale, hanno composizione chimica molto differente: troviamo gli stessi atomi che erano presenti negli idrocarburi della benzina, nell’ossigeno e nell’azoto dell’aria, ma adesso sono combinati in parte ancora come ossigeno e azoto, ma anche come anidride carbonica, ossido di carbonio, ossidi di azoto, idrocarburi diversi da quelli della benzina, e innumerevoli altre sostanze di “rifiuto” la cui misura e caratterizzazione è tutt’altro che facile, anche perché finora non interessava a nessuno.

Lo stesso vale per l’energia che era originariamente “contenuta” dentro la benzina, come energia potenziale a bassa entropia, e che durante la combustione si libera come calore ad alta temperatura e ancora bassa entropia (quel calore che muove i cilindri del motore e le ruote) e alla fine si ritrova anch’esso nei gas di scappamento e nel riscaldamento provocato dagli attriti, come calore a bassa temperatura e ad alta entropia. La quantità di energia è sempre la stessa, ma la sua qualità “merceologica”, la sua attitudine ad essere ancora utilizzata per qualche fine utile, è molto diminuita, una perdita di utilità che si può indicare come aumento di entropia.

Le poche precedenti considerazioni forniscono la base per la ricerca di qualche indicatore fisico del valore che ci liberi dall’arbitrio del denaro e ci fornisca qualche informazione convincente. Per esempio potremmo caratterizzare una merce o un servizio (ricordando che ogni servizio, anche apparentemente immateriale) richiede degli oggetti fisici e materiali), sulla base della quantità di materia che richiede nel suo processo di produzione e di uso, nel suo “ciclo vitale”.

Si potrà così dire che è tanto più utile, o apprezzabile -– o ecologicamente “virtuoso” -- un processo o un servizio che consente di ottenere la stessa merce e lo stesso servizio con un minore consumo di materia prime, o con un minore consumo di energia, o con un minore inquinamento ambientale.

Si potrebbe così parlare di “costo energetico”, di “costo in risorse naturali”, di “costo ambientale”, di ciascuna merce o di ciascun servizio, essendo, proprio come si usa considerare nel caso del valore monetario, tanto più apprezzabile una merce o un servizio che hanno un minore “costo naturale” (1).

Ciascuno di questi tre caratteri possono essere misurati in kilogrammi o in joule per cui il confronto può essere considerato universale (o quasi).


Il costo energetico delle merci



Prima di chiarire a che cosa potrebbe servire, in pratica, questa ricerca di nuovi indicatori “naturali” del valore, e anche per mostrare alcune delle grandi difficoltà del loro computo, vorrei soffermarmi sul caso dell’energia, certamente il più studiato e quello relativamente più facile. Secondo quanto detto prima è possibile confrontare le merci e i servizi sulla base della quantità di energia richiesta per la fabbricazione di una unità di peso di una merce, o per una unità di un servizio: per esempio per consentire ad una persona di percorrere un kilometro. Potremmo così parlare del costo energetico di una merce o di un servizio.

Questa maniera di ragionare tocca, però, anche alcuni aspetti più delicati della stessa teoria del valore: del resto gli economisti classici, e Marx stesso, pensavano a qualcosa di fisico quando elaborarono una teoria del valore sulla base della quantità di lavoro “incorporato” in una merce, necessario a produrla. Sostanzialmente il valore-lavoro è associato in qualche modo ad una misura della quantità di energia --- umana, in questo caso --- necessaria per produrre le merci, è associata a quell’entità misteriosa che è il “valore d’uso” delle merci, un valore legato in qualche modo alla “natura”, come sostiene Marx nella “Critica del programma di Gotha” (1875) quando afferma che “la natura è la fonte dei valori d’uso (e in questi consiste la ricchezza effettiva !) altrettanto quanto il lavoro, che esso stesso, è soltanto la manifestazione di una forza naturale, la forza-lavoro umana”.

Martinez-Alier in un suo libro (2) ha analizzato numerosi contributi di persone che hanno cercato di elaborare una teoria energetica del valore delle merci o una analisi del rapporto fra energia, lavoro e merci.

Il medico ucraino Sergei Podolinskij scrisse nel 1881 un saggio, apparso in tedesco, francese, italiano e russo, su una proposta di valore fisico delle merci. Il saggio è stato, di recente, tradotto e analizzato criticamente da Tiziano Bagarolo (3).

Ma continuamente varie persone, più o meno motivate ideologicamente, sono state attratte dalla ricerca di qualche scala del valore che fosse libera dalla schiavitù delle unità monetarie imposte dalla contabilità capitalistica.

Negli anni venti di questo secolo, per esempio, una teoria del valore in unità fisiche è stata proposta da F. Soddy (che aveva ottenuto il premio Nobel per la scoperta degli isotopi degli elementi), dallo scrittore H.G. Wells (quello della “guerra dei mondi”), e da altri.

Di particolare interesse è il movimento, sorto ai tempi della grande crisi 1929-33 e sull’onda delle idee di Thorstein Veblen, denominato “tecnocrazia” (4) e basato sull’idea che i tecnici, piuttosto che il potere finanziario, avrebbero dovuto avere un ruolo predominante nelle decisioni economiche e produttive. Nell’ambito di questo movimento un certo Howard Scott propose una curiosa teoria della distribuzione delle merci, secondo la quale il denaro avrebbe dovuto essere sostituito da una moneta basata sulle unità energetiche. La proposta, pubblicata da Scott nel fascicolo del gennaio 1933 di “Harper’s Magazine”, sosteneva che l’industria avrebbe prodotto nella maniera più efficiente una grande quantità di merci utili se il governo avesse stampato dei certificati energetici in quantità equivalente alla quantità totale di energia che considerava utile impiegare in un anno nella produzione delle merci.

Tali certificati avrebbero dovuto essere distribuiti in parti uguali fra la popolazione: ciascun cittadino avrebbe usato i certificati a sua disposizione per acquistare le merci o i servizi occorrenti, ciascuno caratterizzato sulla base di un suo valore energetico, regolando i suoi gusti e le sue scelte sulla base del vincolo fisico costituito dalla quantità di energia assegnatagli dalla collettività.

Chi avesse voluto acquistare una merce con elevato costo energetico avrebbe avuto meno certificati per acquistare altre merci, però avrebbe potuto acquistare certificati energetici da altri. I certificati di energia avrebbero dovuto essere trasferibili e avrebbero dovuto avere una durata limitata.


L’italiano Salvadori e la sua dimenticata misura del valore energetico delle merci


La misura del costo energetico delle merci fu proposta, ancora negli anni trenta, da Roberto Salvadori, un oscuro professore di merceologia dell’Università di Firenze, che propose una unità di misura del valore espresso in energon-merce. Di Roberto Salvadori 1873-1940) esistono poche notizie; da un “curriculum vitae” datato 1931 si apprende che si era laureato in chimica a Padova nel 1896; nel 1899 si recò con una borsa di studio nell’Università di Gottingen nel laboratorio del prof. Nernst. Dopo due anni di insegnamento a Sassari, nel 1902 vinse il concorso di professore ordinario di chimica nell’Istituto Tecnico di Firenze e nello stesso anno ottenne la libera docenza. Dal 1926 al 1934 tenne per incarico il corso (allora biennale) di Merceologia presso la Facoltà di Scienze economiche e commerciali di Firenze. Per altre notizie su questo importante e dimenticato studioso si veda: http://www.ilmondodellecose.it/dettaglio.asp?articolo_id=2830

Nel suo libro “Merceologia generale. Principi teorici. II. Le proprietà delle cose. III. Concetto merceologico dell’energia”, Firenze, Editore Cya, 1933, ha introdotto il concetto di “energia-merce” definito come “la somma algebrica delle energie necessarie alla creazione di una entità merceologica, per cui si può stabilire il valore commerciale energetico”. Per “valore commerciale energetico” Salvadori intendeva “il valore assoluto dell’unità di misura di un prodotto merceologico, determinato dalle condizioni tecniche della sua preparazione. Ogni tipo di merce rappresenta, in definitiva, una somma di energie che è sempre superiore all’energia teorica che il prodotto ha in sé”.

Salvadori definì gli “energon-merce” come la somma dell’energia spesa per produrre una unità di peso di ciascuna merce; tale somma è sempre superiore al ”contenuto energetico” della merce stessa e dipende dalle inefficienze e perdite del processo. A Salvadori va quindi il merito di aver introdotto, pur con un linguaggio poco chiaro, l’idea che esiste un consumo minimo teorico di energia per produrre ciascuna merce – equivalente, in un certo senso, al rendimento di Carnot delle macchine termiche – e che il consumo reale di energia dipende dalle perdite, dalle inefficienze tecniche, e così via.

Per inciso lo stesso concetto per alcuni cicli produttivi è stato ripreso dall’americano Gyftopoulos nel 1974 (5).

Utili informazioni su questi tentativi di misurare il valore --- il “valore d’uso” --- delle merci e dei servizi in unità fisiche, e in particolare energetiche, si trovano nel libro già citato, di Martinez-Alier, e in quello dell’inglese Peter Chapman, “Il paradiso dell’energia” (6).


La crisi energetica del 1973 e la nuova curiosità per il costo energetico


L’interesse per la misura del costo energetico delle merci è ripreso negli anni settanta, in seguito alle oscillazioni del prezzo del petrolio e delle materie prime: il petrolio era la stessa cosa, aveva lo stesso valore energetico, quando costava 10.000 lire alla tonnellata nel 1972 o 300.000 lire/t nel 1985 o 200.000 lire/t (circa 100 euro/t) come costa nel 2003. Il calore che libera, i servizi che rende, la quantità di merci che può contribuire a fabbricare, sono grandezze indipendenti dal prezzo unitario.

La ricerca di un indicatore energetico del valore delle merci fu ripresa da Martha Gilliland (7), il cui lavoro fu criticato da David Huttner (8); un’altra proposta di misura del costo energetico fu avanzata dall’inglese Peter Chapman, già ricordato (6), e alcuni studi sul “costo energetico delle merci” sono stati condotti anche nell’Università di Bari (9). Una critica alla proposta di misurare in unità energetiche il valore delle merci è contenuta in un celebre articolo di Nicholas Georgescu-Roegen (10) sulla base del fatto che bisogna considerare non soltanto l’energia, ma anche la materia (“matter matters too”).

La base razionale della ricerca di un valore energetico, o di un costo energetico delle merci e dei servizi, sta nel fatto che, conoscendo tali valori, un soggetto economico, una persona, un’azienda, che voglia consumare meno energia ha (avrebbe) a disposizione un indicatore fisico, in un certo senso “assoluto”, per scegliere fra diversi processi o modi di comportamento. Ad esempio fra due processi produttivi “varrà” di più quello che fornisce la stessa merce con minore consumo di energia. I diversi modi di trasporto delle persone e delle merci possono essere confrontati sulla base del consumo di energia per kilometro percorso da una persona o da una tonnellata di merce.

La valutazione del costo energetico delle merci pone vari problemi metodologici. Il primo punto riguarda l’identificazione di una nuova unità delle attività umane che è il “processo” di trasformazione della natura in merci e poi in scorie e rifiuti. Il “processo si svolge dentro confini fisici che devono essere definito abbastanza bene, a pena di commettere errori. Il processo è quanto avviene entro i confini di una fabbrica o nei confini di una città o in quelli di una abitazione.

Prendiamo un processo produttivo, quello di fabbricazione dell’alluminio, che consiste, come è noto, nel trattare un minerale, la bauxite, con agenti chimici che consentono di ricuperare l’ossido di alluminio. Una seconda fase trasforma l’ossido di alluminio, miscelato con adatti fondenti, in alluminio metallico per elettrolisi, con l’uso dell’elettricità.

In prima approssimazione si può misurare la quantità di energia elettrica consumata per ottenere un kg di alluminio e si può affermare che tale energia rappresenta il costo energetico dell’alluminio, o l’energia “incorporata” nel metallo. Però bisognerebbe valutare anche il “costo energetico” degli elettrodi di carbone e dei fondenti impiegati nell’elettrolisi e che sono “consumati” nel processo. Per fare le cose meglio bisognerebbe anche aggiungere il costo energetico del trasporto di questi agenti dal luogo di produzione alla fabbrica di alluminio, e poi il “costo energetico” del trasporto dalla bauxite dalla miniera alla fabbrica e il costo energetico degli agenti con cui viene trattata la bauxite, e avanti di questo passo.

Includendo tutti i costi energetici dei vari fattori della produzione, il “costo energetico” vero e proprio della merce, cioè il consumo di energia nell’intero ciclo produttivo, può anche raddoppiare. Se, con lo stesso procedimento, si calcola il costo energetico dell’alluminio ricavato dalla fusione del rottame, si vede che l’operazione di riciclo consente di ottenere alluminio, che è sempre lo stesso, con un costo energetico che è circa un ventesimo rispetto a quello che si ha quando si parte dalla bauxite; quasi come se il trattamento del rottame consentisse di ricuperare una parte dell’energia spesa quando lo si è fabbricato la prima volta partendo dal minerale e che è rimasta “incorporata” nel metallo.

Altri indicatori del valore


L’analisi del valore delle merci sulla base del costo energetico può perciò aiutare a scegliere le materie prime, a progettare i materiali, gli imballaggi, i manufatti, sulla base di nuovi vincoli, quali la scarsità di energia o di materie prime. Sulla base di simili considerazioni si possono cercare altri indicatori fisici, naturali, del valore, come il costo in risorse naturali e il costo ambientale.

Il primo potrebbe essere misurato sulla base della quantità di acqua, o di minerali, o di vegetali, richiesti per produrre una unità di peso di merce; il secondo potrebbe descrivere la quantità di rifiuti --- gassosi, liquidi o solidi --- che accompagnano la produzione o l’uso di una unità di peso di merce.

La crescente scarsità di acqua nel mondo, anche nei paesi industrializzati, induce a prestare crescente attenzione alla misura – e alla diminuzione – del “costo in acqua” delle merci (11) attraverso innovazioni nel campo del riciclo dell’acqua, dell’uso di acqua di qualità inferiore per usi meno nobili, come il raffreddamento dei processi industriali, l’irrigazione, l’annaffiatura dei giardini e ... la pulizia dei gabinetti: E’ assurdo che ogni italiano, nella propria vita urbana e domestica, usi ogni anno 20.000 litri di acqua di alta qualità per usi alimentari e igienici e altri 80.000 litri di acqua, ugualmente di alta qualità, per i gabinetti e per la pulizia delle strade.

Vale” perciò, ha un maggiore “valore d’uso”, la merce o il servizio che richiedono minore quantità di acqua. Analogamente vale di più la merce o il servizio che, nel corso della produzione o dell’uso, richiede meno risorse naturali e ha un minore “costo di natura”. Anche in questo caso si tratta di misurare la quantità di risorse naturali – minerali, energie fossili, foreste, eccetera – per unità di merce prodotta o per ciascun servizio.

Infine si può misurare il “costo ambientale” di ciascuna merce o servizio sulla base della quantità di residui o scorie che vengono immessi nell’ambiente nel corso della produzione o alla fine della vita utile. Ormai cominciano ad essere emanate leggi che stabiliscono la massima quantità di agenti inquinanti che possono essere immessi nei corpi riceventi ambientali: la massima quantità di ossido di carbonio, o di ossidi di azoto o di zolfo o di idrocarburi policiclici che possono essere immessi nell’ambiente per ogni kg di benzina o gasolio bruciato in un motore o per ogni km percorso o per ogni kilowattora di elettricità prodotta.

Comunque nella maggior parte dei processi si hanno ben poche informazioni sulle sostanze che accompagnano ciascun processo, benché da tali sostanze dipenda anche la salute dei lavoratori oltre che l’effetto ambientale associato alla fase di produzione o di uso finale delle merci.

Il ritardo delle conoscenze che consentirebbero la misura del “costo (o valore) fisico” delle merci e dei processi dipende anche dal fatto che i processi educativi --- per esempio di formazione dei chimici, degli ingegneri, degli economisti --- sono centrati sulla misura della quantità dei prodotti principali, che sono quelli a cui sono associati scambi monetari, e ben poco attenzione è rivolta all’analisi della quantità e del tipo di prodotti secondari, dei residui e delle scorie, la cui composizione, fra l’altro, è più difficile da misurare, valutare, conoscere, rispetto a quella dei prodotti principali economici.

Ci sono stati dei tentativi, in passato, di elaborare delle “enciclopedie dei processi”, cioè dei bilanci dei flussi di materie e di energia, in unità fisiche, associati ai processi di produzione e di uso delle merci, ma ben poco cammino è stato finora fatto su questa strada.

A che cosa serve ?


La ripresa dell’interesse per nuove scale di valori avrebbe il fine di capire qualcosa di più nel campo ancora poco esplorato della teoria del valore nei rapporti uomo-natura-società. Ma avrebbe anche qualche utilità pratica, consentirebbe di identificare le scelte economiche più razionali in un’epoca di risorse scarse.

Insomma anche la società strettamente capitalistica, basata sulle rigorose leggi del libero mercato, sta cominciando a riconoscere che qualcosa nei meccanismi dei prezzi non funziona.

Per esempio in questi ultimi anni si stanno moltiplicando l’interesse e gli studi sulla caratterizzazione di alcune merci, considerate meno dannose per l’ambiente con una “etichetta ecologica” o “ecolabel”, assegnata sulla base del minore consumo di materiali o di energia o del minore inquinamento, rispetto ad altre merci. Gli acquirenti potrebbero così essere orientati, a parità di prezzo o anche pagando un prezzo maggiore, verso le merci più “amiche” della natura. In un certo senso questo orientamento si sta già verificando con gli alimenti cosiddetti “biologici”, più costosi ma apparentemente ottenuti con meno pesticidi o concimi rispetto a quelli tradizionali. E’ facile costatare che l’operazione si presta a frodi se le misure dei valori “naturali” delle merci non sono effettuate correttamente.

Un altro interessante esempio di utilità dell’analisi del flusso di materiali e di energia associato alla produzione e all’uso di merci e servizi riguarda l’applicazione delle imposte ecologiche. Sempre più spesso, per diminuire l’inquinamento, vengono proposte e ormai anche applicate imposte proporzionali alla quantità fisica dei materiali in gioco: alla quantità di anidride carbonica emessa dagli impianti di combustione, alla quantità di ossido di azoto e zolfo emesse durante la combustione e i processi produttivi; proporzionali alla quantità di rifiuti solidi prodotti, eccetera.

Infine la conoscenza dei flussi materiali è richiesta dalle procedure che richiedono una misura e valutazione del cosiddetto “impatto ambientale” l’effetto delle attività produttive sull’ambiente. Per poter giudicare se una località è adatta ad ospitare un impianto produttivo viene (dovrebbe essere) richiesto un bilancio dei materiali in gioco.

Inutile dire che, a parte le reali difficoltà tecnico-scientifiche di misurare le grandezze richieste, la procedura è quanto mai inefficace per la resistenza dei produttori a indicare quello che effettivamente trattano, le esatte quantità di scorie prodotte, il pericolo dei processi e dei prodotti. Infine la ricerca delle nuove scale “naturali” del valore è di grande utilità anhe per misurare e pianificare il funzionamento di quel tipico ecosistema artificiale che è la città umana (12).



Note



1) Alcune considerazioni su questo tema si possono trovare in: G. Nebbia, “Sul valore energetico delle merci”, Politica ed Economia, (III), 21, (7/8), 49-50 (luglio-agosto 1990) e “L’energia come altro indicatore del valore delle merci”, Giano, n. 10, 89-93 (aprile 1992); anche Verdesalute, vol. 7, n. 4, 16-20 (ottobre-dicembre 1997) e G.Nebbia, "Risorse merci ambiente", Bari, Progedit, 2001, e "Merci e valori", Milano, Jacabook, 2002

2) Juan Martinez-Alier, “Ecological economics”, Oxford, Basil Blackwell, 1987; traduzione italiana col titolo: “Economia ecologica”, Milano, Garzanti, 1991

3) T. Bagarolo, ”Marx-Engels-Podolinskij: una traccia teorica perduta”, Giano n. 10, 37-74 (aprile 1992)

4) Cfr. W.E. Akin, “Technocracy and the American dream. The Technocrat movement, 1900-1941”, Berkeley, University of California Press, 1977. Un movimento “Technocracy” sopravvive ancora adesso. Si possono trovare informazioni nel sito Internet .

5) E.P. Gyftopoulos e altri, “Potential fuel effectivenesse iin industry”, Cambridge, Ballinger, 1974

6) P. Chapman, “Fuel’s paradise. Energy options for Britain”, Harmondworth, Penguin Books, 1975. Traduzione italiana col titolo: “Il paradiso dell’energia. Introduzione all’analisi energetica”, Milano, Clup/Clued, 1982, introduzione di Giorgio Nebbia. Purtroppo nella traduzione italiana è stata omessa la bibliografia.

7) M. Gilliland, “Energy analysis and public policy”, Science, 189, 1051-1056 (26 September 1975) e “Energy analysis”, Science, 192, 8-12 (2 April 1976)

8) D. Huettner, “Net energy analysis and economic assessment”, Science, 192, 101-104 (9 April 1976) e varie “Lettere” in Science, 196, 259-262 (15 April 1977)

9) Cfr. G. Nebbia, “Storia naturale delle merci”, Rassegna chimica, 43, (6), 241-249 (novembre-dicembre 1991)

10) N. Georgescu-Roegen, “Energy analysis and economic valuation”, Southern Economic Journal, 45, (4), 1023-1058 (April 1972), traduzione italiana in: N. Georgescu-Roegen, “Energia e miti economici”, Torino, Bollati Boringhieri, 1998

11) Cfr., per esempio: G. Nebbia, ”Il problema dell’acqua”, Bari, Cacucci, 1966, e G. Nebbia, “Sete !”, Roma, Editori Riuniti, 1991

12) Cfr. V. Bettini, “Elementi di ecologia urbana”, Torino, Einaudi, 1996